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Archive for ottobre 2009

                             AMNESTY INTERNATIONALscan
27 ottobre 2009
URGENT ACTION
DUE UOMINI TORTURATI IN MESSICO
Due uomini, membri dell’organizzazione di contadini in Chiapas, sud del Messico, sono stati torturati in dopo essere stati arrestati senza un mandato. Un terzo uomo, anche lui membro della stessa organizzazione, è detenuto a 2.000 km di distanza dal suo avvocato e dai famigliari. Tutti e tre gli uomini sono accusati di aver occupato illegalmente delle terre nel 2005
 
Nelle prime ore del 24 ottobre le case di Venustiano Carranza, città caposaldo di molti membri dell’Organización Campesina Emiliano Zapata (OCEZ) sono state perquisite dalla polizia statale. Quando la polizia è entrata nella casa di Roselio de la Cruz González, hanno picchiato e minacciato uno dei suoi figli affinché rivelasse dove si trovava suo padre. Roselio de la Cruz si è subito consegnato. La sua famiglia ha assistito mentre lo colpivano allo stomaco prima di essere caricato su un furgone della polizia. Nella stessa notte, la polizia è entrata nella casa di José Manuel de la Torre Hernández. Hanno picchiato sia lui che i suoi tre bambini che cercavano di impedire che lo portassero via. La polizia non ha mostrato alcun mandato di cattura per gli uomini o di perquisizione. Sono state perquisite anche le abitazioni di altri membri della OCEZ, ma nessun altro è stato arrestato. Secondo un’organizzazione dei diritti umani locale, un centinaio di agenti di polizia e soldati sono rimasti nella zona per almeno due giorni.
Roselio de la Cruz e José Manuel de la Torre si trovano attualmente in stato di arresto. Il loro avvocato ha denunciato che durante l’interrogatorio sono stati bendati, legati e picchiati. Roselio de la Cruz è stato anche minacciato di morte, mentre gli agenti mettevano un sacchetto di plastica in testa a José Manuel de la Torre fino a quasi soffocarlo, poi è stato costretto ad inalare acqua fino a svenire. Entrambi gli uomini sono stati costretti a firmare documenti che non è stato però concesso loro di leggere. Un altro membro della OCEZ che vive nell’area, José Manuel Hernández Martínez, è stato arrestato il 30 settembre.  Sebbene dovesse essere giudicato dalle autorità dello stato del Chiapas, il 16 ottobre è stato trasferito in una prigione federale a 2.000 km di distanza dalla sua famiglia e troppo lontano per essere assistito dal suo avvocato, quindi è praticamente nell’impossibilità di comunicare.
 
CHIEDIAMO DI SCRIVERE IMMEDIATAMENTE in lingua spagnola o nella vostra lingua, chiedendo alle autorità messicane di:
            Garantire che Roselio de la Cruz e José Manuel de la Torre non vengano torturati o maltrattati;
            Avviare accurate indagini sulla loro tortura, consegnando i responsabili alla giustizia;
            Assicurare che i due uomini siano rilasciati immediatamente, o che vengano addebitate loro precise accuse e trattati secondo le leggi internazionali che ritengono inammissibile qualsiasi prova ottenuta sotto tortura;
            Assicurare che José Manuel Hernández Martínez possa vedere la sua famiglia ed il suo avvocato;
            Interrompere le perquisizioni illegali e le intimidazioni ne confronti dei sostenitori della OCEZ e degli abitanti di Venustiano Carranza, ed indagare sulla condotta dell’operazione di polizia.
 
SPEDIRE L’APPELLO PRIMA DELL’8 DICEMBRE 2009 A:
 
Governatore del Chiapas
Lic. Juan Sabines Guerrero
Palacio de Gobierno
Tuxtla Gutierrez, Chiapas, MEXICO
Fax:  +52 961 6188050 ext. 21122
Email: juansabines@chiapas.gob.mx
Intestazione: Spett. Governatore/Sig. Governatore
 
Procuratore Generale del Chiapas        
Mtro. Raciel Lopez Salazar
Procuraduria General de Justicia
Libramiento Norte no.201
Tuxtla Gutierrez, Chiapas, Mexico       
Fax: + 52 961 6165724
Intestazione: Spett. Procuratore Generale/ Sig. Procuratore
 
Procuratore Generale della Repubblica
Lic. Arturo Chávez Chávez      
Procuraduría General de la Republica
Av. Paseo de la Reforma no. 211.213, México D.F., C.P. 06500, MEXICO  
Fax:  + 52 55 53 460908
Intestazione:
Spett. Procuratore  General/ Sig. Procuratore
 
COPIA A “Fray Bartolomé” Human Rights centre Email: accionurgente@frayba.org.mx 
 
Spedire copia anche ai rappresentanti diplomatici del Messico accreditati nel vostro paese..
Consolato Generale del Messico a Milano
Amb. Benito Andión Sancho
Console Generale
Via dei Cappuccini, 4
20122 Milano
http://portal.sre.gob.mx/milan/index.php
Tel 02.7602.0541; Fax 02.7602.1949
e-mail: info@mexico.it
 

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Contro caro bollette.

La Jornada – Mercoledì 28 ottobre 2009

 Denuncia di persecuzione contro le comunità che rifiutano di pagare la luce in Chiapas

Hermann Bellinghausen

Le comunità, organizzazioni e municipi in Chiapas che formano la Rete Statale di Resistenza Civile La Voz de Nuestro Corazón, aderenti all’Altra Campagna dell’EZLN, sostengono che “la persecuzione e l’escalation repressiva contro i popoli e movimenti in resistenza al pagamento della luce è una chiara strategia di repressione, basata sulla criminalizzazione della lotta sociale, che inventa reati per fermare ed imprigionare i compagni”.  I gruppi avvertono: “Non permetteremo l’entrata di personale della Commissione Federale di Elettricità (CFE) in tutti i posti dove sia presente la resistenza”.  Dopo essersi riuniti in assemblea lo scorso fine settimana per “discutere l’escalation repressiva che stanno subendo le comunità e villaggi in resistenza”, la rete denuncia recenti vessazioni.  Informa che lo scorso 8 ottobre, coloni in resistenza della comunità El Puerto, municipio Villa las Rosas, sono stati vittime di un operativo dell’Esercito federale “che ha spaventato e picchiato dei bambini che giocavano a pallacanestro chiedendo loro: ‘Dove sono i narcotrafficanti? Dove è la marijuana?'”  Nella comunità di Cruztón, aggiunge, “Il governo dello stato, attraverso Noé Castañon, segretario di Governo, ha minacciato i compagni della rete di costruire contro di loro dei reati gravi, come il possesso di armi e droga, oltre che vessarli con pattugliamenti e sorvoli di elicotteri; tutto allo scopo di montare un operativo militare che disarticoli l’organizzazione”.  D’altra parte, a partire dall’arresto di José Manuel Hernández Martínez, Chema, dirigente della OCEZ a Venustiano Carranza, ed il suo trasferimento in una prigione a Nayarit, si sono scatenate vessazioni in diverse comunità e nel capoluogo municipale, con pattugliamenti, sorvoli ed arresti, causando terrore nella popolazione, poiché durante le perquisizioni sono state picchiate le persone e derubate dei loro i risparmi e distrutto le case”.  La rete denuncia i “violenti operativi” della CFE, per smantellare gli impianti elettrici in diverse comunità in resistenza, “privando di energia le famiglie il cui unico crimine è quello di denunciare gli abusi dell’ente parastatale che ruba al popolo e beneficia le grandi imprese”.  Esprime il suo “rifiuto e condanna” per il decreto presidenziale che chiude l’azienda pubblica “Luz y Fuerza del Centro” (chiusura annunciata a sorpresa dal presidente Felipe Calderon; l’azienda rifornisce di elettricità 6 milioni di abitanti della capitale messicana e la sua chiusura ha scatenato la rabbia del potente sindacato messicano degli lavoratori elettrici – N.d.T.) “Questo atto riflette l’autoritarismo che caratterizza il governo illegittimo di Felipe Calderón che, facendo un uso irresponsabile dei suoi poteri, rende evidenti i veri motivi: consegnare le risorse energetiche all’iniziativa privata e zittire la voce del popolo organizzato, attaccando i movimenti sociali, i sindacati e qualsiasi resistenza al modello capitalista neoliberista imposto dall’alto”.  Infine, invita comunità ed organizzazioni dello stato alla mobilitazione del prossima 13 novembre in diverse regioni del Chiapas, “per non far tacere la nostra voce e denunciare questi oltraggi”. http://www.jornada.unam.mx/texto/014n2pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Prigionieri Politici.

La Jornada – Martedì 27 ottobre 2009

La OCEZ chiede la liberazione dei suoi tre dirigenti

Elio Henríquez e Ángeles Mariscal. San Cristóbal de Las Casas, Chis, 26 ottobre. Centinaia di aderenti all’Organizzazione Campesina Emiliano Zapata (OCEZ) hanno marciato oggi a San Cristóbal de las Casas e a Tuxtla Gutiérrez per denunciare le intimidazioni poliziesco-militari ed esigere la liberazione dei suoi dirigenti José Manuel Hernández Martínez, Rogelio de la Cruz e José Manuel de la Torre Hernández. Ricordano che José Manuel Hernández Martínez è stato arrestato il 30 settembre e trasferito nella prigione di massima sicurezza di Nayarit il 16 ottobre; De la Cruz González e De la Torre Hernández sono stati catturati sabato e rinchiusi nella prigione di El Amate, municipio di Cintalapa, accusati di esproprio, danneggiamenti ed associazione a delinquere, tra altri reati. A nome dei manifestanti, Uberlaín Aguilar de la Cruz ha detto che poliziotti statali hanno realizzato un operativo domenica scorsa nelle comunità 28 de Junio e Laguna Verde, bastioni della OCEZ, ma non hanno trovato né droga né armi. Ha riferito che funzionari statali hanno cercato altri dirigenti per informarli sui processi proporre loro un accordo, ma hanno risposto che non ci sarà accordo finché i tre leader resteranno in carcerati, perché non sarebbe la prima volta che le autorità “li tradiscono”. A Tuxtla Gutiérrez, membri di 11 comunità fondate dalla OCEZ hanno negato di essere un gruppo armato o di occultare delitti. “Vogliamo solo un pezzo di terra dove lavorare e la nostra lotta è pacifica e legale”, ha dichiarato Dominga Torres, di Laguna Verde. http://www.jornada.unam.mx/texto/030n2est.htm

 ONG chiedono la liberazione dei “prigionieri politici” nel paese

Israel Dávila, Sergio Ocampo e Elio Henríquez

Membri di organizzazioni sociali e dei diritti umani degli stati di Messico, Guerrero e Chiapas, e familiari e difensori delle vittime, hanno chiesto la liberazione dei “prigionieri politici” del paese, tra loro i membri del Fronte dei Popoli in Difesa della Terra (FPDT) di San Salvador Atenco, detenuti nel maggio del 2006. (…)  I manifestanti hanno chiesto giustizia al governatore Enrique Peña Nieto, e la scarcerazione degli ejidatarios di San Salvador Atenco, guidati da Ignacio de la Valle Medina – condannato a 112 anni di prigione – recluso nella prigione federale di massima sicurezza dell’Altopiano, ad Almoloya de Juárez.  (…)  Come parte della Campagna Nazionale per la Liberazione dei Prigionieri Politici, a San Cristóbal de las Casas, Chiapas, aderenti dell’Altra Campagna zapatista di quelsta città e del municipio di Chilón hanno sfilato per chiedere la liberazione di “tutti i prigionieri politici” del paese ed il rispetto dei territori dei popoli indigeni. (….). http://www.jornada.unam.mx/texto/015n1pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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La Jornada – Lunedì 26 ottobre 2009

Denunciate minacce della CFE agli utenti in Chiapas

Hermann Bellinghausen

La Commissione Federale di Elettricità (CFE) nel nord del Chiapas minaccia le comunità in resistenza al pagamento delle bollette, non solo con “tagli in massa” del servizio, ma anche con arresti e sospensione dei programmi governativi di assistenza sociale, come il programma Oportunidades.  Per questo, la delegazione della CFE, con sede a Yajalón, farebbe ricorso alla Polizia Statale Preventiva e all’Esercito federale, denuncia l’organizzazione Popoli Uniti in Difesa dell’Energia Elettrica (Pudee), aderente all’Altra Campagna dell’EZLN.  La parastatale vuole scavalcare le assemblee ejidales e nominare “agenti” incaricati di riscuotere. Questo succede nella comunità Álvaro Obregón, municipio di Tila, la cui assemblea ha deciso di non fare la nomina che andrebbe contro la resistenza civile in atto.  Per non aver rispettato le disposizioni ufficiali, devono “aspettarsi le conseguenze”. Le autorità ejidales di Álvaro Obregón denunciano: “Ci considerano delinquenti solo perché resistiamo. Costruiscono reati contro di noi”.  Ancora una volta la CFE mostra il suo aspetto autoritario e poliziesco nell’entità. La sua partecipazione ad azioni repressive è stato chiaramente dimostrato nella confusa ed irregolare cattura del dirigente della OCEZ a Venustiano Carranza, José Manuel Hernández Martínez, Don Chema, il 30 settembre. In un operativo della Polizia Giudiziale, gli agenti sono entrati nella comunità 28 de Junio indossando le divise dei lavoratori dell’ente parastatale a bordo di un veicolo della CFE ed hanno catturato il dirigente senza identificarsi né dare spiegazioni.  Gli abitanti di 28 de Junio avevano pensato ad un sequestro, e per questo avevano cercato di impedire la cattura. Nell’inseguimento, un’auto dei contadini ha avuto un incidente che è costato la vita a due persone della comunità. In seguito, né la CFE né la Procura Generale di Giustizia dello Stato hanno dato una spiegazione esauriente dell’azione che le vittime definiscono “un attentato”.  Il Pudee e la comunità Álvaro Obregón, oltre a manifestare il loro appoggio ai lavoratori del Sindacato Messicano degli Elettricisti, dichiarano: “Non vogliamo che continuino a minacciarci e ingannarci. Non è la prima volta che lo fanno. Ci hanno ingannati col programma della tariffa Vida mejor ed ora con Luz solidaria che il governo di Juan Sabines ha implementato, ingannando le comunità del Chiapas”.  Conclude: “Non cadremo nei loro tranelli. E non pagheremo le bollette, perchè non abbiamo con che pagarle. E tanto meno possiamo pagare adesso, con le tasse approvate dalla Camera dei Deputati. Il ‘falso’, o ‘presidente del empleo’ (come si è definito il Presidente Calderón – n.d.t.) ci vuole ‘suicidare’ con la sua iniziativa di legge finanziaria, lasciandoci senza nemmeno l’indispensabile per le nostre famiglie. Vogliono far pagare più tasse ai poveri e rendere più ricchi i ricchi”. http://www.jornada.unam.mx/texto/018n2pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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La Jornada – Lunedì 26 ottobre 2009

Denunciate torture contro i detenuti della OCEZ

Agenti Della polizia statale cercano senza successo esplosivi e stupefacenti nelle comunità di Laguna Verde e 28 de Junio.

