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Messico: Chiapas è una polveriera pronta ad esplodere

Da LaJornada un articolo di Luis Hernández Navarro

La violenza si moltiplica in modo allarmante. Gli attacchi armati dei paramilitari contro le comunità zapatiste sono frequenti e si intensificano. Gruppi criminali organizzati reclutano giovani per ingrossare le loro file. Migliaia di sfollati vivono nelle foreste o in insediamenti temporanei. Bande di criminali su moto si scontrano in vere e proprie battaglie campali a San Cristóbal per il controllo dei mercati e delle rotte della droga. I cartelli combattono a fuoco e sangue per il controllo del confine con il Guatemala.

Si tratta di una violenza diversificata, alimentata dalla combinazione di conflitti ancestrali e nuove dispute legate alla terra, al commercio e al narcotraffico. Nonostante la presenza dell’esercito e della Guardia Nazionale, le armi di grosso calibro si ottengono con una facilità sorprendente. Di fronte all’inazione del governo, i paramilitari, gli assassini a pagamento, i gruppi di autodifesa (a Pantelhó, Altamirano e San Cristóbal) e le agenzie di sicurezza privata si moltiplicano in tutto lo stato.

I gruppi paramilitari, protetti dalle autorità, si sono associati al crimine organizzato, che ne subappalta i servizi. Lavorano a doppio turno. Da un lato, cercano di contenere l’espansione delle comunità ribelli e le proteste dei contadini in lotta. Dall’altro, gestiscono il traffico di migranti senza documenti, spostano grandi quantità di stupefacenti e si dedicano allo spaccio di droga, alla distribuzione di prodotti contraffatti e pornografia indigena, al traffico di auto rubate e armi. Ora, come si può vedere nel caso di Chicomuselo, si dedicano anche al furto di minerali.

Queste bande, che spesso controllano i trasporti locali e le rotte in varie regioni, servono politici locali. La “nuova famiglia” chiapaneca, che in realtà è la vecchia famiglia chiapaneca riciclata, si è profondamente intrecciata con loro. Lo stesso è accaduto da parte delle leadership indigene tradizionali, alcune delle quali si sono avventurate con successo nel traffico di migranti e/o narcotraffico.

Una delle principali cause di questa violenza sono gli attacchi paramilitari contro le basi di appoggio zapatiste. (https://rb.gy/yrx0e). Appena lunedì 22 maggio, come parte di un’aggressione durata quattro giorni senza che le autorità intervenissero, il gruppo paramilitare dell’Organizzazione Regionale dei Coltivatori di Caffè di Ocosingo (Orcao) ha sparato a Gilberto López Santis, di origine tseltal, appartenente alla comunità autonoma di Moisés Gandhi nel municipio ribelle di Lucio Cabañas. Le sue condizioni sono gravi. Ha subito perforazioni al diaframma, all’intestino crasso, allo stomaco e alla milza. Lotta tra la vita e la morte. Negli ultimi mesi, l’Orcao ha attaccato i ribelli più di 10 volte, con totale impunità. Hanno bruciato magazzini di caffè, scuole e rapito indigeni.

Tra le altre cose, l’obiettivo dell’Orcao è spossessare i zapatisti delle terre che avevano riconquistato nella rivolta del 1994, anche per ottenere gli aiuti governativi del programma Sembrando Vida. Le loro aggressioni, perpetrate con totale complicità delle autorità, mostrano il grave deterioramento che si vive nello stato e inviano un segnale pericolosissimo. Non è solo un altro attacco. Il conflitto di fondo è in uno stato critico.

La situazione è altrettanto grave in molti altri comuni e località, tra cui Teopisca, Comalapa, Betania, la strada Las Choapas-Ocozocoautla, San Cristóbal, Frontera Comalapa, Trinitaria e Chicomuselo. I blocchi stradali a Teopisca sono sempre più frequenti, a causa della richiesta formale di destituire la sindaca Josefa María Sánchez e formare un consiglio comunale. Appena il 21 maggio scorso tre persone sono state ferite in uno scontro a fuoco tra agenti statali, che cercavano di arrestare i leader del movimento, e contadini che li difendevano.

A poco più di 120 chilometri di distanza, sulla strada Las Choapas-Ocozocoautla, il 25 maggio si sono verificati blocchi stradali (per cinque ore), sparatorie e l’incendio di un camion. Soggetti mascherati hanno assaltato camion e negozi Coppel e hanno dato fuoco a piccoli esercizi commerciali. Appena l’8 febbraio era successo qualcosa di simile. Nella zona di Malpaso, i cartelli si contendono il traffico di droga, il pagamento del “pizzo”, il passaggio di migranti senza documenti, armi e carburante di contrabbando.

La scorsa settimana è stata particolarmente tragica a Frontera Comalapa, dove i criminali si contendono il territorio, uccidendo persone innocenti nel fuoco incrociato. Spari, blocchi stradali, auto bruciate, carovane di veicoli armati (i famosi “mostri”) fanno ormai parte del paesaggio quotidiano della regione negli ultimi giorni. Nelle comunità vicine a Nueva Independencia, dove opera il gruppo Maíz (filiale del cartello Jalisco Nuova Generazione), vengono reclutati giovani e armati per combattere i rivali. Circa 3.000 persone sfollate dai loro villaggi si sono rifugiate sulle montagne e sulle rive dei fiumi.

Secondo il Centro di Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas, lo Stato acconsente a tutto ciò, dato che nella comunità di El Jocote c’è un distaccamento dell’Esercito messicano. Sulla strada Paso Hondo-Frontera Comalapa si trova un distaccamento della Guardia Nazionale. E nel comune di Chicomuselo si trova la base militare più grande dell’Esercito messicano.

Non è un’esagerazione. La polveriera di Chiapas può esplodere in qualsiasi momento.

Articolo originale https://www.jornada.com.mx/2023/05/30/opinion/011a1pol?from=homeonline&block=opinion

Traduzione Cooperazione Rebelde Napoli

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Pronunciamento nazionale e internazionale sull’aggressione alla comunità Moises Gandhi

 Ai popoli del Messico e del mondo,

Alle persone, alle collettivitá e ai popoli che difendono la Vita.

A coloro che sentono l’urgenza di agire di fronte a un sud-est messicano in fiamme.

Oggi, in questo momento, il Messico è giunto ad un limite, un limite che sembra sempre lontano finché un proiettile esploso dall’alto non fa detonare la rabbia del Messico dal basso. Il compagno zapatista Jorge López Santiz è in bilico tra la vita e la morte a causa di un attacco paramilitare dell’Organización Regional de Cafeticultores de Ocosingo (ORCAO), la stessa organizzazione che da tempo sta attaccando e molestato le comunità zapatiste. Il Chiapas è sull’orlo di una guerra civile, con paramilitari e assassini al soldo di vari cartelli che si contendono i territori per i propri profitti, e i gruppi di autodifesa, con la complicità attiva o passiva del governo statale di Rutilio Escandón Cadenas e il governo federale di Andrés Manuel López Obrador.

L’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), che ha mantenuto la pace e ha sviluppato un proprio progetto di autonomia nei suoi territori cercando di evitare scontri violenti con paramilitari e altre forze dello Stato messicano, viene costantemente molestato, attaccato e provocato. Dalla fine del XX secolo, e fino al giorno d’oggi, l’EZLN ha optato per la lotta politica pacifica e civile nonostante le sue comunità siano state attaccate con proiettili, i suoi raccolti incendiati e il suo bestiame avvelenato. Nonostante il fatto che, invece di investire il proprio lavoro nella guerra, lo abbiano speso nella costruzione di ospedali, scuole e governi autonomi di cui hanno beneficiato zapatisti e non zapatisti, i governi, da Carlos Salinas a López Obrador, hanno sempre tentato di isolarli, delegittimarli e sterminarli. Oggi, a pochi mesi dal 40° anniversario dell’EZLN, l’attacco paramilitare contro gli zapatisti da parte dell’ORCAO ha come conseguenza che la vita di un uomo sia appesa a un filo, così come é al sul punto di esplodere un Messico che non può più sopportare la pressione che subisce nei confronti della propria dignità o la guerra contro le sue comunità e nei suoi territori.

L’attacco dell’ORCAO non è un conflitto tra comunità, come lo avrebbe definito Carlos Salinas e, come López Obrador cercherà sicuramente di dipingerlo. Si tratta di un atto la cui responsabilità diretta é tanto del governo del Chiapas quanto del governo federale. Il primo per aver coperto la crescita di gruppi criminali che hanno trasformato il Chiapas, da uno stato di relativa tranquillità, in una zona rossa di violenza. Il secondo per essere rimasto in silenzio e passivo di fronte all’evidente situazione in cui si trova il sud-est del paese. Perché l’ORCAO attacca le comunità zapatiste? Perché puó. Perché lo permette il governo di Rutilio Escandón? Perché, nel Chiapas di cui sopra, governare significa bagnarsi di sangue indigeno. Perché López Obrador tace? Perché il governatore del Chiapas è cognato del suo caro e fedele Ministro degli Interni, Adán Augusto López; perché come i suoi predecessori non può sopportare che un gruppo di ribelli sia il punto di riferimento per la speranza e la dignità; perché ha bisogno di giustificare un’azione militare per “ripulire” il sud-est e poter finalmente imporre i suoi megaprogetti.

Allo stesso modo crediamo che questo attacco sia il risultato delle politiche sociali del governo attuale per dividere e corrompere, distruggendo il tessuto sociale delle comunità e dei popoli messicani,in particolare del Chiapas. Vediamo con preoccupazione che programmi come “Sembrado Vida” (che si caratterizza per avere praticamente lo stesso budget del Ministero Federale dell’agricoltura) e altri simili, stiano incoraggiando lo scontro tra comunità storicamente espropriate delle loro terre e dei loro diritti, giacché vengono utilizzati come meccanismi di controllo politico e come merce di scambio affinché le organizzazioni come la ORCAO possano ottenere l’accesso ai presunti benefici che questi programmi forniscono, il cui prezzo è il furto delle terre autonome zapatiste recuperate. Per noi è chiaro che non si tratta di conflitti tra villaggi; si tratta di un’azione di controinsurrezione che mira a distruggerli, a distruggere l’EZLN e tutte le comunità e i popoli che continuano a lottare per una vita dignitosa.

Firmiamo questa lettera per chiedere a noi stessi e a coloro che credono che la dignità e la parola devono sollevarsi per fermare il massacro che si sta profilando; per chiamare a raccolta coloro che sono d’accordo con l’attuale governo, ad aprire i loro cuori alle ingiustizie che stanno sommergendo il presente di questo Paese, aldilà delle loro affinità o simpatie politiche; affinché possiamo riconoscerci nella necessità di agire con l’obiettivo comune di fermare questa atrocità.

Firmiamo questa lettera perché vediamo l’urgenza di porre fine alla violenza paramilitare in Chiapas. Perché non farlo significa lasciare che il Messico sprofondi ancora di più in questa guerra infinita che lo sta distruggendo.

Chiediamo giustizia per Jorge López Santiz.

Chiediamo lo scioglimento assoluto dell’ORCAO.

Chiediamo un’indagine approfondita sul governo di Rutilio Escandón.

Chiediamo che il silenzio di López Obrador cessi di essere complice della violenza in Chiapas.

Facendo nostre le richieste presentate dal Congresso Nazionale Indigeno, chiediamo:

1. Che sia garantita la salute del compagno Jorge e che gli sia prestata tutta l’attenzione necessaria per il tempo necessario.

2. Che si fermi l’attacco armato contro la comunità “Moisés y Gandhi” e che si rispetti il suo territorio autonomo.

3. Che gli autori materiali e intellettuali di questi attacchi paramilitari siano puniti.

4. Che vengano smantellati i gruppi armati attraverso i quali la guerra contro le comunità zapatiste è attiva e in crescita.

Chiediamo inoltre l’immediata liberazione di Manuel Gómez, base d’appoggio dell’EZLN, di cui non abbiamo dimenticato l’ingiusta detenzione.

​Con il CNI, avvertiamo che la guerra che hanno dichiarato contro i popoli originari, custodi della Madre Terra, ci obbliga ad agire in modo organizzato per fermare la crescente violenza e per ristabilire il nostro legame e la nostra cura per la Vita. Invitiamo a manifestare nelle strade, nelle ambasciate e nei consolati, nei centri di studio e nei luoghi di lavoro, nelle reti sociali; dovunque sia possibile e imprescindibile, contro la violenza militare, paramilitare e del crimine organizzato e in difesa della Vita.

Ci invitiamo e vi invitiamo a unire le forze per tessere una giornata di azioni dislocate dal 27 maggio al 10 giugno con una azione coordinata nazionale e internazionale il giorno 8 giugno.

​Che si fermi la guerra contro i popoli zapatisti.

             Se toccano un@, toccano tutt@

Giugno 2023

seguono centinaia di firme da tutto il  mondoqui l’appello in originale https://www.caminoalandar.org/about-4

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Ayotzinapa, il difficile cammino verso la verità

Luis Hernández Navarro

4 aprile 2023

Ayotzinapa è una ferita aperta. Sono passati otto anni e mezzo dall’atrocità e la ferita non si è cicatrizzata. Come si può chiudere se la verità non c’è? Se non c’è giustizia? E se il danno non viene riparato?

Il quinto rapporto del Gruppo Interdisciplinare di Esperti Indipendenti (GIEI), Una visione globale dei fatti, dei responsabili e della situazione del caso Ayotzinapa, l’ultimo, ci mostra, articolato in 36 punti, gli enormi ostacoli per illuminare il l’oscurità che incombe sulla tragedia. Con prove comprovate, dimostrano l’impossibilità di chiudere il caso.

Il rapporto dimostra che diverse autorità a livello municipale, statale e federale, compresi i servizi di informazione contro il traffico di droga, ovvero Esercito, Polizia federale e di Stato, Cisen e polizia municipale di Iguala, erano a conoscenza, in tempo reale, dell’arrivo degli studenti della Normal Rural Raúl Isidro Burgos e della loro intenzione di prendere gli autobus per andare alla marcia del 2 ottobre a Città del Messico.

Le dichiarazioni dei testimoni protetti e i documenti trovati dal GIEI tracciano un ritratto terrificante del narco-stato esistente in Guerrero. C’è stata collusione tra membri di corporazioni e istituzioni di sicurezza a livello municipale, statale e federale con la criminalità organizzata a Iguala e nelle città vicine. Sebbene si sapesse del trasferimento di droga negli autobus passeggeri, gli esperti non hanno individuato rapporti sulle partenze di questi bus o sui filtri di ingresso in città da parte di gruppi della droga.

I militari erano collusi con il narcotraffico, come si evince dalle intercettazioni telefoniche di Chicago (intercettazioni DEA, conversazioni di membri dei Guerreros Unidos) responsabili del 27° e 41° Battaglione, in cui si parla di pagamenti ad almeno un comandante e un capitano. Testimoni protetti hanno confessato di ricevere periodicamente denaro per consentire le attività di Guerreros Unidos.

Gli studenti non sono stati catturati tutti contemporaneamente, in un’unica operazione. Sono stati attaccati con armi da fuoco in sette momenti diversi, in luoghi diversi, nell’arco di quattro ore. Le informazioni sugli eventi erano note in tempo reale dal C4. Nonostante la consapevolezza e la brutalità degli attacchi, nessuna autorità governativa a nessun livello ha fatto nulla per impedirlo.

Nonostante l’ordine del presidente Andrés Manuel López Obrador di consentire agli esperti il pieno accesso alle informazioni fondamentali, il ministero della Difesa Nazionale le nasconde. Le dichiarazioni dei comandanti e del personale del 27° Battaglione di fanteria, di base a Iguala, sono state modificate con l’avanzare delle indagini. I suoi membri hanno mentito più e più volte. Ad esempio, hanno nascosto la loro presenza sul posto o hanno detto falsamente di essere rimasti nelle loro baracche quella notte.

Un militare ha osservato, con mezzi tecnici, tre furgoni della polizia municipale. In quello centrale erano trasportati i civili. Tuttavia, questa prova non è stata consegnata al Procuratore Generale della Repubblica (FGR).

“Inspiegabilmente”, nonostante le prove a loro carico e disponendo di tutto il supporto legale, i mandati di cattura nei confronti di numerosi militari che hanno partecipato ai fatti sono stati annullati dalla Procura nel settembre 2022. Sei di essi, prioritari per il GIEI, non sono stati riattivati.

Come parte di una logica controinsurrezionale, l’Esercito si è infiltrato ad Ayotzinapa con tre militari spacciati per studenti. Noti come organismi di ricerca e osservazione (OBI), informavano i loro superiori degli accordi e dei movimenti degli studenti. Hanno comunicato ogni giorno per riferire sulla situazione. Uno era tra i 43 ragazzi scomparsi. Un altro OBI ha fatto rapporto il 27 settembre, dopo gli eventi, e ha annunciato ai suoi comandanti che avrebbe sospeso le comunicazioni per motivi di sicurezza. Il segretario di Sedena in quel momento riferì falsamente che il militare scomparso aveva sospeso le comunicazioni dal 22 settembre. Il 27 la segreteria ha preso contatto con la famiglia del giovane. “Tutto questo – dicono gli esperti – è rimasto nascosto nelle indagini per sette anni, fino a quando il GIEI ha trovato i documenti negli archivi Sedena dopo l’ordine di accesso del presidente del Messico”.

La segreteria sapeva in ogni momento cosa veniva fatto agli studenti. Nonostante ciò, non ha fatto nulla per prevenire, proteggerli o soccorrerli. Tuttavia, l’Esercito lo nega, così come nega anche l’esistenza, documentata, del Centro di Fusione Regionale dell’Intelligence di Iguala (CRFI), quando è avvenuto l’attacco contro i giovani.

Non erano gli unici servizi segreti statali a sapere cosa stava succedendo in tempo reale. Il Cisen aveva agenti e informazioni su quanto stava accadendo. Ma quei rapporti non sono mai stati resi pubblici.

Il rapporto GIEI dimostra che Ayotzinapa è stato un crimine di stato, un crimine contro l’umanità. Un’atrocità in cui sono coinvolte le più alte autorità civili e militari dell’amministrazione di Enrique Peña Nieto, con potere sufficiente per fermare e boicottare il pieno chiarimento dei fatti. Se la verità sulla notte di Iguala non emergerà e se non sarà fatta giustizia per le vittime, il fantasma di Ayotzinapa perseguiterà senza pietà l’intero Paese. https://www.jornada.com.mx/notas/2023/04/04/politica/ayotzinapa-el-dificil-camino-a-la-verdad/

Twitter: @lhan55

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(© borphy/istockphoto.com&Sebastian Terfloth-Collage RdR)

Tren Maya, la super ferrovia che distrugge gli ecosistemi. Gli zapatisti e il Tribunale internazionale per i Diritti della Natura bocciano la linea ferroviaria da 1.500 km che trasformerà il Sud del Messico.

Andrea Cegna. Il Manifesto 13 aprile 2023

Le garanzie di sostenibilità con cui il presidente del Messico Andres Manuel Lopez Obrador difende quotidianamente il Tren Maya si sono da subito scontrate con le denunce delle comunità indigene e di chi, nel paese, difende natura e biodiversità.

I 1500 KM DI ROTAIA che attraverseranno cinque stati meridionali del Messico collegando Palenque con Cancun sono stati progettati, secondo AMLO, «per essere un mezzo di comunicazione efficace e moderno che avvicinerà le zone archeologiche del sud-est del paese al turismo nazionale ed estero» e per essere «eredità di sviluppo per il sud-est del Messico». Non la pensano tutti e tutte così.

I PRIMI A DENUNCIARE l’assurdità e la violenza del progetto sono stati gli Zapatisti, per voce del Subcomandate Moises, nel 2020. Dicevano: «Grande Opera vuole dire distruggere un intero territorio». E andavano oltre: «Come zapatisti affermiamo con fermezza che solo un imbecille può considerare positive le grandi opere. Un imbecille o uno malvagio e scaltro che sa di mentire e non gli importa che la propria parola nasconda morte e distruzione, quindi il governo e tutti i suoi difensori dovrebbero dire chiaramente cosa sono: se sono imbecilli o bugiardi».

ORA C’È ANCHE LA DENUNCIA formale del Tribunale Internazionale Per i Diritti della Natura che è stato dal 9 al 12 marzo in Yucatan per verificare le denunce arrivate da più parti e tenere l’ottava udienza locale. «Un mega progetto di trasporto ferroviario che mette in serio pericolo la distruzione degli ecosistemi e delle comunità Maya, che, come hanno espresso varie testimonianze, non è solo un treno né è propriamente Maya», si può leggere nel documento reso pubblico alla fine del viaggio. «Un progetto – si legge ancora – che si connette con molti altri poli di sviluppo, mega-allevamenti di maiali, tra gli altri, esacerbandone gli impatti sociali, culturali, ambientali e di genere, e il cui master plan non è mai stato presentato dalle autorità».

PER IL TRIBUNALE IL PROGETTO sta proseguendo non solo senza rispettare la natura, la biodiversità e i diritti umani ma anche favorendo ecocidi ed etnocidi grazie alla massiccia presenza militare e alla «politica della paura» utilizzata per intimidire coloro che si oppongono alla sua costruzione. I cinque membri del Tribunale, tra i quali c’era Raul Vera, ex vice di Don Samuel Ruiz e quindi suo successore come vescovo a San Cristóbal de Las Casas e poi a Saltillo, hanno ascoltato le testimonianze di 23 diverse comunità di Yucatan, Quintana Roo, Chiapas e Campeche.

IL PROGETTO DIPINTO come grande «occasione» di turistificazione per il paese non prevede però solo la costruzione di imponenti strutture «eco-turistiche» che impatteranno in maniera notevole i diversi territori attraversati dalle rotaie, ma anche un collegamento con il Corridoio Transistmico, altra grande opera promossa da AMLO, gestita e controllata dalla Marina Militare, che consiste nella riattivazione del treno di collegamento del porto di Salina Cruz con Oaxaca, di quello di Coatzacoalcos con Veracruz e quindi all’installazione di dieci parchi industriali, nonché con l’aeroporto in costruzione di Tulum e quello in via di potenziamento di Palenque e quindi con la futura autostrada Palenque-San Cristóbal de Las Casas. Ogni opera ha bisogno delle altre per poter corrispondere al pieno delle aspettative.

IL TREN MAYA È IL GRIMALDELLO attorno a cui si muove l’enorme operazione di maquillage, guidata in prima persona dal presidente, che nasconde in sé un progetto, di stampo neoliberista, di strutturale trasformazione del sud del Messico. https://ilmanifesto.it/tren-maya-la-super-ferrovia-che-distrugge-gli-ecosistemi

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Un treno devasta la terra dei Maya

Francesco Martone 23 Marzo 2023 https://comune-info.net/un-treno-devasta-la-terra-dei-maya/

Una delegazione del Tribunale Internazionale dei Diritti della Natura ha visitato nei giorni scorsi lo Yucatan ed il Quintana-Roo in Messico. Voleva incontrare le comunità che subiscono le devastanti conseguenze della costruzione del megaprogetto del Tren Maya, il fiore all’occhiello del governo di centrosinistra messicano. Ne abbiamo parlato tante volte: il progetto essenziale di quella modernità è la riduzione a uno dei mondi possibili. Tutto quel che gli resiste va calpestato e dilaniato: le conoscenze denigrate come pseudoscientifiche, le forme di vita comunitaria che non mettono al centro la “democrazia” delle istituzioni statali, le economie non assoggettate all’accumulazione, le relazioni sociali, magari molto più segnate da profondità ma ispirate a un “romantico misticismo”, il rifiuto “anti-storico” di consegnarsi mani e piedi all’avanzata di tecnologie e della sola idea di scienza desiderabile, quella asservita al denaro e alla produttività. Il racconto di Francesco Martone, che è uno dei giudici del Tribunale, e la sentenza emessa sulla criminalità che umilia la terra e la dignità Dal 9 al 12 marzo scorso una delegazione di giudici del Tribunale Internazionale dei Diritti della Natura ha visitato lo Yucatan ed il Quintana-Roo in Messico, per incontrare le comunità che subiscono l’impatto della costruzione del megaprogetto del Tren Maya e per svolgere una udienza pubblica che serve a valutare le violazioni sui diritti della Natura e quelli dei popoli indigeni.

Il progetto prevede la costruzione di 1500 kilometri di ferrovia attraverso foreste, territori ricchi di tesori archeologici, e comunità locali. Si prevede anche la costruzione di una ventina di nuovi insediamenti urbani (Polos de Desarrollo) come volano per lo “sviluppo” economico e produttivo di tutta la regione.

L’infrastruttura è connessa al Corridoio Trans-istmico che attraverserà la lingua di terra di Tehuantepec, e già oggetto di forti proteste locali, ed al Plan Puebla Panamà. Seppur venga promosso come progetto di valorizzazione turistica di tutto lo Yucatan le cifre svelano un’altra storia: sui convogli che saranno lunghi in media mezzo chilometro solo il 20% del carico sarà composto da turisti, il resto da materie prime o prodotti di esportazione, come la carne di maiale verso la Cina.

Da tempo gli impatti ambientali, culturali, sociali e sui diritti dei popoli indigeni sono denunciati pubblicamente ma invano, visto che il presidente AMLO punta su questo megaprogetto come il “segno” distintivo del suo mandato in scadenza, e non esita a militarizzare il territorio per imporne la costruzione.

Non a caso la costruzione di metà del tragitto della ferrovia – che dovrebbe essere ultimata entro fine anno – è in mano ai militari che controlleranno anche la società nella quale confluiranno le rendite del progetto, e che verranno poi redistribuite come pensioni ai militari in pensione.

A Piste’, nei pressi di Chichen Itza’ i giudici (Maristella Svampa, Padre Raul Vera, Francesco Martone, Yaku Perez, Alberto Saldamando) hanno raccolto le testimonianze di lavoratori ed artigiani del settore turistico, poi a Señor, dove hanno toccato di prima mano il clima di intimidazione da parte delle forze armate: poche ore prima i militari erano andati casa per casa a minacciare chi era stato invitato a partecipare ad una assemblea pubblica con i giudici.

All’appuntamento comunque si sono presentate una decina di persone che hanno raccontato della deforestazione e degli impatti ambientali del Treno e dei megaprogetti infrastrutturali connessi, allevamenti intensivi di suini, taglio di indiscriminato di alberi di specie preziose, risarcimenti mai concessi.

Eppoi a Tihosuco dove sono state raccolte testimonianze sull’impatto devastante di monoculture di mais transgenico, sistemi di asservimento dei piccoli produttori alla produzione forzata di cibo per le catene alberghiere e per l’esportazione in una sorta di “megamaquiladora” a cielo aperto, dell’impatto devastante sulla produzione tradizionale di miele o quello delle megacentrali eoliche e solari destinate a alimentare i resort turistici che verranno costruiti.

Il giorno seguente a Valladolid si è tenuta una udienza pubblica con interventi di leader di comunità maya, movimenti per la difesa del territorio, accademici e ricercatori che hanno fornito ulteriori prove di quello che si sta prefigurando come un vero e proprio etnocidio, ed ecocidio.

Un rischio ormai evidente come nel caso dei “cenote” (specchi d’acqua sotterranei che rappresentano la fonte principale di acqua potabile nonché importanti siti sacri per la cosmologia Maya) del tragitto 5 della ferrovia a Playa del Carmen, oggetto di un sopralluogo da parte del Tribunale.

I giurati hanno potuto constatare come la costruzione di piloni di cemento per le rotaie, conficcati nel terreno vanno ad impattare in maniera devastante sui “cenote” oltre a essere destinati a sprofondare nel terreno friabile che caratterizza tutta la regione.

Impatti ambientali irreversibili che si accompagnano alla distruzione di luoghi fondamentali per le culture ancestrali Maya, già sotto attacco dalla crescente industria del turismo di massa. Non è infatti un caso che la “securitizzazione” dello spazio pubblico, attraverso la militarizzazione, la dichiarazione del Tren Maya come opera di sicurezza nazionale, la repressione o la delegittimazione delle proteste e delle legittime richieste delle comunità interessate dal Treno e dalle infrastrutture connesse, si accompagnino a una strategia di stigmatizzazione, disprezzo e delegittimazione della cultura, delle pratiche, delle misure di vita e delle conoscenze ancestrali del popolo Maya.

Si tratta di un’ulteriore forma di violenza che deriva dalla violazione dei diritti bioculturali dei popoli a conferma di come il neo-estrattivismo si nutre di morte e geneai morte, morte dei territori, degli ecosistemi, morte dei loro popoli, delle loro culture, delle loro cosmologie, in una parola una “necropolitica”.

Il Tren Maya nella sua accezione più ampia si alimenta e si impone grazie ad un clima di sospensione o violazione dei diritti o peggio ancora di privazione dei diritti, di vuoto giuridico e legale, di violenza istituzionale o statale e di violazione della dignità e dei diritti i un popolo che nel corso della storia ha subito due estinzioni, la seconda come conseguenza della conquista e del genocidio che ne è seguito.

Nonostante questo debito storico, il popolo Maya sia ancora in piedi, dignitoso, offrendoci un esempio di come recuperare un rapporto intrinseco con la nostra Madre Terra, soggetto di dignità e diritti. E mostra al mondo che non ci può essere territorio senza popoli e non ci possono essere popoli senza territori.

Il Treno Maya e gli altri megaprogetti ad esso connessi come il Corridoio Transistmico e i piani di estrazione mineraria e petrolifera pertanto non solo sono estranei alla natura e al popolo Maya, ma rappresentano un modello criminogeno, nel senso che generano crimini sistemici contro i diritti esistenziali della Madre Terra e dei Popoli.

Di seguito il testo tradotto della sentenza, che chiede la sospensione immediata del Tren Maya e dei progetti connessi, accusa lo stato messicano di violazioni dei diritti della Natura e dei popoli, propone la creazione di una commissione indipendente d’indagine, chiede il risarcimento dei danni ambientali e sociali, esorta alla protezione e tutela dei difensori e difensore dell’ambiente sotto minaccia, e chiede la promulgazione di leggi che riconoscano i diritti della Natura come già fatto in alcuni stati messicani.

La sentenza preliminare è stata tradotta in Maya e verrà diffusa in tutte le comunità, per essere usata come strumento di rivendicazione e piattaforma di costruzione di alleanze e collaborazioni a livello nazionale ed internazionale.

Il Tribunale Internazionale dei Diritti della Natura è un Tribunale di opinione fondato dalla GARN (Global Alliance on the Rights of Nature) nel 2014 con l’obiettivo di promuovere i diritti della Natura e offrire uno spazio di denuncia e rivendicazione sulle violazioni degli stessi e dei diritti di chi li difende.

Ha svolto varie sessioni ed udienze, prima di questa sul Tren Maya una sull’Amazzonia brasiliana nel giugno dello scorso anno in concomitanza con il Forum Sociale Panamazzonico di Belem, nello stato brasiliano del Parà. Nei prossimi giorni una delegazione del Tribunale si recherà in Patagonia Argentina, a Vaca Muerta (il secondo giacimento di gas e petrolio di scisto più grande del mondo) per indagare gli effetti del fracking sui diritti della natura e quelli del popolo Mapuche

Per maggiori informazioni: www.rightsofnaturetribunal.org

www.garn.org

per materiali in italiano sulla missione del Tribunale in Messico:

https://ecor.network/articoli/il-tribunale-locale-dei-diritti-della-natura-contro-il-tren-maya/

Intervista a Francesco Martone, membro della giuria del Tribunale per Radio Onda D’Urto:

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EZLN, 29 años después, apuesta a las nuevas generaciones para continuar lucha zapatista

La cuarta generación de milicianos zapatistas se reunió con los iniciadores del EZLN para conmemorar el levantamiento indígena de 1994 y recuperar la memoria de quienes dieron su vida por el EZLN.

Redacción AN / BJC 02 Jan, 2023 08:05

Foto: Ángeles Mariscal

Por: Ángeles Mariscal

https://aristeguinoticias.com/0201/mexico/ezln-29-anos-despues-apuesta-a-las-nuevas-generaciones-para-continuar-lucha-zapatista/

Miles de jóvenes, hombres y mujeres de rostro aniñado, conmemoraron el aniversario 29 del alzamiento del Ejército Zapatista de Liberación Nacional (EZLN). Fueron sus abuelos y tatarabuelos los que iniciaron la organización indígena que fue el parteaguas en la reivindicación de los derechos de los pueblos indígenas y declararon la guerra al gobierno mexicano, ahora ellos y ellas tienen la encomienda de continuarlo.

Ese fue el mensaje que se dio en los centros de reunión donde celebraron con bailes, justas deportivas y una demostración de las fuerzas insurgentes el levantamiento zapatista de 1994.

“Sigan en lucha, sigan en resistencia. Todavía no se acaba el trabajo. Se vienen cosas en las que se necesita la colaboración de las comunidades. Les pedimos a las nuevas generaciones que aprendan la forma de organización, que aprendan a trabajar dentro de sus pueblos y comunidades”, fue el mensaje de uno de los mandos del EZLN, en el Caracol Jacinto Canek también llamado “Flor de nuestra palabra y luz de nuestros pueblos que refleja para todos”, cuya sede se encuentra en el centro de capacitación CIDECI-Unitierra, del municipio de San Cristóbal de las Casas.

Ahí, entre las instalaciones que sirven como talleres de oficios, salones de estudio, bibliotecas, auditorio y albergue a donde asisten todos los días del año jóvenes zapatistas, se efectuó una de las celebraciones que se replicaron en cada sede del EZLN a lo largo del territorio indígena de Chiapas.

En el Caracol Jacinto Canek hubieron ancianos, ancianas, también hombres y mujeres de edad adulta, pero quienes prevalecieron fueron las juventudes zapatistas que constituyen la cuarta generación de quienes integran el movimiento insurgente.

La mayoría con el rostro descubierto, a diferencia de los adultos acostumbrados a usar el pasamontaña que se constituye como un elemento identitario del EZLN, las juventudes celebraron los 29 años del alzamiento armado.

Hubo dos escoltas que le dieron formalidad al acto, una que portaba la bandera de México y otra con la bandera zapatista, una estrella roja sobre un fondo negro.

En esta última, la abanderada era una mujer joven con uniforme de miliciana -pantalón verde y camisola café-, a su izquierda estaba un hombre cuyas arrugas que asomaban por el pasamontaña denotaba tener más de 50 años; el resto de la escolta eran hombres fuertes con porte y movimientos que evidenciaban tener entrenamiento de quienes forman las milicias zapatistas.

El discurso político que se dio poco antes de las 12 de la noche del 31 de diciembre en este centro de reunión, estuvo a cargo de una mujer y un hombre dirigentes del movimiento armado.

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“Estamos unidos para recordar esta fecha que es de importancia para nosotros. Tal vez sean solo unas horas que vamos a estar juntos, pero estamos recordando una fecha que es importante para todos. Una fecha en donde personas dieron su vida para que nosotros pudiéramos tener una buena vida, alcanzar el buen vivir”, dijo en tsotsil, el idioma indígena de la región, la dirigente zapatista.

También les recordó a quienes murieron en 1994, durante los primeros minutos y días del alzamiento armado; les recordó las demandas enunciadas en su primer pronunciamiento: trabajo, tierra, techo, alimentación, salud, educación, independencia, libertad, democracia, justicia y paz; y la vigencia de estas demandas que no han sido subsanadas por el gobierno mexicano.

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“Es de suma importancia recordar a todos los que perdieron la vida, a hombres y mujeres que murieron en esos días difíciles. Sigan trabajando en unidad. Es un largo caminar que ya está andado, que los que murieron dejaron. Seguimos en busca de justicia”, explicó la dirigente zapatista.

En su turno, al hablarles a las y los asistentes, en nombre del EZLN, uno de los líderes habló directamente a las juventudes del zapatismo y les dijo: “es importante que las nuevas generaciones aprendan para que pueda seguir la organización. No cambien su forma de pensar, honren a quienes murieron por la organización y porque sigan los pueblos siendo comunidad”.

También, en tostsil, les recordó que el trabajo y lucha del EZLN tiene nuevos retos que deberán afrontar, “sigan en lucha, sigan en resistencia. Todavía no se acaba el trabajo”, les insistió.

“No cambien su forma de pensar, sigan así, sigamos pensando así porque hasta ahora la organización ha caminado bien y seguimos el legado y el pensamiento de los que ya murieron. Y si bien se ha transformado, esto ha sido en comunidad, por lo que es importante que sigamos aprendiendo todo esto”, dijo a quienes atentos escuchaban sus palabras.

Casi a la media noche, mientras celebraban con juegos pirotécnicos, las y los zapatistas pregonaban sus consignas: “¡Viva el EZLN!, ¡Viva el 29 aniversario del levantamiento armado! ¡Vivan las insurgentas! ¡Vivan los insurgentes! ¡Vivan las milicianas! ¡Vivan los milicianos! ¡Viva el Subcomandante Insurgente Pedro! ¡Vivan todos los caídos y caídas! ¡Viva la resistencia y rebeldía!

¡Viva el subcomandante insurgente Moisés!, ¡Viva el Subcomandante Insurgente Galeano! ¡Viva Chiapas! ¡Viva Chiapas! ¡Viva México!, ¡Viva México! ¡Viva México!”.

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di Andrea Cegna – https://ilmanifesto.it/caserma-messicana

Il Parlamento messicano ha votato affinché l’esercito continui a svolgere operazioni di «pubblica sicurezza» nelle strade fino al 2028 e non fino al 2024 come disposto nel 2006 con l’inizio della mal chiamata «guerra alla droga». Il Messico, allora, non era il paese violento che è oggi, morti e desaparecidos non avevano indotto l’Istituto di Studi Strategici di Londra a parlare di stato di guerra non riconosciuta. Ogni qualvolta è stato decretato lo stato d’emergenza e ed è cresciuto il numero di militari e poliziotti abbiamo visto la violenza esplodere. Stato dopo stato fino al Chiapas dove per “contenere” i flussi migratori sono stati schierati, recentemente, migliaia di effettivi della Guardia nazionale. Una presenza che ha generato fenomeni di violenza anomali per lo stato, e contestualmente fatto scoprire la presenza di gruppi del crimine organizzato prima invisibili. Con l’arrivo alla presidenza di Andrés Manuel López Obrador (Amlo) in molti e molte avevano sperato che si sarebbe messo un freno alla massiccia presenza di militari nel paese. Non è andata così.

IL VOTO DEFINITIVO in aula si è svolto lo scorso 12 ottobre, data che negli anni ha smesso di essere il giorno della scoperta delle Americhe e si è trasformata in momento di mobilitazione contro il colonialismo. I tradizionali cortei allora sono diventati occasione per dire «no alla militarizzazione». Alcuni hanno denunciato il rischio di estendere con la presenza dei militari anche le volontà non dette della war on drugs, tanto che a Città del Messico è comparsa la scritta «più potere all’esercito = più alleati per i narcos». Per Oswaldo Zavala, docente universitario, studioso delle dinamiche militari, autore del libro La guerra en las palabras. Una historia intelectual del narco en México, «il processo di militarizzazione che stiamo vivendo ha storia e complessità molto più ampie della guerra alla droga». Secondo Zavala «è un processo di militarizzazione globale della sicurezza intrinseco all’idea di dominio neoliberista. Un processo che i governi del nord-globale hanno voluto riprodurre e imporre in tutto il pianeta. Così abbiamo visto armare e dare la possibilità di agire come forze di sicurezza alle polizie municipali e locali, con una riproduzione della violenza che colpisce maggioritariamente le categorie più vulnerabili e povere».

D’altro canto il governo di López Obrador ha dato una significativa svolta alle indagini sui casi di Ayotzinapa e di Tlatlaya che stanno portando in carcere o alla sbarra militari di alto livello. Ha rotto con la gestione di Calderon e Peña Nieto, condivisa con gli Usa, del dossier crimine organizzato portando a uno scontro, tutt’altro che retorico, sia con Trump che con Biden.

LA DEA E GLI USA HANNO DECISO di intervenire con la maldestra operazione di arresto del figlio del Chapo, Garcia Luna (colui che ideò e mise in pratica la “guerra alla droga”) e soprattutto il fermo dell’ex generale e ministro della Difesa Salvador Cienfuegos. Un’intromissione che ha fatto scattare una spasmodica difesa delle forze armate proprio da parte del governo messicano. E questo nonostante il caso Garcia Luna – come fa notare Manuel Vázquez Arellano, sopravvissuto alla notte di Iguala e oggi parlamentare di Morena – mostri con evidenza come «lo Stato messicano fosse in stretta relazione con il crimine organizzato: le indagini dimostrano come Garcia Luna trattasse e difendesse gruppi del crimine organizzato e come il presidente Calderon sapesse tutto questo. Ma anche il caso Florence Cassez vede la regia occulta di Garcia Luna e mostra come ci fossero funzionari disposti a manipolare tutto ciò era in loro potere per difendere gli affari che stavano svolgendo. Osservando Garcia Luna si può vedere lo stretto legame tra Stato e narcotrafficanti». Secondo Associated Press «durante il suo mandato López Obrador ha lasciato un numero crescente di compiti all’esercito, tra cui la costruzione di opere emblematiche come il nuovo aeroporto della capitale e una linea ferroviaria nel sud del paese (il contestatissimo Tren Maya, ndr), la gestione di dogane e aeroporti civili e la distribuzione dei vaccini». Il dispositivo di legge è arrivato al voto in un momento di forte dibattito sull’operato dell’esercito, poiché il caso Ayotzinapa sta mostrando come le forze armate abbiano agito congiuntamente a gruppi del crimine organizzato, e a pezzi della politica locale, nella pianificazione e azione che ha portato alla scomparsa dei 43 studenti. E anche perché, grazie a un azione hacker, sono state rese pubbliche le isteriche operazioni di spionaggio dei militari contro attiviste e attivisti politici, le costanti violenze contro le comunità zapatiste e anche la vendita di armi tra esercito e gruppi del crimine organizzato. Ma è almeno dal massacro del 2 ottobre 1968 che in Messico ci sono campagne contro la militarizzazione del paese. Una rivista di sinistra, Porqué, nel 1972 titolava: «Senza colpo di stato in Messico il potere è dei militari».

ZAVALA RICORDA che «il problema inizia alla fine degli anni ’40 quando l’esercito iniziò ad occuparsi di campagne contro la coltivazione di droghe. Poi – prosegue – c’è una accelerazione con l’applicazione del “Plan Condor” (1975-1977) e la consistente militarizzazione del cosiddetto “triangolo dorato”, regione montuosa tra gli stati di Sinaloa, Chihuahua e Durango. La militarizzazione del paese continua poi per tutti gli anni ’80 e diventa più radicale a partire dagli anni ’90 con la nascita del Cisen – Centro di investigazione e sicurezza nazionale – e la firma di accordi internazionali con gli Usa. L’esercito è cresciuto in termini di importanza, dimensione e capacità di influire nelle dinamiche interne durante le ultime quattro decadi». Nella fotografia del potere che l’esercito ha in Messico, Zavala ricorda anche che «esiste una relazione molto complessa tra militari, economie legali e illegali e potere politico. Viviamo un processo costante di saccheggio ed espropriazione delle risorse naturali ed è il vero problema che attraversa tutti i paesi definiti dall’occidente “in via di sviluppo”. Paesi che più di altri subiscono le volontà dei grandi oligopoli transnazionali che trafficano con petrolio, gas naturale, litio, e più in generale con l’estrazione di materie prime ed energia. E cosa vediamo? Vediamo uno scontro, a volte, per il controllo di queste risorse tra stati e imprese private, ma più spesso vediamo che le risorse naturali vengono regalate alle grandi società private».

ED È PROPRIO QUI, secondo Zavala, che «si sta giocando la partita fondamentale del Messico, non nel traffico di sostanze o nella presunta guerra tra presunti cartelli. Il tema centrale è il controllo del territorio e delle risorse. Per il controllo del territorio, in Messico, si arriva a uccidere e fare violenza anche su chi fa attività sociale e si oppone allo sfruttamento di corpi e territori. È finito il tempo di pensare che politiche energetiche e di sicurezza siano due cose distinte».

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Diagramma dei nomi e rete di collegamenti per la sparizione dei 43 studenti presentato questo venerdì dal sottosegretario ai Diritti Umani, Alejandro Encinas. Foto presa dalla trasmissione.

L’ordine di far sparire i 43 studenti fu dato presumibilmente dal sindaco di Iguala José Luis Abarca

Emir Olivares y Arturo SánchezLa Jornada 26/08/2022

L’ordine di far sparire i 43 studenti da Ayotzinapa fu dato da A1 che presumibilmente sarebbe l’ex sindaco di Iguala, José Luis Abarca e da dirigenti del gruppo criminale Guerreros Unidos, in collusione con altre autorità di diversi livelli di governo.

Lo ha annunciato questa mattina il presidente della Commissione Verità e Accesso alla Giustizia (Covaj) per il caso Ayotzinapa, Alejandro Encinas, anche sottosegretario ai Diritti Umani del Ministero dell’Interno (SG).

Ai fatti avrebbe partecipato anche il comandante del 27° battaglione dell’Esercito, con base a Iguala, José Rodríguez, identificato come El Coronel, che avrebbe giustiziato gli ultimi sei studenti normalisti che erano stati trattenuti in un magazzino per diversi giorni dopo la notte del 26 e la mattina presto del 27 settembre 2014.

Partecipando questo venerdì alla mañanera del presidente Andrés Manuel López Obrador, il sottosegretario Encinas ha svelato uno schema che contiene i nomi e la rete di collegamenti avvenuta per la scomparsa dei 43 studenti della Normale. Questa informazione è stata verificata nella copia del rapporto sul caso che lo stesso funzionario ha rilasciato la scorsa settimana perché non erano stati emessi mandati di arresto contro molti dei presunti coinvolti, compresi i militari.

“Chi ha dato l’ordine (di farli sparire)? Sarebbe A1, presumibilmente José Luis Abarca; i vertici di Guerreros Unidos e in collusione con alcune altre autorità, che è ciò che fa parte dell’indagine (condotta dalla Commissione)”, ha sottolineato Encinas.

Nel rapporto si afferma: “A1 ha dato l’ordine di recuperare la merce: ‘fotteteli tutti come vi pare‘. A1 ha ordinato di far sparire tutti gli studenti perché non sanno ‘con chi hanno a che fare‘ e la piazza si sta scaldando troppo, ‘uccideteli tutti, Iguala è mia‘”.

Interrogato su dove si trovassero i normalisti o le loro spoglie, il sottosegretario ha risposto: “I ragazzi sono stati oggetto di un crudele lavorio di sparizione e si sta cercando di individuare i luoghi sulla be delle testimonianze di alcune delle persone coinvolte, perché i resti sono stati persino spostati in un altro luogo dopo la notte della scomparsa. Questi sono i problemi che stiamo analizzando”.

Ha sottolineato che non spetta alla commissione preposta, ma che spetterà alla giustizia civile e militare svolgere le indagini, formulare le accuse, le conclusioni e indirizzare tutto questo verso la verità e la giustizia – che è la richiesta centrale delle famiglie dei 43 studenti.

“Stiamo fornendo tutti i rilievi, le indicazioni e le prove alla Procura Generale, in particolare all’Unità Specializzata per il Contenzioso del Caso, loro dovranno delineare le responsabilità, questo è molto importante. Noi siamo la commissione per la verità e l’accesso alla giustizia, non siamo agenti di polizia, non siamo pubblici ministeri; stiamo fornendo tutte le informazioni che ci consentono di chiarire i fatti e sarà l’autorità stessa a definire la portata delle responsabilità”.

Ha aggiunto: “ci sono responsabilità all’interno della giustizia militare, perché non è stato applicato il protocollo di ricerca stabilito dal Ministero della Difesa Nazionale per i soldati desaparecidos, ma sarà anche l’autorità militare a prendere le decisioni”. Questo perché l’Esercito aveva infiltrato uno dei suoi elementi, Julio César López Patolzin, che è uno dei 43 studenti, perché i protocolli delle forze armate richiedono che sia tutelata l’integrità dei soldati a rischio.

Fonte: https://www.jornada.com.mx/notas/2022/08/26/politica/orden-de-desaparecer-a-los-43-fue-presuntamente-de-abarca-covaj/

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MESSICO. Svolta nelle indagini sulla “sparizione” dei 43 studenti e sulla strage di Iguala nel 2014. Ribaltata la “verità storica” di Murillo Karam. Militari, agenti e malavitosi tra gli 83 arrestati

di Andrea Cegna

«Ya me cansé» (mi sono stancato) disse Jesús Murillo Karam, capo della Procura generale della Repubblica durante il governo dell’ex presidente Enrique Peña Nieto (EPN). Era il 7 novembre del 2014, durante la conferenza stampa che comunicava al Messico, e al mondo, la presunta «verità storica» sulla scomparsa di 43 studenti della scuola Normale Rurale Isidro Burgos di Ayotzinapa e l’omicidio di sei persone a Iguala la notte tra il 26 ed il 27 settembre dello stesso anno.

IL 19 AGOSTO DI 8 ANNI DOPO Jesús Murillo Karam è stato arrestato dallo stesso istituto, che ora ha cambiato – non solo formalmente – nome in Fiscalia Generale della Repubblica (Fgr). In manette sono finite altre 83 persone tra cui militari, poliziotti, e alcuni malavitosi. L’ex procuratore è stato arrestato con l’accusa di sparizione forzata, tortura e mala gestione della giustizia, nel caso “Ayotzinapa”.

Potrebbe esserci qualche legame tra l’ondata di arresti, le indagini della Fgr e i risultati dell’ultima informativa del Giei che a marzo mostrò prove scientifiche sull’infiltrazione da parte dell’esercito negli studenti di Ayotzinapa, così come della manomissione del «luogo dove i 43 sarebbero stati bruciati», ovvero la discarica di Cocula, poche ore prima dell’arrivo di Jesús Murillo Karam e di altre cariche dello stato che avrebbero poi scritto la «verità storica». Tra le carte si legge che l’ex presidente e l’ex ministro della Difesa, il militare Salvador Cienfuegos Zepeda, non sono indagati.

IL GIORNO PRIMA dell’ondata di arresti Alejandro Encinas, presidente della Commissione verità e accesso alla giustizia, ha reso note alcune conclusioni preliminari per cui sarebbe evidente, come i familiari degli studenti han detto dal primo giorno, che il caso dei 43 normalisti di Ayotzinapa è stato un crimine di Stato, che a oggi non ci sono indicazioni che siano vivi e certo che governo ed esercito ne avrebbero potuto prevenire morte.

Nella relazione presentata giovedì scorso al Palazzo nazionale in presenza dei genitori dei 43, Encinas ha insistito sul fatto che non vi è alcuna indicazione che siano vivi. Al contrario, secondo le testimonianze e le prove sarebbero stati astutamente uccisi. Invece pr il Pri, ex “partito Stato” e riferimento di Murillo Karam, «l’arresto risponde più a una questione politica che di giustizia. L’azione non dà risposte alle famiglie delle vittime».

MANUEL VÁZQUEZ ARELLANO, conosciuto come Omar Garcia, oggi deputato di Morena, nel 2014 normalista sopravvissuto al massacro di Iguala, dice che «non siamo più ai tempi di EPN, ma è chiaro che c’è qualcosa legato a lui nella vicenda. Si è mobilitato un intero Paese, non è possibile che la voce di migliaia e milioni di persone in solidarietà con il movimento di Ayotzinapa non conti nulla. Allora EPN avrebbe dovuto rinunciare al suo ruolo, oggi dovrebbe essere, almeno, chiamato a testimoniare».

Per Gilberto Lopez y Rivas, antropologo e giornalista «è difficile dare un opinione, ora, visto che i familiari si sono presi il tempo di riflettere prima di rilasciare una dichiarazione pubblica. Pare però importante che finalmente si riconosca che la notte di Iguala e la pseudo indagine conseguente furono un crimine di stato, come sempre abbiamo detto. Pare anche importante l’arresto di Murillo Karam, se questo significa che si sta indagando su tutta la catena di comando civile e militare. Solo se si avrà il coraggio di indagare fino alle più alte sfere dell’esercito e della politica si potrà aver giustizia. Per questo è molto preoccupante che l’attuale presidente dica «la ricerca della verità rafforza le istituzioni e l’esercito», non è molto responsabile che si continui a difendere le forze armate che per decenni hanno vissuto nell’impunità.

PER FEDERICO MASTROGIOVANNI, giornalista autore di Ni Vivos Ni Muertos, «è una svolta interessante perché Murillo Karam non è un quadro intermedio e questo fa pensare che finalmente si stia facendo sul serio, non è usuale che in Messico venga arrestato un personaggio della sua caratura. Soprattutto per i capi di accusa per cui è stato arrestato».

Il Manifesto, 21/08/2022 https://ilmanifesto.it/ayotzinapa-fu-crimine-di-stato-in-manette-lex-procuratore

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La Giunta di Buon Governo del Caracol 10 Patria Nueva e Le Brigate Civili di Osservazione avvertono del rischio di sgombero forzato delle Basi di Appoggio Zapatiste a Nuevo San Gregorio, Chiapas, Messico

Firma l’azione urgente: https://frayba.org.mx/220511_au06

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Messico: esercito coinvolto nella strage di Ayotzinapa

Lo denuncia il Gruppo interdisciplinario di Esperti indipendenti (Giei) che indaga sul caso della sparizione forzata dei 43 normalistas

a cura di Radio Onda d’Urto

Lunedì 28 marzo il Gruppo interdisciplinario di Esperti indipendenti che indagano sul caso della sparizione forzata dei 43 di Aytozinapa ha mostrato le prove di come elementi della Marina Militare abbiano inquinato le prove sulle tracce dei giovani ragazzi intervenendo nella discarica di Cocula. Ieri, martedì 29 marzo, il presidente messicano Andreas Manuel Lopez Obrador ha dichiarato “l‘inchiesta sui 43 normalisti è ancora aperta ed è un impegno dell’attuale governo far conoscere ciò che è loro accaduto”. Il presidente ha detto anche che dopo aver visionato il video ha dato l’istruzione di indagare sugli allora capi del corpo militare.

L’informativa dice anche che l’esercito messicano aveva infiltrato i giovani della scuola Normale Rurale di Ayotzinapa e che quindi, anche la lotte tra il 26 e 27 settembre 2014, stavano monitorando gli spostamenti dei giovani. L’esercito sapeva. L’esercito è stato parte dell’operativo.

Il GIEI ha evidenziato che con l’inizio del governo di Andrés Manuel López Obrador sono stati rilevati documenti che hanno evidenziato come la passata amministrazione ha cercato di delegittimare e limitare le indagini. Le famiglie dei 43 normalisti di Ayotzinapa hanno chiesto l’apertura di un’indagine contro il Segretario alla Difesa Nazionale, la Marina e l’ex presidente Enrique Peña Nieto per la scomparsa degli studenti nel 2014. Per il Gruppo interdisciplinario di Esperti indipendenti “per avanzare nel caso è necessario il pieno accesso alle informazioni e lasciare il formalismo al formalismo che ostacola e ritarda” e aggiunge “22 persone che potrebbero aver avuto informazioni sul caso sono morte; solo due di morte naturale. Il ruolo della criminalità organizzata nel caso non può essere ignorato”.

Angela Buitrago, del GIEI, ha detto, che ci sono stati tre momenti chiave nell’inuqinamento delle prove nel caso della scomparsa dei 43 normalisti, “le autorità hanno omesso e modificato le informazioni per nascondere ciò che sapevano. Ad esempio, si decide di catturare le persone come possibili autori e sulla base di questi arresti viene elaborata una versione dei fatti”.

Mario González, padre de César Manuel González Hernández, in conferenza stampa ha dichiarato “vorrei dirvi che le istituzioni hanno giocato con noi: ci hanno fatto firmare un decreto presidenziale a dicembre in cui ci hanno promesso di consegnare tutte le informazioni che c’erano sul caso Ayotzinapa, ci hanno fatto andare al 27° Battaglione sapendo che non avremmo trovato niente. Come non arrabbiarsi, se dopo tre anni escono informazioni che avrebbero dovuto essere consegnate in quel momento? Come non essere arrabbiati se non sappiamo nulla dei nostri figli?”

