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Archive for novembre 2011

La Jornada – Mercoledì 23 novembre 2011

La Cocopa presenterà in Parlamento un’iniziativa per la pace in Chiapas

ENRIQUE MÉNDEZ e ROBERTO GARDUÑO

La Commissione di Concordia e Pacificazione (Cocopa) presenterà al plenum della Camera dei Deputati l’iniziativa a favore della pace in Chiapas e per il riconoscimento dei diritti dei popoli indigeni. Per promuovere tale progetto si terranno tre forum che raccoglieranno l’opinione della società nella valle di San Quintín, in Bassa California; a Comitán, Chiapas, ed un terzo ancora da definire.

Jaime Martínez Veloz, rappresentante del governo dello stato del Chiapas nella Cocopa, sostiene che la questione indigena è ancora in sospeso nell’agenda politica nazionale e che non è possibile in alcun modo la trasformazione democratica dello Stato se non si include la voce e la partecipazione dei popoli indigeni.

“Le comunità zapatiste sono organizzate, vivono, lottano, lavorano e stanno aspettando una risposta positiva da parte delle istituzioni della Repubblica, perché quei popoli sono stati coinvolti in un processo in cui lo Stato messicano aveva offerto le condizioni e generato una legge che permettesse la nascita di un dialogo di questa natura”.

Martínez Veloz ha ricordato che l’ex presidente Ernesto Zedillo Ponce de León è responsabile di aver disatteso, dalla posizione di governo, il patto stabilito con gli indigeni le cui richieste non hanno fino ad ora ricevuto risposte.

“I forum che inizieranno il prossimo 11 dicembre saranno un punto di partenza per generare una nuova offensiva politica per la pace che faccia sì che questo Congresso dell’Unione riconosca quella che fino ad oggi è stata al margine dello Stato messicano:  la questione indigena”.

José Narro Céspedes, membro della Cocopa, ha avvertito che a causa della mancanza di risposte alle istanze dei popoli indigeni nel paese, la possibilità di un sollevamento armato è latente.

“Molti settori esclusi dallo sviluppo nazionale che coinvolgono un numero sempre maggiore di popolazione, si mobilitano contro il governo, e credo che si stiano creando le condizioni affinché la gente opti per la via di una nuova sollevazione”.

Il deputato ritiene che tale minaccia sia su scala nazionale, per questo è necessario inviare segnali a favore della pace, del dialogo e degli accordi.

“Vicente Fox non ha mantenuto il suo impegno di rispettare gli accordi di San Andrés su diritti e cultura indigeni. A partire da Fox gli accordi di San Andrés hanno dormito il sonno dei giusti, ma questo non significa che il problema è risolto”.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Los de Abajo

Previsioni per il 2012

Gloria Muñoz Ramírez

Un esempio di cosa potrebbe succedere nel 2012 è accaduto domenica scorsa nella comunità purépecha di Cherán, durante le elezioni per governatore, sindaci e deputati locali dello stato di Michoacán. L’intera comunità ha deciso in assemblea di non partecipare al voto, perché, hanno detto in un comunicato, ci siamo resi conto che i partiti politici non fanno altro che creare divisioni nella società e dare briciole a simpatizzanti e militanti; e che questi riempiono le loro tasche per recuperare molto più del denaro spese nelle campagne elettorali, perché molte volte superano il limite autorizzato dagli organismi elettorali.

Dal 15 aprile scorso Cherán rappresenta una delle resistenze più emblematiche contro il crimine organizzato e, soprattutto, contro le istituzioni dei tre livelli di governo che, per omissione o coinvolgimento, hanno agito in complicità con la delinquenza che opera impunemente in questa regione della meseta purépecha. Non è poco quello che hanno ottenuto in questa comunità in questi sette mesi, perché anche se i governi statale e federale non hanno risposto alla loro richiesta di garantire la sicurezza della popolazione ed impedire il disboscamento clandestino dei suoi boschi, le ed i comuneros lavorano alla ricostituzione dell’organizzazione comunitaria, affrontando di giorno in giorno la sfide di decidere il proprio destino.

Mentre i tre principali partiti: PAN, PRI e PRD litigano per il risultato elettorale che ha relegato all’ultimo posto il PRD, che dal 2001 era al governo da uno dei suoi principali bastioni, la comunità di Cherán si è trincerata nel suo territorio e non ha permesso l’ingresso della macchina elettorale perché, ha denunciato “i partiti politici corrotti lavorano solo a beneficio dei ricchi, mentre a noi, i poveri, ci porta… la crisi”.

Bisogna dire che il Tribunale Elettorale Giudiziario della Federazione aveva dato parere favorevole a che la popolazione eleggesse il suo sindaco col metodo dei suoi usi e costumi; ma la scelta di deputati e governatore doveva passare per la via elettorale. Questo è stato respinto dall’assemblea che ha deciso, al posto delle elezioni, di rafforzare la sicurezza della comunità e continuare la procedura di elezione delle sue autorità secondo le proprie regole.