 Elio Henríquez e Ángeles Mariscal. San Cristóbal de Las Casas, Chis., 24 ottobre. José Manuel de la Torre Hernández e Roselio de la Cruz González, leader dell’Organizzazione Campesina Emiliano Zapata (OCEZ) arrestati sabato, sono stati “torturati fisicamente e psicologicamente” per cinque ore nei locali della Procura di Giustizia statale (PJE) e costretti a firmare documenti, ha dichiarato il loro avvocato Marcos López Pérez.  Quando è stata chiesta la sua versione riguardo queste accuse, la PJE si è rimessa ai suoi comunicati di ieri ed oggi, uno dei quali segnala che gli accusati sono stati sottoposti a visite mediche che provano che sono “in buono stato di salute”.   L’ente ha dichiarato di avere le prove che entrambi gli attivisti appartengono alla banda criminale dei Los Pelones, “conosciuta per la sua attività nel traffico di armi e droga, e responsabile di diversi omicidi che includono l’esecuzione di poliziotti statali compiuta nel 2007 dopo una falsa chiamata di emergenza nel municipio di Pueblo Nuevo Solistahuacán”.  L’avvocato ha detto che De la Torre Hernández è stato ammanettato, bendato, infilato la testa in un sacchetto di plastica e versato acqua nel naso, cosa che ha provocato diversi svenimenti, e poi obbligato a firmare alcune carte prima di trasportarlo nella prigione di El Amate insieme a Roselio de la Cruz González. De la Torre e De la Cruz sono stati catturati all’alba da uomini incappucciati ed alle 10 del mattino condotti nel penitenziario, accusati di danni, esproprio ed associazione a delinquere.  La PJE sostiene che un altro dirigente dell’organizzazione ha deciso di collaborare sotto protezione confermando le accuse contro Cruz González e De la Torre Hernández, per cui è stata realizzata l’operazione a causa della loro “pericolosità” nel municipio di Venustiano Carranza.  “Il testimone ha rivelato che la OCEZ, attraverso Roselio Cruz e José Manuel de la Torre, ha ricevuto 300 mila pesos per comperare armi, consegnati dal sindaco panista di questo municipio, Amín Coutiño Villanueva.” Inoltre, i detenuti “tra i loro affari illeciti comprendevano la tratta di clandestini e nascondevano droga nelle loro terre, sulle quali impedivano l’accesso ad autorità civili e militari spacciandosi per organizzazione sociale”, dice uno dei comunicati.   Tuttavia, per un’ispezione realizzata domenica nelle comunità di Laguna Verde e 28 de Junio appartenenti alla OCEZ, a Venustiano Carranza, i poliziotti non hanno trovato né armi né droga.  Temendo che seminassero false prove, i contadini hanno chiesto la presenza di giornalisti ed osservatori umanitari prima che gli agenti della Procura Specializzata Contro la Criminalità Organizzata della Procura statale perquisisse le abitazioni. http://www.jornada.unam.mx/texto/032n1est.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Lunedì 26 ottobre 2009
 L’editorialista de La Jornada presenta il primo numero della sua rivista digitale Desinformémonos
Gloria Muñoz: L’imparzialità che insegnano nelle scuole di giornalismo è irreale. È più etico presentarsi come media alternativo senza fingere una pluralità che non esiste
Ángel Vargas

 Pensare che il giornalismo è o può essere imparziale è un’illusione. Sostiene Gloria Muñoz, direttrice della rivista digitale Desinformémonos, che, coerentemente con questo pensiero, non esita a definirla un mezzo alternativo di controinformazione, collocato “in basso e a sinistra” per quanto concerne la sua linea editoriale.  “Ritengo più corretto dal punto di vista etico presentarsi come si è, piuttosto che fingere una pluralità che non esiste. L’imparzialità che ci insegnano nelle scuole di giornalismo è irreale”, spiega la giornalista intervistata in occasione dell’apparizione di questa pubblicazione elettronica il cui primo numero è nello spazio cibernetico dal 15 ottobre.  “Esiste in realtà un media che non abbia una posizione ideologica? La regola è che i mezzi di comunicazione di massa non dicono mai chiaramente qual’è la loro posizione; si camuffano dietro una presentazione pluralista, mentre in realtà si sa chi rappresentano.  “Quello che facciamo dalla parte alternativa, è di non mascherarci e presentarci per quello che siamo. Così il lettore può decidere, e lo fa da una posizione che non è ambigua. Leggere Desinformémonos è leggere una parte dell’informazione, a differenza dei grandi media ed agenzie che pretendono una pluralità che non hanno e non dicono che cosa sono né chi rappresentano”.  Relativamente alla dichiarazione di principio della rivista che dirige, l’editorialista di La Jornada sottolinea: “Siamo assolutamente parziali nel senso che stiamo dalla parte dei diseredati, dalla parte di quelli che stanno in basso; inoltre, più che stare dalla loro parte, siamo dei loro, il che è diverso. Non osserviamo i movimenti, né vogliamo guardarli da fuori; ci siamo dentro”.  Secondo Gloria Muñoz, la nascita di questa rivista digitale di politica e cultura risponde alla necessità di disporre di “uno strumento di informazione e controinformazione che si inserisce come strumento di lotta, molto definita e senza ambiguità: in basso e a sinistra, sul terreno politico e culturale. Cioè, nell’ambito della resistenza”.  Dal termine che gli dà il nome – preso da una poesia di Mario Benedetti, in omaggio alla sua morte avvenuta nel maggio scorso – la pubblicazione vuole evidenziare la necessità della società di controinformarsi, nel senso di spogliarsi da quell’informazione promossa dal potere a beneficio di pochi.  Questo sarà il tema sul quale John Berger rifletterà nel prossimo numero che uscirà il 15 novembre, come anticipa l’editrice. “Berger ci allerta sul fatto di non confondere l’intenzione deliberata di controinformarci con l’essere controinformati. Ciò dà senso a questo progetto”.   Un aspetto che distingue questa iniziativa da altre simili che sono nate nell’ambito alternativo ed indipendente, è che i suoi fautori, un gruppo di giornalisti di diverse parti del mondo, l’accolgono come proposta giornalistica mediante la quale vogliono anche rivendicare questo mestiere ed i suoi professionisti, rispetto alla considerazione negativa che pesa su di loro tra i movimenti e lotte sociali.  “La nostra base è la testimonianza; sono le voci, è la parola, è l’altro e l’altra. I popoli, i movimenti hanno le proprie voci; non diamo voce a nessuno. Quello che vogliamo è ascoltarli; essere il loro udito, essere il loro sguardo”, afferma Gloria Muñoz.  “L’informazione che gestiamo è quella del basso, di quartiere, comunitaria. Questo è, le diverse espressioni artistiche e culturali, così come i movimenti e le lotte politiche che nascono o sono prodotte dai quartieri per i quartieri, dai popoli per i popoli, dalle comunità per le comunità”.  La giornalista precisa che Desinformémonos, in termini generali, non sarà guidata da nessun tipo di congiuntura. Non sarà nemmeno circoscritta all’ambito nazionale.  “Non ci consideriamo un media locale, né nazionale, ma globale. Si tratta di far sì che questa cultura di quartiere e comunitaria possa essere vista in altre parti del mondo, e presentare storie di quartiere e comunitarie di altri luoghi: le favelas del Brasile, i quartieri in Grecia, la cultura prodotta tra gli immigrati negli Stati Uniti. La nostra pretesa è produrre informazione che generi identificazione tra un posto ed un altro”.  Gloria Muñoz puntualizza che questa proposta vuole essere più di una rivista digitale. In questo senso offre un’edizione in formato PDF che può essere scaricata dalla pagina web, allo scopo di essere stampata su carta, in otto lingue diverse: spagnolo, italiano, francese, portoghese, tedesco, greco, tzeltal ed inglese.  Esistono inoltre progetti editoriali: creare un’agenzia di notizie e laboratori di giornalismo in comunità e tra gruppi sociali. Attualmente lavorano in uno di questi laboratori con i lavoratori del sesso di La Merced, e “sogniamo anche di diventare carta stampata”.  L’indirizzo di questa rivista digitale alternativa di politica e cultura è http://www.desinformemonos.org  e nel suo primo numero si possono trovare le basi di quelle che saranno le sue diverse sezioni, tra queste una con le informazioni del giorno, un’altra di reportage fotografici, in questo numero di Tepito; una intitolata I nessuno, con testimonianze di vita di quegli esseri anonimi che non hanno voce; ed un’altra dal titolo I nostri, aperta alla riflessione ed al dibattito tra gli intellettuali, in questo caso dell’uruguaiano Eduardo Galeano. http://www.jornada.unam.mx/2009/10/26/index.php?section=cultura&article=a13n1cul

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Domenica 25 ottobre 2009

Militari e poliziotti arrestato due dirigenti della OCEZ in Chiapas Ángeles Mariscal e Elio Henríquez – Corrispondenti

Villaggio 28 de Junio, Venustiano Carranza, Chis., 24 ottobre. I dirigenti dell’Organizzazione Campesina Emiliano Zapata (OCEZ), José Manuel de la Torre Hernández e Roselio de la Cruz González, sono stati arrestati durante un operativo poliziesco e militare effettuato all’alba di sabato. Rappresentanti del gruppo hanno riferito che altri due leader sono sfuggiti alla cattura perché non si trovavano nelle proprie abitazioni al momento dell’irruzione degli agenti senza mandato giudiziario. Aggiungono che ore dopo gli arresti, centinaia di soldati dell’Esercito Messicano e poliziotti federali e statali sono arrivati fino alle comunità di Laguna Verde e 28 de Junio, principali bastioni della OCEZ, con l’intenzione di effettuare perquisizioni nelle case o di arrestare altri dirigenti. Con i due arresti di sabato, salgono a tre i dirigenti del gruppo arrestati in meno di un mese, poiché lo scorso 30 settembre è stato catturato nella colonia 28 de Junio, José Manuel Hernández Martínez (Chema), uno dei principali leader della OCEZ, che la settimana scorsa è stato trasferito nella prigione di massima sicurezza di Nayarit. I due arrestati di sabato facevano parte della commissione della OCEZ che stava trattando col sottosegretario di Governo del Chiapas, Nemesio Ponce, la liberazione di Chema, accusato di reati legati alla lotta per la terra. “La persecuzione del governo contro di noi si deve al recupero delle terre che storicamente ci appartengono”, afferma Uverlaín Aguilar de la Cruz, uno dei coloni di Laguna Verde.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo http://chiapaswordpress.com )

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Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de Las Casas, AC
San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, Messico
25 ottobre 2009
 
RICHIESTA DI AZIONE URGENTE No.10
 
La comunità di Laguna Verde e 28 de Junio, nel municipio di Venustiano Carranza, si trovano sotto persecuzione e minaccia da parte della polizia.
– Le comunità appartengono all’Organizzazione Campesina Emiliano Zapata – Regione Carranza (OCEZ-Regione Carranza), si teme per l’integrità e la sicurezza degli abitanti.
– In un operativo di polizia sono state arrestate 2 persone membri di questa organizzazione e sono state perquisite diverse abitazioni.

Il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas, AC, è in possesso di informazioni certe riguardo la privazione arbitraria della libertà di Roselio de la Cruz González e de José Manuel de la Torre Hernández, membri dell’Organizzazione Campesina Emiliano Zapata – Regione Carranza, avvenuta all’alba di sabato 24 ottobre, a Venustiano Carranza, Chiapas, Messico.

Alle ore 02.00 circa di sabato 24 ottobre, in maniera simultanea sono state perquisite le abitazioni di familiari e membri della OCEZ – Regione Carranza. I fatti sono avvenuti nel capoluogo municipale di Venustiano Carranza e realizzati dalla Polizia Statale Preventiva, Polizia Ministeriale, elementi della Procura Generale di Giustizia dello Stato del Chiapas e da altri corpi di polizia. 

Nella colonia San Francisco, circa 30 elementi della Polizia Statale Preventiva, Polizia Ministeriale, elementi della Procura Generale di Giustizia dello Stato del Chiapas ed altri corpi di polizia hanno fatto irruzione nell’abitazione della famiglia del la Cruz García. In casa si trovavano José Gildardo de la Cruz García, Juan Carlos de la Cruz García, Rosa Isabel de la Cruz García, Roselio de la Cruz González, Dolores García ed altri familiari, anche minorenni. Durante la perquisizione Juan Carlos de la Cruz è stato picchiato, trascinato per terra, minacciato con una pistola puntata in testa mentre chiedevano dove si trovasse suo papà Roselio e dove tenevano le armi. Roselio de la Cruz si è consegnato gridando: “Sono io Roselio, sono qui, non fate niente alla mia famiglia”. È stato subito catturato, ammanettandolo, picchiato e caricato sul furgone della polizia.

Nel quartiere El Palmar, la perquisizione è avvenuta nella casa di José Manuel de la Torre Hernández, sul posto si trovavano anche Juana Candelaria Zuñiga Solana, la moglie e tre bambini, José Manuel de la Torre Zuñiga (16 anni), Citlali Elizabeth de Torre Zuñiga (10 anno) e Cristian Omar de la Torre Zuñiga (10 anni), che vedendo che volevano prendere il loro papà hanno cercato di aiutarlo e per questo sono stati picchiati dai poliziotti. José Manuel de la Torre Hernández è stato quindi ammanettato, colpito all’addome e caricato su un veicolo.

I poliziotti responsabili della perquisizione, pestaggio e detenzione di Roselio de la Cruz González e di José Manuel de la Torre Hernández, non hanno presentato nessun documento legale che giustificasse queste azioni. Secondo le informazioni raccolte, i detenuti si trovano nel Centro Statale di Reinserimento Sociale No. 14, El Amate, nel municipio di Cintalapa, Chiapas. Secondo l’avvocato difensore dei detenuti, questi sono stati sottoposti a tortura ed obbligati a firmare documenti senza conoscerne il contenuto.

Nel quartiere di San Pedro è stata perquisita la casa di Bartolo Martínez Vázquez, membro della OCEZ – Regione Carranza, ma non trovandosi nel suo domicilio non è stato catturato. Nel quartiere El Calvario, è stata perquisita la casa di Ricardo Magdaleno Velasco, dove si trovavano solamente sua moglie Julieta Calvo Villatoro ed i suoi due figli minorenni. I poliziotti hanno interrogato Julieta per sapere dove si trovasse suo marito ed il posto dove nascondevano le armi. Sul posto non è stato effettuato nessun arresto. Per nessuna delle perquisizioni è stato presentato un mandato.

Lo stesso 24 ottobre, alle ore 10:00 circa, nella comunità di 28 de Junio, municipio di Venustiano Carranza, due elicotteri hanno sorvolato a bassa quota la comunità spaventando donne e bambini che sono corsi a nascondersi. Nella comunità di Laguna Verde, a 5 minuti da 28 de Junio c’erano, secondo le testimonianza sul posto, circa 20 veicoli con centinaia di militari e poliziotti statali e federali, oltre a civili riconosciuti come cacicchi della regione che esercitano il potere politico ed economico nella zona. La presenza di queste forze armate ha allertato gli abitanti di 28 de Junio che temono per la loro sicurezza ed integrità personale.

Oggi, incaricati di questo Centro dei Diritti Umani chi si trovano sul posto, hanno informato sulla presenza di 2 elicotteri della Polizia Statale Preventiva (PEP), e di circa 20 furgoni del Gruppo Tattico della PEP, che sono entrati nella comunità di 28 de Junio per perquisire le case. Gli abitanti hanno paura perchè tutti i poliziotti sono armati e con cani addestrati.

Lo scorso 30 settembre, nella comunità 28 de Junio, è stato arrestato José Manuel Hernández Martínez, Don Chema, membro della OCEZ – Regione Carranza, che attualmente si trova recluso nel Centro Federale di Reinserimento Sociale No. 04 (CEFERESO No. 4) nello stato di Nayarit, Messico. L’OCEZ – Regione Carranza, è un’organizzazione contadina che concentra la sua attività nella lotta sociale per il possesso della terra, recentemente aveva firmato il Patto di Governabilità promosso dal Governo del Chiapas per soluzione a molte istanze sociali, agrarie e legali, cioè, si trovava al tavolo di dialogo col governo dello stato del Chiapas, con Nemesio Ponce Sánchez, Sottosegretario Generale di Governo, quale rappresentante del governo. 

Gli arrestati Roselio de la Cruz González e José Manuel de la Torre Hernández, memebri della OCEZ – Regione Carranza, facevano parte della commissione che negozia col Governo dello Stato del Chiapas, per ottenere la liberazione di José Manuel Hernández Martínez, Don Chema.

Questo Centro dei Diritti Umani condanna questo modo di criminalizzare le organizzazioni sociali ed i loro rappresentanti, così come qualsiasi uso della forza pubblica. Esige che si garantiscano i diritti umani, alla sicurezza ed integrità personale dei detenuti, le garanzie giudiziarie, i loro diritti alla sicurezza e difesa legale ed il diritto alla presunzione di innocenza, così come il rispetto all’integrità e sicurezza personale di uomini, donne e bambini delle comunità sopra menzionate.

Di fronte alla gravità dei fatti esortiamo la comunità nazionale ed internazionale a chiedere:

 – La completa garanzia del rispetto dei diritti umani dei detenuti e in particolare il diritto alla presunzione di innocenza, alla difesa legale ed alle garanzie giudiziarie, così come il rispetto del diritto ad un giusto processo.

– Il rispetto del diritto all’onore e dignità dei detenuti, poiché le dichiarazioni sui detenuti che il Governo dello Stato del Chiapas rilascia sui i mezzi di comunicazione definiscono gli stessi pubblicamente come criminali, e questa è ormai la tendenza di trattare come “criminali” membri di organizzazioni sociali e contadine.

