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Archive for febbraio 2010

La Jornada – Sabato 27 febbraio 2010

Sequestrata e minacciata di morte attivista in Chiapas, denuncia il Centro Frayba che chiede protezione per Margarita Guadalupe Martínez e la sua famiglia

Hermann Belllinghausen

Questo giovedì, l’attivista dei diritti umani Margarita Guadalupe Martínez Martínez è stata sequestrata da sconosciuti, picchiata e minacciata di morte per le strade di San Cristóbal de las Casas, Chiapas, mentre stava andando a prendere suo figlio a scuola.  Secondo la sua testimonianza al Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (Centro Frayba), nel tragitto “è stata privata della libertà da sconosciuti che le hanno infilato una borsa di plastica in testa per impedire che vedesse i suoi aggressori, e l’hanno caricata a forza su un’auto in corsa”.  Dentro al veicolo l’attivista “ha sentito le voci; una delle quali era della persona che la tratteneva, che l’ha colpita al viso con un oggetto solido provocando dolore fisico ed escoriazioni alle labbra, in fronte e sul collo”, prosegue la denuncia. “Le hanno inoltre inflitto tortura psicologica mediante punzecchiature nei fianchi con un oggetto che potrebbe essere un arma da taglio o da fuoco. Le hanno messo nelle mani un oggetto freddo e lei dicevano: ‘ora non lavorerai più’ e le intimavano di desistere dalle denunce penali presentate da lei contro funzionari del governo del Chiapas mesi fa”.  Il Centro Frayba ha emesso un’azione urgente per chiedere di garantire la sicurezza di Margarita Martínez (…).  Gli aggressori le hanno detto che si trattava di “un regalo del presidente municipale di Comitán”, Eduardo Ramírez Aguilar. Poi l’hanno scaricata in una strada molto vicina al suo domicilio.  La denuncia sottolinea la situazione di rischio incombente all’integrità, sicurezza personale e alla vita dell’attivista, di suo marito, Adolfo Guzmán Ordaz, della sua famiglia e dei membri di Enlace Comunicación y Capacitación, organismo civile in cui lavorano nella città di Comitán. In mesi scorsi avevano subito effrazioni, minacce ed aggressioni da presunti agenti di polizia.  L’attacco all’attivista – spiega il Centro Frayba – è avvenuto 34 ore prima del procedimento di ricostruzione dei fatti per l’effrazione del suo domicilio, che deve svolgersi oggi alle 3:30 del mattino, a Comitán, come parte delle prove contenute nella denuncia. Al sopralugo partecipano la Polizia Statale Preventiva, la Direzione di Pubblica Sicurezza Municipale e la Polizia Specializzata Ministeriale, così come funzionari del Pubblico Ministero e periti dell’anticrimine.  Nonostante le denunce e la situazione di rischio di questa famiglia, “il governo messicano non ha svolto indagini né adottato misure efficaci e immediate per la cattura degli aggressori, permettendo che continui la persecuzione contro l’attivista e la sua famiglia disattendendo la Dichiarazione dei Difensori dei Diritti Umani delle Nazioni Unite”, conclude il Centro Frayba.  Da parte sua, la Voz del Amate, organizzazione dei detenuti dell’Altra Campagna nel carcere numero 5 del Chiapas, a San Cristóbal de las Casas, denuncia la repressione ed il trasferimento ingiustificato di Enrique Gómez Hernández nella prigione di Copainalá (che ha la reputazione di essere il “peggiore” dello stato), perchè si sarebbe rifiutato di “pagare” i diritti di territorio alla mafia del carcere. Secondo la Voz del Amate, la punizione di Gómez Hernández, artigiano che vende il prodotto del “suo onesto lavoro”, è “per essersi opposto alla corruzione”, permessa e protetta dalle autorità. http://www.jornada.unam.mx/2010/02/27/index.php?section=politica&article=013n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com)

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Tentativo di sequestro.

La Jornada – Mercoledì 24 febbraio 2010

Incappucciati tentano un sequestro a Mitzitón

Hermann Bellinghausen

La comunità tzotzil di Mitzitón (municipio San Cristóbal de las Casas, Chiapas) aderente all’Altra Campagna dell’EZLN, ha denunciato che incappucciati armati, in abiti civili, presumibilmente agenti federali, hanno cercato di catturare in maniera illegale l’indigeno Manuel Díaz Heredia il pomeriggio del 20 febbraio scorso nelle vicinanze della comunità.   “Grazie al fatto che in quel momento c’erano circa 50 compagni e compagne che stavano lavorando, i civili armati hanno avuto paura e si sono ritirati a gran velocità lasciando sul posto un berretto di colore nero”, raccontano i rappresentanti indigeni. “Conosciamo bene questi veicoli perché li abbiamo visti nei posti di blocco (militari) e di Rancho Nuevo e nel nostro quartiere di Mirabel, dove si dedicano alle estorsioni”.  Riferiscono che sabato quattro individui “armati con armi a canna lunga sono scesi da un veicolo Ram di colore oro e vetri oscurati tentando di prendere il nostro compagno che stava camminando per strada diretto alla casa ejidale per svolgere le attività comunitarie”. Hanno circondato Díaz Heredia un veicolo Extreme nero “con due persone a bordo”, e due auto Jetta bianche con quattro persone ognuna. I quattro individui lo hanno inseguito fino alla scuola materna del villaggio.   Sostengono che gli agenti del Pubblico Ministero dello stato e federali “si fanno vedere in giro con i paramilitari dell’Ejército de Dios per fabbricare reati”. Segnalano che “il malgoverno non ha fatto il suo dovere di punire i paramilitari che sono assassini e delinquenti; abbiamo visto bene come li protegge e ci hanno minacciati dicendo che se non moriremo noi moriranno le nostre donne, una situazione che ci preoccupa”.  Chiedono al governo “di rispettare la nostra comunità ed i nostri accordi, perché qui comanda il popolo e se succederà qualcosa, sarà di sua responsabilità”. E concludono: “Sappiamo bene che la repressione che stiamo subendo è dovuta alla nostra difesa del territorio, ma non lasceremo che lo distruggano per far passare la sua autostrada San Cristóbal-Palenque, perché sono le nostre uniche terre”. http://www.jornada.unam.mx/2010/02/24/index.php?section=politica&article=019n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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Ciudad Juárez affonda.

Ciudad Juárez affonda e Felipe Calderón simula di voler agire

Sabato 20 Febbraio 2010

CIUDAD JUÁREZ – Per la prima volta il massacro di 15 studenti il 31 gennaio ha costretto il governo messicano a mettere (almeno formalmente) la faccia a Ciudad Juárez. Felipe Calderón è andato due volte in pochi giorni nella città, ha promesso pochi e tardivi interventi ma soprattutto più militarizzazione.
Con 4.600 morti ammazzati in 25 mesi, la città alla frontiera nord tra Chihuahua e Texas è il posto più violento al mondo, più di Baghdad o Kabul. Alla guerra tra narcos si sovrappongono altre guerre nelle quali esercito e polizie che occupano militarmente la città sono parte in causa e non forza di interposizione e dove un milione e mezzo di persone sono incerte tra resistere e fuggire da un modello economico fallito e che non offre più alcuna opportunità.
Il massacro di 15 giovani sterminati in una festa a Ciudad Juárez fa parte di quegli eventi che sono in grado di smuovere un piano inclinato di una guerra civile. Per la prima volta la città che fu simbolo del modello neoliberale delle maquiladoras, poi dei femminicidi e che oggi è quella di una guerra senza quartiere tra il cartello di narcos locale e quello di Sinaloa che cerca di sostituirlo, si è ribellata. La madre di uno dei due giovani massacrati ha apostrofato duramente il presidente e in entrambe le visite si sono viste notevoli manifestazioni della società civile che hanno accusato il presidente di essere parte in causa della guerra in atto.
Con appena qualche sfumatura infatti la maggior parte degli studiosi e degli attivisti è concorde nell’affermare che, direttamente o indirettamente, il governo messicano sta appoggiando una delle due parti in causa, il Cartello di Sinaloa del “Chapo” Guzmán, il narcotrafficante “meno” ricercato del paese. Questo sta cercando da due anni di rompere l’equilibrio con il Cartello di Juárez che domina la principale piazza di narcotraffico del Messico fin dall’inizio dell’attuale auge in Messico alla metà degli anni ’90.
Calderón, perfino la stampa che normalmente lo appoggia lo ammette, ha promesso poco e male a una città che ha perso 80.000 posti di lavoro e 100.000 abitanti in due anni. Soprattutto ha promesso un maggiore impegno dell’esercito e della polizia federale nel controllo delle strade della città. Questo è interpretato come l’inizio della battaglia finale per il controllo della città. Le polizie locali sono considerate completamente organiche del cartello locale mentre l’esercito è considerato schierato col “Chapo”. Di certo non siamo alla vigilia della fine della violenza a Juárez. http://www.giannimina-latinoamerica.it/archivio-notizie/532-ciudad-juarez-affonda-e-felipe-calderon-simula-di-voler-agire

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La Jornada – Venerdì 19 febbraio 2010

I detenuti indigeni sono abbandonati nelle carceri

Matilde Pérez U.

Almeno 8 mila indigeni si trovano nelle carcerati del paese, una parte di loro ancora in atesa di giudizio a causa della mancanza di avvocati e traduttori che conoscano le lingue dei detenuti, ha dichiarato il deputato Héctor Pedraza Olguín, rilevando che presso l’Unità Specializzata per gli Affari Indigeni della Procura Generale della Repubblica sono solo 25 i professionisti che parlano una lingua indigena, e nei governi degli stati con alta percentuale di popolazione indigena, come Chiapas, Oaxaca, Guerrero e Hidalgo, tra altri, non sono più di cinque. Questa carenza impedisce che ai detenuti possa essere garantita una difesa adeguata.  Per questo ha proposto di aggiungere un paragrafo all’articolo 11 della Legge Generale sui Diritti Linguistici dei Popoli Indigeni per incentivare la formazione degli avvocati degli indigeni nelle facoltà universitarie di diritto, in coordinamento con l’Istituto Nazionale di Lingue Indigene.  Parlando di domenica prossima, quando si celebrerà il Giorno Internazionale della Lingua Madre, il legislatore ha detto che gli indigeni affrontano processi piagati da irregolarità, tra le quali detenzioni arbitrarie, fabbricazione di prove, mancato rispetto del principio della presunzione di innocenza, mancanza di traduttori ed applicazione del massimo delle pene senza considerare usi e costumi.  Passano anni nelle prigioni preventive ed in generale anche i processi sono interminabili. “Gli annunci ufficiali di liberazione di centinaia di indigeni non sono altro che montature mediatiche in occasioni elettorali, perché non c’è un seguimento coerente dei casi; prevale l’esclusione ed il settarismo”. Anche il segretario della Commissione Affari Indigeni della Camera ha detto che per l’attuale governo “di destra, gli indigeni non sono una priorità nella sua agenda”, ma confida che il personale delle istituzioni vincolate agli indigeni, come l’Istituto Nazionale di Lingue Indigene, rispetti il mandato costituzionale. Se lo facesse, in pochi anni il 50% dei detenuti indigeni sarebbe processato e giudicato.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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La Jornada – Giovedì 18 febbraio 2010