Un estratto della conferenza stampa dei genitori dei 43 desaparecidos di Ayotzinapa Ascolta o scarica https://www.radiondadurto.org/wp-content/uploads/2022/03/estrettao-conferenza-stampa-gr13.mp3

(*) Link all’articolo originale: https://www.radiondadurto.org/2022/03/30/messico-il-giei-denuncia-le-compromissioni-nellesercito-nella-scomparsa-dei-43-studenti-di-ayotzinapa/

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Sono onorato di presentarvi questo libro digitale che ho scritto in spagnolo l’estate scorsa, e che è appena stato pubblicato grazie al lavoro paziente della compagna valenciana Lola Cubells. Onorato per varie ragioni: perché è uno dei 27 volumi dell’iniziativa “Al faro zapatista” scritti in occasione del Viaggio per la vita attraverso il quale abbiamo poi ospitato le delegazioni zapatiste, perché dietro c’è il silenzioso lavoro di revisione di brave compagne, perché nel comitato editoriale c’è anche un certo John Holloway, perché sto accanto a nomi di persone che hanno studiato e agito molto più di me e scritto cose molto più importanti, perché scrivere mi ha consentito di rielaborare quel che so dell’autonomia zapatista, della vecchia autonomia operaia italiana e del rapporto ideale che c’è tra esse, perché è un libro “hecho en Chiapas” (dato che non ci vado da tanti anni, un modo particolare di tornarci), perché mi piace pensare che Paola e Gianfranco ne sarebbero stati fieri, perché dentro c’è la storia di tante e tanti di noi.

Il progetto editoriale prevedeva tre filoni, dei quali ne ho scelti due: l’apporto teorico-politico dello zapatismo e come ci ha ispirato nelle nostre pratiche. La proposta mi ha costretto a condensare in una cinquantina di pagine alcune idee che ho maturato in questo ventennio di vita politica adulta dentro Ya Basta!

Non sarà ineccepibile né incontestabile, ma è un po’ di quello che ho capito io, se ci ho capito qualcosa.

Il link per scaricarlo gratuitamente è QUI

Buona lettura a chi vuol leggerlo.

Daniele Di Stefano

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COMMISSIONE SEXTA ZAPATISTA

Messico

NON CI SARÀ PAESAGGIO DOPO LA BATTAGLIA

(Sull’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo)

2 marzo 2022

Ai firmatari della Declaración por la Vida:

Alla Sexta nazionale e internazionale:

Compañer@s y herman@s:

Esprimiamo il nostro pensiero e parole su quanto sta accadendo attualmente nella geografia che chiamano Europa:

PRIMO.- C’è un aggressore, l’esercito russo. Ci sono interessi dei grandi capitali in gioco, da entrambe le parti. Coloro che ora patiscono i deliri di alcuni ed i subdoli calcoli economici di altri, sono i popoli di Russia e Ucraina (e, forse presto, quelli di altre geografie vicine o lontane). Da zapatisti quali siamo, non sosteniamo l’uno o l’altro Stato, ma piuttosto coloro che lottano per la vita contro il sistema.

Durante l’invasione multinazionale dell’Iraq (quasi 19 anni fa) guidata dall’esercito americano, ci furono mobilitazioni in tutto il mondo contro quella guerra. Nessuno sano di mente allora pensava che opporsi all’invasione fosse mettersi dalla parte di Saddam Hussein. Ora è una situazione simile, anche se non la stessa. Né Zelensky né Putin. Fermate la guerra.

SECONDO.- Diversi governi si sono allineati da una parte o dall’altra, facendolo su calcoli economici. Non vi è alcun valore umanistico in loro. Per questi governi e i loro “ideologi” ci sono interventi-invasioni-distruzioni buone e ce ne sono di cattive. Le buone sono quelle portate avanti dai loro affini, e le cattive sono quelle perpetrate dai loro opposti. Il plauso all’argomento criminale di Putin per giustificare l’invasione militare dell’Ucraina, si trasformerà in lamento quando, con le stesse parole, si giustificherà l’invasione di altri popoli i cui processi non sono di gradimento al grande capitale.

Invaderanno altre geografie per salvarli dalla “tirannia neonazista” o per porre fine ai “narco-stati” vicini. Ripeteranno quindi le stesse parole di Putin: “dobbiamo denazificare” (o il suo equivalente) ed abbonderanno di “ragionamenti” di “pericoli per i propri paesi”. E poi, come ci dicono le nostre compagne in Russia: “Le bombe russe, i razzi, le pallottole volano verso gli ucraini senza chiedere le loro opinioni politiche e la lingua che parlano”, ma cambierà la “nazionalità” delle une e delle altre.

TERZO.- I grandi capitali e i loro governi “occidentali” sono rimasti in poltrona a contemplare – e persino incoraggiare – la situazione che si stava deteriorando. Poi, una volta iniziata l’invasione, hanno aspettato di vedere vedere se l’Ucraina avrebbe resistito, calcolando ciò che si poteva trarre da un risultato o dall’altro. Poiché l’Ucraina resiste, si cominciano ad emettere fatture per “aiuti” che verranno riscosse in seguito. Putin non è l’unico ad essere sorpreso dalla resistenza ucraina

I vincitori di questa guerra sono le grandi industrie degli armamenti e i grandi capitali che vedono l’opportunità di conquistare, distruggere/ricostruire territori, ovvero, creare nuovi mercati di merci e di consumatori, di persone.

QUARTO.- Invece di rivolgerci a quello che diffondono i media e i social network delle rispettive parti – che entrambe presentano come “notizie” – o alle “analisi” nell’improvvisa proliferazione di esperti di geopolitica e nostalgici del Patto di Varsavia e della NATO, abbiamo cercato e chiesto a coloro che, come noi, sono impegnati nella lotta per la vita in Ucraina e in Russia.

Dopo diversi tentativi la Commissione Sexta Zapatista è riuscita a mettersi in contatto con i nostri parenti di resistenza e ribellione nelle geografie che chiamano Russia e Ucraina.

QUINTO.- In breve, questi nostri parenti, che oltretutto sventolano la bandiera della @ libertaria, sono decisi: in resistenza quelli che sono nel Donbass, in Ucraina; e in ribellione coloro che percorrono e lavorano per le strade e i campi della Russia. In Russia ci sono arrestati e pestati per aver protestato contro la guerra. In Ucraina ci sono assassinati dall’esercito russo.

Li unisce tra loro, e loro con noi, non solo il NO alla guerra, ma anche il rifiuto di “allinearsi” con i governi che opprimono la loro gente.

In mezzo alla confusione e al caos da entrambe le parti, le loro convinzioni restano salde: la loro lotta per la libertà, il loro ripudio dei confini e dei loro Stati Nazione e le rispettive oppressioni che cambiano solo bandiera.

Il nostro dovere è sostenerli al meglio delle nostre possibilità. Una parola, un’immagine, una melodia, una danza, un pugno alzato, un abbraccio – anche da geografie lontane – sono un sostegno che animerà i loro cuori.

Resistere è persistere ed è prevalere. Sosteniamo questi parenti nella loro resistenza, cioè nella loro lotta per la vita. Lo dobbiamo a loro e lo dobbiamo a noi stessi.

SESTO.- Per quanto sopra, invitiamo la Sexta nazionale e internazionale che non l’ha ancora fatto, secondo i propri calendari, geografie e modi, a manifestare contro la guerra e a sostegno di ucraine e ucraini e di russe e russi che lottano nelle loro geografie per un mondo con libertà.

Nello stesso tempo, invitiamo ad appoggiare economicamente la resistenza in Ucraina attraverso i numeri di conto corrente che ci indicheranno a suo tempo.

Da parte sua, la Commissione Sexta dell’EZLN sta inviando un piccolo aiuto a quanti, in Russia e Ucraina, combattono la guerra. Sono stati inoltre avviati contatti con i nostri parenti in SLUMIL K´AJXEMK´OP per creare un fondo economico comune per sostenere coloro che resistono in Ucraina.

Senza doppiezze, gridiamo e invitiamo a gridare ed esigere: Fuori l’Esercito Russo dall’Ucraina.

-*-

Se continua e, come prevedibile, cresce, forse poi non ci sarà nessuno a rendere conto del paesaggio che resterà dopo la battaglia.

Dalle montagne del Sudest Messicano.

Subcomandante Insurgente Moisés SupGaleano

Commissione Sexta dell’EZLN

Marzo 2022

Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2022/03/03/no-habra-paisaje-despues-de-la-batalla/

Traduzione “Maribel” – Bergamo

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STOP ALLA REPRESSIONE DEI POPOLI ORIGINARI IN MESSICO

Al popolo del Messico.

Ai popoli del mondo.

Alla Sexta Nazionale e Internazionale.

Ai mezzi di comunicazione.

Denunciamo che il 15 febbraio intorno all’1:20, le forze repressive del malgoverno, composte da elementi della Guardia Nazionale, la polizia di stato di Puebla e la polizia municipale di Juan C. Bonilla, hanno invaso e smantellato gli spazi di resistenza e organizzazione della Casa de los Pueblos Altepelmecalli, spazio culturale e politico autonomo che fino al 22 marzo 2021 è stato lo stabilimento fisico della società Bonafont, azienda transnazionale che da anni ruba e sovrasfrutta le falde acquifere della regione di Cholulteca.

Condanniamo fermamente l’escalation repressiva che viene dalle viscere del governo della capitale, che si fa chiamare 4T, contro la resistenza e la lotta per la vita delle nostre sorelle e fratelli dei Pueblos Unidos della regione di Cholulteca e dei Vulcani che, sostenendo la difesa della vita collettiva, ha trasformato questo focolaio di morte in uno spazio di incontro e di scambio nel mezzo della determinazione di imporre il Progetto Integrale Morelos a Morelos, Puebla e Tlaxcala, che prevede un gasdotto attraverso il territorio dei popoli dei Vulcani, dove germoglia la speranza fatta di ribellione e di antiche e nuove forme di organizzazione.

Ci dichiariamo in allerta di fronte alla possibile persecuzione dei fratelli e delle sorelle della Casa de los Pueblos Altepelmecalli e consideriamo il governo federale responsabile dell’utilizzo del suo gruppo armato chiamato Guardia Nazionale per intensificare la guerra del denaro contro la vita. Lo riteniamo responsabile della tutela delle imprese dell’azienda Bonafont che spossessa, monopolizza, privatizza e trae profitto in modo immorale dall’acqua dei nostri villaggi, dove subiamo l’emergere di doline e il prosciugamento di pozzi, sorgenti, fiumi e i flussi, come è il caso del fiume Metlapanapa, che il Fronte popolare della regione di Cholulteca e dei Vulcani ha difeso dallo sfruttamento e dalla contaminazione a beneficio dei corridoi industriali.

Denunciamo l’offensiva repressiva del malgoverno neoliberista messicano contro le nostre compagne e compagni che, dalle loro geografie, alzano la bandiera dell’organizzazione del basso per chiamarci a combattere per la vita, CONDANNIAMO:

  1. L’omicidio del compagno Francisco Vázquez, presidente del consiglio di vigilanza dell’ASURCO, che ha alzato la voce contro il furto dell’acqua dagli ejidos della regione di Ayala per il funzionamento della centrale termoelettrica di Huexca, Morelos.
  2. La criminalizzazione del popolo Otomí e del compagno Diego García da parte del titolare di quell’oscura istituzione del malgoverno che chiamano INPI, che serve come organismo replicante dell’indigenismo e per il controllo clientelare nelle nostre comunità, istituzione che aveva i suoi uffici in quella che oggi è la Casa de los Pueblos Samir Flores Soberanes.
  3. La persecuzione contro il Consiglio Supremo Indigeno di Michoacán, viste le sue recenti mobilitazioni contro il disprezzo, il razzismo e l’espropriazione e per la rimozione dell’oltraggioso monumento noto come Los Constructores a Morelia, Michoacán.
  4. L’indifferenza e la complicità criminale della Guardia Nazionale di fronte alle violenze in Guerrero, mentre i cartelli della droga attaccano le comunità del Consiglio Indigeno e Popolare di Guerrero-Emiliano Zapata che si oppongono ai megaprogetti estrattivi e denunciano la complicità dei governi con i gruppi narco-paramilitari, assassinando e facendo sparire i nostri fratelli.
  5. La militarizzazione dell’Istmo di Tehuantepec per imporre il megaprogetto del Corridoio Interoceanico Salina Cruz-Coatzacoalcos, nonché l’occupazione illegale delle terre delle nostre comunità per tale progetto, come avviene con la comunità binnizá di Puente Madera, appartenente ai beni comunali di San Blas Atempa, Oaxaca.
  6. L’uso della Guardia Nazionale e dei gruppi armati degli stati e dei municipi per reprimere gli studenti delle scuole rurali normali di Ayotzinapa, Tiripetío e Mactumatzá che protestano per chiedere giustizia e migliori condizioni per le loro scuole.

Riteniamo il governo federale del Messico responsabile di questa escalation repressiva contro i nostri popoli e chiediamo che cessino le azioni della Guardia Nazionale e delle forze di polizia contro coloro che si oppongono allo sfruttamento-distruzione della natura e all’esproprio dei territori, patrimonio comunitario dei popoli originari, per imporre i progetti di morte promossi dallo Stato Messicano.

Invitiamo i popoli, le nazioni e le tribù indigene del Messico, così come le organizzazioni e i gruppi alleati, a vigilare su questa ondata di repressione neoliberista annunciata dal governo capitalista di questo paese attraverso l’accordo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Federazione il 22 novembre 2021, che dichiara i progetti e le opere del governo federale di interesse pubblico e sicurezza nazionale come pretesto per utilizzare le sue forze armate contro quei popoli che si oppongono allo spossessamento e alla distruzione senza precedenti del territorio messicano.

Invitiamo le persone, i gruppi, i collettivi, le organizzazioni e i movimenti nei territori di SLUMIL K´AJXEMK´OP (nota anche come “Europa”) a mobilitarsi e pronunciarsi contro la transnazionale Bonafont-Danone – con sede in Francia – e le rappresentanze dell’attuale governo federale messicano in Europa.

Per la Vita!

Solidarietà e sostegno ai popoli originari del Congresso Nazionale Indigeno!

Distintamente.

16 febbraio 2022

Per la ricostruzione integrale dei nostri popoli

Mai più un Messico senza di noi

Congresso Nazionale Indigeno-Consiglio Indigeno di Governo

ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE

Commissione Sexta

Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2022/02/16/alto-a-la-represion-en-contra-de-los-pueblos-originarios-en-mexico/

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Messico: cartografia della guerra

Raúl Romero* / I

Visualizzate una mappa del Messico. A nord si trova il Corridoio Logistico e Industriale del Trattato tra Messico, Stati Uniti e Canada. Sebbene le informazioni pubbliche al riguardo siano ancora scarse e imprecise, Caxxor Group ha già riferito che sta cercando di costruire e modernizzare porti, parchi industriali e una ferrovia come parte di questo corridoio. Il porto di Mazatlán, in Sinaloa, si trasformerebbe in un nodo che collegherebbe la costa dell’Asia con quella messicana. L’informazione si completa con i piani annunciati dalla fusione tra Canadian Pacific Railway e Kansas City Southern, che prevedono di collegare per 32mila chilometri di ferrovia Canada, Stati Uniti e le città messicane di Matamoros, Monterrey, Città del Messico e Veracruz, tra altre.

In questa mappa che state visualizzando, collocate ora il Progetto Integrale Morelos che include un gasdotto, un acquedotto e due centrali termoelettriche in pieno territorio vulcanico, negli stati di Puebla, Morelos e Tlaxcala. Anche al centro del paese, nello stato del Messico, metteteci l’Aeroporto Internazionale Felipe Ángeles.

Negi stati di Oaxaca e Veracruz mettete un treno, un’autostrada e due porti come parte del Corridoio Interoceanico che vuole unire via terra l’Oceano Pacifico con l’Oceano Atlantico. Molto vicino a qui, proprio di fianco a Veracruz, collocate anche la nuova raffineria a Dos Bocas, in Tabasco. Non dimenticate di tracciare, in Chiapas, Campeche, Yucatan, Quintana Roo e Tabasco il Tren Maya, con le sue strade ed il suo aeroporto.

Attorno a tutti questi progetti e megaprogetti visualizzate gli effetti della costruzione o modernizzazione, così come di quelli di esercizio, di hotel, bar, ristoranti, parchi eolici, miniere, allevamenti di maiali, birrerie, fabbriche componentistiche (maquilas), corridoi industriali, centri logistici, imprese energetiche e molto altro.

Su questa stessa mappa, ora collocate i gruppi del crimine organizzato, quelli presenti a livello nazionale, come il cartello di Sinaloa e quello di Jalisco Nueva Generación, o quelli con presenza nei singoli Stati o regioni, come gli scissionisti di Los Zetas, del Golfo, i Caballeros Templarios, la Familia Michoacana, o quello di Santa Rosa de Lima, l’Unione Tepito, Los Rojos, Los Ardillos

In questa stessa geografia, identifichi i più di 4.806 fosse clandestine come rifportato ad ottobre 2021 da Karla Quintana, incaricata nazionale per la ricerca di persone scomparse, ubicate praticamente tutta la nazione, ad eccezione di Querétaro e Città del Messico (https://bit.ly/3KI9U4S). Includete anche i dati del Registro Nazionale delle Persone Scomparse o non Localizzate: 97.306 persone in tutto il Messico. Osservate in particolare Jalisco, Tamaulipas e lo stato del Messico, dove si registra il maggiore numero di casi. Qui metteteci anche gli oltre 43 uomini e donne giornalisti assassinati dal dicembre 2018 a luglio 2021 e riconosciuti dal Ministero degli Interni (https://bit.ly/3o7JXSD). Includete i sei giornalisti che sono stati assassinati da allora, compresi Margarito Martínez e Lourdes Maldonado.

In questa cartografia della guerra, mettete anche le 68 persone attiviste dei diritti umani assassinate dal dicembre 2018, la maggioranza di loro, attivisti ambientali. Inoltre, includete i femminicidi e transfemminicidi.

Se volete aggiungere maggiori dettagli nella cartografia, metteteci anche la città prigione per le persone migranti in Tapachula, o le regioni con presenza di gruppi paramilitari e narcoparamilitari che tutte le settimane attaccano comunità indigene, come a Nuevo San Gregorio, nel Chiapas Zapatista, o nella Montaña Baja di Guerrero. Potete anche contrassegnare gli stati con politici denunciati per agire in coordinamento con imprese estrattive o con il crimine organizzato. O quelli dove si sottraggono o inquinano le riserve di acqua dolce o dove si disboscano le foreste.

Il capitalismo neoliberista che in Messico ha raggiunto le sue espressioni più rappresentative nei megaprogetti infrastrutturali, energetici ed estrattivi, così come nelle economie criminali, non è solo eredità del passato, ma prosegue vigente ed in espansione.

Se voi come me siete stati colti dalla disperazione dopo aver abbozzato questa cartografia, ne avete tutte le ragioni, le cose non vanno bene e non dobbiamo ingannarci. Ma non dimenticate anche che in queste stesse geografie possiamo tracciare una cartografia della resistenza e della speranza. Molto altro nella seconda parte.

* Sociólogo

Twitter: @RaulRomero_mx

Fonte: La Jornada https://www.jornada.com.mx/2022/02/06/opinion/013a2pol

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Intervista a Pedro Faro, coordinatore del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé De Las Casas sulla campagna “Nuestra Lucha Es Por La Vida”

In Messico la violenza è diffusa da nord a sud, da est a ovest. Uno degli ultimi stati dove la violenza è esplosa è il Chiapas, che nel 1994, dopo la rivolta zapatista è stato lo stato messicano più militarizzato di sempre e ha vissuto il dramma della paramilitarizzazione negli anni seguenti. Ora il Chiapas ha subito un percorso di re-militarizzazione tramite lo schieramento di migliaia di uomini della Guardia Nazionale schierati al confine in chiavi anti-migranti e sta vivendo un ritorno degli attori del paramilitarismo che ora si mettono al soldo dei gruppi del crimine organizzato che quasi sempre rispondono a loro volta agli interessi dell’economia e della politica.

Per capirne di più abbiamo intervistato (assieme a Radio Onda d’Urto, con la preziosa traduzione di Annamaria Pontoglio del Comitato Maribel di Bergamo) Pedro Faro, coordinatore del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas.

Pedro, grazie di essere con noi. A settembre l’EZLN ha scritto un comunicato parlando di uno stato di guerra civile in Chiapas. E’ così?

Come riporta la denuncia del Subcomandante Galeano, nel comunicato intitolato “Chiapas sull’orlo della guerra Civile”, la situazione che stiamo vivendo è assolutamente reale. In base alla documentazione da noi raccolta, la violenza in Chiapas è esplosa e la situazione molto critica sta generando condizioni di violenza profonde. Questo è dovuto a diversi fattori, primo fra tutti l’assenza dello Stato e l’ingovernabilità, per cui lo Stato sta permettendo a gruppi legati al crimine organizzato e a gruppi paramilitari di esercitare le loro azioni criminali nei territori in cui vivono i popoli originari e in diverse città dello stato del Chiapas. Stiamo constatando una crisi della situazione dei diritti umani evidenziata dagli sgomberi forzati: ci sono circa 14.776 persone sfollate vittime di sgomberi forzati completamente abbandonate dallo Stato Federale e da quello locale che non forniscono loro alcuna assistenza. E questo viola gravemente i diritti umani di questi uomini, donne e bambini, con un impatto pesante a livello psicologico e stravolgendo la vita e la cultura delle comunità indigene che vivono ormai in uno scenario di guerra. Il caso più evidente è quanto succede nel Municipio di Aldama, situato negli Altos del Chiapas, che subisce la persistente aggressione contro due sue comunità da parte di un gruppo paramilitare proveniente dalla zona di Santa Marta Chenalhó. Abbiamo verificato che la presenza dello Stato è assolutamente insufficiente e non disattiva questa violenza che tiene nel terrore l’intera popolazione. La situazione più critica è in Aldama, ma questo avviene anche a Chalchihuitán, Pantelhó, Simojovel ed in altre zone nea nord dello stato come a Chilón dove ci sono molti sfollati.

Come si esercita questo clima nei territori rurali ed indigeni?

Questa violenza viene esercitata sulle terre recuperate dall’Esercito Zapatista di Liberazione Nazione (EZLN) con la sollevazione armata del 1994, che sono territori sotto il controllo dell’EZLN dove le comunità stanno costruendo la loro autonomia, il loro governo alternativo, antisistemico e anticapitalista, dove si è creato un meccanismo di giustizia molto più legato alla comunità, con proprie forme di governo e amministrazione costruite in questi 28 anni di resistenza dell’EZLN.

Ed ora di fronte a questa deliberata azione dello Stato di permettere a questi gruppi armati di agire impunemente nei territori dove vivono i popoli zapatisti che costruiscono la loro autonomia, arrivano nuove denunce da parte del Frayba ma anche da altre organizzazioni nazionali e internazionali, relative alla comunità di Nuevo San Gregorio e Moisés Gandhi, dove i gruppi criminali vogliono sottrarre territori che appartengono all’EZLN per diritto legittimo a partire dalla sollevazione del 1994 e dove continua a costruire e generare un processo molto importante che evidenzia come sia possibile vivere con un governo e un modo diverso dal sistema capitalista.

Questo come si inserisce nella storia recente del Messico?

Come viene evidenziato sui mezzi di comunicazione e da diverse analisi sul Messico negli ultimi decenni, stiamo vivendo in una situazione molto critica della violenza con quasi 95.000 desaparecidos ed oltre 300.000 omicidi vincolati al crimine organizzato. Noi abbiamo verificato il legame con il governo nei territori in cui si verificano le sparizioni forzate e gli omicidi. Esiste una trilogia del male tra gruppi criminali, le imprese ed i governi complici che generano le situazioni qui esposte che provocano gravi violazioni dei diritti umani della popolazione civile in Messico. Il Chiapas per molto tempo era rimasto fuori dal circolo della violenza estrema, ma in questo ultimo anno si è registrata una crisi della sicurezza con aumento della violenza in alcuni municipi dove si verificano scontri tra cartelli e gruppi criminali locali per il controllo del territorio e l’infiltrazione nelle istituzioni, così come la proliferazione di diversi attori oscuri che operano in impunità in varie zone del territorio chiapaneco. L’insicurezza e la dinamica della violenza in questi municipi ha generato situazioni di emergenza anche nelle zone di frontiera, come la situazione migratoria molto critica, che ha generato aumento di crimini associati al traffico illegale di esseri umani, narcotraffico, estorsioni, traffico illegali di armi. Questa conflittualità permanente socio-politica che presenta molti fattori legati anche al territorio, ha costi umani e sociali molto alti.

Pedro, che rapporto vedi tra crimine organizzato, politica ed economia?

C’è una violenza strutturale che deriva dal potere politico ed economico fondato sull’emarginazione ed esclusione storica delle comunità indigene e dei popoli originari, come se al governo messicano non importasse nulla nonostante anche il cambio di governo ora con Manuel Lopez Obrador. E nemmeno gli importano le cause di questa violenza, come neppure riconoscere le proprie responsabilità ed agire per disattivare questa violenza e consentire la pace in Chiapas. C’è un continuum con i governi precedenti e questo governo di MORENA [coalizione dei partiti al governo – N.d.T.] che governa sia a livello federale che statale, e non ci sono evidenze di cambiamenti nei confronti dei popoli originari e delle comunità indigene. Si percepisce invece una continuità ed una profonda discriminazione. La popolazione continua ad essere considerata sacrificabile, soprattutto la popolazione indigena che disturba i piani dei governi locali, statali e federale e gli interessi economici di gruppi armati criminali e imprese. Attualmente la maggioranza della violenza in Chiapas è legata a questi interessi criminali sul territorio che operano grazie a vincoli col governo che ora sono molto riconoscibili all’interno dell’apparato statale. L’aumento delle rotte criminale e del giro di affari di traffico di armi, auto rubate, narcotraffico, tratta di persone, pornografia, locali clandestini, sono vincoli di interesse comune tra criminalità, governo e imprese.

Uno dei nodi dello stato è senza dubbio la questione migratoria. Ci fai una fotografia della questione?

Negli ultimi anni si è denunciato una politica molto restrittiva dei diritti nei riguardi della popolazione migrante, soprattutto verso i richiedenti asilo, protezione internazionale e sanitaria. L’immigrazione è molto aumentata a causa della violenza, della povertà estrema, del cambio climatico, e originata anche da crisi economiche e dalla pandemia di COVID-19 che ha creato situazioni di difficoltà estreme per a sopravvivenza di questa gente nei propri paesi di origine. Per molte famiglie la sola alternativa è stata emigrare e cercare migliori condizioni di vita, che è un diritto alla migrazione, alla mobilità di ogni persona. Come risposta i governi sia di Cento America che del Messico hanno irrigidito le loro operazioni per fermare la migrazione e la mobilità delle persone con azioni di razzismo, discriminazione, un uso massiccio della forza e violando l’accesso alla giustizia e commettendo crimini vincolati con gruppi criminali. C’è stato un aumento esponenziale di arresti e deportazioni con numeri record: solo nel 2020 e fino agosto 2021 si sono registrati 148.903 arresti e 65.799 deportazioni. A fine anno questi numeri saranno molti di più. I luoghi di detenzione sono le stazioni migratorie dove non esiste alcun accesso ai servizi, ad una giusta difesa perché sono luoghi di detenzione, soprattutto per le persone che non parlano spagnolo, dove si commettono atti di tortura, omicidi, situazioni molto critiche, in particolare nella Estacion Migratoria (Siglo XXI) a Tapachula, che abbiamo visto essere un ghetto, un luogo di sterminio. A parte questo, il governo messicano ha rafforzato la militarizzazione ed i posti di controllo alla frontiera con l’Esercito Messicano e la Guardia Nazionale che per il 90% è formata da soldati dell’esercito. La situazione più grave si è verificata poche settimane fa quando un gruppo di circa 150 migranti si trovava in un camion che ha subito un incidente e 56 persone sono morte. Questo evento ha messo in luce la complicità dell’Istituto di Migrazione con questi gruppi criminali dediti alla tratta di persone che, come abbiamo visto, è uno dei giri d’affari criminali che genera più profitti. La politica migratoria in Messico continua ad essere deplorevole e a non dare risposte alla popolazione migrante che necessita di esercitare il diritto alla mobilità, come tutti noi, o come dovrebbe essere in termini umanitari e di diritti umani.

Il FrayBa ed altre organizzazioni hanno lanciato una campagna chiamata “Nuestra Lucha es Por La vida” a supporto dell’EZLN ci spieghi come funziona?

L’anno scorso si sono intensificate le aggressioni contro gli zapatisti, contro l’EZLN, in diversi territori in cui è in corso la costruzione permanente della loro autonomia e l’esercizio della libera autodeterminazione in quanto popoli originari. La situazione è critica. Diverse organizzazioni aderenti alla Sesta Dichiarazione dell’EZLN si sono unite alla campagna “Nuestra Lucha Es Por La Vida”, che è una frase che i compagni zapatisti hanno ricavato in ognuna delle loro azioni politiche per la difesa del proprio territorio, per la difesa della madre terra. È per questo che diverse organizzazioni internazionali, nazionali e statali ci siamo unite a questa campagna permanente per evidenziare questa situazione di aggressioni contro i territori zapatisti, in particolare ora a Nuevo San Gregorio che attualmente è assediato da un gruppo denominato “Los 40 invasores” che aggredisce le persone ed occupa il loro territorio. In questa situazione, la Rete AJMAQ insieme ad altre organizzazioni aderenti alla Sexta hanno realizzato una Carovana di Solidarietà ed hanno prodotto una serie di rapporti che documentano in maniera molto puntuale il meccanismo di violenza che viene esercitata da questo gruppo di scontro che gode dell’impunità del governo locale, statale e federale che in questo modo compie azioni di contrainsurgencia nel territorio che appartiene all’EZLN.

Per questo chiediamo la vostra attenzione e di aderire alla campagna “Nuestra Lucha Es Por La Vida” con azioni sui social da ognuna delle vostre trincee, secondo il proprio modo di agire, per denunciare e far sì che questi territori in cui lottano i nostri compagni zapatisti siano liberati dalla violenze e tornino sotto il controllo dei compagni zapatisti.

Le azioni che si possono fare sono video, azioni di fronte alle ambasciate del Messico per chiedere che si rispetti il diritto all’autonomia ed alla libera autodeterminazione dei popoli originari in Messico, delle comunità zapatiste, per il rispetto del territorio e della madre terra. https://www.olaamericana.info/2022/01/25/intervista-a-pedro-faro-coordinatore-del-centro-dei-diritti-umani-fray-bartolome-de-las-casas-sulla-campaga-nuestra-lucha-es-por-la-vida/

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Di Andrea Cegnahttps://www.olaamericana.info/2022/01/29/messico-non-si-uccide-la-verita-uccidendo-giornalisti/

I due omicidi in sei giorni a Tijuana hanno lasciato il segno. Non è facile trovare voci che abbiano voglia di parlare, non è semplice trovare commenti e racconti del clima che si vive nella città di frontiera. Seppure la violenza in città resta un dato di fatto e di continuità qualcosa è cambiato dopo i colpi di pistola contro Lourdes Maldonado. Dal 2000 ad oggi sono 148 i giornalisti uccisi nel paese per cui è possibile presumere che il movente dell’omicidio sia legato al proprio lavoro. 136 sono gli uomini uccisi, 12 donne. 28 sono stati uccisi sotto il governo dell’attuale presidente Andres Manuel Lopez Obrador, 47 durante il governo del suo predecessore, Enrique Pena Nieto. A livello statale 31 sono stati uccisi in Veracruz, di questi 18 sotto il governatore Javier Duarte (dicembre 2010 – novembre 2016). Luis Hernandez Navarro, capo opinionista de La Jornarda, ricorda che “il Messico è un paese consumatore, produttore, e di transito per quanto riguarda la droga. Qui l’impresa criminale rappresenta il 10% del prodotto interno lordo, di questo totale il 40% è creato dal traffico di droga, attività combinata con il traffico di persone, il furto di mezzi di locomozione, il subaffitto di appartamenti, la pirateria e l’estorsione nel senso più ampio della parola. Questo implica che più di 60mila milioni di dollari provengono direttamente dal traffico e vendita di droga. Almeno mezzo milione di persone lavora nella filiera criminale. Attorno a tutto ciò c’è un sistema di lavaggio di denaro attraverso diverse forme d’impresa e tutto ciò si regge su reti di complicità molto ampie a cui partecipano l’esercito, la polizia, notai, impresari, politici ecc ecc”. Navarro prosegue “i giornalisti e le giornaliste quindi sono un ostacolo per queste reti criminal-politiche poiché molto spesso documentano i crimini che vengono commessi e mostrano la trama criminale a cui partecipano direttamente i grandi signori dell’economia e della politica”. Un giovane giornalista tijuanense, costretto dalla sindemia a fare altri lavori, trova il coraggio di parlare “penso che essere giornalista è pericoloso in tutte le parti del mondo ma in Messico, con i fatti dell’ultima settimana – soprattutto a Tijuana – è molto pericoloso”. Il clima in città è molto complesso infatti “a Tijuana il sistema di giustizia non funziona. Solo in questo inizio di 2022 ci sono state almeno 100 persone uccise e almeno nel 90% dei casi non ci sono responsabili. Di fatto sembra molto facile uccidere qui a Tijuana senza finire processati. Il nostro lavoro è trovare la verità, rendere pubbliche bugie e corruzione, ma questo è un paese corrotto, se si molestano gli interessi di alcune persone e visto che è provato che negli anni i colpevoli non vengono consegnati alla giustizia allora succede che ti ammazzano. E’ abbastanza allarmante e ci si rendiamo conto che anche se si è nei gruppi di protezione dello stato, anche se si grida di essere in pericolo, ti ammazzano lo stesso. E’ abbastanza triste, io sono molto triste e provato” racconta. La violenza in Messico si è fatta strutturale e le aggressioni ai giornalisti si intrecciano con le aggressioni sistematiche che si vivono. “In Messico ogni giorno vengono uccise 11 donne e ogni 38 ore una donna che lavora come giornalista o nell’ambito della comunicazione viene violentata” dice Amaranta Cornejo, ricercatrice universitaria “ma le cifre, se pur spaventose e terrificanti, non ci devono far fermare alla tragedia della vita troncata e neppure a ciò che colpisce le persone vicine alla persona assassinata, dobbiamo vedere come agisce più in profondità. Non si uccide la verità uccidendo giornalisti diciamo noi in Messico perchè le aggressioni non colpiscono solo chi viene colpito direttamente ma tutta la società, perchè generano di fatto il silenzio. Gli omicidi di giornaliste/giornalisti/comunicatori sono uno specchio in più della de-scomposizione sociale e politica. Dobbiamo capire seriamente chi ha realizzato il crimine perchè non si può cadere nella narrativa “che è sempre colpa del crimine organizzato”, questa è uscita semplicistica perchè sappiamo che viviamo in un paese dove esiste una collusione tra i criminali, i poteri economici e lo stato”. In questo clima è esplosa rabbia ed indignazione che ha portato, martedì 25 gennaio, ad una giornata nazionale di protesta e denuncia della violenza contro chi lavora nell’informazione. Protesta che ha portato in piazza in oltre 40 città ed in tutti gli stati che compongono il Messico diverse migliaia di persone mentre il presidente eletto Andres Manuel Lopez Obrador ha pensato fosse utile difendere l’ex governatore della Baja California, impresario di una televisione statale, ovvero il “capo” di Lourdes Maldonado contro il quale la giornalista aveva agito, e vinto, una causa lavorativa. AMLO ha difeso il suo compagno di partito dalle voci che lo vorrebbero legato alle violenze subite dalla giornalista.

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GRAZIE!

Comisión Sexta Zapatista
Coordinación Travesía por la Vida-Capítulo Europa

14 dicembre 2021

Alle organizzazioni, movimenti, gruppi, collettivi, popoli originari e individualità delle diverse geografie della terra ora nota come Slumil K´ajxemk´op.

Dalla Delegazione Zapatista La Extemporánea.

Compagne, compañeroas, compagni:

Hermanoas, sorelle, fratelli.

Vi salutiamo dalle montagne del Sudest Messicano e vi informiamo che tutte le compagne e compagni della delegazione aereo-trasportata che, nei mesi di settembre, ottobre, novembre e dicembre di quest’anno 2021, vi hanno visitati nelle vostre rispettive geografie, sono ormai nei rispettivi villaggi e località.

Alle 21:34 ora zapatista – 20:34 ora del Messico – di questo 14 dicembre: le 03:34 del 15 dicembre, ora di Slumil K´ajxemk´op, è stato confermato che tutte e tutti sono nei loro villaggi e località.

Siamo arrivati tutte e tutti in buone condizioni, interi e sani. Anche se siamo tutt@ emozionati e commossi dai giorni e dalle notti che ci avete permesso di condividere con voi. Torniamo con una ferita nel cuore che è di vita. Una ferita che non lasceremo che si chiuda.

Ora dobbiamo rivedere i nostri appunti per informare la nostra gente e le nostre comunità di tutto quello che abbiamo imparato e ricevuto da voi: le vostre storie, le vostre lotte, la vostra resistenza, il vostro indomito esistere. E, soprattutto, l’abbraccio di umanità che abbiamo ricevuto dai vostri cuori.

Tutto ciò che vi abbiamo portato proveniva dalla nostra gente. Tutto ciò che abbiamo ricevuto da voi è per le nostre comunità.

Per tutto questo, per la vostra ospitalità, per la vostra fratellanza, per la vostra parola, per il vostro ascolto, per il vostro sguardo, per il vostro cibo, per le vostre bevande, per il vostro alloggio, per la vostra compagnia, per la vostra storia, per l’abbraccio collettivo del vostro cuore, vi diciamo:

Kiitos
Danke schön
Hvala ti
Благодаря ти
Gràcies
Děkuju
Grazie
Hvala vam
Tak skal du have
Ďakujem
Aitäh
Eskerrik asko
Merci
Diolch
Grazas
Σας ευχαριστώ
Köszönöm
Thanks
Go raibh maith agat
Paldies
Ačiū
Ви благодарам
Takk skal du ha
Dziękuję Ci
Obrigada
Mulțumesc
Спасибо
Хвала вам
Tack
Teşekkürler

Grazie SLUMIL K´AJXEMK´OP!

Comunicheremo di nuovo con voi presto, perché la lotta per la vita non è finita. Abbiamo ancora molto da imparare da voi e molto per abbracciarvi.

A presto, compas.

Dalle montagne del Sudest Messicano.

A nome della Extemporánea Zapatista.

Subcomandante Insurgente Moisés.

Coordinatore.
Messico, Dicembre 2021

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LA LUCHA SIGUE!

Ieri abbiamo accolto per tutta la giornata la delegazione della Gira Zapatista a Bergamo! La giornata è stata di “Escucha y Palabra”. Tantissimi i temi che abbiamo toccato con i compañeros Zapatisti, testimoni diretti dell’esperienza anticapitalista e di autonomia nel Chiapas, stato a sud-est del Messico.

Partendo dal racconto della schiavitù e delle violenze subite dalle popolazioni indigene per secoli, e passando dalla nascita clandestina dell’EZLN nel 1983, i compagni ci hanno raccontato le tappe e gli snodi che hanno portato alla sollevazione armata del 1° gennaio 1994 e alla formazione delle Giunte di Buongoverno.

Vedere i compañeros all’interno del Pacì, negli spazi dove costruiamo alternativa al capitalismo quotidianamente, è stato emozionante, affascinante e coinvolgente.

È stato ancora più bello condividere la giornata con tante realtà e singoli della città, grazie a tutte e tutti!

Ci teniamo solo a sottolineare in modo molto veloce alcuni passaggi, anche simbolici, che possono forse suonare come slogan casuali, ma che contestualizzati con la lotta zapatista e soprattutto raccontati dalle loro lente parole, acquisiscono un enorme valore e un’esperienza unica.

1 – Il padrone è ovunque. Nello Stato c’è il padrone. Nella polizia c’è il padrone. Nelle organizzazioni del governo c’è il padrone. Nei funzionari c’è il padrone. Lui è il nemico.

2 – Non esiste un padrone buono, non esiste un governo buono.

3 – La lotta armata è iniziata dopo 10 anni di relazioni e clandestinità, per essere il più preparati possibile.

4 – Anche trattando con il Governo non sono mai state deposte le armi, si trattava restando EZLN a difesa delle comunità ribelli.

5 – Il supporto della comunità internazionale è stata fondamentale; ha contributo a far sì che la lotta zapatista cambiasse e lavorasse sulle Giunte di Buongoverno.

L’ultima cosa che vogliamo condividere qui è una delle ultime frasi dei compañeros: “Sieti sicuri che questi spazi di autogestione e queste libertà che avete ora il Governo vi permetterà di tenerle a lungo?” Ecco, continuiamo a muoverci insieme, portiamo solidarietà ed organizziamo la nostra rabbia!

Un grazie speciale a Il Baro per aver realizzato per la giornata di ieri questo fantastico pezzo, così che questa storica giornata resti impressa anche sui muri del Pacì e possa essere strumento per chi attraverserà lo spazio.

¡REBELDIA Y SOLIDARIDAD!

¡ZAPATA VIVE, LA LUCHA SIGUE!

c.s.a. Pacì Paciana https://www.facebook.com/pacipacianabergamo/posts/4275337172584779

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L’INVASIONE ZAPATISTA IN EUROPA È INIZIATA!

12 OTTOBRE – 8 NOVEMBRE 2021

https://www.facebook.com/LiberaAssembleaPensandoPraticando/

⭐️È iniziata la #GiraZapatista nella nostra Penisola e Isole! Un appuntamento costruito in un anno di incontri, percorsi, relazioni tra territori diversi, vicini e più lontani, uniti dallo stesso intento, di offrire un’accoglienza degna a popoli indigeni che dal Chiapas e dal Sud-Est del Messico hanno deciso di intraprendere un Viaggio per la Vita! EZLN, Congreso Naciónal Indígena e Fronte Del Popolo in Difesa della Terra e dell’Acqua di Morelos, Puebla e Tlaxcala hanno deciso di ripercorrere al contrario la rotta di Colombo e Cortès e di Invadere l’Europa, già ribattezzata SLUMIL K’AJXEMK’OP (Terra che non si rassegna o Terra Indomita), seminando una scia di Vita, Lotta e Bellezza, al contrario di quello che fecero i colonizzatori europei con al seguito Morte, Schiavitù e Devastazione.

Ci saranno decine di appuntamenti e di incontri, di scambio, di semi che incontrano altri semi, alcuni aperti e pubblici di fiesta condivisione e locura, altri incontri di confronto di esperienze pluridecennali di Resistenza in tutto il Pianeta, altri ancora intimi e ristretti che metteranno in contatto le lotte dei nostri territori a quelle rivoluzionarie del Chiapas dove da più di 30 anni si sta svolgendo un pezzetto di quell’Altro Mondo Possibile, senza sfruttamento della Terra nè della dignità umana, che in diverse parti del mondo tutte le persone che lottano e resistono al capitalismo stanno provando a costruire.

OVUNQUE E SEMPRE SAREMO ATTENT@:

– Alla salute di chi incontriamo, pretendendo le giuste pratiche di tutela sanitaria e utilizzando i relativi dispositivi.

– Alla sensibilità di chi incontriamo, rispettando la temperatura emozionale, evitando categoricamente lo sfruttamento social-mediatico e momenti di incoscienza collettiva ed individuale.

L’invasione da una geografia Europea si irradierà per tutta la Penisola fino alle Isole coinvolgendo 12Macro-Aree di cui di seguito trovate la lista (in aggiornamento) e alle quali fare riferimento per avere maggiori informazioni:

PIEMONTE e-mail : piemontezapatista@autistiche.org

NORDEST e-mail : girazapatistanordest@gmail.com

LOMBARDIA e-mail : a breve…

LIGURIA e-mail : onnivoro.asscult@gmail.com

TOSCANA EMILIA ROMAGNA e-mail : emiliatoscanazapatista@gmail.com

ROMA e-mail : romaviaggiozap@gmail.com

CENTRO ITALIA e-mail : lapaz.italiacentrale@gmail.com

SARDEGNA e-mail : zapatistasinsardigna2021@riseup.net

CAMPANIA e-mail : viaggiozapcampania@gmail.com

PUGLIA BASILICATA e-mail : girapugliabasilicata@gmail.com

CALABRIA e-mail : calabriaporlavida@autistici.org

SICILIA e-mail : siciliezapatiste@gmail.com

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#LaGiraZapatistaVa #EZLNinITALIA #LaGiraInItalia #OtroMundoEsPosible #UnAltroMondoèPossibile

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Commando Popcorn.

Commando Popcorn

Settembre 2021

Non lo so per certo, ma la leggenda colloca la gestazione di questa unità d’élite dell’ezetaelene a poche lune fa.

Sebbene il comando generale zapatista abbia più volte negato la sua esistenza classificando queste maldicenze nella cartella dei “Grandi Miti e Non” (insieme alle leggende del Sombrerón, la Xpakinté e delle ricette gastronomiche del defunto SupMarcos), le voci collocano la nascita dell’ormai famoso Commando Popcorn nel Caracol di Tulan Kaw alla fine del 2019.

Secondo ciò, l’autoproclamato SupGaleano si era accaparrato tutto il mais da popcorn dello stato messicano sudorientale del Chiapas. E, sebbene il suddetto abbia poi affermato che il suo piano fosse quello di sabotare le grandi catene cinematografiche e costringerle a ridurre il prezzo di un articolo così prezioso – oltre a vietare le assurde varianti che offrono popcorn aromatizzati al sapore di fritture stantie – indagini successive hanno sostenuto l’ipotesi avanzata dall’accusa (un essere straordinariamente simile a uno scarabeo), che al processo sollevò il movente del crimine: il SupGaleano voleva strafogarsi di popcorn. L’improvvisa e incomprensibile carenza di salsa piccante ne aumentava i sospetti.

Il procuratore di nome Don Durito – abbigliato come il Procuratore di Ferro dei fratelli Almohada (da non confondere con gli Almada, quelli sono altri) – aveva esibito una brillante oratoria ricca di riferimenti cinematografici che, bisogna ammetterlo, a volte ricordava Al Pacino, Tom Cruise, John Travolta e Matthew McConaughey (cit. i film di questi attori e le tematiche di giurisprudenza). L’imputato, in qualità di difensore di sé stesso, non era stato da meno e, inoltre, aveva aggiunto riferimenti drammaturgici. Il suddetto stava argomentando come Shui Ta/Shen Te davanti agli dei (“L’anima buona di Sezuan”. Bertold Brecht), quando è arrivata l’ora del pozol e la giuria al completo si è assentata.

Capendo che giustizia non sarebbe stata fatta e che il malvagio SupGaleano se la sarebbe cavata, la banda di Defensa Zapatista, con la collaborazione del Gatto-Cane, prese d’assalto la capanna del SupGaleano ed “espropriato” non solo diversi sacchi di popcorn, ma anche non pochi cartoni di salsa piccante. L’amato Amado stava allora facendo le sue prime incursioni nella banda di Defensa Zapatista (sebbene avesse già debuttato a Oventik nel 2018, al primo festival del cinema, quando rubò la macchina da presa a Gael García Bernal), così formò, con l’amico Chinto , una sorta di succursale dell’orda di Defensa Zapatista.

Nella nuova banda si è auto-reclutata la Veronica, la sorellina di Amado, che si dice sia “l’ala radicale” del Commando (di solito porta i tatuaggi anche sulle labbra quando gli tocca la caramella gommosa che li contiene). Il Chuy e Cintia sono stati reclutati successivamente. Per un po’ Esperanza ha guidato la truppa, ma non è passato molto prima che si unisse, insieme a Defensa, alla squadra di calcio femminile delle miliziane. Allora l’amato Amado è rimasto al comando.

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Erano i mesi di aprile e maggio. L’unità che sarebbe stata poi battezzata “La Extemporánea”, si preparava in centinaia nel Semillero “Comandanta Ramona”.

Al SupGaleano era stato ordinato di impedire ai bambini di disturbare le loro madri mentre seguivano il corso di Ascolto e Parola. Il suddetto ha affrontato questa nuova sfida organizzativa e progettato una riforma alla legge organica inesistente dell’ezetaelene. Il suo obiettivo: dare loro una struttura militare e istruirli nella difficile arte del sabotaggio, della distruzione indiscriminata e delle urla coordinate e in sequenza.

Li ha radunati e con voce marziale ha detto loro: “Avete sentito il SubMoy che ha spiegato che dovete essere organizzati. Quindi dovete capire che anche per fare marachelle bisogna organizzarsi. D’ora in poi siete una unità militare e chi non obbedisce agli ordini subirà la punizione del taglio della testa con il machete, senza filo affinché ci metta tempo, e arrugginito affinché si infetti e si debba fare l’iniezione”.

Inutile dire che la minaccia non sortì l’effetto sperato. La Cintia ha fulminato il Sup dall’alto in basso con lo sguardo voltandogli le spalle. Il Chuy ha chiesto se dovesse andare a cercare un machete. Il Chinto sembrava valutare i rischi. L’amato Amado si è alzato il colletto della camicia e la Veronica ha deciso che era un buon momento per urlare a squarciagola. In cho’ol, di nuovo.

Il nostro eroe (attenzione: io sono “il nostro eroe”) non si è lasciato scoraggiare da questo contrattempo e, sfoggiando le sue vaste conoscenze in psicologia, è arrivato con un secchio da 20 litri pieno di popcorn. La banda si è raccolta intorno al SupGaleano pressionandolo con il classico “devi condividere“. Ma il Sup ha risposto: “Non posso, è solo per i commandos“. Immediatamente tutt@ si sono iscritti. Questa è stata la nascita ufficiale del Commando Popcorn in quanto tale.

Il Sup, lungimirante, aveva alcuni orsacchiotti e qualche potente pistola ad acqua. Ha fatto scegliere a loro. Amado e Chinto hanno scelto pistole ad acqua; Cintia ha preso l’orsacchiotto, che era anche della sua altezza; il Chuy – come sua abitudine – ha scelto un cavallino di plastica che, per inciso, non era contemplato nella distribuzione.

Mentre tutti si aspettavano che Veronica scegliesse l’altro orsacchiotto, lei lo ha rifiutato, ha preso una delle pistole ad acqua, si è pigliata il cavalluccio del Chuy dopo averlo bagnato (non è riuscita a prendere l’orsacchiotto di Cintia perché l’aveva già nascosto “in modo che non si bagnasse”) ed ha attaccato Amado e Chinto. Immersa nel fragore della battaglia, Veronica è andata da sua mamma perché la cambiasse ma non si è riposata e si è lanciata contro i fottuti uomini – che avevano finito le munizioni, cioè l’acqua – e li ha sconfitti con un’azione fulminante applaudita da Defensa e da Esperanza in quella che hanno definito una “vittoria di genere”. Il nostro eroe, vedendo il potenziale bellico di Veronica, le ha regalato un fucile lanciapalloni ad acqua (di ultima generazione).

Come dice il proverbio – inventato all’epoca dal nostro eroe -: “non si vive di solo popcorn, ma ci sono anche ghiaccioli e caramelle gommose”; il Commando è stato dotato di ogni genere di elementi per il suo ferreo addestramento. È così che sono arrivate delle caramelle gommose che avevano in omaggio degli adesivi simili a tatuaggi. Veronica è stata l’unica ad appiccicarseli senza esitazione. E, naturalmente, anche l’unica che, leccando la calcomania che aveva un po’ di zucchero, si è tatuata la lingua. È così che Verónica, a soli tre anni, si è ritrovata, oltre al cho’ol e castigliano, con la lingua cinese-giapponese-coreana.

Il temibile Commando Popcorn è attualmente composto dall’amato Amado (10 anni e responsabile del commando), Chinto (10 anni e coordinatore operativo), Cintia (3 anni e dottoressa del gruppo), Chuy (3 anni, demolizioni controllate) e Verónica (3 anni, demolizioni senza alcun controllo).

-*-

La prima operazione del CP è stata quella di salutare lo Squadrone 421. Mentre le basi di supporto gridavano evviva allo Squadrone e il consiglio degli anziani benediceva i futuri marinai con il fumo di copale, il CP gridava slogan assurdi, incitati da un individuo di dubbia reputazione, come “Vogliamo popcorn!“, “Lottiamo per i popcorn!“, “Per tutti, tutto. Popcorn per noi!“.

Naturalmente ci sono state lamentele e persino un’accusa formale, ma Veronica ha iniziato a piangere in ch’ol e il SubMoisés disperato ha detto “fate zittire quella bimba“. Il SupGaleano, vantando suoi diplomi e dottorati in pedagogia infantile, ha presentato due opzioni: o cucire le labbra all’urlatrice o darle dei popcorn – perché con la bocca piena di popcorn non avrebbe potuto urlare -. Poiché non sono riusciti a trovare ago e filo, le hanno dato un sacchetto di popcorn. Il pianto è cessato immediatamente. Ma, oh sorpresa, accortisi del risultato, anche il resto della banda ha iniziato a piangere. Conclusione: la sottotenente Angelina ha dovuto fare i popcorn da dare a tutti.

La storia della motosega è simile. Quando i bambini hanno visto gli insorti tagliare il legno per scolpire i cayucos, hanno cominciato a giocare alla motosega con delle assi. Cioè, la tavola di legno era la motosega. Il loro ottimismo era encomiabile: con la tavola-motosega hanno cercato di abbattere i pali metallici dei tabelloni da basket. Ma, quando hanno iniziato a “giocare” a chi segava l’altro, il SupGaleano si è reso conto, con profonda soddisfazione, che la banda avrebbe potuto affrontare con successo un’apocalisse zombie.

Quando l’amato Amado si è ferito al piede con un chiodo, Veronica ha pensato che fosse una buona idea “curare” il suo piede ed ha chiesto aiuto al Chuy. Con le rispettive tavole hanno cercato di segare i piedi dell’Amado. Lì Cintia ha informato il SupGaleano che l’Amado “si era inchiodato un chiodo“. Il Sup le ha dunque consigliato, per vedere se era vero, di dirgli che gli avrebbe fatto un’iniezione. Se Amado fosse fuggito, significava che stava fingendo e non era gravemente ferito. Cintia dopo poco è tornata ed ha riferito: l’Amado era ancora postrato (attenzione Centennials – o come si dice -, ha detto “postrato”). Il Sup ha fatto la sua migliore faccia da Doctor House e ha detto: “È serio, dobbiamo operare“. Ed ha consigliato a Cintia di tagliargli i piedi… e la testa perché “forse gli fa male la testa“. La Cintia ha concordato. La storia sarebbe culminata in un trionfo della scienza medica, con un importante intervento chirurgico eseguito a 4 mani e due tavole in modalità motosega, se non fossero arrivati i promotori di salute che hanno portato Amado in clinica in barella, gli hanno messo delle bende e non so che unguenti.

Ma, di fronte alla frustrazione, Cintia non si è lasciata scoraggiare ed ha deciso di essere la dottoressa del Commando. Siccome il Sup non ha trovato una scatola gioco del piccolo medico ma solo una del piccolo veterinario, con questa Cintia si è presentata come la dottoressa della truppa.

Vedendo la lodevole vocazione per la demolizione di Verónica e del Chuy, hanno ottenuto due motoseghe di plastica e una valigetta da meccanico, con trapano, pinza, seghetto, taglierino, cacciavite, martello e chiave inglese (tutto in plastica), con il vantaggio di poter essere utilizzate sia per operazioni medico-chirurgiche, sia per riparare motoseghe che, ovviamente, si sono “rotte” fin dal primo giorno.

Poi sono arrivate le biciclette. Tutti sanno che un commando senza biciclette non può spostarsi in modo rapido ed efficiente. Il problema è che non sapevano andare in bicicletta. Il Sup non glielo ha insegnato sostenendo che “Forse qualcuno ti insegna a vivere? No, impari cadendo”. Infatti: il Commando si è riempito di graffi, contusioni e tagli, ma, pochi giorni dopo, già pedalava senza difficoltà sul campo da basket.