– Evitare l’uso sproporzionato ed indebito della forza pubblica nella comunità di 28 de Junio e Laguna Verde, appartenenti alla OCEZ – Regione Carranza, garantendo sempre il rispetto all’integrità e sicurezza personale degli abitanti e dei membri della OCEZ – Regione Carranza.

 Mandare appelli e firme a: 

Lic. Felipe de Jesús Calderón Hinojosa
Presidente de la República
Residencia Oficial de los Pinos
Casa Miguel Alemán
Col. San Miguel Chapultepec,
C.P. 11850, México DF
Tel: (52.55) 2789.1100 Fax: (52.55 ) 5277.2376
Correo: felipe.calderon@presidencia.gob.mx
 
Lic. Fernando Gómez Mont
Secretario de Gobernación
Bucareli 99, 1er. Piso, Col. Juárez,
Del. Cuauhtémoc,
C.P. 06600 México D.F.
Fax: (52.55) 50933414
Correo: secretario@segob.gob.mx
 
Lic. Juan José Sabines Guerrero
Gobernador Constitucional del Estado de Chiapas
Palacio de Gobierno del Estado de Chiapas
Av. Central y Primera Oriente, Colonia Centro, C.P. 29009
Tuxtla Gutiérrez, Chiapas, México
Correo-electrónico: secparticular@chiapas.gob.mx
Fax: +52 961 61 88088 – + 52 961 6188056
 
Dr. Noé Castañòn León
Secretario General de Gobierno del Estado de Chiapas
Secretaría General de Gobierno
Palacio de Gobierno, 2o. piso, Colonia Centro, C.P. 29000
Tuxtla Gutiérrez, Chiapas, México
Conmutador: + 52 (961) 61 2-90-47, 61 8-74-60
 
Lic. Raciel López Salazar
Procurador General de Justicia
Procuraduría General de Justicia de Chiapas
Libramiento Norte Y Rosa Del Oriente, No. 2010, Col. El Bosque
C.P. 29049 Tuxtla Gutiérrez, Chiapas
Conmutador: 01 (961) 6-17-23-00. Teléfono: + 52 (961) 61 6-53-74, 61 6-53-76, 61 6-57-24,
61 6-34-50
Email: raciel.lopez@pgje.chiapas.gob.mx
 
inviare copia a:
Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de Las Casas, AC.
Calle Brasil 14, Barrio Méxicanos, 29240 San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, México
Tel: 967 6787395, 967 6787396, Fax: 967 6783548
Correo: accionurgente@frayba.org.mx
 (Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Cruzton si ribella.

La Jornada – Venerdì 23 ottobre 2009

Gli abitanti di Cruztón, Chiapas, neganoi i legami con le attività criminali

Hermann Bellingahusen

Il comitato contro la repressione della comunità di Cruztón, municipio di Venustiano Carranza, Chiapas, reagisce alle diverse accuse mosse dal segretario di Governo, Noé Castañón León. Il funzionario dal settembre scorso dichiara che sul monte della comunità, così come in comunità ed ejidos vicini, si “sarebbe scoperto un traffico di armi, droga e migranti”, mentre nello stesso tempo scarta l’ipotesi che siano in programma “esplorazioni minerarie sul Cerro de Cruztón”.

I rappresentanti di Cruztón, comunità aderente all’Altra Campagna dell’EZLN, dichiarano che la loro lotta “è pacifica e per il rispetto dei nostri diritti di popoli indigeni” 

“Non siamo stupidi”, affermano rispetto alle dichiarazioni del funzionario. “La violenza che sta generando il malgoverno nelle nostre comunità attraverso il suo Esercito e poliziotti è per implementare progetti turistici che non sono per niente a beneficio delle nostre comunità”.

Nel municipio vicino di Nicolás Ruiz, alcuni sconosciuti hanno distribuito dei volantini ai bambini, dicendo di portarli ai loro genitori, con le dichiarazioni del segretario di Governo. Ora “c’è la costante presenza dell’Esercito federale nelle strade del villaggio”. 

La comunità respinge le accuse: “Non permetteremo che il malgoverno ci invada col suo Esercito e si impadronisca del nostro territorio; non ci riuscirà con le sue bugie, le sue maldicenze non ci faranno perdere la pazienza e ci organizzeremo per difenderci”.

A loro volta, i coloni di Mitzitón (municipio di San Cristóbal de las Casas), aderenti all’Altra Campagna, informano di aver saputo che i paramilitari dell’Ejército de Dios (membri della chiesa evangeliche Alas de Águila) vanno dicendo che alla fine di questo mese verranno nella nostra comunità a spargere sangue. In assemblea abbiamo deciso che difenderemo il nostro territorio ed i nostri diritti di popoli indigeni”.

Avvertono che, “se succederà qualcosa” nel villaggio, “riterremo responsabile il malgoverno dei tre livelli, perché i paramilitari passeggiano impunemente per strada, non hanno nessuna paura per quello che hanno fatto il giorno 21 luglio, quando hanno ucciso il nostro compagno Aurelio Díaz”. Come hanno già fatto in precedenza, denunciano che i “paramilitari” sono guidati da Esdras Alonso González, Carmen Días López e Refugio Días Ruiz.   http://www.jornada.unam.mx/texto/016n2pol.htm

 (Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Criminalizzare la lotta sociale.

La Jornada – Giovedì 22 ottobre 2009

Secondo gli attivisti, la criminalizzazione della lotta sociale in Chiapas è in aumento

Hermann Bellinghausen

In un contesto in cui in Chiapas si accentuano i conflitti agrari contro comunità dell’Altra Campagna e di basi di appoggio zapatiste, molto spesso artefatti, con dichiarazioni ufficiali, comunicati stampa ed azioni di polizia si manifesta una crescente criminalizzazione della lotta sociale non affine al governo statale, che include organizzazioni indipendenti, difensori dei diritti umani e la Chiesa cattolico locale.  In sincronia con questo scenario, Carlos Pascual, ambasciatore degli Stati Uniti nel paese, questo mercoledì ha dichiarato che “è importante lavorare congiuntamente” alla frontiera del sud del Messico per controllare il traffico di armi che provengono dall’America centrale.  Le dichiarazioni del rappresentante di Washington (che ha parlato di cooperazione ed ha affermato che il narcotraffico “minaccia l’intero emisfero”) fanno seguito a recenti informazioni, molto pubblicizzate dalla Procura Generale di Giustizia dello stato del Chiapas (PGJE), su alcuni sequestri di armi nell’entità. Solo uno di questi vicino alla frontiera con il Guatemala. Nonostante sia ampiamente documentato che il maggiore trasferimento di armi via terra nel continente avviene dagli Stati Uniti al Messico, l’ambasciatore ha fatto riferimento solo alla frontiera meridionale.  Un paio di sequestri in Chiapas (a Frontera Comalapa e Chenalhó) non significano niente. E’ pur vero che entrambi sono stati attribuiti non al crimine organizzato, bensì a preti e catechisti presunti “sovversivi” che starebbero preparando “un’esplosione sociale” nel 2010. Le espressioni della PGJE coincidono con il ripetuto riferimento a questa “esplosione” che il segretario di Governo, Noé Castañón León ripene nelle sue dichiarazioni pubbliche.  Da tutto ciò si può prevedere, in base all’esperienza generale del paese, che la cosiddetta “guerra” al narcotraffico si aggiungerebbe (non l’ha ancora fatto) alla vasta militarizzazione del Chiapas indigeno dal 1995, dove si mantiene l’occupazione castrense di intere comunità e regioni, intorno ai municipi autonomi zapatisti ed ai Caracoles.  Qui si svolge una sostenuta guerra di bassa intensità, con componenti militari, economici, di clientelismo politico e proselitismo religioso, in particolare evangelico.  Le accuse hanno raggiunto l’organizzazione pacifista Las Abejas. Su questa incombe l’imminente liberazione di una ventina di paramilitari detenuti per il massacro di Acteal. Secondo La Voz de los Mártires, che rappresenta legalmente i detenuti: “La Corte Suprema di Giustizia della Nazione potrebbe liberare tra i 20 e 22 evangelici, accusati da quasi 12 anni ingiustamente di avere partecipato al massacro di 45 indigeni”.  Dopo aver dichiarato quanto sopra, Óscar Moha, rappresentante del gruppo, cita Estela Pérez, portavoce di un presidio dei famigliari, ammette: “Ci sono 4 persone che si sono dichiarate colpevoli, ma hanno fatto ricorso, quindi è probabile che anche loro saranno rimessi in libertà”. La donna ha aggiunto, secondo l’avvocato, “che sono in trattative con senatori dei tre principali partiti politici del paese affinché si formi un ‘tavolo di riconciliazione’, poiché i 20 individui evangelici messi in libertà temono aggressioni a causa delle dichiarazioni in cui vengono segnalati come paramilitari”‘.  Si cerca di ottenere, prosegue, “che rappresentanti del Partito Rivoluzionario Istituzionale, della Rivoluzione Democratica ed Azione Nazionale possano inviare rappresentanti in Chiapas ed entrare in contatto con le parti in conflitto per giungere ad accordi che permettano il pacifico ritorno degli scarcerati nei rispettivi luoghi di origine”. Questo, in un’entità dove sono state sospese le elezioni di medio termine del 2010; su accordo degli stessi partiti politici e del governo statale, i deputati locali rimarrannoin carica due anni in più. http://www.jornada.unam.mx/texto/016n2pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Altri furti di terre comunitarie.

La Jornada – Mercoledì 21 ottobre 2009

Gli ejidatarios denunciano che la Opddic vuole effettuare un altro saccheggio di terre

Hermann Bellinghausen

L’assemblea degli ejidatarios di Jotolá (municipio di Chilón, Chiapas) aderenti all’Altra Campagna dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) ha denunciato che membri dell’Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic) vogliono procedere ad una ripartizione delle terre con una falsa maggioranza, contando su persone estranee all’ejido, militanti della citata organizzazione filogovernativa, che è stata denunciata in più occasioni come paramilitare.  Un mese fa, membri della Opddic hanno sequestrato e minacciato di linciare un avvocato del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas, ed hanno aggredito contadini di Jotolá e del vicino San Sebastián Bachajón mentre erano riuniti in assemblea nella casa ejidale. In quei fatti è rimasta ferito Rosa Díaz Gómez che si trova ancora ricoverata in ospedale in condizioni gravi, in conseguenza dei colpi ricevuti lo scorso 18 settembre.  Il gruppo paramilitare vuole provocarci per farci cadere nello scontro, affermano gli ejidatarios alle giunte di buon governo (JBG) zapatiste degli Altos e Morelia. Nel tentativo di appropriarsi delle terre di Jotolá vogliono “fare la ripartizione spacciandosi per ‘maggioranza’ includendo altre persone e giovani di Delina Baja, guidati da Jerónimo Moreno Pérez e Juan Pérez, portando dei provocatori, gli stessi che erano presenti il giorno dell’imboscata”. Questi non sono ejidatarios e non hanno niente a che vedere dentro il nostro territorio.  Denunciano che le due persone menzionate, che usurpano l’autorità agraria, sono autorità ejidales del governo. Gli ejidatarios sostengono che rispetteranno la sentenza emessa dalla procura agraria, ma i tentativi denunciati avvengono senza il consenso delle autorità ejidales. Avvertono che se faranno la ripartizione senza il consenso dell’assemblea, questo sarà in violazione degli articoli 22 e 23 in materia agraria.  Da parte sua, in un’altra comunicazione pubblica indirizzata alle JBG zapatiste, il Fronte Popolare Campesino Lucio Cabañas, anch’esso aderente all’Altra Campagna e con sedi in municipi della zona di confine (La Trinitaria, Las Margaritas e Comitán) , denuncia che le autorità vogliono derubare 25 famiglie delle terre dove vivono e lavorano da dieci anni Lázaro Cárdenas (La Trinitaria).  Raccontano di aver cominciato nel 1999 a lavorare nel rancho La Yuria (nome ispirato ad uno dei libri più famosi del poeta ufficiale del Chiapas, Jaime Sabines), di proprietà di Ismael Gutiérrez Sánchez, che nel 2004 assassinò una persona di nome Osmar, e per questo motivo il padrone Ismaele fuggì dal luogo, e da allora continuiamo a lavorare la terra.  Ora, cinque anni dopo, si è presentato un funzionario della Procura Generale di Giustizia dello stato a chiederci di consegnare la terra ad un individuo che dice di essere rappresentante del padrone. Di nome Miguel, offre denaro. I contadini dichiarano: La madre terra non è un affare. Tutti noi l’abbiamo coltivata per 10 anni, cinque come peones ed altri cinque come se fossimo i padroni, perché il padrone aveva abbandonato la terra.  I contadini reclamano il diritto su queste proprietà. Citando il generale Emiliano Zapata, sostengono che la terra è di chi la lavora e avvertono che la difenderanno fino alle ultime conseguenze. http://www.jornada.unam.mx/2009/10/21/index.php?section=politica&article=016n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Niente più elezioni in Chiapas.

La Jornada – Martedì 20 ottobre 2009

È ufficiale: in Chiapas nel 2010 non si terranno elezioni municipali né legislative

Hermann Bellinghausen

 È ufficiale che in Chiapas non ci saranno elezioni il prossimo anno per rinnovare comuni e Congresso locale che resteranno in carica fino al 2012, cioè fino al termine costituzionale del mandato a governatore Juan Sabines Guerrero.  Intanto, organizzazioni indigene e contadine denunciano una crescente militarizzazione delle loro comunità che hanno in comune di opporsi allo sfruttamento minerario che avanza sulle loro terre. La Sierra Madre del Chiapas è occupata dall’Esercito federale e da corpi di polizia federali e statali che, spettacolarmente armati ed incappucciati, chiudono strade e sentieri con posti di blocco dove fanno scendere la gente dai veicoli, per interrogarli duramente.  Come dichiarano il Fronte Regionale Contro le Privatizzazioni (FRCP) ed il Fronte Nazionale di Lotta per il Socialismo (FNLS), i controlli vogliono verificare se le persone fanno parte di qualche organizzazione. Tra Huixtla e Frontera Comalapa ci sono almeno tra i cinque e sei posti di blocco fissi, oltre ad altri volanti che collocano arbitrariamente in qualsiasi posto.  Simultaneamente, José Manuel Hernández Martínez (dirigente dell’Organizzazione Campesina Emiliano Zapata nel municipio di Venustiano Carranza), noto come Chema ed arrestato a settembre, è stato trasferito in una prigione di massima sicurezza a Nayarit, malgrado gli unici reati formali a suo carico siano di ordine statale e non giustificano il trattamento di imputato pericoloso. Le prime versioni ufficiali sul trasferimento di Chema sono state benevoli. Nemesio Ponce Sánchez, sottosegretario generale di Governo, ha confermato il trasferimento a familiare ed amici adducendo ragioni di sicurezza, e che chiunque voglia visitarlo in quello stato, lontano dal Chiapas, poteva disporre di biglietti aerei pagati dal governo dello stato. Ora si sta diffondendo la versione secondo la quale i suoi stessi compagni lo vogliano liquidare affinché non riveli dove si trovino le armi. Già si parla del più grande arsenale sequestrato in Chiapas, e questo viene dalle stesse fonti che hanno attribuito recenti sequestri a Frontera Comalapa e Chenalhó a carico di catechisti, parroci, e Las Abejas, pronti per una sollevazione nel gennaio prossimo, o prima. La giornalista Concepción Villafuerte questa comunica ha scritto sul periodico La Foja Coleta, che più di un mese fa il Congresso dello stato ha approvato una riforma alla Costituzione Politica del Chiapas dove, su iniziativa inviata dal governatore Sabines Guerrero, i deputati locali rimarranno in carica due anni in più, cioè, fino al 2012. Nello stesso modo, “i municipi termineranno il loro mandato il 31 dicembre 2010, ma invece di nuove elezioni, gli stessi deputati nomineranno 118 ‘consigli municipali’, contravvenendo alla Costituzione Politica degli Stati Uniti Messicani”. Il fatto è stato taciuto per un mese dal governo, anche se due settimane fa alcuni media  hanno riferito che l’11 settembre, durante una riunione plenaria, i deputati locali avevano approvato questa riforma. L’hanno inviata all’Esecutivo che ne ha ordinato la sua pubblicazione il 16 settembre. Tuttavia, non è apparso in nessun periodico e tanto meno sulla gazzetta ufficiale, così che nessuno potesse rilevarlo e, per lo meno, denunciare lo scandalo, scrive Villafuerte. Trascorsi 30 giorni, durante i quali tutti hanno mantenuto il silenzio, il 16 ottobre hanno cominciato a rilasciare dichiarazioni, sapendo che ormai nessuno può impugnare il decreto. In un stato governato formalmente dal Partito della Rivoluzione Democratica, saranno i partiti politici ed i suoi deputati permanenti a decidere i governi municipali in tutta l’entità, e non gli elettori. http://www.jornada.unam.mx/2009/10/20/index.php?section=politica&article=012n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo )

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Denuncia Frayba.

