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Archive for febbraio 2022

STOP ALLA REPRESSIONE DEI POPOLI ORIGINARI IN MESSICO

Al popolo del Messico.

Ai popoli del mondo.

Alla Sexta Nazionale e Internazionale.

Ai mezzi di comunicazione.

Denunciamo che il 15 febbraio intorno all’1:20, le forze repressive del malgoverno, composte da elementi della Guardia Nazionale, la polizia di stato di Puebla e la polizia municipale di Juan C. Bonilla, hanno invaso e smantellato gli spazi di resistenza e organizzazione della Casa de los Pueblos Altepelmecalli, spazio culturale e politico autonomo che fino al 22 marzo 2021 è stato lo stabilimento fisico della società Bonafont, azienda transnazionale che da anni ruba e sovrasfrutta le falde acquifere della regione di Cholulteca.

Condanniamo fermamente l’escalation repressiva che viene dalle viscere del governo della capitale, che si fa chiamare 4T, contro la resistenza e la lotta per la vita delle nostre sorelle e fratelli dei Pueblos Unidos della regione di Cholulteca e dei Vulcani che, sostenendo la difesa della vita collettiva, ha trasformato questo focolaio di morte in uno spazio di incontro e di scambio nel mezzo della determinazione di imporre il Progetto Integrale Morelos a Morelos, Puebla e Tlaxcala, che prevede un gasdotto attraverso il territorio dei popoli dei Vulcani, dove germoglia la speranza fatta di ribellione e di antiche e nuove forme di organizzazione.

Ci dichiariamo in allerta di fronte alla possibile persecuzione dei fratelli e delle sorelle della Casa de los Pueblos Altepelmecalli e consideriamo il governo federale responsabile dell’utilizzo del suo gruppo armato chiamato Guardia Nazionale per intensificare la guerra del denaro contro la vita. Lo riteniamo responsabile della tutela delle imprese dell’azienda Bonafont che spossessa, monopolizza, privatizza e trae profitto in modo immorale dall’acqua dei nostri villaggi, dove subiamo l’emergere di doline e il prosciugamento di pozzi, sorgenti, fiumi e i flussi, come è il caso del fiume Metlapanapa, che il Fronte popolare della regione di Cholulteca e dei Vulcani ha difeso dallo sfruttamento e dalla contaminazione a beneficio dei corridoi industriali.

Denunciamo l’offensiva repressiva del malgoverno neoliberista messicano contro le nostre compagne e compagni che, dalle loro geografie, alzano la bandiera dell’organizzazione del basso per chiamarci a combattere per la vita, CONDANNIAMO:

  1. L’omicidio del compagno Francisco Vázquez, presidente del consiglio di vigilanza dell’ASURCO, che ha alzato la voce contro il furto dell’acqua dagli ejidos della regione di Ayala per il funzionamento della centrale termoelettrica di Huexca, Morelos.
  2. La criminalizzazione del popolo Otomí e del compagno Diego García da parte del titolare di quell’oscura istituzione del malgoverno che chiamano INPI, che serve come organismo replicante dell’indigenismo e per il controllo clientelare nelle nostre comunità, istituzione che aveva i suoi uffici in quella che oggi è la Casa de los Pueblos Samir Flores Soberanes.
  3. La persecuzione contro il Consiglio Supremo Indigeno di Michoacán, viste le sue recenti mobilitazioni contro il disprezzo, il razzismo e l’espropriazione e per la rimozione dell’oltraggioso monumento noto come Los Constructores a Morelia, Michoacán.
  4. L’indifferenza e la complicità criminale della Guardia Nazionale di fronte alle violenze in Guerrero, mentre i cartelli della droga attaccano le comunità del Consiglio Indigeno e Popolare di Guerrero-Emiliano Zapata che si oppongono ai megaprogetti estrattivi e denunciano la complicità dei governi con i gruppi narco-paramilitari, assassinando e facendo sparire i nostri fratelli.
  5. La militarizzazione dell’Istmo di Tehuantepec per imporre il megaprogetto del Corridoio Interoceanico Salina Cruz-Coatzacoalcos, nonché l’occupazione illegale delle terre delle nostre comunità per tale progetto, come avviene con la comunità binnizá di Puente Madera, appartenente ai beni comunali di San Blas Atempa, Oaxaca.
  6. L’uso della Guardia Nazionale e dei gruppi armati degli stati e dei municipi per reprimere gli studenti delle scuole rurali normali di Ayotzinapa, Tiripetío e Mactumatzá che protestano per chiedere giustizia e migliori condizioni per le loro scuole.