-*-

Quando La Extemporánea è stata informata che finalmente, c’erano i voli e, soprattutto, un posto dove atterrare in Europa, il nostro acclamato eroe (io) ha convocato il Commando Popcorn e ha detto loro: “Tra pochi giorni partirete. È vietato ammalarsi e ferirsi. Dovete badare a voi stessi, perché chi si farà dei graffi non avrà i popcorn. È chiaro?“.

Per dimostrare che tutto era chiaro, Chuy ha accusato Cintia di essere caduta dalla bicicletta. La Cintia ha detto che era una bugia di Chuy, che Veronica l’aveva spinta. L’amato Amado ha spiegato che litigano per qualsiasi cosa, che è sufficiente che una abbia un giocattolo, che litigano. Il nostro ammirato paladino ha confutato: “ma se dessimo ad ognuna lo stesso giocattolo, così che non litighino“. Il Chinto ha fatto l’espressione di “il Sup non capisce un bel niente” e l’amato Amado ha sentenziato: “Non gliene importa nulla, vogliono il giocattolo che ha l’altra“.

L’incomparabile e idolatrato eroe (di nuovo io, ma più modesto se possibile) li ha avvertiti: “Bene, vi ho già avvertito, se vi fate male o ammalate allora non partirete e le vostre mamme piangeranno perché neanche loro potranno partire, a causa vostra. Capito?“. Tutt@ hanno risposto affermativamente.

Non appena il gagliardo Sup ha girato le spalle, il Chuy ha iniziato a piangere. Veronica gli ha dato uno schiaffo per essere stato pettegolo. A Veronica è stato chiesto se fosse vero e lei ha confessato che lo era, senza il minimo segno di pentimento.

Sconsolato, il Sup è andato nella sua capanna. Lungi dal darsi sconfitto, ha controllato la sua vasta libreria di trattati di psicologia, geografia, scienze occulte e la sua collezione di fumetti i Memín Pingüín, ed è tornato. Ha chiamato il CP e su una mappa ha mostrato loro dove sono il caracol ed il semillero. Poi ha mostrato loro dov’è Madrid e dov’è Vienna. In seguito ha tracciato una linea elegante per descrivere il volo imminente.

Dopo una lunga spiegazione, il Sup si è ritirato soddisfatto: era riuscito a convincere il Commando Popcorn. Le ultime parole del nostro eroe riecheggiavano nell’aria: “Perché accontentarsi di fare marachelle e guai in un caracol, se puoi distruggere un intero continente?“.

-*-

L’inquadratura della telecamera si allontana. Il Commando Popcorn guarda la mappa del mondo mentre succhia avidamente ghiaccioli alla frutta. Tzotz, il Greedy e la Pelusa, tre cagnolini che di solito accompagnano il CP nelle sue incursioni, arrivano e distruggono la cartina. Una folata di vento solleva e fa volare via un frammento su cui si legge “Viaggio per la Vita”.

Un finale epico… e, beh, sì, un poco paradossale.

Warning: il Commando Popcorn per due mesi non ha dimostrato la ragione della sua esistenza. Un Commando Popcorn senza popcorn è come un vampiro che si consola con la salsa di pomodoro, quindi c’è da sperare che una volta giunto in Europa… beh, ecco… il SupGaleano con due vecchi walkie-talkie prova e riprova “Hallo? Vienna e Berlino bruciano?” con Amado che è a soli 10 metri di distanza e gli risponde che non sente niente. Certo, forse se mettessero le batterie nei dispositivi…

In fede.

Il SupGaleano.
Capo Supremo, Leader Maximo, Dirigente Eccezionale, Grande Guida, Storico, Saggio Infallibile, Luce Perenne alla Fine del Tunnel, Alfa e Omega – e Delta e Lambda -, Faro delle Generazioni Presenti e Future, Paladino della Modestia e Istruttore del Commando Popcorn.
(e, beh, anche “Nostro eroe” in questo racconto epico, degno di essere ampliato dalle penne di Martín Luis Guzmán e León Tolstoi)

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/09/10/comando-palomitas/

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Dopo i 17
(La Sezione Miliziana Ixchel-Ramona)

Settembre 2021

Come parte della Extemporánea c’è una sezione di miliziane. Oltre a far parte dei gruppi “Escucha y Palabra”, si occuperanno della sicurezza della squadra aerotrasportata e dello svolgimento di una o più partite di calcio con squadre femminili di tutta Europa.

C’erano 196 miliziane iscritte per viaggiare. Circa 20 avevano meno di 18 anni, ma si preparavano per viaggi successivi e per i continenti Asia, Oceania, Africa e America, prevedendo che per allora sarebbero state maggiorenni per ottenere il passaporto.

Le difficoltà per avere i documenti (tutte sono estemporanee) e il continuo andirivieni dovuto alle pretese dei “funzionari”, le hanno costrette ad abbandonare il tentativo. Alcune sono madri single e devono lavorare per sostenere i loro piccoli. La maggior parte lavora a sostegno delle proprie madri e dei fratelli più piccoli. Anche la preparazione è stata un problema, perché non è stata una passeggiata, ma piuttosto è stato necessario prepararsi per fare il lavoro di “Ascolto e Parola”. Quello che è costato loro più lavoro è stato imparare ad ascoltare.

Ne sono rimaste 37. Si sono aggiunte due minorenni: Defensa (15 anni) ed Esperanza (12 anni). Quindi, in totale sono 39 miliziane. Da 3 mesi sono acquartierate nel Semillero, esercitandosi, imparando, provando e aspettando che si aprisse la possibilità di partire: un posto dove arrivare in Europa. Tutte hanno radici maya e parlano Tzeltal, Tzotzil, Cho’ol, Tojolabal e castigliano. Pochissime hanno più di 25 anni, la maggior parte ha tra i 18 e 21 anni. Le loro abilità calcistiche sono un segreto di Stato, ma la loro volontà di lottare è lampante.

Nessun maschio adulto senza permesso ha potuto entrare nel luogo in cui erano acquartierate. Nel caso dell’ingresso di un uomo, magari disorientato, questo veniva subito circondato da un gruppo di miliziane ed “esortato” ad andarsene immediatamente con la solida argomentazione dei bastoni e delle fionde.

Nella loro preparazione e adattamento, i primi giorni sono stati difficili. I successivi lo sono stati ancora di più. Lontane dalle loro famiglie, dagli amori e dal cibo dei loro villaggi, hanno sopportato l’incertezza, la fame, le malattie, i cambiamenti di clima, lo sconcerto di convivere con altre diverse, la sorpresa di apprendere cose nuove e lo stupore di rendersi conto di essere in grado di fare quello che non sapevano di poter fare. Ad esempio: ascoltare. E scusate se ancora una volta insisto sul fatto di ascoltare, ma guardo là fuori e sento tutti che vogliono parlare – anzi, urlare – e nessuno, o quasi, con la volontà di ascoltare.

Queste mie compagne combattenti, si sono lasciate alle spalle, vicino o lontano nel calendario, i 17 anni. La loro identità non è in dubbio: sono ZAPATISTE.

-*-

Invece no.

Una miliziana prende la parola nell’Assemblea Generale della Extemporánea, mentre si valuta ciò che è stato realizzato o meno nel corso di “Ascolto e Parola”:

“Non sapevo niente di quello che raccontate. Pensavo che fosse sempre stato così, che potevo andare a scuola, che potevo avere un ragazzo senza costringermi a sposarmi, che potevo sposarmi se volevo, o non sposarmi, che potevo vestirmi secondo i miei gusti, che potevo partecipare, che potevo imparare, che potevo insegnare. Pensavo che fosse sempre stato come adesso, che abbiamo diritti e non solo doveri. Ma ho ascoltato la compagna raccontare di come si viveva al tempo dei finqueros. Ho sentito quanto è costato prepararsi a combattere. Ho ascoltato quanto è costata la guerra. Ho ascoltato come è stata fatta l’autonomia. Quindi quello che penso è che devo prepararmi a difendere tutto questo. Per non tornare mai più a quel tempo passato. Pensavo che così si nascesse, con la libertà. E invece no, tutto questo dopo che si è dovuto combattere, e quindi dobbiamo continuare a lottare. Quindi non c’è riposo”.

-*-

A difesa dei 17 anni.

Non ne sono proprio sicuro, ma penso che fosse nel 2018.

In occasione del Primo Incontro delle Donne che Lottano, fu deciso che le miliziane sarebbero state incaricate della sicurezza. Furono convocate per l’addestramento. Nelle marce non ne indovinavano una. Diversi come le lingue che danno loro origine e destinazione, i loro passi erano disordinati, scomposti. Per quanto si esercitassero, non c’erano miglioramenti. Disperato, decisi che forse con un po’ di ritmo musicale avrebbero potuto uniformare il passo. Las tercias stavano testando l’impianto audio. Chiesi loro se avessero portato della musica. “Solo cumbias e reguetón“, mi risposero. “Qualcos’altro?“, ho insistito. “Non c’è” hanno risposto ridendo. Chiesi allora alle miliziane se qualcuna di loro avesse, nei propri cellulari, una canzone che potessi usare. Sussurri e risate complici tra di loro. Dopo un po’ una ha detto “solo cumbias”. “Bene”, mi dissi rassegnato, “che cumbia avete? E non ditemi quella del Moño Colorado perché vi dico che morirete tutte miseramente“. Nuove risatine e bisbiglii in 4 diverse lingue maya. Dopo un po’: “solo una, quella dei 17 anni“. “Tutte avete una sola cumbia ed è la stessa?” “Sì, quella dei 17 anni.” “Vabbè, quella allora, passatela a Las Tercias e fatela mettere nell’altoparlante grande. E mettetevi in riga per provare di nuovo“.

Partono i primi accordi, alzano e incrociano i bastoni e, accidenti, iniziano a marciare uniformemente, senza perdere il passo. In seguito ho chiesto loro se era vero che avessero solo quella cumbia. ““, dissero, “quando avremo campo o arriveranno altre compagne, ne avremo di più, tipo Cómo te voy a olvidar“.

Chiesi l’elenco delle miliziane per caracol e per età, per raggrupparle per lingua ed età. La stragrande maggioranza aveva tra i 15 e i 17 anni.

Adesso hanno tra i 18 e i 21 anni, nessuno le ha obbligate a sposarsi, hanno un fidanzato o no – non se ne preoccupano – si innamorano e si disinnamorano, spezzano cuori e spezzano i loro. Sanno che nessuno può costringerle a fare qualcosa che non vogliono, e sanno difendersi. È stato insegnato loro qualcosa sui punti deboli dei maschi, nel caso debbano ricorrere alla difesa fisica. Anche quello che ai maschi fa male sentirsi dire, nel caso debbano ricorrere alla difesa psicologica. Non chiedetemi chi ha insegnato loro questi “segreti” maschili.

Alla domanda se hanno un fidanzato, la maggioranza ha risposto di sì. Una ha detto: “cheb” (“due” nella sua lingua). Quella accanto le ha detto qualcosa sotto voce, allora la compagna ha corretto: “No, ocheb” (“tre”, nella sua lingua). Ancora un’altra: “bayal” (“molti”). Un’altra ci ha messo un po’ a rispondere perché, ha detto, aveva perso il conto. Le tre sono scoppiate a ridere.

In sintesi: avevano 17 anni e a quell’età, quella cumbia – credo “Los Ángeles Azules” – le ha accompagnate nell’amore e nel disamore. Chi critica quella cumbia o ne chiede la censura, forse ha dimenticato cosa vuol dire avere 17 anni. Forse ha dimenticato che sì, le relazioni possono essere quelle di un predatore che dissangua la sua preda – e a qualsiasi età. Ma possono anche essere inquietudine e libertà di amare e non amare. Scoprire così che al posto del cuore si può avere un fiore agrodolce e, allo stesso tempo, una ferita che non si chiude. Inoltre, ovviamente, poi dovrebbe anche chiedere di censurare Violeta Parra e la sua “Volver a los 17″.

Ora, dopo i 17, può darsi che le miliziane dedichino “Cómo te voy a olvidar”a quell’amore passato o presente.

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Penelope Sovvertita.

Ho chiesto loro cosa avessero detto ai fidanzati. Così mi hanno risposto: “se mi ama davvero e non è una bugia, che mi aspetti, e se no, allora niente, ne troverò un altro“. In altre parole, nessuna tela della vana attesa da tessere e sbrogliare. Un altro esempio di “le anatre che sparano ai fucili”.

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Il Consenso.

Alle compagne viene detto che nessuno può toccarle senza il loro esplicito consenso. Non prenderle per mano, né mettere la mano sulle spalle, o altro. Sono state istruite, ad esempio, su come togliersi di dosso una mano maschile, non importa se è un comandante o meno. Lo stesso vale per la loro immagine: nessuno può scattare foto o video senza il loro consenso. Tanto meno pubblicarle. È stato mostrato loro il video che appare alla fine di questo testo ed è stato chiesto se fosse pubblicabile o no. Si sono riunite per caracol e lingua. Hanno discusso e all’unanimità hanno deciso che si pubblicasse. Siete avvisat@.

-*-

Ognuno a modo suo.

Da parte mia, dal 2018 ho vissuto nell’inganno. Credevo che il ritornello della cumbia “17 anni” dicesse “quanto è triste l’amore, quanto è triste l’amore“. Le sergenti mi hanno cavato dall’errore: “Non è così Sup, dice che “se questo è l’amore “, cioè la ragazza non lo sa, sta appena imparando“, e ridono.

Nell’esercizio della marcia, con La Carencia de los Panteones, il Lago de los Cisnes e La Cumbia del Sapito, è stato dimostrato che la danza, come la vita, può attraversare i muri più inviolabili.

Non lo so, dico che le cumbias sono come le magliette delle divise da calcio. Con forbici, filo e ago si sistemano in modo che si adattino al tuo gusto: giusta o che vesta bene.

Conclusione: Ognuno a modo suo, ad ognuno la sua cumbia, ad ognuno il suo pas de chat (o de Chat-Chien)… e ognuno il suo ska. Saltare, raza!

In fede.

Il SupGaleano mentre si esercita al “Chúntaro Style”.
(Oh beh, ognuno pesta il pavimento come può).
Messico, Settembre dell’anno 501

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/09/08/despues-de-los-17-la-seccion-miliciana-ixchel-ramona/

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Itinerario della Extemporánea:

10 settembre 2021. Partenza la mattina presto della delegazione aviotrasportata dal caracol di Jacinto Canek.

10 settembre 2021. Ora indeterminata, a partire dalle ore 18:00. Arrivo della Extemporánea nei locali di Carmona y Valle, a Città del Messico.

11 settembre 2021. La Extemporánea viene sottoposta ai tamponi.

Arrivo dall’Europa dello Squadrone 421 con volo Lufthansa LH498. Arrivo 18:30 Città del Messico, Terminal 1.

Invitiamo ad accogliere lo Squadrone 421.

12 settembre 2021. Preparativi.

13 settembre 2021. 08:00 partenza da Carmona y Valle per l’aeroporto di Città del Messico del primo gruppo aviotrasportato con destinazione Vienna, Austria. Scalo a Madrid, Spagna. Volo Iberia IB6400. Decollo alle ore 12:10 da Messico.

Il secondo gruppo parte da Carmona y Valle per l’aeroporto alle ore 16:00. Destinazione Vienna, Austria. Scalo a Madrid, Spagna. Volo Iberia IB6402. Partenza 20:45 da Messico.

14 settembre 2021. Arrivo della Extemporánea a Vienna, Austria, nella geografia che chiamano Europa.

È tutto.

Testo originale: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/09/08/itinerario-de-la-extemporanea/

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COMMISSIONE SEXTA ZAPATISTA
Messico

4 settembre 2021

A chi di dovere:

In accordo con le Giunte di Buon Governo Zapatiste, il CCRI-CG dell’EZLN e le comunità indigene zapatiste, dichiariamo quanto segue:

Primo.- Nei giorni scorsi abbiamo assistito al trattamento disumano che lo Stato messicano riserva ai migranti che cercano di fuggire dalla trappola, muta e invisibile, in cui si trovano nella città di Tapachula, Chiapas, Messico.

Secondo.- Come nei governi precedenti a quello attuale, alle denunce e reclami dei cittadini per queste crudeltà il governo messicano promette sanzioni per gli “eccessi” commessi dagli agenti dell’Istituto Nazionale di Migrazione (INM). Questa promessa è solo un’altra bugia. Agli agenti viene detto che è questo che sarà detto pubblicamente per evitare la pressione della cosiddetta opinione pubblica, ma che devono continuare con i loro metodi di caccia all’uomo senza timore di conseguenze. Nessun migrante deve andare oltre il Chiapas.

Terzo.- Anche tra gli elementi della Guardia Nazionale c’è malcontento. Perché è stato detto loro che la loro missione sarebbe stata quella di combattere il crimine organizzato, e ora li usano come cani da caccia che inseguono persone dalla pelle scura. Perché questa è la consegna: dare la caccia a qualsiasi persona con la pelle scura: “Fermate qualsiasi fottuto negro che trovate”, è l’ordine. È piuttosto una dichiarazione di politica estera.

Quarto.- L’indottrinamento degli agenti dell’Istituto Nazionale di Migrazione rasenta il ridicolo. Dicono loro che stanno difendendo il Messico da un’invasione, come ha affermato con sicurezza un funzionario dell’INM. Non farebbe male all’Istituto Nazionale di Migrazione seguire alcune lezioni di storia di base – ora che c’è il ritorno a scuola – per capire che gli invasori sono del governo degli Stati Uniti che impone questa politica migratoria che contraddice l’intera storia della politica estera dello Stato Messicano.

Quinto.- Le manovre dell’INM per incapsulare le organizzazioni per i diritti umani e la stampa, in modo che non documentino le loro azioni, ci ricordano ciò che fece il governo di Salinas de Gortari nei primi giorni del 1994, quando chiuse l’accesso alla selva Lacandona per impedire che si sapesse quello che stava facendo. E la caccia all’uomo ai migranti ci ricorda il governo Zedillo che, nel 1995, ci fece inseguire dai cani.

Sesto.- È abbastanza vergognoso che un governo, che si dice progressista, si pieghi alla politica estera del governo nordamericano, a imitazione di ciò che facevano i finqueros del Chiapas, ancora pochi anni fa, per sottomettere i loro peones. I dettami religiosi, così cari là sopra, predicano: “che il tuo piede sinistro non sappia chi stai prendendo a calci con il piede destro”.

Settimo.- Invitiamo ogni persona onesta e sensibile a chiedere che questa situazione si fermi, ora. E che, nella misura delle possibilità di ognuno, si forniscano aiuti umanitari ai migranti.

Da parte nostra, le comunità indigene zapatiste, attraverso le loro 12 Giunte di Buon Governo e la Commissione Sexta Zapatista, hanno raccolto una modesta somma di denaro che sarà inviata ad alcuni centri di accoglienza o organizzazioni che svolgono attività umanitarie con i migranti in Chiapas.

Invitiamo la Sexta Nazionale, le Reti in Resistenza e Ribellione, il collettivo “Llegó la Hora de los Pueblos”, le Organizzazioni Non Governative e le persone di buona volontà in tutto il mondo, a fare ciò che nelle loro possibilità, in primo luogo, per fermare la caccia all’uomo condotta dall’INM con il sostegno della Guardia Nazionale e, in secondo luogo, per migliorare le condizioni di vita della popolazione migrante presente in questa geografia chiamata Messico.

-*-

Proprio come questi fratelli migranti e noi estemporanei, un giorno saremo tutt@ migranti ed estemporanei su questo pianeta. E tutti coloro che non avranno il colore del denaro, saranno perseguitati, braccati, confinati, desaparecidos, eliminati.

Quindi, contro la xenofobia e il razzismo, la lotta per la vita.

Dalle montagne del Sudest Messicano.

Subcomandante Insurgente Moisés Subcomandante Insurgente Galeano.
Messico, 4 settembre 2021

a di migranti, composta principalmente da haitiani, che percorre una strada nel comune di Tapachula, nello stato del Chiapas, in Messico, il 1 settembre 2021. © EFE/Juan Manuel Blanco

Testo originale: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/09/04/contra-la-xenofobia-y-el-racismo-la-lucha-por-la-vida/

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Per la vita: Partenza della Extemporánea per l’Europa

Commissione Sexta Zapatista

Messico

30 agosto 2021

All’Europa in basso e a sinistra:

Alla Sexta Nazionale e Internazionale:

Alle organizzazioni, gruppi e collettivi che cercano verità e giustizia per gli assenti:

Sorelle, fratelli, hermanoas:

Compañeroas, compagne, compagni:

Vogliamo iniziare salutando la lotta e l’impegno di tutte quelle persone che cercano i propri assenti, Le/gli desaparecid@s. La loro lotta è anche, e soprattutto, una lotta per la vita. Non è un caso che sia in questo giorno che vi annunciamo quanto segue:

Primo. – Dopo innumerevoli procedure, ostacoli e problemi, annunciamo che la compagnia aerotrasportata zapatista, che abbiamo chiamato “La Extemporánea”, partirà da Città del Messico per l’Europa il 13 settembre 2021.

Secondo. – La destinazione è la città di Vienna, nella geografia che chiamano Austria, e viaggeremo in due gruppi.

Terzo. – Il primo gruppo lascerà l’aeroporto di Città del Messico il 13 settembre 2021 alle 12:10 circa. Arriverà a Madrid, nella geografia chiamata Spagna, alle 06:00 del 14 settembre. Dopo una sosta di 2 ore e un trasferimento, il volo riprenderà alle 08:20 per atterrare nella città di Vienna, in Austria, alle 11:05 del 14 settembre. Il secondo gruppo partirà lo stesso giorno, 13 settembre, alle 20:45 con scalo sempre a Madrid alle 14:35 del 14, riprendendo il volo alle 16:00 e atterrando a Vienna alle ore 19:00 dello stesso giorno 14 settembre.

Quarto. – “La Extemporánea” è organizzata in 28 squadre di Escucha y Palabra (composte da 4-5 compas ciascuna), 1 di Gioco e Marachella, e una di Coordinamento. “La Extemporánea” può così coprire contemporaneamente 28 angoli della geografia europea.

Qualche giorno dopo, si unirà la delegazione del Congresso Nazionale Indigeno-Consiglio Indigeno di Governo e del Fronte dei Popoli in Difesa della Terra e dell’Acqua.

Insieme a questa delegazione di organizzazioni sorelle, continueremo il lavoro iniziato dallo Squadrone 421, che attualmente sta coprendo la geografia che chiamano Svizzera.

Quinto. – Tra qualche giorno comunicheremo la data in cui lasceremo il Semillero “Comandanta Ramona” per concentrarci nel caracol Jacinto Canek, a San Cristóbal de las Casas, Chiapas. Da lì andremo via terra, con una carovana di veicoli, a Città del Messico dove alloggeremo nel locale di Carmona y Valle fino al giorno e all’ora della partenza. Nel caso qualcuno volesse accompagnare la partenza e il viaggio da San Cristóbal a Città del Messico.

Sesto. – Dedichiamo questo sforzo (che ha coinvolto molte persone non zapatiste e alcune anche antizapatiste) a tutte le desaparecidas, alle famiglie che soffrono la loro assenza e, soprattutto, alle donne e agli uomini che lottano per ritrovarle e ottenere la verità e la giustizia di cui tutte necessitiamo e meritiamo. Sappiate che il vostro esempio, il vostro instancabile lavoro e il vostro non arrendervi, non svendervi e non tentennare, sono per noi popoli zapatisti una lezione di dignità umana e un autentico impegno nella lotta per la vita.

Nei giorni in cui saremo a Città del Messico consegneremo i verbali delle assemblee delle comunità zapatiste, non zapatiste e antizapatiste, con i loro accordi sul sostegno alla lotta per la verità e la giustizia per le vittime della violenza, secondo la consultazione effettuata il primo di agosto di quest’anno 2021.

È tutto.

Dalle montagne del Sud-est Messicano.

Subcomandante Insurgente Moisés

Coordinatore Generale del Viaggio per la Vita – Capitolo Europa.

Ancora Messico. Anno 501.

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/08/30/por-la-vida-salida-de-la-extemporanea-a-europa/

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Parole dei popoli zapatisti

13 agosto 2021.

Sorelle, fratelli, fratelloa

Compagni, compagne, compagnoa:

Attraverso le nostre voci parlano le comunità zapatiste.

Per prima cosa vogliamo ringraziare.

Ringraziare per averci invitato.

Ringraziare per averci accolto.

Ringraziare per averci ospitato.

Ringraziare per averci alimentato.

Ringraziare di esservi presi cura di noi.

Ma soprattutto ringraziarvi del fatto che, nonostante le vostre differenze e contrarietà, vi siate messi d’accordo per ciò che oggi stiamo facendo. Cosa che talvolta vi sembrerà da poco, ma che per noi popoli zapatisti è qualcosa molto grande.

-*-

Siamo zapatisti di origine maya.

Veniamo da una geografia chiamata Messico e abbiamo attraversato l’oceano per rivolgervi queste parole, per stare con voi, per ascoltarvi, per imparare da voi.

Veniamo dal Messico e in voi e con voi troviamo affetto, cura, rispetto.

Lo Stato Messicano e i suoi governi non ci riconoscono come connazionali di questa geografia. Siamo strani, stranieri, indesiderabili, inopportuni sulle stesse terre che coltivarono nostri antenati.

Per lo Stato Messicano siamo “estemporanei”. Questo dice il certificato di nascita che, a seguito di molte spese e viaggi dai nostri villaggi verso le officine del malgoverno, siamo riusciti ad ottenere. E lo abbiamo fatto per poter arrivare fino a voi.

Però non siamo arrivati fino a qua per lamentarci. E neanche per denunciare il mal governo che subiamo.

Vi diciamo solamente questo, perché è questo mal governo che ha richiesto allo Stato Spagnolo di chiedere perdono per quanto accaduto 500 anni fa.

Dovete comprendere che, oltre ad essere uno svergognato, il mal governo Messicano è anche ignorante della storia. E la distorce e aggiusta a suo comodo.

Così che lasciamo da parte i malgoverni che ognuno di noi subisce nelle proprie geografie.

Loro sono solamente caposquadra, impiegati obedienti di un criminale più grande.

-*-

Noi che formiamo lo Squadrone Marittimo Zapatista, e che siamo conosciuti come Squadrone 421, oggi siamo di fronte a voi, ma siamo solamente l’antecedente di un gruppo più grande. Fino a 501 delegati. E siamo 501 solamente per dimostrare ai cattivi governi che li abbiamo superati. Mentre loro simulano un festeggiamento falso di 500 anni, noialtri, noialtre e noialtrei, andiamo diretti a ciò che segue: la vita.

Nell’anno 501 ricorreremo gli angoli di questa terra indomita.

Ma non vi preoccupate. I 501 delegati non arriveranno tutti d’un tratto. Ma arriveranno per parti.

In questo momento, nelle montagne del Sudest Messicano, si sta preparando una compagnia zapatista aerotrasportata che chiamiamo “L’Estemporanea” che è composta da donne, uomini, bambini e bambine zapatiste.

Insieme a questa compagnia aerotrasportata viaggerà anche una delegazione del Congresso Nazionale Indigeno Consiglio di Governo e del Fronte dei Popoli in Difesa della Terra e dell’Acqua.

Tutte, tuttie, tutti hanno faticato per conseguire documenti e vaccini. Si sono ammalati e sono guariti. Hanno avuto fame e sono stati lontano delle loro famiglie, dalle loro comunità, dalla loro terra, dalla loro lingua, dalla loro cultura.

Ma tutti, tutte e tuttie sono animati ed entusiasti di venire a incontrarvi. Non in grandi eventi, ma nei luoghi dove resistete, vi ribellate e lottate.

Forse qualcuno penserà che ci interessino i grandi eventi e l’impatto mediatico, perchè così valutano gli esiti o i fracassi.

Ma noi abbiamo imparato che i semi si scambiano, si seminano e crescono nella quotidianità, nei propri terreni, con i saperi di ciascuno.

La gestazione del domani non si fa alla luce [del sole, ndt]. Si coltiva, si cura e si fa nascere nelle ombre inosservate dell’alba, appena quando la notte inizia a cedere terreno.

I terremoti che scuotono la storia dell’umanità iniziano con un “ya basta” isolato, quasi impercettibile. Una nota a metà tra il dissonanza e il rumore. Una crepa nel muro.

-*-

È per questo che non veniamo a portarvi ricette, a imporre visioni e strategie, a promettere futuri luminosi e istantanei, piazze piene, soluzioni immediate. Neanche veniamo per invitarvi a unioni meravigliose.

Veniamo ad ascoltarvi.

Non sarà facile, certamente.

Siamo tanto differenti, tanto distinti, tanto lontani, tanto contrari e, soprattutto, tanto contraddittori.

Ci separano molte cose.

Magari, al parlare, volendo o no, non solo raccontiamo la nostra storia, ma in verità dimostriamo anche la convinzione che ciò che è nostro è ciò che conta.

Ogni sguardo verso il passato ci divide. E questa differenza non è per niente. In ogni sguardo esistono rabbia e dolore che si affacciano al precedente.

È vero che nel guardare la storia passata cerchiamo di trovare ciò che vogliamo. Siano rabbie, rancori, condanne e assoluzioni. Anche se esistono studi seri e profondi, possiamo cercare quello che ci conviene, ciò che ci dà ragione. Ciò che ci giustifica. E lo rendiamo “verità”.

Così possiamo giudicare e condannare. Ma la giustizia rimane dimenticata.

E così possiamo trovare molte cose che ci dividono e ci mettono contro.

Abbiamo problemi nelle nostre famiglie, nel nostro gruppo, collettivo, organizzazione. Nel nostro quartiere. Nella nostra regione. Nella nostra geografia.

Chiunque ha un dolore che lo segna. Una rabia che lo muove.

E questi dolori e queste rabbie, che non sono poche, stanno lì.

E noi popoli zapatisti diciamo che solamente una minaccia più grande, un dolore più terrificante, una rabbia più grande, sono ciò che ci possono mettere d’accordo per rivolgere questa rabbia e questo dolore più in alto.

Ma non è che queste differenze che abbiano scompaiano, come nelle false chiamate all’”unità” che loro che stanno sopra sono soliti fare quando chi sta in basso chiede il conto.

No, quello di cui parliamo noi comunità zapatiste è una causa, un motivo, una meta: la vita.

Non si tratta di abbandonare convinzioni e lotte. Al contrario. Pensiamo che le lotte delle donne, delle altrei, dei lavoratori, dei popoli originari, non solo non si devono fermare, ma che dovrebbero essere più profonde e radicali. Ognuno affronta una o varie teste dell’Idra.

Perché tutte queste lotte, quelle vostre e quelle di noi popoli zapatisti, sono per la vita.

Ma finché non distruggeremo il mostro dritto al cuore, queste teste continueranno a spuntare e cambiare di forma con sempre maggiore crudeltà.

-*-

Adesso, in questi tempi, vediamo e soffriamo una distruzione gigantesca; quella della natura, umanità compresa.

Perché sotto le macerie, la cenere, il fango, le acque sporche, le pandemie, lo sfruttamento, il disprezzo, il saccheggio, il crimine, il razzismo, l’intolleranza, ci sono esseri umani senza vita. E ogni vita è una storia che si trasforma in un numero, in una statistica, in oblio.

Il futuro, la storia a venire, è, come il presente, un incubo vero. E, quando pensiamo che non possa essere peggiore, arriva la realtà a colpirci in volto.

E quindi ognuno guarda a sé stesso e, nel migliore dei casi, alle persone vicine: la sua famiglia, le sue amicizie, le persone che conosce.

Però, così come in ogni angolo del pianeta, in ogni cuore che batte, esiste una disgrazia presente e una a venire, c’è anche una resistenza, una ribellione, una lotta per la vita.

Perché vivere non è solamente non morire, non è sopravvivere. Vivere come esseri umani è vivere in libertà. Vivere è arte, è scienza, è allegria, è ballo, è lotta.

È chiaro, vivere è anche essere in disaccordo con una cosa o un’altra, discutere, dibattere, confrontarsi.

Quindi esiste qualcuno o qualcosa che ci impedisce di vivere, che ci sottrae la libertà, che ci inganna, che ci truffa, che ci pugnala, che ci sta sottraendo il mondo a tutti con morsi, con tagli, con ferite.

Così possiamo individuare un responsabile. Cercare un colpevole. Affrontarlo e fare giustizia. Qualcuno o qualcosa che paghi, che risponda per questo dolore che ci lascia soli, sole, solei. Che ci mette all’angolo su di un’isola sempre più piccola, così piccola che rimane solo l’io di ognuno.

E anche lì, sulla piccola isola, lontana da tutto e tutti, ci obbligano a essere altro, a non essere ciò che siamo. La nostra storia individuale che fa parte della storia collettiva: una camera, una casa, un quartiere, una comunità, una geografia, una causa che deve essere cambiata e tradita per essere parte di altro.

Una donna che piaccia all’uomo. Unoa altroa che sia accettata da un etero. Una gioventù soddisfacente per i più maturi. Una vecchiaia tollerata dalla gioventù. Un’infanzia in disputa con giovani, adulti, anziani. Una forza di lavoro efficiente e docile per il caposquadra. Un caposquadra su misura del Padrone.

E questa pressione per trasformarci in quello che non siamo ha la forma della violenza.

Ed è strutturale. L’intero sistema è costruito per imporre lo stampo della normalità.

Se siamo donne, dobbiamo esserlo secondo il modello degli uomini.

Se siamo altrei, dobbiamo esserlo secondo il modello dell’eterosessuale.

Per esempio, potete notare che esistono già delle cliniche per “correggere” la differenza sessuale.

Bene, quindi il sistema è una gigantesca e brutale clinica che “cura” l’“anormalità”. Una macchina che attacca, isola e liquida l’altro, il differente.

Insomma è così che ci trattano, giorno e notte, volendoci domare, cercando di addomesticarci.

E noi, ben resistendo. La vita intera e generazioni intere resistendo, ribellandosi. Dicendo “no” all’imposizione. Gridando “si” alla vita.

Non è una novità, è certo. Potremmo ritornare indietro di 5 secoli e sarebbe la stessa storia.

E il ridicolo di tutto questo è che, chi ci opprime adesso, pretende di giocare il ruolo di nostro “liberatore”.

-*-

Senza dubbio, qualcosa è differente. E allora anche il dolore della terra, della natura, si è unito al nostro.

E su questo possiamo essere d’accordo o no. Possiamo dire che non è vero, che le pandemie termineranno, che le catastrofi cesseranno, che il mondo, che la nostra vita al mondo, tornerà a essere come prima. Anche se questo “prima” era ed è fatto di dolore, distruzione e ingiustizia.

Noi, i popoli zapatisti, crediamo che non sia così. Che non solo non sarà mai come prima. Che andrà sempre peggio.

Noi le comunità zapatiste nominiamo il responsabile di questi male e lo chiamiamo “capitalismo”.

E diciamo anche che solamente con la distruzione totale di questo sistema sarà possibile che ognuno, con i suoi modi, secondo il suo calendario e la sua geografia, dovrà mettere su qualcos’altro.

Non perfetto, ma comunque migliore.

E a ciò che si costruirà, a queste nuove relazioni tra esseri umani e tra gli esseri umani e la natura, si darà il nome che ognuno vorrà.

E sappiamo che non sarà facile. Già non lo è adesso.

E sappiamo bene che da soli non potremo, ognuno combattendo nel proprio pezzetto di terra contro la testa dell’idra subisce, mentre il cuore del mostro si rigenera e cresce sempre di più.

E soprattutto sappiamo che non dovremo guardare a quel domani dove, alla fine, la bestia arda e si consumi fino a che di questa non rimanga che un cattivo ricordo.

Ma sappiamo anche che faremo la nostra parte, anche se piccola, anche se le generazioni future la dimenticheranno.

-*-

Come comunità zapatiste che siamo, vediamo dei segnali.

Però magari ci sbagliamo come popoli che siamo.

Già potete vedere che dicono che siamo ignoranti, arretrati, conservatori, nemici del progresso, premoderni, barbari, incivili, inopportuni e sconvenienti.

Forse è così.

Forse siamo arretrati perché come donne che siamo o come altrei, possiamo uscire a passeggiare senza il timore che ci attacchino, che ci violino, che ci facciano a pezzi, che ci facciano scomparire.

Forse siamo contro il progresso perché ci opponiamo ai megaprogetti che distruggono la natura e ci distruggono come popoli, e che ereditano morte per le generazioni a venire.

Forse siamo contro la modernità perché ci opponiamo a un treno, a un’autostrada, a una diga, a una centrale termoelettrica, a un centro commerciale, a un aeroporto, a una miniera, a un deposito di materiale tossico, alla distruzione di un bosco, all’inquinamento di fiumi e lagune, e al culto dei combustibili fossili.

Forse siamo arretrati perché onoriamo la terra anziché il denaro.

Forse siamo barbari perché coltiviamo i nostri alimenti. Perché lavoriamo per vivere e non per guadagnare una paga.

Forse siamo inopportuni e sconvenienti perché ci governiamo da noi, come popoli che siamo. Perché consideriamo il lavoro del governo come un lavoro in più tra i lavori comunitari che dobbiamo portare a termine.

Forse siamo ribelli perché non ci vendiamo, perché non ci arrendiamo, perché non tentenniamo.

Forse siamo tutto ciò che dicono di noi.

-*-

Ma qualcosa lo vediamo, qualcosa lo sentiamo, qualcosa sappiamo che sta succedendo e che succederà.

E per questo abbiamo intrapreso questo viaggio. Perché pensiamo e sappiamo che non siamo gli unici che lottano, che non siamo gli unici che vediamo ciò che sta succedendo e ciò che succederà.

Il nostro angolo del mondo è una piccola geografia in lotta per la vita.

Stiamo cercando altri angoli, e vogliamo imparare da loro.

Per questo siamo arrivati fin qua, non per porgervi rimproveri, reclami, pagamenti per debiti insoluti.

Anche se questo fosse di moda e anche se qualcuno dicesse di sì, che abbiamo ragione con queste richieste o che, in realtà, noi non sappiamo ciò che dobbiamo fare e loro, i mal governi, lo faranno per noi.

E va di moda che questi mal governi si nascondano dietro nazionalismi di cartone.

E che, sotto la bandiera del nazionalismo, ci copriamo noi e si copre anche chi ci opprime, chi ci perseguita, chi ci assassina, chi ci divide e ci affronta.

No. Non veniamo per questo.

Dietro i nazionalismi si nascondono non solo le differenze, ma anche e soprattutto i crimini. Sotto lo stesso nazionalismo si proteggono il maschio violento e la donna aggredita, l’intolleranza eterosessuale e l’alterità perseguitata, la civilizzazione depredatrice e il popolo originario annichilito, il capitale sfruttatore ed i lavoratori soggiogati, i ricchi e i poveri.

Le bandiere nazionali nascondono più di ciò che mostrano, molto di più.

Poiché la pensiamo così, il nostro impegno per la vita è mondiale. Non riconosce frontiere, lingue, colori, razze, ideologie, religioni, sessi, età, dimensioni, bandiere.

Per questo la nostra è una Traversata per la Vita

-*-

Questa è una delle poche volte che faremo uso della parola in un evento dove pochi parlano e molti ascoltano.

E ne approfittiamo per farvi una richiesta rispettosa.

Raccontateci la vostra storia. Non importa se sia grande o piccola.

Raccontateci la vostra storia di resistenza, di ribellione. I vostri dolori, le vostre rabbie, i vostri “no” e i vostri “si”.

Perché noi comunità zapatiste veniamo ad ascoltare e imparare la storia che esiste in ogni stanza, in ogni casa, in ogni quartiere, in ogni comunità, in ogni lingua, in ogni modo e in ogni nessun modo.

Perché, dopo tanti anni, abbiamo imparato che in ogni dissidenza, in ogni ribellione, in ogni resistenza, esiste un grido per la vita.

E, secondo noi popoli zapatisti, tutto consiste in questo: nella vita.

E, quando un giorno qualsiasi, qualcuno vi domandi “Perché sono venuti gli zapatisti?”, insieme potremo rispondere, senza pena per voi e senza vergogna per noi, “sono venuti ad imparare”.

500 anni dopo, le comunità zapatiste sono venute ad ascoltarci.

Da Madrid, dalla geografia chiamata Spagna,

su questa terra e sotto questo cielo rinominati come

SLUMIL K’AJXEMK’OP, o “Terra Indomita”.

A nome delle comunità zapatiste.

Lo Squadrone Marittimo Zapatista, chiamato “Squadrone 421”.

Pianeta Terra. 13 di agosto, giusto 500 anni dopo.

Testo originale: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/08/13/apenas-500-anos-despues/

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Chiapas: violenza e territorio

León Enrique Ávila y Peter Rosset*

Dalla sollevazione zapatista del 1° gennaio 1994, lo stato del Chiapas ha sperimentato diverse iterazioni della cosiddetta guerra a bassa intensità, o contro-insurrezione, che combina la violenza paramilitare anti-zapatista (tinyurl.com/fzwdfpdb) con vari misure politiche e sociali, compreso il veto mediatico, programmi assistenzialisti e la strumentalizzazione delle organizzazioni sociali e dei partiti politici, il tutto con l’obiettivo di isolare e contenere i ribelli.

Se all’inizio le violenze erano rivolte in particolare contro le basi di appoggio zapatiste e le comunità alleate (aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona), durante il governo statale di Manuel Velasco Coello (2012-2018) si è favorita la creazione di nuovi gruppi di scontro, spesso costituiti dal narco, con l’obiettivo di colpire nelle aree indigene non solo lo zapatismo, ma anche tutti i gruppi oppositori al PRI-Verde. Questo si è diffuso nelle città, come San Cristóbal de las Casas, dove sono emerse bande criminali come Los Motonetos [i motorizzati]che seminano il terrore tra la popolazione e si dedicano allo spaccio di droga, huachicol, vendita di lotti in aree naturali protette (foreste e zone umide) e controllo dell’acqua e la sua vendita in tubazioni.

Con il cambio del governo federale si genera l’ipotesi che la politica nazionale contro il narcotraffico sia quella di abrazos, no balazos [abbracci, niente spari] o del laissez faire. Il corollario ipotetico o apparente per il Chiapas, prima con l’alleanza Verde-Morena e poi con le tensioni tra di loro, insieme agli altri narco-partiti, è stato quello di dare mano libera ai gruppi criminali in tutto lo Stato, sia nelle campagne che in città, con il duplice scopo di tenere lo zapatismo alle strette e aggredito, e controllare e anche ripulire i territori e le risorse quotate dal capitale, siano esse minerarie, petrolifere, turistiche, stradali e, nelle città, la speculazione immobiliare probabilmente alimentata dal riciclaggio di denaro sporco. Ciò si sta traducendo in un aumento notevole del traffico di droga e di esseri umani e nella generalizzazione dei casi di gruppi armati irregolari che sparano alle comunità e intimidiscono le popolazioni.

Col governo di Rutilio Escandón Cadenas, questi gruppi godono di una quasi completa impunità e hanno ampliato il loro controllo territoriale, cercando di destituire ogni tipo di organizzazione e movimento sociale che difenda la terra e il territorio, sia in campagna che in città. La sua massima espressione è la combinazione con le forze del traffico come è stato sperimentato nella parte settentrionale dello stato, in cui comuni come Yajalón, Amatán, Aldama e Chilón, tra gli altri, hanno autorità municipali e vessazioni che per le denunce presentate rispondono a questi interessi. Secondo il CDHFBC, in Chiapas ci sono più di 40 conflitti socio-ambientali, un eufemismo per lo stesso. Tutto questo insieme alle continue o intensificate vessazioni allo zapatismo (tinyurl.com/z5bc7uxz).

Nel municipio di Pantelhó, negli Altos del Chiapas, è ormai evidente la decomposizione del governo e l’esecuzione degli oppositori, con l’omicidio di Simón Pedro, ex leader di Las Abejas, assassinato giorni dopo aver presentato prove di collusione tra le autorità municipali con i narcotrafficanti, che porta a una vera e propria crisi umanitaria con oltre 3.000 sfollati, e provoca la creazione di gruppi armati di autodifesa (tinyurl.com/y9z59afx). Intanto si sono verificate sparatorie tra narcotrafficanti a Tuxtla Gutiérrez e a San Cristóbal de las Casas, è aumentata la violenza dei Los Motonetos e di altri gruppi d’assalto, con colpi di arma da fuoco sparati in aria nei quartieri. Il 16 luglio scorso c’è stato uno scontro tra Los Motonetos e difensori delle zone umide nei quartieri meridionali e l’esecuzione di un volontario italiano (tinyurl.com/b428yt3b), tra altri eventi.

Tutto indica che l’apparente politica di Rutilio Escandón, lasciare mano libera alla criminalità armata in Chiapas per il controllo del territorio e la controinsurgencia anti-zapatista, si è trasformata in una guerra tra cartelli e di questi contro la cittadinanza (tinyurl.com/ 536umc8t ), in modo tale che l’entità oggi assomiglia all’era dell’ascesa della narcopolitica in stati come Guerrero, Michoacán, Sinaloa, Sonora o Tamaulipas. È in questo contesto di generale degrado in Chiapas che l’EZLN e il Congresso Nazionale Indigeno compiono il loro giro di denuncia in Europa.

In un panorama così oscuro, tuttavia, ci sono elementi di speranza. Il triste fatto che quasi ogni comunità o organizzazione possa ora essere bersaglio di attacchi, crea nuove condizioni per la concertazione. Tra questi, gli storici accordi dal basso per porre fine a oltre mezzo secolo di violenza nella Selva Lacandona (tinyurl.com/j5b2rv4w) e creare un piano di vita collettivo per la convivenza di tutti gli esseri nella regione (tinyurl.com/hfe5xpky) . C’è anche l’eminente annuncio di una nuova iniziativa nazionale dell’EZLN (tinyurl.com/2z6chk92>). Il Chiapas di Rutilio Escandón vive una straordinaria battaglia tra le forze del bene e quelle del male.

Fonte: La Jornada 24/07/2021 https://www.jornada.com.mx/2021/07/24/opinion/014a1pol

*León Enrique Ávila, profesor de la Universidad Intercultural de Chiapas (Unich), y Peter Rosset, profesor de El Colegio de la Frontera Sur (Ecosur)

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La Estemporanea e una Iniziativa Nazionale

COMMISSIONE SEXTA ZAPATISTA

Messico

Luglio 2021

A le/gli aderenti alla Dichiarazione per la Vita:

All’Europa in basso e a sinistra:
Alla Sexta Nazionale e Internazionale:
Al Congresso Nazionale Indigeno-Consiglio Indigeno di Governo:
Alle Reti in Resistenza e Ribellione:
Al Collettivo “Llegó la Hora de los Pueblos“:

Da: Subcomandante Insurgente Moisés.

Compagne, compañeroas, compagni:

Sorelle, hermanoas, e fratelli:

Vi saluto a nome dei bambini, delle donne, otroas, anziani e uomini delle comunità zapatiste, e vi comunico quanto segue:

Primo.- Abbiamo pronta una compagnia aerea zapatista forte di 177 zapatisti. È composta interamente da originari di radice maya di lingua cho’ol, tzotzil, tzeltal, tojolabal e castigliano. Siamo nati nella geografia che chiamano Messico. I nostri antenati sono nati e sono morti in queste terre. Poiché lo Stato Messicano non riconosce la nostra identità e origine, e ci dice che siamo “estemporanei” (come dice il Ministero degli Affari Esteri, che siamo messicani “estemporanei”), abbiamo deciso di battezzare questa unità di “Escucha y Palabra” come “La Extemporanea”.

Come abbiamo visto nei dizionari, “estemporaneo” significa “che è inopportuno, sconveniente“, oppure “che è inappropriato per il tempo in cui accade“. Quindi siamo inopportuni, sconvenienti e inappropriati.

Mai prima d’ora siamo stati così adeguatamente definiti. Siamo lieti che lo Stato Messicano riconosca finalmente che è così che considera i popoli originari di questa geografia chiamata Messico. Penso che sia così che si rammarica di non averci annientati… non ancora; e che la nostra esistenza contraddica il discorso ufficiale sulla “conquista”. Ora si capisce che la richiesta del governo del Messico a quello della Spagna, di chiedere perdono, è per non averci sterminati.

De@ 177 delegat@, 62 di noi non hanno ancora il passaporto. Il Ministero degli Esteri è pressato dalla “sconvenienza” che rappresentiamo. Nonostante abbiamo dimostrato identità e origine, continua a richiedere sempre più documenti. Manca solo che chieda ai governi dell’America Centrale di dire che non siamo cittadini di quei paesi.

2.- La compagnia aerea “La Extemporánea”, con me al timone, si sta preparando da ottobre 2020 e siamo in quarantena da quasi un mese. È composta da:

.- Diversi gruppi di “Escucha y Palabra“. Zapatisti indigeni la cui esistenza e memoria copre la storia della nostra lotta dagli anni prima della sollevazione fino all’inizio del Viaggio per la Vita.

.- Una squadra di calcio femminile. È composta da 36 miliziane (che sono anche “Escucha y Palabra“) che hanno preso il nome e l’esempio dalla compianta Comandanta Ramona, la prima zapatista a lasciare il Chiapas, e si identificano come “Ixchel Ramona” e così usciranno sui campi sportivi d’Europa.

.- Il cosiddetto “Comando Palomitas“. Ci sono 6 ragazze e ragazzi che fanno parte del gruppo “Juego y Travesura” [Gioco e Marachella]. Come tutt@ noi, si sono preparati.

.- Il gruppo di coordinamento dell’invasione. Sono coloro che avranno il compito di organizzare e, nel caso, rafforzare i gruppi “Escucha y Palabra” che si distribuiranno nelle 5 zone in cui abbiamo diviso il continente Europeo. Inoltre presenzieranno ai media gratuiti e prezzolati, parteciperanno a tavole rotonde, conferenze ed eventi pubblici; e valuteranno lo sviluppo dell’invasione.

Con lo Squadrone 421 completeremo la prima ondata zapatista e inizieremo le visite a coloro che ci hanno invitato e, con attenzione e rispetto, li ascolteremo. Se lo chiederanno, racconteremo loro la nostra piccola storia di resistenza e ribellione.

3.- Con noi viaggerà una delegazione del Congresso Nazionale Indigeno-CIG, forte di 10 indigeni di lingua: Maya originaria, Popoluca, Binizá, Purhépecha, Raramuri, Otomí, Naayeri/Wixarika e Nahua; così come 3 fratelli e sorelle del Fronte dei Popoli in Difesa della Terra e dell’Acqua di Tlaxcala, Puebla e Morelos. In totale 13.

4.- Poiché a me tocca il Viaggio per la Vita-Capitolo Europa, ho incaricato il Subcomandante Insurgente Galeano di assumere il comando in Messico e di avviare, quanto prima, contatti con il Congresso Nazionale Indigeno-CIG, con la Sexta Nazionale, con le Reti in Resistenza e Ribellione, con Organizzazioni Non Governative per la difesa dei Diritti Umani, con gruppi di Vittime di violenza, familiari di scomparsi e affini, nonché con artisti, scienziati e intellettuali, con l’obiettivo di far loro conoscere una nuova iniziativa nazionale e invitarli ad organizzarsi per questa. E aprire così un fronte di lotta per la Vita nel nostro Paese.

5.- Tra pochi giorni, che vi comunicheremo a tempo debito, inizieremo il nostro viaggio. Adesso stiamo provando a vaccinarci tutti per evitarvi problemi sanitari, e in attesa che la cosiddetta “terza ondata” di contagi in Messico si abbassi un po’.

Poi andremo nel caracol Jacinto Canek, a San Cristóbal de Las Casas, e lì ci concentreremo. Da lì ci sposteremo a Città del Messico dove le/i 177 delegat@ si recheranno negli uffici della SRE affinché ci dicano, in faccia e in pubblico, che non abbiamo diritti perché siamo “estemporanei”, e che il loro “ambizionismo” li costringe a delegare la loro responsabilità a burocrati razzisti e ignoranti. Poi, forse, Parigi, Francia.

Le date precise le diremo più avanti, perché sembra che anche per il governo francese noi siamo importuni; in aggiunta, ovviamente, alla nuova ondata mondiale di COVID19. Niente da fare, deve essere la globalizzazione.

6.- Siamo un po’ nervosi ma felici – non è la prima volta che faremo qualcosa senza sapere cosa aspettarci -. Fin da ora ringraziamo l’Europa del Basso, la Sexta Nazionale, le Reti in Resistenza e Ribellione, le ONG solidali di questa e dell’altra sponda dell’Oceano, e il collettivo “Llegó la Hora de los Pueblos” per il sostegno economico e in natura che consentirà il viaggio aereo. Il costo del viaggio in mare e dei passaporti (tra i 10mila e i 15mila pesos ciascuno, per i continui viaggi di andata e ritorno dai nostri villaggi per soddisfare le ridicole richieste dello Stato Messicano per essere “estemporanei”), è stato interamente coperto dall’EZLN e ci ha lasciati senza fondi di riserva. Ma non ha comportato alcuna spesa personale per nessun@ de@ delegat@.

7.- Per quanto riguarda l’iniziativa nazionale – di cui è incaricato il SupGaleano -, anticipo solo che partirà con il nostro appello a partecipare alla cosiddetta “Consulta Popular” del 1° agosto, e a rispondere “Sì” alla domanda se si deve o no fare qualcosa per rispettare il diritto alla verità e alla giustizia di coloro che sono stati vittime di azioni e omissioni dello Stato Messicano (che questo, e nient’altro, è la domanda che ha elaborato la Corte Suprema di Giustizia della Nazione del paese chiamato Messico). Chi in alto, tra i partiti di “opposizione”, si oppone alla consultazione, non solo teme ciò che ne seguirà; ha pure il terrore che le vittime recuperino le loro istanze dall’uso vile e perverso che l’estrema destra fa del loro dolore. Perché il dolore non deve essere un affare elettorale, e tanto meno per scopi merdosi come che tornino al governo alcuni dei principali responsabili delle violenze e che prima si sono solo dedicati ad accumulare soldi e cinismo. Ecco perché l’INE, che considera noi indigeni “estemporanei” e ci nega i documenti, sta facendo tutto il possibile per far fallire la consultazione, perché sa che anche questo istituto ha la sua parte nel crimine a causa della sua politica esclusiva per la pelle chiara e urbana.

Bisogna entrarci, non guardando in alto, ma guardando le vittime. Bisogna trasformare la consultazione in una consulta “estemporanea”. Questo al fine di avviare, indipendentemente da quelli in alto, una mobilitazione per una Commissione per la Verità e la Giustizia per le Vittime, o come si voglia chiamare. Perché non può esserci vita senza verità e giustizia.

Per ora è tutto.

Dalle Montagne del Sudest Messicano.

Per gli zapatisti estemporanei.

Subcomandante Insurgente Moisés

Ancora in Messico, Luglio 2021

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/07/16/la-extemporanea-y-una-iniciativa-nacional/

“Bella Ciao” versione tromboni, Germán El Trombón & El Clan del Solar

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Foto: Cuartoscuro

Pantelhó, narcoparamilitari e autodifesa indigena

Luis Hernández Navarro

Simón Pedro Pérez López è stato giustiziato nel mercato di Simojovel, in Chiapas. Il delitto è stato eseguito da un professionista. Da una motocicletta in corsa un sicario gli ha sparato alla testa. Impotente, quel 5 luglio, suo figlio ha visto il padre morire dissanguato a terra fino a che non ha esalato l’ultimo respiro.

Simón, indigeno tsotsil di 35 anni, padre di sette figli, era catechista nella parrocchia di Santa Catalina, a Pantelhó. Nel 2020 ha presieduto il consiglio di amministrazione della Società Civile Las Abejas di Acteal, a cui appartengono le vittime del massacro paramilitare del 22 dicembre 1997, in cui furono uccise selvaggiamente 45 persone che stavano pregando in una cappella. Faceva parte anche del Congresso Nazionale Indigeno (CNI).