San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, Messico – 19 Ottobre 2009 – Comunicato No. 34

 Il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas, esprime la sua condanna peri l trasferimento forzoso di José Manuel Hernández Martínez, Don Chema, nel Centro Federale di Reinserimento Sociale No. 04 (CEFERESO No. 4) nello stato di Nayarit. Si teme per la sua integrità e sicurezza personale.

Secondo informazioni raccolte da questo Centro, il giorno 16 ottobre dell’anno in corso, alle ore 21.00 circa, José Manuel è stato trasferito da agenti penitenziari, con l’appoggio della Polizia Federale, al CEFERESO No. 4. Dal 30 settembre Don Chema era detenuto nel Centro Statale di Reinserimento Sociale No. 14, El Amate, nel municipio di Cintalapa, Chiapas. Il trasferimento è avvenuto senza alcuna comunicazione previa al suo avvocato difensore, né ai familiari del detenuto che sono venuti a sapere del trasferimento quando questo era già avvenuto. I familiari di José Manuel hanno detto che il Dr. Nemesio Ponce Sánchez, Sottosegretario Generale di Governo dello stato del Chiapas, ha detto che il trasferimento è stato deciso “per la sicurezza del “detenuto”, e burlandosi di loro ha promesso i biglietti aerei per andare a visitarlo. Riguardo alla detenzione di José Manuel il 30 settembre, questo Centro ha denunciato la violazione del diritto alla libertà personale, alla presunzione di innocenza e alle garanzie individuali che non garantiscono un giusto processo. Oltre che a volerlo collegare ad altre persone ed organizzazioni e movimenti armati. (Vedere Comunicato Stampa No. 32 di questo Centro). Per questo Centro dei Diritti Umani, il trasferimento di José Manuel, è una misura di punizione, per lui e la sua famiglia. Con questa azione lo Stato ha violato i Principi e le Buone Pratiche sulla Protezione delle Persone Private della Libertà nelle Americhe, i quali stabiliscono che:

I trasferimenti delle persone private della libertà devono essere autorizzati e supervisionati dalle autorità competenti, che rispetteranno, in ogni circostanza, la dignità ed i diritti fondamentali, e terranno in considerazione la necessità delle persone private della libertà, di essere destinate in luoghi prossimi o vicini alla loro famiglia, alla loro comunità, all’avvocato o rappresentante legale (…)

I trasferimenti non si dovranno praticare con l’intenzione di punire, reprimere o discriminare le persone private della libertà, i loro familiari o rappresentanti (…)

Il fatto che José Manuel si trovi nel CEFERESO No. 4 impedisce, tra le altre cose, che abbia una difesa legale adeguata, che lui ed il suo avvocato possano svolgere le procedure giudiziarie, ostacola la visita di familiari ed amici, e questo favorisce una inadeguata difesa legale e compromette l’integrità fisica e mentale del detenuto; inoltre, trovandosi in un clima di vulnerabilità si favoriscono elementi sufficienti affinché sia oggetto di tortura, trattamenti o pene crudeli inumane o degradanti poiché i CEFERESOs sono noti per i loro metodi di punizione, per cui esiste il timore ed il rischio per l’integrità e la sicurezza personale del detenuto. Nonostante il governo del Chiapas abbia espresso pubblicamente il suo impegno di garantire i diritti umani, con questa azione arbitraria lo Stato non ha rispettato la Convenzione Americana sui Diritti Umani, così come l’Insieme dei Principi per la Protezione di Tutte le Persone Sottoposte a Qualsiasi Forma di Detenzione o Prigione.  Il trasferimento di Don Chema è un chiaro esempio di repressione e punizione dei detenuti che appartengono ad organizzazioni sociali e contadine. Questo Centro teme che i trasferimenti forzosi diventino una pratica ricorrente del governo dello stato del Chiapas per punire i detenuti politici nello stato. (….) La OCEZ – Regione Carranza, è un’organizzazione contadina che concentra la sua attività nella lotta sociale per il possesso della terra, recentemente aveva firmato il Patto di Governabilità promosso dal Governo del Chiapas per risolvere diverse domande sociali, agrarie e legali, cioè, si trovava al tavolo di dialogo col governo dello stato del Chiapas, con Nemesio Ponce Sánchez, Sottosegretario Generale di Governo, come rappresentante governativo.

Organizzazioni internazionali dei diritti umani hanno lanciato urgenti appelli contro l’arresto arbitrario di José Manuel Hernández Martínez, Don Chema.

Área de Sistematización e Incidencia / Comunicación
Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de Las Casas A.C.
Calle Brasil #14, Barrio Mexicanos,
San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, México
Código Postal: 29240
Tel +52 (967) 6787395, 6787396, 6783548
Fax +52 (967) 6783551
(Traduzione “Maribel” – Bergamo)
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BOLETIN DE PRENSA

 A los medios masivos de comunicación nacionales e internacionales
A las organizaciones solidarias democráticas y progresistas.
A los organismos defensores de los derechos humanos nacionales e internacionales.
A los embajadores de los diferentes países que visitaron a Chiapas.
Al organismo de amnistía internacional y la ONU.
A todos los solidarios y al pueblo en general.
La organización campesina Emiliano zapata OCEZ REGION CARRANZA denunciamos lo siguiente:
 
Hoy nuevamente estamos manifestándonos y exponiendo la situación que estamos viviendo por el tipo de trato que se esta dando a la organización por parte del gobierno del estado, el dia 30 de septiembre del año 2009 fue detenido nuestro compañero José Manuel Hernández Martínez por parte de las fuerzas policíacas de la PGR y de PROCURADURIA GENERAL DE JUSTICIA DEL ESTADO y fue llevado al amate. En esta detención se incrustaron agentes de investigación con vestimenta de la comisión federal de electricidad donde se le fabrican cargos del fuero común para justificar su detención, en este hecho ocurre un accidente donde otro vehiculo de escolta arroyo a nuestros compañeros que intentaban rescatarlo en manos de la policía donde pierde la vida nuestro compañero JORDAN LOPEZ AGUILAR y como consecuencia quedan tres heridos de gravedad Juan Jiménez zepeda, José santos López Aguilar y el compañero BALLARDO DE LA CRUZ HERNANDEZ. Este último por la situación de salud delicada el dia 17 del mes de octubre del 2009 como a eso de la 5 de la tarde pierde la vida por falta de atención médica en el hospital regional de la ciudad de Tuxtla Gutiérrez de la capital chiapaneca. Ante esta situación manifestamos nuestra molestia y nuestra indignación por la situación que estamos viviendo como organización.
 
Lo mas lamentable de toda esta situación, nuestra organización desde un principio firmamos un pacto de civilidad política y acuerdos de gobernabilidad donde se planteaba trabajar de manera conjunta con el actual gobierno de Juan sabines en la búsqueda de solución a nuestras demandas mas urgentes en lo que se refiere la solución agraria de los predios que tenemos en posesión, la cancelación de ordenes de aprehensión de varios compañeros, los programas de atención social, proyectos productivos y un alto a los hostigamientos de las fuerzas policíacas en las comunidades que forman parte de nuestra organización, bajo esta situación concensamos y firmamos el pacto de gobernabilidad y de respetar dichos acuerdos en el periodo de gobierno de Juan sabines guerrero, para ello desahogamos varias mesas de dialogo y establecimos acuerdos de trabajo conjunto y durante este proceso nos hacen la detención de José Manuel Hernández Martínez, por lo que emprendimos una serie de acciones en contra del gobierno del estado por que para nosotros fue una traición a los acuerdos firmados por la forma de su detención, por los cargos fabricados y sobre todo la violación a los acuerdos con el actual gobierno. Estas acciones que emprendimos salimos a manifestarnos en una sola voz por la liberación inmediata de nuestro compañero detenido por cargos fabricados del fuero común, el dia 09 de octubre en un plantón indefinido nos posesionamos en las entradas del palacio de gobierno para exigir la libertad inmediata de José Manuel Hernández Martínez por lo que fuimos recibidos por parte de las instancias de gobierno y en una mesa de dialogo se acordó buscar los mecanismos de liberación de nuestro compañero en un lapso no mayor de 90 días y el gobierno de Juan sabines se comprometía a buscar la libertad incondicional de nuestro compañero, Ante esta situación buscando los mecanismos de desahogo de pruebas el dia 16 de octubre como a eso de las 4 de la tarde nos percatamos que nuestro compañero ya no se encontraba en los separos del cerezo el amate y no sabemos de su paradero y no nos han informado de manera oficial de su situación y de su estado físico y mental del compañero. Solo por parte de Nemesio Ponce vía telefónica nos enteramos que lo tienen en una cárcel de máxima seguridad en el estado de Nayarit.
 
Ante esta situación responsabilizamos al gobierno de Juan sabines por que es un golpe a nuestra organización y a la lucha social en el estado de Chiapas y del gobierno fascista de Felipe calderón donde a toda costa quieren someter al pueblo a sus intereses de grupos de poder y dar paso a los tratados de libre comercio y de los acuerdos bilaterales entre países que quieren y sueñan tener el control de la resistencia social y civil en América. Para ello responsabilizamos directamente al gobierno de Juan sabines como el principal violador de los derechos humanos en el estado de Chiapas, lo responsabilizamos por su integridad física del compañero JOSE MANUEL HERNANDEZ MARTINEZ y de su situación que se le imputa en la fabricación de hechos para frenar nuestra lucha social. Al DR. NEMECIO PONCE SANCHEZ por lo que pueda suceder en el estado de Chiapas en contra de las organizaciones sociales y a cualquiera de nuestros compañeros que forman parte de nuestra organización y al cacique de la región a Jesús alejo orantes Ruiz por lo que siga sucediendo en las diferentes comunidades.
 
Por esta situación, hacemos un llamado a los organismos nacionales e internacionales defensores de los derechos humanos, a las organizaciones solidarias, a los solidarios que estén atentos y se sumen a las diversas acciones que posteriormente haremos para hacer y respetar la lucha social en Chiapas. A los embajadores para que a través de su país hagan una recomienda al gobierno de México por la libertad inmediata del compañero, que frenen la violación a los derechos humanos y se respete a las organizaciones sociales de lucha campesina y a los sindicatos tanto magisterial como de los trabajadores electricistas.
 
¡! CON LA UNION DE LOS POBRES VENCEREMOS ¡!
¡! TIERRA Y LIBERTAD ¡!
¡! JUSTICIA Y RESPETO A LOS DERECHOS A LAS GARANTIAS INDIVIDUALES ¡!
ORGANIZACIÓN CAMPESINA EMILIANO ZAPATA  OCEZ – REGION CARRANZA
18 OCTUBRE DEL 2009

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Foto Carlos Fazio

Foto Carlos Fazio

 Compagne e Compagni, dal Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas inviamo la proposta di un’iniziativa dei compagni di Word Press, che invitano a realizzare azioni, ognuno nel proprio paese o regione, per chiedere la riapertura delle indagini sul caso Acteal in occasione del prossimo 2 novembre, Giorno dei Morti.  Ringraziamo per l’iniziativa dei compagni e speriamo che in molti possiamo unire le nostre forze per chiedere Giustizia nel caso Acteal.

Rosy Rodriguez
Brigate Civili di Osservazione bricos@frayba.org.mx
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Oggetto: Giustizia per Acteal nel Día de Muertos
               Sat, 3 ottobre 2009 13:15:24 +0000 (GMT)
Da:         Adri <diazenciso@btinternet.com>
A:           frayba@frayba.org.mx, bricos@frayba.org.mx, medios@frayba.org.mx
 
Da Londra lanciamo un’iniziativa per coordinare la richiesta di riapertura del caso Acteal per il prossimo 2 novembre, Giorno dei Morti. L’idea è che ognuno organizzi un evento nel luogo in cui vive, in Messico o nel resto del mondo.  
Las Abejas hanno approvato la Nostra proposta. Abbiamo aperto una pagina web che stiamo inviando a organizzazioni di diversi paesi e nella quale inseriremo le informazioni al riguardo.
Questo il link:
http://actealjusticiaymemoria.wordpress.com
 
Contattateci per qualsiasi informazione.
Cordiali saluti.
Adriana Díaz Enciso

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La Jornada – Lunedì 19 ottobre 2009

Comunità Della OCEZ sotto minaccia

Ángeles Mariscal e Elio Henríquez. Tuxtla Gutiérrez, Chis., 18 ottobre. Poliziotti federali hanno fatto incursione in due villaggi della zona di influenza dell’Organizzazione Campesina Emiliano Zapata (OCEZ), dopo che il leader José Manuel Hernández Martínez, Chema, venerdì scorso è stato trasferito nella prigione di massima sicurezza di Nayarit, anche se ciò di cui è accusato è un reato comune in relazione con la lotta agraria. Verso mezzogiorno di sabato una dozzina di agenti sono entrati a El Puerto e Las Delicias, municipio di Venustiano Carranza (due delle 11 comunità fondate dalla OCEZ) ed hanno fermato i loro veicoli in mezzo ad un campo dove stavano giocando dei bambini che sono stati circondati e minacciati, ed ai quali è stato mostrato un mazzo di erba, sembra marijuana, secondo i testimoni. “Li minacciavano dicendo loro che se non rivelavano dove si nasconde la droga li avrebbero portati in prigione. E siccome i bambini non rispondevano, ne hanno colpito uno alla testa avvertendo di dire ai loro padri che sarebbero tornati a prendere loro”, aggiunge un altro degli abitanti. L’irruzione è avvenuta mentre in un villaggio vicino si vegliava Bayardo Hernández de la Torre, morto qualche ora prima in conseguenza delle lesioni subite 30 settembre quando, insieme ad altri compagni, aveva inseguito il veicolo con a bordo i poliziotti travestiti da lavoratori della Commissione Federale di Elettricità (CFE) che avevano prelevato Chema. José Manuel de la Torre Hernández, un altro dirigente della OCEZ, ritiene che la minaccia dei poliziotti “è parte della strategia per inibire le proteste” per il trasferimento di Chema. In conferenza stampa a San Cristóbal de las Casas, ha comunicato che la OCEZ abbandonerà il tavolo di dialogo perché “non si fida più del governo dello stato”. Ha dichiarato che l’amministrazione di Juan Sabines “ha tradito gli accordi firmati”, ed ha ricordato che ore prima che il corpo diplomatico accreditato in Messico visitasse il Chiapas, la settimana scorsa, aveva promesso di cercare alternative per la liberazione del detenuto entro un lasso di tempo non maggiore di 90 giorni; ma Chema è stato trasferito a Nayarit senza che le autorità lo notificassero al suo avvocato, alla sua famiglia o alla OCEZ, “mentre si suppone che siamo al tavolo del dialogo”. Accompagnato da altri dirigenti, De la Torre Hernández ha annunciato che questo lunedì incomincerà una giornata di mobilitazioni per chiedere la liberazione di Chema “che non è un criminale, ma un attivista sociale”, ed ha ricordato che altri mandati di cattura pendono su 14 membri della OCEZ. Marcela Hernández Pérez, figlia di Chema, ha raccontato che alcuni giorni fa Ismael Brito Mazariegos, funzionario della Segreteria di Governo del Chiapas, al tavolo di dialogo aveva assicurato che suo padre sarebbe rimasto nel carcere di El Amate, municipio di Cintalapa, dove si trovava dal 30 settembre. “Se pensano che non lo andremo a visitare a Nayarit si sbagliano, perché metteremo insieme i soldi per il viaggio; e se credono che la lotta si fermerà perché è isolato, sono in errore, perché è proprio ora che lotteremo di più”, ha dichiarato l’indigena con gli occhi colmi di lacrime e la voce strozzata. http://www.jornada.unam.mx/texto/038n3est.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Sabato 17 ottobre 2009