Riteniamo il governo federale del Messico responsabile di questa escalation repressiva contro i nostri popoli e chiediamo che cessino le azioni della Guardia Nazionale e delle forze di polizia contro coloro che si oppongono allo sfruttamento-distruzione della natura e all’esproprio dei territori, patrimonio comunitario dei popoli originari, per imporre i progetti di morte promossi dallo Stato Messicano.

Invitiamo i popoli, le nazioni e le tribù indigene del Messico, così come le organizzazioni e i gruppi alleati, a vigilare su questa ondata di repressione neoliberista annunciata dal governo capitalista di questo paese attraverso l’accordo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Federazione il 22 novembre 2021, che dichiara i progetti e le opere del governo federale di interesse pubblico e sicurezza nazionale come pretesto per utilizzare le sue forze armate contro quei popoli che si oppongono allo spossessamento e alla distruzione senza precedenti del territorio messicano.

Invitiamo le persone, i gruppi, i collettivi, le organizzazioni e i movimenti nei territori di SLUMIL K´AJXEMK´OP (nota anche come “Europa”) a mobilitarsi e pronunciarsi contro la transnazionale Bonafont-Danone – con sede in Francia – e le rappresentanze dell’attuale governo federale messicano in Europa.

Per la Vita!

Solidarietà e sostegno ai popoli originari del Congresso Nazionale Indigeno!

Distintamente.

16 febbraio 2022

Per la ricostruzione integrale dei nostri popoli

Mai più un Messico senza di noi

Congresso Nazionale Indigeno-Consiglio Indigeno di Governo

ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE

Commissione Sexta

Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2022/02/16/alto-a-la-represion-en-contra-de-los-pueblos-originarios-en-mexico/

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Messico: cartografia della guerra

Raúl Romero* / I

Visualizzate una mappa del Messico. A nord si trova il Corridoio Logistico e Industriale del Trattato tra Messico, Stati Uniti e Canada. Sebbene le informazioni pubbliche al riguardo siano ancora scarse e imprecise, Caxxor Group ha già riferito che sta cercando di costruire e modernizzare porti, parchi industriali e una ferrovia come parte di questo corridoio. Il porto di Mazatlán, in Sinaloa, si trasformerebbe in un nodo che collegherebbe la costa dell’Asia con quella messicana. L’informazione si completa con i piani annunciati dalla fusione tra Canadian Pacific Railway e Kansas City Southern, che prevedono di collegare per 32mila chilometri di ferrovia Canada, Stati Uniti e le città messicane di Matamoros, Monterrey, Città del Messico e Veracruz, tra altre.

In questa mappa che state visualizzando, collocate ora il Progetto Integrale Morelos che include un gasdotto, un acquedotto e due centrali termoelettriche in pieno territorio vulcanico, negli stati di Puebla, Morelos e Tlaxcala. Anche al centro del paese, nello stato del Messico, metteteci l’Aeroporto Internazionale Felipe Ángeles.

Negi stati di Oaxaca e Veracruz mettete un treno, un’autostrada e due porti come parte del Corridoio Interoceanico che vuole unire via terra l’Oceano Pacifico con l’Oceano Atlantico. Molto vicino a qui, proprio di fianco a Veracruz, collocate anche la nuova raffineria a Dos Bocas, in Tabasco. Non dimenticate di tracciare, in Chiapas, Campeche, Yucatan, Quintana Roo e Tabasco il Tren Maya, con le sue strade ed il suo aeroporto.