Era un brav’uomo, dedito alla difesa dei diritti umani e alla richiesta di giustizia. Aveva appena denunciato gli abusi subiti dagli abitanti di Pantelhó da parte di un gruppo narcoparamilitare dedito al traffico di droga, migranti e armi, oltre che al furto di automobili. Pochi giorni prima del suo assassinio, il 26 giugno, autorità comunali e agenti comunali avevano presentato al segretario del Governo del Chiapas, Victoria Cecilia Flores Pérez, un documento che fornisce un resoconto dettagliato dei rapporti tra le autorità locali ed i gruppi criminali.

Colui che controlla la presidenza municipale di Pantelhó è del PRD. Non è un fenomeno nuovo. Senza essere l’unico caso, da anni nello Stato il partito è al servizio dei paramilitari (https://bit.ly/3yEDilR). Santos López Hernández ha vinto tre anni fa ed è stato poi arrestato per abusi sessuali su due donne, funzionarie della Giunta. Al suo posto è stata nominata Delia Janet Velasco Flores, moglie del sindaco eletto alle ultime elezioni con le sigle del sole azteco, Raquel Trujillo Morales (che assicura di aver divorziato sei mesi fa https://bit.ly/3yJwMdo).

Nel 2019 Raquel è stato accusato dagli abitanti di aver usurpato le funzioni di sindaco, di aggredire i cittadini e di aver sottratto oltre 3 milioni di pesos dalle casse comunali, in complicità con il tesoriere. Da allora, è stato associato ai fratelli Rubén e Daily Herrera per intimidire con la violenza coloro che gli si oppongono (https://bit.ly/3r05hto). Il patriarca del clan, Austreberto, è in carcere per aver ucciso due persone nell’aprile 2015 (https://bit.ly/3hXCcuy). Nel 2002 voleva auto-nominarsi giudice locale. È stato lui ad aprire le porte alla criminalità organizzata.

Simón Pedro non è l’unico membro della Società Civile Las Abejas ucciso a Pantelhó. Nel 2015, i criminali hanno ucciso il catechista Manuel López. Nonostante la procura del Chiapas sia a conoscenza del fatto, non ci sono stati progressi nelle indagini né sono stati puniti i colpevoli.

Con l’appoggio di uomini armati di Campeche, Veracruz e Sinaloa, questo gruppo ha conquistato il controllo del territorio attraverso terrore, omicidi, sparizioni, rapine, espropriazioni e sgomberi forzati, usando armi ed esplosivi ad uso esclusivo dell’Esercito Messicano. Non è estraneo all’organizzazione criminale che opera a Chenalhó (https://bit.ly/2TMWejF) e al cartello di Chamula.

La violenza scatenata dal gruppo all’interno del comune si è esacerbata nell’ultima competizione elettorale. Il Centro per i Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas ha documentato l’omicidio di 12 persone, tra cui un bambino e un’altra desaparecida, dal marzo di quest’anno. Moltissimi abitanti sono stati sfollati a causa della paura e del rischio di perdere la vita. Posti di blocco, imboscate e incursioni di gruppi armati, in compagnia di elementi della polizia, sono all’ordine del giorno. Diverse testimonianze hanno rivelato che i veicoli della Guardia Nazionale sono guidati da membri del gruppo criminale (https://bit.ly/3e0nQZu).

In questo clima di coercizione, 11 parrocchie tsotsil della Diocesi di San Cristóbal de Las Casas, guidate da padre Marcelo Pérez Pérez, questo 6 giugno hanno chiesto di rinviare le elezioni in questo municipio. “A Pantelhó vige il silenzio. Nessuno vuole parlare. Non lasciano le comunità perché temono di essere uccisi”, ha segnalato dopo un incontro tra agenti pastorali. Ma nessuno ha ascoltato il suo avvertimento.

Padre Marcelo non è stato l’unico a prevedere il pericolo in agguato. Siamo preoccupati – osservano i vescovi del Chiapas – che alcuni gruppi di potere, legati ad attività criminali, si infiltrino nei partiti politici.

Foto: Cuartoscuro

La goccia che ha fatto traboccare il vaso nella regione è stato l’omicidio di Simón Pedro Pérez López e la rivelazione del patto di impunità istituzionale che protegge il gruppo criminale. Due bombe artigianali sono state trovate a casa degli assassini del catechista nella comunità di Nuevo Israelita. Collocate in una situazione limite, il 7 e 8 luglio scorso le Forze di Autodifesa per la Vita di Pantellhó “El Machete” hanno affrontato i narcoparamilitari e hanno occupato la sede municipale per difendere le loro vite. In questo contesto, un convoglio di soldati e polizia è stato attaccato con armi da fuoco mentre cercava di rimuovere un blocco stradale.

Il conflitto è stato esacerbato. Centinaia di indigeni tsotsil hanno cercato rifugio in luoghi sicuri. Pantelhó è diventata una città fantasma. Gli abitanti del vicino comune di Cancuc hanno bloccato uscite ed entrate. Nella regione sono sfollate più di duemila persone. Il tentativo di creare un cordone sanitario per isolare lo zapatismo e le lotte indigene per l’autonomia utilizzando i narcoparamilitari si è fatto critico.

Twitter: @lhan55

Fonte: La Jornada 11 luglio 2021 https://www.jornada.com.mx/2021/07/11/opinion/010a1pol?s=03

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MESSICO: UCCISO A SAN CRISTOBAL DE LAS CASAS IL COMPAGNO BRESCIANO MICHELE ‘MIGUEL’ COLOSIO

Radio Onda D’Urto 13 Luglio 2021

È stato ucciso a colpi di pistola Michele Colosio, per tutti Miguel, bresciano di 42 anni, a San Cristobal de las Casas, in Chiapas, Messico. L’omicidio nella serata (messicana) di domenica 11 luglio 2021.

Da dieci anni Miguel faceva avanti e indietro tra il Chiapas, dove partecipava a progetti di cooperazione e volontariato, e il Bresciano dove aveva tuttora la residenza. Dieci anni fa, Miguel aveva lasciato il lavoro di tecnico di radiologia agli Spedali Civili di Brescia e aveva deciso di dedicarsi ai progetti in Chiapas, la regione delle municipalità ribelli zapatiste nel sud-est del Messico.

Nell’ultimo periodo si era avvicinato al progetto “Casa de Salud Comunitaria “Yi’bel ik’ Raíz del Viento”, cogestito dal Nodo solidale e da alcune realtà territoriali, mettendo a disposizione le proprie competenze di ex-radiologo.

Non si sa praticamente nulla, al momento, della dinamica della sua uccisione. Solo che era uscito di casa per vedere la finale degli Europei di calcio e che, dopo la partita, qualcuno si è avvicinato sparandogli e uccidendolo, fuggendo poi in sella a una motocicletta.

Michele Colosio era stato tra i fondatori della Critical Mass di San Cristobal. Per questo oggi, martedì 13 luglio, compagne e compagni lo ricorderanno con una biciclettata per le vie dell’antica capitale dello Stato messicano del Chiapas. Appuntamento alle ore 19.30 locali (le 02.30 italiane di mercoledì 14 luglio) nella piazza della Cattedrale, con una critical mass, il posizionamento di una bicicletta rossa e una veglia denominata “Basta con la violenza”».

Miguel, in passato, è stato anche volontario della Festa di Radio Onda d’Urto nello stand Salamaia.

L’intervista a Sante, compagno del Nodo solidale e volontario della Festa di Radio Onda d’Urto. Ascolta o scarica: https://www.radiondadurto.org/wp-content/uploads/2021/07/Sante-su-Michele-Colosio.mp3

Sulla pagina sociale della Casa de Salud Comunitaria “Yi’bel ik’ Raíz del Viento” è comparso un ricordo di Michele Colosio:

“Michele Colosio è stato ucciso domenica sera. Il suo sorriso noto e largo si è spento, lo hanno ucciso in un assalto, a un isolato da casa sua, tornando dai festeggiamenti per la finale dell’Eurocoppa di calcio. Ero così felice.

Michele è nato in Italia ma è sempre stato un cittadino del mondo, viveva in Messico da più di 10 anni e aveva una grande rete di amicizie, grande come il suo cuore. Artigiano, viaggiatore, pastore di capre, contadino, trapaniere, meccanico di bicicletta e tutto quello che gli veniva in mente di imparare, Michele nella sua gioventù ha studiato e lavorato come radiologo in un ospedale e il suo cuore e le sue conoscenze lo hanno avvicinato alla nostra Casa di Salute Comunitaria Yi ‘ bel Ik ‘ ′′Radice del Vento”, così come a molti altri progetti sociali, convinto com’era lui che bisognava dare, bisognava aiutare, bisognava fare popolo nella fratellanza, senza distinzioni di lingue, confini e colore di pelle.

È morto dopo un assalto, uno dei tanti che ogni giorno si danno nel villaggio magico di San Cristoforo, una città già alla mercé di tanti gruppi armati (criminalità comune, crimine organizzato, narcos, gruppi di choc e paramilitari, sicari in uniforme , ecc) che agiscono grazie alla vista grassa di tutti i governi e alla corruzione di tutti i corpi di polizia. Il marciume istituzionale, la povertà diffusa e l’impunità hanno trasformato questa bella città in un inferno più delle migliaia di questo paese addolorato. Lo denunciamo da anni e resistiamo, non ci fermiamo.

Ciao Michele, ci vediamo in giro. Mentre siamo anche nel tuo percorso di apprendimento e consegne, per costruire un mondo in cui ci sono molti mondi”.

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VOLANTEM EST ALIO MODO GRADIENDI

(Cosa ci aspettiamo?)

Un qualsiasi giorno, di qualsiasi mese di qualsiasi anno.

Siccità. Inondazioni. Terremoti. Eruzioni. Inquinamento. Pandemie attuali e future. Omicidi di leader di popoli originari, difensori dei diritti umani, guardiani della Terra. La violenza di genere che raggiunge il genocidio contro le donne – lo stupido suicidio dell’umanità -. Razzismo non di rado mal nascosto dietro l’elemosina. Criminalizzazione e persecuzione della differenza. La condanna irrimediabile della sparizione forzata. Repressione in risposta a richieste legittime. Sfruttamento dei più da parte dei meno. Grandi progetti di distruzione dei territori. Villaggi desolati. Milioni di sfollati, occultati sotto il termine di “migrazione”. Specie in pericolo di estinzione o solo, ormai, un nome nella cartella “animali preistorici”. Profitti giganteschi dei più ricchi tra i più ricchi del pianeta. Estrema miseria dei più poveri tra i bisognosi del mondo. La tirannia del denaro. La realtà virtuale come falsa via d’uscita dalla realtà reale. Stati Nazionali agonizzanti. Ogni individuo un nemico estraneo. La menzogna come programma di governo. Il frivolo e il superficiale come ideali da raggiungere. Il cinismo come nuova religione. La morte come routine quotidiana. La guerra. Sempre la guerra.

La tormenta che spazza via tutto, sussurra, consiglia, grida:

Arrenditi!

Arrenditi!

Arrenditi!

Tuttavia…

Là, vicino e lontano dai nostri suoli e cieli, c’è qualcuno. Una donna, un uomo, unoa otroa, un gruppo, un collettivo, un’organizzazione, un movimento, un popolo originario, un quartiere, una strada, una città, una casa, una stanza. Nell’angolo più piccolo, più dimenticato, più lontano, c’è qualcuno che dice “NO”. Che lo dice piano, che si sente appena, che lo grida, che lo vive e lo muore. E si ribella e resiste. Qualcun@. Devi cercarl@. Devi trovarl@. Devi ascoltarl@. Devi impararl@.

Anche se dobbiamo volare per abbracciarl@.

Perché, in fondo, volare è solo un altro modo di camminare. E, beh, camminare è il nostro modo di lottare, di vivere.

Quindi, nel Viaggio per la Vita, cosa ci aspettiamo? Non vediamo l’ora di guardare il tuo cuore. Speriamo non sia troppo tardi. Speriamo… tutto.

InFede.
SupGaleano.
Pianeta Terra… o ciò che ne resta.

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/07/06/volantem-est-alio-modo-gradiendi/

«On lâche rien» in Francese, Spagnolo, Catalano, Euskera, Gallego. Interpretata dar: HK et les SALTIMBANKS con LA PULQUERIA, TXARANGO, LA TROBA KUNG-FÙ, FERMIN MUGURUZA et DAKIDARRIA.

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Il Viaggio per la Vita: PER FARE COSA?

Giugno 2021

Una precisazione: molte volte, quando usiamo il termine “los zapatistas – gli zapatisti” – non ci riferiamo agli uomini ma ai popoli zapatisti. E quando usiamo “las zapatistas” – le zapatiste – non definiamo le donne, ma le comunità zapatiste. Dunque, troverai questo “salto” di genere nelle nostre parole. Quando ci riferiamo al genere, aggiungiamo sempre “otroa” per indicare l’esistenza e la lotta di coloro che non sono né uomini né donne (e che la nostra ignoranza in materia ci impedisce di definire – ma impareremo a nominare tutte le differenze -).

-*-

Ora, la prima cosa che devi sapere o capire è che noi zapatisti quando facciamo qualcosa, per prima cosa ci prepariamo al peggio. Partiamo da un finale di fallimento e, in senso opposto, ci prepariamo ad affrontarlo o, nel migliore dei casi, ad evitarlo.

Ad esempio, immaginiamo di essere attaccati, i massacri di rigore, il genocidio travestito da moderna civilizzazione, lo sterminio totale. E ci prepariamo a queste possibilità. Ebbene, per il 1° gennaio 1994 non immaginammo la sconfitta, la prendemmo come una certezza.

Ad ogni modo, forse questo ti aiuterà a capire perché inizialmente eravamo stupiti, titubanti e confusi nell’improvvisare quando, dopo tanto tempo, lavoro e preparazione alla rovina, ci siamo ritrovati… vivi.

È da questo scetticismo che nascono le nostre iniziative. Alcune piccole, altre più grandi, tutte un delirio; le nostre convocazioni sono sempre rivolte “all’altro”, a ciò che va molto oltre il nostro orizzonte quotidiano, ma che riteniamo qualcosa di necessario nella lotta per la vita, cioè nella lotta per l’umanità.

Con questa iniziativa o scommessa o delirio o follia, per esempio, nella sua versione marittima ci siamo preparati al Kraken, ad una tempesta o una balena bianca che avrebbe fatto naufragare l’imbarcazione, ecco perché abbiamo costruito i cayucos – che hanno viaggiato con lo Squadrone 421 su La Montaña fino a Vigo, Galizia, Stato Spagnolo, Europa -.

Ci siamo preparati anche a non essere i benvenuti, per questo prima abbiamo chiesto il consenso per l’invasione, cioè la visita… Beh, di essere i “benvenuti” non siamo ancora del tutto sicuri. Per più di una, uno, unoa, la nostra presenza è a dir poco inquietante, quando non francamente dirompente. E lo capiamo, può darsi che qualcuno, dopo più di un anno di confinamento, trovi quantomeno inopportuno che un gruppo di indigeni di radice maya, molto poca cosa in quanto a produttori e consumatori di merci (elettorali e non), voglia parlare di persona. Di persona! (ricordi che questo prima faceva parte della tua quotidianità?). E, che inoltre, abbia come missione principale quella di ascoltarti, riempirti di domande, condividere incubi e, naturalmente, sogni.

Ci siamo preparati che i malgoverni, da una parte e dall’altra, impediscano o ostacolino la nostra partenza e il nostro arrivo, per questo alcun@ zapatisti erano già in Europa… Opps, non avrei dovuto scriverlo, cancellatelo. Sappiamo che il governo messicano non porrà ostacoli. Resta da vedere cosa diranno e faranno gli altri governi europei – Portogallo e Stato Spagnolo non si sono opposti -.

Ci siamo preparati al fallimento della missione, cioè che diventi un evento mediatico e, quindi, fugace e irrilevante. Per questo accettiamo anzitutto gli inviti di chi vuole ascoltare e parlare, cioè conversare. Perché il nostro obiettivo principale non sono gli eventi di massa – anche se non li escludiamo -, ma lo scambio di storie, conoscenze, sentimenti, valutazioni, sfide, fallimenti e successi.

Ci siamo preparati alla caduta dell’aereo, motivo per cui abbiamo realizzato dei paracadute con ricami colorati affinché invece di un “D-Day” in Normandia (oh, oh, questo significa che lo sbarco aereo sarebbe in Francia?… eh?… a Parigi?!), sia un “Z-Day” per l’Europa del basso, e sembrerà allora che dal cielo piovano fiori come se Ixchel, dea madre, dea arcobaleno, ci accompagni e, con la sua mano e con il suo volo, apra un secondo fronte all’invasione. E più sicuro perché ora, grazie alla Galizia del basso, lo Squadrone 421 è riuscito a installare una testa di ponte nelle terre di Breogán.

In breve, ci prepariamo sempre a fallire… e a morire. Ecco perché la vita, per lo zapatismo, è una sorpresa che va celebrata tutti i giorni, a tutte le ore. E cosa altro c’è di meglio se non con balli, musica, arti.

-*-

In tutti questi anni abbiamo imparato molte cose. Forse la cosa più importante è rendersi conto di quanto siamo piccoli. E non intendo altezza e peso, ma la dimensione del nostro impegno. I contatti con persone, gruppi, collettivi, movimenti e organizzazioni di diverse parti del pianeta ci hanno mostrato un mondo diverso, molteplice e complesso. Ciò ha rafforzato la nostra convinzione che ogni proposta di egemonia e di omogeneità non solo è impossibile, ma è soprattutto criminale.

Perché i tentativi – non di rado nascosti dietro nazionalismi di cartapesta nelle vetrine dei centri commerciali della politica elettorale – di imporre modi e sguardi sono criminali perché cercano di sterminare differenze di ogni genere.

L’altro è il nemico: differenza di genere, razza, identità sessuale o asessuale, lingua, colore della pelle, cultura, credo o miscredenza, concezione del mondo, fisico, stereotipo di bellezza, storia. Contando tutti i mondi che ci sono nel mondo, ci sono praticamente tanti nemici, reali o potenziali, quanti sono gli esseri umani.

E potremmo dire che quasi ogni dichiarazione di identità è una dichiarazione di guerra contro il diverso. Ho detto “quasi” e, in quanto zapatisti, ci aggrappiamo a questo “quasi”.

-*-

Secondo le nostre modalità, i nostri calendari e la nostra geografia, siamo giunti alla conclusione che l’incubo può sempre peggiorare. La pandemia di “Coronavirus” non è l’apocalisse. È solo il suo preludio. Se i media e i social volevano rassicurarci, prima, “informando” sull’estinzione di un ghiacciaio, un terremoto, uno tsunami, una guerra in qualche parte lontana del pianeta, l’omicidio di un altro indigeno da parte dei paramilitari, una nuova aggressione contro la Palestina o il popolo mapuche, la brutalità del governo in Colombia e Nicaragua, le immagini dei campi di detenzione per migranti che vengono da un altro luogo, da un altro continente, da un altro mondo, convincendoci così che questo “succede da un’altra parte”, in poche settimane, la pandemia ha dimostrato che il mondo può essere solo una piccola parrocchia egoista, sciocca e vulnerabile. I diversi governi nazionali sono le cosche che vogliono controllare, con la violenza “legale”, una strada o un quartiere, ma il “capo” che controlla tutto è il capitale.

Ad ogni modo, si sta preparando il peggio. Ma questo lo sapevi già, vero? E se no, allora è ora che tu lo sappia. Perché, oltre a cercare di convincerti che sofferenze e disgrazie saranno sempre estranee (fino a quando non smettono di essere tali e si siedono alla tua tavola, turbandoti il sonno e lasciandoti senza lacrime), ti dicono che il modo migliore per affrontare queste minacce è individualmente.

Questo male si evita allontanandosi da esso, costruendo il tuo mondo a tenuta stagna e rendendolo sempre più angusto fino a che c’è spazio solo per “io, mio, me, con me”. E per questo, ti offrono “nemici” a modo, sempre con un fianco debole e che è possibile sconfiggere acquistando, ascolta bene, questo prodotto che, guarda che coincidenza, per questa unica occasione in offerta e puoi acquistarlo e riceverlo sulla porta del tuo bunker in poche ore, giorni … o settimane, perché la macchina ha scoperto, oh sorpresa, che il reddito dipende anche dalla circolazione della merce e che, se questo processo si ferma o rallenta, la bestia soffre… cosicché è business anche la sua distribuzione e ripartizione.

Ma, in quanto zapatisti, abbiamo studiato e analizzato. E vogliamo confrontare le conclusioni a cui siamo giunti con scienziati, artisti, filosofi e analisti critici di tutto il mondo.

Ma non solo, anche e soprattutto con coloro che, nelle loro lotte quotidiane, hanno subito e avvertito le disgrazie a venire. Perché, per quanto riguarda il sociale, teniamo in grande considerazione l’analisi e la valutazione di chi rischia la pelle nella lotta contro la macchina, e siamo scettici nei confronti di chi, dal punto di vista esterno, opina, valuta, consiglia, giudica e condanna o assolve.

Ma, attenzione, riteniamo che questo sguardo critico “outsider” sia necessario e vitale, perché ci permette di vedere cose che non si vedono nel vivo della lotta e, attenzione, contribuisce alla conoscenza della genealogia della bestia, delle sue trasformazioni e del suo funzionamento.

In ogni caso, vogliamo parlare e, soprattutto, ascoltare chi si mette in mezzo. E non ci interessa il suo colore, taglia, razza, sesso, religione, militanza politica o percorso ideologico, se questo coincide con il ritratto fedele della macchina assassina.

E se, quando parliamo del criminale, qualcuno lo identifica con il fato, la sfortuna, “l’ordine naturale delle cose”, il castigo divino, la pigrizia o l’incuria, lì non ci interessa ascoltare o parlare. Per queste spiegazioni basta guardare le soap opera e andare sui social in cerca di conferme.

Cioè, crediamo di aver stabilito chi è il criminale, il suo modus operandi e il crimine stesso. Queste 3 caratteristiche si sintetizzano in un sistema, cioè in un modo di rapportarsi all’umanità e alla natura: il capitalismo.

Sappiamo che è un crimine in corso e che il suo perseguimento sarà disastroso per il mondo intero. Ma non è questa la conclusione che ci interessa corroborare, no.

-*-

Perché sembra che, anche studiando e analizzando, abbiamo scoperto qualcosa che può o no essere importante. Dipende.

Supponendo che questo pianeta sarà annientato, almeno per come lo percepiamo adesso, abbiamo studiato le possibili opzioni.

Cioè, la nave affonda e lassù dicono che non succede nulla, che è qualcosa di passeggero. Sì, come quando la petroliera Prestige naufragò al largo delle coste europee (2002) – la Galizia fu la prima testimone e vittima – e le autorità imprenditoriali e governative dissero che erano state sversate solo poche gocce di carburante. Il disastro non è stato pagato né dal Boss, né dai suoi sgherri e caporali. L’hanno pagato, e continuano a pagare, gli abitanti che vivono di pesca su quelle coste. Loro e i loro discendenti.

E per “Nave” intendiamo il pianeta omogeneizzato da un sistema: il capitalismo. Certo, potranno dire che “questa non è la nostra nave”, ma il naufragio in corso non è solo di un sistema, ma del mondo intero, completo, totale, anche l’angolo più remoto e isolato, e non solo dei suoi centri di Potere.

-*-

Capiamo che qualcuno pensi, e agisca di conseguenza, che è ancora possibile rattoppare, rammendare, dipingere un po’ qua e là, rimodellare l’imbarcazione. Tenerla a galla anche vendendo la fantasia che siano possibili megaprogetti che non solo non annientano intere popolazioni, ma anche che non colpiscano la natura.

Che ci sono persone che pensano che basti essere molto determinate e darci dentro con il maquillage (almeno fino a quando non passano le elezioni). E che credono che la migliore risposta al reclamo di “Mai più” – che si ripete in tutti gli angoli del pianeta -, siano promesse e denaro, programmi politici e denaro, buone intenzioni e denaro, bandiere e denaro, fanatismo e denaro. Che credano davvero che i problemi del mondo si riducano alla mancanza di denaro.

E il denaro ha bisogno di strade, grandi progetti di civilizzazione, hotel, centri commerciali, fabbriche, banche, manodopera, consumatori, … polizie ed eserciti.

Le cosiddette “comunità rurali” sono classificate come “poco sviluppate” o “arretrate” perché la circolazione del denaro, cioè delle merci, è inesistente o molto limitata. Non importa che, ad esempio, il loro tasso di femminicidi e violenze di genere sia inferiore rispetto a quello delle città. I successi dei governi si misurano dal numero di aree distrutte e ripopolate da produttori e consumatori di merci, grazie alla ricostruzione di quel territorio. Dove prima c’era un campo di grano, una sorgente, un bosco, ora ci sono alberghi, centri commerciali, fabbriche, centrali termoelettriche, … violenza di genere, persecuzione della differenza, narcotraffico, infanticidi, tratta di esseri umani, sfruttamento, razzismo, discriminazione. In breve: c-i-v-i-l-i-z-z-a-z-i-o-n-e.

L’idea è che la popolazione contadina diventi una dipendente di questa “urbanizzazione”. Continuerà a vivere, lavorare e consumare nella sua località, ma il proprietario di tutto ciò che la circonda è un conglomerato industriale-commerciale-finanziario-militare la cui sede è nel cyberspazio e per il quale quel territorio conquistato è solo un puntino sulla mappa, una percentuale di profitto, una merce. E il vero risultato sarà che la popolazione originaria dovrà migrare, perché il capitale arriverà con propri dipendenti “qualificati”. La popolazione originaria dovrà irrigare giardini e pulire parcheggi, locali e piscine dove prima c’erano campi, boschi, coste, lagune, fiumi e sorgenti.

Ciò che si nasconde è che, dietro le espansioni (“guerre di conquista”) degli Stati – siano esse interne (“incorporando più popolazione alla modernità”), sia esterne con alibi diversi (come quello del governo israeliano nella sua guerra contro la Palestina) – c’è una logica comune: la conquista di un territorio da parte della merce, cioè del denaro, cioè del capitale.

Ma capiamo che queste persone, per diventare il cassiere che amministra i pagamenti e i ricavi che danno vita alla macchina, formano partiti politici elettorali, fronti – ampi o ristretti – per disputare l’accesso al governo, alleanze e rotture “strategiche”, e tutte le sfumature in cui sono impegnati lavoro e vite che, dietro piccoli successi, nascondono grandi fallimenti. Una piccola legge lì, un interlocuzione ufficiale qui, una nota giornalistica lì, un tuit qua e là, un like là, tuttavia, per fare un esempio di un crimine globale in corso, i femminicidi sono in aumento. Nel frattempo la sinistra sale e scenda, la destra sale e scende, il centro sale e scende. Come cantava l’indimenticabile malagueña Marisol, “la vita è una lotteria“: tutti (di sopra) vincono, tutti (di sotto) perdono.

Ma la “civilizzazione” è solo un fragile alibi per la distruzione brutale. Il veleno si diffonde (non più dalla Prestige – o non solo da quella nave -) e l’intero sistema sembra voler avvelenare ogni angolo del pianeta, perché distruzione e morte sono più redditizie che fermare la macchina.

Siamo sicuri che potrai aggiungere molti altri esempi. Indicatori di un incubo irrazionale, tuttavia, attivo.

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Quindi, per diversi decenni ci siamo concentrati sulla ricerca di alternative. La costruzione di zattere, cayucos, lance e anche imbarcazioni più grandi (la 6a come improbabile arca), ha un orizzonte ben definito. Da qualche parte si dovrà sbarcare.

Abbiamo letto e riletto. Abbiamo studiato e continuiamo a farlo. Abbiamo fatto analisi prima e ora. Abbiamo aperto il nostro cuore e il nostro sguardo non alle ideologie attuali o passate di moda, ma alle scienze, alle arti e alle nostre storie di popoli originari. Con queste conoscenze e strumenti, abbiamo scoperto che esiste, in questo sistema solare, un pianeta che potrebbe essere abitabile: il terzo del sistema solare e che, fino ad ora, compare nei libri scolastici e scientifici con il nome di “La Terra”. Per ulteriori riferimenti, si trova tra Venere e Marte. Cioè, secondo certe culture, sta tra l’amore e la guerra.

Il problema è che questo pianeta è ormai un cumulo di macerie, veri incubi e orrori tangibili. Poco è rimasto in piedi. Anche la cortina che nasconde la catastrofe è strappata. Allora, come posso dirtelo? Il problema non è conquistare quel mondo e godere dei piaceri dei vincitori. È più complicato e richiede, sì, uno sforzo mondiale: bisogna rifarlo.

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Ora, secondo le grandi produzioni cinematografiche hollywoodiane, l’uscita dalla catastrofe mondiale (sempre qualcosa di esterno – alieni, meteore, pandemie inspiegabili, zombie simili a candidati a qualche carica pubblica -) è il prodotto dell’unione di tutti i governi del mondo (guidati dai gringos)… o, peggio, dal governo degli Stati Uniti sintetizzato in un individuo, o individua (perché la macchina ha imparato che la farsa deve essere includente), che può avere le caratteristiche razziali e di genere politicamente corrette , ma che sul petto porta il marchio dell’Idra.

Ma, lungi da queste finzioni, la realtà ci mostra che tutto è business: il sistema produce la distruzione e ti vende i biglietti per fuggire da esso… nello spazio. E sicuramente, negli uffici delle grandi corporazioni, ci sono brillanti progetti di colonizzazione interstellare… con proprietà privata dei mezzi di produzione inclusa. In altre parole, il sistema viene traslato, nella sua interezza, su un altro pianeta. “All included” si riferisce a chi lavora, a chi vive sopra coloro che lavorano e al suo rapporto di sfruttamento.

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A volte non si limitano a guardare allo spazio. Il capitalismo “verde” si batte per le aree “protette” del pianeta. Bolle ecologiche dove la bestia può rifugiarsi mentre il pianeta guarisce dai morsi (il che richiederebbe solo pochi milioni di anni).

Quando la macchina parla di “un nuovo mondo” o “di umanizzazione del pianeta”, pensa ai territori da conquistare, spopolare e distruggere, per poi ripopolare e ricostruire con la stessa logica che ora tiene il mondo di fronte al baratro, sempre pronta a fare il passo avanti che richiese il progresso.

Potresti pensare che non sia possibile che qualcuno sia così imbecille da distruggere la casa in cui vive. “La rana non beve tutta l’acqua della pozza in cui vive“, dice un proverbio del popolo originario Sioux. Ma se intendi applicare la logica razionale al funzionamento della macchina, non capirai (beh, nemmeno la macchina). Le valutazioni morali ed etiche non servono a niente. La logica della bestia è il profitto. Certo, ora ti chiederai come sia possibile che una macchina irrazionale, immorale e stupida governi i destini di un intero pianeta. Ah, (sospiro), è nella sua genealogia, nella sua stessa essenza.

Ma, tralasciando l’impossibile esercizio di dotare di razionalità l’irrazionale, arriverai alla conclusione che è necessario distruggere questa mostruosità che non è diabolica. Purtroppo è umana.

E, naturalmente, tu studi, leggi, confronti, analizzi e scopri che ci sono ottime proposte per uscirne. Da quelle che propongono trucco e parrucco, a quelle che consigliano lezioni di morale e logica per la bestia, passando per nuovi o vecchi sistemi.

Sì, ti capiamo, la vita fa schifo ed è sempre possibile rifugiarsi in quel cinismo così sopravvalutato sui social network. Diceva il compianto SupMarco: “la cosa brutta non è che la vita fa schifo, ma che ti costringano a mangiarla e si aspettano pure che tu l’apprezzi“.

Ma supponi di no, che tu sappia che, in effetti, la vita fa schifo, ma la tua reazione non sia quella di chiuderti in te stesso (o nel tuo “mondo”, che dipende dal numero dei tuoi “follower” sui social network di adesso e a venire). E poi decidi di abbracciare, con fede, speranza e carità, alcune delle opzioni che ti vengono presentate. E scegli la migliore, la più grande, la più famosa, quella vincente… o quella che ti è vicina.

Grandi progetti di nuovi e vecchi sistemi politici. Ritardi impossibili dell’orologio della storia. Nazionalismi sciovinisti. Futuri condivisi in forza di tale opzione che prende il Potere e ci rimane fino a quando tutto non sarà risolto. Il tuo rubinetto perde? Vota per tizio. Schiamazzi nel quartiere? Vota per caio. Il costo dei trasporti, del cibo, delle medicine, dell’energia, delle scuole, dell’abbigliamento, dell’intrattenimento, della cultura è aumentato? Hai paura dell’immigrazione? Ti senti a disagio con persone dalla pelle scura, credi diversi, lingue incomprensibili, stature e carnagioni diverse? Vota per…

C’è anche chi non si discosta dall’obiettivo, ma dal metodo. E poi ripete da sopra ciò che criticava da sotto. Con disgustosi contorsionismi e argomentando strategie geopolitiche, si appoggia a chi si ripete nel crimine e nella stupidità. Si chiede che i popoli sopportino le oppressioni a beneficio della “correlazione internazionale di forze e l’ascesa della sinistra nell’area”. Ma il Nicaragua non è Ortega-Murillo e la bestia non ci metterà molto a capirlo.

In tutte queste grandi offerte di soluzioni nel mortale supermercato del sistema, molte volte non si dice che si tratta della brutale imposizione di un’egemonia, e di un decreto di persecuzione e morte a ciò che non è omogeneo al vincitore.

I governi governano per i loro seguaci, mai per quelli che non lo sono. Le star dei social network alimentano i loro seguaci, anche a costo di sacrificare l’intelligenza e la vergogna. E il “politicamente corretto” ingoia rospi, dopo aver divorato chi consiglia la rassegnazione “per non beneficiare il nemico principale”.

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Lo zapatismo è la grande risposta, un’altra, ai problemi del mondo?

No. Lo zapatismo è tante domande. E la più piccola può essere la più inquietante: E tu, che fai?

Di fronte alla catastrofe capitalista, lo zapatismo propone un vecchio-nuovo sistema sociale idilliaco e con esso ripete le imposizioni di egemonie ed omogeneità ora “buone”?

No. Il nostro pensiero è piccolo come noi: sono gli sforzi di ciascuno, nella sua geografia, secondo il suo calendario e i suoi modi, che consentiranno, forse, di liquidare il criminale e, contemporaneamente, rifare tutto. E tutto vuol dire tutto.

Ognuno, secondo il proprio calendario, la propria geografia, la propria strada, dovrà costruire il proprio percorso. E, come noi popoli zapatisti, inciamperà e si rialzerà, e ciò che costruirà avrà il nome che avrà voglia di avere. Sarà solo diverso e migliore di ciò che abbiamo subito prima, e di ciò che patiamo attualmente, se riconosce l’altro e lo rispetta, se rinuncia a imporre il suo pensiero sul diverso e se finalmente si rende conto che ci sono molti mondi e che la loro ricchezza nasce e risplende nella loro differenza.

È possibile? Non lo sappiamo. Ma sappiamo che, per scoprirlo, si deve lottare per la Vita.

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Allora, cosa veniamo a fare in questo Viaggio per la Vita se non aspiriamo a dettare strade, rotte, destinazioni? Cosa, se non cerchiamo adesioni, voti, likes? Cosa, se non andiamo a giudicare e condannare o assolvere? Cosa, se non invitiamo al fanatismo per un nuovo-vecchio credo? Cosa, se non vogliamo passare alla Storia e occupare una nicchia nel pantheon ammuffito dello spettro politico?

Ebbene, ad essere onesti in quanto zapatisti: non solo verremo a confrontare le nostre analisi e conclusioni con l’altro che lotta e pensa criticamente.

Veniamo a ringraziare l’altro per la sua esistenza. Ringraziare per gli insegnamenti che ci hanno dato la sua ribellione e resistenza. Veniamo a consegnare il fiore promesso. Abbracciare l’altro e gli diremo all’orecchio che non è solo, sola, soloa. Veniamo a sussurrargli/le che valgono la pena la resistenza, la lotta, il dolore per chi non c’è più, la rabbia per il criminale impunito, il sogno di un mondo non perfetto, ma migliore: un mondo senza paura.

E anche, e soprattutto, veniamo a cercare complicità… per la vita.

SupGaleano

Giugno 2021, Pianeta Terra

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/06/27/la-travesia-por-la-vida-a-que-vamos/

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LO SBARCO.

LO SBARCO

https://player.vimeo.com/video/566702426

“El Desembarco” di León Gieco eseguita da León Gieco (Voce e Armonica), Jairo (Voce e Djembe), Silvina Moreno (Voce), Sandra Corizzo (Voce), Diego Boris (Armonica), Antonio Druetta (Mandolino), Pablo Elizondo (Chitarra), Luciana Elizondo (Violoncello). 2021.

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Da L’Altra Europa.

Individui, Gruppi, Collettivi, Organizzazioni e Movimenti Europei – con la collaborazione dello Squadrone 421.

Giugno 2021

P.S.- C’è questa canzone di León Gieco intitolata “El Desembarco”. Ce l’ho da anni nella cartella dei “sospesi“, chiedendomi quando e in quale video inserirla. Alla fine ho pensato che quando sarebbe arrivato il suo momento, l’avrei saputo.

Guardando il momento in cui Marijose mette piede sul suolo della Galizia, ho pensato, non alla canzone, ma alla trama invisibile che univa la musica e uno stivale da bucaniere, indossato da un piede maya originale, che si posava sul suolo iberico.

Ho indagato ed ho scoperto che la canzone è stata pubblicata nel 2011, in un album omonimo. È stato 10 anni fa… o più. Quando è che León Gieco ha scritto nel suo cuore questa canzone, questo fratello involontario – o fratello giurato, come Juan Villoro-, che abbiamo nel grande abbraccio che è l’America Latina? Mesi o anni prima?

León ha sognato ciò che dice il testo?

È lo stesso sogno che ha fatto Marijose quando, nell’abbraccio infuocato di aprile, le fu detto che sarebbe stata la prima a sbarcare? È lo stesso che fece il defunto SupMarcos quando, anni prima della sollevazione, scrisse “Marinaio nella montagna”? Lo stesso che ha svelato a Don Durito de La Lacandona quando ha immaginato (o realizzato, non si saprà mai) il suo periplo attraverso le terre d’Europa? Lo ha sognato la Comandante Ramona, la prima ad uscire dal territorio zapatista e al cui passaggio è nato il Congresso Nazionale Indigeno? È lo stesso che sognava l’allora tenente colonnello Insurgente Moisés quando – nel 2010 e nei pressi di una capanna tra le montagne del sudest messicano – ha ricevuto il grado di Subcomandante? Quello che fecero il Señor Ik, il SubPedro e altri 45 zapatisti, pochi istanti prima di cadere in combattimento nel gennaio del 1994? Quello che, collettivamente, ha sognato il popolo originario Sami – nell’estremo nord dell’Europa – con la Dichiarazione per la Vita? L’ha sognato Gonzalo Guerrero più di 500 anni fa, quando fece proprio il percorso e il destino del popolo maya? Inquietò Jacinto Canek?

Ha alleviato in qualche modo la dipartita del Comandante Ismael, della dott.ssa Paulina Fernández C., di Oscar Chávez, di Jaime Montejo, di Jean Robert, di Paul Leduc, di Vicente Rojo, di Mario Molina, di Ernesto Cardenal e di tanti e tanti famigliari – fratelli e sorelle senza saperlo – che abbiamo perso negli ultimi mesi?

È il sogno che ha animato l’Europa del basso che ha organizzato questa incredibile e meravigliosa accoglienza a Vigo?

Quello che ora percorre le strade, i quartieri, le campagne e le coste d’Europa e che ripete “Pioverà a luglio a Parigi?”

È il sogno che anima le voci che, negli emblematici specchi della spiaggia di Vigo, hanno attraversato l’Atlantico ed annidano ora nelle comunità zapatiste?

Perché non da una nave scende lo Squadrone 421, ma sbarca da La Montaña “senza armi, per la vita”.

È umano questo? Ciò che ricama il lungo e occulto filo che unisce geografie diverse e lontane, che unisce calendari vicini e lontani?

Non lo so. Ma consiglierei a chi è posseduto dalla maledizione dell’arte: plasma tutto questo nel tuo sogno. Qualunque cosa sia, ma che sia tuo.

Perché non si sa mai quando e dove un altro sguardo, un altro ascolto, altre mani, un altro passo, un altro cuore, in un altro calendario e in un’altra geografia, lo tirerà giù dal grande scaffale delle illusioni, gli aprirà le viscere e lo pianterà, come un seme, nella dolente realtà.

In fede.

Il SupGaleano.

Giugno 2021

Testo e video originali: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/06/23/el-desembarco/

Traduzione “Maribel” – Bergamo

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La Montaña zapatista ha attraversato l’Atlantico ed è arrivata sulle coste della Galizia per far nascere un incontro di ribellioni che vuole dar vita a un mondo nuovo. Un mondo che contenga molti mondi diversi. È il mondo che restituisce un significato ai semi della speranza e non poteva che presentarsi con un battesimo: “A nome delle donne, dei bambini, degli anziani e delle otroas zapatiste, dichiaro che il nome di questa terra, che adesso chiamano Europa, da qui in avanti si chiamerà: SLUMIL K´AJXEMK´OP, che vuol dire: Terra indomita”, ha detto Marijose. L’ha accolta un abbraccio enorme, quello di chi, in ogni angolo del vecchio continente, sta re-imparando ad ascoltare il suono nuovo e profondo di parole che vengono dal cuore per condividere la vita e le ribellioni.

Il battesimo

Rebecca Rovoletto

23 Giugno 2021

Una gonna tzotzil, due tzeltal, una cho’ol. Tre paia di jeans, però uno infilato in lunghi stivali col tacco alto. Dentro a questi abiti – visiere anticovid e mascherine al posto del passamontagna – el Escuadrón da sbarco 4-2-1, testa di ponte del prossimo contingente aviotrasportato, poggia finalmente i piedi sul vecchio continente. Non conoscono nessuno, ma tutt@ conoscono loro e fanno ala al passaggio dei sette: Marijose, Lupita, Carolina, Ximena, Yuli, Bernal, Felipe.

Cembali, cornamuse e tamburi della fanfara popolare galiziana aprono loro la strada verso la spiaggia dei saluti, poi verso il prato delle celebrazioni. Le delegazioni del vecchio continente abbracciano, con inni e battimani, i volti maya partiti sette settimane fa dalle coste di Abya Yala.

Il capitano della Montagna dice che “è finito un viaggio, ma da qui ne inizia un altro”. Inizia, infatti, col battesimo di questa vecchia terra, affinché possa destarsi e rinnovarsi. Così come i popoli indigeni riscoprono il nome ancestrale della loro geografia, simmetricamente ci portano dall’oltremare un nuovo nome che non recrimina le disgrazie disseminate dalla sua storia, ma si appella a quella sua parte che ancora guarda, cammina, sogna.

E Marijose, che non è né uomo né donna, dichiara: “A nome delle donne, dei bambini, degli uomini, degli anziani e, naturalmente, degli otroas zapatisti, che il nome di questa terra che i suoi nativi ora chiamano ‘Europa’, d’ora in poi si chiamerà: Slumil K’ajxemk’op, che significa ‘Terra Indomita’, o ‘Terra che non si rassegna, che non cede’. E così sarà conosciuta dalla gente del posto e dagli estranei finché qui ci sarà qualcuno che non si arrende, non si vende e non cede”.

Parole tzotzil degli Altos, tojolabal della Selva di confine, tzeltal della selva Lacandona e cho’ol del nord venute “per aprire i cuori e condividere lotte per la vita, esperienze, modi… e per dimostrare al mondo capitalista patriarcale che un altro mondo è possibile”, che in qualche posto di Abya Yala è già realtà. Un cesto di erbe di San Juan, poesie e canti in dono agli ospiti. E poi cumbia fino all’alba.

22 | 06 | 21 da un’insenatura della Terra Indomita, pianeta Terra.

https://www.facebook.com/rebecca.rovoletto

Foto da Desinformémonos e Comune-info

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SIAMO ARRIVATI.

SIAMO ARRIVATI

20 giugno 2021

Sarebbero le 06:59 – ora del Messico – del 20 giugno 2021, quando, da La Montaña e attraverso un orizzonte nebbioso, è stata avvistata la terra della penisola iberica. Sarebbero le 09:14:45 quando la nave ha gettato l’ancora nella baia di Baiona o Bayona, Galizia, Stato Spagnolo, Europa. Da lì è vicina, “a due passi”, la geografia chiamata Portogallo, e un po’ a nord-est si vede Vigo. Tutt@ stanno bene. Per ragioni burocratiche ecc. ecc., La Montaña e lo Squadrone 421 rimarranno qui, si pensa, fino a martedì 22 alle 17:00 – data e ora di Vigo – quando avverrà lo sbarco. La Guardia Civil dello Stato Spagnolo è salita a bordo della nave, ha preso i dati dell’equipaggio e dei passeggeri, ha esaminato i passaporti ed ha effettuato i controlli di routine. Niente da segnalare. Condizioni meteorologiche: nuvoloso, piogge deboli ma frequenti, 15 gradi centigradi.

Dopo un po’, diverse barche a vela con compagn@ dell’Europa ribelle si sono avvicinate per dare il benvenuto… o per verificare se fossero vere le voci che giravano tra i quartieri, i campi e le montagne del mondo che: “gli zapatisti hanno invaso l’Europa”.

A terra, ai piedi di quello che sembra un faro, un altro gruppo gridava qualcosa come “Ci arrendiamo!”… Nah, scherzo. Gridavano Zapata Vive, Benvenut@,… non si capiva bene. Portano striscioni e disegni. Per quanto si riesce a vedere, non ci sono segnali osceni – che potrebbero voler dire che non ci hanno ripudiato… non ancora -. Qualcuno un po’ strano solleva un cartello che recita: “Ristorante La Palomita Insurrecta. Brodo galiziano, Empanadas Ídem e Xoubas. Sconti speciali per Invasori@, scarabei e gatto-cani”. Un altro cartello dice “Portami via di qui!” Le persone più prudenti usano gli striscioni come ombrelli.

Il cielo europeo piange commosso. Le sue lacrime si confondono con quelle che bagnano le guance – abbronzate dal sole, dal mare, dall’angoscia e dall’adrenalina – dell’intrepido Squadrone 421. Nei loro passi, nei loro sguardi, nei loro palpiti, i popoli maya – così dirà la leggenda – hanno attraversato l’Atlantico in 50 giorni e 50 notti, nel loro lungo e accidentato viaggio per la vita.

Fuori fa freddo, ma dentro, nella geografia del cuore, qualcosa come un sentimento scalda l’anima. Nelle montagne del sudest messicano il sole sorride e, dall’impianto audio, escono gioiose le prime note di una cumbia.

Certo, manca lo sbarco, il trasferimento della delegazione aerea, l’organizzazione dell’agenda, gli incontri … e la festa della parola.

Cioè, manca tutto.

SupGaleano.
Giugno 2021

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/06/20/llegamos/

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Lettera della Commissione Sexta Zapatista al Collettivo “Llegó la Hora de los Pueblos”.

Pubblicata da Camino al andar.

14 giugno 2021

Da: Il Sup Galeano.

11 giugno 2021

Al Collettivo “Llegó la Hora de los Pueblos”.

Messico.

Sorelle, hermanoas e fratelli:

Mando un abbraccio a tutt@… beh, tanti. Volevamo mandarvi un saluto… ok, parecchi e, approfittando del volo di queste parole, chiedervi un aiuto.

Per la Travesía por la Vida Capítulo Europa è stato deciso di rispettare i requisiti legali per poter raggiungere, con il nostro ascolto e la nostra parola, le terre che Marijose ribattezzerà tra pochi giorni. Tra poche ore (prendendo come riferimento il giorno e l’ora in cui vi scrivo – mattina dell’11 giugno 2021 -) questa delirante sfida chiamata “La Montaña” toccherà le terre europee nelle Isole Azzorre, del Portogallo. Lì sosteranno alcuni giorni e poi si dirigeranno verso la destinazione segnata: Vigo, Galizia, Stato Spagnolo. Poi, un gruppo partirà in aereo.

Lo “Squadrone 421” ha i documenti in regola. In altre parole, hanno doppio passaporto: quello ufficiale messicano e il “passaporto zapatista di lavoro” che viene rilasciato dalle Giunte di Buon Governo quando una compagna, compagno o compañeroa lascia il territorio zapatista per andare a svolgere un compito per le nostre comunità. Qui diciamo che va “su commissione”. In altra occasione parleremo del “passaporto zapatista”, ora vorremmo parlarvi di quello ufficiale.

Abbiamo già fatto riferimento, in scritti e discorsi, a quello che chiamiamo “il calendario e la geografia”. Bene, la nostra geografia si chiama “Messico”. E, per noi, comunità zapatiste, questa non è solo una parola. Nel senso zapatista, è una geografia. Quando diciamo che siamo “messicani” sottolineiamo che condividiamo storie con altri popoli originari (come quelli che sono raggruppati nel Congresso Nazionale Indigeno-Consiglio Indigeno di Governo). Storie, cioè: dolori, gioie, rabbie, umiliazioni, lotte. Ma non solo con i popoli originari di questa geografia, anche con individui, gruppi, collettivi, organizzazioni e movimenti che coincidono con noi, popoli zapatisti, nei sogni e, naturalmente, negli incubi.

Con questo voglio dire che noi, comunità zapatiste, non solo non ci vergogniamo di dire che siamo messicani, ne siamo orgogliosi. Perché questo orgoglio non nasce guardando in alto ed alle loro storielle, ma guardando, ascoltando e parlando con il Messico del basso, le sue vite e le sue morti. Non è fuori luogo raccontare, seppur velocemente, come si vive e lotta in questo Messico. Ognuno ha i suoi modi, le sue storie, le sue sconfitte e vittorie, il suo sguardo e il suo modo di spiegare il suo mondo, il suo guardarsi e spiegarsi. Ma vediamo che c’è qualcosa in comune, una specie di radice, o trama, o spina dorsale… ci deve essere un modo per dirlo in linguaggio cibernetico… una matrice o matrix? Ebbene, è in questa radice comune che ci identifichiamo.

Oh, so che più di uno, unoa, si preoccuperà che quello che sto dicendo è una versione “zapatista” del nazionalismo. No, questo a volte ci infastidisce, altre ci fa arrabbiare, e sempre preoccupare. Non mi riferisco al nazionalismo. Nei nazionalismi si nascondono, ad esempio, disuguaglianze e, attenzione, rapporti criminali. Nei nazionalismi convergono il criminale e la vittima, il Boss e il subordinato. Qualcosa di così perverso come “ti distruggo ma lo faccio per il tuo bene perché siamo compatrioti”. Qualcosa come il significato maligno che viene dato “all’umano”, ad esempio dicendo che sia gli uomini che le donne sono esseri umani. Tralascio il fatto che si dimentica che c’è chi non è né donna né uomo e, essendo senza nome, non è “un essere umano”. In questo significato di “umano” si dimentica il rapporto di dominio tra uomini e donne. Non scriverò un trattato sul patriarcato, la sua genealogia e il suo folle crimine attuale; c’è tra voi chi ne sa di più e lo spiega meglio di me.

È possibile riferirsi all’umanità senza cadere nella trappola dell’uguaglianza ipocrita? Noi pensiamo di sì, ed è riferendo l’umanità alle scienze e alle arti. Ma non solo. Anche a sentimenti, pensieri e proposte di fondo: il senso della giustizia, della morale e dell’etica (che il defunto compagno Don Luis Villoro spiegherebbe meglio di quanto io possa anche solo tentare di fare), la fraternità ed altre cose che non dettaglierò (ma voi sentitevi liberi di farlo). Ad esempio, io aggiungerei la danza – musica e canzoni incluse -, e il gioco, ma fate caso a me.

Insomma, di dettaglio in dettaglio si presenteranno le differenze, le distanze, i disaccordi. Ma, in senso inverso, si potrebbe trovare qualcosa in comune: è ciò che noi chiamiamo “umanità”.

Quindi, quando diciamo che i popoli zapatisti sono “messicani” e che siamo orgogliosi di esserlo, ci riferiamo a quella matrice comune con l’altro che lotta in questa geografia intrappolata tra il Rio Bravo e il Suchiate, con il morso dato dal mare d’oriente e la curva allungata che il mare di occidente ha forgiato alla cintola, e incluso il braccio solitario che costeggia il “Mare di Cortez”. Aggiungete la storia vera, quella delle geografie limitrofe e…

Bene, basta storie. Il punto è che la nostra delegazione aerea è in fase di rilascio dei passaporti. E dico “fase di rilascio” per delicatezza, perché è come l’inferno, che si alimenta in silenzio fino ad essere considerato “normale”.

Perché si scopre che le nostre compagne, compagni e compañeroas soddisfano tutti i requisiti richiesti, effettuano il pagamento dovuto, si spostano dalle loro comunità agli uffici del Ministero degli Esteri e, pure con la pandemia e tutto il resto, prendono appuntamenti, fanno la fila, aspettano il proprio turno e… a loro viene negato il rilascio del documento.

Gli ostacoli del governo supremo e della sua ignorante burocrazia, stolta e razzista sono oltraggiosi.

Perché si potrebbe pensare che sia solo burocrazia, che hai avuto la sfortuna di imbatterti in qualcuno che pensa di avere il Potere perché sta dietro uno schermo, una scrivania, un ufficio. Ma no, è anche altro e si potrebbe sintetizzare così: razzismo.

Le ragioni? Ebbene, ce n’è una fondamentale e, naturalmente, i suoi derivati: nel governo c’è un’atmosfera di isteria mal celata. In accordo con il suo impegno con il governo degli Stati Uniti di fermare il flusso di migranti dal Centro America, per i governi federale, statale e municipale tutto ciò che non è biondo, con gli occhi chiari e viene da più a sud di Puebla, è centroamericano. Per le autorità governative schizofreniche, la prima cosa che fa un centroamericano è: presentare il certificato di nascita, la credenziale INE (Ente Nazionale Elettorale) o i documenti di identità con fotografia (che è un documento ufficiale perché rilasciato dal municipio), e di origine nel capoluogo ufficiale, il certificato di battesimo, i certificati di nascita dei genitori o dei fratelli/sorelle maggiorenni, copie del loro INE, certificati del municipio autonomo e della Giunta di Buon Governo, testimoni oculari con identificazione ufficiale, e così via. Fatto tutto questo, la loro richiesta del documento a cui ogni messicano ha diritto per uscire ed entrare dal territorio nazionale, è respinta.

Sì, si presentano tutti questi documenti ma il problema è che, agli occhi della burocrazia del Ministero degli Esteri, ciò che conta è il colore della pelle, il modo di parlare, il modo di vestire e il luogo di provenienza. “A sud della metro di Taxqueña, tutto è Centro America“.

Tanto bla, bla, bla di diritti e di riconoscimento delle nostre radici, eccetera – inclusi ipocriti perdoni chiesti sulla terra da distruggere –, ma la popolazione originaria, o indigena, continua ad essere trattata come straniera nella propria terra. E peggio ancora a Città del Messico, che dovrebbe essere “progressista”. Lì una signora, una burocrate del Ministero degli Esteri, ha respinto la credenziale INE con un dispregiativo “questa è inutile, serve solo per votare“, ed ha chiesto alla compagna, che ha più di 40 anni, residente nella Selva Lacandona, il suo diploma di scuola superiore per dimostrare che non fosse guatemalteca. La compagna ha detto: “ma io vivo della terra, sono una contadina, non ho un’istruzione secondaria“. La burocrate, altezzosa e arrogante: “beh, non studiate perché non lo volete“. “Ma io vengo dal Chiapas”, insiste la compagna. “Non m’importa. Vediamo cosa succede”, risponde la burocrate.

La burocrazia governativa si eccita maltrattando gli indigeni? L’arroganza è il suo afrodisiaco? “Sono qui, tesoro, oggi ho ribaltato una fottuta india, ed ho molta voglia“, diranno facendo l’occhiolino con civetteria.