Il Centro Frayba sostiene che il conflitto a Bolón Ajaw è dovuto al cattivo comportamento del governo che incoraggia le aggressioni della Opddic contro le basi zapatiste

Elio Henríquez. San Cristóbal de Las Casas, Chis., 17 febbraio. Il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas (Centro Frayba) ha dichiarato che la problematica sorta a Bolón Ajaw, la località del municipio di Tumbalá dove lo scorso 6 febbraio basi di appoggio zapatiste si sono scontrate con elementi del gruppo priista Opddic, “nasce dalla disputa per la terra”, per l’intenzione delle autorità federali e statali di realizzare progetti ecoturistici di alto livello.  In un comunicato diffuso oggi, l’organizzazione presieduta dal vescovo emerito di San Cristóbal, Samuel Ruiz García, sostiene che il confronto tra i due gruppi che ha provocato un morto e più di 30 feriti, è avvenuto per il “cattivo comportamento ed omissione del governo dello stato per risolvere il problema davanti al clima di violenza generato” contro le basi ribelli.  Respinge il “tentativo” delle autorità dell’entità di scaricare la responsabilità dei fatti alle basi zapatiste della zona ed agli aderenti dell’Altra Campagna dell’ejido San Sebastián Bachajón, municipio di Chilón. Le accusa inoltre di “creare le condizioni per un intervento militare ordinato dal governo federale contro la popolazione civile”, cosa che “aggraverebbe le condizioni del conflitto armato in Chiapas”.  Il Centro Frayba afferma che sono documentati le trattative ed i progetti dei governi federale e statale per realizzare il complesso turistico Centro Integralmente Planeado Palenque nel territorio dove si trova Bolón Ajaw, dove ci sono cinque cascate ancora più belle delle cascate di Agua Azul che sono visitate da migliaia di turisti nazionali e stranieri.   Ricorda che Bolón Ajaw si trova a due chilometri e mezzo dal villaggio Agua Azul – abitato da priisti – dove sta il centro turistico delle Cascate di Agua Azul, caratterizzato dai suoi corsi d’acqua di colore turchese e dalle numerose cascate.   Fino al 1994 – precisa – quel territorio era diviso in proprietà private note come Los Ranchos, e dove ora c’è il villaggio Agua Azul una volta c’era l’insediamento principale di uno dei proprietari che tenevano decine di indigeni in condizioni di “sfruttamento come peones acasillados“,  molti dei quali ora appartengono alla Opddic.   Le terre di Bolón Ajaw, nei municipi autonomo Comandanta Ramona ed ufficiale di Tambalá, sono state “recuperate” nel 1994 dalle basi di appoggio dell’EZLN e popolate nel marzo del 2003, anno dal quale i membri della Opddic le hanno aggredite; il più recente, il 20 gennaio scorso, quando si sono impossessati di due ettari di terra.  Sostiene che secondo le testimonianze che il suo personale ha raccolto nella zona, lo scorso 6 febbraio quelli della Opddic “hanno testo un’imboscata” ed aggredito le basi di appoggio dell’EZLN tra le cui fila ci sono stati tre feriti da pallottole.  http://www.jornada.unam.mx/texto/019n1pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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La Jornada – Martedì 16 febbraio 2010

Gli Accordi di San Andrés compiono 14 anni

Elio Enríquez. San Cristóbal de las Casas, Chis., 15 febbraio. Questo martedì si compiono 14 anni dalla firma degli Accordi di San Andrés tra il governo federale e l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN).  Per l’ex deputato locale Juan Roque Flores, che faceva parte della Commissione di Concordia e Pacificazione (Cocopa), istanza del Congresso dell’Unione, così come dei Poteri Legislativo ed Esecutivo del Chiapas, che cooperò al conseguimento degli accordi, il responsabile dell’inadempimento degli stessi fu il governo federale che “non ebbe la volontà politica” di metterli in atto. “È deplorevole che non sia stata sradicata l’arretratezza sociale dei popoli indigeni e continuiamo ad essere quasi nella stessa situazione di 14 anni fa”, ha dichiarato in un’intervista.  Gli accordi, ha dichiarato, furono una “speranza di redenzione per i popoli indigeni che purtroppo non sono stati portati a termine”.  Intervistato separatamente, il vescovo di San Cristóbal, Felipe Arizmendi Esquivel, ha detto che per implementare gli accordi dovrebbe esserci un dialogo nel quale “ci sia la capacità di entrambe le parti di ascoltarsi, perché da posizioni intransigenti non c’è neppure la possibilità di iniziare il dialogo”. Il prelato ha affermato che “ci sono cose che si possono recuperare, ma quando ci sono posizioni completamente contrastanti e violente non si va avanti. Se il governo non si fida degli indigeni e questi del governo, non andiamo avanti: dobbiamo continuare ad imparare a dialogare. La storia non passa in vano, e andiamo avanti nel senso della convivenza fraterna, imparando a rispettarci”.   Inoltre sostiene che nonostante conflitti e differenze, in molte aree della cosiddetta zona di conflitto, zapatisti e non zapatisti convivono e si mettono di accordo per affrontare le loro inevitabili divergenze.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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La Jornada – Lunedì 15 febbraio 2010

ONG: Il governo del Chiapas accusa ingiustamente gli zapatisti

Hermann Bellinghausen

Il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (CDHFBC) ha dichiarato che il governo delChiapas “tenta di eludere la sua responsabilità nel conflitto suscitato e denunciato dal 2007” nella comunità zapatista Bolón Ajaw. Nello stesso tempo, vuole incolpare le basi di appoggio zapatiste dell’attacco armato contro lo stesso villaggio.  Il governo federale fa pressione affinché si realizzi un intervento militare contro gli zapatisti ed incrementa le operazioni di intelligence di forze miste, sostiene il CDHFBC. Mentre la giunta di buon governo (JBG) di Morelia “mette in atto azioni per giungere ad un accordo di distensione basato sulle procedure della giustizia autonoma indigena”, “la mancanza di volontà del governo statale chiude ogni possibilità di accordo”.  I fatti nel villaggio di Bolón Ajaw sono “il prodotto del cattivo comportamento ed omissione da parte del governo dello stato davanti al clima di violenza contro le basi zapatiste da parte di coloni di Agua Azul, priisti e presunti ex militanti dell’Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic)”.  Mentre si cercava una soluzione, la tensione nella regione è aumentata per un operativo di forze miste federali e statali. Ci sono stati sorvoli di elicotteri, l’invio di 6 camion tipo torton con poliziotti e circa 15 furgoni della Polizia Statale Preventiva. Il movimento di agenti di intelligence mascherati “da giornalisti e turisti” è stato costante. Si è saputo dell’incursione ad Agua Azul di forze miste dell’Esercito Federale, Procura Generale della Repubblica e Polizia Federale.  Con questo “il governo dello stato non ha scelto la distensione e la soluzione del conflitto”, afferma il CDHFBC. Mentre esprimeva “disponibilità” perdi giungere ad accordi, fabbricava “una versione che incolpava le basi zapatiste”. Il governo “ha mostrato mancanza di volontà nel corrispondere alle azioni di distensione della JBG”.  Il CDHFBC riferisce che dal 6 febbraio, alle ore 9, era stato avvisato dalla JBG dell’emergenza nella zona di Agua Azul, “a causa di un attacco armato contro Bolón Ajaw, nella regione autonoma San José en Rebeldía, del municipio autonomo Comandata Ramona”. Alle ore 9:39 funzionari del governo hanno chiamato il CDHFBC domandando “se si aveva notizia di uno scontro a Bolón Ajaw”.  Le aggressioni di coloni di Agua Azul contro le basi di appoggio dell’EZLN di Bolón Ajaw erano state documentate e denunciate ripetutamente dalla JBG e da diverse organizzazioni civili. Da allora, il governo statale “è stato il responsabile nel mantenere in impunità” le aggressioni della Opddic, “di amministrare il conflitto e non dare soluzione definitiva”.  I “presunti ex militanti della Opddic” avevano invaso tre settimane fa la terra recuperata di Bolón Ajaw “per essere nelle condizioni di partecipare ai progetti ecoturistici allo studio” nell’area. Le basi zapatiste hanno ripreso il controllo del territorio e sono stati oggetto di una “spregevole aggressione armata”.  Le autorità autonome decidevano di “prestare ascolto” alle proposte del governo “la cui parola sembrava rappresentare gli interessi e la voce dei priisti di Agua Azul, e consegnarle alla JBG”. Il CDHFBC è stato il “ponte di comunicazione” e testimone che le proposte zapatiste dimostravano la “buona volontà” per avanzare verso gli accordi, ma esigevano “l’ammissione” delle aggressioni a Bolón Ajaw.   Il governo “ha risposto che l’unica via d’uscita percorribile” era un tavolo di dialogo nel Palazzo di Governo, al quale avrebbe dovuto esserci la rappresentanza zapatista di Bolón Ajaw”; i priisti di Agua Azul “erano già lì”. Il tavolo sarebbe stato presieduto dal governatore Juan Sabines. “In caso contrario, non avrebbe potuto esserci altra soluzione se non l’intervento militare”. http://www.jornada.unam.mx/texto/016n1pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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Smentita della JBG su La Jornada.

La Jornada – Domenica 14 febbraio 2010

La JBG nega la responsabilità degli zapatisti nell’aggressione armata a Bolón Ajaw