 La diocesi di San Cristóbal denuncia la campagna diffamatoria in atto contro i religiosi

Hermann Bellinghausen

 I vescovi cattolici Felipe Arizmendi Esquivel e Enrique Díaz Díaz, titolari della diocesi de San Cristóbal de las Casas, Chiapas, hanno risposto a diverse denunce pubbliche dei giorni scorsi: “Ancora una volta e con forza, è stata lanciata contro la nostra diocesi una serie di attacchi e calunnie attraverso i mezzi di comunicazione (stampa, radio, televisione, Internet) ed alcuni enti di governo”.  I prelati ed altri rappresentanti cattolici della diocesi si riferiscono alle accuse lanciate contro alcune persone e contro gruppi che “mantengono viva la speranza che si possa costruire una società nuova che sia il segno del regno di Dio, indicandoli come promotori di violenza ed instabilità, di azioni belligeranti, saccheggi, sabotaggi. Questa non è assolutamente la nostra strada”.  Nel mondo, sostengono, è in atto una crisi del sistema sociale, economico e politico che smaschera il fallimento del progetto neoliberista. Nel nostro paese, questo si esprime in un crescente impoverimento della popolazione, disoccupazione, fame, abbandono delle campagne, inefficienza delle istituzioni educative e sanitarie, emigrazione. Tutto questo genera scontento sociale.  Ribadiscono ciò che è ormai risaputo da anni rispetto alla diocesi, che questa ha deciso di camminare accanto alla povera gente che soffre le conseguenze di questo sistema sociale in crisi.  Rivolgendosi al loro gregge, i vescovi dichiarano: Non ci spaventi né ci stupisce che i potenti vogliano intimidere e cercare colpevoli, usando la stessa strategia di diffondere calunnie che, nei decenni scorsi, hanno portato alla persecuzione, vessazione ed arresto di animatori e coordinatori pastorali e di servitrici e servitori nella nostra diocesi. Si riferiscono alle accuse apparse sulla stampa (si presume della procura statale) contro i sacerdoti Eleazar Juárez, Jesús Landín e Juan Manuel Hurtado.  (…)

Invitano inoltre gli attivisti pastorali a non perdere la speranza; piuttosto,a rinnovare e rafforzare l’impegno e le scelte, accompagnando il popolo di Dio. Inoltre, “ad essere prudenti e prendere precauzioni per evitare di essere sorpresi dalla ‘semina’ di prove false, o da probabili intercettazioni telefoniche o attraverso Internet. Analizziamo spassionata e criticamente le nostre parole ed azioni, verificando se abbiamo dato adito a cattive interpretazioni, per evitare che venga distorto quello che diciamo o facciamo”.  (…)

Il seguente episodio, riferito a La Jornada da testimoni oculari, illustra chiaramente la tensione esistente tra la diocesi sancristobalense ed il governo statale. Lo scorso fine settimana, durante la sfarzosa, blindata ed esclusiva visita di 65 ambasciatori nella città di San Cristóbal, il vescovo Arizmendi Esquivel ha cercato di avvicinarsi al governatore Juan Sabines Guerrero.   Sbarrandogli il passo, il sindaco coleto Mariano Díaz Ochoa ha consigliato al prelato di ritirarsi, perché il governatore, ha detto, è molto arrabbiato con la diocesi. Un sacerdote che accompagnava Arizmendi Esquivel gli ha detto: Andiamocene, monsignore. Ci hanno cacciato da posti migliori.

 (Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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Autostrada e imbrogli.

La Jornada – Venerdì 16 ottobre 2009

 Esortano tutti i villaggi chiapanechi coinvolti ad organizzarsi e difendere il proprio territorio. Le Autorità di Mitzitón denunciano grossi imbrogli nel progetto di costruzione dell’autostrada

Hermann Bellingahusen

Le autorità ejidales di Mitzitón, nel municipio di San Cristóbal de las Casas, Chiapas, hanno dichiarato che “il malgoverno continua ad ingannarci per tentare di disorganizzare la nostra lotta”. Esortano “tutti i villaggi dove si presume passerà l’autostrada San Cristóbal de las Casas-Palenque, ad organizzarsi e difendere il proprio diritto al territorio”.

Al riguardo sostengono: “Non è possibile che gli impresari famelici ed il malgoverno si alimentino a costo delle nostre terre, dove loro guadagneranno molto denaro e noi resteremo come sempre, nella povertà e nell’emarginazione”. 

Il governo chiapaneco la settimana scorsa ha annunciato che l’autostrada non passerà per Mitzitón, come invece era intenzione iniziale, che aveva suscitato il rifiuto del progetto da parte dei contadini tzotziles, aderenti all’Altra Campagna dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), ed attizzando un conflitto interno alla comunità. Ora, gli ejidatarios esigono di conoscere il progetto definitivo che si suppone esista già.

Gli indigeni si riferiscono alle informazioni ufficiali secondo le quali “l’autostrada non passerà più per la nostra comunità, così non lotteremo più e secondo, il governo, pensa che sia ormai tutto finito, ma non permetteremo che si calpestino i nostri diritti e quelli degli altri villaggi”. 

Il governo statale ha inoltre annunciato una “grande” consultazione nelle comunità. I contadini di Mitzitón ritengono che “sicuramente consisterà nell’offrire progetti come hanno fatto con noi (lamiere per i tetti, case, pavimenti di cemento, cisterne, asfaltatura di strade) in cambio delle nostre terre”. Aggiungono che il governo dice “ci consulterà su un progetto che hanno già approvato, ma che nessuna comunità conosce. Questo è rispettare i nostri diritti?”

Inoltre denunciano che il passato 11 ottobre, a mezzanotte si è sentito uno scoppio “dalle parti della casa di Elemesio Jiménez Vicente, attuale falso testimone dell’assassino, delinquente e paramilitare Francisco Jiménez Vicente, dell’Ejército de Dios. Abbiamo sentito i cani abbaiare verso persone che si nascondevano e controllavano”. 

Indicano questi come i “paramilitari” che mesi fa hanno partecipato all’omicidio di Aurelio Díaz Hernández ed al ferimento di altri cinque abitanti della comunità. Gli aggressori restano ancora impuniti, “passeggiano come niente fosse, perché il malgoverno li protegge”.

Avvertono che non faranno nessun passo indietro e continueranno a difendere il loro territorio ed i loro diritti. Chiedono “il reale rispetto del Trattato 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro e della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Popoli Indigeni”.

Di fronte alla “costante repressione, persecuzione ed arresti che subiamo nelle nostre comunità ed organizzazioni da parte del malgoverno di Felipe Calderón e Juan Sabines, così come delle multinazionali”, i contadini tzotziles invitano questo venerdì ad una cerimonia tradizionale chiamata ‘Sbentá Táj Ka’k Nichimtik yuún sbenta smukul jtotik yajbal binajel chiuk banamil’ (“Per accendere candele al grande Dio del cielo e della Terra”), allo scopo di “rafforzare i nostri cuori e le nostre lotte, e chiedere la protezione della nostra vita per noi e coloro che, attraverso L’Altra Campagna, lottano per un mondo più giusto.

Questo, nel contesto della convocazione della Rete Contro la Repressione e per la Solidarietà alla campagna nazionale ed internazionale “Prima i Nostri Prigionieri”, lanciata il 26 settembre e che finirà il 30 novembre prossimo. http://www.jornada.unam.mx/texto/021n1pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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Nuove aggressioni.

La Jornada – Giovedì 15 Ottobre 2009

Nuova ondata di aggressioni governative contro le comunità chiapaneche

Hermann Bellingahusen

La campagna ufficiale contro le organizzazioni e le comunità del Chiapas è iniziata a settembre con l’arresto irregolare di José Manuel Hernández Martínez, Chema, leader dell’Organizzazione Campesina Emiliano Zapata (OCEZ) a Venustiano Carranza (interrogato dalla Procura Generale di Giustizia dello stato circa i suoi colpevoli “contatti” col vescovo Samuel Ruiz, col Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas, col parroco di Carranza, con l’Esercito Popolare Rivoluzionario e l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale).  La strategia è proseguita con altre “filtrazioni di notizie” dopo la cattura di un indigeno di Chenalhó che possedeva un arsenale, si presume per “la difesa di Las Abejas”. Su diversi giornali, catechisti e parroci sono stati segnalati come promotori di azioni violente. Questa settimana il governo ha informato dell’arresto a Frontera Comalapa di presunti criminali in possesso di un altro arsenale, “raccomandati” da catechisti della diocesi.  Osservatori e giornalisti consultati da La Jornada concordano sull’ipotesi che il governo starebbe preparando “qualche scenario, forse con l’uscita di altri paramilitari detenuti per il massacro di Acteal”. Nelle comunità e tra le organizzazioni c’è preoccupazione. Non destano meno preoccupazione le insistenti dichiarazioni del segretario di Governo, Noé Castañón León, secondo il quale si teme “un’esplosione sociale” nel 2010.  Nel caso del dirigente della OCEZ-Carranza, il giorno della sua detenzione il governo statale aveva negato la sua partecipazione all’arresto, adducendo (attraverso Castañón León) che era di competenza federale. Tuttavia, la Procura Generale della Repubblica (PGR) si è dissociata attraverso il suo portavoce, che ha comunicato ai giornalisti che l’ente non aveva fermato il contadino. La procura statale ha poi ammesso l’arresto (durante un presunto “operativo congiunto” con la PGR).  Nella sua prima dichiarazione, Chema ha denunciato il tipo di interrogatorio a cui è stato sottoposto, al quale ha partecipato lo stesso agente del Pubblico Ministero competente del al caso, registrato con numero 253/2005, l’unico che è stato avviato, per “esproprio” di una proprietà privata a Carranza. Un reato statale. In maniera ufficiosa, operatori governativi volevano imporre ai giornalisti la versione che il detenuto e la sua organizzazione preparavano attacchi armati. Siccome non ha avuto eco, l’hanno diffusa con un’inserzione a pagamento su alcuni giornali. Altre versioni governative consegnate alla stampa citano presunte “azioni violente che includono l’occupazione di strutture pubbliche, commerciali ed attentati contro banche”. Questi sarebbero “piani di parroci della diocesi di San Cristóbal” che, a detta di “un gruppo di cattolico degli Altos” (sic), sono spinti dal parroco di Altamirano (che non si trova negli Altos) Juan Hurtado López”. Sono stati pubblicati nomi di catechisti che starebbero “esortando” alla violenza, indicando che “la data è il 2010, ma le azioni si potrebbero anticipare. Benché il vescovo Felipe Arizmendi abbia smentito queste informazioni, ciò è stato minimizzato, sottolineando invece sulla stampa ufficiale dichiarazioni di “abitanti di Nueva Galicia” secondo i quali, istigati dai preti, “il primo gennaio faremo azioni violente in tutto il paese, occuperemo edifici pubblici, strade federali e qui nello stato saccheggeremo banche, negozi, distributori di benzina, tutto quello che potremo. E non chiedono se vogliamo farlo. Abbiamo paura”.

 Secondo un’altra versione ufficiale, citando Juan Rodríguez Sánchez, “leader” della OCEZ, Chema avrebbe commentato “in un’occasione” i suoi piani per “irrompere con azioni violente nei municipi di Acalá, Chiapa de Corzo, Chicomuselo e Venustiano Carranza, in occasione del prossimo Bicentenario dell’Indipendenza”.

Il fatto è stato ripreso da un discorso del governatore Juan Sabines Guerrero davanti ai rappresentanti di un importante organizzazione civile, e che è stato trasmesso a La Jornada. Il mandatario si è dichiarato pronto a mantenere la pace e “tirare fuori il Chiapas dall’agenda militare” nell’offensiva militare che si sta preparando per l’anno prossimo su scala nazionale. http://www.jornada.unam.mx/texto/019n1pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Domenica 11 ottobre 2009

Il piano vuole convincere che essere contadino non ha futuro e che bisogna entrare nel turismo.  Gli studi statali per l’autostrada per Palenque contengono considerazioni di carattere militare

Hermann Bellinghausen – Inviato

San Cristóbal de las Casas, Chis., 10 ottobre. Studi e prospezioni elaborati da diversi enti del governo statale hanno accompagnato il progetto dell’autostrada San Cristóbal de las Casas-Palenque. Fin da subito sono predominanti le considerazioni turistiche e sulle vie di comunicazioni, ma ce ne sono anche riguardo la riconversione agricola, l’impatto ambientale, agrarie, esplorazione ed estrazione di altre risorse naturali che non siano quelle paesaggistiche. Ed infine, ma non come ultime, ci sono considerazioni militari.  La Segreteria per le Campagne (Secam) ha inserito la sua parte attraverso l’Istituto per la Riconversione Produttiva ed Agricoltura Tropicale (IRPAT), prospettando coltivazioni alternative per quella che definisce “zona di influenza” dell’autostrada. Dall’aprile scorso, l’Istituto di Promozione dell’Agricoltura Tropicale (IFAT), sempre della Secam, lavora su un preciso scenario in termini di ettari, ripartizione economica e flusso commerciale.  Sono quattordici i municipi presi in considerazione. Abitati da indigeni in ejidos, terre comunali, terre recuperate, riserve. Non considera i capoluoghi municipali. Tutto questo è percepito come normale, e desiderabile, come parte dello sviluppo. Non è esattamente quello che storicamente chiedono i popoli. Il piano non è stato concepito per loro; in realtà, disturbano. Ed ora bisogna “gestirli”. Per il momento, dovranno seminare frutti esogeni, di poco valore nutrizionale per loro, e che in alcuni casi degraderanno rapidamente il suolo (gomma e palma, per esempio).  Le coltivazioni per le quali si prevedono maggiori investimenti, territorio e valore commerciale sono la palma da olio, gomma, rambután (pianta della famiglia del litchi) e lime. Con alcune varianti, perché il tracciato va dalla montagna alla pianura, attraverso selve e gole. Altre coltivazioni programmate sono noci di macadamia, litchi, avocado Haas e frutti tropicali, come guanabana e mamey. Le previsioni di “flusso commerciale” della IRPAT sono che in un’area stimata di 24 mila 908 ettari, 12 prodotti di valore commerciale dovranno generare 1.738 milioni di pesos, indirizzati su tre “scenari”: regionale, Puerto Chiapas e Penisola dello Yucatan. Il primo è solo una sesta parte. La maggior parte andrà all’esportazione o al settore turistico della Riviera Maya.  Un piccolo capitolo che appare per ogni municipio è riservato “all’agricoltura protetta”, che si riferisce alle coltivazioni degli stessi contadini, cose di minore importanza, come mais, fagioli ed altri prodotti che nessuno esporterebbe. Si tratta, infine, di penetrarli col libero mercato, e spingerli verso esso. Una concezione di Stato che si conforma ai trattati di libero commercio ed agli impegni in essi contenuti.  È convinzione generalizzata nel governo che il turismo è “la soluzione”. Si tratta di convincere le comunità indigene che conviene loro esportare dolci orientali e servire colazioni ai turisti, e che non hanno futuro come contadini. Un altro aspetto di questa concezione è quello di “città rurale” che salverà “dall’isolamento” le comunità e le concentrerà in ghetti urbanizzati affinché cambino stile di vita e lavoro, e dipendano ancora di più dall’assistenza pubblica e dalla beneficenza dalla Banca Mondiale. La priorità sono le automobili ed il flusso commerciale. Nel suo recente annuncio che il progetto dell’autostrada San Cristóbal-Palenque è pronto, e senza menzionare i 12 municipi intermedi sul tragitto, il governo ha sostenuto che “la strada ridurrà i rischi per gli automobilisti e farà risparmiare due ore di strada tra i due municipi, percorso che attualmente si percorre in circa sei ore” (in realtà quattro e mezza).  Ed ha aggiunto che “risponde ad una domanda sociale, di fronte alle frequenti proteste degli utenti che denunciano che l’attuale strada è in pessime condizioni” (e di chi è la competenza?). Ed ha dichiarato che “chi utilizza il progetto dell’autostrada come bandiera di lotta, inganna il popolo”. http://www.jornada.unam.mx/2009/10/11/index.php?section=politica&article=018n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Sabato 10 ottobre 2009

Il governo del Chiapas “consulterà” gli indigeni sull’autostrada già in costruzione per Palenque