Per verificare se fosse razzismo e non solo burocrazia, abbiamo mandato un compagno “bianco e barbuto” a richiedere il passaporto. Glielo hanno dato lo stesso giorno e senza chiedere altro che il certificato di nascita, il documento d’identità con foto e la ricevuta del pagamento, che sono i requisiti legali.

E non solo: il Ministero degli Esteri trattiene il pagamento effettuato da tutt@ i/le compagn@ a cui viene negato il passaporto con pretesti e requisiti che non sono nemmeno sul suo sito web. Deve essere molto dura l’austerità se devono sottrarre i soldi agli indigeni.

A un compagno (di più di 60 anni) hanno chiesto: “Non è che vuoi andare negli Stati Uniti a lavorare?” Il compa ha risposto: “No, lì sarà per un’altra volta. Adesso andiamo in Europa”. Il funzionario, quale Tribunale Elettorale Federale, se ne è lavato le mani e lo ha mandato a un altro sportello. Lì gli hanno detto: “È molto lontano e il viaggio è costoso, non puoi avere i soldi perché sei indigeno. Devi portare l’estratto conto della tua carta di credito. Avanti un altro”. Ad una compagna hanno detto: “Vediamo, canta l’inno“. E la compagna ha intonato “ya se mira el horizonte“. Repinta. Mi ha detto triste: “credo che sia perché l’ho cantata con un ritmo cumbia e non come corrido ranchero. Ma la cumbia è più allegra. I corridos rancheros parlano solo di massacro di donne. Se ti chiami “Martina” o “Rosita”, allora vale”.

Lo stesso a Città del Messico: due compagne di lingua tzeltal, della Selva Lacandona. Camminano dal loro villaggio fino a dove si prende un camion de redilas fino alla capoluogo municipale; da lì con i mezzi pubblici fino a San Cristóbal de Las Casas; da lì un altro a Tuxtla Gutiérrez; da lì un altro per Città del Messico; pagano il passaporto per validità 10 anni “perché viaggiare per il mondo richiederà tempo“; si presentao in un ufficio della SRE (Ministero degli Esteri); si mettono in fila con la mascherina, lo schermo e a distanza di sicurezza; entrano e presentano i loro documenti; fanno loro una foto; aspettano fuori di essere chiamate per la consegna del passaporto; le chiamano e dicono a una di loro “una lettera del tuo cognome è sbagliata” e “tuo fratello ha un altro cognome materno”; quella del fratello: “questi fottuti uomini sono così e mio padre era un bastardo“; quella della lettera “è che la persona che ha fatto il verbale non conosce la differenza scritta tra la “s” e la ‘z'”; in entrambi i casi le/i funzionar@: risate di scherno e: “devi tornare indietro e portare più prove che sei messicana“; le compagne: “ma io vivo in Chiapas”; quella del SRE: “non rilascio niente finché non porterai quello che ho chiesto“. Le compagne tornano indietro, arrivano nella loro città e raccolgono ulteriori prove del loro essere messicane. Nuovo viaggio a Città del Messico. Nuovo appuntamento, fila con mascherina, schermo, distanza di sicurezza. Sportello. L’alta funzionaria del Ministero degli Esteri: “ora bisogna aspettare di verificare che siete messicane“. Le compagne: “ma ho portato tutto quello che mi avete detto”. La SRE: “ma dobbiamo verificare che le carte siano veritiere, poi chiederemo all’anagrafe del tuo comune e del tuo stato”. Le compagne: “Quanto tempo ci vuole?” La SRE: “10 giorni o un mese, te lo faremo sapere”. Le compagne aspettano 10 giorni e niente. Loro tornano. Passa un mese e niente. Altri 30 giorni e niente. Tornano a Città del Messico. Stesso viaggio. La SRE: “Non hanno risposto, aspettate ancora”.

E le due compagne aspettano. Hanno iniziato le pratiche a marzo ed è il mese di… giugno.

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Se avete tempo, fate questo: immaginate di essere nati con la pelle scura, di essere di origine indigena e di provenire da qualche stato del sud-est messicano. Ora controllate i requisiti per ottenere il passaporto: certificato di nascita, identificazione ufficiale con foto, o diploma professionale, o titolo professionale, o tessera militare assolto, o credenziale dell’Istituto Nazionale Pensionati, o credenziale dell’assistenza medica di un istituto di sanità pubblica; e ricevuta di pagamento.

E anche se possiedi uno o tutti questi requisiti, se hai la pelle scura, parli in modo diverso e ti vesti “come la India María” (parole testuali di un’impiegata del SRE), dovrai affrontare qualcosa tipo: “no, devi portare i voti della scuola materna, elementare, media, superiore – CCH (Colegio de Ciencias y Humanidades) no, quelli sono casinisti -, diploma, corso di specializzazione personale presso NXIVM, e una lettera di buona condotta del preside”.

Non c’è molto da dire sul INE. Impegnato com’era il grande capo Tatanka (il buon Jairo Calixto dixit – oh, oh, sì, anche io leggo la stampa gossip -) a fingere di essere una persona perbene, e Murayama ad abbaiare, non si sono nemmeno accorti che i loro “uffici” In Chiapas erano chiusi da prima del 1° febbraio, nonostante fosse stato detto che dal 1° al 10 febbraio si poteva avere accesso senza appuntamento. Così, abbiamo perso l’opportunità di mandare molti più delegati su La Montaña. E INE ha ribadito l’atteggiamento razzista che aveva dimostrato nei confronti di Marichuy.

E penso che, tra le tante interviste che hanno rilasciato e concesso ai media, neo-conservatori e neoliberisti, per difendere la “loro indipendenza” (già), non si sono accorti che la credenziale INE è anche un documento di identità ufficiale e, negandolo o ostacolandolo, negano quel diritto a qualsiasi cittadin@, alla “cittadinanza”, o qualunque cosa significhi.

Il paradosso di tutto questo è che questi indigeni a cui vengono negati la credenziale INE ed il passaporto, lottano anche per la vita di questi burocrati che credono di servire “la Nazione Messicana” rifiutando a loro piacimento dal loro piccolo trono dietro uno sportello, solo per il piacere di dire “no” a chi considerano inferiore perché ha un altro colore della pelle, un’altra lingua, un’altra cultura, un altro modo, e i cui antenati erano in queste terre molto prima che i creoli diventassero indipendenti dagli Iberici e li sostituissero nell’oppressione dei popoli originari.

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Quindi l’aiuto che vi chiediamo è di parlare tra di voi per vedere se si può fare qualcosa. Ad esempio: dare lezione di vergogna ai burocrati del SRE; dire al signor Marcelo Ebrard che capiamo che a causa dell’austerità non abbia i soldi per la sua campagna elettorale del 2024, ma che rubare agli indigeni i soldi per il passaporto e tenerseli senza dare loro il documento, beh, come posso dirglielo senza essere volgare? … è da mascalzoni. O forse li vuole per comperarsi gli impermeabili modello “Neo di Matrix”? O, con i soldi trattenuti per i passaporti negati seguano un corso di genere, tolleranza e inclusione. Oppure si comprino dei libri di storia in modo da capire quale è il luogo dei popoli originari in questa geografia.

Siamo messicani, qui ci è toccato nascere, vivere, lottare e morire. È così. Se fossimo capitati nell’Unione Americana, o in Belize o Guatemala, Honduras o El Salvador, Costa Rica o Nicaragua, saremmo lo stesso orgogliosi di quelle geografie… e denunceremmo i loro rispettivi governi per essere burocrati, razzisti e ignoranti, che è quello che facciamo con quello attuale in Messico e il suo “Ministero degli Esteri”.

Ad ogni modo, non riesco a pensare a molte altre opzioni, ma voi forse sì. Vedete voi e fatecelo sapere.

Intanto vi mandiamo (todoas, tutte e tutti) un grande abbraccio che, seppur a distanza, non è meno sincero e fraterno.

Da qualche luogo del Pianeta Terra.

Il Sup Galeano.

P.S.- Tra poche ore vi manderò un testo per la sezione sportiva della vostra pagina web… Come?! Non avete una sezione sportiva? Lascia stare Ebbene, “quid pro quo“, dare e avere, con questo testo inaugurate la “sezione sportiva” e in cambio, ci date una mano nella suddetta faccenda. Oh, lo so, siete in debito. Ma potreste, non so, mandare qualche euro ai cechi in Europa… o, meglio ancora, accompagnarci e, come dice il termine, condividere, oltre a uno spazio accogliente in un centro di detenzione per migranti, parole, ascolti, sguardi e… sapete nuotare?

Testo originale: https://www.caminoalandar.org/post/carta-de-la-comisi%C3%B3n-sexta-zapatista-al-colectivo-lleg%C3%B3-la-hora-de-los-pueblos

Traduzione “Maribel” – Bergamo

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Il Passaporto Zapatista.

(A presto Portogallo, arriviamo Galizia)

Giugno 2021

Il 12 giugno 2021, il cosiddetto “Squadrone 421”, insieme agli altri passeggeri e membri dell’equipaggio, hanno ricevuto sui loro passaporti il visto d’ingresso legale nel cosiddetto spazio o zona Schengen e sono sbarcati a Horta, nelle Isole Azzorre in Portogallo, Europa. Senza perdere grazia ed eleganza (si fa per dire), sono scesi da La Montaña. Come dovuto, c’erano confusione, balli, foto e un’abbuffata di cibo. Marijose si è imbattuta in un’antica profezia che annunciava il suo arrivo. Abbiamo fatto una gara (si fa per dire), della serie “chi arriva per ultimo paga per tutti” (Diego Osorno ha perso). Si è brindato alla vita, ovviamente.

– * –

Alle 09:17:45 del 14 giugno di quest’anno, La Montaña si è sciolta dall’abbraccio portoghese e si è diretta a nord-est ad una velocità compresa tra 6 e 7 nodi. Alle 12:30:06 ha doppiato a sinistra “Pico Das Urzes”. Latitudine: 38.805213; longitudine: -28.343418. Il capitano Ludwig prevede di avvistare le coste della penisola iberica tra il 19 e il 20 giugno (anche se potrebbe essere prima, perché La Montaña, riconciliata con il vento, sembra avere fretta di abbracciare le sue sorelle portoghesi e galiziane). Da quella data in poi, saluteremo i rilievi delle isole di San Martino, Monte Faro e Monte Agudo. Poi, entreremo nella “Ría de Vigo”. L’arrivo è previsto alla Marina di Punta Lagoa, a nord del porto di Vigo, in Galizia nello Stato Spagnolo.

Allora, in silenzio, nostra sorella pioggia sarà la nostra montagna, umido tornerà il nostro sguardo, e così diremo senza parole:

(…)
desperta do teu sono
fogar de Breogán.

Os bos e xenerosos
a nosa voz entenden
e con arroubo atenden
o noso ronco son,
mais sóo os iñorantes
e féridos e duros,
imbéciles e escuros
non nos entenden, non.*

Frammento di “Os Pinos”, Inno della Galizia. Pascual Veiga e Eduardo Pondal.

* “… svegliati dal tuo sonno / casa di Breogán. / I buoni e generosi / la nostra voce comprendono / e con entusiasmo ascoltano / il nostro suono roco / ma solo gli ignoranti / i deboli e i duri, / gli imbecilli e oscuri / non ci capiscono, no.”

– * –

Ora lasciate che vi parli della documentazione zapatista dello Squadrone 421 (a cui in questo momento si potrebbe aggiungere “marittimo” al suo folgorante nome). L@s companer@s hanno un passaporto zapatista. Voglio dire, oltre al passaporto ufficiale del Messico, hanno il cosiddetto “passaporto di lavoro zapatista”. Qui di seguito lo descrivo:

Sulla copertina o pagina principale: un caracol con all’interno una stella rossa e la scritta: “Passaporto di lavoro zapatista”. In quarta di copertina o copertina posteriore: una stella rossa con dentro un caracol.

Sulla prima pagina si legge: “Questo passaporto è rilasciato dalle autorità civili autonome dei Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti e dalle Giunte di Buon Governo del Chiapas, Messico. È valido solo durante il periodo stabilito e nel luogo descritto. Questo documento è composto da 32 pagine e non è valido se presenta danneggiamenti, tagli, cancellature e modifiche”.

Nelle pagine 2 e 3 si trovano gli spazi per: foto del titolare, i suoi dati anagrafici, dati della Giunta di Buon Governo e del MAREZ che rilasciano il documento. Il Lavoro che dovrà svolgere. La data di emissione, il calendario e l’area geografica nella quale svolgerà il lavoro. Spazio per il timbro del MAREZ e JBG.

Alle pagine 4 e 5 sono stabilite le seguenti 7 limitazioni:

“1.- Il, loa o la titolare del presente passaporto non può e non deve richiedere o ricevere aiuti in valuta o in natura a vantaggio proprio o della sua famiglia, oltre a quanto strettamente necessario per svolgere il lavoro che gli è stato affidato.

2.- La, loa o il titolare di questo passaporto potrà svolgere unicamente il lavoro specificato in questo stesso documento.

3.- Loa, il o la titolare di questo documento ha il divieto di portare e usare armi da fuoco di qualsiasi tipo, e non può proporre, suggerire o incoraggiare alcuna attività che implichi o derivi nell’uso di armi da fuoco nel luogo in cui svolge il suo lavoro.

4.- La, loa o il titolare di questo documento può raccontare solo della nostra storia di resistenza e ribellione come popoli originari e come zapatisti, dopo adeguata preparazione e addestramento.

5.- Il, loa o la titolare del presente documento non può stabilire accordi o disaccordi per conto delle strutture organizzative e/o di comando politico-militare con persone, gruppi, collettivi, movimenti ed organizzazioni, oltre a quanto strettamente necessario all’adempimento del lavoro affidato.

6.- Le opinioni personali su questioni pubbliche e private che loa, il o la titolare di questo documento esprime, non solo non riflettono le posizioni zapatiste, ma possono anche essere completamente contrarie al nostro pensiero e pratica.

7.- La, il o loa titolare di questo documento deve comportarsi in ogni momento nel rispetto delle differenze di identità, sesso, credo, lingua, cultura e storia delle persone e dei luoghi nei quali viene realizzato il lavoro per il quale questo documento è rilasciato.

A pagina 6 si precisa: “Si conferma che la, loa o il titolare di questo documento ha ricevuto un corso di formazione (se ha imparato o meno, lo si vedrà nei fatti) a____ (spazio per inserire il nome del luogo)”.

A pagina 7 sono indicate le date di partenza e di arrivo: “La, loa, o il titolare di questo documento è partito dal territorio zapatista _____ (spazio per dettagli e timbri a metà pagina)”. La metà inferiore della pagina: “La, loa o il titolare di questo documento è rientrato in territorio zapatista: ____ (spazio per dettagli e timbri)”.

Le pagine successive sono bianche, in modo che le diverse persone, gruppi, collettivi, organizzazioni e movimenti dei diversi angoli dei mondi dissimili che visitano, siglino, firmino, decorino, timbrino, facciano disegni, graffino o qualsiasi cosa preferiscano fare affinché il, la o loa compa abbia una specie di guida su dove è stato, oltre agli appunti del suo quaderno, quando torna e racconta come è andata.

L’ultima pagina è per “Osservazioni:” (ad esempio eventuali allergie, disabilità o gusti musicali – sì, perché se ama la cumbia e fanno ballare un valzer, vi lascio immaginare…).

In fede.

SupGaleano.
Pianeta Terra, giugno 2021

https://vimeo.com/embed-redirect/562926264

Musica «Il lago dei cigni» di Cesar Acuña Lecca e Los Pasteles Verdes / Versión sonora: Heriberto Destructor

Testo originale: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/06/14/el-pasaporte-zapatista-hasta-pronto-portugal-ahi-vamos-galicia/

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Ulisse, zapatista

Juan Villoro

In lontananza, a oriente, le colonne d’Ercole – un tempo il limite del mondo conosciuto – guardavano stupite una montagna che arriva da occidente. Si conclude con queste parole il testo con cui il subcomandante Galeano annuncia al Chiapas e al mondo che la traversata dell’Atlantico è compiuta. Il veliero “La Montaña” è arrivato alle isole Azzorre, Portogallo, Europa. Mentre gli analisti politici ancora si industriano a stilare pigri e vuoti commenti sul responso delle urne messicane di domenica scorsa, il viaggio dell’Escuadrón 421 (4 donne, 2 uomini e un’altr@) è arrivato in porto. Si tratta di un viaggio a ritroso, come ricorda Juan Villoro in questo bellissimo testo, perché le zapatiste e gli zapatisti propongono di considerare il tempo in un altro modo. Altri calendari e altre geografie, dicono. Da sempre. Quel viaggio serve a restituire un significato pedagogico alla speranza: quel che è importante non si vede ancora ma crescerà, grazie all’incontro tra diverse ribellioni. Anche Ulisse dominava l’arte del ragionamento a ritroso, il suo destino era il ritorno e né l’elisir di Circe né il canto delle sirene riusciranno a impedirlo. Nel viaggio Ulisse allena la memoria a ricordare per poter poi raccontare. La sua memoria è una risorsa ribelle: registra il passato in funzione dell’avvenire, viaggia verso un orizzonte sconosciuto che, curiosamente, è un ritorno. Grazie a questo peculiare uso del tempo, dispone della più rara delle utopie, quella possibile. Sul loro insolito telaio, oggi le zapatiste e gli zapatisti disegnano qualcosa che ancora non esiste, un domani che acquisirà logica man mano che si definirà l’ordito

“Non sappiamo voi, ma se noi, noi zapatiste e zapatisti, fossimo pigri nel pensare, staremmo in un partito politico istituzionale», scriveva il 4 maggio 2015 il subcomandante Galeano. Le sue parole risuonano di fronte alle insensatezze e alla demagogia delle campagne elettorali del 2021. Campagne che avvengono tra le Tenebre, antiche reginette di bellezza e accoliti del narcotraffico. Tutti i partiti condividono uno stesso sintomo: pensare dà loro la fiacca.

Tra i loro numerosi contributi alla riflessione, gli zapatisti propongono di considerare il tempo in un altro modo. Le grandi idee possono venire dal futuro che si sa anticipare. In “La genealogia del crimine” (vedi qui a pag.278, ndr), Galeano propone di pensare a ritroso, da dietro in avanti; se il destino si presume con sagacia, immaginando dove andranno le cose, si può reagire adeguatamente prima che sia troppo tardi: in previsione del diluvio, Noè costruisce l’arca.

In modo simile, i detective affrontano a un esito per il quale devono scoprire gli antecedenti; a partire dal delitto ricostruiscono quanto accaduto in precedenza. Per spiegare il metodo, Galeano cita una fonte autorevole, Sherlock Holmes: “Sono poche le persone che, se si racconta loro un esito dei fatti, sono capaci di estrarre dal più profondo della propria coscienza i passaggi che hanno portato a quel risultato. A questa capacità mi riferisco quando parlo di ragionare a ritroso; vale a dire analiticamente”.

Alcuni mesi fa, questa strategia ha portato alla costruzione di una barca in legno nel Semillero Ramona per anticipare cosa sarebbe successo nel viaggio verso l’Europa. All’imbarcazione mancava solo un dettaglio: il mare intorno. E tuttavia, a partire da quel risultato, si sarebbe dovuto dedurre ciò che sarebbe poi dovuto accadere nell’oceano. Sulla terraferma, la nave prefigurava la navigazione. Era un’aula per imparare tutto ciò che è necessario per sopravvivere alla tempesta degli elementi e alle minacce ancora più gravi, come il vortice distruttivo della storia, che – ha avvertito Walter Benjamin – si suole spesso presentare con il nome ingannevole di “progresso”.

Ragionare a ritroso è un modo di prevedere con cognizione di causa, cioè di dare un significato pedagogico alla speranza. Non è casuale che l@s compañer@s del Chiapas abbiano deciso che gli incontri in cui fioriscono le loro idee si chiamino semilleros (che oggi si preferisce tradurre “semenzai”, ma anche “seminari” ha la stessa derivazione latina, ndt) Ciò che è importante è quel che non si vede ancora ma crescerà grazie a quell’incontro.

Nell’aprile 2015, in “La tormenta, la sentinella e la sindrome della vedetta ”, Galeano anticipava quanto accadrà nel maggio 2021. Menzionava la rilevanza del 3 maggio, “il giorno della semina, della fertilità, del raccolto, dal seme. È il giorno della Santa Croce […] il giorno in cui chiedere l’acqua per la semina e un buon raccolto”. In modo emblematico, è stato il giorno scelto per salpare: l’oceano come milpa, campo, per seminari futuri.

“Chi semina vento raccoglie tempesta” , recita la saggezza popolare. A 500 anni dalla caduta di Tenochtitlan, le piantagioni zapatiste si caratterizzano per la varietà dei loro frutti. La scelta dell’equipaggio (quattro donne, due uomini e un altr@) richiama la diversità, così come il nome della barca, La Montaña, che attraversa il mare alludendo a ciò che in mare non c’è. In controtendenza con il pensiero unico e le dispute binarie causate dalla polarizzazione, le zapatiste e gli zapatisti scommettono sulla complessità del molteplice.

Dove stanno andando? Verso un luogo lungamente anticipato in mare. Anche Ulisse, che i greci chiamavano Odisseo, dominava l’arte del ragionamento a ritroso. Non ci si poteva aspettare di meno da un re descritto come il più astuto del Mediterraneo. Durante il suo viaggio movimentato, Ulisse avrebbe potuto conformarsi al suo destino. Perché non si è fermato? Ha respinto le più diverse tentazioni: i fiori di loto allucinogeni, il canto seducente delle sirene, l’elisir di Circe, le profezie di Tiresia, l’immortalità offerta da Calipso sulla sua isola paradisiaca. Il suo destino immutabile era il nóstos, il ritorno a casa.

In “Dialettica dell’Illuminismo“, Adorno e Horkheimer descrivono Ulisse come il primo eroe moderno a causa della sua condizione extraterritoriale. È un esule che lotta per tornare a casa. I migranti e le persone costrette a fuggire da dove vivono del nostro tempo conoscono le tribolazioni che Omero aveva immaginato nel VII secolo a.C.

Ulisse si serve di astuti espedienti per superare gli ostacoli, ma la cosa più importante è che allena la sua capacità di ricordare per poterli raccontare. Quando incontra i mangiatori di loto, teme che l’effetto allucinogeno possa cancelare i suoi ricordi. In “Perché leggere i classici“, Italo Calvino segnala che il suo vero timore non consiste nel dimenticare il passato, ma il futuro, la storia che sta vivendo e che dovrà raccontare. Il presente importa nel suo essere completamente ricordato; le sue lezioni sono future; ritornano come un passato carico di significato. Secoli dopo, davanti allo stesso mare, Platone dirà che la conoscenza è una forma della memoria.

Riguardo al testo di Calvino, il poeta comunista Edoardo Sanguineti ha fatto notare che non bisogna dimenticare che Ulisse viaggia tornando indietro; cerca quindi di restaurare qualcosa, cosa che non implica una regressione, ma il compimento di un futuro, vale a dire di una “vera utopia”.

La memoria di Ulisse è una risorsa ribelle: registra il passato in funzione dell’avvenire, viaggia verso un orizzonte sconosciuto che, curiosamente, è un ritorno. Grazie a questo peculiare uso del tempo, dispone della più rara delle utopie, quella possibile. Sul loro insolito telaio, le zapatiste e gli zapatisti disegnano qualcosa che ancora non esiste, un domani che acquisirà logica man mano che si definisca l’ordito, fatto con fili che vengono da molto lontano, dalla tradizione che non dimentica il futuro.

L’odissea che hanno intrapreso gli zapatisti conferma il loro modo di guardare il mondo, un modo che accetta i rischi ed è portatore di cambiamento. Cinquecento anni di attesa li hanno trasformati in professionisti della speranza. Non viaggiano con intenzioni di vendetta, ma di apprendimento nella differenza.

Come Ulisse nel vecchio mare, passeranno attraverso le tentazioni delle isole incantate e lasceranno le loro tracce per tornare al punto di partenza.

Le lotte che durano non dimenticano il loro futuro.

25 maggio 2021

Fonte originale: Comunizar

Traduzione per Comune-info: Marco Calabria

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ISOLE AZZORRE, PORTOGALLO, EUROPA

11 giugno 2021

(Nota: calendario e tempo nella geografia del Messico).

Con il suo faccino incipriato, rinnovato e il ponte pulito, risistemate le vele – dopo aver lasciato Cienfuegos, Cuba – il 16 maggio La Montaña si è diretta ad Oriente. Ha costeggiato la spiaggia di Las Coloradas e, con la Sierra Maestra alla sua sinistra, è stata nuovamente accompagnata dai delfini convocati da Durito Stahlkäfer, che ha imprecato quando sono passati davanti all’aberrazione statunitense di Guantanamo. Di fronte ad Haiti le balene hanno salutato il suo passaggio e Durito e il Gatto-Cane sono sbarcati sull’isola di Tortuga adducendo qualcosa su un tesoro sepolto… o da seppellire. A supporto della squadra di supporto, Lupita, Ximena e Bernal hanno vomitato fraternamente, anche se credo avrebbero preferito supportare in altro modo. A Punta Rucia, Repubblica Dominicana, La Montaña si è tenuta a riposo e cauta a causa dei forti venti contrari. Il 24 maggio, all’alba e a vele spiegate (“per non spaventare il vento”, ha detto il capitano Ludwig), La Montaña si è diretta a nord. Ora sono state le orche a salutare La Montaña che lasciava le acque dei Caraibi. Tra il 25 e il 26 maggio, la nave schizofrenica – lei crede di essere una montagna – ha aggirato le Bahamas e il 27 si è diretta a Nordest, in mare aperto, Duc in Altum.

Il 4 giugno, superato il cosiddetto Triangolo delle Bermude, l’imbarcazione e il suo prezioso equipaggio si sono rivolti al sole che si affacciava ad oriente. Tra il 5 e il 9 giugno hanno navigato dove la leggenda colloca la superba Atlantide.

Sarebbero state le 22:10:15 del 10 giugno quando, tra le nebbie dell’alba europea, dalla coffa de La Montaña si riusciva ad intravedere la montagna sorella, Cabeço Gordo, sull’isola di Faial nell’arcipelago delle Azzorre, regione autonoma della geografia chiamata Portogallo, in Europa.

Sarebbero state le 02:30:45 dell’11 giugno quando la vista, “a due passi”, delle rive del porto di Horta ha inumidito gli occhi della nave e dell’equipaggio. Sulle montagne delle Azzorre erano le 07:30 del mattino di questo giorno. Sarebbero state le 03:45:13 quando una lancia dell’autorità portuale di Horta si è avvicinata a La Montaña per indicare dove avrebbe dovuto ancorare. Sarebbero state le 04:15:33 quando la nave avrebbe gettato l’ancora davanti alle altre montagne. Sarebbero state le 08:23:54 quando la barca della Capitaneria di Porto ha prelevato l’equipaggio da La Montaña per portarlo a terra per il test molecolare Covid (PRC), riportandolo poi sulla nave in attesa dei risultati. In ogni momento “l’Autorità Marittima” nel porto di Horta si è comportata con cortesia e rispetto.

L’equipaggio, passeggeri compresi, gode di ottima salute, “animato e felice, senza litigi, pettegolezzi o risse. (Nello Squadrone 421) si prendono cura l’un@ dell’altr@”.

È ora di informare chi altro, a parte l’equipaggio della Stahlratte e dello Squadrone zapatista 421, ha navigato in questo tratto. Per documentare il viaggio via mare ci sono María Secco, cineasta-fotografa indipendente, e Diego Enrique Osorno, reporter indipendente. Come squadra di supporto della delegazione zapatista c’è Javier Elorriaga.

Secondo gli usi e costumi zapatisti, queste 3 persone hanno dovuto, oltre a coprire le loro spese, presentare l’autorizzazione scritta delle loro famiglie, partner e prole. I documenti sono stati consegnati al Subcomandante Insurgente Moisés. Mogli, mariti, madri, figli e figlie hanno scritto e firmato le autorizzazioni di proprio pugno. Ho dovuto leggerle. C’è di tutto, dalle riflessioni filosofiche ai disegni dei bambini, alla richiesta precisa di una bimba di portarle una balena. Nessuno ha chiesto scarabei o cani-gatto, il che non so se sia un affronto o un sollievo. Nelle lettere infantili si scorge l’orgoglio che il padre o la madre dipendessero da un loro permesso (il classico zapatista: “le anatre sparano ai fucili”). Immagino che avrete l’opportunità di conoscere gli sguardi di María e Diego, i loro aneddoti, le riflessioni e l’apprezzamento del loro essere “in prima fila” (entrambi fanno cinema) in questo delirio. Altri sguardi sono sempre i benvenuti e rigeneranti.

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Quando la notizia si è diffusa nelle montagne del Sudest Messicano, le comunità zapatiste hanno inviato un messaggio all’equipaggio della Stahlratte, attraverso il loro capitano: “Grazie, siete fantastici”. Stanno ancora cercando di tradurlo in tedesco.

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Riflessione: il motto delle Azzorre è “Antes morrer livres que em paz sujeitos” (Meglio morire liberi che oppressi in pace).

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In lontananza, ad oriente, le colonne d’Ercole – che un tempo erano il limite del mondo conosciuto – guardavano stupite una montagna che arriva da occidente.

In fede.

SupGaleano.
11 giugno 2021

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/06/11/islas-azores-portugal-europa/

Video: https://vimeo.com/embed-redirect/561981756

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Domenica di voto in Messico, il 6 giugno. Oltre 96 milioni di persone sono chiamate a votare per decidere sindaci, governatori e soprattutto la nuova cameda dei deputati. L’Istituto elettorale nazionale (incaricato di organizzare e monitorare i processi elettorali in Messico) definisce le prossime elezioni come “le più grandi della storia” del paese. Gli occhi sono puntati sul risultato delle elezioni per la camera dei deputati, con Morena, il partito, fondato da Andres Manuel Lopez Obrador, e la coalizione a sostegno del presidente, che potrebbe perdere la maggioranza alla camera. Secondo Juan Villoro, scrittore e giornalista,  “il paese si prepara ad assistere alle elezioni più ridicole della sua storia”.

La campagna elettorale è stata segnata dal sangue, oltre 80 i candidati e le candidate uccise. Come sempre la stampa mondiale ha incolpato i narcos senza guardare alla promiscuità del potere nel paese, dove politica, forze di sicurezza, economie legali ed illegali vivono in una zona grigia fatta di scontri ma anche accordi nel controllo del territorio. Il voto locale e le sue tenzioni dimostrano come il Messico non sia uno stato fallito e come il controllo di ruoli di potere politico determino, a cascata, equilibri nell’estrazione di ricchezza dai diversi territori.

Il commento di Federico Mastrogiovanni, giornalista e docente all’Iberoamericana di Città del Messico Ascolta o scarica

RADIO ONDA D’URTO

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Delfini!

https://vimeo.com/embed-redirect/548694843

Delfini!

Maggio 2021

Sono stati momenti drammatici. Messo alle strette, tra il cordame e il parapetto, il piccolo insetto minacciava l’equipaggio con la sua lancia, mentre con la coda dell’occhio osservava il mare agitato, dove un Kraken, della specie “kraken scarabeo” – specialista nel mangiare coleotteri – era in agguato. Quindi, l’intrepido clandestino si è fatto coraggio, ha sollevato al cielo le sue molteplici braccia e la sua voce ha ruggito, sovrastando il rumore delle onde che si infrangevano sullo scafo de La Montaña:

Ich bin der Stahlkäfer, der Größte, der Beste! Beachtung! Hör auf meine Worte! (Io sono lo scarabeo d’acciaio, il più grande, il migliore. Attenzione! Ascoltate le mie parole!)

L’equipaggio si è fermato di colpo. Non perché un insetto schizofrenico li avesse sfidati con uno stuzzicadenti e un tappo di plastica. Né perché parlava loro in tedesco. Ma perché sentendo la loro lingua madre, dopo anni a sentire solo dello spagnolo costiero tropicale, li ha trasportati nella loro terra come per un raro incantesimo.

Gabriela avrebbe poi affermato che il tedesco dell’insetto era più vicino al tedesco di un migrante iraniano che al Faust di Goethe. Il capitano ha difeso il clandestino, sostenendo che il suo tedesco era perfettamente comprensibile. E, siccome dove comanda il capitano non governa Gabriela, Ete e Karl hanno approvato, ed Edwin, sebbene avesse capito solo la parola “cumbia”, è stato d’accordo. Quindi quello che vi sto narrando è la versione dell’insetto tradotta dal tedesco:

-*-

“L’esitazione dei miei aggressori mi ha dato il tempo di rifare la mia strategia difensiva, ricomporre la mia armatura (perché una cosa è morire in un combattimento impari e un’altra è farlo in disordine) e lanciare la mia controffensiva: una storia…

Qualche luna fa, sulle montagne del Sudest Messicano. Chi lì vive e lotta ha lanciato una nuova sfida per se stesso. Ma in quei momenti vivevano nell’ansia e nello sconforto perché non disponevano di un veicolo per la loro traversata. Così è stato fino a quando io, il grande, l’ineffabile, l’eccetera, Don Durito de La Lacandona A.C. de C.V. de (i)R. (i)L. sono arrivato in quelle montagne (le sigle, come tutti sanno, significano “Cavaliere Errante di Versatile Cavalcatura di Irresponsabilità Illimitata”). Non appena si è sparsa la voce del mio arrivo, una moltitudine di giovani donne, bambini di tutte le età e persino donne anziane, sono corse, vocianti e veloci, ad acclamarmi. Ma ho resistito e non ho ceduto alla vanagloria. Poi sono andato nelle stanze della persona incaricata della sfortunata spedizione. Per un attimo sono rimasto confuso: il naso impertinente di colui che faceva e rifaceva i conti impossibili per sostenere le spese della spedizione punitiva contro l’Europa, mi ricordava quel capitano che poi sarebbe stato noto come il SupMarcos, che ho guidato per anni e che ho educato con la mia saggezza. Ma no, anche se simile, chi si fa chiamare SupGaleano ha ancora molto da imparare da me, il più grande dei cavalieri erranti.

Alla fine, non avevano un’imbarcazione. Quando ho messo la mia nave a disposizione di quegli esseri, il suddetto Sup, sarcasticamente mi ha risposto: “ma lì c’è posto solo per uno, e deve anche essere molto piccolo, ed è… una scatola di sardine!”, così riferendosi alla mia fregata, il cui nome, “Pon tus barbas a remojar” [proverbio popolare: Impara dagli errori degli altri – N.d.T.] era inciso a babordo, all’altezza della prua. Ho ignorato tanta impertinenza e, camminando tra la folla che anelava un mio sguardo, almeno una parola, mi sono diretto verso l’isola “Senza nome” scoperta da chi questo narra nel 1999. Ed ora sì, sulla sommità della sua coffa alberata, ho aspettato pazientemente l’alba.

Ho quindi maledetto l’inferno, evocato dee da tutte le latitudini chiamando la più potente tra loro: la strega scarlatta. Lei, la disprezzata dagli altri dei, dediti al machismo fanfarone e da spettacolo. Lei, scacciata dalle altre dee, dedite alla falsa bellezza di belletti e cosmetici. Lei, la strega scarlatta, la strega mayor: Oh, die scharlachrote Hexe! Oh, die ältere Hexe!

Sapendo che le possibilità per questi strani esseri, che si fanno chiamare zapatisti, di ottenere una barca dignitosa erano esigue, sapevo bene che solo il più potente dei poteri magici poteva tirarli fuori dai guai e mantenere la parola data. Ergo, ho chiamato la strega mayor, quella con le vesti purpuree, che può alterare la possibilità che qualcosa accada. Lei ha fatto conti su conti ed è arrivata alla conclusione che, in effetti, la probabilità di recuperare un’imbarcazione era quasi zero. Così ha detto:

Ma non posso fare nulla se non c’è una petizione. E non una petizione qualsiasi. Deve essere fatta da un Titano, un essere grande e magnanimo che di buon grado soccorra chi ha bisogno di un evento magico”.

E chi meglio di me?, ho ruggito sonoramente. La signora dalla veste cremisi ha sollevato la mano chiedendo il mio silenzio. “Non è tutto,” ha sussurrato. “È necessario che questo Titano rischi la sua vita, la sua fortuna e la sua reputazione nell’odissea che questi esseri intendono intraprendere. Cioè, che li accompagni con il suo incoraggiamento e bontà e, insieme a loro, sebbene non al loro fianco, affronti sfide e dolori. Questo è, sarà e non sarà”.

Ero d’accordo, perché la mia unica fortuna sono le mie imprese, rischio la mia vita solo esistendo e, beh, la mia reputazione è nota nelle cantine di tutto mondo.

Quindi la sorella strega ha fatto quello che si fa in questi casi: ha acceso il suo computer, si è collegata a un server in Germania, ha digitato non so quale incantesimo, ha modificato un grafico di probabilità e ha aumentato la percentuale da quasi zero al 99,9%, ha digitato di nuovo e un ronzio della stampante ha rivelato la carta che ne usciva. Non senza prima aver apprezzato la modernizzazione tra la corporazione delle streghe scarlatte e simili, ho preso la nota. C’era solo una sola frase:

“Se il titano è d’acciaio, trovi il suo simile, da cui dipende il mancante”.

Cosa significava? Dove avrei potuto trovare qualcosa o qualcuno, non dico simile, ma diciamo lontanamente vicino alla mia grandezza? Di Titani non ce ne sono molti. In effetti, secondo la wikipedia in basso e a sinistra, sono l’unico a prevalere. Poi “d’acciaio”. L’uomo d’acciaio?, dubito; non credo che la strega scarlatta abbia raccomandato un maschio. Quindi una femmina o una femmina d’acciaio.

Ho camminato a lungo. Ho viaggiato dalla Patagonia alla lontana Siberia. Ho incrociato le strade con il degno Mapuche, ho gridato con la Colombia insanguinata, ho attraversato la dolente ma persistente Palestina, ho attraversato i mari macchiati dal nero dolore dei migranti, e ho ripercorso i miei passi credendo erroneamente di aver fallito nella mia missione.

Ma, sbarcato nella geografia che chiamano “Messico”, qualcosa ha attirato la mia attenzione. Sulle acque turchesi una nave subiva le riparazioni e i rattoppi da parte del suo equipaggio. “Stahlratte” si leggeva sulla fiancata. Dal momento che ho incontrato la strega scarlatta nella Germania in basso, e che quella parola significa “ratto d’acciaio” nella sua lingua, ho deciso di tentare la fortuna. Ho aspettato, con saggia pazienza, che la notte e le ombre riparassero la solitudine della nave. Ho abilmente risalito la prua e, costeggiando il lato di dritta, sono arrivato dove si trova il centro di comando o di governo della nave. Qui, un uomo imprecava in lingua tedesca con maledizioni e bestemmie che avrebbero rattristato l’inferno stesso. Qualcosa diceva del dolore di lasciare i mari e le avventure. Seppi allora che la nave stava contando i suoi ultimi giorni e il suo capitano e l’equipaggio avevano incubi pensando ad una vita a terra. Le streghe scarlatte di tutto il mondo cospiravano a mio favore e per buona fortuna. Ma tutto dipendeva da me, lo scarabeo d’acciaio inossidabile, il più grande dei cavalieri erranti, ecc., per trovare “il mancante”. Ho quindi aspettato che il capitano smettesse di lamentarsi e imprecare. Quando ha smesso e solo un singhiozzo gli si è smorzato in gola, sono salito sul timone e guardandolo negli occhi ho detto: “Io Don Durito, tu chi?”. Il capitano non ha esitato a rispondere “Io capitano, tu clandestino” mentre brandendo un giornale o una rivista minacciava di sopprimere la mia bella e leggiadra figura. Allora, con voce potente mi sono presentato. Il capitano ha esitato restando in silenzio con il giornale o la rivista in mano.

Poi, sono bastate poche frasi per capire che eravamo persone di mondo, avventurieri per vocazione e scelta, esseri disposti ad affrontare qualsiasi sfida per quanto imponente e terribile potesse essere.

Ormai in confidenza, gli ho raccontato la storia di un’odissea in corso, qualcosa che avrebbe poi riempito gli annali delle storie a venire, il più pericoloso e ingrato dei compiti: la lotta per la vita.

Mi sono prodigato in dettagli, gli ho parlato di una barca costruita in mezzo alle montagne, senza altra acqua che quella della pioggia a darle vocazione e ragion d’essere. Gli ho parlato di chi aveva deciso di abbracciare tanta audacia, di leggende su una montagna che rifiuta la prigione dei suoi piedi per terra, di miti e leggende maya per voce delle loro origini.

Il capitano si è acceso una sigaretta, me ne ha offerta uno che ho dovuto rifiutare tirando fuori la mia pipa. Abbiamo così condiviso il fuoco e il fumo del tabacco.

Il capitano è rimasto in silenzio e, dopo qualche boccata, ha detto qualcosa del tipo: “Per me, sarebbe un grande onore unirmi a una causa così nobile e folle”. Ed ha aggiunto: “Adesso non ho un equipaggio, perché ci stiamo ritirando, ma sono sicuro che donne e uomini si avvicineranno solo per il fascino di questa storia. Vai dai tuoi e di’ loro di contare su ciò che siamo, esseri umani e navi”.

Terminato il mio racconto, mi sono rivolto a chi minacciava di gettarmi in mare: “Ed è così come voi, comuni mortali, vi siete imbarcati in questa avventura. Quindi lasciatemi in pace e tornate al vostro lavoro e doveri, che io devo vigilare che il Kraken lasci in pace la nostra casa e il nostro cammino. Per questo ho chiamato amici pesci che lo terranno assente”.

-*-

Ed ecco che in quel momento qualcuno sul ponte grida “Delfini!” e tutt@ sono saliti sul ponte armati di macchine fotografiche, cellulari o solo dei loro occhi stupiti.

Nella confusione, Durito, il più grande dei Titani, l’unico eroe a livello dell’arte, complice di maghi e streghe, è sgusciato via e si è arrampicato, ora sì, sulla Coffa e da lì ha intonato canzoni che, giuro, venivano replicate dai delfini che, tra onde e sargassi, hanno ballato per la vita.

-*-

Più tardi, a cena, il capitano ha confermato la storia dell’insetto. E da quel momento l’insetto ha smesso di essere “l’insetto” e viene chiamato, a partire da quell’evento, “Durito Stahlkäfer“, “Durito, lo Scarabeo d’Acciaio“.

“Una tacca in più alla cintura”, avrebbe detto il defunto SupMarcos, tre metri sottocoperta, ehm, volevo dire, sottoterra.

Ora, con cameratismo, Gabriela corregge la pronuncia tedesca di Stahlkäfer; sulla spalla di Ete, Durito sale in cima all’albero maestro; accompagna Carl quando prende il timone e lo diverte con storie terribili e meravigliose; sulla testa di Edwin lo guida nello spiegamento e nell’abbassamento delle vele; e la mattina presto condivide con il capitano Ludwig il tabacco e la parola.

E quando il mare infuria e il vento aumenta il suo lussurioso corteggiamento, il più grande esemplare della cavalleria errante, Stahlkäfer, intrattiene lo Squadrone 421 raccontando leggende incredibili. Come quella che racconta l’assurda storia di una montagna che si è fatta nave per la vita.

In fede.

SupGaleano
Pianeta Terra

Nota: Il video dei delfini chiamati da Stahlkäker è stato girato da Lupita, perché il team di supporto della Commissione Sexta, incaricato di tale missione, era impegnato… a vomitare. Sì, con pena degli altri. Ora la missione dello Squadrone 421 è supportare il team di supporto. E dobbiamo ancora attraversare l’Atlantico (sigh).

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale, video e foto: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/05/12/delfines/

https://vimeo.com/embed-redirect/548694843

Musica: «La Bruja», jarocho interpretat da Sones de México Ensamble, con Billy Branch.Immagini: parte della traversata de La Montaña, arrivo e sbarco a Cienfuegos, Cuba; e riunione dello Squadrone 421 per guardare la pagina di Enlace Zapatista.

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IN MARE

IN MARE

Maggio 2021

Pensando ai suoi passeggeri, come di dovere, il capitano Ludwig ha consigliato di partire il 2 nel pomeriggio. Le ondate previste per il giorno 3 avrebbero fatto soffrire i/le nuov@ velist@ più del necessario. Ecco perché il capitano ha proposto di anticipare la partenza alle ore 16:00 del secondo giorno del quinto mese.

Il subcomandante Insurgente Moisés gli ha dato ascolto ed ha acconsentito. Quindi, ora che è consuetudine usare la parola “storico” per qualsiasi cosa, è la prima volta che lo zapatismo ha fatto qualcosa di programmato prima di quando annunciato (di solito ci impicciamo e partiamo tardi). Ergo: è qualcosa di storico nello zapatismo.

Lo Squadrone 421 è quindi partito alle 16:11:30 del 2 maggio 2021. Qui presentiamo due diversi rapporti sullo stesso tratto di navigazione.

Rapporto dello Squadrone 421 all’Alto Comando Zapatista:
Itinerario della nave La Montaña. Le ore sono indicate all’ora ufficiale di Città del Messico, Messico (UTC -5).

2 maggio 2021. Alle 16:11:30 La Montaña ha iniziato il suo viaggio a una velocità di circa 4 nodi (1 nodo = 1.852 km/h). Alle 16:21:30 si è diretta a Sud-Sudest e, alle 17:23:04 La Montaña ha iniziato una leggera virata verso est. Alle 17:24:13 sono iniziate le manovre per dispiegare tutte le sue vele. L’equipaggio, con il supporto dello Squadrone 421, issava le vele. Alle 17:34 ha continuato la virata e si è diretta a Est. Ha completato la curva alle 17:41 tenendo a Nord la punta sud di Isla Mujeres. Allora si è diretta a Nordest, in direzione del Primo Territorio Libero d’America: Cuba. Con il vento a favore, La Montaña ha mantenuto velocità tra gli 8 ei 9 nodi. Alle 23:01, è entrata nel “Canale dello Yucatan”, la sua velocità era di 6 nodi.

3 maggio. Mattino presto.
Alle 01:42 con una velocità di 8 nodi, La Montaña si avvicina alla costa di Cuba. Riferimento: Cabo de San Antonio. Alle 08:18:00, poche miglia a sud del Faro Roncali, si dirige a Sudest. Velocità: 5 nodi. Alle 10:35:30 svolta in direzione Nord-Nordest. La velocità sale a 7 e 8 nodi e le raffiche di vento strapazzano le vele. A poche miglia a Sudovest di Cabo Corrientes, il Capitano decide di entrare nell’omonima baia. Alle 13:55 costeggia, a sinistra, Punta Caimán. Il 3 maggio, alle 14:25:15, il Capitano decide di gettare l’ancora davanti alla località cubana di “María la Gorda”; latitudine 21.8225; longitudine: 84,4987; per riparare le vele danneggiate e attendere che il vento si plachi.

Il 4 maggio 2021, alle 16:55:30, La Montaña riprende la sua navigazione, ora in direzione Ovest-Sudovest, con una velocità di 6 nodi. Alle 17:45:30, all’altezza di Cabo Corrientes, si dirige a Sud-Sudest. Alle 19:05:30 vira in direzione Est-Nordest.

Alle 00:16:15 del 5 maggio La Montaña naviga a 7-8 nodi. Alle 04:56:30, tenendo a Nord Cayo Real e Cayo del Perro, il motoveliero si dirige verso Sud-Sudest. Di fronte alla costa occidentale di Isla de la Juventud, disegna due “Z” successive e alle 12:07:00 naviga parallela alla costa sud dell’isola suddetta, a 5 nodi e in direzione Est. L’ultimo rapporto ricevuto è alle 23:16:45 del 5 maggio: 6-7 nodi direzione Est. Si dirige verso la città cubana e al porto di Cienfuegos, per arrivare lì il 6 maggio.

A Cienfuegos, La Montaña dovrà fare rifornimento e sostare per alcuni giorni, per poi proseguire il suo viaggio. Si riporta che lo Squadrone 421, nel suo insieme, sta bene e si sta adattando. Niente “gómitos” ma solo lieve nausea.

Per ora è tutto.

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Rapporto inviato da un essere straordinariamente simile ad uno scarabeo – che viaggia clandestinamente su La Montaña -. I membri dell’equipaggio hanno provato di tutto per catturarlo. Non ci sono riusciti. Le volte in cui sono riusciti a metterlo all’angolo, il piccolo insetto li strega con storie e leggende di cose terribili e meravigliose, storie che sono successe e devono ancora accadere. Quando l’equipaggio esce dalla trance, lo scarabeo è tornato sulla Coffa della nave e, da lì, declama poesie in varie lingue, lancia minacce e maledizioni e sfida la Idra con uno stuzzicadenti a forma di lancia e un tappo di plastica di qualche bibita come scudo. Qui la narrazione:

“Più che navigare, La Montaña sembra ballare sul mare. Come in un lungo e appassionato bacio, si è staccata dal porto e si è diretta verso una meta incerta, piena di sfide, scommesse, minacce e non pochi contrattempi.

Una cumbia l’accompagna, le segna il passo e la distanza. Il sole si ferma stupito per guardare meglio i fianchi che ancheggiano a ritmo. La luna, pallida di invidia e rabbia, perde il passo con l’ultimo sensuale agitar di palme.

Un vento lascivo, satiro di nubi e raffiche, inseguiva La Montaña, ammaliato dal dondolio della poppa. La cumbia non faceva nulla per placare i desideri e le ansie, in più li incoraggiava e così crescevano e aumentavano. Goffo e frettoloso, da amante novizio, il vento arrischiò, irrequieto di lussuria, una manata. Così strappava le vele, scurite a forza di sale e acqua, con le quali la nave protegge il suo prezioso carico.

Pudica, La Montaña, cercava segretezza e discrezione per riparare i suoi abiti. E così rifletteva: “Il vento deve imparare che l’appetito e le voglie devono essere reciproci, o saranno un furto e non amore, come lo chiamano”.

Rivestita, La Montaña ha ripreso il suo corso e la sua missione, non senza prima rimproverare il vento che, rattristato, furtivo e timido, ora la segue, ma che, con ostinazione marina, la riempie di complimenti.

Che abbandoni il suo pudore, la supplica. Che le vele cadano e che si mostri nuda anche se il suo splendore gli ferisce lo sguardo, supplica. Quella nudità non pecca se è coperta da un’altra nudità, sostiene.

La Montagna, degna e altezzosa, non cede. Ferma e tenera lo respinge. “Nemmeno se riposassi in porto e in porto riprendessi le forze”, dice La Montaña. E con la prua indica e dice: “Guarda quell’altra isola che sente la nostra speranza e chiamano Cuba. È da questa Montaña che salutano quelle montagne esseri anacronistici la cui attuale sfida è solcare il mare”.

Irritata, l’imbarcazione rimprovera il vento. Che la smetta di frugare sotto le gonne, che a volte basta uno sguardo per scatenare il desiderio. Allora il vento si trattenne, ma non risparmiò sospiri che sospingevano l’andare del naviglio.

E così La Montaña naviga, il vento la segue promettendo dei domani.

A Est cresce l’attesa e, con essa, la speranza.”

Firma: Don Durito de La Lacandona, alias “Black Shield“, alias “Durito“, alias “Nabucodonosor“, alias “Scarabeo impertinente“, alias “Riparatore di Torti“, alias “il grande, che dico ‘grande’, il gigante, il meraviglioso, il superlativo, l’iper-mega-plus, il supercalifragilisticochespiralidoso, l’unico, l’incomparabile, lui. Lui, Don Durito de La Lacandona!“, alias (seguono diversi volumi dell’enciclopedia degli attributi del “più grande dei cavalieri erranti”- la maggior parte di questi, elaborati dal suddetto-).

E aggiunge un lontano post scriptum del lontano e defunto SupMarcos: “La speranza è come un biscotto: non serve a niente se non ce l’hai dentro”.

-*-

Da parte mia, mi dissocio da tutto quanto sopra. Soprattutto dal rapporto dell’insetto.

Vale. Saluti e che imbarcazione e venti si alleino alla missione.

Il SupGaleano, ritmando la musica della cumbia come se la navigasse.
Pianeta Terra.
Maggio 2021

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale e foto: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/05/06/sobre-el-mar/

«Viento en espiral», composizine di Jesús G. Camacho Jurado. Interpretat da PsiqueSon.

“Cumbia sobre el mar”: Parole e musica di Rafael David Mejía Romani. Canta: Quantic, Flowering Inferno.

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Nell’ottobre 2020 l’EZLN ha annunciato che una delegazione messicana composta dal CNI-CIG, dal Fronte del Popolo in Difesa della Terra e dell’Acqua di Morelos, Puebla e Tlaxcala, e dall’EZLN viaggerà in Europa per incontrare ciò che unisce popoli così lontani e diversi. Inizia così un cammino condiviso in tutto il Mondo e come collettivi europei ci stiamo organizzando per riceverla. Contribuisci con una libera donazione direttamente sul conto di LAPAZ ITALIA: Causale: “Contributo Viaggio Zapatista Italia” – IBAN:  IT89P0501801600000017030529 c/o Banca Popolare ETICA filiale 1 ag. 02 di Milano

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Luca Martinelli Pochi giorni fa in America Latina è entrato in vigore un accordo, patrocinato dalle Nazioni Unite, che dovrebbe favorire e promuovere la protezione dei difensori dell’ambiente e dei diritti umani. In #Messico in questi giorni cade l’anniversario numero 15 della violenza di Stato scesa contro le proteste degli abitanti di Atenco che non volevano il nuovo aeroporto di Città del Messico sui terreni fertilissimi dove coltivano fiori. In quei giorni ci furono 2 morti, oltre a violenze (anche sessuali) indicibili. In Messico in questi giorni altri due difensori sono stati assassinati. Erano una coppia. Lottavano contro una miniera. Gli accordi – per quanto siano storici – restano sulla carta se non cambia(mo) il sistema economico: il capitalismo estrattivista è assassino.

Assassinato un ex commissario ejidale de El Bajío, Sonora. Si opponeva alla miniera Penmont ed aveva subito minacce.

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L’Arrembaggio

Dal quaderno di appunti del Gatto-Cane:

L’Arrembaggio

La Montaña è stata abbordata il 30 aprile 2021, essendo quella l’ora. La nave era ancorata a circa 50 braccia dal porto, “lontano dal trambusto e dalla falsa società”. Ridenti gabbiani, cormorani, fregate, ibis le volteggiavano intorno e persino un colibrì candido e smarrito cercava di fare un nido sulla piattaforma di prua. Nello scafo, sotto la linea di galleggiamento, i delfini tamburellavano una cumbia, uno squalo balena teneva il ritmo con le sue pinne e la manta distendeva le sue nere ali come fianchi volteggianti.

Il gruppo dei bucanieri era guidato dal Subcomandante Insurgente Moisés, il quale, con una truppa composta da una insurgenta tercia, un autista insurgente e un meccanico, un autista base, 5 terci@s, una comandanta e due comandanti, era presente per salutare la delegazione marittima, Squadrone 421, e controllare, in situ, che l’imbarcazione avesse ciò che era necessario per l’epopea nautica. Un team di supporto della Commissione Sexta assisteva per scrivere i necrologi dei caduti in azione.

Non c’è stata resistenza da parte dell’equipaggio. Il capitano aveva infatti precedentemente ordinato di issare, come albero di trinchetto, una grande vela con l’immagine che identifica la delegazione marittima zapatista, aggiungendo così La Montaña, incluso tutto l’equipaggio, alla lotta per la vita. Con gli alberi nudi, il simbolo del delirio zapatista scintillava impetuoso.

Quindi, diciamo che è stato un arrembaggio consensuale. Nessun tentativo di aggressione da parte delle truppe zapatiste, né della marineria ospite. E si potrebbe dire che tra noi e le/i marina@ de La Montaña c’era una sorta di complicità. Anche se, al primo approccio, erano sorpres@i quanto noi.