Hermann Bellinghausen

La Giunta di Buon Governo (JBG) Corazón del arco iris de la esperanza, del Caracol di Morelia, Chiapas, ha smentito le versioni, profusamente diffuse dal governo statale, sui fatti di violenza del 7 febbraio scorso nel villaggio Bolón Ajaw (municipio autonomo Comandanta Ramona) dove un indigeno è morto ed una ventina sono rimasti feriti, alcuni in maniera grave.  La JBG sostiene che “i provocatori, membri dell’Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic), abitanti dell’ejido Agua Azul, sono entrati con atteggiamento aggressivo il 20 gennaio” a Bolón Ajaw, e nei fatti del 7 febbraio loro stessi sarebbero i responsabili della morte del priista Adolfo Moreno Estrada, della cui morte la Procura Generale di Giustizia dello Stato ritiene responsabili gli zapatisti di Bolón Ajaw e delle comunità vicine. “A causa degli spari indiscriminati esplosi nel villaggio, loro stessi hanno ucciso i loro compagni perché sparavano tutti ammucchiati”.  Le autorità autonome ricordano che il 23 gennaio avevano denunciato quello che stava succedendo nella comunità zapatista, invasa da un gruppo armato della Opddic. “Lì potrete trovare nomi e cognomi degli aggressori, che atteggiamento avevano ed il calibro delle pistole che portavano quando sono entrati e vogliamo chiarire che quelle pistole non erano mai nascoste, le portavano in ogni momento anche mentre lavoravano”.   Nonostante ne Fosse informato, il governo non ha fatto niente “affinché non accadesse questa aggressione”. Né Juan Sabines, né Antonio Moreno López, presidente municipale di Chilón. La Giunta autonoma sottolinea “la soddisfazione di Felipe Calderón che ottiene ciò che vuole con l’inganno”.  I contadini priisti di Agua Azul sono entrati nel villaggio di Bolón Ajaw sparando contro “cinque compagni e 10 compagne che non potevano resistere”. Sono arrivati con pistole e fucili, dettaglia la JBG, “sparando contro i compagni circa 250 cartucce calibro .22”. Quelli della Opddic “dicono che li abbiamo sorpresi all’alba spaventando la popolazione, quando siamo stati noi ad essere stati colti di sorpresa dagli spari”. I loro compagni dell’Altra Campagna del vicino ejido San Sebastián Bachajón sono stati imboscati a pochi metri dalla cabina di riscossione di Agua Azul; “lì è rimasto ferito all’addomen il nostro compagno Francisco González Gómez”.   La JBG cita che il governatore Sabines, attraverso Pedro Raúl López, funzionario che si occupa delle organizzazioni non governative, “ha insinuato si potrebbe far entrare l’Esercito e si romperebbe il dialogo per ricominciare le ostilità”. Sono ben visibili i movimenti militari e di polizia nelle immediate vicinanze del villaggio zapatista.   “Smentiamo quello che dicono i leader della OPDDIC di essere stati aggrediti dai nostri compagni sabato 6 febbraio 2010, sono solo menzogne, perché 15 giorni prima avevamo fatto la nostra denuncia che per noi significava prendere quel tempo per aspettare se volevano dialogare, ma loro non si sono mai avvicinati. Inoltre, anni prima questa Giunta di Buon Governo aveva convocato nei nostri uffici il commissario Geremías López Hernández per dialogare ma non ci ha mai ascoltato”.  La mattina del 7, gli zapatisti si sono recati nel territorio di Bolón Ajaw “per svolgere un lavoro collettivo che ci vogliono sottrarre; non siamo andati per colpire nessuno, inoltre su quel terreno vivono i nostri compagni che abitano nel villaggio Bolón Ajaw, ed abbiamo ripetuto che avremmo difeso la terra lavorando pacificamente e senza sorprese”.   Per entrare nel villaggio di Bolón Ajaw, precisa la JBG, “Non siamo entrati neppure di un millimetro ad Agua Azul”, e sottolinea “l’invenzione della Opddic che ci accusa di averli colti di sorpresa.. Quando noi siamo arrivati sul posto erano le 6 del mattino, tutti siamo arrivati attraverso un sentiero che porta a Bolón Aajaw e senza armi, e quando siamo arrivati gli invasori della OPDDIC si sono ritirati e pensavamo che erano tornati nelle loro case tranquilli, ma non era così”. E’ stato allora che sono arrivati sparando, secondo la versione degli zapatisti.   “Grazie ai nostri compagni che si sono ritirati rapidamente non ci sono stati né feriti né morti, perché mentre si ritiravano chiedevano aiuto ai nostri compagni che stavano lavorando perché stavano arrivando 40 persone della OPDDIC tutte armate nel villaggio di Bolón Ajaw. Queste si sono dirette alla chiesa del villaggio e sono entrati rompendo la porta ed una volta dentro hanno fatto dei danni”.   Nonostante l’aggressione, la JBG denuncia: “Ancora una volta inventano reati contro di noi, ci accusano di sequestrare, proprio noi che lottiamo contro la morte non siamo pazzi per i soldi come i governi”. http://www.jornada.unam.mx/2010/02/14/index.php?section=politica&article=015n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La JBG di Morelia chiarisce quanto successo nei giorni scorsi a Bolón Ajaw

http://enlacezapatista.ezln.org.mx

Giunta di Buon Governo “Corazón del arco iris de la esperanzaCaracol IV Torbellino de nuestras palabras.Morelia, Chiapas, Messico.

11 febbraio 2010

Ai mezzi di comunicazione alternativi.

A@ compagn@ dell’Altra Campagna in Messico.

A@ compagn@ della Sexta Internacional.

Sorelle e Fratelli:

Compagne e Compagni:

Questa Giunta di Buon Governo denuncia e nello stesso tempo chiarisce quanto accaduto il giorno sabato 6 febbraio 2010 nel territorio controllato dal villaggio Bolón Ajaw, Municipio autonomo Comandanta Ramona.

Provocatori membri della OPDDIC, abitanti dell’Ejido Agua Azul il giorno giovedì 20 gennaio 2010 sono venuti in modo aggressivo a lavorare sul terreno che occupano le nostre compagne e compagni di Bolón Ajaw.

Per spiegare all’opinione pubblica la nuova tappa di aggressione contro i nostri compagni basi di appoggio del municipio autonomo Comandanta Ramona, intrapresa dai membri della OPDDIC, noi avevamo espresso pubblicamente la nostra posizione per la difesa della madre terra con una denuncia scritta in data 23 gennaio 2010, nella quale dicevamo chiaramente che avremmo difeso le sue ricchezze naturali, ed in questa denuncia dicevamo chiaro quello che stava succedendo.

Coloro che non hanno memoria, la possono rileggere nella pagina web di Enalce Zapatista.

Lì potranno trovare nomi e cognomi degli aggressori, che atteggiamento avevano ed il calibro delle pistole che portavano quando sono entrati e vogliamo chiarire che quelle pistole non erano mai nascoste, le portavano in ogni momento anche mentre lavoravano; inoltre denunciavamo che fumavano sigarette che loro stessi arrotolavano e che puzzavano ed avevano odore di marijuana.

Scusate la nostra ignoranza perché non conosciamo bene la dimensione di Internet, ma immaginiamo che arrivi in ogni angolo del pianeta terra e quindi immaginiamo che la nostra denuncia in Internet arrivi in tutte le parti del mondo, e non crediamo che i malgoverni non abbiano computer o accessi a Internet per leggere quello che denunciamo.

Supponiamo che i malgoverni hanno tutti questi strumenti per sapere quello che fanno le persone che controllano con le loro briciole, e davanti agli occhi del mondo non hanno fatto niente perché non accadesse l’aggressione che abbiamo subito, né Juan Sabines, né Antonio Moreno López, presidente Municipale di Chilón, né Felipe Calderón, perché ottengono con le trappole tutto quello che vogliono.

Pertanto smentiamo quello che dicono i leader della OPDDIC di essere stati aggrediti dai nostri compagni sabato 6 febbraio 2010, sono solo menzogne, perché 15 giorni prima avevamo fatto la nostra denuncia che per noi significava prendere quel tempo per aspettare se volevano dialogare, ma loro non si sono mai avvicinati.

Inoltre, anni prima questa Giunta di Buon Governo aveva convocato nei nostri uffici il commissario Geremías López Hernández per dialogare ma non ci ha mai ascoltato.

I nostri compagni sono entrati nel territorio di Bolon Ajaw alle 6 del mattino, ora di inizio lavoro di noi contadini, per svolgere un lavoro collettivo che ci vogliono sottrarre, per essere sul posto di lavoro preciso alle 7 del mattino, e non siamo arrivati lì per picchiare qualcuno, inoltre sul quel terreno vivono i nostri compagni che abitano nel villaggio Bolón Ajaw, ed abbiamo ripetuto che avremmo difeso la terra lavorando pacificamente e senza sorprese.

Per entrare nel villaggio Bolón Ajaw non si deve passare per il villaggio Agua Azul, si arriva attraverso i sentieri. Noi non siamo entrati di un millimetro ad Agua Azul mentre OPDDIC si inventa tutto e ci accusano di averli colti di sorpresa e umiliati, di aver molestato vecchi e bambini. È una delle grosse bugie di Juan Sabines e dei suoi complici leader locali.

Noi non siamo come i malgoverni che reprimono, imprigionano, fanno sparire gli indigeni, noi abbiamo subito barbarie al tempo di Ernesto Zedillo e Roberto Albores Guillén e non copiamo mai le ingiustizie. Ma ora è ricominciato il tempo delle trappole, come facevano i passati governi che inventavano delitti per giustificare la repressione.

Quando noi siamo arrivati sul posto erano le 6 del mattino, tutti siamo arrivati attraverso un sentiero che porta a Bolón Aajaw e senza armi, e quando siamo arrivati gli invasori della OPDDIC si sono ritirati e pensavamo che erano tornati nelle loro case tranquilli, ma non era così.

Loro si sono ritirati dove stavano costruendo le loro case e siccome per arrivare alle loro case dovevano passare per il villaggio Bolon Ajaw, una volta arrivati lì hanno cominciato a sparare verso i nostri compagni che in quel momento erano 5 compagni e 10 compagne che non potevano fare resistenza.

Sono arrivati sparando con pistole e carabine verso i nostri compagni, abbiamo calcolato che hanno sparato circa 250 cartucce calibro 22, e grazie ai nostri compagni che si sono ritirati rapidamente non ci sono stati né feriti né morti, perché mentre si ritiravano chiedevano aiuto ai nostri compagni che stavano lavorando perché stavano arrivando 40 persone della OPDDIC tutte armate nel villaggio di Bolón Ajaw. Queste si sono dirette alla chiesa del villaggio e sono entrati rompendo la porta ed una volta dentro hanno procurato dei danni rompendo le statue dei santi, la teca dove si conserva l’eucaristia e l’altare.

Con gli spari indiscriminati che loro stessi hanno esploso nel villaggio Bolón Ajaw, hanno ammazzato i loro stessi compagni, perché sparavano tutti ammucchiati.

Hanno adottato lo stesso stile dei soldati quando entrarono nei nostri villaggi nel 1995 al tempo di Ernesto Zedillo e Roberto Albores Guillén a distruggere mais, fagioli, rubare le galline e saccheggiare i negozi collettivi.

Se ricordiamo quegli eventi è perché vediamo che sono tornati a spirare i venti di allora il 6 febbraio 2010 quando al nostro compagno Manuel Jiménez Álvaro della fattoria Bispuyil jáè stata completamente distrutta la casa e rubate le lamiere del tetto che il nostro compagno aveva comperato a caro prezzo con il suo lavoro per coprire tutta la grande casa di 7 metri per 2,60 metri e che ora non c’è più.

I distruttori appartengono al partito PRI e si chiamano Pedro Pérez Silvano, Pedro Pérez Jimenez, Domenigo Pérez (primo), Domenigo Pérez (secondo), Melchorio Pérez Jiménez, Pasqual Pérez Jiménez. E per finire di umiliare il nostro compagno questi imbroglioni hanno distrutto 76 piante di caffè incolpando il nostro compagno e portando le piante al pubblico ministero di Bachajón per far spiccare mandato di cattura contro di lui.

Le bugie della OPDDIC dicono che li abbiamo sorpresi all’alba spaventando la popolazione, quando siamo stati noi ad essere stati colti di sorpresa dagli spari perché i nostri compagni sono stati imboscati a pochi metri dalla cabina di riscossione di Agua Azul in gestione ai compagni dell’Altra Campagna, e lì è rimasto ferito all’addome il nostro compagno Francisco González Gómez, che per fortuna ora sta meglio anche se ha perso molto sangue.