Al terminare della giornata, accompagnata da una brigata dell’Altra Campagna e dai mezzi di comunicazione alternativi che hanno realizzato una copertura eccezionale, i comuneros di Cherán hanno dichiarato che non abbasseranno la guardia né si daranno per vinti, perché “crediamo che la nostra lotta è giusta e soprattutto necessaria, perché non potevamo continuare a vivere con la paura”. http://www.jornada.unam.mx/2011/11/19/opinion/017o1pol

losylasdeabajo@yahoo.com.mxhttp://desinformemonos.org

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Mercoledì 16 novembre 2011

Rilasciati due degli otto detenuti in sciopero della fame in carcere in Chiapas

ELIO HENRÍQUEZ

San Cristóbal de Las Casas, Chis. Questa notte sono stati liberati due degli otto indigeni che erano in sciopero della fame da 39 giorni nel Carcere N. 5 di San Cristóbal de las Casas. Fonti governative hanno comunicato che José Díaz López, oriundo di San Andrés Larráinzar, ed Andrés Núñez Hernández, di San Juan Chamula, sono stati rilasciati intorno alle ore 19, come risultato dell’impegno preso dalle autorità statali di rivedere i loro casi. I due tzotziles, membri solidali del ggruppo di detenuti denominato La Voz del Amate, aderente all’Altra Campagna, sono accusati di omicidio, pratica n. 095/2002, ed erano in prigione da più di nove anni. Díaz López, di 36 anni, e Núñez Hernández, di 39, insieme ad altri otto detenuti avevano partecipato allo sciopero della fame iniziato il 29 settembre scorso e che si è interrotto il passato 6 novembre, quando le autorità statali si sono impegnate a rivedere i loro casi.

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Sostegno mondiale.

La Jornada – Mercoledì 9 Novembre 2011

I familiari dei detenuti dell’Altra Campagna tolgono il presidio a San Cristóbal

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de Las Casas, Chis., 8 novembre. Dopo un mese, questa mattina è stato tolto il presidio dei familiari dei detenuti dell’Altra Campagna, in sciopero della fame da 39 giorni. Le famiglie indigene che erano accampate davanti alla chiesa di questa città dall’8 ottobre, hanno annunciato che proseguiranno la lotta per la liberazione dei “prigionieri politici”, “in altro modo”, dalle proprie comunità. Questo, due giorni dopo che i detenuti in sciopero della fame hanno interrotto il digiuno, ma non la protesta – come ha dichiarato oggi il loro portavoce, Pedro López Jiménez -, né la denuncia che il governo dello stato è stato sordo alle loro richieste che ritengono giuste.

Intanto, si susseguono le manifestazioni di solidarietà internazionale. Questo lunedì, l’ambasciata messicana in Svizzera e la presidentessa del Bundesrat, la socialdemocratica Micheline Calmy-Rey, hanno ricevuto una lettera di cittadini svizzeri, nell’abito di un’iniziativa prevista dalla legge elvetica, che chiede la liberazione immediata dei “prigionieri politici” che erano in sciopero della fame. Chiedono al governo svizzero di adoperarsi affinché il governo del Messico agisca “secondo gli accordi internazionali che ha firmato, per esempio, relativi alla pratica della tortura”.

Daniela Schicker, ex deputada del consiglio municipale di Zurigo, ha comunicato, a nome di questo gruppo che, inoltre chiedono che “le persone del governo messicano responsabili delle violazioni dei diritti umani e di crimini contro la popolazione siano portate davanti ad un tribunale internazionale e che si esiga a livello mondiale il risarcimento alle vittime di crimini di Stato in Messico”. Ed assicurarono: “Non tollereremo più in silenzio che il governo di quel paese presenti il Messico in Svizzera, senza vergogna, come una bella regione turistica, e nello stesso tempo violi i diritti umani in maniera crudele”.

Si chiede inoltre che gli affari con il Messico siano “messi in discussione” fino a che la situazione dei diritti umani non migliori. La lettera è stata accolta da deputati e funzionari federali della Svizzera, e nella sua versione in spagnolo sarebbe arrivata oggi a Los Pinos, alla Segreteria di Governo ed al palazzo di governo di Tuxtla Gutiérrez. Nel documento si dice: “Non possiamo fare affari e praticare il turismo con un governo come il messicano, e nello stesso tempo agire come se le violazioni costanti dei diritti umani e degli accordi internazionali, ed i crimini contro la popolazione, non abbiano niente a che vedere con gli affari ed il turismo col Messico”.

A Parigi, i collettivi francesi hanno realizzato una seconda protesta di fronte al consolato messicano. Ed un gruppo internazionale di studiosi ha solidarizzato con i detenuti ribadendo la richiesta di “sospensione della persecuzione e coazione contro chi, in maniera pacifica e degna, come i detenuti ingiustamente imprigionati, difendono il rispetto dei loro diritti elementari come detenuti, e la necessità di rivedere i loro processi piagati da irregolarità come tortura, false prove e processi senza la dovuta difesa processuale”.

Professori universitari e ricercatori di Argentina, Brasile, Stati Uniti, Messico e Spagna riconoscono la qualità umana di Alberto Patishtán, per la cui situazione si è pronunciata Amnesty International, e chiedono che sia rimandato in Chiapas (è stato trasferito in una prigione federale a Sinaloa) e rimesso in libertà. I detenuti per i quali si chiede la liberazione sono, oltre a Patishtán, Pedro López Jiménez, Rosario Díaz Méndez, José Díaz López, Alfredo López Jiménez, Alejandro Díaz Sántiz, Juan Díaz López, Andrés Núñez Hernández, Rosa López Díaz, Juan Collazo Jiménez ed Enrique Gómez Hernández. http://www.jornada.unam.mx/2011/11/09/politica/016n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Martedì 8 novembre 2011

Indigeni dell’Altra Campagna trasferiscono la protesta e bloccano le strade

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 7 novembre. A quasi 40 giorni di sciopero della fame, e di fronte alla sistematica assenza di risposte da parte del governo del Chiapas, i detenuti hanno deciso di sospendere l’azione per il rischio in cui erano le loro vite, ed il presidio dei familiari degli indigeni ha trasferito la sua protesta alle porte della prigione di questo municipio.