E saremmo rimasti lì, a fissarci immobili, se non ché, avanzando da poppa, un insetto straordinariamente simile a uno scarabeo ha gridato: “All’Arrembaggio! Se sono tanti, scappiamo! Se sono pochi, ci nascondiamo! E se non c’è nessuno, avanti, che siamo nati per morire!”. Questo è quello che ha deciso tutto. L’equipaggio guardava sbalordito il piccolo insetto e noi… non sapevamo se scusarci per l’irruzione o unirci all’attacco dei pirati.

Il subcomandante Insurgente Moisés ha ritenuto che fosse il momento opportuno per le presentazioni, quindi ha detto: “Buon pomeriggio. Il mio nome è Moisés, Subcomandante Insurgente Moisés, e loro sono…” Ma quando si è voltato per presentare la truppa, il SubMoy ha visto che non c’era nessuno.

Tutti stavano girando sulla nave con mal celate dimostrazioni di giubilo ed entusiasmo: le compagne delegate, come regine del Caribe, salutavano da babordo le barche piene di turisti che le guardavano con curiosità e scandalo, forse sorpresi che, con questo caldo , le compas indossassero gonne lunghe. Soprattutto perché le turiste indossavano bikini così ridotti da non credere. Marijose è andata a prua e da lì contemplava la casa di Ixchel, pensando tra sé e sé che non avrebbe indossato i suoi iper ultra mini shorts, perché non voleva umiliare le cittadine in quanto a sensualità.

I comandanti David e Hortensia davano le ultime raccomandazioni a una Lupita con il sorriso che le debordava dalla mascherina. Il comandante Zebedeo si ripeteva: “non devo vomitare, non devo vomitare”, che è l’antiemetico consigliato dal SupGaleano.

L@s tercios (4 uomini, una compa e una insurgenta), dal canto loro, facevano foto e video di tutto. E quando dico “di tutto”, è proprio di tutto. Quindi, non stupitevi se nelle foto compaiono solo lucernari, funi, catena dell’ancora, verricello, boe, teloni, secchi per drenare l’acqua e altre cose tipiche di una nave che sta per attraversare l’Atlantico nella nobilissima missione di invadere, voglio dire, conquistare, cioè, visitare l’Europa.

Marcelino e il Monarca hanno chiesto della sala macchine e, non so da dove, hanno tirato fuori una cassetta degli attrezzi e, con pinze e cacciaviti, sono andati dove pensavano che dovesse essere il motore perché, hanno spiegato ad un capitano attonito, dal rumore si deduceva che necessitava di regolazione. Bernal e Felipe (sostituto di Darío – che è dovuto restare a terra per il passaporto dei figli -, 49 anni, originario Tzeltal; parla fluentemente tzeltal e la castilla; padre di 4: il maggiore di 23 anni e il più giovane di 13 anni; è stato miliziano, sergente, responsabile locale, consigliere autonomo nel MAREZ, giunta di buon governo, insegnante della escuelita e autista; musica preferita: romantica, rancheras, banda, cumbia, rivoluzionaria; colori preferiti: nero, blu e grigio; si è preparato per 6 mesi come delegato; volontario per viaggiare in barca se qualcuno non poteva; esperienza marittima: nulla), si sono uniti alla squadra meccanica zapatista (nel caso che, in alto mare, ci fosse bisogno di riparazioni).

L’equipaggio de La Montaña, una volta ripresosi dallo sconcerto di un arrembaggio così altro, si è strategicamente distribuito in coperta, prevedendo che l’esaltazione zapatista sarebbe sfociata con uno di noi in mare.

Se questo fosse accaduto, eravamo preparati, che vi credete. Per la composizione della delegazione, la sera prima si è discusso di come gridare se ciò fosse accaduto: “uomo in mare” o “donna in mare” o “otroa in mare” o “tercio in mare” o “autista in mare” o “scarabeo in mare”, e così via. Il problema era che, per sapere cosa gridare, il SubMoy doveva prima prendere la lista e vedere chi mancava, e poi dare l’ordine di “panico sottovento” (che la delegazione aveva simulato fino alla perfezione durante l’addestramento nel Centro di Addestramento, area Naufragi e Affondamenti) affinché tutt@ gridassero. Poiché i secondi che si sarebbero persi (nella realtà, perché nelle simulazioni erano lunghi minuti) potevano essere decisivi, si è deciso di gridare “Zapatista in mare!”. Ciò non è accaduto, cosa che ha liberato il gruppo corsaro maya (permesso in regola nelle Giunte di Buon Governo zapatiste) da burle e scherni su di loro al Bar la Mota Negra, a Copenaghen, in Danimarca.

L’equipaggio presto è stato contagiato dall’entusiasmo zapatista e, nonostante fossero marinai con anni di esperienza nelle acque dell’oceano, guardava ora, attraverso lo sguardo zapatista, un mare che, calmo, celebrava una visita così inaspettata, rassegnato come prima all’impertinenza dei turisti di tutto il mondo. Il capitano dell’imbarcazione ha portato il SubMoy nella cabina di comando e l’ha messo al timone, mentre l@s tercios scattavano foto… dell’acqua (quindi ci saranno tante e tante foto di un mare vuoto).

La delegazione marittima zapatista, lo Squadrone 421 vero e proprio, da parte sua, è passato dall’entusiasmo alla cautela e ha sommerso l’equipaggio di domande sensate: “E se cade un fulmine e la nave si rompe, cosa facciamo?”. “E se si apre un buco e tutta l’acqua sparisce, dobbiamo camminare?”. “E voi come fate a mangiare se non avete la milpa?”. “E come fa il vento a sapere che stiamo andando di là?”. “E dove dorme il mare se ha sonno?”. “E se il cuore del mare è triste, come fa a piangere?”. “Quanto è grande il suo cuore per amarlo e consolare il mare che è grandissimo?”. “E, come noi difendiamo la terra, c’è qualcuno che difende il mare?”.

L’equipaggio de La Montaña composto da: il Capitano Ludwig (Germania), Edwin (Colombia), Gabriela (Germania), Ete (Germania) e Carl (Germania), si guardava perplesso e si diceva: “In welche Schwierigkeiten bin ich geraten?” (tranne Edwin, che in spagnolo pensava: “Accidenti, in quale guaio mi sono cacciato”).

-*-

E l’insetto? Ebbene, prevedendo che avrebbero cercato di buttarlo in mare (nonostante “avesse capeggiato l’arrembaggio con impareggiabile coraggio, grazia e bellezza” – così ha detto lui -), si è arrampicato in cima alla coffa e, da lì, ha declamato in un impeccabile galiziano:

Volverei, volverei á vida

cando rompa a luz nos cons

porque nós arrancamos todo o orgullo do mar,

non nos afundiremos nunca máis

que na túa memoria xa non hai volta atrás:

non nos humillaredes NUNCA MÁIS.” (*)

A oriente, in lontananza, le onde sulle coste della Galizia ripetevano: “nunca máis”.

In fede.

Il Gatto-Cane.

Ancora in Messico, Maggio 2021

(*) Parole della canzone “Memoria da Noite” del gruppo galiziano Luar Na Lubre.

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale, foto e video: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/05/01/el-abordaje/

Musica: Frammento di «Aires Bucaneros». Parole del poeta Luis Palés Matos. Musica: Roy Brown.

Musica: Memoria da Noite. Parole: Xabier Cordal. Musica: Bieito Romero. Interpreta: Luar Na Lubre, con le voci di Rosa Cedrón e il maestro Pedro Guerra.

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Dal quaderno di appunti del Gatto-Cane:

Ieri: La teoria e la pratica.

Un’assemblea in un villaggio in una delle montagne del sud-est del Messico. Devono essere i mesi di luglio-agosto di un anno vicino, con la pandemia di coronavirus che si impadronisce del pianeta. Non è una riunione qualsiasi. Non solo per la follia che la convoca, anche per l’evidente distanziamento tra sedia e sedia, e perché i colori delle mascherine sono opachi dietro lo schermo delle maschere trasparenti.

Ci sono i leader politico-organizzativi dell’EZLN. Ci sono anche alcuni leader militari, che restano in silenzio a meno che non si chieda loro di parlare su un punto preciso.

Sono molti di più di quanto si poteva supporre. Ci sono almeno 6 lingue originarie, tutte di radice Maya, e usano lo spagnolo o “la castilla” come ponte per capirsi.

Molti dei presenti sono “veterani”, erano nella sollevazione iniziata il 1 gennaio 1994 quando, armi in pugno, scesero nelle città insieme a migliaia di altre compagne e compagni, come una in più, uno in più. Ci sono anche “i nuovi”, uomini e donne che sono si sono inseriti nella dirigenza zapatista dopo molto apprendistato. La maggior parte dei “nuovi” sono “nuove”, donne di tutte le età e di diverse lingue.

L’assemblea stessa, il suo svolgimento, i suoi tempi, i suoi modi, riproduce le assemblee che si tengono nelle comunità. C’è qualcuno che coordina la riunione e che dà la parola e indica gli argomenti da discutere che sono stati concordati in precedenza. Non c’è limite di tempo per ogni intervento, cosicché il tempo qui acquisisce un altro ritmo.

Qualcuno, in questo momento, sta raccontando una storia o un racconto o una leggenda. A nessuno importa se ciò che viene narrato è un fatto reale o una finzione, ma ciò che viene detto con attraverso questo mezzo.

Questa è la storia:

Un uomo zapatista sta camminando in un villaggio. Indossa i suoi abiti migliori e il suo cappello nuovo perché, dice, cerca una fidanzata. Il narratore imita il passo e i gesti che ha visto in qualche film che circolava durante il Festival del Cinema “Puy Ta Cuxlejaltic”. L’assemblea ride quando, chi racconta la storia, fa il tono del Cochiloco (interpretato da Joaquín Cosío in “El Infierno”. Luis Estrada, 2010), e si toglie il cappello per salutare una donna immaginaria che passa con un mulo immaginario che porta legna immaginaria. Il narratore mescola lo spagnolo con una delle lingue maya, cosicché nell’assemblea, senza interruzioni, si traducono a vicenda.

Chi racconta la storia ricorda che è il tempo del mais, l’assemblea conferma. La narrazione continua:

L’uomo con il cappello incontra un conoscente, si salutano. “Ehi! Non ti avevo riconosciuto con quel cappello e così elegante”, dice il conoscente. L’interpellato risponde: “È che sto cercando una mia fidanzata”. E l’altro: “E come si chiama la tua fidanzata e dove vive?” Quello con il cappello: “Non lo so”. L’altro: “Come fai a non saperlo?”. Il cappello: “Beh, ecco perché ho detto che la sto cercando, guarda che l’ho già trovata perché conosco il suo nome e dove abita”. L’altro valuta per un secondo quella logica contundente e annuisce in silenzio.

È il turno del cappello: “E tu cosa fai?” L’altro risponde: “Sto piantando mais perché voglio le pannocchie”. Il cappello tace un attimo mentre guarda l’altro che, con un manico di scopa fa dei buchi in mezzo alla strada sterrata. Il cappello: “Ehi compare, con tutto il rispetto, ma sei abbastanza stupido”. L’altro: “e perché? Se ci sto dando dentro perché sono determinato a mangiare mais”.

Quello con il cappello si siede, accende una sigaretta e la passa all’altro, e se ne accende un’altra. Non sembrano avere fretta: né quello con il cappello per trovare la sua ragazza, né l’altro per mangiare il mais. Il pomeriggio si allunga e, a morsi, toglie alla notte un po’ di luce. Non piove ancora, ma il cielo comincia a spargere nuvole grigie per coprirsi. La luna si annida dietro gli alberi. Dopo un lungo silenzio, il cappello spiega:

“Bene, guarda, compare. Vediamo se mi capisci: in primo luogo si tratta del terreno. In questo acciottolato il mais non attecchirà. Il seme morirà sotto il calpestio e non ci sarà dove mettere radice. Il seme morirà. E poi la tua scopa, che usi come una zappa, ma la scopa è una scopa, e la zappa è una zappa, ecco perché la povera scopa è già tutta a pezzi.

Il cappello prende la scopa, controlla le toppe che l’altro ha fatto con nastro adesivo e corda, e continua: “Se ti vedesse mia madre a danneggiare così la sua scopa, ti caccerebbe a dormire in montagna”.

E prosegue: “allora, la milpa non è dovunque, compare, né si lavora con qualsiasi cosa, ma ha il suo dove e il suo con che cosa. Inoltre, non è il momento di seminare un campo di mais adesso, adesso è il tempo del raccolto. E perché ci sia il raccolto, devi prima aver lavorato duro nel campo. Cioè, nel campo non è che tu strilli “ehi donna, portami il mio pozol e le mie tortillas” che è il modo in cui urlavi alla tua donna, – beh, finché lei non si è riunita come donne che siamo e via, sono finite le urla -, ma questo è affar tuo, compare. Quello che ti sto dicendo è che alla terra non si danno ordini, ma le si spiega, le si parla, la si onora, le si raccontano storie per incoraggiarla. E la terra non ascolta un tempo qualsiasi, ma ha, come si suol dire, il suo calendario. Vuole che tu conti bene i giorni e le notti, e che guardi la terra e il cielo per vedere quando piantare il seme”.

“Quindi ecco, come si dice, la problema. Perché stai sbagliando tutto, e non è perché ci hai dato dentro e sei determinato che il tuo desiderio sarà esaudito. Ciò di cui hai bisogno è la conoscenza. Le cose non si realizzano solo perché ci dai dentro con decisione, ma serve che tu scelga un buon terreno, poi gli strumenti adatti, poi i tempi di ogni parte del lavoro. Cioè, come si suo dire, ci vuole la teoria e la pratica con conoscenza, e non le stupidate che stai facendo, che dovrebbero farti pena perché tutti ti guardano e ridono”.

“E gli stronzi che ridono non si rendono conto che le stupidate che fai colpiranno anche loro, perché proprio dove stai sprofondando, prima verrà allagato, poi l’acqua scorrerà e creerà dei rigagnoli come le rughe di tua nonna compa, che la mia è già in paradiso. E così l’auto della giunta di buon governo non riuscirà ad entrare, perché si bloccherà, e i materiali o le merci che porta dovranno essere scaricati a mano, sulle spalle, e camminando dentro i rigagnoli danneggeranno i loro stivali e pantaloni, tanto più se si vestiranno eleganti come me adesso, e così non troveranno mai una fidanzata. E le compagne, ancora peggio, compare, perché quelle sono toste. Ti passeranno accanto, con un asino che trasporta le loro cose, e diranno: “C’è chi è più cocciuto del mio asino, e più stupido”. E spiegheranno: “Ehi, quando dico ‘adesso fottuto asino’, non offenderti, sto parlando al mio animale”.

Che succede compare, mi offendi?” dice l’altro indignato.

Il cappello: “No, beh, te lo dico soltanto. Prendilo come un consiglio o un indicazione, non è un ordine. Ma, come diceva il compianto Sup: “è meglio che tu faccia come dico, perché se no, se va storto ti dirò “ odio dirti che te l’avevo detto, ma te l’avevo detto”. Quindi ascoltami, compare”.

L’altro: “Quindi questa terra è inutile, e così la mia zappa? Né è il momento?”.

Il cappello: “no, no e no”.

“E quando è il momento, allora?”.

“Ops, è già passato. Ora devi aspettare un altro giro. Intorno ad aprile, maggio, e affinché l’acqua non manchi, il 3 maggio vuole che alla terra venga dato il tuo pane, una bibita per il caldo, magari una sigaretta di foglie, le sue candele, e chi raccolga anche i suoi frutti e le sue verdure e persino il suo brodo di pollo. Il defunto Sup ha diceva che solo con la zucca no, che se alla terra dai la zucca ,si arrabbia e tira fuori un serpente. Ma credo che fosse una bugia del compianto, lo diceva perché non gli piaceva la zucca”.

Allora, quando?

“Mmm, ora vedrai: siamo già come si dice quasi a ottobre, quindi 6 mesi. Dunque in aprile-maggio. Ma dipende”.

“Va bene, e ora come faccio se voglio il mais in questo momento?” L’altro pensa e, improvvisamente, aggiunge: “Lo so! Chiederò in prestito del mais all’autorità autonoma”.

Il cappello: “E poi, come risarcisci l’autorità autonoma?”.

“Ah, beh, chiedo un prestito alla Giunta e restituisco con questo. E per restituire alla Giuta chiedo un prestito al Los Tercios. E per saldare Los Tercios chiedo di nuovo un prestito all’autorità, alla fine vedrai che pago.

Il cappello, grattandosi la testa, dice. “Accidenti compare, adesso viene fuori come nel film di Vargas, ne sei uscito più bastardo che bellino. Se la pensi come il malgoverno, dovresti essere un deputato, o un senatore o un governatore, o qualcuno di quegli stronzi”.

“Che dici, compare? Io solo resistenza e ribellione. Vedrai come faccio”.

Il cappello: “Allora me ne vado perché altrimenti non troverò la mia ragazza. Ci vediamo, amico”.

L’altro: “Vai con Dio, e se trovi la tua ragazza, chiedile se la sua famiglia non ha del mais che può prestarmi, che poi gli pagherò”.

Il narratore si rivolge all’assemblea: “Allora cos’è meglio? Prestiamo mais al compare o che se la sbrighi con la teoria e la pratica con consapevolezza?”.

-*-

È arrivata l’ora del pozol. L’assemblea si disperde. Il SupGaleano, solo per capriccio, dice al Subcomandante Moisés: “A me piacciono solo i popcorn” e si dirige alla sua capanna. Il Subcomandante Moisés gli risponde: “E pure la salsa piccante?”. Il SupGaleano non risponde ma cambia direzione. “Dove stai andando?”. Chiede il SubMoy. Il Sup, allontanandosi, quasi grida: “Vado a chiedere in prestito la salsa al negozio delle Insurgentas”.

In fede.

Miau-Guau.

Il Gatto-Cane, clandestino sul La Montaña.
(Vabbè, non aveva i soldi, inoltre, c’è un cartello all’ingresso de La Montaña che dice: “Non sono ammessi gatti, cani… o scarabei schizofrenici”).
Ancora in Messico. Aprile 2021

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale e foto, video: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/04/30/ayer-la-teoria-y-la-practica/

El Mariachi Renacimiento del Caracol di Roberto Barrios. https://vimeo.com/video/543483661

https://vimeo.com/video/543481628 Ragazza base zapatista saluta la delegazione marittima zapatista.

https://vimeo.com/video/543505441 Musica: Santiago Feliú, mentre suona «Créeme» di Vicente Feliú.

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Dalla Lacandona al mondo

Luis Hernández Navarro

La storia della colonizzazione del Nuovo Mondo e dell’espansione capitalista segue la rotta atlantica. Attraverso l’oceano i primi coloni e religiosi arrivarono in America, accompagnati dalle loro armi e dalla loro fede. Inseparabili, la croce e la spada solcavano i mari, seguite da schiavi e mercanzie. Trasportate dai venti e dalle correnti marine, le navi tornavano in Europa cariche dei frutti di saccheggi e spoliazioni.

Questo 3 maggio, giorno della Santa Cruz, Chan Santa Cruz, il nome dato al santuario e al governo Maya autonomo che gli indigeni ribelli hanno tenuto in vita per mezzo secolo, i ruoli si invertiranno. In quella data, sempre attraverso l’Atlantico, la nave zapatista La Montaña, salperà da Isla Mujeres verso il porto di Vigo, in Spagna, per incontrare i loro compagni e una poliedrica serie di figure e movimenti sociali. L’antica rotta della Conquista sarà la via per la spedizione emancipatrice, battezzata dall’EZLN Viaggio per la Vita, per arrivare in Europa.

Così, ora in senso opposto, si rivisiterà l’appassionante incontro tra ribelli, fuorilegge e protagonisti delle rivolte popolari anticapitaliste dei due i continenti narrato da Peter Linebaugh e Marcus Redinker, nel loro meraviglioso libro L’idra della rivoluzione. Marinai, schiavi e contadini nella storia nascosta dell’Atlantico. I marinai – scrivono Linebaugh e Redinker – portavano in Europa storie che parlavano delle società alternative d’America. Lungo la strada allacciavano il comunismo primitivo del Nuovo Mondo con il comunismo plebeo del Vecchio Mondo.

La portata dell’iniziativa può essere compresa appieno solo se si mette da parte la mistificazione di presumere che tutto si risolve nello Stato e dallo Stato. Le lotte attuali, prese nella loro globalità, invece di accettare l’omogeneità dello Stato, del capitalismo, della tecnologia, conducono a differenze. La nostalgia per la Cortina de Nopal non c’entra niente con la sinistra. Le lotte di emancipazione sono sempre state internazionaliste.

Certamente – come ha sottolineato lo storico sociale inglese Edward P. Thompson – cercare di influenzare il corso della storia per mezzo di movimenti dal basso è un compito ingrato e terribilmente lungo. Ma, a lungo andare, è uno dei pochi posti onorevoli in cui stare.

Nella sua tappa europea, la delegazione marittima dell’EZLN, alla quale si uniranno altri delegati che arriveranno in aereo, visiterà più di 30 paesi. E lì incontreranno migliaia di attivisti che, dal 1994, hanno visitato e vissuto per intere stagioni nelle comunità autonome zapatiste. Vedranno le loro vecchie conoscenze altromondiste che oggi (come ieri) sono combattenti instancabili contro il fascismo, generosi organizzatori di migranti, costruttori vitali di nuove forme di convivenza urbana, agguerriti sindacalisti in un mondo del lavoro precario, feroci demolitori di statue di mercanti di schiavi e colonialisti (https://bit.ly/2PluaBF).

I legami duraturi e sorprendentemente vitali tra gli zapatisti ed i loro interlocutori europei, nonostante il passare degli anni, sono stati ignorati o sono passati inosservati da chi guarda il mondo dall’alto. Tuttavia, hanno segnato profondamente le dinamiche delle lotte antisistemiche. Sebbene formalmente lo sia, Bruxelles non è più la capitale dell’Unione Europea. Sulla mappa della resistenza, Atene, Genova, Gibilterra o i centri di arrivo dei migranti hanno cambiato la mappa delle resistenze ed occupano il suo posto.

Tra entrambi c’è una lunga storia di cooperazione, solidarietà dal basso, linguaggio condiviso, rivendicazione e reinvenzione del comune; il noi. Hanno sviluppato un orizzonte collettivista, antiautoritario ed egualitario. I loro stili di vita alternativi sono profondamente intrecciati. Hanno forgiato legami di amicizia, affetto e comunione a prova di avversità. Sono una comunità unita da idee, sentimenti ed esperienze comuni. Tra loro c’è, anche se in maniera incipiente, un destino globale creato congiuntamente (https://bit.ly/3gDMd14).

Il viaggio zapatista può essere letto come un esodo dal tessuto organizzativo in cui sono istituzionalizzate le ortodossie. I ribelli di entrambi i continenti condividono che le loro eresie sono nate dalle periferie. Come sottolinea il filosofo francese Henri Lefebvre, la periferia a volte si trova al centro, o è la chiave per raggiungerlo. Solo le periferie raggiungono la coscienza e la conoscenza dei centri. La coscienza periferica metodicamente guidata permette – dice – di raggiungere la conoscenza del centro e del mondo.

Molto distante dalla waltdisneyizzazione del passato, con il riconoscimento delle memorie dei popoli storici del continente americano in pegno, confrontati radicalmente con il persistere dell’arroganza coloniale, lungi dal vittimismo paralizzante che non rompe con le logiche del potere, hanno deciso di seguire un’altra politica per la vita, che non è soggetta all’orologio degli affari o al calendario di quelli sopra. La loro proposta, che evita di ripetersi e nasce dalle loro realtà terrene, sfugge ai tempi dell’economia e ai momenti della rappresentazione.

Nell’ora della parola, dalla Lacandona al mondo, in procinto di levare le ancora a Isla Mujeres per solcare le acque dell’Atlantico, gli zapatisti, come i marinai, non parleranno sotto voce, perché, come si sa, il mare parla forte.

Testo originale: https://www.jornada.com.mx/2021/04/27/opinion/016a1pol

Traduzione “Maribel” – Bergamo

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La Rotta di Ixchel.

Aprile 2021

La Montaña uscirà.

Da una delle case de Ixchel, la madre dell’amore e la fertilità, la nonna di piante e animali, madre giovane e madre anziana, la rabbia nella quale il dolore della terra si trasforma quando è ferita e macchiata, uscirà la Montaña.

Una delle leggende maya racconta che Ixchel si distese sul mondo in forma di arcobaleno. Lo fece per dare così al pianeta una lezione di pluralità e inclusione, e per ricordargli che il colore della terra non è uno solo, bensì molti, e che tutti, senza smettere di essere quel che sono, illuminano la meraviglia della vita. E lei, Ixchel, la donna arcobaleno, abbraccia tutti i colori e li rende parte di sé.

Nelle montagne del sudest messicano, nella lingua di radice maya dei più vecchi tra i vecchi, si narra una delle storie di Ixchel, madre-luna, madre-amore, madre-rabbia, madre-vita. Parlando il Vecchio Antonio, così disse:

“Da oriente venne la morte e la schiavitù. Arrivò e basta. Non possiamo cambiare niente di ciò che è stato. Ma così disse Ixchel:

Che domani ad oriente navighino la vita e la libertà nella parola delle mie ossa e sangue, le mie figlie. Che non comandi un colore. Che non comandi nessuno affinché nessuno ubbidisca e che ognuno sia ciò che è con gioia. Perché la pena e il dolore vengono da chi vuole specchi e non vetri per affacciarsi su tutti i mondi che io sono. Con rabbia bisognerà rompere 7 mila specchi fino ad alleviare il dolore. Molta morte dovrà dolere perché, finalmente, il cammino sia la vita. Che l’arcobaleno incoroni dunque la casa delle mie figlie, la montagna che è la terra dei miei successori”.

Quando l’oppressione arrivò in ferro e fuoco sul suolo maya, il Ts´ul, arrivato da lontano, vide molte figure della dea arcobaleno e così chiamò questa terra: Isla Mujeres.

Una mattina del domani, quando la croce parlante invochi, non il passato, ma il futuro, la montagna navigherà fino alla terra del Ts´ul e attraccherà di fronte al vecchio olivo che dà ombra al mare e identità a chi vive e lavora su quelle coste.”

-*-

Il giorno 3 maggio dell’anno 21 del secolo 21, da Isla Mujeres, Quintana Roo, Messico, salperà la Montaña per attraversare l’Atlantico in una traversata che sa molto di sfida e nessun rimprovero. Nel sesto mese del calendario, avvisterà le coste del porto di Vigo (Ciudad olívica), Pontevedra, nella Comunità Autonoma della Galizia, Stato Spagnolo.

-*-

Se non si potrà sbarcare, sia per il COVID, migrazione, pura discriminazione, sciovinismo, o che si sbagliano di porto o l’ostia, saremo preparati.

Siamo pronti ad aspettare e lì, di fronte alle coste europee, spiegheremo un grande striscione che dica “Sveglia!“. Aspetteremo di vedere se qualcuno leggerà il messaggio e poi se, in effetti, si sveglierà; e di vedere ancor di più se farà qualcosa.

Se l’Europa del basso non vorrà o non potrà, allora, previdenti, abbiamo 4 cayucos con rispettivi remi ed intraprenderemo il ritorno. Certo, ci vorrà un po’ per arrivare a scorgere le sponde della casa di Ixchel.

I cayucos rappresentano 4 tappe del nostro essere zapatisti:

.- La nostra cultura come popolo originario di radice maya. È il cayuco più grande dentro il quale possono starci gli altri 3. È un omaggio ai nostri antenati.

.- La tappa della clandestinità e la sollevazione. È il cayuco che segue il primo per dimensione, ed è un omaggio ai caduti del primo gennaio 1994.

.- La tappa dell’autonomia. È il terzo per volume, dal maggiore al minore, ed è un omaggio ai nostri villaggi, regioni e zone che, in resistenza e ribellione, hanno innalzato ed innalzano l’autonomia zapatista.

.- La tappa dell’infanzia zapatista. È il cayuco più piccolo che hanno dipinto e decorato bambini e bambine zapatiste con le figure ed i colori che hanno deciso loro.

-*-

Ma, se riusciremo a sbarcare ed abbracciare con la parola coloro che là lottano, resistono e si ribellano, allora ci saranno festa, ballo, canzoni, e cumbie ed i fianchi scuoteranno suoli e cieli distanti tra loro.

E, su entrambi i lati dell’oceano, un breve messaggio inonderà tutto lo spettro elettromagnetico, il cyberspazio e l’eco sarà nei cuori:

вторгнення почалося
bosqinchilik boshlandi
a invasión comezou
Die Invasion hat begonnen
istila başladı
la invasió ha iniciat
l’invasione hè principiata
invazija je započela
invaze začala
инвазията е започнала
invasionen er startet
invázia sa začala
invazija se je začela
la invado komenciĝis
the invasion has started
invasioon on alanud
inbasioa hasi da
hyökkäys on alkanut
l’invasion a commencé
mae’r goresgyniad wedi cychwyn
η εισβολή έχει ξεκινήσει
tá an t-ionradh tosaithe
innrásin er hafin
l’invasione è iniziata
بدأ الغزو
êriş dest pê kiriye
iebrukums ir sācies
prasidėjo invazija
d’Invasioun huet ugefaang
започна инвазијата
bdiet l-invażjoni
de invasie is begonnen
invasjonen har startet
حمله آغاز شده است
rozpoczęła się inwazja
a invasão começou
invazia a început
вторжение началось
инвазија је започела
invasionen har börjat

“L’invasione è iniziata”.
.-.. .- / .. -. …- .- … .. — -. / …. .- / .. -. .. -.-. .. .- -.. — (in alfabeto morse)

E forse, solo forse, Ixchel, dea luna, sarà allora illuminazione sul nostro cammino e, come in questa alba, luce e destino.

In fede.

Dal Centro di Addestramento Marittimo-Terrestre Zapatista
Semillero Comandanta Ramona. Zona Tzotz Choj.

Il SupGaleano.
Messico, 26 aprile 2021. Luna piena.

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale, video e foto: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/04/26/la-ruta-de-ixchel/

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INTANTO, NELLA SELVA LACANDONA…”
(Terci@s Compas).

Frammenti visivi del saluto alle delegazioni zapatiste in alcune comunità indigene zapatiste, sulle rive dei fiumi Jataté, Tzaconejá e Colorado, montagne del sud-est messicano, Chiapas, Messico, America, America Latina, pianeta Terra.

Musica sulle zattere: La piragua (di José Barros). Trío Los Inseparables (versione ridotta di Sonido Dueñez / Sabotaje Dub. Sabotaje Media (2021).

Bene. Saluti e “se non va, ti porterò nel mio cuore, ti porterò qui nel mio canto”.

Il SupGaleano mentre balla raspadito, raspadito, la cumbia, raspando la terra, amandola, difendendola, ballandola (che non è lo stesso ma è uguale). La vita! “Fino ad un altro continente della pianeta Terra”.

Testo originale e foto: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/04/24/y-mientras-tanto-en-la-selva-lacandona/

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SQUADRONE 421

(La delegazione marittima zapatista)

SQUADRONE 421

(La delegazione marittima zapatista)

Aprile 2021

Calendario? Un’alba del quarto mese. Geografia? Le montagne del sudest messicano. Un silenzio repentino si impone sui grilli, sul latrato diffuso e lontano dei cani, sull’eco di una musica di marimba. Qui, nelle viscere delle alture, un sussurro più che un russare. Se non fossimo dove siamo, si potrebbe pensare che è una voce dal mare aperto. Non le onde che si infrangono contro la costa, la spiaggia, la scogliera delimitata da una stravagante frastagliatura. No, qualcos’altro. E poi … un lungo gemito e un intempestivo, breve tremore.

La montagna si solleva. Si rimbocca, con pudore, le falde. Non senza sforzo, solleva i piedi da terra. Compie il primo passo con una smorfia di dolore. Ora sanguinano i piedi a questa montagna piccola, lontana dalle mappe, dalle destinazioni turistiche e dalle catastrofi. Ma qui tutto è complicità, così una pioggia anacronistica le lava i piedi e, con il fango, cura le sue ferite.

Abbi cura di te, figlia”, le dice la Ceiba madre. “Coraggio”, dice la corteccia di huapác come a sé stessa. L’uccello tapacamino la guida. “Ad oriente, amica, ad oriente”, dice mentre saltella da una parte all’altra.

Vestita di alberi, uccelli e pietre, la montagna cammina. Al suo passaggio, uomini, donne, chi non è né l’uno né l’altro, ragazzi e ragazze assonnati, si aggrappano ai bordi delle sue falde. Si arrampicano sulla sua blusa, le incoronano le punte dei seni, la seguono alle spalle e, ormai sulla sua cima, si svegliano.

Ad oriente il sole, che a malapena fa capolino all’orizzonte, interrompe un poco il suo giro ostinato e quotidiano. Ti è sembrato di veder camminare una montagna con una corona di esseri umani. Ma oltre al sole ed alcune nuvole grigie che la notte ha dimenticato, nessuno qui sembra sorprendersi.

Era scritto così”, dice il Vecchio Antonio affilando il machete a doppio taglio, e Doña Juanita annuisce con un sospiro.

Il focolare odora di caffè e mais cotto. Dalla radio comunitaria esce una cumbia. Il testo parla di una leggenda impossibile: una montagna che naviga controcorrente alla storia.

-*-

Sette persone, sette zapatisti, compongono la frazione marittima della delegazione che visiterà l’Europa. Quattro sono donne, due sono uomini e unoa è otroa. 4, 2, 1. Lo squadrone 421 è già acquartierato nel “Centro di Addestramento Marittimo-Terrestre Zapatista”, situato nel Semillero Comandanta Ramona nella zona Tzotz Choj.

Non è stato facile. Piuttosto, è stato tortuoso. Per arrivare a questo calendario abbiamo dovuto affrontare obiezioni, consigli, scoraggiamenti, inviti alla misura e alla prudenza, veri sabotaggi, bugie, volgarità, resoconti dettagliati delle difficoltà, pettegolezzi e insolenze, e una frase ripetuta fino alla nausea: “quello che volete fare è molto difficile, se non impossibile”. E, naturalmente, dicendoci, ordinandoci cosa dovremmo e non dovremmo fare. Tutto questo, su questa e sull’altra sponda dell’oceano.

Tutto questo senza contare gli ostacoli del governo supremo e della sua burocrazia ignorante, ostinata e razzista.

Ma vi parlerò di tutto questo in un’altra occasione. Ora devo parlarvi della nostra nuovissima delegazione marittima zapatista.

Le 4 donne, i due uomini e lao otroa sono esseri umani. A loro è stato fatto il Test di Turing, con alcune modifiche che ho ritenuto pertinenti per escludere che alcun@ di loro, o tutt@, fossero un organismo cibernetico, un robot, capace di ballare la cumbia del Sapito sbagliando il passo. Ergo, i 7 esseri appartengono alla razza umana.

Le/I 7 sono nati nel continente che chiamano “America” e il fatto che condividano dolore e rabbia con altri popoli originari da questa parte dell’oceano, li rende Latinoamericani. Sono anche messicani di nascita, discendenti dei popoli originari maya, come verificato con le loro famiglie, vicini e conoscenti. Sono anche zapatisti, con documenti dei municipi autonomi e delle Giunte di Buon Governo che lo avallano. Non hanno crimini dimostrati a loro carico e che non siano stati sanzionati opportunamente. Vivono, lavorano, si ammalano, si curano, amano, si disamorano, ridono, piangono, ricordano, dimenticano, giocano, fanno sul serio, prendono appunti, cercano un pretesto, insomma, vivono nelle montagne del Sudest Messicano, in Chiapas, Messico, Latinoamerica, America, Pianeta Terra, eccetera.

Le/I 7, inoltre, si sono offerti volontari per il viaggio via mare – cosa che non suscita molto entusiasmo tra la grande varietà di zapatisti di tutte le età -. Quindi, per essere chiari, nessuno voleva viaggiare in nave. Quanto ha contribuito a ciò la campagna di terrore scatenata da Esperanza e da tutta la banda di Defensa Zapatista, sintetizzata nel famoso algoritmo “moriranno tutt@ miseramente”? Non lo so. Ma il fatto di aver sconfitto i social, compreso whatsapp, senza alcun vantaggio tecnologico (beh, senza nemmeno campo nel cellulare), mi ha motivato a mettere il mio granello di sabbia.

Così, mosso dalla mia simpatia per la banda di Defensa Zapatista, ho chiesto al SubMoy il permesso di parlare con la delegazione che, tra grida, gridolini e risate de@ bambin@, si stava preparando all’invasione che non è un’invasione… beh, sì, lo è, ma è qualcosa, diciamo, consensuale. Qualcosa di simile a un internazionalismo sadomasochista che, ovviamente, non sarà ben visto dall’ortodossia dell’avanguardia, che, come si deve, si spinge così avanti dalle masse, che non si riesce a vedere.

Mi sono presentato in assemblea e, mostrando la mia migliore espressione da tragedia, ho raccontato loro cose orribili sul mare aperto: il “vomito infinito; la monotona vastità dell’orizzonte; la dieta povera di mais, senza popcorn e – orrore! – senza salsa Valentina; la reclusione con altre persone per diverse settimane – con le quali, le prime ore, si scambiano sorrisi e attenzioni e poco dopo sguardi assassini -; ho pure descritto, molto dettagliatamente, terribili tempeste e minacce sconosciute; ho fatto riferimento al Kraken e, attraverso uno di quei richiami letterari, ho raccontato loro di una gigantesca balena bianca che cercava, furiosa, qualcuno a cui staccare la gamba, cosa che non lascerebbe alla vittima un ruolo decoroso nella cumbia più lenta. È stato inutile. E devo confessare, non senza il mio orgoglio di genere gravemente ferito, che sono state di più le donne a dire: “in barca”, quando si offriva loro la possibilità di viaggiare via mare o viaggiare in aereo.

Quindi si sono iscritt@ non 7, non 10, non 15, ma più di 20. Perfino la piccola Veronica di 3 anni si è iscritta quando ha sentito la storia della balena assassina. Sì, incomprensibile. Ma se la conosceste (la bambina, non la balena), la compatireste. Voglio dire, compatireste Moby Dick.

Allora perché solo 7? Bene, posso parlarvi dei 7 punti cardinali (quello davanti, quello dietro, quello di un lato, dell’altro lato, quello in centro, quello sopra e quello sotto), dei 7 primi dei, quelli che hanno creato il mondo, e così via. Ma la verità è che, lungi da simboli e allegorie, il numero è dovuto al fatto che la maggior parte non ha ancora ottenuto il passaporto e sta ancora lottando per ottenerlo. Ve ne parlerò più tardi.

Beh, di sicuro non vi interessano questi problemi. Quello che volete sapere è chi salperà con “La Montaña”, attraverserà l’Oceano Atlantico e invaderà… ehm, intendevo, visiterà l’Europa. Quindi qui metto le loro foto e un brevissimo profilo:

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Lupita. 19 anni. Messicana di nascita. Tzotzil degli Altos del Chiapas. Parla la sua lingua madre, tzotzil e il castigliano correntemente. Sa leggere e scrivere. È stata coordinatrice locale giovanile, coordinatrice regionale giovanile e responsabile locale del lavoro collettivo. Musica preferita: pop, romantica, cumbia, ballate, elettronica, rap, hip hop, musica andina, musica china, rivoluzionaria, classica, rock degli anni ’80 (così si diceva), mariachi, musica tradizionale del suo popolo… e reggaeton (nota della redazione: se questo non è “un mondo dove stanno molti mondi”, non so cosa altro sia. Fine della nota). Colori preferiti: nero, rosso, ciliegia e caffè. Esperienza marittima: quando era piccola ha viaggiato in lancia. Si è preparata per 6 mesi per essere delegata. Volontaria per viaggiare in nave per l’Europa. Svolgerà attività come Tercia Compa durante il viaggio in mare.

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Carolina. 26 anni. Messicana di nascita. Originaria tzotzil degli Altos del Chiapas, ora Tzeltal della selva Lacandona. Parla la sua lingua madre, tzotzil, oltre al tzeltal e il castigliano correntemente. Sa leggere e scrivere. Madre single di una bambina di 6 anni. Sua madre l’aiuta con la bambina. È stata la coordinatrice di “come mujeres que somos” ed ha seguito corsi di veterinaria. Attualmente è Comandanta nel direttivo politico-organizzativo zapatista. Musica preferita: pop, romantica, cumbia, rock degli anni ’80 (così si diceva), gruperas e rivoluzionaria. Colori preferiti: crema, nero e ciliegia. Esperienza marittima: qualche volta in lancia. Si è preparata per 6 mesi per essere delegata. Volontaria per viaggiare in nave per l’Europa.

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Ximena. 25 anni. Messicana di nascita. Cho´ol del nord del Chiapas. Parla la sua lingua madre cho’ol e castigliano correntemente. Sa leggere e scrivere. Madre single di una bambina di 6 anni. Sua madre la aiuta con la bambina. È stata coordinatrice giovanile ed è attualmente Comandanta nel direttivo politico-organizzativo zapatista. Musica preferita: cumbia, tropicale, romantica, rivoluzionaria, rock anni ’80 (così si diceva), elettronica e rancheras. Colori preferiti: viola, nero e rosso. Esperienza marittima: qualche volta in lancia. Si è preparata per 6 mesi per essere delegata. Volontaria per viaggiare in nave per l’Europa. Seconda in comando nella delegazione marittima, dopo Darío.

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Yuli. 37 anni. Compirà i 38 a maggio, in alto mare. Originaria Tojolabal della Selva di confine, ora Tzeltal della Selva Lacandona. Parla correntemente lo spagnolo. Sa leggere e scrivere. Madre di due bambini: una ragazza di 12 anni e un bambino di 6 anni. Il suo compagno l’aiuta con i bambini. Il suo compagno è Tzeltal, quindi si amano, litigano e tornano ad amarsi in castigliano. È stata promotrice di educazione, formatrice di educazione (preparano promotor@ di educazione) e coordinatrice di collettivi locali. Musica preferita: romantica, gruperas, cumbia, vallenato, rivoluzionaria, tropicale, pop, marimba, rancheras e rock degli anni ’80 (così si diceva). Colori preferiti: nero, caffè e rosso. Nessuna esperienza marittima. Si è preparata per 6 mesi per essere delegata. Volontaria per viaggiare in nave per l’Europa.

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Bernal. 57 anni. Tojolabal della zona della Selva di confine. Parla la sua lingua madre tojolabal e castigliano correntemente. Sa leggere e scrivere. Padre di 11 figl@: il più grande ha 30 anni e il più giovane 6. La sua famiglia lo sostiene nella cura dei piccoli. È stato miliziano, responsabile locale, insegnante della escuelita zapatista e membro della Giunta di Buon Governo. Musica preferita: rancheras, cumbia, musical huichol, marimba e rivoluzionaria. Colori preferiti: blu, nero, grigio e caffè. Esperienza marittima: cayuco e lancia. Si è preparato per 6 mesi per essere delegato. Volontario per viaggiare in nave per l’Europa.

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Darío. 47 anni. Cho´ol del nord del Chiapas. Parla la sua lingua madre, cho’ol e castigliano correntemente. Sa leggere e scrivere. Padre di 3 figl@: uno di 22 anni, un altro di 9 anni e il più giovane di 3 anni. Il ragazzo e la ragazza andranno con la madre in Europa in aereo a luglio. È stato un miliziano, responsabile locale, responsabile regionale, e attualmente è Comandante nel direttivo politico-organizzativo zapatista. Musica preferita: rancheras di Bertín y Lalo, musica tropicale, marimba, musica regionale e rivoluzionaria. Colori preferiti: nero e grigio. Esperienza marittima: cayuco. Si è preparato per 6 mesi per essere delegato. Volontario per viaggiare in nave per l’Europa. Sarà il coordinatore della delegazione marittima zapatista.

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Marijose. 39 anni. Tojolabal della zona della Selva di confine. Parla correntemente lo spagnolo. Sa leggere e scrivere. È stato milizianoa, promotoroa di salute, promotoroa di educazione e formatoroa di educazione. Musica preferita: cumbia, romantica, rancheras, pop, elettronica, rock anni ’80 (così si diceva), marimba e rivoluzionaria. Colori preferiti: nero, blu e rosso. Esperienza marittima: cayuco e lancia. Si è preparat@ per 6 mesi per essere delegatoa. Volontarioa per viaggiare in nave per l’Europa. È stato designato come loa primeroa zapatista a sbarcare e, con ciò, inizia l’invasione… ok, la visita in Europa.

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Quindi il primo piede che si poserà sul suolo europeo (ovviamente, se ci faranno sbarcare) non sarà di un uomo, né di una donna. Sarà di unoa otroa.

In quello che il defunto SupMarcos avrebbe definito “uno schiaffo a tutta la sinistra etero patriarcale”, è stato deciso che a sbarcare per primo sarà Marijose.

Non appena poserà i suoi due piedi sul territorio europeo e si riprenderà dal mal di mare, Marijose griderà:

“Arrendetevi visi pallidi etero patriarcali che perseguitate il diverso!”

Nah, scherzo. Ma, non sarebbe bello se lo dicesse?

No, toccando terra loa compa zapatista Marijose dirà in tono solenne:

“A nome delle donne, dei bambini, degli uomini, degli anziani e, naturalmente, degli otroas zapatisti, dichiaro che il nome di questa terra che i suoi nativi ora chiamano “Europa”, d’ora in poi si chiamerà: SLUMIL K´AJXEMK´OP, che significa “Terra Indomita”, o “Terra che non si rassegna, che non cede”. E così sarà conosciuta dalla gente del posto e dagli estranei finché qui ci sarà qualcuno che non si arrende, non si vende e non cede”.

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In fede.

SupGaleano.

Aprile 2021

(Continua…)

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale e foto: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/04/17/escuadron-421/

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VIAGGIO PER L’EUROPA…

COMMISSIONE SEXTA DELL’EZLN

MESSICO

10 aprile 2021

Alle persone, gruppi, collettivi, organizzazioni, movimenti, coordinamenti e popoli originari in Europa che attendono la nostra visita:
Alla Sexta Nazionale e Internazionale:
Alle reti in resistenza e ribellione:
Al Congresso Nazionale Indigeno:
Ai popoli del mondo:

Sorelle, fratelli e compagn@:

Questo 10 aprile 2021 le/i compagn@ che fanno parte del primo gruppo di delegati del nostro Viaggio per la Vita, capitolo Europa, hanno raggiunto il “Semillero Comandanta Ramona”. Si tratta della delegazione marittima.

Con una piccola cerimonia, secondo i nostri usi e costumi, la delegazione ha ricevuto dai popoli zapatisti il mandato di portare lontano i nostri pensieri, cioè i nostri cuori. Le/i nostr@ delegat@ hanno un cuore grande. Non solo per abbracciare coloro che nel continente europeo si ribellano e resistono, ma anche per ascoltare e imparare dalle loro storie, geografie, calendari e modi.

Questo primo gruppo rimarrà in quarantena per 15 giorni, isolato nel Semillero, per assicurarsi di non essere infettato dal COVID19 e per prepararsi al lungo viaggio per mare. Durante queste due settimane vivranno all’interno della replica della barca che, per questo, abbiamo costruito nel Semillero.

Il 26 aprile 2021 partiranno per un porto della Repubblica messicana. Arriveranno entro e non oltre il 30 aprile e saliranno a bordo dell’imbarcazione che abbiamo chiamato “La Montaña”. Resteranno a bordo della nave per due o tre giorni e il 3 maggio 2021, il giorno del la Santa Cruz, Chan Santa Cruz, la nave “La Montaña” salperà con i nostri compagni con destinazione le coste europee, in un viaggio che dovrebbe durare dalle 6 alle 8 settimane. Si stima che nella seconda metà di giugno 2021 saranno al largo delle coste europee.

A partire da questo 15 aprile 2021, dai 12 caracol zapatisti le nostre basi di appoggio de@ nostr@ compagn@ svolgeranno attività per salutare la delegazione zapatista che, via mare e via aerea, viaggerà per la geografia che chiamano “Europa”.

In questa parte di quello che abbiamo chiamato “Viaggio per la Vita”. Capitolo Europa”, le/i delegat@ zapatist@ incontreranno coloro che ci hanno invitato a parlare delle nostre reciproche storie, dolori, rabbie, conquiste e fallimenti. Finora abbiamo ricevuto e accettato inviti dalle seguenti aree geografiche:

Austria

Belgio

Bulgaria

Catalogna

Cipro

Croazia

Danimarca

Finlandia

Francia

Germania

Grecia

Italia

Lussemburgo

Norvegia

Olanda

Paesi Baschi

Polonia

Portogallo

Regno Unito

Romania

Russia

Serbia

Slovenia

Stato Spagnolo

Svezia

Svizzera

Turchia

Ucraina

Ungheria

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Da oggi il Subcomandante Insurgente Galeano pubblicherà una serie di testi in cui vi parlerà di chi compone la delegazione marittima zapatista, del lavoro svolto, di alcuni problemi che abbiamo affrontato e così via.

In breve: siamo già in viaggio per l’Europa.

Per ora è tutto.

Dalle montagne del Sud-est Messicano.

Subcomandante Insurgente Moisés
Commissione Sexta dell’EZLN
Messico, aprile 2021

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/04/12/camino-a-europa/

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Paramilitarismo in Chiapas nella Quarta Trasformazione

Gilberto López y Rivas

2 aprile 2021

Il 30 aprile 1999, in qualità di presidente di turno della Commissione di Concordia e Pacificazione, ho presentato un esposto, presso l’allora Procuratore Generale (PGR), sull’esistenza di gruppi paramilitari in Chiapas, uno dei quali perpetrò il massacro di Acteal il 22 dicembre 1997. Questo esposto denunciava la pratica da parte delle forze armate messicane di una strategia di guerra irregolare, descritta nei manuali della Sedena e nel Plan de campañ Chiapas 94, e l’applicazione di una tattica contrainsurgente nota come incudine e martello, che consiste nel fatto che le forze armate agiscono come contenimento passivo (incudine), sotto la protezione del quadro giuridico, mentre i gruppi paramilitari (martello) attuano, clandestinamente, le vessazioni attive contro comunità e basi di appoggio dell’EZLN. Inoltre gli strateghi messicani usano una metafora per spiegare il ruolo di questi gruppi paramilitari, sostenendo che non solo l’acqua (sostegno popolare) deve essere tolta ai pesci (insurrezione), ma che bisogna anche mettere in acqua pesci più feroci.

In questa denuncia, tra l’altro, si evidenziava la presenza di militari o ex militari nel massacro di Acteal in relazione diretta con il comando della Sedena. Uno fu identificato in Mariano Pérez Ruiz, il quale, nel giugno 1998, dichiarò dinanzi al PGR, come a fascicolo 96/98, che ex funzionari e dirigenti del PRI sono responsabili dell’assunzione di militari e poliziotti per istruire nell’uso delle armi e sulla strategia paramilitare tra le comunità indigene di Chenalhó, ma aggiunse un chiarimento significativo: È vero che ho fatto un’affermazione in questo senso, ma è stato perché elementi della Polizia Militare mi hanno costretto a testimoniare in questo modo, perché se non lo avessi fatto mi avrebbero fatto sparire. Inoltre, ero ancora un militare effettivo e dovevo eseguire gli ordini dei miei superiori (GLR, Viejas y nuevas guerras sucias, El Cotidiano, 172, 2012, UAM-A).

Sebbene i risultati dell’Ufficio del Procuratore Speciale per i Crimini Commessi nell’Acquisizione e nell’Amministrazione della Giustizia nello Stato del Chiapas, rilasciati nel 2011 hanno indicato, senza dubbio, che ad Acteal era stato perpetrato un crimine di Stato, la Corte Suprema di Giustizia della Nazione ha rilasciato molti degli autori materiali di questo crimine contro l’umanità, mentre gli autori intellettuali e complici per omissione o commissione, non sono mai stati perseguiti: l’allora presidente Ernesto Zedillo, funzionari federali e statali e locali, la dirigenza e ufficiali delle forze armate, nella catena di comando.

Venti anni dopo questa denuncia, il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas, con un comunicato urgente svela gli innumerevoli attacchi contro le comunità di Aldama, Chiapas, con la presenza significativa della Guardia Nazionale e della Polizia di Stato. Sulla base delle informazioni dirette della Commissione permanente dei 115 membri della comunità e degli sfollati di Aldama, vengono descritti i costanti attacchi con armi da fuoco di grosso calibro provenienti “da punti situati a Santa Martha-Miguel Utrilla, municipalità di Chenalhó, Chiapas, atti provocati. dal gruppo paramilitare in complicità con il governo municipale (…) in un contesto di terrore, dove i bambini, le donne e la popolazione in generale sopravvivono in un ambiente di torture. Le azioni del governo sono state insufficienti, inefficaci e simulate, poiché non garantiscono la sicurezza e l’integrità della popolazione”. Va segnalato che questa prestigiosa organizzazione per la difesa dei diritti umani ha documentato, monitorato e denunciato questa guerra di logoramento contrainsurgente sin dai primi giorni della ribellione zapatista nel gennaio 1994.

Da parte sua, la Missione Civile di Osservazione composta da 14 organizzazioni della Rete Nazionale delle Organizzazioni Civili per i Diritti Umani Todos los Derechos para Todas y Todos, accompagnata da tre organizzazioni internazionali, nel dicembre 2020 ha visitato le comunità delle regioni settentrionali, Altos e Costa, dove hanno documentato situazioni critiche di violazione dei diritti fondamentali, “con una preoccupante mancanza di volontà ed empatia da parte delle autorità (…). La Missione Civile di Osservazione ha avuto l’opportunità di visitare le comunità di Chalchihuitan, Acteal, Aldama, Nuevo San Gregorio, Moisés Gandhi, Chilón e Tonalá, dove abbiamo raccolto testimonianze da persone colpite da situazioni di sfollamento forzato, espropriazione di terra, detenzioni arbitrarie, torture, molestie, minacce, criminalizzazione, e altre aggressioni. (…) È indignante la violenza strutturale consentita e persino fomentata dai diversi livelli di governo così come la loro scarsa o nulla disposizione ad affrontare il conflitto, banalizzando, discriminando e criminalizzando le comunità”.

Si prepara un altro crimine di Stato?

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale: https://jornada.com.mx/2021/04/02/opinion/014a2pol

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QUELLE CHE NON CI SONO.

LE LORO STORIE.

LE LORO GIOIE E LE LORO TRISTEZZE.

I LORO DOLORI E LE LORO RABBIE.

I LORO OBLII E I LORO RICORDI.

LE LORO RISATE E LE LORO LACRIME.

LE LORO PRESENZE E LE LORO ASSENZE.

I LORO CUORI.

LE LORO SPERANZE.

LA LORO DIGNITÀ.

I LORO CALENDARI.
QUELLI CHE HANNO POTUTO RIEMPIRE.
QUELLI CHE SONO RIMASTI INCOMPLETI E CHE DOBBIAMO LORO.

LE LORO GRIDA.

I LORO SILENZI.

SÌ, SOPRATTUTTO I LORO SILENZI.

CHI NON LE SENTE?
CHI NON SI RICONOSCE IN LORO?

DONNE CHE LOTTANO.
S
Ì, NOI.

MA SOPRATTUTTO, LORO.
QUELLE CHE NON CI SONO
E TUTTAVIA SONO CON NOI.

PERCHÉ NON DIMENTICHIAMO,
PERCH
É NON PERDONIAMO,
PER LORO E CON LORO, LOTTIAMO.

Le donne indigene zapatiste.
8 marzo 2021

LAS QUE NO ESTÁN

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La Guerra di Bassa Intensità contro l’EZLN continua anche con questo Presidente, Andrés Manuel Lopez Obrador (AMLO)

È la “guerra integrale di sfiancamento” contro le comunità basi di appoggio zapatiste che vengono sfiancate poco a poco con atti che sono violenti ma non abbastanza appariscenti da attirare l’attenzione dei media nazionali e internazionali.

Come accade nel Municipio Autonomo Lucio Cabañas dove “Grupo de los 40 invasores” e ORCAO stanno spoliando l’EZLN delle terre recuperate nel 1994.