Quando sono venuti a costruire le case nel territorio di Bolón Ajaw, non hanno mai avuto rispetto per le nostre compagne, perché dove le compagne lavoravano c’è una milpa e quando le nostre compagne andavano a portare il mais i malvagi marihuaneros della OPDDIC si denudavano e mostravano i loro organi genitali. Nemmeno un cane fa queste cose e siccome lo scopo dei malgoverni è provocare, lo fanno senza vergogna.

Ancora una volta inventano reati contro di noi, ci accusano di sequestrare, proprio noi che lottiamo contro la morte non ci curiamo di non avere i milioni di soldi come fa il governo, come fanno i deputati locali e federali; certo abbiamo trattenuto 7 di loro ma li abbiamo trattati con rispetto è perfino gli abbiamo dato il cibo, certo non di qualità perché non lo abbiamo neanche per noi, gli abbiamo dato acqua, una stanza non confortevole perché è così che sono le nostre case, gli abbiamo dato coperte, infine abbiamo rispettato i loro diritti come esseri umani, noi li rispettiamo anche se sono animali.

Le 7 persone “sequestrate” sono già state riconsegnate vive, sane come lo erano prima, quando sono stati liberati hanno firmato una dichiarazione riconoscendo di essere stati rispettati.

4 delle 5 persone, degli ultimi rilasciati che si chiamano Ivan Moreno López, Manuel García Luna, Juan Hernández Moreno e Manuel Hernández López, ci hanno detto che Salomón Moreno López è complice con altri che hanno organizzato i provocatori e benché sappiamo chi sia, non gli abbiamo fatto alcun male. Noi non siamo come i malgoverni che condannano a molti anni.

Noi come Giunta di Buon Governo non ci siamo mai rifiutati di cercare una buona soluzione, abbiamo sempre dato buoni segnali, trasmettendo il nostro messaggio ai collaboratori del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas.

Il nostro messaggio è stato che venissero a prendere due detenuti a Bolon Ajaw e sono stati autorizzati a venire 13 membri della protezione civile, 2 del governo statale, Antonio Gamboa e Carlos Manuel Calvo Martines direttivo della polizia preventiva, 2 del Fray Bartolomé, Jorge Armando Gómez e Pedro Faro, ed un abitante della comunità Agua Azul, con la condizione che ci fosse libertà di passaggio su strade, sentieri per tutti, senza distinzione.

Per il secondo rilascio dei 5 detenuti che si trovavano da un’altra parte, abbiamo posto la condizione che questi si impegnino a non tornare ad occupare il terreno e che si ristabilisca la tranquillità. Questa è stata la nostra parola che abbiamo rispettato con onore.

La risposta del malgoverno alla nostra proposta è stata completamente diversa, e si è visto subito che il governo chiede il dialogo ma risponde con altre cose che non hanno niente a che vedere col dialogo e i tre noti politici di questo paese continueranno a governare con le loro trappole e inganni.

Significa per che i 3 livelli di governo sono d’accordo che continui a succedere quello che fanno contro di noi e che la violenza prosegua in ogni luogo del nostro paese.

Pedro Raúl López, funzionario specializzato per le organizzazioni non governative ha trasmesso il messaggio di Juan Sabines Guerrero secondo il quale si deve discutere del problema altrimenti ha insinuato che faranno intervenire l’esercito, si romperebbe il dialogo e ricomincerebbero le ostilità.

Crediamo che le intenzioni siano queste, perché sono visibile i movimenti militari, di polizia, della PGR, accompagnati da indigeni, alcuni sono in borghese.

Mentre noi proponiamo una soluzione, ci rispondono con minacce.

Compagne e compagni dell’Altra Campagna nazionale ed internazionale non lasciatevi ingannare dalle bugie dell’alto con azioni violente e dichiarazioni piene di bugie da persone che si dicono governi ma si dedicano ad insegnare agli indigeni come ingannare. Non lasciatevi confondere, bisogna saper vedere ed ascoltare la verità.

Distintamente.

La Giunta di Buon Governo
Candelaria Velasco Hernández, Angel Hernández Pérez

(Traduzione “Maribel”- Bergamo)

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Proteste nel DF.

La Jornada – Venerdì 12 febbraio 2010

PROTESTA NEL DF DAVANTI ALLA RAPPRESENTANZA CHIAPANECA

HERMANN BELLINGHAUSEN

Dopo quella che definiscono “una serie di aggressioni e minacce recenti contro le comunità zapatiste da parte dei governi federale e statale del Chiapas e dei gruppi paramilitari Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic) ed Ejército de Dios, così come di numerose informazioni giornalistiche che criminalizzano e accusano le basi dell’EZLN di ‘aggredire i contadini ad Agua Azul’ “, questo mercoledì si sono date appuntamento davanti alla sede del governo del Chiapas nel Distrito Federal circa 60 persone dell’Altra Campagna, in solidarietà con le comunità zapatiste.  Tra le aggressioni denunciate c’è “la presa di un terreno dentro il territorio di Bolón Ajaw (municipio autonomo Comandanta Ramona) lo scorso 20 gennaio da parte di 57 persone della Opddic dell’ejido Agua Azul (municipio Tumbalá). La giunta di buon governo (JBG) di Morelia aveva dichiarato allora che questo gruppo aveva invaso il terreno “con atteggiamento aggressivo”, brandendo machete, pistole calibro .38 e .22 e ricetrasmittenti.  La JBG aveva denunciato che il proposito degli invasori era impadronirsi delle cascate di Bolón Ajaw (fino ad ora vergini), della terra e delle sue risorse naturali per essere aperte allo sfruttamento turistico, e senza avere nessun diritto agrario su esse. Ed avvertiva che le basi zapatiste non avrebbero consegnato “quelle ricchezze naturali, ma le difenderemo in ogni modo”.  Inoltre, il 28 gennaio, 14 membri della Opddic, “fortemente armati”, hanno aggredito indigeni dell’Altra Campagna nella proprietà recuperata Virgen de Dolores (municipio di Chilón), vicino ad Agua Azul. Gli attivisti dell’Altra Campagna denunciano che queste azioni “si sommano ad una lunga serie di brutali aggressioni, torture, minacce e persecuzioni contro uomini, donne e bambini zapatisti dal 2005”, perfino contro osservatori civili e rappresentanti del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (CDHFBC).   In un documento anonimo, attribuito a membri della cooperativa ecoturistica delle cascate di Agua Azul (di filiazione priista, e che ora negano di appartenere alla Opddic) diffuso da fonti governative, si chiede la prigione e si minaccia l’integrità personale degli avvocati del CDHFBC e “degli stranieri”.  Il gruppo identificato come appartenente alla Opddic è lo stesso che nel 2007 fu protagonista di una “consegna delle armi” al Congresso statale nella capitale chiapaneca, con la garanzia di scegliere la via pacifica. Tuttavia, il gruppo, capeggiato da Alberto López Urbina e Adolfo Moreno Estrada, ha continuato a realizzare fino ad oggi invasioni ed azioni violente a Tumbalá e Chilón.  I manifestanti ammettono che: “Non sapremo esattamente cosa è accaduto il 7 febbraio scorso fino a quando non uscirà un comunicato zapatista”, in riferimento ai fatti violenti registrati a Bolón Ajaw dopo l’invasione dei membri della Opddic, dove è morto Moreno Estrada e ci sono stati numerosi feriti nel gruppo invasore. E sottolineano: “La criminalizzazione degli zapatisti sui mezzi di comunicazione ha raggiunto un nuovo livello accettando le bugie di López Urbina, portavoce della Opddic e amministratore del progetto ecoturistico delle Cascate di Agua Azul, senza dire una sola parola sul ruolo violento della sua organizzazione nella contrainsurgencia“. http://www.jornada.unam.mx/2010/02/12/index.php?section=politica&article=020n2pol

Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Omicidio Digna Ochoa.

La Jornada – Venerdì 12 febbraio 2010

Catturato Rogaciano Alba, presunto autore intellettuale dell’omicidio di Digna Ochoa

GUSTAVO CASTILLO GARCÍA

Agenti federali hanno arrestato ieri a Guadalajara, Jalisco, Rogaciano Alba Álvarez, ex dirigente dell’Unione Degli Allevatori Regionali di Guerrero, cacicco della zona di Petatlán; presunto trafficante dei cartelli di Sinaloa e La Familia, e indicato anche come autore intellettuale dell’omicidio, nell’ottobre del 2001, dell’avvocatessa dei diritti umani Digna Ochoa.  La Segreteria di Pubblica Sicurezza (SSP) federale ha comunicato che Alba Álvarez è stato fermato nel tratto di strada Chapala-Guadalajara, in Jalisco, entità dalla quale era fuggito nel maggio 2008, dopo aver subito due attentati, l’assassinio di 16 persone di sua fiducia ed il sequestro di sua figlia da parte di presunti elementi del crimine organizzato.   Alba Álvarez è segnalato (La Jornada, ottobre 2002) come la persona che ordinò di assassinare Digna Ochoa, poiché si presume infastidito da una visita dell’avvocatessa a Petatlán per conoscere e denunciare le aggressioni contro gli ecologisti della regione.  I giorni 1 e 2 ottobre 2001, Ochoa visitò la zona con Harald Ihmig, rappresentante di un’organizzazione internazionale dei diritti umani, ed insieme raccolsero le testimonianze di violenze e persecuzioni contro i contadini ecologisti da parte di un gruppo di cacicchi guidati da Alba Álvarez.  Le versioni ufficiali riferiscono che gli incaricati di assassinare Digna Ochoa furono Justino Cabrera Villa, Bernardino Bautista Valle, Marcelino e Modesto Acosta Ávila, Isabel Santoyo Santoyo, José Rauda Orozco e Sirenio Contreras, El Barillo.   (………) http://www.jornada.unam.mx/2010/02/12/index.php?section=politica&article=011n1pol

Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Provocazione armata.

La Jornada – Giovedì 11 febbraio 2010

Crescente provocazione armata dell’Ejército de Dios in Chiapas, denunciano gli indigeni

HERMANN BELLLINGHAUSEN

La comunità di Mitzitón, nel municipio di San Cristóbal de las Casas, Chiapas, manifesta allarme per l’escalation della provocazione armata contro di lei da parte di membri dell’Ejército de Dios, di filiazione priista ed appartenenti alla chiesa evangelica Alas de Águila.   Dopo diversi episodi di spari in aria nei giorni scorsi, questo gruppo – considerato paramilitare dagli ejidatarios – domenica scorsa avrebbe deciso “l’acquisto di armi allo scopo di distruggere l’organizzazione nella nostra comunità”.   Gli ejidatrios esprimono “profonda preoccupazione”, poiché “i paramilitari hanno detto che cattureranno un membro delle autorità ejidales aderenti all’Altra Campagna, o qualunque componente del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas, e li faranno sparire, per costringerci a non difendere più nostri diritti, in particolare il diritto al nostro territorio”.  Gli ejidatario tzotziles simpatizzanti dell’EZLN che si sono opposti al passaggio di un’autostrada sui loro campi, e per questo sono stati continuamente aggrediti dagli affiliati all’Ejército de Dios, denunciano che durante citata la riunione, guidata da Francisco Gómez Díaz, “i paramilitari hanno detto: non abbiamo paura, perché anche se rubiamo o uccidiamo, non ci mettono in prigione, o se ci mettono, il governo ci tirerà fuori subito, perché l’esempio l’abbiamo con Francisco Jiménez Vicente, che è già libero’ “.