Attorno a tutti questi progetti e megaprogetti visualizzate gli effetti della costruzione o modernizzazione, così come di quelli di esercizio, di hotel, bar, ristoranti, parchi eolici, miniere, allevamenti di maiali, birrerie, fabbriche componentistiche (maquilas), corridoi industriali, centri logistici, imprese energetiche e molto altro.

Su questa stessa mappa, ora collocate i gruppi del crimine organizzato, quelli presenti a livello nazionale, come il cartello di Sinaloa e quello di Jalisco Nueva Generación, o quelli con presenza nei singoli Stati o regioni, come gli scissionisti di Los Zetas, del Golfo, i Caballeros Templarios, la Familia Michoacana, o quello di Santa Rosa de Lima, l’Unione Tepito, Los Rojos, Los Ardillos

In questa stessa geografia, identifichi i più di 4.806 fosse clandestine come rifportato ad ottobre 2021 da Karla Quintana, incaricata nazionale per la ricerca di persone scomparse, ubicate praticamente tutta la nazione, ad eccezione di Querétaro e Città del Messico (https://bit.ly/3KI9U4S). Includete anche i dati del Registro Nazionale delle Persone Scomparse o non Localizzate: 97.306 persone in tutto il Messico. Osservate in particolare Jalisco, Tamaulipas e lo stato del Messico, dove si registra il maggiore numero di casi. Qui metteteci anche gli oltre 43 uomini e donne giornalisti assassinati dal dicembre 2018 a luglio 2021 e riconosciuti dal Ministero degli Interni (https://bit.ly/3o7JXSD). Includete i sei giornalisti che sono stati assassinati da allora, compresi Margarito Martínez e Lourdes Maldonado.

In questa cartografia della guerra, mettete anche le 68 persone attiviste dei diritti umani assassinate dal dicembre 2018, la maggioranza di loro, attivisti ambientali. Inoltre, includete i femminicidi e transfemminicidi.

Se volete aggiungere maggiori dettagli nella cartografia, metteteci anche la città prigione per le persone migranti in Tapachula, o le regioni con presenza di gruppi paramilitari e narcoparamilitari che tutte le settimane attaccano comunità indigene, come a Nuevo San Gregorio, nel Chiapas Zapatista, o nella Montaña Baja di Guerrero. Potete anche contrassegnare gli stati con politici denunciati per agire in coordinamento con imprese estrattive o con il crimine organizzato. O quelli dove si sottraggono o inquinano le riserve di acqua dolce o dove si disboscano le foreste.

Il capitalismo neoliberista che in Messico ha raggiunto le sue espressioni più rappresentative nei megaprogetti infrastrutturali, energetici ed estrattivi, così come nelle economie criminali, non è solo eredità del passato, ma prosegue vigente ed in espansione.

Se voi come me siete stati colti dalla disperazione dopo aver abbozzato questa cartografia, ne avete tutte le ragioni, le cose non vanno bene e non dobbiamo ingannarci. Ma non dimenticate anche che in queste stesse geografie possiamo tracciare una cartografia della resistenza e della speranza. Molto altro nella seconda parte.

* Sociólogo

Twitter: @RaulRomero_mx

Fonte: La Jornada https://www.jornada.com.mx/2022/02/06/opinion/013a2pol

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Intervista a Pedro Faro, coordinatore del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé De Las Casas sulla campagna “Nuestra Lucha Es Por La Vida”

In Messico la violenza è diffusa da nord a sud, da est a ovest. Uno degli ultimi stati dove la violenza è esplosa è il Chiapas, che nel 1994, dopo la rivolta zapatista è stato lo stato messicano più militarizzato di sempre e ha vissuto il dramma della paramilitarizzazione negli anni seguenti. Ora il Chiapas ha subito un percorso di re-militarizzazione tramite lo schieramento di migliaia di uomini della Guardia Nazionale schierati al confine in chiavi anti-migranti e sta vivendo un ritorno degli attori del paramilitarismo che ora si mettono al soldo dei gruppi del crimine organizzato che quasi sempre rispondono a loro volta agli interessi dell’economia e della politica.