Lo testimoniano i Report della Carovana di Solidarietà che ha visitato la zona dal 2020 al 2021:

Rapporto della Carovana di Solidarietà e Denuncia nella comunità autonoma zapatista Nuevo San Gregorio, realizzata dal 29 ottobre 2020 fino a febbraio 2021 https://redajmaq.espora.org/informecaravana20210301 Qui il PDF 2021_SegundoInformeCaravana

Rapporto della Carovana di Solidarietà e Denuncia nelle comunità autonoma zapatista Nuevo San Gregorio e Regione Moises Gandhi, realizzata a ottobre 2020 https://redajmaq.espora.org/informecaravana2020 Qui il PDF 2020_informe_caravana

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Accordi di San Andrés, autonomia vs. neo-indigenismo

Luis Hernández Navarro

Questo 16 febbraio segna il 25° anniversario della firma degli accordi di San Andrés sui diritti e cultura indigeni. Molte cose sono cambiate da allora, anche se una rimane: l’indigenismo come politica di Stato.

Indigenismo è il nome dato alla politica istituzionale volta ad assistere la popolazione autoctona. È, contemporaneamente, una teoria antropologica, un’ideologia di stato e una pratica di governo. Il suo obiettivo principale è proteggere le comunità indigene integrandole al resto della società nazionale, diluendo il loro carattere di popolo come soggetto storico. È una politica dei non indios nei confronti delle popolazioni indigene, sebbene i suoi artefici possano appartenere a un gruppo etnico.

Uno dei suoi principali promotori, Alfonso Caso, prevedeva che in 50 anni non ci sarebbero più stati gli indios: sarebbero stati tutti messicani. Era in buona compagnia. Molti pensatori, prima e dopo di lui, hanno visto nell’integrazione nella società nazionale meticcia il destino inesorabile dei popoli nativi.

Sebbene la nazione messicana abbia avuto una composizione multietnica e multiculturale sin dalla sua fondazione, le sue costituzioni non hanno rispecchiato questa realtà. Cancellare l’indio dalla geografia della patria, renderlo messicano costringendolo ad abbandonare la sua identità e cultura, rendendolo folcloristico, è stata un’ossessione delle classi dominanti sin dalla Costituzione del 1824. L’intenzione di costruire uno Stato-nazione, di sbarazzarsi dell’eredità coloniale, di resistere ai pericoli degli interventi stranieri, di combattere i poteri ecclesiastici e militari e di modernizzarsi, ha portato a privilegiare una visione di unità nazionale che escludesse la realtà plurinazionale.

Gli accordi di San Andrés avevano lo scopo di celebrare i funerali dell’indigenismo e risolvere questo debito storico. Il loro punto centrale consisteva nel riconoscimento dei popoli indios come soggetti sociali e storici e nel diritto di esercitare la loro autonomia.

L’autonomia è uno dei modi per esercitare l’autodeterminazione. La sua pratica implica il trasferimento reale di poteri, funzioni e competenze, che oggi sono di responsabilità di diverse istanze di governo, alle popolazioni indigene.

Ai dialoghi di San Andrés gli zapatisti invitarono come consigliere lo scrittore Fernando Benítez, che aveva dedicato 20 anni della sua vita alla difesa e allo studio dei popoli originari ed è autore di cinque libri monumentali su di loro. Il giornalista accettò volentieri l’invito.

Le sue motivazioni erano genuine. Cosa mi hanno insegnato gli indios? Si chiese Benítez alla fine della sua vita. E si rispose: mi hanno insegnato a non credermi importante, a cercare di avere una condotta impeccabile, a considerare sacri animali, piante, mari e cieli, a sapere in cosa consiste la democrazia e il rispetto dovuto alla dignità umana. Anche a passare dal quotidiano al sacro (La Jornada, 5/7/95).

Sebbene molti dei problemi che affrontavano fossero gli stessi, la prospettiva di lotta delle popolazioni indigene che partecipavano ai dialoghi era completamente diversa da quelle che Benítez descriveva dal 1960. L’autore di Los indios de México li considerava le persone più miserabili, i contadini più poveri, quelli che viveva nelle terre peggiori in un paese con terre pessime, quelli che venivano invasi. Anticipava l’inevitabile destino a scomparire delle loro culture e la loro sostituzione con i disastri dell’industrialismo. E proponeva di salvare ciò che restava delle culture indigene prima che questo processo si concludesse. (https://bit.ly/3p50tRf).

Ma non sono scomparsi. Al contrario. Sono più presenti che mai. Certamente, le popolazioni indigene convocate dall’EZLN, prima ai dialoghi e poi alla formazione del Congresso Nazionale Indigeno (CNI), subivano gli effetti del colonialismo interno e, quindi, provenivano da comunità e regioni vessate da espropri, oppressione, sfruttamento e discriminazione simili a quelle descritte da Benítez. Tuttavia, lungi dal rappresentare culture sull’orlo della scomparsa, quei leader erano l’espressione vivente della formidabile capacità di resistenza e reinvenzione delle tradizioni dei loro popoli.

Ai colloqui di San Andrés partecipavano i leader dei popoli originari sorti negli anni ’70 ed emersi alla luce pubblica a seguito dell’insurrezione zapatista, insieme alle autorità comunitarie tradizionali. Partecipavano anche importanti intellettuali indigeni che avevano preparato una ricchissima riflessione su come ricostituire i loro popoli.

A 25 anni dalla firma degli accordi e dalla fondazione del CNI, alcune delle popolazioni indigene che vi hanno partecipato sono scomparse. Altre sono entrate nei ranghi dei governi di turno, dal PAN alla 4T. Tuttavia, il movimento nato da questo processo orientato alla costruzione dell’autonomia e alla lotta al capitalismo è più vigoroso e solido rispetto a 25 ani fa. Una nuova generazione di centinaia di leader e decine di intellettuali (tra cui molte donne) ha raccolto il testimone.

Due decenni e mezzo dopo da che sono stati concordati, lo Stato messicano continua a violare gli accordi di San Andrés. In aggiunta, il movimento indigeno autonomista subisce l’assassinio dei suoi leader e l’impulso, da parte del governo federale, di un neo-indigenismo assistenziale che va di pari passo con la promozione di megaprogetti sui loro territori (https://bit.ly/3oXetMs).

Twitter: @lhan55

Testo originale: https://www.jornada.com.mx/2021/02/09/opinion/017a1pol?s=09

Traduzione “Maribel” – Bergamo

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Nuevas agresiones armadas de la ORCAO a la comunidad Moisés Gandhi


  • Garantizar la vida, integridad de Bases de Apoyo y respeto a la autonomía zapatista.

El Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de Las Casas, A.C. (Frayba), ha recibido información de la Junta de Buen Gobierno Patria Nueva, Caracol 10 “Floreciendo la semilla rebelde”, con sede en el municipio oficial de Ocosingo, Chiapas, México, en donde informan que desde el 18 de enero de 2021, hasta el día de hoy integrantes de la Organización Regional de Cafeticultores de Ocosingo (ORCAO) han agredido con disparos de armas de fuego a la comunidad de Moisés Gandhi del Municipio Autónomo Lucio Cabañas.

El 18 de enero de 2021, desde las 15:30 hrs hasta las 18:00 hrs., integrantes de la ORCAO retomaron las agresiones con disparos de armas de fuego contra las casas de la comunidad Moisés Gandhi. Fueron “alrededor de 170 disparos de calibres grandes y 80 disparos de calibres pequeños.” El 20 de enero de 2021, a las 16:00 hrs y 22:30 hrs. se registraron nuevas agresiones.

El día de hoy, aproximadamente a las 00:30 hrs, 02:10 hrs. y 02:55 hrs. nuevamente se registraron disparos contra las casas de la comunidad. La Junta de Buen Gobierno ha informado que en estos ataques han participado por lo menos 20 integrantes de la ORCAO de las comunidades San Antonio, Cuxuljá, San Francisco y 7 de febrero municipio de Ocosingo.

Desde abril de 2019, la comunidad de Moisés Gandhi ha sido agredida por parte de integrantes de la ORCAO resultando en destrucción de bienes y agresiones físicas y verbales. Para marzo de 2019, comenzaron agresiones con armas de fuego con dirección a la comunidad. El 22 de agosto de 2020, saqueo e incendio de la bodega de café ubicada en el Centro de Comercio “Nuevo Amanecer del Arcoiris en el crucero de Cuxuljá. El 8 de noviembre de 2020, integrantes de la ORCAO secuestran a Félix López Hernández, Base de Apoyo zapatista de la comunidad de Moisés Gandhi, quien fue liberado después de 4 días.

El Frayba hace un llamado al Estado mexicano para que intervenga de manera inmediata y cesen las agresiones hacia la comunidad Moisés Gandhi del Municipio Autónomo Lucio Cabañas, ya que la vida e integridad de las mujeres, niñas, niños y hombres del Pueblo Maya Tseltal se encuentra en riesgo. Las acciones emprendidas deberán respetar la jurisdicción, autonomía y libre determinación de las Junta de Buen Gobierno Zapatistas.

Solicitamos a la solidaridad nacional e internacional firmen la siguiente  acción urgente: https://frayba.org.mx/nuevas-agresiones-armadas-de-la-orcao-a-la-comunidad-moises-gandhi/

 

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Levate le ancore

Luis Hernández Navarro

A luglio, agosto, settembre e ottobre di quest’anno, una delegazione del Messico del basso si recherà in Europa. È composto dall’EZLN, dal Congresso Nazionale Indigeno-Consiglio Indigeno di Governo e dal Frente de Pueblos en Defensa del Agua y de la Tierra de Morelos, Puebla y Tlaxcala. L’iniziativa fa parte di un tour più ampio che in seguito visiterà Asia, Africa, Oceania e America.

Il gruppo terrà incontri, dialoghi, scambi di idee, esperienze, analisi e valutazioni nella lotta per la vita. Cercherà di sapere cosa c’è di diverso. Coloro che si incontreranno condividono la comprensione che il carnefice dell’umanità è un sistema sfruttatore, patriarcale, piramidale, razzista, ladro e criminale: il capitalismo (https://bit.ly/2XmkIhN).

La Dichiarazione per la Vita che accompagna la missione è stata firmata da centinaia di collettivi, associazioni di lotta, personalità e attivisti in molti paesi, che formano una galassia anti-neoliberista e anticapitalista attraversata in modi diversi dallo zapatismo. La Izquierda Unida Internacional ha salutato fraternamente la spedizione.

Si tratta chiaramente di un’iniziativa di sinistra, se per sinistra si intende la definizione data dal filosofo e giornalista austro-francese André Gorz. “Essere di sinistra – afferma – significa sentirsi legati a tutti coloro che lottano per la propria liberazione, che non accettano la determinazione dall’alto di traguardi e obiettivi e lottano, insieme o da soli, per l’eliminazione di ogni forma di dominio e per il rovesciamento di tutti gli apparati di potere”.

Il tour europeo si svolgerà in un momento di enorme confusione, incertezza, caos e insicurezza in tutto il mondo. Il futuro non è più quello che era e non è chiaro come sarà.

Il viaggio ribelle avverrà in un mondo scosso, tra l’altro, dall’incrocio tra crisi sanitaria ed economica precipitata dalla pandemia di coronavirus. A causa della crescente egemonia del capitalismo digitale nel processo di ricomposizione globale di questo sistema economico. A causa dell’emergere di un nuovo e timido progressismo latinoamericano articolato intorno al Gruppo di Puebla, che sembra voler prescindere dall’influenza di Cuba e Venezuela nella regione. Per la sconfitta elettorale del Trumpismo e il suo auto-golpe di stato. Per l’avanzata dell’estrema destra, il razzismo e la xenofobia in molti paesi europei. O per il crescente riavvicinamento di Cina e Russia.

Ma, anche, a causa del dispiegamento di molte lotte di resistenza, come quella condotta in Grecia da proteste instancabili di gruppi di base che hanno costretto la giustizia di quella nazione a condannare il partito fascista Alba Dorada come organizzazione criminale e condannare al carcere alcuni dei suoi leader. O come l’irruzione in Francia del movimento dei gilet gialli contro l’aumento del prezzo del carburante, l’ingiustizia fiscale e la perdita del potere d’acquisto. O l’emergere di reti antifasciste e antirazziste in tutto il territorio dell’Unione europea che trovano cittadinanza universale. Oltre alla persistenza di una potente mobilitazione femminista.

Elaborare una visione su quel vecchio mondo che precipita clamorosamente e il nuovo che emerge con grandi difficoltà, richiede che sia vissuto, pensato, analizzato, dalle lotte di resistenza del basso che formano la costellazione associativa in difesa della vita.

La spedizione europea non deve sorprendere. Molti dei gruppi che resistono in Europa hanno accompagnato gli zapatisti dal 1994. Luca Casarini, attivo da molti anni nei Centri Sociali Italiani, diceva: abbiamo un sogno. In quel sogno siamo nati il 1° gennaio 1994, accanto agli zapatisti. Il sogno è buono e non è del tutto fantasioso, ma la realtà è diversa.

Quel sogno non è esclusivo di Luca. Nonostante gli anni trascorsi dalla sollevazione dell’EZLN, in tutta Europa molte forze si identificano profondamente con lo zapatismo. Un buon numero di loro ha svolto un ruolo chiave nel movimento dei movimenti che ha affrontato la globalizzazione neoliberista, nelle proteste contro l’invasione e la guerra in Iraq, nella lotta all’emergenza fascista, nell’occupazione delle piazze pubbliche, in difesa dei migranti, nella lotta agli sfratti dopo la crisi del 2008 e migliaia di altre lotte.

Per più di 26 anni, migliaia di questi attivisti hanno viaggiato regolarmente in missioni di solidarietà negli accampamenti dei ribelli in Chiapas. Il governo messicano ne ha deportati a dozzine e ha proibito loro di tornare nel Paese. Hanno partecipato attivamente al Primo Incontro per l’Umanità e contro il Neoliberismo, convocato dall’EZLN nella Selva Lacandona nel 1996. La sinistra istituzionale li chiamava aretudos (con un pizzico di disprezzo), per la moda maschile di indossare piccoli orecchini. Curiosamente, questi aretudos sono stati protagonisti di un ciclo di lotte storiche intorno all’altromondismo e hanno rinnovato la sinistra europea del basso.

La decisione degli zapatisti, CNI-CIG e del Frente de Pueblos en Defensa del Agua y de la Tierra de Morelos, Puebla y Tlaxcala, di levare le ancore e salpare verso l’Europa, sarà una specie di visita contraccambiata per incontrare quei vecchi amici ai quali hanno offerto ospitalità lungo due decenni e mezzo. Un gesto di reciprocità per avallare l’impegno di lottare ovunque e in ogni momento, fino alla sua distruzione, contro il capitalismo.

@lhan55

Fonte: https://www.jornada.com.mx/2021/01/12/opinion/012a1pol?s=09

Traduzione “Maribel” – Bergamo

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Messico – Chiapas, continue violenze contro le comunità zapatiste

“Dove ho il mio appezzamento, mi hanno rubato il grano. Siamo andati a cercare le prove e proprio lì ci hanno sparato, nella comunità di San Felipe ”, racconta una donna che è membro delle Basi di Appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (BAEZLN) nella regione di Moisés Gandhi, nel comune ufficiale di Ocosingo.

Questa è solo una delle più recenti denunce di attacchi armati e violenze da parte dei membri dell’Organizzazione dei coltivatori di caffè di Ocosingo (ORCAO) contro le comunità appartenenti al Municipio Autonomo Ribelle Zapatista (MAREZ) di Lucio Cabañas, uno dei municipi che furono costituiti dall’EZLN dal 1994. In questi territori ribelli, che prima erano nelle mani di proprietari terrieri e agricoltori, l’autogoverno viene esercitato attraverso amministrazioni autonome.

Negli ultimi giorni di questo mese di Gennaio, una carovana di osservazione e solidarietà composta da organizzazioni, gruppi e individui, aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, ha riferito che il giorno 12, “intorno alle 8:30 del mattino un gruppo di circa 30 uomini appartenenti al gruppo di oppositori è arrivato nei pressi delle terre su cui stavano lavorando le Basi di Appoggio (BAEZLN), scattando foto ai membri di questa Carovana, come forma di intimidazione per ostacolare il loro lavoro ”, hanno riferito in un comunicato.

Questa Carovana ha svolto il suo primo lavoro di documentazione nell’Ottobre 2020. Oltre a questo impegno, il 7 Dicembre 2020 è stata effettuata la prima Missione di Osservazione Civile, svolta da organizzazioni appartenenti alla Rete ” Todos los derechos para todas y todos”, che ha raccolto anche varie testimonianze che indicano un aumento degli attacchi dal 2019. I principali responsabili sono stati identificati come membri dell’ORCAO.

Nella loro visita più recente, questa Carovana ha il compito di accompagnare l’inizio della coltivazione della terra e nella semina del grano in questo territorio ribelle.

I partecipanti alla Carovana ribadiscono: “ricordiamo che la posizione della carovana di osservazione e solidarietà è ed è stata favorevole alla pace, per questo chiediamo rispetto per il diritto all’autonomia e alla libera autodeterminazione zapatista, rispetto per le loro terre recuperate che fanno parte del suo territorio, così come il rispetto e la garanzia dell’integrità, sicurezza e vita delle Basi di Appoggio dell’ EZLN ”

Attacchi all’economia comunitaria

Le donne di Moisés Gandhi, una zona composta da otto villaggi, affermano inoltre che i membri dell’ORCAO hanno frazionato e messo in vendita terreni recuperati dopo la rivolta zapatista del 1994.

“Nella comunità di San Felipe … hanno diviso la terra e hanno alzato recinzioni. Nella comunità di Progreso hanno sbarrato il terreno recuperato”, dicono le BAEZLN sulla espropriazione violenta fatta da membri armati dell’Orcao.

Oltre a questo, le famiglie hanno segnalato anche l’asportazione di materiali da costruzione e legno. “Mentre noi stiamo lottando organizzandoci e non abbiamo mai preso soldi dalle terre recuperate, (i membri dell’ORCAO) hanno abbattuto gli ocotales (n.d.t. si tratta di vasti boschi con una variegata vegetazione), stanno tagliando il legno. Sono qui con i loro proiettili, con le loro guardie, con le loro armi di grosso calibro. Non possiamo più andare alla milpa, ci stanno controllando”, denunciano la presenza di gruppi armati.

Secondo il Rapporto della Carovana di Solidarietà realizzato lo scorso Ottobre, “all’inizio del 2020, alle aggressioni si sono aggiunti i furti di raccolti, la distruzione di recinzioni e palizzate, la presenza di persone armate con radio trasmittenti e la presenza di guardie, minacce verbali e scritte, intimidazioni e attacchi fisici contro BAEZLN, l’incendio e la fumigazione di raccolti, rapine nei negozi nelle comunità autonome, incendio di alveari, distruzione della Scuola Secondaria Autonoma e spari di armi da fuoco “, tutti gli attacchi si sono verificati nel ejido di Moisés Gandhi.


Allo stesso tempo, nella comunità di Nuevo San Gregorio, terreno recuperato di 155 ettari nella stesso Municipio Autonomo, attraverso azioni intimidatorie, i membri dell’ORCAO impediscono alle famiglie zapatiste di entrare negli spazi dove svolgono i lavori collettivi per rinforzare l’economia della comunità.

“Noi vogliamo lavorare e non possiamo farlo”, affermano le BAEZLN di Nuevo San Gregorio sull’impossibilità di trasferirsi nella terra dove si coltiva il grano.

Da Novembre 2019 queste terre sono state recintate dal gruppo armato ORCAO nell’ambito delle molestie che hanno impedito anche alle famiglie di riprendere il lavoro in una cooperativa di pescicoltura, oltre che l’accesso ai terreni per piantare ortaggi.

Controinsurrezione in aumento

Gli attacchi all’economia autonoma privano le persone dei loro elementi basilari per la vita: acqua e cibo. “L’anno scorso non abbiamo potuto raccogliere tutto, solo il 50% è stato raccolto. Da maggio a novembre abbiamo speso 80mila pesos solo per comprare mais e fagioli”, hanno riferito con rammarico le famiglie di Nuevo San Gregorio per le azioni di controinsurrezione, in una situazione aggravata dalla pandemia di Covid-19.

Per questo, nell’ultimo anno, le BAEZLN hanno sofferto della mancanza di cibo e dell’impossibilità di proseguire lavori come la semina per autoconsumo, la vendita di ricami e mecapales (n.d.t. contenitori per il trasporto della legna e di altre merci), oltre alla produzione di mobili e carpenteria.

Denunciano che “hanno circondato tutto, i nostri animali, i nostri lavoratori, l’acqua. Sì, stiamo soffrendo molto”, condividono testimoni della comunità di Nuevo San Gregorio, mentre mostrano le terre da seminare che sono state violentemente espropriate dai membri dell’ORCAO.

https://archive.org/details/video-4-campana

Le testimonianze raccolte sottolineano le aggressioni avvenute il 22 Agosto 2020, quando membri armati dell’ORCAO hanno bruciato i magazzini di caffè, il comedor “Compañera Lucha”, oltre a saccheggiare il negozio collettivo Centro de Comercio Nuevo Amanecer del Arcoiris, rubando contanti e distruggendo il posto.


Secondo il rapporto della Carovana Solidale, tra i danni di quel giorno e gli attacchi successi in altri occasioni, il totale dei danni contro le comunità BAEZLN ammontano a quasi un milione e mezzo di pesos messicani.

Il negozio era collettivo e ci affidiamo a quello per le commissioni e fino ad oggi non abbiamo più niente, non ci hanno lasciato niente. Hanno preso tutto, tutti i soldi e il compagno che era di turno nella vendita lo hanno attaccato, rinchiuso e trattenuto per una notte facendogli patire freddo e fame”

Mujeres Base de Apoyo de Moisés Ghandi


Continuare la lotta

“Non ci arrendiamo. Per andare avanti abbiamo iniziato a organizzare il nostro lavoro collettivo. I compagni giovani hanno iniziato con i mecapal, anche se non avevano esperienza, ma è così che stanno imparando. E con i compagni che fanno la falegnameria, anche se hanno solo un martello, una sega e una pialla stiamo andando avanti. Noi compagne abbiamo iniziato a ricamare in modo da avere un po’ di soldi perché non abbiamo niente. Abbiamo bambini, chiedono le loro cose e non abbiamo soldi, ecco perché iniziamo da quello”, hanno detto le donne delle BAEZLN nella comunità di Nuevo San Gregorio.

Inoltre, le Basi di Appoggio dell’EZLN dicono che mentre queste terre vengono sottratte, il gruppo paramilitare le mette immediatamente in vendita. “Loro (l’ORCAO) hanno già dato un prezzo al terreno, che è di 100.000 pesos per ettaro, ma non daremo loro il piacere di fare quello che vogliono. Lo difenderemo, a qualunque costo. Non siamo proprietari, siamo guardiani dell’organizzazione. Quello che possiede questa terra è l’organizzazione. Colui che possiede questa terra sono coloro che hanno dato il loro sangue. Non è solo nostra è di tutti”.

L’obiettivo della difesa di questo territorio liberato, sostengono i campesinos, “E’ vivere, non fare affari. La terra è per nutrirci, non per fare affari. Gli alberi servono per l’ossigeno, non per gli affari. Vogliamo che si fermino”, hanno chiesto i membri delle BAEZLN di Nuevo San Gregorio durante il giro con la Carovana Solidale che si è tenuto nel 2020.

Secondo le autorità della Junta de Buen Gobierno (JBG) Nuevo Amanecer en Resistencia y Rebeldia por la Vida y la Humanidad con sede a Patria Nueva, i membri di ORCAO “Non sono più fratelli. Fratelli è quando si capiscono, quando si ascoltano, quando sentono il dolore, la sofferenza dei bambini, delle donne incinte”, riferiscono nei video della Carovana Solidale, perché anche se le BAEZLN ha richiesto un dialogo, i membri dell’ORCAO continuano gli attacchi armati.

Le persone sono tristi ma anche arrabbiate e preoccupate. “Il coraggio e la rabbia che hanno i miei compagni ce l’ho anche io. Abbiamo detto: se toccano uno di noi, ci toccano tutti, perché loro (l’ORCAO) tengono (i terreni) solo per vendere, ma noi ce ne occupiamo, vogliamo proteggerlo. Perché non stiamo solo pensando a qualcosa per noi stessi come popoli zapatisti, stiamo guardando oltre. Stiamo difendendo la Madre Terra perché da lì mangiamo, lì viviamo e lì continueremo a resistere”, sottolinea una donna che è membro della JBG del Caracol numero 10 Floreciendo la Semilla Rebelde.

Per guardare la serie di video completi con le testimonianze delle famiglie zapatiste cliccare ⇒ qui.

Fonte: https://avispa.org/chiapas-continua-violencia-contra-comunidades-zapatistas/

Traduzione Cooperazione Rebelde Napolihttp://yabastanapoli.blogspot.com/2021/01/messico-chiapas-continue-violenze.html

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LAPAZ

 https://www.facebook.com/LiberaAssembleaPensandoPraticando

Assemblea nazionale italiana di coordinamento per il viaggio europeo Zapatisti e Zapatiste

Nell’ottobre 2020 l’EZLN ha annunciato che una delegazione zapatista viaggerà nei 5 continenti nel 2021, partendo dall’Europa.

Appena saputa la notizia è stata convocata il 14 ottobre 2020 una prima assemblea pubblica molto partecipata dal Nord al Sud per aprire la discussione ed avviare, in maniera plurale e condivisa, un percorso politico e di accoglienza degna per i compagni e le compagne zapatiste in Italia in collegamento con le altre realtà europee, a partire dalla rete di Europa Zapatista.
L’assemblea dopo il primo incontro si è ritrovata il 29 ottobre, il 25 novembre e il 22 dicembre per condividere le informazioni raccolte a livello europeo, avviare la costruzione di una proposta collettiva per la visita degli zapatisti in Italia e iniziare a pensare iniziative comuni per raccogliere fondi e far fronte alle varie necessità. Contemporaneamente si sono creati degli spazi comuni nelle diverse regioni/territori italiani, come nel Nord Ovest, a Roma ed altri.
E’ stata aperta una mail comune per ricevere/inviare le comunicazioni che è viaggio2021zap@gmail.com, si è creato un google drive condiviso per raccogliere informazioni e proposte, ad ora sono circa 240 le mail a cui vengono inviate informazioni è si è pensato di creare la pagina FB di LAPAZ.
Negli incontri si è sottolineato l’importanza di allargare la partecipazione per creare uno spazio comune sempre più ampio, in cui organizzarsi insieme.
L’assemblea è aperta alla partecipazione di singoli, collettivi, associazioni, reti e a quanti vogliono impegnarsi nella costruzione di un cammino condiviso, al di là delle proprie differenze ed esperienze .
QUI Il Percorso dell’Assemblea al 7 gennaio 2021: Percorso dell’Assemblea al 7 gennaio 2021

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Foto José Carlos González

L’EZLN e L’Altra Europa

Raúl Romero*

Nel 1994, quando la caduta del socialismo e la fine della storia si imponevano come narrazioni globali ufficiali e il capitalismo neoliberista era offerto come unica via, lo Ya Basta! lanciato dai popoli Maya organizzati nell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) risuonò forte in Messico, America Latina e in gran parte del mondo.

L’EZLN ha dotato un’intera generazione di motivazioni e speranze che presto hanno riarticolato la resistenza su scala globale. Militanti, artisti, intellettuali e persone provenienti da tutto il mondo si sono recati nella Selva Lacandon per contagiarsi della ribellione indigena. Lo slogan Un altro mondo è possibile è così diventato l’emblema di una nuova ondata di mobilitazioni mondiali. La lotta al neoliberismo e a difesa dell’umanità che si è diffusa in tutto il pianeta, ha trovato nello stato del Chiapas uno dei suoi principali bastioni.

A Seattle, a Genova, a Porto Alegre e in tanti altri luoghi dove era presente il movimento altromondista, l’emblema dello zapatismo si è palesato.

Da allora sono passati molti anni. Sono stati costruiti molti movimenti e processi di società alternative al capitalismo. Tra tutti continua a spiccare il progetto di emancipazione che gli zapatisti hanno costruito e che aggiornano costantemente.

Lo scorso ottobre, in mezzo alla pandemia, l’EZLN ha annunciato che “diverse delegazioni zapatiste, uomini, donne e altri del colore della nostra terra, usciranno per girare il mondo, camminare o navigare verso suoli, mari e cieli remoti, cercando non la differenza, non la superiorità, non lo scontro, tanto meno perdono e pietà. Andremo a trovare ciò che ci rende uguali”.

Come prima destinazione, le delegazioni zapatiste si recheranno nell’Altra Europa, dove il popolo originario Sami, che storicamente alleva e pascola le renne, e il cui territorio è compreso tra Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia, oggi resiste all’espropriazione e all’inquinamento generato da parchi eolici, miniere, estrazione di gas e petrolio, nonché la costruzione del Treno Artico, un treno ad alta velocità che rafforzerà il corridoio artico e gli scambi commerciali tra Europa e Asia.

In quell’Altra Europa, dove alcuni popoli e organizzazioni in Italia si sono articolati nel No-Tap per fronteggiare il Gasdotto Trans-Adriatico, un progetto studiato per portare il gas dall’Azerbaijan in Europa. Il No-Tap sottolinea che è nato per la tutela e la salvaguardia dei territori, nonché per l’autodeterminazione delle popolazioni che credono in un modello di sviluppo sostenibile, diverso da quello imposto, contro la speculazione finanziaria a danno delle comunità.

Anche in quell’Altra Europa, e più precisamente a Notre-Dame-des-Landes, in Francia, dove la popolazione ha difeso il proprio territorio contro il tentativo, da parte del governo, di costruire un aeroporto. Agricoltori, coltivatori e attivisti hanno combattuto una delle lotte più emblematiche dell’attuale storia della Francia, generando una delle più grandi occupazioni di terra nell’Europa di oggi e dichiarando il territorio Zona da Difendere (ZAD). Con approcci anticapitalisti e ambientalisti, la ZAD è diventata un punto di riferimento per altre lotte.

La lista è lunga: nel Regno Unito la resistenza contro la linea ferroviaria ad Alta Velocità HS2, in Grecia il movimento per l’occupare delle case, nello Stato spagnolo le lotte storiche del popolo basco, la Confederazione Generale del Lavoro e le organizzazioni anticapitaliste a Madrid.

In tutto il mondo osserviamo ciò che Adolfo Gilly e Rhina Roux hanno analizzato nel loro libro El tiempo del despojo: ciò che stiamo vivendo può quindi essere visto come una nuova fase storica dell’espropriazione universale dei beni comuni, la privatizzazione di ciò che apparteneva a tutti , la ridistribuzione mondiale della rendita della terra e del plusvalore generato dal lavoro vivo.

Il tempo della spoliazione sta avanzando e tutto indica che si intensificherà in Messico e nel mondo in risposta alla pandemia. È urgente articolare le lotte su scala globale, non solo per la sopravvivenza dell’umanità, ma per finire di costruire quel nuovo mondo di cui già si intravedono i segnali.

A 27 anni dalla sua apparizione pubblica, 27 anni di scommesse sulla vita, la scienza e le arti, l’EZLN oggi propone una nuova sfida: andare incontro agli altri e alle altre che, nel mondo, con resistenza e ribellione , costruiscono il nuovo mondo. Lo ha detto bene la bambina Esperanza Zapatista: questa è la nostra missione: essere seme che cerca altri semi.

* Sociólogo

Twitter: @RaúlRomero_mx

Fonte: https://www.jornada.com.mx/2021/01/02/opinion/018a2pol  Foto: José Carlos González

Traduzione “Maribel” – Bergamo

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Prima Parte: UNA DICHIARAZIONE…

PER LA VITA.

1 gennaio dell’anno 2021

AI POPOLI DEL MONDO:

ALLE PERSONE CHE LOTTANO IN EUROPA:

SORELL@ E COMPAGN@:

Durante questi mesi, ci siamo mess@ in contatto con vari mezzi. Siamo donne, lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, transgender, travestiti, transessuali, intersessuali, queer e altro ancora, uomini, gruppi, collettivi, associazioni, organizzazioni, movimenti sociali, popoli originali, associazioni di quartiere, comunità e un lungo eccetera che ci da identità.

Ci differenziano e ci allontanano terre, cieli, montagne, valli, steppe, giungle, deserti, oceani, laghi, fiumi, torrenti, lagune, razze, culture, lingue, storie, età, geografie, identità sessuali e non, radici, confini, forme di organizzazione, classi sociali, potere d’acquisto, prestigio sociale, fama, popolarità,followers,likes, valute, grado di scolarizzazione, modi di essere, mestieri, virtù, difetti, pro, contro, ma, eppure, rivalità, inimicizie, concezioni, argomentazioni, contro argomentazioni, dibattiti, controversie, denunce, accuse, disprezzo, fobìe, filiazioni, elogi, ripudi, fischi, applausi, divinità, demoni, dogmi, eresie, simpatie, antipatie, modi, e un lungo eccetera che ci rende diversi e, non di rado, contrari.

Solo poche cose ci uniscono:

Che facciamo nostri i dolori della terra: la violenza contro le donne; la persecuzione e il disprezzo delle diversità nelle loro identità affettive, emotive e sessuali; l’annientamento dell’infanzia; il genocidio contro i popoli originari; il razzismo; il militarismo; lo sfruttamento; il saccheggio; la distruzione della natura.

La consapevolezza che è un sistema il responsabile di questi dolori. Il carnefice è un sistema sfruttatore, patriarcale, piramidale, razzista, ladrone e criminale: il capitalismo.

La consapevolezza che non è possibile riformare questo sistema, educarlo, attenuarlo, limarlo, addomesticarlo, umanizzarlo.

L’impegno a lottare, ovunque e in ogni momento – ognuno nel proprio campo – contro questo sistema fino alla sua completa distruzione. La sopravvivenza dell’umanità dipende dalla distruzione del capitalismo. Non ci arrendiamo, non siamo in vendita e non claudichiamo.

La certezza che la lotta per l’umanità è mondiale. Così come la distruzione in corso non riconosce confini, nazionalità, bandiere, lingue, culture, razze; così la lotta per l’umanità è ovunque, sempre.

La convinzione che sono molti i mondi che vivono e lottano nel mondo. E che ogni pretesa di omogeneità ed egemonia attenta l’essenza dell’essere umano: la libertà. L’uguaglianza dell’umanità sta nel rispetto della differenza. Nella sua diversità sta la sua somiglianza.

La consapevolezza che non è la pretesa di imporre il nostro sguardo, i nostri passi, le nostre compagnie, i nostri percorsi e i nostri destini, che ci permetterà di avanzare, ma l’ascolto e lo sguardo dell’altro che, diverso e differente, ha la stessa vocazione di libertà e di giustizia.

Per queste coincidenze, e senza abbandonare le nostre convinzioni o cessare di essere ciò che siamo, abbiamo accordato:

Primo.- Realizzare incontri, dialoghi, scambi di idee, esperienze, analisi e valutazioni tra coloro che ci siamo impegnati, da concezioni diverse e in campi differenti, nella lotta per la vita. Poi, ognuno seguirà o meno la propria strada. Guardare e ascoltare l’altro può aiutarci o meno nel nostro viaggio. Ma conoscere il diverso fa parte anche della nostra lotta e del nostro impegno, della nostra umanità.

Secondo.- Che questi incontri e queste attività si realizzino nei cinque continenti. Che, per quanto riguarda il continente europeo, si concretizzeranno nei mesi di luglio, agosto, settembre e ottobre del 2021, con la partecipazione diretta di una delegazione messicana composta dal CNI-CIG, dal Fronte del Popolo in Difesa dell’Acqua e della Terra di Morelos, Puebla e Tlaxcala, e dall’EZLN. E, in date successive da specificare, sostenere secondo le nostre possibilità, affinché si svolgano in Asia, Africa, Oceania e America.

Terzo.- Invitare coloro che condividono le stesse preoccupazioni e lotte simili, tutte le persone oneste e tuttilos abajosche si ribellano e resistono nei molti angoli del mondo, a unirsi, a contribuire, a sostenere e a partecipare a questi incontri e attività; e a firmare e a fare propria questa dichiarazione PER LA VITA.

Da uno dei ponti di dignità che unisce i cinque continenti.

Noi.

Pianeta Terra.

1 gennaio 2021

Da differenti, disomogenei, diversi, dissimili, ineguali, lontani e diversi angoli del mondo (nell’arte, nella scienza e nella lotta di resistenza e di ribellione):

Dalle montagne del Sudest Messicano.

Per le donne, uomini, otroas, bambin@ e anzian@ dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale:

Comandante Don Pablo Contreras y Subcomandante Insurgente Moisés.
Messico.

Se volete firmare questa Dichiarazione, inviate la vostra firma firmasporlavida@ezln.org.mx. Per favore nome completo del vostro gruppo, collettivo, organizzazione o quel che è, nella vostra lingua, e la vostra geografia. Le firme verranno aggiunte non appena arriveranno.

Testo originale con le oltre 1400 firme/adesioni dal mondo: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/01/02/prima-parte-una-dichiarazione-per-la-vita/

Italia
A.N.P.I. Associazione Nazionale Partigiani Italiani
ADL COBAS
All Reds Rugby Roma
Altro Modo Flegreo
Ambasciata dei Diritti delle Marche
Ambiente&Salute
Annestus – Agoa
ARCI Noerus
Ardita Due Mari
Assalti Frontali
Assemblea Antirazzista Antifascista Di Vicofaro
Associazione «Cultura È Libertà
Associazione ATTAC Italia
Associazione Casa dei Popoli
Associazione centro socio culturale ARARAT a Roma
Associazione Città Migrante
Associazione Culturale GIShub
Associazione di Promozione Sociale
Associazione Giuseppe moscati Parrocchia San Sabino
Associazione Jambo- commercio equo Fidenza Italia
Associazione Nova Koiné
Associazione politico-culturale Tempi Post Moderni
Associazione Senza Barriere Due
Associazione senza paura Genova
Associazione Taiapaia
Associazione Verso il Kurdistan e Rete Jin
Associazione Ya Basta Caminantes Padova
Associazione Ya Basta Moltitudia Roma
Associazione YA BASTA! ÊDÎ BESE Y Centri Sociali del Nordest
Associazione Ya Basta! Milano
Associazione YaBasta! – Casa Della Solidarietà Sabino Romano
Ateneo Libertario
Azione Antifascista Roma Est
Brigata Sanitaria Soccorso Rosso
Brustolin, Maryline
Buscemi, Marquito
C.S.A NEXT EMERSON
Cadtm (Comitato per annullamento debiti illegittimi)
Camera del Non Lavoro
Cantiere
Carovane Migranti
Casa Bettola
Casa dei Circoli, Culture e Popoli
Casa Dei Diritti Dei Popoli
Casa del Popolo Campobasso
Casa della Cooperazione
Casa delle Donne di Milano
Casa delle Donne Lucha y Siesta
Casa delle Donne-Nudm
Casa Madiba Network
Cattive Ragazze
Centro giovanile Batti il tuo tempo
Centro Sociale Anomalia
Centro sociale Anomalia Palermo
Centro sociale autogestito «INTIFADA» Empoli (FI)
Centro Sociale Autogestito Magazzino47
Centro Sociale CasaLoca
Centro Sociale Occupato Autogestito «Angelina Cartella»
Centro Sociale Tpo
Chichimeca
CIAC ( centro immigrazione, asilo, cooperazione internazionale)
Circolo «D. Lazzari» di Legnano
Circolo ANPI Renato Biagetti
Circolo ARCI Barbun KM0
Circolo Arci Nausicaa
Circolo Fratellanza Casnigo
Ciss-ong Palermo
Clown Army Roma
COBAS Confederazione dei Comitati di Base
COBAS Napoli
Collettiva Una volta per tutte
Collettivo 20ZLN
Collettivo Caffè Malatesta
Collettivo Femminista Lotto
Collettivo Lsoa Buridda
Collettivo Nodo Solidale
Collettivo Popolare «Ramona»
Collettivo redazionale della rivista LEF Libertè Egalitè Fraternit
Comitato Abitanti San Siro
COMITATO AMIG@S MST
Comitato antirazzista cobas Palermo
Comitato Chiapas «Maribel»
Comitato Città Vecchia Taranto
Comitato Jineoloji
Comitato Madri per Roma Città Aperta
Comitato No Muos – No sigonella
Comitato per non dimenticare Abba
Comitato Piazza Carlo Giuliani
Comitato Roma Xii Per La Costituzione
Comité por la Anulación de la Deuda del Tercer Mundo
Comune del Crocicchio
Comunità curda in Italia
Comunità di Resistenza Contadina Jerome Laronze
Comunita’ RNCD
Contadinazioni-fuori mercato
Cooperativa Sociale Le Rose Blu
Coordinamento Calabrese Acqua Pubblica «Bruno Arcuri»
Coordinamento dei Collettivi Studenteschi di Milano e Provincia
Coordinamento Nazionale No Triv
CORTOCIRCUITO Flegreo
Csa Astra/Lab Puzzle/cs Brancaleone
Csoa Ex Snia
Csoa Forte Prenestino
Csoa Gabrio
Csoa La Strada
Csoa la torre
Dinamopress
Dipende da Noi
Enoize
ESC Atelier Roma
Ex Caserma Liberata
Ex caserma occupata
Federazione Anarchica Siciliana
Foro Italiano de los Movimientos per el Agua
Forum Antirazzista Palermo
Fridays For Future
Fuorimercato, autogestione in movimento
GAS Caracol Franciacorta
Genuino Clandestino Firenze
Giovani Comunisti
«GIShub – Associazione Culturale GIScience for Humanity, Urban space and Biosphere
Gruppe B.A.S.T.A.
Gruppo Anarchico «Bakunin» – FAI Roma e Lazio
Gruppo Autonomo LiberidiAmare Autonomia Contropotere
Gruppo Consiliare Sinistra Progetto Comune – Comune di Firenze
Gruppo di Acquisto Solidale – Cosenza
Gruppo lampi
Il Cantiere delle Idee
IFE (Iniziativa Femminista Europea)
L’associazione G.L.R.
L’associazione politico culturale Resistenza Gallura
L38squat
La Milpa Orto Collettivo
La Panchovilla in Sabina
Laboratorio Andrea Ballarò
Laboratorio Aq16
Laboratorio Crash!
Laboratorio Decoloniale Femminista e Queer
Laboratorio di economia solidale ambientale e sociale
Laboratorio di Mutuo Soccorso ZERO81
Laboratorio Occupato Autogestito Acrobax – LOA Acrobax
Laboratorio Occupato Insurgencia
Laboratorio Sociale Alessandria
Le Mafalde
Liberation queer+ Messina
Lisangà, culture in movimento
Malanova
Manituana – Laboratorio Culturale Autogestito
Mediterranea Saving Humans
Mondeggi Bene Comune, Fattoria Senza Padroni
Movimento NO MUOS
No Border APS
Non Una Di Meno – Milano
Non Una Di Meno – Modena
Non Una di Meno Alessandria – Casa delle Donne Alessandria
Non Una Di Meno Lucca
Non Una di Meno Palermo
Non Una Di Meno Piacenza
Non Una di Meno Ravenna
Non Una Di Meno Reggio Emilia
Non Una di Meno Roma
Non Una di Meno Torino
Non Una di Meno Venezia
Nudm Palermo
Officina Rebelde Catania
Operai /e dello Spettacolo Associati/e
Osservatorio Repressione – Italia
Palermo Pride
Palermo ribelle
Partito della Rifondazione Comunista
Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea
Potere al Popolo!
Presidio salute solidale – Napoli
Progetto 20k
Quarticciolo Ribelle
R.A.S.P.A. Rete Autonoma Sibaritide e Pollino per l’Autotutela
Radio Sherwood
Re:common
Resistenza Casa Sportello Solidale
Rete Antifascista Roma Sud
Rete antirazzista catanese
Rete Antirazzista Catanese e Comitato NoMuos/NoSigonella
Rete Jin
Rete Kurdistan Italia
Rete Kurdistan Roma
ReteJin
Reti di Pace
Ri-Make Bene Comune
RiMaflow, fabbrica recuperata in autogestione
Scomodo
Scuola Popolare Piero Bruno
Signoretti, Claudia
Siracusa Ribelle
Spazio di Mutuo Soccorso
Spazio Libertario Pietro Gori
Spazio sociale 100celle aperte
TATAWELO
TeatrOfficina Refugio
Termoli Bene Comune- Rete della Sinistra
terraTERRA
Ufficio Informazione del Kurdistan in Italia
Unione Sindacale di Base
Verità e Giustizia per i Nuovi Desaparecidos
Vivèro- luogo di quartiere
Ya Basta Bologna
Ya Basta! Marcas Italia
Alberi, Urbani
Amicucci, Caterina
Berti, Stefano
Boffa, Daniela
Botti, Andrea
Bresciani, Marco
Capezza, Iolanda
Caudo, Melina
Celestini, Ascanio
Cesi, Alessandro
Clerici, Naila
Crabuzza, Claudia
De Luca, Mariano
Della Corte, Raffaele
Devastato, Giovanni
Fabiano, Pino
Garelli, Annamaria
Garibaldi, Casale
Indiano, Carlotta
Kaveh, Afshin
Luca Pandolfi
Medici, Sandro
Nicotra, Alfio
Piccinini, Massimiliano
Proia, Veronica
Rossa, Casetta
Sandroni, Doriana
Santoro, Alessandro
Saverio Calabresi, Francesco
Traverso, Enzo
Valcamonica, Adarosa
Vigo, Adele
Vitalesta, Enzo
Zanchetta, Aldo
Zanchetta, Brunella

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Seconda Parte: IL BAR

Calendario? L’attuale. Geografia? Ogni angolo del mondo.

Non sai davvero perché, ma stai camminando mano nella mano con una bambina. Sta per chiederle dove state andando, quando passate davanti a un grande bar. Una grande insegna luminosa, come il cartellone di un cinema, recita: “LA STORIA CON LE MAIUSCULE. Snack bar”, e più sotto “Non sono ammesse donne, bambini, indigeni, disoccupati, otroas, anzian@, anziani, migranti e altri rifiuti”. Una mano bianca ha aggiuntoIn this place, Black Lives does not matter”. E un’altra mano virile ha aggiunto: “Le donne possono entrare se si comportano da uomini”. Ai lati dell’edificio sono ammucchiati cadaveri di donne di tutte le età e, a giudicare dagli abiti laceri, di tutte le classi sociali. Ti fermi e, rassegnata, anche la bambina. Sbirciate attraverso la porta e vedete un casino di uomini e donne dai modi mascolini. Al bancone un maschio brandisce una mazza da baseball e minaccia a destra e a manca. La folla è chiaramente divisa: da una parte applaude mentre fischia dall’altra. Sono tutti ubriachi: lo sguardo torvo, la bava che scorre lungo il mento, il viso arrossato.

Ti si avvicina quello che dovrebbe essere il portiere o qualcosa del genere, e chiede:

Vuoi entrare? Puoi scegliere di stare dalla parte che vuoi. Vuoi applaudire o contestare? Indipendentemente da quale scegli, ti garantiamo che avrai molti follower, Like, pollici alzati e applausi. Diventerai famoso se ti verrà in mente qualcosa di ingegnoso, a favore o contro. E anche se non è molto intelligente, è sufficiente che faccia rumore. Inoltre, non importa se quello che urli è vero o falso, purché urli forte”.

Tu valuti l’offerta. Ti sembra attraente, soprattutto ora che non hai nemmeno un cane che ti segua.

È pericoloso?”, azzardi timidamente.

L’uomo alla catena ti tranquillizza: “Per niente, qui regna l’impunità. Guarda chi c’è ora. Dice qualche sciocchezza e alcuni lo applaudono e altri lo criticano con altre sciocchezze. Quando quella persona finisce il suo turno, ne verrà fuori un’altra. Te l’ho detto prima che non devi essere per forza intelligente. Inoltre, l’intelligenza qui è un ostacolo. Coraggio. Così ci si dimentica delle malattie, delle catastrofi, delle miserie, delle bugie del governo, del domani. Qui la realtà non ha molta importanza. Ciò che conta è la moda del momento”.

Tu: “E di cosa stanno discutendo?”.

Ah, di qualunque cosa. Entrambe le parti si impegnano in frivolezze e stupidità. Poiché la creatività non è roba loro. Tutto qui.”, risponde la guardia mentre sbircia, timoroso, in cima all’edificio.

La bambina segue la direzione del suo sguardo e, indicando la sommità dell’edificio, dove si può vedere un intero piano – tutto di vetro a specchio -, chiede:

E quelli lassù sono pro o contro?”.

Ah, no”, risponde l’uomo ed aggiunge sottovoce: “Quelli sono i padroni del bar. Non hanno bisogno di esprimersi per nulla, semplicemente si fa ciò che loro ordinano”.

Fuori, più in là per strada, si vede un gruppo di persone che, supponi, non avesse interesse ad entrare nel bar ed ha proseguito la sua strada. Un altro gruppo esce dal locale infastidito, mormorando: “è impossibile ragionare lì dentro” e “invece di ‘La Storia’, dovrebbe chiamarsi “’a Isteria’”. E si allontanano ridendo.

La bambina ti fissa. Tu sei indeciso…

E lei ti dice: “Puoi fermarti o proseguire. Solo sii responsabile della tua decisione. La libertà non è solo potere decidere che cosa fare e farlo. È anche essere responsabile di quello che si fa e della decisione presa”.

Ancora senza prendere una decisione, chiedi alla bambina: “E tu dove vai?”.

Nel mio villaggio”, dice la bambina, e allunga le manine all’orizzonte come per dire “nel mondo”.

Dalle montagne del sud-est messicano.

El SupGaleano.
È il Messico, è 2020, è dicembre, è mattina presto, fa freddo e la luna piena guarda, stupita, come le montagne si sollevano, si rimboccano un po’ le falde e lentamente, molto lentamente, cominciano a camminare.

-*-

Dal quaderno del Gatto-Cane: Esperanza racconta a Defensa un sogno che aveva fatto.

Quindi sto dormendo e sto sognando. Naturalmente so che sto sognando perché sto dormendo. Quindi è per questo che vedo che mi trovo molto lontano. Che ci sono uomini e donne e otroas molto altri. Cioè, non li conosco. Parlano una lingua che non capisco. E hanno molti colori e modi molto diversi. Fanno molto rumore. Cantano e ballano, parlano, discutono, piangono, ridono. E non so niente di quello che vedo. Ci sono edifici grandi e piccoli. Ci sono alberi e piante come quelli di qui, ma diversi. Cibo molto diverso. Quindi è tutto molto strano. Ma la cosa più strana è che, non so né perché né come, ma so che sono a casa”.

Esperanza tace. Defensa Zapatista finisce di prendere appunti nel suo quaderno, la fissa e, dopo pochi secondi, le chiede:

Sai nuotare?”.

In fede.

Guau-Miau

Traduzione “Maribel” – Bergamo Testo originale:http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2020/12/29/segunda-parte-la-cantina/

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TERZA PARTE: LA MISSIONE

Di come Difesa Zapatista cerca di spiegare a Speranza quale sia la missione dello zapatismo e altri felici ragionamenti

«Bene, ti spiegherò qualcosa di molto importante. Ma non puoi prendere appunti, lo devi tenere a mente. Perché il quaderno lo lasci buttato da qualsiasi parte, mentre la testa te la devi tenere addosso tutto il tempo».

Difesa Zapatista cammina da una parte all’altra, come dice facesse la buonanima quando spiegava qualcosa di molto importante. Speranza è seduta su un tronco e, previdente, ha collocato un nylon sul legno umido fiorito di muschio, funghi e rametti secchi.

«Per caso stiamo per vedere dove arriveremo con la lotta?’», dà il via Difesa Zapatista indicando con le sue manine un punto vago.

Speranza sta pensando una risposta, ma è evidente che Difesa ha fatto una domanda retorica, cioè di cui non le interessa la risposta, bensì le domande che conseguono alla prima questione. A proprio parere, Difesa Zapatista sta seguendo il metodo scientifico..

«La problema non è quindi arrivare, bensì crearsi un cammino. Vale a dire che se non c’è un cammino, allora bisogna farlo, perché altrimenti come si fa», la bambina brandisce un machete che chissà da dove è uscito, ma di sicuro in qualche capanna lo stanno cercando.

«Quindi, la problema è come cambiato, e la primissima cosa è il cammino. Perché se non c’è il cammino dove vuoi andare, perciò diventa una preoccupazione inutile. Quindi che faremo se non c’è cammino per dove andiamo?»

Speranza risponde con soddisfazione: «Aspettiamo che smetta di piovere per non bagnarci quando faremo il cammino».

Difesa si passa una mano tra i capelli -e rovina la pettinatura che alla sua mammina è costato mezz’ora sistemare- e grida:«No!»

Speranza dubita e azzarda: «Lo so: diciamo una bugia a Pedrito che ci sono caramelle lì dove andiamo, ma non c’è il cammino e che veda chi fa per primo un suo cammino, e si riempie le tasche di caramelle».

Difesa reagisce: «Chiederemo forse aiuto ai fottuti uomini? Maimente. Noi lo faremo da donne che siamo.»

«Certo», dice Speranza, «e magari c’è il cioccolato.»

Difesa prosegue: «Ma che si fa se ci perdiamo nell’aprirci il cammino?»

Speranza risponde: «Gridiamo chiedendo aiuto? Spariamo dei razzetti o suoniamo la conchiglia perché ci sentano dal villaggio e vengano a liberarci?»

Difesa capisce che Speranza sta prendendo la faccenda alla lettera e, inoltre, sta ottenendo il consenso del resto del pubblico. Per esempio, il gatto-cane ora si lecca i baffi immaginando la pentola piena di cioccolato alla fine dell’arcobaleno, e il cavallo monco sospetta che forse ci sia anche del mais col sale e la pentola traboccante di bottiglie di plastica. La Calamità fa le prove della coreografia che le ha disegnato il SupGaleano, chiamata «pas de chocolat«, che consiste nel bilanciarsi a mo’ di rinoceronte sulla pentola.

Elías Contreras, dal canto suo, fi dalla prima domanda ha tirato fuori la sua lima e affila il suo machete a doppio taglio.

Più in là, un essere indefinito, straordinariamente simile a uno scarafaggio, porta uno striscione dove si legge «Chiamatemi Ismaele«, discute con il Vecchio Antonio i vantaggi dell’immobilità sulla terraferma, e argomenta così: «Eh sì, caro il mio Queequeg, non c’è balena bianca che si avvicini a porto«. L’anziano indigeno e zapatista, maestro involontario della generazione che si sollevò in armi nel 1994, si fa una sigaretta con la macchinetta e ascolta attento le argomentazioni della bestiola.

La bambina Difesa Zapatista si rende conto che, come le scienze e le arti, si trova nella difficile condizione di essere incompresa: come un pas de deux che attende l’abbraccio per le piroette e il sostegno per un porté; come un film rinchiuso in una pizza in attesa di uno sguardo che lo liberi; come un porto senza imbarcazione; come una cumbia che attende le anche che le diano senso e scopo; come un Cigala concavo senza convesso; come Luz Casal andando all’incontro del fiore promesso, come Louis Lingg senza le bombe del punk; come Panchito Varona cercando, dietro un accordo, un aprile rubato* (*riferimenti al flamenco di Diego El Cigala «Cóncavo y convexo», all’album di Luz Casal «Como la flor prometida», alla band Louis Lling and the Bombs, alla canzone «¿Quién me ha robado el mes de abril?» di Joaquín Sabina, di cui Pancho Varona era il chitarrista, N.d.T); come uno ska senza pogo; come un gelato alla nocciola senza un Sup che gli faccia onore.

Ma Difesa è difesa, ma è anche zapatista, così che non ce n’è per nessuno: resistenza e ribellione, e con lo sguardo cerca il soccorso del Vecchio Antonio.