Oggi, a mezzogiorno circa, decine di indigeni hanno bloccato la strasa San Cristóbal-Ocosingo, di fronte al Carcere N. 5.

Su un grande striscione che occupava la carreggiata, dietro una linea di rami di pino, si riassume la domanda chiave: “Libertà immediata per i nostri prigionieri”.

Gli otto reclusi della Voz del Amate, Voces Inocentes e Solidarios de la Voz del Amate, aderenti all’Altra Campagna, hanno fatto sapere i motivi della loro nuova azione. Hanno decio ieri sera e questa mattina l’hanno resa pubblica. Ciò nonostante, il governo statale si è affrettato a diffondere la notizia lasciando intendere l’esistenza di un qualche accordo. Facciamo dire, per esempio, a Juan Collazo Jiménez, che partecipa alla protesta, che questa mattina è stato punito con la cella di isolamento, nudo, dal comandante della prigione di Motozintla, come ha denunciato suo padre, Salvador Collazo. “Adesso non sei più in sciopero”, gli hanno detto.

Il motivo per cui i detenuti hanno sospeso lo sciopero sono altre: “Per le complicazioni delle nostre condizioni di salute fisica dovute ai 39 giorni di sciopero della fame per esigere giustizia, mentre il governo ha ignorato le nostre richieste e le istanze del popolo, comunichiamo che ieri 6 novembre alle ore 20:00, a causa della gravità delle nostre condizioni di salute prima che si arrivasse all’irreparabile, abbiamo sospeso lo sciopero della fame, ma non vuole dire che desisteremo dalla lotta; al contrario, lotteremo con più forza fino a vincere questo sistema”.

E precisano: “Abbiamo desistito perché alcuni compagni stanno molto male ma non abbiamo sospeso lo sciopero della fame in cambio di quello che dice il governo, perché noi continueremo a lottare in vita, perché finché c’è vita ci sarà la possibilità di lottare per la giustizia e il benessere di tutti, ma non lo faremo come vorrebbe il malgoverno, continueremo invece ad esortare il governo ad intervenire al più presto per la nostra liberazione, per ridarci la libertà che ci il governo ci ha rubato”.

I reclusi del Carcere N. 5 insistono anche sulla liberazione di Collazo Jiménez ed Enrique Gómez Hernández, anche loro in sciopero a El Amate.

“Esortiamo inoltre il governo federale di Felipe Calderón Hinojosa ad agire per la liberazione immediata del compagno Alberto Patishtán Gómez, prigioniero politico della Voz del Amate”.

Infine, invitano le organizzazioni nazionali ed internazionali che li hanno appoggiati “a continuare a chiedere giustizia, perché la nostra lotta non è finita”.

Alle ore17 il blocco è stato tolto dagli stessi indigeni, che per tutto il giorno sono stati controllati, ad una certa distanza, dai veicoli della polizia statale e municipale, che non è intervenuta.

Questa notte, al presidio ancora in corso delle famiglie nella piazza della cattedrale, si discuteva sui passi da fare di fronte all’indifferenza del governo ed al “il tentativo di divisione che ha messo in atto annunciando di voler rivedere i casi di solo otto dei detenuti in sciopero, visto che sono 11; non cita Juan Collazo, Enrique Gómez né il professor Alberto Patishtán”.

Oggi è partita dal Chiapas per Guasave, Sinaloa, una commissione di familiari ed avvocati per fare visita al professore nella prigione federale, dove è in isolamento da due settimane fa, ha informato sua figlia Gabriela Patishtán Ruiz. http://www.jornada.unam.mx/2011/11/08/politica/020n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Lunedì 7 novembre 2011

Saranno rivisti i casi di otto detenuti dell’Altra Campagna, che sospendono lo sciopero della fame

ELIO HENRÍQUEZ

San Cristóbal de Las Casas, Chiapas., 6 novembre. Fonti ufficiali hanno comunicato che otto detenuti del Carcere N.5 di questo municipio, domenica notte hanno sospeso lo sciopero della fame iniziato il 29 settembre scorso per chiedere la loro liberazione.

Gli otto reclusi accusati di vari reati, hanno interrotto il digiuno dopo che le autorità penitenziarie si sono impegnate a rivedere i loro casi.

Lo sciopero della fame è stato sospeso alle ore 20:00, dopo che gli otto carcerati, aderenti all’Altra Campagna, hanno firmato un documento diretto al direttore della prigione, José Manuel Alarcón.

Nello scritto i reclusi chiedono che si dia seguito alla loro richiesta di rilascio, poiché arrestati ingiustamente.

La lettera è firmata da Rosa López Díaz, Andrés Núñez Hernández, Juan Díaz López, Rosario Díaz Méndez, Alfredo López Girón, Pedro Núñez Jiménez, Alejandro Díaz Santís e José Díaz Gómez.

Secondo queste fonti, terminata la protesta, i carcerati sono stati visitati dal personale medico della prigione che ha fornito loro frutta, avena, atole ed altri liquidi affinché recuperino le energie perse durante i 36 giorni di sciopero della fame.

I detenuti stessi hanno chiesto alle autorità della prigione di avere per la colazione brodo di fegato di pollo e di granchio, richiesta che sarà valutata dai medici della prigione.