Per capirne di più abbiamo intervistato (assieme a Radio Onda d’Urto, con la preziosa traduzione di Annamaria Pontoglio del Comitato Maribel di Bergamo) Pedro Faro, coordinatore del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas.

Pedro, grazie di essere con noi. A settembre l’EZLN ha scritto un comunicato parlando di uno stato di guerra civile in Chiapas. E’ così?

Come riporta la denuncia del Subcomandante Galeano, nel comunicato intitolato “Chiapas sull’orlo della guerra Civile”, la situazione che stiamo vivendo è assolutamente reale. In base alla documentazione da noi raccolta, la violenza in Chiapas è esplosa e la situazione molto critica sta generando condizioni di violenza profonde. Questo è dovuto a diversi fattori, primo fra tutti l’assenza dello Stato e l’ingovernabilità, per cui lo Stato sta permettendo a gruppi legati al crimine organizzato e a gruppi paramilitari di esercitare le loro azioni criminali nei territori in cui vivono i popoli originari e in diverse città dello stato del Chiapas. Stiamo constatando una crisi della situazione dei diritti umani evidenziata dagli sgomberi forzati: ci sono circa 14.776 persone sfollate vittime di sgomberi forzati completamente abbandonate dallo Stato Federale e da quello locale che non forniscono loro alcuna assistenza. E questo viola gravemente i diritti umani di questi uomini, donne e bambini, con un impatto pesante a livello psicologico e stravolgendo la vita e la cultura delle comunità indigene che vivono ormai in uno scenario di guerra. Il caso più evidente è quanto succede nel Municipio di Aldama, situato negli Altos del Chiapas, che subisce la persistente aggressione contro due sue comunità da parte di un gruppo paramilitare proveniente dalla zona di Santa Marta Chenalhó. Abbiamo verificato che la presenza dello Stato è assolutamente insufficiente e non disattiva questa violenza che tiene nel terrore l’intera popolazione. La situazione più critica è in Aldama, ma questo avviene anche a Chalchihuitán, Pantelhó, Simojovel ed in altre zone nea nord dello stato come a Chilón dove ci sono molti sfollati.

Come si esercita questo clima nei territori rurali ed indigeni?

Questa violenza viene esercitata sulle terre recuperate dall’Esercito Zapatista di Liberazione Nazione (EZLN) con la sollevazione armata del 1994, che sono territori sotto il controllo dell’EZLN dove le comunità stanno costruendo la loro autonomia, il loro governo alternativo, antisistemico e anticapitalista, dove si è creato un meccanismo di giustizia molto più legato alla comunità, con proprie forme di governo e amministrazione costruite in questi 28 anni di resistenza dell’EZLN.

Ed ora di fronte a questa deliberata azione dello Stato di permettere a questi gruppi armati di agire impunemente nei territori dove vivono i popoli zapatisti che costruiscono la loro autonomia, arrivano nuove denunce da parte del Frayba ma anche da altre organizzazioni nazionali e internazionali, relative alla comunità di Nuevo San Gregorio e Moisés Gandhi, dove i gruppi criminali vogliono sottrarre territori che appartengono all’EZLN per diritto legittimo a partire dalla sollevazione del 1994 e dove continua a costruire e generare un processo molto importante che evidenzia come sia possibile vivere con un governo e un modo diverso dal sistema capitalista.

Questo come si inserisce nella storia recente del Messico?

Come viene evidenziato sui mezzi di comunicazione e da diverse analisi sul Messico negli ultimi decenni, stiamo vivendo in una situazione molto critica della violenza con quasi 95.000 desaparecidos ed oltre 300.000 omicidi vincolati al crimine organizzato. Noi abbiamo verificato il legame con il governo nei territori in cui si verificano le sparizioni forzate e gli omicidi. Esiste una trilogia del male tra gruppi criminali, le imprese ed i governi complici che generano le situazioni qui esposte che provocano gravi violazioni dei diritti umani della popolazione civile in Messico. Il Chiapas per molto tempo era rimasto fuori dal circolo della violenza estrema, ma in questo ultimo anno si è registrata una crisi della sicurezza con aumento della violenza in alcuni municipi dove si verificano scontri tra cartelli e gruppi criminali locali per il controllo del territorio e l’infiltrazione nelle istituzioni, così come la proliferazione di diversi attori oscuri che operano in impunità in varie zone del territorio chiapaneco. L’insicurezza e la dinamica della violenza in questi municipi ha generato situazioni di emergenza anche nelle zone di frontiera, come la situazione migratoria molto critica, che ha generato aumento di crimini associati al traffico illegale di esseri umani, narcotraffico, estorsioni, traffico illegali di armi. Questa conflittualità permanente socio-politica che presenta molti fattori legati anche al territorio, ha costi umani e sociali molto alti.