«Ma le tormente non rispettano nessuno: è sempre lo stesso per mare e per terra, nel cielo e al suolo. Fino alle viscere della terra si contorcono e soffrono umani, piante e animali. Non hanno importanza il colore, la dimensione, il modo», dice con voce spenta il Vecchio Antonio.

Tutti mantengono un silenzio a metà tra rispetto e terrore.

Continua il vecchio Antonio: «Le donne e gli uomini fanno in modo di salvaguardarsi da venti, piogge e suoli rotti dalla siccità, e aspettano che passi per vedere cosa resta loro e cosa no. Ma la terra fa di più, perché si prepara al dopo, per quel che segue. E nel suo tutelarsi comincia già a cambiare. La madre terra non aspetta che finisca la tormenta per vedere il da farsi, ma inizia fin da prima a costruire. Perciò i più saggi dicono che il domani non arriva così di punto in bianco e compare all’improvviso, bensì sta già appostato tra le ombre, e chi sa guardare lo trova tra le crepe della notte. Per questo gli uomini e donne di mais, quando seminano, sognano la tortilla, l’atole, il pozol, il tamal e il marquesote. Non ce ne sono ancora, ma sanno che ci saranno e ciò guida il loro lavoro. Guardano al loro campo di lavoro e guardano il frutto lì contenuto ancor prima che il seme tocchi il suolo.

Gli uomini e donne di mais, quando guardano questo mondo e i suoi dolori, guardano anche il mondo che bisognerà edificare, e si creano un cammino. Hanno tre sguardi: uno per il prima, uno per l’adesso, uno per quel che viene. Così sanno che seminano un tesoro: lo sguardo.»

Difesa assente entusiasta. Capisce che il Vecchio Antonio comprende l’argomento che non riesce a spiegare. Due generazioni distanti nel calendario e nella geografia tendono un ponte che va e viene… come i cammini.

«Corretto!», quasi grida la bambina e guarda con affetto l’anziano.

E lei prosegue: «Se già sappiamo dove andiamo, vuol dire che già sappiamo dove non vogliamo andare. Perciò a ogni passo ci allontaniamo da un lato e ci avviciniamo a un altro. Non siamo ancora arrivati, ma il cammino che facciamo ci traccia già quella destinazione. Se vogliamo mangiare tamales, non ci metteremo a seminare zucche».

L’auditorio intero fa un comprensibile gesto di schifo, immaginando un’orribile zuppa di zucca.

«Sopportiamo la tormenta con ciò che sappiamo, ma stiamo già preparando quel che segue. E lo prepariamo una volta per tutte. Per questo bisogna portare la parola lontano. Non importa se chi l’ha detta non ci sarà, quel che importa è che il seme giunga in terra fertile e che, dove già c’è, che si sviluppi. Cioè dare sostegno. Questa è la nostra missione: essere seme che cerca altri semi», sentenzia Difesa Zapatista, e dirigendosi a Speranza, chiede: «Hai capito?»

Speranza si alza in piedi e, con tutta la solennità dei suoi nove anni, risponde seria:

«Sì, certo che ho capito che alla fine moriremo miserabilmente.»

E quasi immediatamente aggiunge: «Ma faremo in modo che ne valga la pena.»

Tutti applaudono.

Per rafforzare il «che valga la pena» di Speranza, il Vecchio Antonio tira fuori dalla sua borsetta una scatola dei cioccolatini che chiamano «baci».

Il gatto-cane se ne fa una bella quantità con una zampata e il cavallo monco preferisce continuare con la sua bottiglia di plastica.

Elías Contreras, comissione di indagine dell’ezln, ripete a bassa voce: «Faremo in modo che ne valga la pena«, e va con il cuore e il pensiero al fratello Samir Flores e a chi affronta, solo con la propria dignità, il fragoroso ladrone dell’acqua e della vita che si nasconde dietro le armi del capoccia, colui che nasconde dietro al suo sproloquio la cieca obbedienza che deve al Capo: primo il denaro, poi il denaro, infine il denaro. Mai giustizia, libertà nemmeno, vita giammai.

L’insettino comincia a discutere su come una tavoletta di cioccolato lo abbia salvato dalla morte nella steppa siberiana mentre andava, venendo dalle terre del Sami –dove intonò lo Yoik-, al territorio dei Selkup a rendere gli onori al Cedro, l’albero della vita. «Andai ad apprendere, ché a questo servono i viaggi. Perché ci sono resistenze e ribellioni che non sono meno importanti ed eroiche per il fatto di essere appartate nel calendario e nella geografia», dice, mentre, con le sue molteplici zampette, libera il cioccolato dalla sua prigione di carta d’alluminio brillante, applaude e se ne fa fuori una porzione, tutto allo stesso tempo.

Da parte sua, Calamità ha capito bene il fatto che si debba pensare a quel che segue, e con il cioccolato impiastricciato nelle manine dichiara entusiasmata: «Giocheremo ai pop-corn!»

-*-

Dal Centro di Addestramento Marittimo-Terrestre Zapatista

Il SupGaleano impartendo la lezione «Lo Sbocco Internazionalista»

Messico, Dicembre 2020

Dal quaderno di appunti del gatto-cane: il tesoro è l’altro

«Al terminare, mi guardò lentamente con il suo unico occhio e mi disse: «La aspettavo Don Durito. Sappia che sono l’ultimo dei veri pirati che viva nel mondo. E dico dei ‘veri’ perché adesso c’è un’infinità di ‘pirati’ che rubano, uccidono, distruggono e saccheggiano dai centri finanziari e dai grandi palazzi governativi, senza toccare altra acqua che quella della vasca. Ecco qui la sua missione (mi consegna un vecchio incartamento). Trovi lei il tesoro e lo metta al sicuro. Ora mi scusi, ma dovrei morire». E al dire ciò, lasciò cadere la testa sul tavolo. Sì, era morto. Il pappagallo si alzò in volo e uscì da una finestra dicendo: ‘Largo all’esiliato di Mitilene, largo al figlio bastardo di Lesbo, largo all’orgoglio del mar Egeo! Aprite le vostre nove porte, temuto inferno, perché è lì che riposerà il grande Barbarossa. Ha trovato chi ne prosegua i passi e ora dorme chi ha fatto dell’oceano una lacrima soltanto. Con Scudo Nero navigherà ora l’orgoglio dei Pirati veri’. Sotto la finestra si stagliava il porto svedese di Göteborg e in lontananza una nyckelharpa gemeva…»

Don Durito de La Lacandona. Ottobre 1999

Sezione: Tre deliri, due gruppi e un ammutinato

Se seguiamo la rotta dell’Ammiraglio Maxo, credo che arriveremo più in fretta se cammineremo per lo stretto di Bering

Testo originale: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2020/12/22/tercera-parte-la-mision/

Traduzione a cura dell’Associazione Ya Basta! Milano

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CONVOCAZIONE DELLA

QUINTA ASSEMBLEA NAZIONALE DEL CONGRESSO NAZIONALE INDIGENO

I popoli, le nazioni, le tribù e i quartieri originari che siamo il Congresso Nazionale Indigeno, il Consiglio Indigeno di Governo e l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, stanno facendo fronte alla malattia della nostra madre terra, espressa in una grave pandemia che ha colpito la vita e l’economia delle nostre comunità e del mondo intero; ci sentiamo nella voce dei popoli originari che gridano dalle geografie dove lottano e resistono contro la guerra capitalista che contende i territori indigeni e rurali con politiche estrattive aggressive in tutta la geografia nazionale; megaprogetti di morte che chiamano Corridoio Interoceanico negli stati di Oaxaca e Veracruz, Progetto Integrale Morelos negli stati di Morelos, Puebla e Tlaxcala, Tren Maya negli stati del sudest messicano, o Aeroporto Internazionale di Città del Messico nel centro del paese; l’attuazione di una serie di politiche e meccanismi per la continuazione del “libero scambio” subordinato a Stati Uniti e Canada e per contenere la migrazione; prevenire o indebolire l’organizzazione e la resistenza dei nostri popoli, soppiantando le autorità tradizionali e realizzando finte consultazioni indigene.

Si tratta di politiche e megaprogetti promossi dal governo neoliberista della Quarta Trasformazione al servizio dei grandi capitali mondiali e contro l’organizzazione autonoma dei nostri popoli;

tutto quanto sopra con il sostegno alla militarizzazione, l’implementazione della Guardia Nazionale e la militarizzazione dell’intero territorio nazionale, la complicità dei cartelli criminali di Stato, la creazione di programmi che cercano di rompere l’organizzazione delle comunità come Sembrando Vida e l’approvazione di leggi favorevoli a grandi consorzi transnazionali come la legge federale per la Promozione e la Protezione del Mais Autoctono.

El CNI e il CIG – con le comunità zapatiste – essendo un congresso quando siamo insieme e una rete quando siamo separati, siamo questa parola collettiva che non solo facciamo nostra, ma che tessiamo in essa e con essa, nella determinazione che la nostra resistenza crescerà tanto grande quanto la minaccia capitalista contro la vita.

Perché per i nostri popoli non c’è spazio per arrendersi, vendersi o cedere, quando è la madre terra e la vita di cui governi, aziende, militari e cartelli della droga vogliono fare bottino, e

CONSIDERANDO CHE:

1.- Si intensificano la repressione, le minacce, la formazione di gruppi di scontro e la criminalizzazione contro le comunità che resistono al Progetto Integrale Morelos, che il malgoverno federale ha deciso di imporre illegalmente e con l’uso del suo gruppo di scontro armato, che chiama Guardia Nazionale; e che, tuttavia, l’eroica eredità di Samir Flores Soberanes è mantenuta viva dalle sorelle e fratelli del Fronte dei Popoli in Difesa della Terra e dell’Acqua di Morelos, Puebla e Tlaxcala che non si arrendono, non si vendono e non cedono;

2.- Si intensifica la guerra contro le comunità autonome e indigene del CNI nello stato del Chiapas, mentre i governi garantiscono l’impunità ai gruppi paramilitari che, da loro finanziati, attaccano giorno e notte villaggi e comunità sorelle;

3.- Il malgoverno federale insieme alle sue forze armate, nella sua palese alleanza con gli oscuri interessi economici che scommettono di appropriarsi del territorio dei popoli indigeni e contadini, sta seminando paura e terrore, violando cinicamente leggi, sentenze e sospensioni giudiziarie per imporre i propri megaprogetti, che cedono il territorio del Paese a interessi economici transnazionali;

4.- Crescono resistenza e ribellione nella geografia dei popoli indigeni, perché crescono anche l’espropriazione e la repressione violenta da parte del malgoverno a tutti i livelli, in complicità con gruppi paramilitari e narco-paramilitari, che rendono possibili i loro progetti estrattivi e inquinanti, e anche nelle grandi città, la nostra gente resiste, come dimostra la comunità Otomi residente a Città del Messico;

5.- Dalle lotte che siamo, noi popoli originari vediamo che nel mondo si accendono speranze in questa guerra che è la stessa, e da lontane geografie vediamo lo stesso, cioè la lotta per la vita che si trasforma in una lingua nella quale ci rispecchiamo gli uni con agli altri;

6.- C’è l’annuncio zapatista di iniziare un viaggio planetario nel mese di aprile 2021, iniziando dal continente europeo, al quale è invitato il CNI con la partecipazione di una delegazione per accompagnare quel cammino e portare la nostra parola collettiva;

CONVOCHIAMO

Le/I delegat@ e consiglier@ del CNI- CIG alla

QUINTA ASSEMBLEA NAZIONALE DEL CONGRESSO NAZIONALE

INDIGENO E IL CONSIGLIO INDIGENO DI GOVERNO

Che si terrà a:

LA QUINTA PIEDRA, TERRITORIO RECUPERATO DAL POPOLO

NAHUA DELL’EJIDO TEPOZTLÁN, MORELOS,

I GIORNI 23-24 GENNAIO 2021

Con il seguente programma:

23 gennaio:

Inaugurazione

Tavolo di lavoro:

  • Bilancio espropriazione e guerra capitalista contro i nostri popoli.
  • Proposta per la partecipazione di una delegazione CNI-CIG al viaggio planetario zapatista.

24 gennaio:

Plenaria aperta:

  • Conclusioni del tavolo di lavoro
  • Accordi e risoluzioni
  • Comunicato pubblico
  • Chiusura

NOTA 1: Considerando le attuali condizioni sanitarie si invita a nominare un@ o due delegat@ per villaggio, comunità od organizzazione indigena, allo scopo di realizzare un’assemblea ampiamente rappresentativa ma meno numerosa. Le/I partecipanti dovranno indossare le mascherine e mantenere la distanza di sicurezza, lavarsi di frequente mani e viso, e così pure coloro che raggiungeranno il luogo della riunione.

NOTA 2: Coloro che non sono delegat@ o consiglier@ del CNI/CIG possono entrare in assemblea solo su espresso invito della Commissione di Coordinamento e Controllo.

Distintamente.

Dicembre 2020

Per la Ricostituzione Integrale dei Nostri Popoli

Mai Più un Messico senza di Noi

Congresso Nazionale Indigeno-Consiglio Indigeno di Governo

Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2020/12/09/convocatoria-a-la-quinta-asamblea-nacional-del-congreso-nacional-indigena/

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PER LA VITA E CONTRO IL DENARO.

IL CNI-CIG E L’EZLN INVITA ALLA SOLIDARIETÀ CON IL FRENTE DE PUEBLOS EN DEFENSA DE LA TIERRA Y EL AGUA DI MORELOS, PUEBLA E TLAXCALA.

Novembre 2020

Al popolo del Messico
Ai popoli del mondo
Alla Sexta Nazionale e Internazionale
Ai media

Il Congresso Nazionale Indigeno-Consiglio Indigeno di Governo e l’EZLN denunciano il vile sgombero dei compagni dal campo di resistenza di San Pedro Apatlaco, Morelos, perpetrato dalla Guardia Nazionale la mattina del 23 novembre, per riprendere illegalmente la costruzione della condotta che trasporta l’acqua dal fiume Cuautla alla centrale termoelettrica di Huexca.

Con quale cinismo il governo neoliberista che pretende di comandare in questo paese obbedisce ai suoi padroni, che sono il grande capitale, con quale cinismo le forze armate, agli ordini del caposquadra, violano le città, per consegnare l’acqua del fiume Cuautla, rubata alle cittadine contadine di Ayala, alle aziende che beneficiano del Proyecto Integral Morelos, come Elecnor e Enagasa, concessionarie del gasdotto; Bonatti e Abengoa costruttrici del gasdotto e della centrale termoelettrica di Huexca; e quelle che trarranno vantaggio dal consumo di gas, come Saint Gobain, Nissan, Burlington, Continental e Gas Natural del Noreste.

Con il PIM, le forze armate e il governo neoliberista, con sorvoli militari, avanzano nella repressione e nell’imposizione delle infrastrutture energetiche, sostenute dalla distruzione ed espropriazione del territorio dei popoli originari, per rendere possibile, sul sangue della nostra gente, come il compagno Samir Flores Soberanes, lo sfruttamento della natura, in modo che loro, i boss del capitale transnazionale, distruggano le colline con le loro concessioni minerarie e si approprino dell’acqua con i corridoi industriali di Cuautla, Yecapixtla, Cuernavaca e l’intera regione, negli stati di Morelos, Puebla e Tlaxcala. Con quale cinismo e impunità il caposquadra, che dice di comandare dal governo federale, ordina di calpestare il presunto stato di diritto, violando 8 sospensioni giudiziarie sui lavori dell’acquedotto, che intende rubare l’acqua affinché venga contaminata nella centrale termoelettrica di Huexca. E altre due sospensioni contro il gasdotto alle pendici del sacro vulcano Popocatepetl, e la contaminazione del fiume Cuautla, nell’ambito del Proyecto Integral Morelos.

Per tutto quanto sopra e di fronte alla crescente tensione e violazione dello stato di diritto, riteniamo il malgoverno federale e il malgoverno dello stato di Morelos responsabili di qualsiasi repressione o attacco contro i compagni che combattono e resistono a questo megaprogetto di morte. Chiediamo in particolare solidarietà con il Frente de Pueblos en Defensa de la Tierra y el Agua di Morelos, Puebla e Tlaxcala.

Distintamente.
Per la Ricostituzione Integrale dei Nostri Popoli
Mai Più un Messico Senza di Noi
Congresso Nazionale Indigeno-Consiglio Indigeno di Governo
Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale
Messico, Novembre 2020

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2020/11/25/por-la-vida-y-contra-el-dinero-el-cni-cig-y-el-ezln-llaman-a-la-solidaridad-con-el-frente-de-pueblos-en-defensa-de-la-tierra-y-el-agua-de-morelos-puebla-y-tlaxcala/

 

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Foto: Daliri Oropeza

12 novembre 2020. Dopo le mobilitazioni di ieri, il compagno Felix Lopez Hernandez è stato liberato.

GLI ZAPATISTI DENUNCIANO IL SEQUESTRO DI UNA BASE DI APPOGGIO PER MANO DEI PARAMILITARI DELLA ORCAO

DENUNCIA DELLA GIUNTA DI BUON GOVERNO ZAPATISTA “NUEVO AMANECER EN RESISTENCIA Y REBELDÍA POR LA VIDA Y LA HUMANIDAD

Caracol Patria Nueva, Chiapas Zapatista.

10 NOVEMBRE 2020

ALLE ORGANIZZAZIONI A DIFESA DEI DIRITTI UMANI:

ALLA SEXTA NAZIONALE E INTERNAZIONALE:

ALLE RETI IN RESISTENZA E RIBELLIONE:

OGGI DENUNCIAMO IL SEQUESTRO E LA TORTURA DI UN COMPAGNO BASE DI APPOGGIO ZAPATISTA DELLA COMUNITA’ DI SAN ISIDRO, ANNESSA A MOISES GANDHI, DA PARTE DELL’ORGANIZZAZIONE PARAMILITARE CHIAMATA ORCAO, AVVENUTI IL GIORNO 8 NOVEMBRE 2020.

DA PIÙ DI UN ANNO GLI ORCAISTI ATTACCANO E DANNEGGIANO LE NOSTRE CASE. DI QUESTE AZIONI VIOLENTE DI QUESTI PARAMILITARI SONO TESTIMONI DIVERSE ORGANIZZAZIONI CHE DIFENDONO I DIRITTI UMANI, COME IL FRAYBA, CORECO, SERAPAZ ED ALTRE.

GIORNO E NOTTE QUESTI ORCAISTI ATTACCANO CON SPARI D’ARMA DA FUOCO LA COMUNITÀ DI MOISÉS GANDHI E IL MALGOVERNO LO SA E NIENTE FA PER CONTROLLARE I SUOI SGHERRI. AL CONTRARIO, LI PROTEGGE E LI SOSTIENE.

TUTTE QUESTE AGGRESSIONI SONO A CONOSCENZA DEI TRE LIVELLI DI MALGOVERNO. LO SANNO I LORO DIPENDENTI COME JOSEFINA BRAVO E RAMÓN MARTÍNEZ, E QUESTI SERVI DEI MALGOVERNI RIBALTANO I FATTI DICENDO CHE I PROVOCATORI SONO GLI ZAPATISTI E LE VITTIME SONO I POVERI PARAMILITARI DELLA ORCAO.

SI È DETTO CHE INDAGHINO, MA SONO COMPLICI PERCHÉ QUESTO GOVERNO È COME I PRECEDENTI. NEI FATTI NON CAMBIA NIENTE E SONO GLI STESSI ATTACCHI. E SONO LE STESSE MENZOGNE DI PRIMA DI QUESTI FUNZIONARI BUGIARDI CHE SE NE STANNO SEDUTI NEI LORO UFFICI E INCASSANO I LORO RICCHI COMPENSI PROPRIO PER FARE NULLA.

L’ULTIMA DI QUESTA ALLEANZA CRIMINALE TRA I PARAMILITARI DELLA ORCAO E I GOCERNI FEDERALE DI LOPEZ OBRADOR, STATALE DI RUTILIO ESCANDON E MUNICIPALI DI OCOSINGO E ALTAMIRANO, E’ QUELLO CHE HANNO FATTO QUESTO 8 NOVEMBRE 2020. 

A POCHI METRI DA QUI, A CUXULJÁ, DOVE TEMPO FA HANNO BRUCIATO E SACCHEGGIATO LA NOSTRA COOPERATIVA, MA FINO AD OGGI IL MALGOVERNO NON HA FATTO NIENTE.

L’8 NOVEMBRE 2020 INTORNO ALLE 15:30, 20 PARAMILITARI DELLA ORCAO HANNO SEQUESTRATO E PICCHIATO IL NOSTRO COMPAGNO BASE DI APPOGGIO FELIX LOPEZ HERNANDEZ. GLI ORCAISTI L’HANNO PORTATO IN UN LUOGO SCONOSCIUTO E TENUTO LEGATO, RINCHIUSO, SENZA ACQUA E CIBO.

QUESTO È STATO DENUNCIATO IL GIORNO STESSO E IL MALGOVERNO INVECE DI RISOLVERE QUESTO CASO DI SEQUESTRO, GIUSTIFICA I PARAMILITARI DELLA ORCAO MENTENDO E DICENDO CHE SIAMO STATI NOI ZAPATISTI A PROVOCARE QUELLI DELLA ORCAO.

QUESTO È ASSOLUTAMENTE FALSO. IL COMPAGNO ERA DI RITORNO DA OCOSINGO E SI DIRIGEVA A CASA SUA CON LA SUA FAMIGLIA.

TRA I SEQUESTRATORI DELLA ORCAO SONO STATI IDENTIFICATI I SEGUENTI: Andrés Santis López, Nicolás Santis López, Santiago Sánchez López e Oscar Santis López della comunità di San Antonio.

INVECE DI PAGARE PER IL SUO SEQUESTRO, GLI ORCAISTI CHIEDONO, ORA CHE NON CI SONO INONDAZIONI, DI UTILIZZARE LE TUBATURE, E CHE SI RIPRISTINI L’ENERGIA ELETTRICA CHE GLI ORCAISTI STESSI HANNO TAGLIATO PER COLPIRE LA COMUNITÀ DI MOISÉS GANDHI DANNEGGIANDO COSÌ ALTRE COMUNITÀ.

IL NOSTRO COMPAGNO FÉLIX NON HA FATTO DEL MALE A NESSUNO, NON DEVE NIENTE A NESSUNO, NÉ RUBA O SPARA CONTRO PERSONE E VILLAGGI. IL NOSTRO COMPAGNO NON È NEPPURE DIO PER ORDINARE CHE SMETTA DI PIOVERE O PER DARE UN PO’ DI INTELLIGENZA A QUESTI VISCIDI ORCAISTI CHE HANNO TAGLIATO LA LUCE DANNEGIANDO ALTRE COMUNITÀ CHE NON SONO ZAPATISTE NÉ ORCAISTE, E ORA QUESTI ORCAISTI FANNO LE VITTIME PER COPRIRE IL LORO CRIMINE.

ABBIAMO INFORMAZIONI SECONDO LE QUALI GLI ORCAISTI DELLA COMUNITA DI SAN ANTONIO HANNO RICEVUTO SOLDI DAL MALGOVERNO CHE SI SUPPONE FOSSERO PER LA COSTRUZIONE DI UNA SCUOLA PRIMARIA, MA I 300MILA PESOS SONO STATI USATI PER COMPRARE ARMI DI GROSSO CALIBRO. QUESTO FA IL MALGOVERNO DELLA 4T, DICE DI COSTRUIRE SCUOLE MA IN REALTA FINANZIA L’ARMAMENTO DEI PARAMILITARI? È QUESTO IL SUO PIANO CONTRAINSURGENTE?

INFINE DICIAMO A DON LÓPEZ, A DON ESCANDÓN E AI LORO FUNZIONARI, CHE LI RITENIAMO RESPONSABILI DI QUELLO CHE POTREBBE SUCCEDERE AGLI UOMINI, DONNE, BAMBINI E ANZIANI ZAPATISTI DELLE COMUNITÀ DI MOISÉS GANDHI.

IL LORO DOLORE, IL LORO SANGUE, LE LORO SOFFERENZE SONO COLPA VOSTRA, E COSÌ QUELLO CHE POTREBBE SUCCEDERE.

IL COMPAGNO FÉLIX DEVE ESSERE LIBERATO IMMEDIATAMENTE, E DEVONO ESSERE ARRESTATI E PROCESSATI I SEQUESTRATORI DELLA ORCAO CHE DEVE RESTITUIRE E RISARCIRE QUELLO CHE HA RUBATO E DISTRUTTO NEL NOSTRO NEGOZIO COOPERATIVO. LA ORCAO DEVE CAPIRE CHE CHI GIOCA COL FUOCO PRIMA O POI SI SCOTTA. E I MALGOVERNI DEVONO SMETTERLA DI GIOCARE ALLA CONTRAINSURGENCIA E RICORDARE CHE TUTTO FINISCE, ANCHE PER GLI SPACCONI E PREPOTENTI. CHIEDETE A TRUMP.

PER LA GIUNTA DI BUON GOVERNO “NUEVO AMANECER EN RESISTENCIA Y REBELDÍA POR LA VIDA Y LA HUMANIDAD

Caracol Floreciendo la semilla rebelde, Patria Nueva. Chiapas.

Messico, 10 Novembre 2020

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2020/11/10/los-zapatistas-denuncian-el-secuestro-de-un-base-de-apoyo-por-paramilitares-de-la-orcao/

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Report Secondo Incontro Nazionale di Coordinamento e Supporto al “Viaggio Zapatista in Europa 2021”.

L’assemblea si è svolta giovedì 29 ottobre 2020 in forma telematica. 86 sono stati i punti di collegamento, alcuni collettivi altri individuali, per una copertura del paese da nord a sud.

Dei partecipanti alla prima assemblea non tutti erano presenti, mentre si sono aggiunte altre persone e realtà. Complessivamente i contatti registrati tra la prima e la seconda assemblea sono 160, ai quali viene spedito il presente report.

L’incontro si è aperto con un breve ma articolato resoconto della riunione di EuropaZapatista, fatto a più voci dai collettivi italiani che storicamente vi partecipano. In particolare, è stato riportato quanto riferito dal Messico, e cioè lo stimolo a costruire la venuta degli zapatisti come un’occasione importante che sia utile alla costruzione di percorsi di lotta a livello europeo per costruire un profondo cambiamento radicale della realtà. 

Un calendario della visita che sia capace di coadiuvare interesse europeo/nazionale/locale con una serie di appuntamenti, incontri, chiamate di mobilitazione che qualifichino la presenza della delegazione zapatista. Una delegazione che per dimensioni verrà definita dalla proposta che riusciremo a mettere in campo.

Si è anche condiviso come tutte e tutti stiamo vivendo in un tempo di grande crisi non solo sanitaria ma economica e sociale, con scenari in divenire complessi e contraddittori, in cui quel che avverrà in futuro non è certo definito.

Dopo gli interventi introduttivi si è sviluppata un’interessante e stimolante discussione. Chi è intervenuto non solo ha nuovamente salutato con gioia la possibilità di accogliere la delegazione, ma ha iniziato a ragionare in termini collettivi sulla necessità di costruire un viaggio utile al consolidamento, alla ripresa e allo sviluppo dei movimenti in Italia, e utile alla delegazione per capire, conoscere,
vedere le lotte e le forme di lotta dell’Italia dal basso.

Considerando che l’arrivo potrebbe essere in tarda primavera/estate, la percezione condivisa è che il lavoro di definizione del calendario
non può che essere in movimento e mutevole in base anche a ciò che sarà/accadrà e che dovrà necessariamente essere costruito, focalizzando alcune delle tematiche di lotta che ci accomunano quali l’anticolonialismo, le lotte di genere, la difesa dell’ambiente e del territorio, la resistenza alle grandi opere, l’estrattivismo, le lotte dei e delle migranti e molti altri temi. Al tempo stesso si tratta di elaborare un insieme di iniziative capaci di mantenere collegato il piano europeo con quello nazionale e locale e con le tematiche condivise.

Nell’assemblea si è iniziato ad ipotizzare la possibilità di avere due momenti comuni, con la presenza di tutta la delegazione, quello dell’arrivo e della ripartenza. Nel mezzo l’ipotesi di una delegazione divisa in vari gruppi che si muovano per il paese per conoscere ed incontrare differenti geografie dal Nord al Sud, incluse isole Sicilia e Sardegna, allo scopo di conoscere come si declinano le diverse tematiche della lotta contro il capitalismo nei diversi territori.

Molti interventi hanno sottolineato come si tratti di una discussione aperta, che necessita di tempi e spazi, e che abbisogna del contributo di tutte e tutti per costruire un cammino comune realmente condiviso.

Dopo la prossima riunione di EuropaZapatista che è prevista per il 10 novembre prossimo, e prima di Natale, se non ci sono nuove notizie dal Messico, si convocherà la prima riunione del Gruppo di Supporto.

P.S. Resta inteso che gli incontri di costruzione sono aperti e alla prossima assemblea generale ogni realtà è libera di segnalare/invitare chi ritiene opportuno.

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Quarta Parte: MEMORIA DI CIÒ CHE VERRÀ

Ottobre 2020

È 35 ottobri fa.

Il vecchio Antonio guarda il fuoco che resiste alla pioggia. Sotto il cappello di paglia gocciolante, con un tizzone, accende la sua sigaretta arrotolata con una foglia. Il fuoco si mantiene, a volte nascondendosi sotto i tronchi; il vento lo aiuta e con il suo alito ravviva le braci che arrossano di furia.

L’accampamento è quello chiamato “Watapil”, nella “Sierra Cruz de Plata” che si trova tra le braccia umide dei fiumi Jataté e Perlas. Corre l’anno 1985 e ottobre accoglie il gruppo con una tempesta, preannunciando così le loro giornate. L’alto mandorlo (che ribattezzerà questa montagna nella lingua insurgente) guarda compassionevolmente ai suoi piedi quel piccolo, minuscolo, insignificante pugno di donne e uomini. Volti smunti, pelle tirata, brillante lo sguardo (forse febbre, testardaggine, paura, delirio, fame, mancanza di sonno), vestiti marroni e neri strappati, stivali deformati dalle liane che cercano di mantenere le suole al loro posto.

Con parola lenta, dolce, appena percettibile nel rumore della tormenta, il Vecchio Antonio parla loro come rivolgendosi a sé stesso:

Per quelli del colore della terra verrà di nuovo il Despota ad imporre la sua parola dura, il suo IO assassino della ragione, la sua corruzione mascherata da elemosina.

Verrà il giorno in cui la morte indosserà i suoi abiti più crudeli. I suoi passi adornati di ingranaggi e cigolii, la macchina che fa ammalare le strade mentirà dicendo di portare prosperità mentre semina distruzione. Chi si opporrà a questo rumore che terrorizza piante e animali sarà ucciso nella sua vita e nella sua memoria. L’una con piombo, l’altra con la menzogna. La notte così sarà più lunga. Più prolungato il dolore. La morte più mortale.

Gli Aluxo´ob(*) allerteranno allora la madre e così diranno: “Viene la morte, madre, viene ammazzando”.

La terra madre, la prima, allora si sveglierà – scuotendosi di dosso il sonno di pappagalli, are e tucani -, reclamerà il sangue dei suoi guardiani e guardiane e, rivolgendosi alla sua prole, così dirà:

Vadano gli uni a deridere l’invasore. Vadano le altre a reclamare il sangue fratello. Che non vi spaventino le acque, che non vi scoraggino freddo né caldo. Aprite strade dove non ci sono. Risalite fiumi e mari. Navigate le montagne. Volate su piogge e nuvole. Siate notte, siate giorno, andate di buon mattino ed allertate il tutto. Molti sono i miei nomi e colori, ma uno è il mio cuore, e la mia morte sarà anche quella del tutto. Non vergognatevi dunque del colore della pelle che vi ho dato, né della parola che ho piantato nelle vostre bocche, né della vostra dimensione che a me vi tiene vicini. Vi darò luce nello sguardo, riparo alle vostre orecchie e forza nei vostri piedi e braccia. Non temiate i colori e i modi diversi, né le strade differenti. Perché uno è il cuore che vi ho ereditato, uno l’intendimento ed uno lo sguardo.

Quindi, sotto l’assedio degli Aluxo´ob(*), le macchine dell’inganno mortale crolleranno, spezzata la loro superbia, la loro avarizia. Ed i potenti porteranno da altre nazioni i lacchè che compongono la morte decomposta. Controlleranno le viscere delle macchine di morte e troveranno la ragione del loro affanno e così si diranno: “sono piene di sangue”. Tentando di spiegare la ragione di quella terribile meraviglia, così annunceranno ai loro padroni: “non sappiamo perché, sappiamo solo che è sangue dell’erede del sangue originario”.

Poi, il male pioverà su se stesso nelle grandi case dove il Potente si ubriaca e abusa. L’ingiustizia entrerà nei suoi domini e invece dell’acqua, il sangue scorrerà dalle sorgenti. I suoi giardini appassiranno e così il cuore di coloro che li lavorano e servono. Il potente quindi porterà altri vassalli per usarli. Verranno da altre terre. E nascerà l’odio tra uguali incoraggiato dal denaro. Ci saranno lotte tra loro e la morte e la distruzione arriveranno tra coloro che condividono storia e dolore.

Coloro che prima lavoravano la terra e ci abitavano, ora convertiti in servi e schiavi del Potente sui suoli e nei cieli dei loro antenati, vedranno arrivare la disgrazia nelle loro case. Perderanno le loro figlie e i loro figli, annegati nel marciume della corruzione e del crimine. Tornerà lo “ius primae noctis” con cui il denaro uccide l’innocenza e l’amore. E le ragazze saranno strappate dalle braccia delle madri e la loro giovane carne sarà presa dai Signori per soddisfare la loro viltà e bassezza. A motivo dei soldi il figlio alzerà la mano contro i suoi genitori e il lutto vestirà la loro casa. La figlia si perderà nell’oscurità o la morte, la sua vita e il suo essere uccisi dai Signori e dal loro denaro. Malattie sconosciute attaccheranno chi ha venduto la propria dignità e quella dei suoi per pochi denari, chi ha tradito la propria razza, il proprio sangue e la propria storia e chi ha sollevato e diffuso la menzogna.

La madre Ceiba, la sostenitrice dei mondi, griderà così forte che anche la più lontana sordità sentirà il suo pianto ferito. E 7 voci lontane le si avvicineranno. E 7 braccia distanti la abbracceranno. E 7 pugni diversi le si uniranno. La Ceiba Madre solleverà quindi le sue chiome e i suoi mille piedi scalceranno e butteranno all’aria le strade di ferro. Le macchine su ruote usciranno dai loro tracciati metallici. Le acque traboccheranno da fiumi e laghi e il mare stesso ruggirà di furia. Allora le viscere della terra e del cielo si apriranno in tutti i mondi.

Allora la prima, la madre terra, sorgerà e rivendicherà con il fuoco la sua casa e il suo posto. E sui superbi edifici del Potere avanzeranno alberi, piante e animali, e con il loro cuore vivrà di nuovo Votán Zapata, guardiano e cuore del popolo. E il giaguaro ripercorrerà le sue rotte ancestrali, regnando di nuovo dove volevano regnare il denaro e i suoi lacchè.

E il potente non morirà senza prima vedere la sua ignorante arroganza crollare senza quasi far rumore. E nel suo ultimo respiro conoscerà il Despota che non sarà altro forse che un brutto ricordo nel mondo che si è ribellato e si è opposto alla morte che il suo comandare mandava.

E questo dicono che dicono i morti di sempre, quelli che moriranno di nuovo ma allora per vivere.

E dicono che dicono che si conosca questa parola nelle valli e montagne; che si sappia nelle gole e pianure; che la ripeta il cucù e così avverta i passi del cuore che cammina fraterno; che la pioggia e il sole la seminino nello sguardo di chi abita queste terre; e che il vento la porti lontano ed annidi nel pensiero compagno.

Perché cose terribili e meravigliose arriveranno, questi cieli e suoli vedranno.

E il giaguaro ripercorrerà le sue rotte ancestrali, regnando di nuovo dove il denaro e i suoi lacchè volevano regnare.”

Il vecchio Antonio tace e, con lui, la pioggia. Niente dorme. Tutto sogna.

-*-

Dalle montagne del Sudest Messicano.

SupGaleano

Messico, Ottobre 2020

Dal Quaderno di Appunti del Gatto-Cane: Parte II.- I cayucos.

Vi ricordo che le divisioni tra i paesi servono solo a definire il crimine di “contrabbando” e a dare un senso alle guerre. È chiaro che ci sono almeno due cose che vanno oltre i confini: una è il crimine che, mascherato da modernità, distribuisce la miseria su scala mondiale; l’altra è la speranza che la vergogna esista solo quando si sbaglia un passo di danza, e non ogni volta che ci guardiamo allo specchio. Per abbattere il primo e fare fiorire la seconda, è necessario solo lottare ed essere migliori. Il resto va da sé ed è quello che di solito riempie biblioteche e musei. Non è necessario conquistare il mondo, basta rifarlo. Salute, e sappiate che per l’amore il letto è solo un pretesto; per il ballo una canzonetta è solo un ornamento; e per lottare la nazionalità è solo un incidente puramente circostanziale.

Don Durito de La Lacandona, 1995

Il SubMoy stava dicendo a Maxo che forse sarebbe stato meglio provare con il legno di balsa (“sughero” dicono qui), ma l’ingegnere navale sostiene che, poiché è più leggero, la corrente lo trascinerebbe più facilmente. “Ma avevi detto che nel mare non c’è corrente”. “Ma magari c’è”, si è difeso Maxo. Il SubMoy ha detto ai vari comitati di procedere con la prova dei: cayucos.

Si mettono a intagliare diversi cayucos. Con asce e machete hanno dato forma e vocazione marinara ai tronchi la cui destinazione originaria era legna da ardere nel focolare. Poiché il SubMoy si è assentato per alcuni istanti, sono andati a chiedere al SupGaleano se dovevano dare dei nomi alle barche. Il Sup che stava osservando il Monarca mentre sistemava un vecchio motore diesel, ha risposto distrattamente: “Sì, certo”.

Sono tornati quindi al lavoro iniziando a incidere e dipingere nomi razionali e misurati sui fianchi delle barche. Su una si leggeva: “El Chompiras Nuotatore e Salta Pozzanghere”. Un’altra: “L’internazionalista. Una cosa è una cosa e un’altra è dont fuck me, amico”. Un’altra ancora: “Arrivo subito, amore mio”. Su quella più in là: “Vai, perché mi invitano”. Quelli del puy Jacinto Canek hanno battezzato la loro “Jean Robert”, che è il loro modo di accompagnarlo nel suo viaggio.

Su un’altra si legge: “Se c’è da piangere, non manca certo l’acqua salata”, e a continuazione: “Questa barca è stata realizzata dalla Commissione Marittima del municipio autonomo ribelle zapatistaCi criticano per aver dato nomi molto lunghi ai MAREZ e Caracoles, ma non ci importa – della Giunta di Buon Governo “E anche”. Prodotto deperibile. Data di scadenza: dipende. Le nostre barche non affondano, ma scadono, non è la stessa cosa. Assumiamo produttori di cayucos e musicisti nel CRAREZ (escluso marimba o impianti audio – perché se si bagnano poi non si possono sostituire -, ma vogliamo davvero cantare … beh, più o meno. Dipende). Questo cayuco è quotato solo nelle borse di resistenza. Continua nel prossimo cayuco…”, (ovviamente devi fare il giro del cayuco e delle pareti interne per leggere per intero il “nome”; sì, hai ragione, ci vorrà così tanto tempo prima che il sottomarino nemico trasmetta il nome completo della barca da affondare che, quando avrà terminato la barca sarà già attraccata sulle coste europee).

Il punto è che, mentre scavano i tronchi, la voce si è sparsa. L’amato Amado ha detto al Pablito che ha raccontato al Pedrito che ha informato Defensa Zapatista che lo ha riferito a la Esperanza che ha detto a Calamidad “non dirlo a nessuno” che lo ha detto alle sue “mammine” che lo hanno detto nel gruppo “noi come donne”.

Quando il SupGaleano è stato informato che le donne stavano arrivando, il Sup ha alzato le spalle e ha consegnato al Monarca la chiave che chiamano spagnola, da mezzo pollice, sputando pezzi di bocchino della sua pipa.

Subito è arrivato Jacobo: “Hei Sup, il SubMoy tarda ancora?

Non ne ho idea”, ha risposto il SupGaleano guardando sconsolato la sua pipa rotta.

Jacobo: “Sai in quanti viaggeranno?

Il Sup: “L’Europa del basso ancora non ha fatto sapere quanti ne possono accogliere. Perché?

Jacobo: “Perché… è meglio che vieni a vedere”.

Il SupGaleano rompe un’altra pipa vedendo la “flotta” zapatista. Sulla riva del fiume i 6 cayucos con nomi strambi, allineati, sono colmi di vasi e fiori.

E questo cos’è?”, chiede il Sup solo così per sapere.

È il carico delle compagne”, risponde rassegnato Rubén.

Il Sup: “Il loro carico?”.

Rubén: “Sì, sono arrivate ed hanno solo detto “questo servirà” e se ne sono andate lasciando queste piantine. E poi è arrivata una bambina che non so come si chiama ma che ha chiesto quanto durerà il viaggio, cioè quanto ci vorrà per arrivare dove stiamo andando. Le ho chiesto perché lo voleva sapere, se è perché vanno le sue mammine o che. Mi ha detto no, era perché voleva mandare un albero, piccolino, che se il viaggio si dilungasse, l’alberello crescerebbe e potremmo bere pozol all’ombra se il sole picchia forte.”

Ma se sono tutte uguali”, aggiunge il Sup (riferendosi alle piante, ovviamente).

No”, dice la componente del comitato Alejandra. Questa è artemisia, per il mal di pancia; questo è timo; questa è menta; là la camomilla, origano, prezzemolo, coriandolo, alloro, tè, aloe; questa è per la diarrea, questa per le scottature, questa per l’insonnia, quella per il mal di denti, qua per le coliche, questa si chiama “guarisci tutto”, l’altra là per il vomito, anche momo, erba mora, cipolla, ruta, gerani, garofani, tulipani, rose, mañanitas; e cose così.”

Jacobo si sente in obbligo di spiegare: “Appena terminavamo un cayuco, ci voltavamo e già era strapieno. E poi ancora così. Ne abbiamo fatti già 6, per questo chiedo se ne dobbiamo fare altri, perché di sicuro continueranno a riempirli.

Ma se portano tutto questa roba, dove si mettono i compagni?” riflette il Sup con una compagna, coordinatrice delle donne, che tra le braccia porta due vasi di fiori ed un bimbetto nello scialle a tracolla sulle spalle.

Ah, perché, vengono anche gli uomini?”, dice.

Comunque, non ci stanno dentro nemmeno le donne”, aggiunge il Sup “sull’orlo di una crisi di nervi”.

Lei: “Ah, è che noi non andremo in barca. Noi andremo in aereo, per evitare di vomitare. Beh, magari un poco, ma sempre meno.”

Sup: “E chi vi ha detto che voi in aereo?

Lei: “Noi”.

Sup: “Ma da dove ti viene quello che mi stai dicendo?”

Lei: “Esperanza è venuta alla riunione di ‘noi come donne’ e ci ha detto che moriremo miseramente se andremo con quei dannati uomini. Quindi ci abbiamo pensato in assemblea e abbiamo concordato che non abbiamo paura e siamo molto decise e determinate a che gli uomini muoiano miseramente e non noi.

Abbiamo già fatto i conti e noleggeremo l’aereo che il Calderón ha comprato per il Peña Nieto e che i malgoverni di adesso non sanno che farsene. Dicono che il costo del biglietto è di 500 pesos a persona. In questo momento sono 111 le compagne iscritte, ma mancano le squadre di calcio delle miliziane. Quindi, se andassimo solo in 111 sarebbero 55.500,00 pesos, ma le donne e i bimbi piccoli pagano solo la metà, quindi 27.750. Resta da detrarre l’IVA e il bonifico per le spese di rappresentanza, quindi diciamo circa 10mila pesos per tutte. Questo se il dollaro non scende, altrimenti di meno. Ma, perché non ci siano reclami per i soldi, vi diamo il bue del mio compadre, che è uguale a non dico chi, e cosa gli facciamo, i maschi sono tutti così.”

Il SupGaleano tace, cercando di ricordare dove diavolo ha lasciato la pipa di emergenza. Ma quando vede le donne che iniziano a caricare polli, galli, pulcini, porcellini d’India, anatre e tacchini, dice al Monarca: “Presto, chiama il SubMoy e digli che è estremamente urgente, che venga subito”.

La processione di donne, piante e animali si allunga oltre il pascolo. Segue la banda di Defensa Zapatista: la colonna dell’orda è aperta dal Pablito già in modalità “se non li batti, unisciti a loro”, con il suo cavallo, seguito dall’amato Amado con la sua bicicletta – con la gomma a terra -. Quindi il gatto-cane che incita una mandria di bovini. Defensa ed Esperanza misurano i cayucos calcolando se ci stanno le porte di calcio. Il cavallo orbo porta sul muso una rete con bottiglie di plastica. Calamidad passa con un cucciolo che urla terrorizzato temendo di essere gettato nel fiume e poi tirato su in seguito… o no?

Chiude la colonna qualcuno che somiglia straordinariamente ad uno scarabeo, con un toppa da pirata sull’occhio destro, un filo di ferro attorcigliato ad una zampa – a mo’ di uncino -, e su un’altra una specie di zampa di legno, che altro non è che un pezzo di liana. Lo strano essere, che brandisce una mascherina di metallo, declama con notevole intonazione: “Con dieci cannoni per lato, / vento in poppa, a vele spiegate, / non taglia il mare bensì vola / un brigantino veliero. / Vascello pirata che chiamano / per il suo coraggioEl Temido”, / In tutto il mare conosciuto / dall’uno all’altro confine”.

Quando il Subcomandante Insurgente Moisés, capo della spedizione in erba, torna, trova il SupGaleano inspiegabilmente sorridente. Il Sup ha trovato un’altra pipa, questa intatta, nella tasca dei suoi pantaloni.

In Fede.
Guau-Miau.

*)Piccoli spiriti magici Maya protettori delle montagne.
**)Piccola canoa con fondo piatto e senza chiglia governata con una pagaia molto ampia chiamata “canalete” utilizzata nelle Antille e in altre parti dell’America.

Traduzione “Maribel” – Bergamo
Testo originale: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2020/10/19/cuarta-parte-memoria-de-lo-que-vendra/

https://vimeo.com/469379048

https://youtu.be/80EIfHMndnQ

https://youtu.be/MsDF2H5DDV4

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REPORT ASSEMBLEA ONLINE 14 OTTOBRE 2020 – ITALIA

Mercoledì 14 ottobre 2020, 96 punti di connessione, per un totale di oltre 130 tra compagne e compagni di molte città di diverse regioni d’Italia, hanno partecipato all’incontro nazionale online proposto e coordinato da 20zln, Comitato Chiapas “Maribel” Bergamo, Ya Basta Padova e Cooperazione Rebelde di Napoli. Al centro dell’incontro la discussione attorno ai primi comunicati dell’EZLN* in cui viene annunciato che una delegazione zapatista viaggerà nei 5 continenti nel 2021.

L’assemblea è stata convocata per aprire la discussione ed avviare, in maniera plurale e condivisa, un percorso politico e di accoglienza degna per i compagni e le compagne zapatiste in Europa. Un cammino comune, tra tante e tanti diversi, per contribuire a creare una ricca e variegata mobilitazione italiana ed europea che costruisca le condizioni per forzare le frontiere della “Fortezza Europa”.

Molti sono stati gli interventi di singoli e realtà collettive che animano le lotte e le mobilitazioni femministe, sulle questioni di genere, la difesa del territorio e delle risorse naturali, dei centri sociali, delle case occupate, di chi è al fianco dei migranti, per una cambiamento del sistema e non del clima, per affermare nuovi diritti per i lavoratori e le lavoratrici precari e non, per opporsi alle nuove forme di razzismo, nazionalismo, sovranismo e identitarismo.

Nella discussione si sono condivisi pensieri, suggestioni, sogni e dubbi attorno alla proposta arrivata dalla Selva Lacandona. Tutte, tutti e tuttu hanno espresso la loro disponibilità ad impegnarsi per costruire dal basso le condizioni necessarie allo sbarco in Europa e al conseguente viaggio della delegazione tra i diversi paesi del continente.

Si è sottolineato come la proposta zapatista rappresenta un’opportunità per chi vuole, anche in Italia, costruire un cambiamento radicale.

Tante delle riflessioni che attraversano i comunicati zapatisti si rispecchiano anche nei percorsi di chi, qui da noi, contrasta la violenza delle frontiere, anima le lotte femministe dell’oggi, vuole costruire pratiche de-colonizzate.

La sfida sarà quella di riuscire a costruire uno spazio politico ampio e plurale in Italia ed anche a livello europeo, a partire anche dalla rete di EuropaZapatista, che sia in grado di essere e rappresentare, oggi, quell’anomalia politica che può aprire le porte dell’impossibile.

Si è pensato di creare un “Gruppo di Supporto”, dinamico, che si può allargare in base alle necessità e alle esigenze. Un gruppo di supporto non per dirigere ma per condividere le comunicazioni, che agisca con funzioni operative e per facilitare, passo a passo, la strada comune nelle assemblee collettive.

Chi conferma la volontà già espressa in assemblea, e chi si vuole aggiungere al “Gruppo di Supporto”, mandi una mail a proyecto20zln@gmail.com

Nella settimana successiva all’assemblea di EuropaZapatista del 20 ottobre 2020, si convocherà il primo incontro del Gruppo di supporto sui punti specifici e le novità che usciranno dai prossimi comunicati e dal coordinamento europeo.

Come hanno detto in molte e molti l’assemblea del 14 ottobre è stata un primo passo… ora il cammino è nelle mani di ognuno di noi, ma partire insieme è già un inizio.

 

*Sesta parte: UNA MONTAGNA IN ALTO MARE Comunicato del COMITATO CLANDESTINO RIVOLUZIONARIO INDIGENO-COMANDANCIA GENERALE DELL’ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2020/10/06/sesta-parte-una-montagna-in-alto-mare/

* Quinta parte: LO SGUARDO E LA DISTANZA DALLA PORTA  http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2020/10/09/quinta-parte-lo-sguardo-e-la-distanza-dalla-porta/

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La nave va

di Juan Villoro* – 9 ottobre 2020

Nella necessaria rivendicazione dei diritti dei popoli nativi, talvolta si pone l’enfasi sulle loro radici vernacolari e il movimento è limitato agli interessi locali. Questo non è il caso dei nuovi zapatisti. Fin dall’inizio, la loro sorprendente ideologia è stata un’avventura di diversità e inclusione (“Un mondo in cui ci stanno molti mondi”), e hanno convocato incontri di ogni tipo, come l’incontro che non hanno esitato a definire “intergalattico”.

Nel 1996 l’EZLN firmò gli Accordi di San Andrés con i rappresentanti del Presidente Zedillo. La fine del conflitto sembrava in vista; l’autonomia dei popoli nativi era garantita senza violare la sovranità. Si arrivò a questo punto dopo intense discussioni. Chi di noi ha partecipato come consigliere degli zapatisti alle sessioni precedenti la firma, non può dimenticare il rifiuto della delegazione governativa di fare proposte e anche di commentare quanto si diceva: “Siamo qui per ascoltare con rispetto”, ripetevano come un mantra. Tuttavia, si raggiunse un’apparente soluzione. Il paradosso è che, mentre i ribelli si fidavano della loro parola, il governo si preparava a tradirla.

Quattro anni dopo, quando Vicente Fox vinse le elezioni, gli Accordi divennero lettera morta. Nella sua campagna elettorale, il “candidato del cambiamento” prometteva di risolvere il problema del Chiapas in 15 minuti e così insisteva durante il suo insediamento.

Gli zapatisti lo presero sul serio e iniziarono la Marcia del Colore della Terra che si concluse nello Zócalo e permise alla Comandante Esther di parlare nel Parlamento (nonostante l’ardente arringa di Felipe Calderón, allora deputato, per impedire a una donna indigena di rivolgersi alla nazione). Il messaggio zapatista era chiaro: rispetto della legalità e diritto di partecipare nella Casa della Parola, il Congresso dell’Unione, cioè, appartenere al paese. Poco dopo, il PRI, il PAN ed il PRD votarono contro la trasformazione in legge degli Accordi di San Andrés. Così sfumò una possibilità storica. Come nel racconto di Kafka “Davanti alla legge”, si chiudeva una porta che non custodiva altro che un’illusione.

Gli zapatisti si rifugiarono nei loro territori e si dedicarono al compito, meno spettacolare ma senza dubbio epico, di trasformare la vita quotidiana. In “Giustizia Autonoma Zapatista”, Paulina Fernández Christlieb offre un dettagliato racconto dei lavori delle Giunte di Buon Governo e della democrazia diretta che si esercita nei cinque “caracoles” zapatisti.

In questa lotta per l’equità è stata decisiva la prospettiva di genere che nel 2018 ha portato all’Incontro Internazionale delle Donne che Lottano (ripreso nel 2019 con la partecipazione di delegate di 49 Paesi).

Coloro che hanno meno, hanno fornito una continua lezione sul rispetto dell’altro in tempi di polarizzazione, dove il disaccordo è sinonimo di inimicizia.

Un paio di giorni fa hanno annunciato che salperanno per l’Europa per commemorare i 500 anni dalla caduta di Tenochtitlan. Non sono animati da un desiderio vendicativo, ma dal desiderio di dialogare nella differenza.

Riferendosi alla Spagna, partono dal riconoscimento elementare dell’esistenza del meticciato, così come dal multiculturalismo. È assurdo chiedere agli spagnoli di oggi di rispondere della politica imperiale di Carlo I e Filippo II. D’altra parte, i messicani non sono estranei al contesto spagnolo. Nel loro ampio comunicato, gli zapatisti ricordano che l’intera specie proviene dall’Africa e che i crimini che condannano sono recenti quanto l’omicidio dell’ambientalista Samir Flores Soberanes, che si opponeva alla centrale termoelettrica di La Huexca, Morelos.

La traversata zapatista mostrerà che il realismo magico può essere pratica e che ciò che è alieno migliora ciò che è proprio: “Parleremo al popolo spagnolo. Non per minacciare, rimproverare, insultare o chiedere. Non pretendere che ci chieda perdono … Per cosa ci dovrebbe chiedere perdono la Spagna? Di aver partorito Cervantes?”.

Gli scettici parleranno di romanticismo delirante e paranoico della manipolazione internazionale. Non sarà la prima volta che un viaggio senza rotte definite sembri assurdo a chi ignora che il nuovo è caratterizzato dal non essere accaduto prima.

“Aprile è il mese più crudele”, ha scritto T. S. Eliot ne “La Terra Desolata”, una poesia concepita tra due guerre mondiali.

Nell’aprile 2021 gli zapatisti proporranno un altro modo di risiedere sulla Terra.

*Juan Villoro. Scrittore, Premio Herralde de Novela 2004 e del Premio Rey de España per il suo testo “La Alfombra Roja, el imperio del narcotráfico”.

Fonte: https://www.etcetera.com.mx/opinion/la-nave-va/

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Quinta Parte: LO SGUARDO E LA DISTANZA DALLA PORTA.

Ottobre 2020

Supponiamo che sia possibile scegliere, ad esempio, il modo di guardare. Supponiamo di potervi liberare, anche per un attimo, dalla tirannia dei social network che impongono non solo cosa guardare e di cosa parlare, ma anche come guardare e come parlare. Quindi, supponi di guardare in alto. Molto in alto: dal più vicino al locale al regionale al nazionale al globale. Lo vedi? È vero, un caos, un pasticcio, un disordine. Quindi supponiamo che tu sia un essere umano; ebbene, non è un’applicazione digitale che, rapidamente, guarda, classifica, gerarchizza, giudica e sanziona. Quindi scegli cosa guardare… e come guardare. Potrebbe essere, è un’ipotesi, che guardare e giudicare non siano la stessa cosa. Quindi tu non solo scegli, ma decidi. Cambiare la domanda da “