Il presidio dei familiari dei detenuti da un mese di fronte alla Cattedrale di questa città è proseguito per tutta la notte ma, secondo l’impegno verbale degli otto indigeni che erano in digiuno, potrebbe essere tolto questo lunedì pomeriggio.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Audio: denuncia FINE dello sciopero della fame dei detenuti in Chiapas

A 39 giorni dall’inizio dello sciopero della fame e digiuno i detenuti in Chiapas hanno deciso di sospendere lo sciopero della fame perché alcuni di loro erano sull’orlo dal subire danni fisici irreversibili, come diceva il bollettino medico della Squadra di Salute relativa ai prigionieri in sciopero della fame da 36 giorni: In conclusione, le condizioni di salute delle persone in sciopero della fame è critica. Non esistono ancora riscontri di danni organici, tuttavia stante l’attuale situazione, bisogna aspettarsi che si verifichino danni nella funzione renale che metterebbero gli scioperanti in una situazione di rischio immediato per la loro vita. La presenza di ipotermia e la perdita di più di 10 kg di peso di alcuni di loro sono segnali di allarme indicativi di una situazione critica. D’altra parte, l’intolleranza all’assunzione di zucchero e di liquidi complica la situazione poiché questo aggrava lo stato di disidratazione ed inanizione degli scioperanti.

Dopo la diffusione di questo bollettino le autorità statali non hanno più permesso alla Brigata di Salute di seguire la situazione degli scioperanti, cosa che ha messo in grave rischio la vita dei detenuti che, di fronte all’omissione del Governo dello Stato e del pericolo della propria vita, hanno deciso di sospendere lo sciopero della fame.

Audio: http://chiapasdenuncia.blogspot.com/2011/11/despues-de-39-dias-de-huelga-y-ayuno-se.html

 All’opinione pubblica 
Ai mezzi di comunicazione statali, nazionali ed internazionali 
Ai media alternativi 
Agli aderenti all’Altra Campagna 
Alla Sesta Internazionale 
Alle organizzazioni indipendenti 
Ai difensori dei diritti umani ONGs

 La Voz del Amate, Voces Inocentes, Solidarios de la Voz del Amate aherenti all’Altra Campagna reclusi nel Carcere N. 5 di San Cristóbal de Las Casas, Chiapas.

Per le complicazioni delle nostre condizioni di salute fisica dovute ai 39 giorni di sciopero della fame per esigere giustizia, mentre il governo ha ignorato le nostre richieste e le istanze del popolo, comunichiamo che ieri 6 novembre alle ore 20:00, a causa della gravità delle nostre condizioni di salute prima che si arrivasse all’irreparabile, abbiamo sospeso lo sciopero della fame, ma non vuole dire che desisteremo dalla lotta; al contrario, lotteremo con più forza fino a vincere questo sistema. Abbiamo desistito perché alcuni compagni stanno molto male ma non abbiamo sospeso lo sciopero della fame in cambio di quello che dice il governo, perché noi continueremo a lottare in vita, perché finché c’è vita ci sarà la possibilità di lottare per la giustizia e il benessere di tutti, ma non lo faremo come vorrebbe il malgoverno, continueremo invece ad esortare il governo ad intervenire al più presto per la nostra liberazione, per ridarci la libertà che ci il governo ci ha rubato, così come chiediamo la liberazione del compagno Juan Collazo Jiménez che è in sciopero della fame nel Carcere N. 6 di Motozintla, e del compagno Enrique Gómez Hernández che si trova nella prigione di Motozintla e che sta praticando il digiuno; esortiamo inoltre il governo federale di Felipe Calderón Hinojosa ad agire per la liberazione immediata del compagno Alberto Patishtán Gómez, prigioniero politico della Voz del Amate. Infine, alle compagne, ai compagnia ed alle organizzazioni nazionali ed internazionali diciamo di continuare a chiedere giustizia, perché le nostre lotte non sono finite.

Fraternamente

La Voz del Amate

Voces Inocentes

Solidarios de la Voz del Amate

San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, 7 novembre 2011

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Área de Sistematización e Incidencia / Denuncia Pública
Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de Las Casas A.C.
Calle Brasil #14, Barrio Mexicanos,
San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, México
Código Postal: 29240
Tel +52 (967) 6787395, 6787396, 6783548
Fax +52 (967) 6783551
denunciapublica@frayba.org.mx
www.frayba.org.mx
Facebook: Chiapas Denuncia Pública
Twitter: chiapasdenuncia

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La Jornada – Domenica 6 novembre 2011

In una lettera al Presidente, ONG e comunità denunciano che nelle zone autonome zapatiste potrebbero riprendere le ostilità

 Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 5 novembre. Nello scenario di strategia contrainsurgente, come ha dichiarato il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (Frayba), “le comunità autonome in resistenza, le cui popolazioni costituiscono le basi di appoggio civili dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, si trovano al centro di un possibile confronto e ripresa delle ostilità, come quelle che conserviamo nella memoria collettiva del Messico ferito”.

Questo, in una lettera rivolta al presidente della Repubblica, Felipe Calderón Hinojosa, ed al governatore Juan Sabines Guerrero, che è stata sottoscritta in pochi giorni da più di 350 organizzazioni, collettivi, comunità e popoli del Messico e di numerosi paesi, che “condividono il significato del profondo oblio in cui l’agenda ufficiale ha collocato le richieste e denunce di centinaia di individui e situazione in Chiapas”.