Pedro, che rapporto vedi tra crimine organizzato, politica ed economia?

C’è una violenza strutturale che deriva dal potere politico ed economico fondato sull’emarginazione ed esclusione storica delle comunità indigene e dei popoli originari, come se al governo messicano non importasse nulla nonostante anche il cambio di governo ora con Manuel Lopez Obrador. E nemmeno gli importano le cause di questa violenza, come neppure riconoscere le proprie responsabilità ed agire per disattivare questa violenza e consentire la pace in Chiapas. C’è un continuum con i governi precedenti e questo governo di MORENA [coalizione dei partiti al governo – N.d.T.] che governa sia a livello federale che statale, e non ci sono evidenze di cambiamenti nei confronti dei popoli originari e delle comunità indigene. Si percepisce invece una continuità ed una profonda discriminazione. La popolazione continua ad essere considerata sacrificabile, soprattutto la popolazione indigena che disturba i piani dei governi locali, statali e federale e gli interessi economici di gruppi armati criminali e imprese. Attualmente la maggioranza della violenza in Chiapas è legata a questi interessi criminali sul territorio che operano grazie a vincoli col governo che ora sono molto riconoscibili all’interno dell’apparato statale. L’aumento delle rotte criminale e del giro di affari di traffico di armi, auto rubate, narcotraffico, tratta di persone, pornografia, locali clandestini, sono vincoli di interesse comune tra criminalità, governo e imprese.

Uno dei nodi dello stato è senza dubbio la questione migratoria. Ci fai una fotografia della questione?

Negli ultimi anni si è denunciato una politica molto restrittiva dei diritti nei riguardi della popolazione migrante, soprattutto verso i richiedenti asilo, protezione internazionale e sanitaria. L’immigrazione è molto aumentata a causa della violenza, della povertà estrema, del cambio climatico, e originata anche da crisi economiche e dalla pandemia di COVID-19 che ha creato situazioni di difficoltà estreme per a sopravvivenza di questa gente nei propri paesi di origine. Per molte famiglie la sola alternativa è stata emigrare e cercare migliori condizioni di vita, che è un diritto alla migrazione, alla mobilità di ogni persona. Come risposta i governi sia di Cento America che del Messico hanno irrigidito le loro operazioni per fermare la migrazione e la mobilità delle persone con azioni di razzismo, discriminazione, un uso massiccio della forza e violando l’accesso alla giustizia e commettendo crimini vincolati con gruppi criminali. C’è stato un aumento esponenziale di arresti e deportazioni con numeri record: solo nel 2020 e fino agosto 2021 si sono registrati 148.903 arresti e 65.799 deportazioni. A fine anno questi numeri saranno molti di più. I luoghi di detenzione sono le stazioni migratorie dove non esiste alcun accesso ai servizi, ad una giusta difesa perché sono luoghi di detenzione, soprattutto per le persone che non parlano spagnolo, dove si commettono atti di tortura, omicidi, situazioni molto critiche, in particolare nella Estacion Migratoria (Siglo XXI) a Tapachula, che abbiamo visto essere un ghetto, un luogo di sterminio. A parte questo, il governo messicano ha rafforzato la militarizzazione ed i posti di controllo alla frontiera con l’Esercito Messicano e la Guardia Nazionale che per il 90% è formata da soldati dell’esercito. La situazione più grave si è verificata poche settimane fa quando un gruppo di circa 150 migranti si trovava in un camion che ha subito un incidente e 56 persone sono morte. Questo evento ha messo in luce la complicità dell’Istituto di Migrazione con questi gruppi criminali dediti alla tratta di persone che, come abbiamo visto, è uno dei giri d’affari criminali che genera più profitti. La politica migratoria in Messico continua ad essere deplorevole e a non dare risposte alla popolazione migrante che necessita di esercitare il diritto alla mobilità, come tutti noi, o come dovrebbe essere in termini umanitari e di diritti umani.