Hermann Bellinghausen. San Cristóbal de las Casas, Chis., 9 ottobre. Il governo del Chiapas non solo ha già il “progetto definitivo” della costruzione dell’autostrada San Cristóbal-Palenque, ma ha già avviato da mesi i lavori in diversi punti del tracciato, benché non tutto sia di dominio pubblico. Nel Piano di Sviluppo nella zona di influenza dell’autostrada San-Cristóbal-Palenque, dell’Istituto di Promizione dell’Agricoltura Tropicale (IFAT) del governo statale, non solo si specificano decine di nuove coltivazioni (gomma, palma e litchi, tra altre) che saranno promosse nei territori indigeni che attraverserà l’autostrada, ma presenta un piano generale dell’opera. Il tracciato della controversa strada superveloce che i governi statale e federale hanno promosso è stabilito, con poca chiarezza ma molte parole, da quando sono iniziate le amministrazioni di Felipe Calderón e Juan Sabines Guerrero. Questa settimana il governo chiapaneco ha annunciato che “a breve inizierà un ampio ed includente processo di consultazione con le comunità indigene, attraverso la Segreteria dei Popoli Indios e dell’Istituto Chiapas Solidale”. Ora che si ha “il tracciato definitivo dell’autostrada”. Vuol dire che il tracciato è deciso e si consulteranno le comunità su cose già decise? Il piano illustra le coltivazioni che si imporranno alle comunità della “zona di influenza”, anche se il comunicato ufficiale pubblicato questa settimana dice che si chiederà alle comunità. Secondo l’IFAT, sono presi in esame i municipi di Huixtán, Oxchuc, Altamirano, Sabanilla, Tenejapa, San Juan Cancuc, Sitalá, Ocosingo, Chilón, Yajalón, Tumbalá e Salto de Agua, oltre alle due municipalità del progetto.Nella zona nord è già in funzione il tratto che includerà un ponte sul fiume Tulijá nella comunità Tortuguero, vicino a Paso Naranjo (Salto de Agua). Da lì uscirà a Cerro Norte per Actiopá Yochib, e da lì una lunga linea retta fino al progettato nuovo aeroporto di Palenque. Proprio questo giovedì 60 ambasciatori accreditati in Messico hanno cominciato una visita nella zona, che prosegue oggi, evento inusitato organizzato dalla Segreteria degli Affari Esteri per “vendere” il prodotto delle ambiziose opere avviate. Tre mesi fa, il governatore Sabines ha visitato Totuguero per convincere la popolazione chol della località delle bontà del progetto stradale, turistico ed agricolo. Da allora hanno cominciato a funzionare le macchine degli appaltatori per realizzare lo svincolo dalla comunità Santa María a Tránsito Paraíso, La Cascada Moypá e Tortuguero. Anche ora a Paso Naranjo c’è un accampamento dell’Esercito federale attivo. Il ponte darà accesso al tratto dell’autostrada che verrà da San Cristobal, passando per Sitalá e Bachajón, fino alla comunità Esperanza Morrison, municipio di Tumbalá (dove si trova il municipio autonomo zapatista La Paz). La mappa diffusa dall’IFAT non mostra questa né altre strade o deviazioni a località come Agua Azul (Tumbalá) e Misolhá (Salto de Agua), che sono parte del progetto turistico. Il tronco centrale consiste in un primo tratto da San Cristóbal a Tenango, attraverso Huixtán e Oxchuc. Da lì segue la parte più lunga e rettilinea del progetto (più della metà del totale) fino al ponte di Tortuguero. Intanto, il governo statale “ha confermato” nei giorni scorsi che “la nuova via di comunicazione, non passerà per la comunità Mitzitón, nel municipio di San Cristóbal de Las Casas”, come indicato nei progetti precedente della Segreteria di Comunicazioni e Trasporti. Ciò nonostante, nelle vicinanze di Mitzitón proseguono le opere di “ampliamento” della strada per Comitán. Il piano dell’IFAT, sebbene sia impreciso nel primo tratto che esce da San Cristóbal, in effetti elude Mitzitón e Los Llanos, ejidos in resistenza che hanno annunciato il loro rifiuto della strada. http://www.jornada.unam.mx/2009/10/10/index.php?section=politica&article=011n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Sabato 10 ottobre 2009

In Chiapas la OCEZ chiede la liberazione del suo leader

Ángeles Mariscal. Corrispondente. Tuxtla Gutiérrez, Chis. Membri dell’Organizzazione Campesina Emiliano Zapata (OCEZ) hanno iniziato un presidio nella capitale per chiedere la liberazione del suo dirigente José Manuel Hernández Martínez. I manifestanti hanno detto di aver inviato delle lettere ai 65 ambasciatori che stanno visitando lo stato, nelle quali i espongono le condizioni in cui vivono i contadini. http://www.jornada.unam.mx/2009/10/10/index.php?section=estados&article=029n7est

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Venerdì 9 ottobre 2009

Una nuova Cocopa per i nuovi tempi

Jaime Martínez Veloz/I

All’inizio della 61 Legislatura e di fronte alla necessità che si risolvano le cause che diedero origine all’insurrezione zapatista, così come i motivi che provocarono l’attuale sospensione del dialogo, è indispensabile fare un’analisi dei principali momenti che si sono presentati nello svolgimento del conflitto.

Il primo gennaio 1994 l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) convocò all’insurrezione con una dichiarazione di guerra all’Esercito Messicano e all’occupazione militare di diversi municipi, innalzando le bandiere dei diritti collettivi dei popoli indigeni e la costruzione di un nuovo modello di nazione.

La minaccia di una destabilizzazione generalizzata mobilitò ampi settori sociali ed obbligò i contendenti a sospendere gli scontri militari e riunirsi intorno ad un tavolo a dialogare per la prima volta nella cattedrale di San Cristóbal de las Casas, in un processo che è risultato difficile e complesso.

Era allora presidente della Repubblica Ernesto Zedillo Ponce de Leone. Ci furono i primi incontri tra i funzionari dell’Esecutivo federale e la dirigenza dell’EZLN, bruscamente interrotti il 9 febbraio 1995, quando furono emessi mandati di cattura contro la dirigenza della comandancia zapatista.

Questa decisione dell’Esecutivo scatenò una grave crisi che si superò solo con l’intervento del Potere Legislativo federale che il 10 aprile 1995 approvò all’unanimità la Legge per il Dialogo, la Negoziazione e la Pace Degna in Chiapas, che contiene la strategia per favorire la comprensione tra le parti, riafferma la sovranità tra poteri e risolve giuridicamente la questione dei mandati di cattura.

Di fatto, e con il sostegno di tutte le istituzioni e partiti politici, da questa legge nacque la piattaforma per strutturare il processo di dialogo e pacificazione tra il governo federale e l’EZLN dall’aprile 1995 al settembre 1996.

L’agenda di questo processo, promossa congiuntamente, includeva i temi: diritti e cultura indigeni, democrazia e giustizia, benessere e sviluppo, riconciliazione in Chiapas e diritti della donna, lasciando alla fine la cancellazione della dichiarazione di guerra e gli accordi di pace definitivi. Il metodo di lavoro permetteva lo svolgimento di incontri e consultazioni tra le delegazioni delle parti con le sue rispettive istanze.

Il 16 febbraio 1996 a San Andrés Larráinzar si firmò il primo accordo parziale sul tema dei diritti e cultura indigeni, dopo un intenso e promettente processo di dialogo e negoziazione. Il secondo tema in agenda era democrazia e giustizia, il cui sviluppo fu contrario a precedente; la parte governativa si rifiutava costantemente di esporre la sua posizione ai tavoli di dialogo, atteggiamento che differiva dalle intenzioni che il presidente della Repubblica aveva dichiarato alla Cocopa (Commissione di Concordia e Pacificazione).

Davanti al fallimento del tavolo ed i ritardi nella realizzazione dei primi accordi, nell’agosto del 1996 l’EZLN dichiarò sospeso il dialogo fino a che non si fosse concretizzato quanto concordato in materia di diritti e cultura indigeni. Per superare la crisi, contando sull’appoggio delle rispettive dirigenze di partito, i membri della Cocopa nel novembre del 1996 elaborarono la Iniziativa di Riforma Costituzionale in Materia di Diritti e Cultura Indigeni, che fu presentata all’EZLN che la accettò, benché, disse, non includesse tutte le sue aspirazioni. Al riguardo il subcomandante Marcos affermò che dopo la sua approvazione al Congresso dell’Unione, nel marzo del 1997, si sarebbe potuto firmare un protocollo di pace anticipato, per permettere che i successivi temi dell’agenda si sviluppassero senza tensioni di carattere militare.

La risposta del governo federale all’iniziativa della Cocopa fu in senso contrario alla posizione zapatista; il presidente della Repubblica non riconobbe i termini approvati dai suoi rappresentanti e respinse assolutamente l’iniziativa, adducendo “imprecisioni tecnico giuridiche”; successivamente si rifiutò apertamente di affrontare le questioni di fondo.

Questi incidenti provocarono l’allontanamento delle parti e dentro il governo federale si rafforzò la strategia contrainsurgente di incoraggiare settori indigeni a scontrarsi con violenza con gli zapatisti, con risultati disastrosi per le comunità e per il processo di pace; la tragedia di Acteal è risultato di questa strategia. Vicente Fox Quesada assunse quindi la Presidenza della Repubblica e la legge Cocopa in materia di diritti e cultura indigeni, defenestrata dal suo predecessore, fu presentata al Congresso. Tuttavia, questa decisione non ebbe l’accompagnamento indispensabile affinché i suoi effetti si trasformassero in incentivi per la pace. Il testo promosso dal Congresso escluse parti sostanziali già concordate nei conclavi di San Andrés Larráinzar, e questo fu interpretato dall’EZLN come il tradimento di tutta la classe politica. http://www.jornada.unam.mx/2009/10/09/index.php?section=opinion&article=021a2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Da 10 anni in carcere.

La Jornada – Venerdì 9 ottobre 2009

Il governo chiapaneco contro l’ultimo detenuto de La Voz del Amate

In carcere da 10 anni, non è mai stata dimostrata la sua colpevolezza nell’omicidio di alcuni poliziotti

Hermann Bellinghausen

Il comitato degli ex detenuti e familiari dei “prgionieri politici” Voces Inocentes ha denunciato “la politica imperativa” del governo di Juan Sabines Guerrero contro il professor Alberto Patishtán Gómez, attualmente recluso nel Centro Statale di Reinserimento Sociale numero 5 di San Cristóbal de las Casas, Chiapas. Il comitato riferisce che ultimamente ai suoi membri è stato ostacolato o impedito di visitare Patishtán in carcere. “Subiamo intimidazioni e disprezzo da parte delle guardie; e tanto più quando si tratta dei compagni ex prigionieri politici, che sono trattati come fossero un pericolo per le autorità penitenziarie”.  Di fronte alle proteste del comitato – aderente all’Altra Campagna – “i guardiani sostengono che è un’ordine del direttore della prigione, Arturo Bolaños. E su ordini dal’alto”. I familiari di Patishtán, gli ex detenuti ed i rispettivi parenti denunciano: “Quello che più ci sorprende è che registrano e identificano ogni visita che riceve il nostro compagno. In questo modo, il malgoverno vuole spaventarci, dimenticando così la sua politica demagogica di ‘rispettare’ i diritti umani”. Inoltre “ricordano” al governo “che non faremo un passo indietro nella richiesta di libertà” del professor Pastishtán che da quasi 10 anni è in prigione accusato di un crimine che non è mai stato dimostrato; si tratta di un’imboscata contro alcuni poliziotti avvenuta nel municipio El Bosque nel 1998.

Una vendetta ordita dai priisti

Come unico membro ancora in carcere de La Voz del Amate, Patishtán ha ribadito la sua innocenza. E’ stato documentato che la sua condanna fu il risultato di una vendetta politica ordita dalle autorità priiste di allora che, trasformandolo nel capro espiatorio, garantirono l’impunità ai veri assassini dei poliziotti. Il comitato Voces Inocentes denuncia di subire costanti minacce, persecuzioni e pedinamenti. “È molto preoccupante la situazione che le organizzazioni chiapaneche stanno vivendo”, aggiunge, e smentisce “totalmente” le notizie della stampa locale “che dimostrano poca professionalità” attaccando senza fondamento un organismo dei diritti umani” (in riferimento al Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas -Frayba). Questi media “vendono la loro etica professionale e si vede chiaramente che sono utilizzati come arma e strumento del malgoverno di Sabines Guerrero”.  Recentemente, lo stesso Frayba ed altri organizzazioni civili hanno denunciato persecuzione, sorveglianza e tattiche diffamatorie e di discredito contro i difensori dei diritti umani in Chiapas. D’altra parte, a San Cristóbal de las Casas è stato annunciato l’avvio di una campagna internazionale per la liberazione di José Manuel Hernández Martínez, (Don Chema). L’iniziative è promossa dalla giornalista Concepción Villafuerte Blanco, Marisa Kramsky, Mercedes Osuna, Yolanda Castro, Luis Alonso Abarca, Rosalinda Sántiz Díaz (Kinal Antsetik), Celerina Ruiz Núñez (Jolom Mayaetik) e dal Fronte Nazionale di Lotta per il Socialismo. Sostengono che il governo dello stato vuole negare la sua responsabilità “nella cattura illegale” di Hernández Martínez. Tuttavia – sottolineano – “i fatti dimostrano il contrario, poiché tutte le accuse sono state depositate dalla Procura Speciale per le Questioni Rilevanti, che dipende dalla Procura Generale di Giustizia dello Stato, e non esiste nessun carico da parte della giurisdizione federale”, e ritengono il membro dell’Organizzazione Campesina Emiliano Zapata (OCEZ-Regione Venustiano Carranza) “prigioniero politico e di coscienza”). http://www.jornada.unam.mx/2009/10/09/index.php?section=politica&article=016n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Arresto per “Chema”.

La Jornada – Giovedì 8 ottobre 2009

Arresto per il leader della OCEZ.  Si annunciano proteste

Ángeles Mariscal e Elio Henríquez – Tuxtla Gutiérrez, Chis., 7 ottobre. José Manuel Hernández Martínez, dirigente della Organizzazione Campesina Emiliano Zapata (OCEZ), ha ricevuto oggi in carcere il mandato di arresto, una settimana dopo essere stato fermato per esproprio e danni, reati presumibilmente commessi nel 2003 durante il recupero di un podere. Il giudice ha dichiarato che i reati imputati al dirigente e ad altri 14 campesinos sono “gravi”. Parte del procedimento 253/2005, avviato due anni dopo la presunta invasione della proprietà El Desencanto, nel municipio di Venustiano Carranza, contiene le testimonianze di un gruppo di proprietari di terre del municipio di Comitán presunti proprietari del podere. Le testimonianze, tutte uguali tra loro, non spiegano perché quelli che dicono di essere i proprietari hanno aspettato più di due anni a chiedere la restituzione del podere. In conferenza stampa, dirigenti della OCEZ hanno detto che il vero motivo dell’arresto è frenare le proteste che il dirigente portava avanti perché le autorità non hanno mantenuto la promessa di regolarizzare a loro favore 115 ettari di terra, tra altre istanze presentate a luglio, quando Hernández Martínez guidò uno sciopero della fame. A San Cristóbal de las Casas, organización sociali, collettivi ed attivisti hanno fatto sapere di aver inviato una lettera agli ambasciatori che questo fine settimana visiteranno il Chiapas, e cercheranno di parlare con loro per fargli sapere che in Chiapas “si violano i diritti umani”. Nel frattempo l’avvocato Marcos Gómez Pérez ha detto che esistono due possibilità: l’appello o il ricorso. “Vogliamo il ritiro dell’azione penale affinché José Manuel Hernández esca di prigione”, ha affermato. La OCEZ ed anche organizzazioni solidali hanno consegnato una lettera indirizzata a Magdy Martínez Solimán, rappresentante in Messico del Programma dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, nella quale chiedono un’udienza e lo invitano a visitare la comunità 28 de Junio. http://www.jornada.unam.mx/2009/10/08/index.php?section=estados&article=032n1est

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Acteal, ancora impunità.