Il Frayba sottolinea che il documento avverte i governanti su “azioni ed omissioni che ci obbligano a denunciare la loro responsabilità nella sistematica violazione dei diritti dei popoli indigeni” nell’entità. Chiede inoltre che “i governanti di turno forniscano risposte chiare ai popoli e comunità che ogni giorno denunciano gli effetti della guerra generalizzata i cui numeri hanno un nome e rappresentano migliaia di storie di vita”.

In due anni “le ostilità in Chiapas sono aumentate; le azioni dei gruppi paramilitari, in complicità con funzionari pubblici, hanno trasformato l’esproprio di terre recuperate, di proprietà delle comunità autonome, in bottino di guerra”.

Di fronte alle costanti azioni governative a detrimento dei diritti della popolazione, il centro Frayba respinge “le politiche dei governi. Le più ricorrenti: omissione di fronte alle denunce e richieste di intervento; permettere la rottura del tessuto comunitario e sociale con la polarizzazione dei conflitti; generare condizioni di emergenza alimentare e sanitaria in comunità sotto assedio; gestire giuridicamente e politicamente violazioni flagranti dei diritti umani di popolazioni indigene”.

Coloro che seguono le azioni di difesa e l’esercizio dei diritti “esercitate da popoli e comunità originari”, hanno osservato “la guerra che, dal 1994 e con la copertura dei tre livelli di governo, viene condotta in Chiapas contro chi ha deciso di mettere in pratica gli accordi di San Andrés, firmati e negati dallo Stato messicano dal 1996”. Non sono pochi gli “impegni traditi” dai partiti politici che hanno occupato posizioni di governo, il quale continua a rimandare “soluzioni pacifiche al conflitto armato interno irrisolto”.

Osservano “la permanente implementazione” di strategie contrainsurgentes, che lasciano “una lunga scia di detenzioni arbitrarie, omicidi, sparizioni, massacri, sfollamenti ed esproprio di territori”. Ciò deriva dal “mancato disarmo dei gruppi civili armati che operano dal 1996″. Queste azioni erano raccomandate nel ‘Piano della campagna Chiapas 94’ della Segreteria della Difesa Nazionale”; è preoccupante che continuino “ad operare contro popoli e comunità”.

Sono molteplici gli interventi chiesti al governo statale per fermare azioni che attentano ai diritti collettivi e individuali. La risposta “di tutti i livelli di governo” è stata “silenzio e omissione, acuendo l’impunità e l’ingiustizia”.

Infine, la lettera lamenta che il discorso ufficiale abbia trasformato i diritti umani “in slogan pubblicitario, favorendo la simulazione”; la manipolazione mediatica “è costata cifre milionarie all’erario” ma il costo maggiore sono “vite e comunità condannate all’oblio, all’emarginazione e all’ingiustizia”. http://www.jornada.unam.mx/2011/11/06/politica/015n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Sabato 5 novembre 2011

Sempre più pressante la richiesta di liberare i detenuti indios in sciopero della fame in carcere in Chiapas

 Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 4 novembre. “Il governo ha ignorato i nostri diritti. Chiediamo che dia la libertà a noi che siamo in sciopero della fame da 37 giorni”, ha dichiarato oggi Pedro López Jiménez, portavoce della protesta dalla prigione N. 5 di San Cristóbal. “La nostra salute è compromessa”, ha aggiunto. “Il governo sarà responsabile dell’eventuale perdita di vite”.

López Jiménez ha ribadito a La Jornada che è “molto importante anche la liberazione del fratello Alberto Patishtán, portato in una prigione federale a Guasave (Sinaloa)”.

Arrivati a questo punto, finalmente il governo del Chiapas e la chiesa Cattolica hanno dato segni di vita rispetto allo sciopero della fame degli 11 indigeni nelle prigioni N. 5, N. 6 (Motozintla) e N. 14 (El Amate, Cintalapa).

Pueblo Creyente, organizzazione di base della diocesi di San Cristóbal, ha invitato a “pregare per il nostro fratello Alberto Patishtán Gómez, affinché la fede che l’ha sostenuto tutti questi anni, continui a mantenendo forte di fronte a questa dura prova”. Pueblo Creyente, che ebbe un ruolo decisivo nel precedente sciopero della fame dei detenuti nel 2008, durato 41 giorni, ottenendo liberazione di decine di indigeni “prigionieri politici”, ha denunciato che il trasferimento di Patishtán è stato “una nuova rappresaglia per il suo lavoro di presa di coscienza ed evangelizzazione all’interno della prigione”.

Pueblo Creyente ha comunicato che il vescovo locale, Felipe Arizmendi Esquivel, ha chiesto “aiuto” al suo omologo di Sinaloa affinché “si occupino di Alberto in questa nuova e difficile situazione nella prigione N. 8 di Guasave”. L’organizzazione ha affermato: “È molto importante pronunciarci in questo momento per ottenere la liberazione di nostro fratello Alberto”, al quale il vescovo Samuel Ruiz García consegnò un riconoscimento, due anni fa in carcere, “per il suo lavoro come custode del popolo e difensore dei diritti umani”.

Da parte sua, la sottosegreteria del Ministero di Grazie e Giustizia ha comunicato che, “in coordinamento con la Commissione Statale dei Diritti Umani (CEDH), ha esaudito la richiesta di otto internati del Crcere N. 5 di far entrare un gruppo di medici privati”. Il titolare della sottosegreteria, José Antonio Martínez Clemente, ha dichiarato che “si sta fornendo tutta l’assistenza richiesta dai detenuti; inoltre, la CEDH ha sollecitato l’ingresso di medici affinché accertino lo stato di salute dei detenuti”.