Il FrayBa ed altre organizzazioni hanno lanciato una campagna chiamata “Nuestra Lucha es Por La vida” a supporto dell’EZLN ci spieghi come funziona?

L’anno scorso si sono intensificate le aggressioni contro gli zapatisti, contro l’EZLN, in diversi territori in cui è in corso la costruzione permanente della loro autonomia e l’esercizio della libera autodeterminazione in quanto popoli originari. La situazione è critica. Diverse organizzazioni aderenti alla Sesta Dichiarazione dell’EZLN si sono unite alla campagna “Nuestra Lucha Es Por La Vida”, che è una frase che i compagni zapatisti hanno ricavato in ognuna delle loro azioni politiche per la difesa del proprio territorio, per la difesa della madre terra. È per questo che diverse organizzazioni internazionali, nazionali e statali ci siamo unite a questa campagna permanente per evidenziare questa situazione di aggressioni contro i territori zapatisti, in particolare ora a Nuevo San Gregorio che attualmente è assediato da un gruppo denominato “Los 40 invasores” che aggredisce le persone ed occupa il loro territorio. In questa situazione, la Rete AJMAQ insieme ad altre organizzazioni aderenti alla Sexta hanno realizzato una Carovana di Solidarietà ed hanno prodotto una serie di rapporti che documentano in maniera molto puntuale il meccanismo di violenza che viene esercitata da questo gruppo di scontro che gode dell’impunità del governo locale, statale e federale che in questo modo compie azioni di contrainsurgencia nel territorio che appartiene all’EZLN.

Per questo chiediamo la vostra attenzione e di aderire alla campagna “Nuestra Lucha Es Por La Vida” con azioni sui social da ognuna delle vostre trincee, secondo il proprio modo di agire, per denunciare e far sì che questi territori in cui lottano i nostri compagni zapatisti siano liberati dalla violenze e tornino sotto il controllo dei compagni zapatisti.

Le azioni che si possono fare sono video, azioni di fronte alle ambasciate del Messico per chiedere che si rispetti il diritto all’autonomia ed alla libera autodeterminazione dei popoli originari in Messico, delle comunità zapatiste, per il rispetto del territorio e della madre terra. https://www.olaamericana.info/2022/01/25/intervista-a-pedro-faro-coordinatore-del-centro-dei-diritti-umani-fray-bartolome-de-las-casas-sulla-campaga-nuestra-lucha-es-por-la-vida/

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Di Andrea Cegnahttps://www.olaamericana.info/2022/01/29/messico-non-si-uccide-la-verita-uccidendo-giornalisti/