La Jornada – Martedì 6 ottobre 2009

Potrebbero lasciare il carcere altri 31 condannati peri il massacro di Acteal

Hermann Bellingahusen

Prossimamente potrebbero uscire dal carcere altri 31 paramilitari condannati per aver partecipato al massacro di Acteal, Chiapas, il 22

Foto Cristina Rodriguez

Foto Cristina Rodriguez

dicembre 1997. Cinque di loro sono rei confessi. La notizia è stata appresa recentemente da la Società Civile Las Abejas di Chenalhó e dal Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (CDHFBC). Quest ultimo ha detto di essere stato informato che il prossimo 14 ottobre la Corte Suprema di Giustizia della Nazione (SCJN) delibererà sulla situazione legale di 31 condannati come responsabili del massacro che “vittime e sopravvissuti hanno identificato come gli autori materiali”. A su vez, integrantes de Las Abejas tuvieron conocimiento de que las autoridades municipales de Chenalhó informan a los agentes municipales “que los ahora liberados emprenderán acciones contra los sobrevivientes y testigos de cargo” en los procesos donde la SCJN concedió amparo a quienes llevan más de 11 años en prisión. Di fronte a questa possibilità, il CDHFBC esprime preoccupazione, “poiché già c’è il precedente del 12 agosto scorso”, quando la SCJN ha deciso di rilasciare 20 condannati, anche loro partecipanti al massacro, “concedendo loro tutte le tutele, il che significa un’ulteriore negazione della giustizia in questo crimine di lesa umanità”. L’eventuale delibera della SCJN potrebbe andare nello stesso senso, cioè, “incentrarsi sulle negligenze commesse dagli agenti della Procura Generale di Giustizia dello Stato”, avallate allora da giudici e magistrati federali”. La liberazione dei 20 paramilitari precedenti “ha generato un clima di paura ed insicurezza negli Altos del Chiapas, in particolare nelle comunità dove vivono i membri di Las Abejas”. Questa volta potrebbero uscire cinque assassini confessi del massacro, ritenuti penalmente responsabili di omicidio aggravato, lesioni aggravate e detenzione di armi di uso esclusivo dell’Esercito. Le decisioni della SCJN nell’agosto scorso hanno messo in evidenza, sostiene il CDHFBC, “che lo Stato messicano non ha compiuto il suo dovere di garantire l’accesso alla giustizia alle vittime e sopravvissuti”, e non ha svolto “un’indagine seria ed efficace, al fine di punire i responsabili materiali ed intellettuali ed evitare l’impunità”. Benché il governo de Chiapas assicuri che le persone rilasciate non ritorneranno nei loro luoghi di origine, bisogna considerare che i loro famigliari e gli altri membri del loro gruppo paramilitare rimangono lì, “esattamente dove si trovano le armi, poiché fino ad ora lo Stato non ha disarticolato né disarmato i paramilitari nel municipio di Chenalhó”. Per quello che si capisce, questa situazione non è stata considerata dallo Stato che oltre a non indagare adeguatamente, omette qualsiasi misura per ricostituire il tessuto sociale delle comunità indigene ed impedire la violenza. Lo dimostra il fatto che i membri di Las Abejas che vivono ancora nel campo profughi conosciuto come Acteal, continuano a rimanere fuori dalle loro comunità originarie. Lo stesso si può dire delle migliaia di profughi zapatisti del municipio autonomo di Polhó. Inoltre, la presenza dell’Esercito Messicano ha contribuito alla rottura del tessuto sociale”. Esiste così “un pericolo imminente” per i sopravvissuti. A giudizio del CDHFBC, non liberare queste 31 persone “sarebbe l’unica misura per salvaguardare i diritti delle vittime”. Bisogna ricordare che la Corte Interamericana dei Diritti Umani ha stabilito che lo Stato ha l’obbligo di combattere l’impunità con tutti gli strumenti legali, poiché questa favorisce la ripetizione cronica delle violazioni dei diritti umani e la totale mancanza di difesa delle vittime e dei loro famigliari. http://www.jornada.unam.mx/2009/10/06/index.php?section=politica&article=010n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Chiapas ed emigrazione.

La Jornada – Lunedì 5 ottobre 2009

Gli immigrati del Chiapas residenti negli USA ora sono un peso per le loro famiglie

Hermann Bellinghausen

Negli Altos del Chiapas l’emigrazione negli Stati Uniti riversa i suoi effetti a fronte della recessione economica dall’altro lato della frontiera, e quello che sembrava un’opzione per migliorare le entrate delle famiglie indigene, si è trasformato in un peso, quasi una paradossale prigione che separa gli emigranti dal loro paese e dalle loro famiglie. Solo a Catixtik, nel municipio tzotzil di San Juan Chamula, ci sono attualmente circa 55 uomini “illegalmente” negli Stati Uniti. Solo un pugno tra le migliaia di indigeni che negli anni recenti si sono legati ai polleros (trafficanti di clandestini – N.d.T.) nelle proprie terre per attraversare la frontiera. Ora che anche là non c’è lavoro sono disoccupati e vivono alla macchia per evitare la deportazione. Per di più, “non possono ritornare”, perché non hanno soldi per farlo e devono ancora pagare il pollero. Nella loro comunità non li aspetta nessuna possibilità di lavoro ed andandosene hanno abbandonato o trascurato i loro campi. Sussistono nel loro inattivo esilio grazie al denaro dei programmi governativi come Oportunidades che ricevono le loro mogli in Chiapas. Queste sono obbligate a trasferire questi pesos attraverso la Western Unione affinché gli uomini li convertano in costosi dollari.

I polleros, “del XXI° secolo spesso sono indigeni. Qualche fortuna personale (da non sottovalutare) a San Juan Chamula, Zinacantán e San Pedro Chenalhó si può attribuire a questo nuovo tipo di intermediari della manodopera tzotzil, i cui predecessori popolano i racconti indigenisti di Rosario Castellanos e Ramón Rubín. Alcuni anni fa “l’esportazione” di chamulas, zinacantecos e pedranos era considerata “un’industria in crescita” (La Jornada, 5/6/06), mentre gli studiosi Floriana Teratol e John Burstein l’anno scorso riferivano che ogni emigrante pagava circa 10 mila pesos per il viaggio dal Chiapas all’Arizona, attraversando il deserto. Una volta là, “l’emigrante acquisisce un debito di altri 5 mila pesos affinché il ‘raitero‘ (il trafficante in loco) lo sistemi” (Ojarasca, 8/08). Indipendentemente dall’effetto sull’integrità comunitaria e familiare dello sradicamento economico (la maggioranza degli emigranti sono uomini sposati), per un po’ è sembrata un’alternativa contro la scarsità di mezzi nei propri villaggi. Il governo di Vicente Fox arrivò a promuovere ed idealizzare questa forma di “impiego” per i messicani poveri. Secondo i ricercatori citati, gli emigranti inviavano a casa “tra i 3 e 4 mila pesos ogni quindici giorni, la metà delle loro entrate”. Così pagavano i debiti nella loro comunità e potevano investire nella costruzione della casa, a volte sontuosa e non necessaria. Come indigeni e contadini di altre zone del Chiapas, i tzotziles degli Altos normalmente vanno in Florida, Carolina del Nord ed in altri stati nel nord degli Stati Uniti. Il relativo benessere permetteva loro di pagare le multe per l’assenza alle assemblee o l’inadempimento degli obblighi comunitari, ed al ritorno disponevano di risorse per occupare cariche religiose nelle proprie comunità. Emigrare era una “moda” tra i giovani. Una “prova” di virilità, un’avventura prestigiosa. Secondo le testimonianze delle mogli rimaste a casa, raccolte in diverse occasioni, l’emigrazione non aveva solo effetti monetari. Vivendo là, gli uomini ricorrono a prostitute e a pornografia di ogni tipo, e questo modifica i loro comportamenti (e a volte la diffusione di malattie). Per dirla chiaramente, quando tornano, gli emigranti cercano di riprodurre nella vita matrimoniale le pratiche “apprese” dal porno, e le loro mogli, se non le accettano, vengono ripudiate.Ora, gli emigranti stanno ritornando. Ma molti sono ancora “bloccati”, e sono i limitati programmi governativi ed i prestiti degli strozzini locali a mantenerli là. Rappresentano un ulteriore peso, forse il peggiore, nell’economia familiare degli indigeni più poveri. http://www.jornada.unam.mx/2009/10/05/index.php?section=politica&article=017n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Frayba denuncia la repressione.

La Jornada – Domenica 4 ottobre 2009

Crescono le azioni repressive in Chiapas, afferma il Frayba

Hermann Bellinghausen

Foto Víctor Camaco

Foto Víctor Camaco

Il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas (CDHFBC) denuncia che sono aumentate le azioni repressive contro membri di organizzazioni contadine, civili e di difesa dei diritti umani, “come parte della strategia di contrainsurgencia ordinata dall’amministrazione federale ed eseguita dal governo del Chiapas”. Nel clima che descrive l’organizzazione, emerge il tentativo di incendiare le strutture del centro Kinal Antsetik la notte del 26 settembre a San Cristóbal de las Casas, da uno sconosciuto vestito di nero e con passamontagna. L’individuo “è entrato nella sede del Centro di Formazione per Donne dell’Associazione Civile Kinal Antsetik, ha sparso benzina e dato fuoco alle travi di legno”. Alcune ragazze che risiedono nel posto hanno impedito che l’incendio si propagasse. Kinal Antsetik è un’organizzazione civile formata prevalentemente da indigeni; promuove i loro diritti, combatte la violenza di genere, favorisce la partecipazione politica ed offre assistenza a collettivi di donne. Negli scorsi mesi la cofondatrice di Kinal Antsetik, Yolanda Castro Apreza, e Daniel Alfonso Luna Alcántara, membri del Fronte Nazionale di Lotta per il Socialismo (FNLS), hanno subito perquisizioni e pedinamenti da parte della polizia. Il 30 settembre scorso è stato arrestato José Manuel Hernández Martínez, Chema, dirigente storico dell’Organizzazione Campesina Emiliano Zapata (OCEZ-Regione Carranza), nella comunità 28 de Junio del municipio di Venustiano Carranza, in un operazione delle procure generali della Repubblica e di Giustizia dello Stato (PGJE). In quell’occasione gli agenti sono arrivati nella comunità su un veicolo della Commissione Federale di Elettricità indossando le uniformi di questo ente e senza esibire alcun mandato nel momento dell’arresto. Hernández Martínez è rinchiuso nel carcere di El Amate accusato di associazione a delinquere, esproprio aggravato e danneggiamenti, oltre ad attentati contro i simboli patri e cospirazione, tra altri illeciti. Secondo fonti attendibili, sostiene il CDHFBC, Hernández Martínez “è stato interrogato negli uffici della PGJE da persone che gli domandavano insistentemente se appartenesse all’Esercito Popolare Rivoluzionario ed all’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale; se aveva rapporti con monsignor Samuel Ruiz García e con Diego Cadenas (presidente e direttore del Frayba, rispettivamente) o col FNLS”. Il CDHFBC ha denunciato in precedenza “la politica di repressione che il governatore Juan Sabines Guerrero applica contro le organizzazioni sociali e civili che non si sottomettono alle sue direttrici né firmano il suo Patto di Governabilità”. Nel luglio scorso, Ruiz García e Cadenas Gordillo avevano personalmente informato Sabines Guerrero e Ponce Sánchez di essere in possesso di informazioni attendibili secondo le quali esistevano ordini di indagini giudiziarie contro diversi attivisti sociali e difensori dei diritti umani per collegarli ad organizzazioni guerrigliere. Il governatore aveva negato che esistessero tali indagini. Durante il suo lavoro di documentazione, l’organizzazione “ha individuato soggetti e pratiche” che permettono di ritenere che il governo statale implementa una strategia di contrainsurgencia il cui “obiettivo militare” è la popolazione civile che, “secondo gli organi di intelligenza, appoggia la ribellione”. Utilizza la forza pubblica per reprimere, imprigionare ed assassinare membri di movimenti ed organizzazioni, “usando i mezzi di comunicazione per mettere a tacere le denunce e screditare la difesa dei diritti umani”. Per il Frayba, i danni alle strutture di Kinal Ansetik, la persecuzione degli avvocati, gli arresti di Hernández Martínez e di oltre 20 membri della MOCRI-CNPA-MN ed indigeni di San Sebastián Bachajón, così come gli omicidi di contadini ed emigranti da parte di elementi della polizia statale preventiva “sono i segnali dell’autoritarismo del governo el Chiapas”. http://www.jornada.unam.mx/2009/10/04/index.php?section=politica&article=014n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo )

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La Jornada – Domenica 4 ottobre 2009

José Manuel Hernández: persecuzione senza fine

Luis Hernández Navarro

Negli uffici della Casa del Popolo, a Venustiano Carranza, Chiapas, c’è uno striscione con i nomi di più di 40 contadini. Sono i 37 morti e i desaparecidos nella lotta iniziata nella comunità nel 1965 per il recupero delle terre. Le loro fotografie sono appese sopra l’altare. Sono le casa pueblo2vittime dei cacicchi, paramilitari, poliziotti ed Esercito.

I comuneros di Carranza sono stati permanentemente vessati, perseguitati, umiliati e mai riconosciuti. Molti dei defunti omaggiati nella sede dell’organizzazione erano commissari de beni comunali. Molti erano leader dell’Organizzazione Campesina Emiliano Zapata (OCEZ), fondata nel 1982 dalla Casa del Pueblo e da nuclei contadini di altri municipi dello stato. Così accadde al commissario Bartolomé Martínez Villatoro. Nel luglio nel 1974, Carmen Orantes, il cacicco regionale, lo avvertì: “Guarda, indio, se non vai via di qui, ti giochi la vita”. Un anno dopo fu assassinato. L’ultimo episodio di questa persecuzione senza fine è l’arresto del dirigente storico della comunità, José Manuel Hernández Martínez, conosciuto come Don Chema, lo scorso mercoledì 30 settembre, con un’operazione tanto vile quanto precipitosa. I poliziotti che lo hanno catturato sono arrivati nella comunità 28 de Junio a bordo di un furgone della Commissione Federale di Elettricità, con indosso le divise dell’impresa. Hanno chiesto agli abitanti se c’erano problemi con l’elettricità o se avevano bisogno di qualcosa. Quando hanno identificato Don Chema l’hanno preso e caricato sul veicolo senza alcun mandato di cattura. Qualche chilometro dopo hanno trasferito Don Chema su un altro veicolo occupato da uomini armati che indossavano abiti scuri e col volto coperto da passamontagna. Hernández Martínez è stato rinchiuso nella prigione di El Amate. È accusato dell’esproprio della proprietà El Desencanto, si presume compiuto nel luglio del 2003an Venustiano Carranza. Sarà processato per reati contemplati in quasi una decina di indagini. È indagato per danni a proprietà altrui, esecuzione di fatti criminosi, danneggiamento aggravato, furto ed esproprio. Vogliono processarlo anche per attentato contro i simboli patri o valori storici nazionali o dello stato, esproprio, cospirazione e frode. Don Chema ha dichiarato al pubblico ministero ed al suo avvocato difensore che presso la Procura dello Stato del Chiapas (PGJE) chi lo interrogava insisteva affinché si dichiarasse membro di qualche gruppo armato. “Mi domandavano, ha detto, se appartenevo all’EPR. Quando ho detto loro che l’unica organizzazione alla quale appartengo è la OCEZ e che questa organizzazione lotta per la via civile e pacifica, allora mi hanno accusato di appartenere all’EZLN.”Non è la prima volta che Hernández Martínez è finisce in prigione. In due occasioni ha trscorso del tempo dietro le sbarre. Nel 1984 Amnesty International l’ha riconosciuto e adottato come prigioniero di coscienza. Don Chema è un attivista sociale che da oltre trent’anni lavora al recupero delle terre della sua comunità. Ha 56 anni. È indigeno tzotzil e padre di sei figli.Perseguitato dal potere e dai cacicchi, in molti momenti della sua vita ha dovuto vivere alla macchia, perseguitato e vessato. Molti funzionari pubblici hanno tentato di comprarlo offrendogli un impiego pubblico o uno stipendio senza svolgere alcun lavoro. Non ha mai accettato. Egli afferma: “La mia unica funzione è informare su cosa fa l’organizzazione. Non ho mai accettato questo. Perché? Perché non dipende da me, ma dalla comunità; è il popolo. Io posso anche vendermi, ma i problemi rimangono. L’abbiamo detto chiaro alle istituzioni di governo: mi possono mettere in prigione, possono comprarmi e possono assassinarmi, ma il governo facendo questo non risolverà un bel niente se non si risolvono i problemi delle comunità”.Solo nel luglio scorso, 13 membri della OCEZ hanno realizzato con successo uno sciopero della fame per chiedere al governo la sospensione di 15 mandati di cattura, l’approvazione di progetti produttivi per quasi 7 milioni di pesos, e la soluzione di diversi conflitti agrari. Il governo di Juan Sabines ha accordato di legalizzare 215 ettari delle terre occupate. Inoltre, è stato firmato un patto di governabilità per dare soluzione ad alcune istanze sociali, agrarie e legali. Cioè, nel momento dell’aaresto di Don Chema la sua organizzazione era al tavolo del dialogo col governo dello stato.Il conflitto a Venustiano Carranza è ancestrale. La comunità fu fondata nel 1529 col nome di comunità indigena San Bartolomé de los Llanos. Gli indios comperarono le terre con monete d’oro. Tuttavia, con l’espansione dell’allevamento, i ladinos si appropriarono di quasi tutte le proprietà. I comuneros diventarono peones acasillados (schiavi – N.d.T.).A partire dal 1930, i contadini cercarono di farsi restituire i beni comunali dalle autorità agrarie. Ma questo non accadde fino al 1965 quando il governo della Repubblica decretò una risoluzione per la comunità in cui le veniva riconosciuta solo una superficie territoriale di 50 mila 152 ettari, lasciando le terre migliori ai latifondisti. Nonostante questo, i proprietari terrieri non furono d’accordo.Nel 1974 fu attuata la risoluzione presidenziale a favore della comunità con una superficie di 42 mila ettari, ed un esproprio di 5 mila 45 ettari, per la costruzione di una diga idroelettrica. Stanchi, un anno più tardi i comuneros decisero di diventare indipendenti dal governo e recuperare le loro terre, perché, nonostante i documenti nelle loro mani, le terre continuavano a restare in possesso dei ricchi. Da allora la loro tattica consiste nel prendere le proprietà e poi fare pressioni sul governo per la loro regolarizzazione. Per questo si sno scontrati col cacicco Carmen Orantes (personaggio che sembra uscito da un romanzo di Gabriel García Márquez), con i suoi pistoleri e con i diversi governi di turno.Oggigiorno la regione è controllata da Jesús Alejo Orantes Ruiz, alleato di Juan Sabines ed uno più dei 100 figli che vengono attribuiti a Carmen Orantes. Il nuovo cacicco ha ereditato dal padre e dallo zio il potere politico ed economico nella regione della canna da zucchero di Pujiltic. L’arresto di José Manuel Hernández Martínez è un grave oltraggio ai diritti umani da parte del governo di Juan Sabines. Inoltre, è un atto di insensibilità politica che crea squilibrio in una regione storicamente conflittuale del Chiapas. Per quello che si vede, c’è a chi piace governare gettando benzina sul fuoco. http://www.jornada.unam.mx/2009/10/04/index.php?section=opinion&article=015a1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Los de Abajo.