Ha detto che, “come misura di negoziazione alle sue richieste, hanno ottenuto l’accordo con la CEDH per non incorrere in mancanze che possano privarli dei loro diritti particolari”. Il funzionario non ha fatto menzione dei detenuti a Motozintla e Cintalapa, Juan Collazo Jiménez ed Enrique Gómez Hernández. Non ha neppure fatto riferimento alla vera richiesta degli indigeni: la loro immediata liberazione.

E, mentre il governatore chiapaneco Juan Sabines Guerrero si è incontrato questo giovedì a Washington col titolare dell’Organizzazione Panamericana di Salute per affrontare “le politiche pubbliche promosse dal Chiapas in materia di salute, come la lotta contro le malattie dovute all’arretratezza”, gli scioperanti hanno informato della morte di Natanael, figlio di Rosa López Díaz ed Alfredo López Jiménez, detenuti tzotziles che partecipano alla protesta.

Il bambino è deceduto dopo essere stato respinto dall’ospedale di San Cristóbal (e prima ancora dall’ospedale di Teopisca), “perché non avevamo soldi”, come ha riferito il nonno del bimbo alle famiglie in presidio nella piazza di San Cristóbal (presidio a ostegno delle istanze dei detenuti). In aggiunta, il personale della clinica ha accusato il padre di Alfredo che, confessa, “non avevo i soldi nemmeno per tornare a casa”. http://www.jornada.unam.mx/2011/11/05/politica/015n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Los de Abajo

 Iniziative pro zapatisti

Gloria Muñoz Ramírez

Questa settimana si registrano una serie di iniziative nazionali ed internazionali intorno alle comunità zapatiste ed ai prigionieri politici in sciopero della fame in Chiapas. Gli appelli non sono solo alla solidarietà, ma all’accompagnamento civile e pacifico, con una lotta che non riguarda unicamente i popoli in resistenza del sud del Messico, bensì la comunità globale che combatte le proprie battaglie e che si è mantenuta attenta a quello che succede tra le comunità in resistenza.

In questi momenti, intorno alla comunità zapatista di San Patricio, appartenente al caracol di Roberto Barrios, nel nord del Chiapas, prosegue l’accerchiamento dei gruppi paramilitari che non permettono alle basi di appoggio dell’EZLN di andare a lavorare nei campi di mais. “La nostra solidarietà è necessaria affinché, nonostante le avversità causate dai gruppi paramilitari, i compagni e le compagne zapatisti resistano contro queste aggressioni provenienti dai tre livelli del governo”, denuncia la Rete Nazionale Contro la Repressione e per la Solidarietà, che sta organizzando una raccolta di denaro, viveri, medicinali e materiale scolastico, tra altre cose.

La Rete stessa ricorda che “dal 7 settembre scorso la comunità di San Patricio, municipio autonomo La Dignità, è minacciata dal gruppo paramilitare Paz y Justicia di invadere e sgomberare il villaggio, col pretesto che non pagano l’imposta prediale, e che se non consegneranno le terre recuperate li massacreranno tutti. Hanno circondato la popolazione e non li lasciano uscire per andare a procurarsi da mangiare, hanno ammazzato gli animali, distrutto i raccolti, intimoriscono le donne e i bambini ed hanno costruito delle capanne sui loro campi coltivati”.

Contemporaneamente si organizzano diverse mobilitazioni per chiedere la liberazione dei 10 prigionieri politici in sciopero della fame in tre prigioni del Chiapas, e del professor Alberto Patishtán Gómez, che è stato trasferito arbitrariamente nella prigione di Guasave, Sinaloa. Tutti loro sono in sciopero della fame e digiuno dal 29 settembre, ed in questi momenti il loro stato di salute è allarmante, perché secondo l’ultimo bollettino medico gli scioperanti accusano vista annebbiata, debolezza e difficoltà a camminare, tra altre complicazioni.

Di fronte alla gravità della situazione ed alla mancanza di risposte da parte del governo statale, gli aderenti all’Altra Campagna lanciano un appello urgente a realizzare azioni, nella maniera che ognuno riterrà più opportuna, il prossimo 7 novembre, “per chiedere la liberazione immediata dei compagni in sciopero della fame e digiuno”. Sta inoltre circolando una raccolta di firme da inviare all’indirizzo di posta elettronica noestamostodxs@riseup.net.

http://www.jornada.unam.mx/2011/11/05/opinion/012o1pol

losylasdeabajo@yahoo.com.mx

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Giovedì 3 novembre 2011

Annunciata una mobilitazione mondiale a sostengo degli indigeni in sciopero della fame

Hermann Bellinghauen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 2 novembre. Collettivi, organizzazioni sociali e comunità dell’Altra Campagna hanno lanciato una mobilitazione nazionale ed internazionale in solidarietà con lo sciopero della fame in Chiapas, per chiedere, con diverse manifestazioni, la liberazione degli indigeni rinchiusi nelle prigioni di San Cristóbal de Las Casas, Cintalapa e Motozintla, che sono da 35 giorni in sciopero della fame. La giornata di protesta avrà luogo il prossimo lunedì 7 novembre.

Spicca la solidarietà nazionale e internazionale registrata già in molti stati del Messico, in Italia, Francia, Spagna, Norvegia, Inghilterra, Svizzera e Finlandia, tra gli altri, che si è manifestata in azioni per chiedere la “liberazione immediata dei compagni”.