Si riferiscono alla scarcerazione due settimane fa dell’autore materiale della morte di Aurelio Díaz Hernández. Le autorità ejidales affermano che gli evangelici “hanno cominciato ad organizzarsi con più forza contro la nostra comunità; dicono che il malgoverno sta dalla loro parte e possono fare quello che vogliono”. Il 21 luglio 2009 – ricordano gli indigeni – “il nostro compagno Aurelio è stato vigliaccamente assassinato da Jiménez Vicente, che dolosamente, con premeditazione, perfidia e brutalità”, l’ha investito. Sono rimasti feriti anche altri cinque ejidatarios.    “Sappiamo che chi lotta per la difesa dei suoi diritti è perseguitato, messo in prigione e torturato ed il malgoverno scarica tutto ‘il peso della legge’ solo per aver protestato, ma ai violentatori dei diritti ed assassini danno un premio”, aggiungono.    Accusano inoltre il presidente municipale di San Cristóbal de las Casas, Mariano Díaz Ochoa – anch’egli priista – di appoggiare gli evangelici e “voler dividere la nostra organizzazione comunitaria nominando un altro agente rurale quando, nella nostra comunità, secondo i nostri usi e costumi e in considerazione della responsabilità dei nostri compagni, li nominiamo in assemblea, non tra gruppetti”. Il sindaco avrebbe promesso “che con un altro agente rurale arriverebbero più aiuti economici e così ci avrebbero sconfitto, ma noi non accettiamo le briciole del malgoverno né ci lasciamo ingannare”. (….)    Ricordano anche che lo scorso 4 febbraio, il citato Gómez Díaz (che, insieme a Carmen Díaz López, “ha dato l’ordine di ammazzarci il giorno 21 luglio e di non proseguire nella difesa del nostro territorio davanti alla minaccia della costruzione dell’autostrada”) è stato punito dall’assemblea perchè sta falsificando le firme per ottenere il timbro di agente rurale, e con questo usurpare la rappresentanza ejidale. http://www.jornada.unam.mx/2010/02/11/index.php?section=politica&article=017n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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La Jornada – Giovedì 11 febbraio 2010

Basi dell’EZLN liberano i 5 della Opddic fermati ad Agua Azul

Questa la condizione del governo statale per dare soluzione al conflitto nella zona

Ángeles Mariscal e Elio Henríquez. Tuxtla Gutiérrez, Chis., 10 febbraio. La mattina di oggi, basi di appoggio dell’EZLN hanno liberato cinque membri dell’Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic) che trattenevano da sabato dopo un incidente per la disputa della zona delle cascate di Agua Azul, ha comunicato Noé Castañón León, segretario di Governo del Chiapas.  Il funzionario ha ripetuto la versione di martedì scorso della Procura Generale di Giustizia dello stato secondo cui “militanti zapatisti di Oxchuc, Alan Sacjun, Salto del Tigre e Bachajón hanno aggredito elementi della Opddic che sono lavoratori della cooperativa di questo centro turistico”, ed ha assolto questo gruppo da qualunque reato commesso durante l’incidente in cui una persona è morta e più di 20 sono rimaste ferite. Gli abitanti di Agua Azul “sono risultati negativi al test del guanto di paraffina”, ha precisato.  Inoltre, ha spiegato che in appoggio ai membri della cooperativa che amministra le cascate di Agua Azul, nel villaggio si trova il personale della Procura Generale di Giustizia e della Segreteria di Sviluppo Sociale perché il governo vuole “migliorare la zona e renderla più attraente per il turismo”.  Ha chiarito che la liberazione degli abitanti di Agua Azul è avvenuta grazie alla mediazione del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (Frayba), fatto che il governo ha posto come condizione per mantenere la ricerca di una soluzione ai problemi della zona.   Dalla parte opposta, aderenti della Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, riuniti nell’Altra Jovel, hanno denunciato che nell’ejido Bolón Ajaw, municipio di Tumbalá, “gli abitanti sono perseguitati da anni da altri indigeni che il governo ha organizzato ed armato come gruppi paramilitari”.  In un evento a sostegno delle comunità zapatiste, gli attivisti hanno detto che uno di questi gruppi è la Opddic, organizzata per fare “il lavoro sporco di picchiare e minacciare, facendo pressioni affinché la gente abbandoni le sue terre. Non solo minaccia le basi di appoggio dell’EZLN, ma tutti i contadini della regione che si oppongono ai progetti di strade e turistici”. http://www.jornada.unam.mx/2010/02/11/index.php?section=politica&article=016n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo  https://chiapasbg.wordpress.com )

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Comunicato della C.G.T. Madrid.

Ai mezzi di comunicazione liberi e alternativi, 
Ai mezzi di comunicazione ufficiali, 
Alle organizzazioni indipendenti dei DDHH, 
 Al governo statale del Chiapas, 
Al governo federale del Messico, 
Al governo dello Stato Spagnolo, 
Alla società civile internazionale, 
A l@s aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, 
Alle basi dell’appoggio dell’EZLN, e Giunte di Buon Governo (JBG). 
All’EZLN.

Lo zapatismo è attualmente, su scala internazionale, uno dei riferimenti di lotta civile e di cambiamento ed un esempio di quello che può ottenere una società organizzata.  Per la via dei fatti, l’autonomia e l’autorganizzazione delle sue comunità si consolidano come modo di vita capace di superare abbondantemente il modello proposto (imposto) dalle democrazie formali e rappresentative.   

Con la finalità di minare l’alternativa zapatista, il governo statale chiapaneco della sinistra istituzionale messicana (PRD) e l’estrema destra dal governo federale (PAN) fomentano gli scontri ed attacchi per mano di organizzazioni paramilitari come “L’Ejército de Dios” o la “OPDDIC“. Queste organizzazioni, formate da membri del PRI e da altri elementi violenti e con nullo bagaglio etico, attaccano l’obiettivo comune: le basi di appoggio dell’EZLN.   

Il conflitto per il recupero delle terre è al culmine. Sono in gioco due visioni contrapposte. Da una parte chi lavora e preserva la terra. Dall’altra chi vuole sottrarla per sfruttarla.   

Febbraio 2010 scuote le fondamenta del Chiapas. Secondo le informazioni pubblicate negli ultimi giorni, si sono verificati gravi scontri con minacce di morte e di sparizioni contro autorità ejidales aderenti all’Altra Campagna e basi di appoggio zapatiste (BAEZLN). Il preavviso di questo scenario era stato mostrato a fine gennaio dall’esercito e da diversi corpi di polizia con gli sgomberi violenti di Bolon Ajaw, Montes Azules, SS Bachajón, Mitzitón, Comunidad 5 de Marzo.   

La prevedibile continuazione prospettata dalle alte sfere governative indica un probabile pericolo di instabilità per comunità come Nuevo San Gregorio, Nuevo Salvador Allende, Nuevo San Pedro, 6 de Octubre, Laguna el Paraíso, Ojo de Agua el Progreso, Ojo de Agua la Pimienta, San Jacinto Lacanjá, Nueva Galilea, Chuncherro, Benito Juárez e Ranchería Corrozal.

 La persistente strategia di persecuzione e demolizione delle multinazionali del turismo per riconquistare il territorio hanno bisogno di contundenti misure di contrainsurgencia che le istanze ufficiali offrono loro su un vassoio. Così come, di nuovo, i mezzi di comunicazione giocano un ruolo chiave fondamentale nella destabilizzazione delle reti sociali. In questo senso, e come già abbiamo fatto alla fine di novembre del 2009, denunciamo le informazioni in forma di veline consegnate a determinati mezzi di comunicazione. Se si offre l’informazione di sola una delle parti in conflitto, dov’è l’equidistanza professionale? In un contesto come quello del Chiapas, non dare voce ad entrambe le parti è quanto meno tendenzioso.   

Dalla Confederazione Generale del Lavoro (CGT) dello Stato spagnolo, trasmettiamo il nostro stato di allerta ed annunciamo che seguiremo la situazione e nei prossimi giorni intraprenderemo azioni di mobilitazione e denuncia pubblica coordinate per chiedere l’interruzione degli inammissibili eccessi commessi contro le Comunità zapatiste.   

Per il diritto alla Terra e al Territorio dei Popoli originari, 
Per lo stop alla connivenza con le organizzazioni paramilitari, 
Per l’irrinunciabile rispetto della madre Terra. No alle industrie e progetti ecoturistici. 
 Libertà per gli attivisti e le attiviste in carcere. 
 Viva le basi di appoggio e l’EZLN!! 
Per l’autonomia e l’autogestione della lotta sociale!
 
Madrid, 10 febbraio 2010
 José Pascual Rubio Cano
Segretario Relazioni Internazionali della CGT
http://www.cgt.org.es/spip.php?article1626

 (Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Persiste la militarizzazione.

La Jornada – Mercoledì 10 febbraio 2010

Nonostante la guerra antinarco continua ad essere lo stato con Maggiore presenza di militari

A 15 anni dall’offensiva in Chiapas contro lo zapatismo persiste la militarizzazione

HERMAN BELLINGHAUSEN

 A 15 anni dall’offensiva militare del governo federale di Ernesto Zedillo contro centinaia di comunità zapatiste in Chiapas, il 9 febbraio 1995, e davanti al crescente numero e gravità delle aggressioni contro questi stessi popoli, soprattutto nella selva Lacandona, collettivi ed organizzazioni aderenti all’Altra Campagna in diverse parti del paese hanno dichiarato che, “con la sua guerra di sterminio il malgoverno non vuole solo distruggere l’EZLN, ma la vita e la dignità dei popoli”.

Bisogna rilevare che l’occupazione decretata tre lustri fa è intatta ed anche adesso che si è militarizzato il territorio nazionale per combattere al crimine organizzato, il Chiapas continua ad essere l’entità con la maggiore presenza di effettivi militari.

“Quello che il governo sembra ignorare è che il progetto zapatista è arrivato molto oltre le nostre frontiere, vive in molte parti del mondo. Siamo in molti e non ci arrenderemo”, sostengono gli aderenti all’Altra Campagna.

Da parte sua, la Rete contro la Repressione e per la Solidarietà, anch’essa dell’Altra Campagna, si è espressa rispetto alle aggressioni alle basi zapatiste a Bolom Ajaw (municipio autonomo Comandanta Ramona) e Laguna di San Pedro, questi ultimi sfollati dei Montes Azules.

“Le azioni di intimidazione e sgombero effettuate dal malgoverno, utilizzando l’Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic), o in maniera diretta, confermano l’attività delle bande paramilitari col consenso e la tolleranza dei tre livelli di governo, con la finalità di spogliarli di quelle terre per fini di investimento in progetti turistici”.

Aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona raggruppati nell’Altra Jovel denunciano che il governo “crea, addestra ed arma gruppi paramilitari per orchestrare conflitti, come lo fa con la Opddic a Bolom Ajaw”. Sostengono che “copre queste aggressioni” e “per pulire la sua immagine finge di negoziare, mostrare buona volontà e rispettare i diritti umani”, immagine che cade davanti alla brutalità delle sue azioni ed alla sfacciataggine con cui cerca di appropriarsi di terre e territori autonomi zapatisti. La paura del malgoverno è talmente cresciuta che spende le sue risorse per creare un clima di terrore e violenza per poi giustificare un intervento militare”.

Inoltre, una decina di organizzazioni civili che formano la Rete per la Pace in Chiapas manifestano “profonda preoccupazione” per gli sgomberi avvenuti i giorni 21 e 22 gennaio nelle comunità indigene dei Montes Azules, ed allertano sul rischio di nuovi sgomberi “annunciati” da diverse fonti.

Denunciano che con “lo sgombero forzato di Laguna El Suspiro e Laguna San Pedro, molte garanzie e diritti fondamentali sono stati violentati, attentando all’integrità di bambini, donne e uomini che occupano la zona da tempi ancestrali”.

Gli operativi poliziesco-militari non sono stati i primi nei Montes Azules” per cui, “i progetti governativi di ‘pulizia territoriale’ per la creazione di circuiti turistici, si teme continuino a frammentare la vita comunitaria ed il tessuto sociale delle comunità a rischio di sgombero”.

La Rete per la Pace sottolinea “la parzialità” dei media locali per la loro “stigmatizzazione, senza previa investigazione e copertura delle diverse fonti non ufficiali”. Diffondendo “unicamente” la versione governativa dei fatti, “mettono a rischio l’integrità delle famiglie sfollate, dei difensori dei diritti umani e degli abitanti di altre comunità”. Le organizzazioni civili “con attività documentate nella zona” respingono “il pretesto di ‘conservazione e protezione delle risorse naturali’ utilizzato dai diversi livelli di governo per ottenere il controllo territoriale – che si traduce in sociale, politico ed economico – di una delle zone più ricche in biodiversità del Chiapas.” http://www.jornada.unam.mx/2010/02/10/index.php?section=politica&article=016n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Opddic mai indagata.

La Jornada – Mercoledì 9 febbraio 2010

Pendenti dal 2007 le accuse penali contro membri della Opddic

Ánglese Mariscal. Tuxtla Gutiérrez, Chis., 9 febbraio. Su componenti dell’Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic) pende, dal febbraio 2008, una denuncia penale per aggressioni, lesioni, minacce e tentativo di omicidio contro organizzazioni non governative e basi di appoggio dell’EZLN con le quali si contendono il possesso del podere Bolom Ajaw, che comprende le cascate di Agua Azul.  Il Centro di Analisi Politica e Ricerche Sociali ed Economiche (CAPISE) ed il Servizio Pace e Giustizia in America Latina con sede in Messico, avevano denunciato penalmente, nel febbraio del 2008, membri della cooperativa Ecoturismo Indígena Tzeltal de Cascadas de Agua Azul, membri della Opddic.  Secondo gli archivi di queste organizzazioni, dal 2001 la Opddic ha cercato di derubare 47 famiglie del villaggio Bolom Ajaw. Come parte di queste azioni, hanno realizzato aggressioni dirette contro le basi di appoggio. Una di queste avvenne nel dicembre del 2007, quando entrambe le organizzazioni accorsero ad una richiesta di aiuto dei simpatizzanti zapatisti. Per questo fatto fu presentata alla procura statale una denuncia penale che non ha mai avuto seguito.  D’altra parte, secondo le testimonianze degli abitanti di Bolom Ajaw raccolte dal CAPISE, autorità federali, attraverso la Commissione Nazionale per le Aree Naturali Protette, ha cercando di “ricollocare” le 47 famiglie basi di appoggio dell’EZLN col pretesto che questa è un’area di protezione della flora e della fauna. Tale azione è considerata dagli indigeni come un tentativo di esproprio. http://www.jornada.unam.mx/2010/02/10/index.php?section=politica&article=015n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Martedì 9 febbraio 2010

 Luis Hernández Navarro

Messico 2010: il murale di Siqueiros

Sui muri esterni dell’edificio del Rettorato della Città Universitaria, nel Distrito Federal, l’artista plastico comunista David Alfaro Siqueiros dipinse tre murales. Si intitolano Il popolo all’università, l’università al popolo; Le date della storia del Messico e Nuovo emblema universitario.

Le date della storia o il diritto alla cultura si trovano sul lato nord dell’edificio. Nell’opera si vede un braccio con due mani intrecciate con le date nelle quali sono avvenuti episodi fondamentali della storia del Messico: 1521, la Conquista; 1810, l’inizio dell’Indipendenza; 1857, anno di promulgazione della Costituzione liberale; Siqueiros lasciò l’ultimo anno in sospeso, così: “19??” Di quando in quando, mani anonime hanno riempito quello spazio in bianco con una data nella quale si annuncia la realizzazione di una nuova rivoluzione. Durante lo sciopero universitario del 1999 un pennarello cambiò i due punti interrogativi col numero 99.

Oggi, il paese intero sembra avere occupato il posto di quel murale. La voce che annuncia un nuovo sollevamento popolare nel 2010 è sulla bocca dei più diversi attori politici. Le voci non vengono solo dalla sinistra. Solo nel settembre del 2009, in maniera inusitata, José Narro, il rettore dell’Università Nazionale Autonoma del Messico, disse che sulla nazione incombe una minaccia di instabilità sociale. Alla fine dell’anno scorso, Miguel Alemán, ex governatore di Veracruz ed industriale, sottolineò che gli uomini d’affari non sono preoccupati per la crisi finanziaria, per la quale ci saranno sempre dei rimedi; quello che li inquieta è la crisi sociale ed il futuro del paese.

Carlos Slim Helú un paio di mesi fa ha segnalato che “urge evitare il sacrificio delle prossime generazioni”; che i nostri governi si sono limitati a seguire gli accomodamenti dettati dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale invece di elaborare piani di sviluppo propri; che per combattere efficacemente la povertà – al di là dell’assistenza sociale – si richiedono investimenti, attività economiche e creazione di posti di lavoro; incorporare i poveri alla classe media con sviluppo di capitale umano, educazione, salute e nutrizione; in poche parole, “una visione integrale, ambiziosa, forte, con una direzione chiara e di lungo termine”.

Per non essere di meno, lo scorso 18 gennaio Gerardo Gutiérrez Candiani, presidente della Confindustria della Repubblica Messicana (Coparmex), ha affermato che le cause che motivarono l’apparizione del movimento zapatista in Chiapas (povertà e diritti delle comunità indigene), il 1º gennaio 1994, continuano ad essere attuali. Secondo lui “la povertà e la disuguaglianza sociale continuano ad essere il maggiore debito sociale a 100 anni dalla Rivoluzione Messicana”.

La lista di chi, nel Messico di sopra, negli ultimi mesi ha esternato la sua preoccupazione per quello che potrebbe succedere quest’anno è molto lunga. Legislatori, politici, governatori, leader sindacali, in diverse occasioni hanno allertato sulla possibilità che si verifichi una sollevazione sociale. Alcuni la utilizzano, come fecero nel 1994, come un fantasma per negoziare col governo federale più finanziamenti, aiuti o concessioni di diverso tipo. Altri, dal potere, l’hanno trovata utile come pretesto per reprimere l’opposizione. Infine, alcuni più semplicemente vogliono indicare i rischi impliciti dell’insensibilità politica del governo federale in provvedimenti quali l’offensiva contro il Sindacato Messicano degli Elettricisti.

L’idea che quest’anno potrebbe verificarsi un’esplosione sociale non è nuova. Prese forza nel 2006, nell’ambito dell’Altra Campagna. Un anno più tardi, in un’intervista pubblicata dal quotidiano inglese The Guardian, il subcomandante Marcos, dopo aver tastato il polso al Messico del basso, segnalò che il “potere inconscio” dell’anno 2010, proprio quando si compie il secondo centenario dell’inizio della guerra di Indipendenza e l’anniversario dei 100 anni della Rivoluzione Messicana, “accenderà la miccia lasciata sul terreno dagli sforzi statunitensi di rendere più inaccessibile la frontiera bilaterale, per impedire a milioni di persone di scappare al nord per trovare lavoro”. 

Gli avvertimenti puntano ad un fatto centrale: l’esaurimento accelerato di un regime che vive i suoi ultimi rantoli. La nazione attraversa una crisi nella quale convergono molte crisi: economica, di pubblica sicurezza, ambientale, sanitaria, diplomatica, di governabilità. Benché ognuna abbia la propria dinamica, sono cresciute per l’incapacità del governo federale di affrontarle adeguatamente. 

Una dopo l’altra, le espressioni di scontento sociale spuntano in tutto il paese come bolle d’acqua in una pentola in ebollizione. Cittadini arrabbiati si scontrano con la polizia sempre più frequentemente. Si fanno giustizia da soli, a volte in maniera violenta. Il malessere affiora nello stesso modo sia nelle città che nelle campagne. Ne sono protagonisti in uguale misura uomini e donne, giovani e vecchi. È il fantasma di Fuenteovejuna(*).

Tuttavia, niente garantisce che nel 2010 questa rabbia riesca ad articolarsi in maniera organizzata. Nel caso si verifichi un’esplosione sociale, questa non ha una data precisa nel calendario, per quanto alcune mani vorrebbero riempire il vuoto che Siqueiros ha lasciato in bianco nel suo murale universitario. Nel frattempo la gerarchia cattolica e la destra si sono lanciate a fondo nell’opera di avanzare nella loro rivoluzione conservatrice. http://www.jornada.unam.mx/texto/017a1pol.htm

 (*) Fuente Ovejuna: dramma in versi di Lope de Vega scritto tra il 1612 e il 1614. A Fuente Obejuna avvenne effettivamente una rivolta nel 1476 nella quale fu ucciso Fernán Gómez de Guzmán, uno dei comandanti dell’ordine di Calatrava che sotto la guida del giovane gran maestro Rodrigo Téllez Girón, avevano attaccato Ciudad Real in appoggio a Giovanna la Beltraneja – N.d.T.  (Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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Appello della Rete per la Pace.

Da: medios <medios@frayba.org.mx>
Oggetto: [Info-cdhbcasas] Compartimos pronunciamiento de la REDPAZ por desalojos en Montes Azules.
 
Fratelli e sorelle,
“Nello sgombero forzato delle comunità Laguna El Suspiro (anche nota come El Semental) e Laguna San Pedro (nota come San Pedro Guanil), situate nel municipio di Ocosingo, molte garanzie e diritti fondamentali sono stati vilentati attentando così all’integrità di bambini, donne e uomini che occupano la zona da tempi ancestrali.”
Gubidcha Matus lerma
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Chiapas, Messico 9 febbraio 2010
  
Gli sgomberi nei Montes Azules pongono a rischio la Pace in Chiapas
  
Le organizzazioni civili che formano la Rete per la Pace in Chiapas, manifestano la profonda preoccupazione per gli sgomberi avvenuti lo scorso 21 e 22 gennaio 2010 in comunità indigene dei Montes Azules e sono in allerta per il rischio esistente di altri operativi di sgombero già annunciati da diverse fonti.
  