La Jornada – Sabato 3 ottobre 2009     –   Los de Abajo

Minaccia poliziesca

Gloria Muñoz Ramírez

La settimana scorsa la popolazione tzeltal di San Sebastián Bachajón, municipio di Chilón, Chiapas, ha recuperato pacificamente il controllo della cabina di riscossione delle cascate di Agua Azul, esercitando il loro legittimo diritto di salvaguardare ed amministrare le risorse naturali del loro territorio. La risposta del governo guidato da Juan Sabines è stata il minaccioso invio di circa 250 poliziotti. Gli indigeni di Bachajón sono aderenti all’Altra Campagna convocata dall’EZLN e fanno parte della resistenza ai megaprogetti turistici che il governo del Chiapas impone alle comunità della regione, motivo per cui sono stati repressi e sbattuti in carcere in diverse occasioni, senza però ottenerne la resa. Il Centro dei Diritti Umani San Bartolomé de las Casas, che ha assistito la comunità e denunciato la costante persecuzione, ha documentato la presenza minacciosa di circa 250 effettivi statali chi si trovano al crocevia di Agua Azul e nel villaggio di Xhanil, su cinque camion tipo Torton e 12 pattuglie, oltre ad agenti della Polizia Ministeriale. L’organizzazione dei di diritti umani spiega che il recupero della cabina di riscossione è stato deciso dopo un “processo di consultazione in assemblee realizzate nei tre centri dell’ejido: Ch’ich, Centro Alan Sacjun e Centro Bachajón”. Con questa azione i coloni tzeltales rivendicano l’esercizio dell’uso delle loro risorse naturali riconosciuto dal Trattato 169 della OIT (Organizzazione Internazionale del lavoro) che il governo messicano si è impegnato a rispettare.  Al governo del Chiapas poco importano gli accordi internazionali che non contemplino gli investimenti stranieri ed il saccheggio delle risorse naturali. Sono innumerevoli gli esempi che lo dimostrano: proprio in questa comunità, il passato 17 aprile, la cabina di riscossione era stata smantellata con un operativo al quale hanno partecipato poliziotti statali e federali, violando il diritto al territorio dei popoli indigeni, attaccando la loro integrità personale e torturando ed imprigionando arbitrariamente i fratelli Antonio e Jerónimo Gómez Saragos. Ora, davanti al possibile sgombero degli ejidatarios e a causa della pressione e del chiaro atto di persecuzione, in Internet circola una lettera di protesta nella quale si esige il rispetto dei diritti del popolo tzeltal di San Sebastián Bachajón, il ritiro della polizia e la liberazione di Jerónimo ed Antonio Gómez Saragos.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Poliziotti a Agua Azul.

La Jornada – Sabato 3 ottobre 2009

 Il governo del Chiapas invia centinaia di poliziotti ad Agua Azul

Hermann Bellinghausen

San Sebastián Jotolá Mitzitón, 2 ottobre. La persecuzione contro le comunità dell’Altra Campagna in Chiapas che si oppone all’autostrada San Cristóbal de las Casas-Palenque si è trasformata in questione “politica” delle autorità statali e federali, in particolare per le prime. In pochi giorni si sono susseguiti fatti violenti ed aggressioni a Jotolá e in diverse località dell’ejido San Sebastián Bachajón, fomentati da funzionari pubblici, come il delegato a Chilón della segreteria generale di Governo, Carlos César Santiago Ángel, che davanti ai rappresentanti della filogovernativa Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic) ha detto che i fondi del programma Oportunidad non arriveranno a nessuno di Alan Sacum a causa dei membri dell’Altra Campagna. Questo ha scatenato la persecuzione contro il responsabile di Alan Sacum, Antonio Gómez Álvaro, ed il consigliere di vigilanza, Juan García, entrambi ejidatarios di San Sebastián. Quelli della Opddic vogliono “consegnarli” alla polizia ed espellerli. Il primo è il padre di Jerónimo ed Antonio Gómez Saragos, i due aderenti dell’Altra Campagna in carcere a El Amate dall’aprile scorso. Questa “politica” è manifestata anche dai 250 agenti della Polizia Statale Preventiva (PEP) che domenica scorsa si sono piazzati al crocevia di Agua Azul e nella comunità vicina di Xhanil, su cinque camion Torton e 12 pattuglie, oltre ad agenti della Polizia Ministeriale (PM). Quello stesso giorno, gli aderenti dell’Altra Campagna avevano recuperato pacificamente la cabina di riscossione che ad aprile la polizia statale e quelli della Opddic avevano occupato, all’ingresso delle cascate di Agua Azul. Da allora si teme un operativo contro l’ejido che difende i suoi diritti territoriali. Sulla stessa linea si trova la reiterata presenza a Jotolá della pattuglia 025 della PEP che continua a riunirsi con i membri della Opddic che a settembre hanno aggredito a spari e bastoni gli ejidatarios dell’Altra Campagna ed un avvocato del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas. Lo scorso fine settimana, dopo la nuova visita della polizia, quelli della Opddic si sono raccolti in atteggiamento minaccioso muniti di machete, bastoni ed armi. Quelli dell’Altra Campagna da allora temono un possibile nuovo attacco, poiché in ripetute occasioni di notte si sentono spari esplosi vicino alle loro case. Questa volta, i poliziotti di pattuglia si sono uniti con quelli della Oppdic di fronte alla casa della famiglia Cruz Méndez, una delle più aggressive della comunità, alla quale appartengono i principali istigatori degli attacchi. D’altra parte, sono arrivati a Mitzitón, San Cristóbal de las Casas (un altro ejido i cui coloni si oppongono all’autostrada e sono anche aderenti all’Altra Campagna), rappresentanti della Segreteria delle Comunicazioni e Trasporti, “volevano ingannarci per farci firmare una bozza di verbale – denunciano gli indigeni – dove si dice che in presenza delle autorità, il malgoverno ha soddisfatto le nostre richieste.” Gli ejidatarios negano che sia così. L’ingegnere della SCT ha detto che non si vuole fare nessuna autostrada, solo un’ampliamento della strada per Comitán. Secondo i progetti della stessa SCT, a Mitzitón si troverebbero il chilometro zero ed i primi 10 della progettata autostrada. Non ci faremo ingannare dal malgoverno; difenderemo la nostra terra costi quel che costi, fino a che il malgoverno rispetterà il nostro diritto all’autonomia e alla libera determinazione, sostengono. Inoltre, denunciano che martedì 29 settembre la SCT ha consegnato loro un documento datato febbraio che parla del progetto della strada. Abbiamo visto la menzogna del malgoverno quando ha negato che esisteva il progetto. Ma ora confermiamo che esiste e prosegue. Denunciano che i paramilitari e i criminali dell’Ejército de Dios-Alas de Águila continuano a sparare e ad aggirarsi nel villaggio con le loro mimetiche militari protetti dal malgoverno. Sono guidati – dicono – da Esdras Alonso González, Carmen Díaz López e Refugio Diaz Ruiz, che continuano a godere dell’impunità. http://www.jornada.unam.mx/2009/10/03/index.php?section=politica&article=012n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Venerdì 2 ottobre 2009

Si cerca di vincolare alla guerriglia il dirigente della OCEZ arrestato

Ángeles Mariscal. Carcere El Amate, Cintalapa, Chis., 1º ottobre. Il dirigente campesino José Manuel Hernández Martínez, catturato ieri nel municipio di Venustiano Carranza, è stato arrestato per esproprio di proprietà altrui e danneggiamenti, ma negli interrogatori gli hanno chiesto con insistenza se apparteneva all’Esercito Popolare Rivoluzionario (EPR) o ad altri gruppi guerriglieri od organizzazioni civili come il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (Frayba). Il componente dell’Organizzazione Campesina Emiliano Zapata (OCEZ) è stato portato davanti al giudice 12 ore dopo la sua cattura e dopo 10 ore dall’interrogatorio presso la Procura Generale di Giustizia dello Stato (PGJE). Il campesino ha dichiarato al Pubblico Ministero ed al suo avvocato difensore che nell’interrogatorio presso la PGJE hanno insistito affinché si dichiarasse membro di qualche gruppo armato. “Mi hanno domandato se appartenevo all’EPR. Quando ho risposto che l’unica organizzazione alla quale appartengo è la OCEZ e che questa organizzazione lotta per la via civile e pacifica, allora mi hanno accusato di appartenere all’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN). “Insistevano a chiedermi se avevo rapporti con il vescovo Samuel Ruiz, col parroco del municipio di Venustiano Carranza; con Diego Cadenas, presidente del Frayba, o con Yolanda Castro, del FNLN (Fronte Nazionale di Lotta per il Socialismo). Mi hanno chiesto se possedevo armi.” Il Pubblico Ministero del tribunale, Neftalí Arcia Marroquín, assistito da una persona che si è presentata come rappresentante della Procura per le Questioni Rilevanti della PGJE, ha insistito nel domandargli se aveva rapporti con l’EPR fino a che l’avvocato difensore ha chiesto di smetterla con queste domande perché il reato di cui è accusato Hernández Martínez è l’esproprio della proprietà El Desencanto, presumibilmente commesso nel luglio del 2003 a Venustiano Carranza. Dopo aver reso la sua deposizione, Hernández Martínez ha dichiarato in un’intervista che la sua detenzione è per motivi politici, ed ha tacciato di tradimento il governo statale, perché dopo lo sciopero della fame realizzato nel giugno scorso, le autorità gli avevano promesso che avrebbero trattato la sua richiesta di terra. Il comunicato del governo statale che ammette l’arresto del campesino, segnala che contro di lui ci sono 16 istruttorie aperte, tutte per presunti reati commessi nel contesto di proteste agrarie a Venustiano Carranza. Oggi è stata presa in esame solo una di queste.

Nel frattempo, circa duemila elementi della OCEZ sono andati a Venustiano Carranza a portare il corpo di Jordán López Aguilar, il campesino morto mercoledì, quando con altri compagni cercava di raggiungere i poliziotti che avevano preso Hernández Martínez. A San Cristóbal de Las Casas, il Fronte Nazionale di Lotta per il Socialismo (FNLS) ha condannato “l’arresto illegale” di Hernández Martínez, definendolo “un colpo vigliacco al movimento sociale chiapaneco, nel contesto della crescente criminalizzazione delle legittime lotte sociali del popolo”. “Il modo in cui è stato catturato, da individui che sono arrivati su un camioncino della Commissione Federale di Elettricità con uniformi di questo ente, è un’ulteriore dimostrazione del carattere arbitrario con cui il governo fascista di Felipe Calderón reprime gli attivisti sociali“, aggiunge. http://www.jornada.unam.mx/2009/10/02/index.php?section=estados&article=029n1est Con informazioni del corrispondente Elio Henríquez

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Arrestato leader della OCEZ.

chemaLa Jornada – Giovedì 1 ottobre 2009

Uno dei suoi compagni è morto inseguendo gli agenti; altri tre sono rimasti feriti
La Procura Generale Della Repubblica e la Procura del Chiapas catturano un leader campesino della OCEZ

Ángeles Mariscal e Elio Henríquez. Tuxtla Gutiérrez, Chis., 30 settembre. La Procura Generale di Giustizia dello Stato (PGJE) ha comunicato che questa notte, in un’operazione congiunta con la Procura Generale della Repubblica (PGR), nel municipio di Venustiano Carranza ha fermato José Manuel Hernández Martínez, dirigente dell’Organizzazione Campesina Emiliano Zapata (OCEZ), indagato, tra altri reati, per associazione a delinquere, occupazione aggravata e danneggiamento. In un comunicato spiega: “Questa persona è stata messa a disposizione del giudice istruttore e rinchiusa nel Centro di Reinserimento Sociale numero 14, El Amate, nel municipio di Cintalapa”.  Secondo la procura, l’indagato è accusato di danni a proprietà altrui, furto aggravato e saccheggio, reati per lui quali nel 1999 erano stati emessi sei mandati di cattura contro di lui. Inoltre, ha “precedenti” per tento omicidio ed omicidio aggravato, ed è accusato di essersi impadronito di terreni occupati. Secondo i suoi compagni, Hernández è stato catturato la mattina nella sua abitazione, nel municipio di Venustiano Carranza, da sconosciuti che indossavano divise dei lavoratori della Commissione Federale di Elettricità (CFE). José Manuel de la Torre Hernández, un altro dirigente della OCEZ, ha informato che a mezzogiorno circa, diverse persone sono giunte nella comunità 28 de Junio su due camioncini e si sono portate via il contadino. Quindi, alcuni dei suoi compagni sono saliti su un’auto per seguire i veicoli ma sono stati intercettati da un’altra automobile i cui occupanti hanno sparato e li hanno fatti andare fuori strada. Nell’incidente è morto Jordán López Aguilar, di 27 anni, e sono rimasti feriti José Santos López Aguilar, Juan Jiménez Zepeda e Ballardo Hernández de la Cruz, che sono stati ricoverati nell’ospedale da campo dell’Istituto Messicano della Previdenza Sociale. Noé Castañón León, segretario di Governo del Chiapas, ha dichiarato che la “cattura” di Chema, nome con il quale è conosciuto il dirigente della OCEZ, “è di competenza federale, non nostra”. I compagni di Chema ricordano che Chema “è già stato più volte segnalato dai servizi di intelligenza del governo federale come leader dell’Esercito Popolare Rivoluzionario, ma questa è una menzogna”. http://www.jornada.unam.mx/2009/10/01/index.php?section=estados&article=031n1est

 (Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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