Ciò nonostante, si aggiunge nella convocazione, “il governo dello stato continua a tenerli prigionieri, invisibili; ha trasferito a Guasave, Sinaloa, il nostro fratello e compagno Alberto Patishtán e frustato le azioni solidali, in particolare il presidio che i familiari dei detenuti stanno mantenendo dall’8 di ottobre nella piazza della cattedrale di San Cristóbal.

Nella convocazione si ricorda che lo scorso 29 settembre, un gruppo di detenuti appartenenti alla Voz del Amate, Solidarios de la Voz del Amate e Voces Inocentes si sono dichiarati in sciopero della fame e digiuno. Alfredo López Jiménez, Alejandro Díaz Sántiz, José Díaz López, Pedro López Jiménez, Juan Díaz López e Rosario Díaz Méndez, reclusi nel Carcere N. 5 di San Cristóbal de Las Casas, “hanno iniziato uno sciopero della fame totale per chiedere la loro immediata e incondizionata liberazione”. Con loro hanno iniziato un digiuno di 12 ore al giorno e con le stesse rivendicazioni, Rosa López Díaz, Alberto Patishtán Gómez e Andrés Núñez Hernández.

Il 3 ottobre si sono uniti al digiuno Enrique Gómez Hernández, nel Carcere N. 14, El Amate, e Juan Collazo Jiménez, nel Carcere N. 6 di Motozintla.

Insieme al presidio dei familiari a sostengo dello sciopero della fame e digiuno, firmano: Red contra la Represión y por la Solidaridad Chiapas, Grupo de Trabajo No estamos Todos, Brigada Feminista, Camino del Viento, Comité Ciudadano para la Defensa Popular (Cocidep), Rebeldeando Dignidad, Consejo Autónomo de la Costa, le comunità di Cruztón, Candelaria el Alto, 24 de Mayo, Busiljá, San Juan las Tunas, Ejido Cintalapa e Frente Popular Francisco Villa Independiente, aderenti della Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Mercoledì 2 novembre 2011

Nel carcere di San Cristóbal gli indigeni sono al 34° giorno di sciopero della fame. La loro salute peggiora nell’indifferenza delle autorità

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 1º novembre. Proseguono. Saranno invisibili? Su un foglio fissato con del nastro adesivo è riportato il numero dei giorni di presidio di fronte alla cattedrale: oggi sono 26. Sono diverse famiglie che sono aumentate di numero e dimagriscono a fisarmonica durante il giorno. Tenaci, chiedono con la loro presenza, i cartelloni, gli striscioni ed un discreto impianto stereo, la liberazione dei loro familiari. Bambini e anziani di Chamula, Mitontic, Tenejapa, Chenalhó, El Bosque, San Cristóbal, accompagnano da qui i detenuti dell’Altra Campagna in sciopero della fame da 34 giorni.

Il municipio voleva cacciare le famiglie, come parte del radicale e fugace maquillage subito da questa città coloniale in occasione del forum mondiale del turismo “di avventura”; ma poi ha desistito. Lo scorso fine settimana in questa stessa piazza si sono svolti grandi concerti del festival Cervantino Barocco. Ed il presidio sempre lì, con i suoi striscioni per la libertà dei “prigionieri politici”. Come se non ci fossero. E così sotto la pioggia torrenziale di stagione.

Anche se molti passanti, centinaia ogni giorno, si fermano a leggere le loro richieste e guardare con insistenza la serie di ritratti dipinti di tutti i detenuti, sobri ed espressivi, per loro non cambia niente. Come diceva Alberto Pastishtán prima che lo “estradassero” a Guasave, Sinaloa, “il governo è sordo e non ascolta le nostre richieste”. O forse no, perché ha deciso di metterlo a tacere. I giorni passano. Un attivista dell’Altra Campagna che partecipa al presidio indigeno dice: “Il governo ha il tempo dalla sua, può aspettare un’altra settimana, mentre i compagni sono sempre più deboli”.

In relazione alle condizioni degli scioperanti, è stato diffuso un nuovo bollettino medico, che alla fine si è potuto redigere domenica, anche se senza strumenti di nessun tipo, condizione dettata dalle autorità del Carcere N. 5 di San Cristóbal per permettere la visita. Il bollettino riferisce che i detenuti in protesta sono “in netto peggioramento”. Presentano nausea, mal di testa e nel corpo, principalmente le articolazioni, e disturbi gastrici. Crampi giorno e notte. Debolezza costante.

La sintomatologia “si è aggravata in tutti”; alcuni hanno la vista annebbiata, o la voce debole, e così il. Sviluppano intolleranza al miele e difficoltà a stare in piedi o camminare anche per brevi distanze, cosicché giacciono quasi permanentemente nel cortile della prigione.

Secondo il parere medico, si va verso un peggioramento e l’esaurimento delle riserve fisiche, “cosa che implica un maggiore danno fisico man mano che aumentano i giorni di sciopero”. Otto di loro non assumono cibo. Altri due digiunano per 12 ore al giorno. E di Patishtán, a Sinaloa, non si sa nulla.

Nella sezione femminile del carcere di San Cristóbal, Rosa López Díaz digiuna da 34 giorni. Presenta “cambiamenti nell’aspetto, occhiaie, mal di stomaco, nausea, debolezza, stanchezza e intorpidimento”.

Col tempo contro, Pedro López Jiménez, nuovo portavoce della protesta, ha fatto arrivare ai familiari alcuni “pensieri” dal suo sciopero: “La pioggia fa germinare ogni tipo di piante, anche tu puoi con le tue parole”.