Nello sgombero forzato delle comunità Laguna El Suspiro (anche nota come El Semental) e Laguna San Pedro (nota come San Pedro Guanil), situate nel municipio di Ocosingo, molte garanzie e diritti fondamentali sono stati vilentati attentando così all’integrità di bambini, donne e uomini che occupano la zona da tempi ancestrali.
  
Gli operativi poliziesco-militari, coordinati da autorità federali e statali, non sono stati i primi nella zona dei Montes Azules per cui, a causa dei progetti governativi di “pulizia territoriale” per la creazione di circuiti turistici, si temono continuino a frammentare la vita comunitaria ed il tessuto sociale di alcune comunità che oggi sono a rischio di sgombero come: Nuevo San Gregorio, Nuevo Salvador Allende, Nuevo San Pedro, 6 de Octubre, Laguna Paraíso, Ojo de Agua el Progreso, Ojo de Agua La Pimienta, San Jacinto Lacanjá, Nueva Galilea, Chuncerro, Benito Juárez e Ranchería Corozal.
  
Esprimiamo la nostra preoccupazione per la parzialità dei Mezzi di Comunicazione nel trattamento dell’informazione, fondamentalmente per la stigmatizzazione senza previa investigazione e copertura delle diverse fonti non ufficiali. Riteniamo che la comunicazione pubblica che diffonde unicamente la versione governativa dei fatti, mette a rischio l’integrità delle famiglie sfollate, dei difensori dei diritti umani che le accompagnano e quella degli abitanti delle comunità minacciate di sgombero.
  
Come organizzazioni civili, con lavoro documentato nella zona, non accettiamo il pretesto di “conservazione e protezione delle risorse naturali” che è stato utilizzato dai diversi livelli di governo per ottenere il controllo territoriale che si traduce nel controllo sociale, politico ed economico di una delle zone più ricche di biodiversità del Chiapas.
  
Pertanto, rivolgiamo un appello al governo federale e statale affinché rispettino i diversi strumenti internazionali dei diritti umani, tra cui Il Trattato 169 dell’OIL che protegge il diritto al territorio di chi abita da tempi ancestra nella zona dei Montes Azules.
  
Distintamente
Organizzazioni che formano la Rete per la Pace
  
Educación para la Paz (Edupaz)
Centro de Investigaciones Económicas y Políticas de Acción Comunitaria, A.C. (Ciepac)
Desarrollo Económico y Social de los Mexicanos Indígenas, A.C. (Desmi)
Servicio Internacional para la Paz (Sipaz)
Comisión de Apoyo a la Unidad y Reconciliación Comunitaria, A.C. (Coreco)
Enlace Capacitación y Comunicación, A.C. (Enlace CC)
Servicios y Asesoría para la Paz, A.C. (Serapaz)
Centro de Derechos de la Mujer de Chiapas, A.C. (CDMCH)
Centro de Derechos Indígenas, A.C. (Cediac)
Comité de Derechos Humanos Fray Pedro Lorenzo de la Nada, A.C.
Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de las Casas, A.C. (Frayba)
Gubidcha Matus Lerma
Comunicación Social
Área de Sistematización e Incidencia / Comunicación
Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de Las Casas A.C.
Calle Brasil #14, Barrio Mexicanos,
San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, México
Código Postal: 29240
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(Traduzione “Maribel” – Bergamo)
 

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La Jornada – Martedì 9 febbraio 2010

Denunciate le basi zapatiste per gli scontri a Bolon Ajaw dove è morto un uomo e sono rimaste ferite 28 persone

Ángeles Mariscal. Tuxtla Gutiérrez, Chis., 8 febbraio. Membri dell’Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic) hanno presentato denuncia per i reati di danni, lesioni ed omicidio contro le basi di appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) con le quali si contendono la proprietà di Bolon Ajaw che fa parte del centro turistico noto come le Cascate di Agua Azul.  Secondo il procedimento 79/SE74-T2/2010 aperto dalla Procura Generale di Giustizia dello Stato (PGJE) per il caso Agua Azul, durante gli incidenti ha perso la vita Adolfo Moreno Estrada e sono stati registrati 13 feriti ricoverati in ospedale a causa della gravità delle ferite, oltre ad altre 15 persone con ferite più lievi.   Tra i ricoverati in ospedale cinque presentavano ferite da arma da fuoco, due da arma bianca e sei da colpi inferti con oggetti. Questa mattina, Alberto López Urbina, presidente della cooperativa che amministra il centro ecoturistico delle Cascate di Agua Azul, familiari dei membri della Opddic feriti, appoggiati da elementi dell’Organizzazione Campesina di San Andrés, situata nel municipio di Berriozábal, hanno realizzato un meeting nella capitale dello stato.   In un’intervista, López Urbina ha raccontato che lo scorso sabato mattina un gruppo di giovani collaboratori del centro turistico stavano lavorando la terra che è contesa con gli abitanti del municipio autonomo zapatista Comandanta Ramona, quando sono stati affrontati da questi ultimi.   Alcuni sono riusciti a scappare e ad avvisare dell’incidente. “Quando i compagni sono giunti sul posto per aiutarli, sono stati accolti con spari da coloro che si dichiarano basi di appoggio, simpatizzanti e militanti dell’EZLN nella regione; è stato allora che hanno ferirono i compagni”, ha raccontato.   I manifestanti hanno collocato striscioni sul portone del palazzo di governo con la scritta: “Sabines, vogliamo giustizia”, ed altre nelle quali chiedevano la liberazione dei giovani che si presume siano nelle mani dei membri del municipio autonomo. Gli appartenenti alla Opddic insistono nel dichiararsi proprietari del podere dove si trovano le Cascate di Agua Azul ed altre che non sono ancora state sfruttate turisticamente.   Il conflitto di Agua Azul o Bolon Ajaw è considerato dalle autorità statali e federali una questione ad elevata conflittualità dopo che nel marzo del 2003 si verificò il primo scontro per la disputa di 20 ettari di terreno.  http://www.jornada.unam.mx/texto/015n1pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Bolón Ajaw: 12 feriti.

La Jornada – Lunedì 8 febbraio 2010

12 indigeni feriti negli scontri per il possesso di Bolón Ajaw

Elio Henríquez e Ángeles Mariscal. Corrispondenti. Tuxtla Gutiérrez, Chis., 7 febbraio. Almeno quattro indigeni sono rimasti feriti da colpi d’arma da fuoco ed altri otto da armi da taglio (uno è grave) durante uno scontro tra basi dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) ed elementi dell’Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic) per il possesso della proprietà Bolón Ajaw.  Il secondo scontro tra i due gruppi dall’inizio dell’anno, è avvenuto sabato scorso, quando le basi di appoggio dell’EZLN hanno recuperato il terreno – da dove erano stati cacciati dai rivali della Opddic il 21 gennaio – e durante l’alterco 12 di loro sono rimasti feriti, ma non si sa quanti feriti ci siano dalla parte zapatista.   I due gruppi si contendono il possesso di Bolón Ajaw, situato nel municipio autonomo Comandanta Ramona, che è una riserva ecologica nella quale si trovano le cascate di Agua Azul ed un altro gruppo di cascate ancora vergini di cui avevano cura le famiglie zapatiste tzeltales.  “Gli zapatisti ci hanno attaccato di sorpresa e le donne hanno dovuto mettere uno steccato per tentare di fermarli, ma poi sono fuggiti lasciandosi dietro otto compagni che non sappiamo dove si trovino ora”, ha raccontato Alberto López Urbina, membro della Opddic.  A sua volta, il segretario di Governo del Chiapas, Noé Castañón, ha sollecitato le parti in conflitto a stabilire un tavolo di dialogo per risolvere la disputa, ed ha segnalato – in un comunicato – che la Segreteria di Pubblica Sicurezza e Protezione Cittadina ha inviato un gruppo di donne poliziotte disarmate in missione di aiuto. http://www.jornada.unam.mx/2010/02/08/index.php?section=politica&article=014n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Sabato 6 dicembre 2010

Los de Abajo

Appello alla riflessione

Gloria Muñoz Ramírez

La recente offensiva contro i villaggi indigeni dell’EZLN ha sollevato la protesta di attivisti e difensori dei diritti umani in Messico, Germania, Italia, Grecia, Spagna e Francia, tra altri paesi. La protesta che percorre l’Europa solidale è diretta alle autorità federali e del governo del Chiapas , che esortano “a riflettere urgentemente sulle misure che il governo del Messico sta mettendo in atto in relazione ai progetti ecoturistici su terre indigene, e le brutali conseguenze che questi rappresentano per i loro abitanti”. L’appoggio dei gruppi europei sempre attenti a quello che succede in Chiapas si è manifestato nuovamente dopo il 22 gennaio scorso è stato ordinato lo sgombero e la distruzione della comunità indigena Laguna San Pedro, nel municipio autonomo Ricardo Flores Magón, con l’intenzione di “rimboschire l’area e stabilire centri ecoturistici privati nei Montes Auzles, dentro la riserva della biosfera”.  Il governo dello stato ha giustificato l’azione e dichiarato che si tratta di azioni pacifiche. Ma, come ben sanno in Europa: “Non dicono che l’ordine è stato di incendiare le loro case, spogliandoli dei loro beni più elementari, distruggendo tutto in poche ore. Che queste donne, uomini, bambini ed anziani sono stati cacciati dalle loro case, spogliati dei loro attrezzi da lavoro, delle loro fonti di lavoro e sussistenza, dei loro costumi, ignorando incessantemente la legittimità dei loro diritti nella maniera più crudele”.  Il governo non dice nemmeno “che sul posto, accompagnati da centinaia di federali armati, c’erano numerosi elicotteri e giornalisti che non avrebbero raccontato fedelmente i fatti ai quali erano stati testimoni. Che una parte della popolazione è stata trasportata a Palenque obbligata dall’orrore delle circostanze. Che gli abitanti di El Suspiro sono stati costretti ad abbandonare la loro comunità e rifugiarsi in montagna e che quattro donne risultano tuttora scomparse. Che le loro famiglie sono disperate e chiedono di ritrovarle in una regione isolata e senza accesso a mezzi di comunicazione”, continua la lettera proveniente da Munster, Germania.  Dice bene la Confederazione Generale del Lavoro, dalla Spagna: “Non passa un solo giorno senza che dal Messico ci giungano notizie di sgomberi violenti, persecuzione, sparizioni e morte. Non cessano le aggressioni che il governo messicano, in tutti i suoi livelli, esercita contro gli uomini e le donne che, in basso e a sinistra, lottano per dignità, libertà e giustizia”. (Sicuramente se ne parlerà oggi nella riunione della Rete Nazionale Contro la Repressione, ad Apizaco, Tlaxcala) http://www.jornada.unam.mx/2010/02/06/index.php?section=opinion&article=012o1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Minacce contro Mitzitón.