I due omicidi in sei giorni a Tijuana hanno lasciato il segno. Non è facile trovare voci che abbiano voglia di parlare, non è semplice trovare commenti e racconti del clima che si vive nella città di frontiera. Seppure la violenza in città resta un dato di fatto e di continuità qualcosa è cambiato dopo i colpi di pistola contro Lourdes Maldonado. Dal 2000 ad oggi sono 148 i giornalisti uccisi nel paese per cui è possibile presumere che il movente dell’omicidio sia legato al proprio lavoro. 136 sono gli uomini uccisi, 12 donne. 28 sono stati uccisi sotto il governo dell’attuale presidente Andres Manuel Lopez Obrador, 47 durante il governo del suo predecessore, Enrique Pena Nieto. A livello statale 31 sono stati uccisi in Veracruz, di questi 18 sotto il governatore Javier Duarte (dicembre 2010 – novembre 2016). Luis Hernandez Navarro, capo opinionista de La Jornarda, ricorda che “il Messico è un paese consumatore, produttore, e di transito per quanto riguarda la droga. Qui l’impresa criminale rappresenta il 10% del prodotto interno lordo, di questo totale il 40% è creato dal traffico di droga, attività combinata con il traffico di persone, il furto di mezzi di locomozione, il subaffitto di appartamenti, la pirateria e l’estorsione nel senso più ampio della parola. Questo implica che più di 60mila milioni di dollari provengono direttamente dal traffico e vendita di droga. Almeno mezzo milione di persone lavora nella filiera criminale. Attorno a tutto ciò c’è un sistema di lavaggio di denaro attraverso diverse forme d’impresa e tutto ciò si regge su reti di complicità molto ampie a cui partecipano l’esercito, la polizia, notai, impresari, politici ecc ecc”. Navarro prosegue “i giornalisti e le giornaliste quindi sono un ostacolo per queste reti criminal-politiche poiché molto spesso documentano i crimini che vengono commessi e mostrano la trama criminale a cui partecipano direttamente i grandi signori dell’economia e della politica”. Un giovane giornalista tijuanense, costretto dalla sindemia a fare altri lavori, trova il coraggio di parlare “penso che essere giornalista è pericoloso in tutte le parti del mondo ma in Messico, con i fatti dell’ultima settimana – soprattutto a Tijuana – è molto pericoloso”. Il clima in città è molto complesso infatti “a Tijuana il sistema di giustizia non funziona. Solo in questo inizio di 2022 ci sono state almeno 100 persone uccise e almeno nel 90% dei casi non ci sono responsabili. Di fatto sembra molto facile uccidere qui a Tijuana senza finire processati. Il nostro lavoro è trovare la verità, rendere pubbliche bugie e corruzione, ma questo è un paese corrotto, se si molestano gli interessi di alcune persone e visto che è provato che negli anni i colpevoli non vengono consegnati alla giustizia allora succede che ti ammazzano. E’ abbastanza allarmante e ci si rendiamo conto che anche se si è nei gruppi di protezione dello stato, anche se si grida di essere in pericolo, ti ammazzano lo stesso. E’ abbastanza triste, io sono molto triste e provato” racconta. La violenza in Messico si è fatta strutturale e le aggressioni ai giornalisti si intrecciano con le aggressioni sistematiche che si vivono. “In Messico ogni giorno vengono uccise 11 donne e ogni 38 ore una donna che lavora come giornalista o nell’ambito della comunicazione viene violentata” dice Amaranta Cornejo, ricercatrice universitaria “ma le cifre, se pur spaventose e terrificanti, non ci devono far fermare alla tragedia della vita troncata e neppure a ciò che colpisce le persone vicine alla persona assassinata, dobbiamo vedere come agisce più in profondità. Non si uccide la verità uccidendo giornalisti diciamo noi in Messico perchè le aggressioni non colpiscono solo chi viene colpito direttamente ma tutta la società, perchè generano di fatto il silenzio. Gli omicidi di giornaliste/giornalisti/comunicatori sono uno specchio in più della de-scomposizione sociale e politica. Dobbiamo capire seriamente chi ha realizzato il crimine perchè non si può cadere nella narrativa “che è sempre colpa del crimine organizzato”, questa è uscita semplicistica perchè sappiamo che viviamo in un paese dove esiste una collusione tra i criminali, i poteri economici e lo stato”. In questo clima è esplosa rabbia ed indignazione che ha portato, martedì 25 gennaio, ad una giornata nazionale di protesta e denuncia della violenza contro chi lavora nell’informazione. Protesta che ha portato in piazza in oltre 40 città ed in tutti gli stati che compongono il Messico diverse migliaia di persone mentre il presidente eletto Andres Manuel Lopez Obrador ha pensato fosse utile difendere l’ex governatore della Baja California, impresario di una televisione statale, ovvero il “capo” di Lourdes Maldonado contro il quale la giornalista aveva agito, e vinto, una causa lavorativa. AMLO ha difeso il suo compagno di partito dalle voci che lo vorrebbero legato alle violenze subite dalla giornalista.

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