Anche Andrés Núñez Hernández ha mandato i suoi: “La lotta è come una luce che ti fa vedere tutti i tuoi cari nel mondo. La lotta è come una torcia che illumina le nostre strade, che ci conduce alla vera libertà. Non lasciare che si spenga!” http://www.jornada.unam.mx/2011/11/02/politica/017n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Lettera di John Berger ai detenuti in sciopero della fame in Chiapas

 Ai detenuti in Chiapas

John Berger

Oggi ho ricevuto una lettera di undici compagni nelle prigioni messicane che sono in sciopero della fame. Il trattamento che ricevono è un esempio allarmante del disprezzo dell’attuale governo verso le aspirazioni e i diritti dei popoli che reprime e domina. Dobbiamo protestare come possiamo. Agite per favore! Fate sentire la vostra voce! Questa è la risposta che ho inviato ai detenuti:

Grazie per la vostra lettera; è stato un onore riceverla. Site accusati di omicidio perché non osano accusarvi di amore. Ed è il vostro esempio di amore ciò che essi temono.

Il coraggio del vostro sciopero della fame deriva dal fatto che sapete bene che le vostre vite hanno un senso, e questo senso risuona dentro voi e per gli altri durante ogni lungo giorno.

Nel frattempo, i vostri aguzzini sono persi nella violenza del nonsenso.

Vi mando la mia solidarietà ed appigli per la speranza.

John Berger 

Francia

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La Jornada – Martedì 1° Novembre 2011

Negata assistenza medica ai detenuti in sciopero della fame in Chiapas

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis. 31 ottobre. Questo fine settimana, per due volte, il direttore del Carcere N. 5 di questo municipio ha negato l’accesso ai medici indipendenti che volevano visitare i detenuti in sciopero della fame della Voz del Amate, Voces Inocentes e Solidarios de la Voz del Amate, aderenti dell’Altra Campagna.

Reclusi in tre prigioni del Chiapas, gli indigeni hanno annunciato che in occasione del Giorno dei Defunti innalzeranno un altare in memoria degli zapatisti caduti nel 1994, quando “i compagni diedero le loro vite per reclamare giustizia e benessere per tutti; uomini e donne come loro non muoiono mai perché vivono nei nostri cuori”.

Lo scrittore John Berger ha inviato una lettera in solidarietà con lo sciopero della fame, nella quale sostiene che il trattamento che ricevono gli scioperanti “è un esempio allarmante del disprezzo dell’attuale governo verso le aspirazioni ed i diritti dei popoli che reprime e domina”.

Dalla prigione i detenuti oggi dicono: “Il nostro stato di salute sta peggiorando, alcuni dei nostri compagni accusano perdita di memoria e nausea. Il compagno Rosario Díaz Méndez sta molto male, il suo livello di glucosio è troppo alto”.

A 33 giorni di sciopero della fame, tornano a chiedere al governatore Juan Sabines Guerrero di “intervenire immediatamente per la nostra liberazione”. Esortano inoltre il governo federale “a dare istruzioni per il ritorno di Alberto Patishtán Gómez e la sua  immediata liberazione”.

Insistono sui loro ingiusti arresti “per reati che non abbiamo mai commeso”, ma “il governo non ha risolto i nostri casi”. Esigono rispetto per lo sciopero della fame che ha iniziato Juan Collazo Jiménez il 27 ottobre a Motozintla. Aggiungono che il direttore di quella prigione, Pascual Martínez Cervantes, ed il giudice, Rogelio Ángel Camacho, “hanno minacciato il nostro fratello di trasferirlo in un altro centro o di punirlo mettendolo in isolamento”.

E dichiarano: “Siamo in prigione perché siamo poveri, analfabeti e non parliamo lo spagnolo. Esigiamo le nostre libertà che ci hanno rubato”.

Intanto, quattro collettivi dell’Altra Campagna in Chiapas (Red Contra la Represión y por la Solidaridad, Grupo de Trabajo No estamos Todos, La Otra Salud e Colectivo Contra la Tortura y la Impunidad) hanno denunciato che le autorità della prigione di San Cristóbal “hanno impedito diverse volte l’ingresso di personale medico”. Sabato 29 “è stato impedito l’accesso di una brigata medica con personale proveniente da Città del Messico”. Anche domenica, nonostante fosse giorno di visita generale, è stato impedito il loro ingresso. Inoltre, è stato impedito l’ingresso anche di familiare e amici.

Queste misure, come il trasferimento di Patishtán, “sono volte a reprimere il loro diritto di manifestare. I collettivi sottolineano “le violazioni di diritti umani da parte di José Antonio Martínez Clemente, sottosegretario degli Istituti di Pena, e José Miguel Alarcón García, commissario del Carcere N. 5, che mettendo a rischio la vita dei compagni”.

Lo sciopero della fame, sostengono, “è uno strumento riconosciuto a livello universale per difendere i diritti umani e denunciare e dare visibilità alle violazioni”. Per alcuni “costituisce una delle ultime forme pacifiche di difesa, quando altri mezzi anche legittimi e legali sono stati ignorati e soffocati”.

Rilevano che una delle implicazioni della protesta è il rischio per la salute. Per questo, “l’assistenza medica è un diritto indiscutibile, riconosciuto da diverse legislazioni internazionali e la cui privazione non è giustificabile da nessun argomento”. La Convenzione di Malta precisa che gli scioperanti, “in particolar chi si trova privato della libertà, ha diritto a che personale medico esterno all’istituzione penale” fornisca assistenza e accompagnamento. http://www.jornada.unam.mx/2011/11/01/politica/018n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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