La Jornada – Sabato 6 febbraio 2010

Aderenti all’Altra Campagna denunciano minacce contro gli ejidatarios di Mitzitón

Hermann Bellinghausen

Organizzazioni e collettivi aderenti all’Altra Campagna a San Cristóbal de las Casas, Chiapas, hanno denunciato provocazioni armate e minacce contro i loro compagni dell’ejido di Mitzitón, dove il 2 febbraio è stato sottratto il timbro delle autorità ejidales: “Il furto è stato opera di Francisco Gómez Díaz , che ha consegnato il timbro al gruppo di stampo paramilitare Ejército de Dios. I compagni si sono riuniti in assemblea il giorno 3, decidendo di trattenere il colpevole, attualmente detenuto nella prigione del villaggio, e sarà liberato solo quando il timbro sottratto non sarà restituito”, dichiarano.  Successivamente, alle ore 23 dello stesso giorno, sono state avvertite tre detonazioni di grosso calibro, e minuti dopo si sono sentiti altri due spari all’altezza del quartiere El Chivere, dove generalmente si ritrovano i membri del gruppo evangelico Ejército de Dios, parte della chiesa Alas de Águila.  Gli attivisti citano la recente minaccia di Mariano Díaz Ochoa, presidente municipale di San Cristóbal, “che dice che farà cadere il peso dalla legge se non libereranno l’aggressore”, ed aggiungono che “la cosa preoccupante del furto del timbro è che possa essere utilizzato per legittimare falsi accordi”. La denuncia non è oziosa. Già in precedenza ci sono state falsificazioni dolose di “accordi” di assemblee da parte degli evangelici e convalidate dalle autorità chiapaneche. I querelanti ricordano che il villaggio di Mitzitón “si è opposto alla minaccia di costruire l’autostrada San Cristóbal-Palenque che passerebbe sul loro territorio, e che l’Ejército de Dios si è dichiarato favorevole al passaggio di questa strada, causando lo scontro con la maggioranza degli ejidatarios che respingono il progetto, perché predatorio e solo a beneficio dei capitalisti e del governo”. Il conflitto si è acuito il 21 luglio 2009, quando era stato assassinato Aurelio Díaz Hernández dal gruppo religioso militarizzato guidato da Carmen Díaz López ed Esdras Alonso González. Inoltre, nei giorni scorsi è stato liberato Francisco Jiménez Vicente, membro di Alas de Águila, dopo solo quattro mesi di carcere per l’omcidio di Díaz Hernández.  L’Altra Campagna di San Cristóbal si è dichiarata “Contro le provocazioni del malgoverno e dei suoi alleati, che vogliono creare un clima di violenza per giustificare la militarizzazione ed ottenere lo sviluppo dei megaprogetti neoliberisti”.  In altri episodi apparentemente isolati, nei giorni scorsi gli evangelici sono stati associati a conflitti comunitari spacciati per “conflitti religiosi”, con incendio di case in due comunità vicine a Mitzitón: Los Llanos (municipio di San Cristóbal) e Flores Magón (Teopisca).  Le autorità della rancheria San Antonio Sibacá (Teopisca) hanno negato di avere problemi “religiosi”, perché “cattolici e protestanti siamo testimoni che stiamo vivendo in pace e tranquillità, ma ci sorprende che Manuel Hernández de la Cruz abbia denunciato pubblicamente che i cattolici gli hanno bruciato la casa”.  Smentendo la versione sulla stampa locale (2 febbraio) secondo cui “per divergenze religiose” una casa di proprietà di evangelici di Flores Magón è stata bruciata “per essersi rifiutati di cooperare per la festa del Niño Dios“, i cattolici di Sibacá negano di essere i responsabili; “al contrario ci addolora quanto successo, e per fortuna lì non ci viveva ancora nessuno”. Inoltre, precisano, “il luogo dove è stata bruciata la piccola casa non è sul nostro territorio, ma sull’ejido Flores Magón, e questo signore ha il terreno nelle due comunità”.  Riferiscono che cinque anni fa “sono arrivati nella nostra ranchería Enemecio Jiménez Vicente, Juan Carlos Jiménez Vicente, Domingo Heredia Díaz e Domingo Vicente Hernández, compagni di Edras Alonso che sono stati coinvolti nei problemi di Mitzitón ed ora li stanno provocando a Sibacá, malaconsigliando agli evangelici a non rispettare più gli accordi comunitari”. http://www.jornada.unam.mx/2010/02/06/index.php?section=politica&article=012n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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Sgomberi nei Montes Azules.

La Jornada – Venerdì 5 febbraio 2010

ONG denunciano gli sgomberi degi indigeni nei Montes Azules

Hermann Belinghausen. Inviato. Davanti agli “sgomberi forzati” nei Montes Azules, Chiapas, “perpetrati dai governi federale e statale”, e la “minaccia imminente di nuovi sgomberi di comunità indigene” insediate in quella parte della selva Lacandona, diverse ONG hanno emesso un’azione urgente rivolta alle autorità. Le organizzazioni civili sostengono che “è falso che lo sgombero forzato e la politica di riordino territoriale intrapresa nei Montes Azules sia rispettosa dei diritti umani; al contrario, prescindendo da questi, lo Stato messicano promuove il furto, l’incertezza giuridica e colpisce seriamente la possibilità delle famiglie indigene di costruirsi un progetto di vita degna”. Ricordano che il 26 gennaio, autorità ambientali – statali e federali – “hanno comunicato di promuovere circuiti turistici della Ruta Maya che includeranno siti certificati come turismo naturale per una strategia di sviluppo e conservazione della selva Lacandona”. Inoltre, è stato comunicato che prossimamente saranno sgomberate le comunità Nuevo San Gregorio, Nuevo Salvador Allende, Nuevo San Pedro, 6 de Octubre, Poblado Laguna El Suspiro, Ojo de Agua el Progreso e San Jacinto Lacanjá.  Il Comitato dei Diritti umani Fray Pedro Lorenzo de la Nada, il Servizio di Consulenza per la Pace (Serapaz) ed il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas chiedono al governo di indennizzare e risarcire del danno causato alle famiglie sfollate, e che”si astenga da eseguire nuovi sgomberi e modifichi la sua politica di regolarizzazione nelle regioni indigene del Chiapas, in particolare nei Montes Azules, in modo che garantisca giustizia ed uguaglianza rispetto a diritti ed interessi che riguardano comunità ed organizzazioni, avendo cura di attenersi in ogni momento alla normativa internazionale in materia di diritti umani”.  I giorni 21 e 22 gennaio sono stati realizzati due operativi di espuslsione nelle comunità Laguna El Suspiro e Laguna San Pedro (municipio ufficiale Ocosingo), quest’ultima composta da basi di appoggio dell’EZLN. E’ stata un’azione coordinata tra la polizia specializzata della Procura Generale di Giustizia dello Stato, la Segreteria per la Sicurezza e Protezione Cittadina, la Procura Generale della Repubblica, la Procura Federale per la Protezione dell’Ambiente, la Commissione Nazionale per le Aree Naturali Protette e rappresentanti dei diritti umani dello stato.  Secondo le testimonianze delle famiglie sfollate da El Suspiro – il 21 gennaio – intorno alle 11 circa sono arrivati tra i tre e cinque elicotteri, dai quali sono scesi 60 poliziotti in uniformi di colore nero o mimetiche. “I poliziotti hanno tirarono fuori di casa in maniera violenta María Cortés Pérez e Magdalena García Cortés, per farle salire a forza sull’elicottero ed essere trasortate a Palenque”. Lo sgombero è stato fatto senza preavviso, senza che venisse mostrato alcun documento ufficiale, senza nessuna spiegazione né permettere alla gente di portare bagagli. La mattina seguente sono atterrati quattro elicotteri a Laguna San Pedro. La comunità è stata circondata da circa 250 poliziotti che hanno trascinato gli indigeni fino ad un elicottero.  A Palenque le famiglie sfollate sono state interrogate da Marcos Minor Flores, agente del Pubblico Ministero della Procura del Distretto Selva che ha insistito a chiedere loro “dov’erano i terreni coltivati a droga”. Dopodiché, gli indigeni sono stati costretti a firmare un documento senza conoscerne il contenuto. “Non è stato fornito loro né un interprete né un avvocato”, aggiungono le ONG.  A loro volta, organizzazioni sociali di Ocosingo nei giorni scorsi hanno denunciato l’esistenza di minacce e persecuzione contro le comunità Nueva Galilea, Benito Juárez, Ojo de Agua La Pimienta e Chuncerro, sempre nei Montes Azules. http://www.jornada.unam.mx/2010/02/05/index.php?section=politica&article=014n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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La ‘giustizia’ dei narcos.

IL MESSICO E LA GIUSTIZIA DEI NARCOS

 di Federico Mastrogiovanni

Città del Messico.  Il mese di gennaio si è chiuso in Messico con il più alto numero di omicidi legati alla criminalità e al narcotraffico nell’ultimo mandato del presidente della Repubblica. La cifra è spaventosa: 908 morti in un mese, una media di trenta omicidi al giorno, in un paese che sotto il governo di Felipe Calderón, instauratosi nel 2006, ha raggiunto la cifra di 17.793 omicidi. Gli ultimi due massacri sono avvenuti quasi contemporaneamente in due città del nord, non lontano dal confine americano, la notte tra sabato e domenica scorsi. A Torreon, nello Stato di Coahuila, intorno alla mezzanotte, un commando di almeno dieci persone a bordo di Hummer e suv ha fatto irruzione nel bar El Ferrie di Torreon, sparando su un gruppo di giovani. Il bilancio è di 10 morti e almeno 15 feriti, quasi tutti sotto i 25 anni. Contemporaneamente a Ciudad Juárez, nello Stato di Chihuahua, che da 25 mesi consecutivi è lo Stato messicano con il più alto numero di esecuzioni, e che in gennaio ha registrato 331 omicidi, un altro commando di 15 pistoleros, si è presentato a una festa privata e ha fatto fuoco sugli invitati. I morti sono 18, quasi tutti adolescenti, tra i 15 e i 17 anni. In questo caso una delle vittime era stato testimone, pochi giorni prima, di un’altra esecuzione. Queste cifre testimoniano un clima di violenza che sembra in continuo aumento. Ma soprattutto mostrano la debolezza di uno Stato di fronte all’impunità di organizzazioni criminali che controllano molta parte del territorio messicano, soprattutto al nord. Ma il livello di attenzione comincia a salire anche nel Distrito Federal, dove tradizionalmente per un tacito accordo tra cartelli del narco e istituzioni, non si verificavano casi di esecuzioni. Alle 5 di mattina del 25 gennaio, nel bagno del Bar Bar, sulla trafficatissima e centrale Avenida Insurgentes, l’attaccante della Nazionale di calcio del Paraguay, Salvador Cabañas, che milita in una delle squadre di Città del Messico, è stato aggredito da un uomo che gli ha sparato un colpo di pistola in testa. Cabañas si sta riprendendo dalla ferita anche se è in condizioni critiche. Il controllo del territorio e l’impotenza delle istituzioni, negli Stati dove le famiglie del narco sono più radicate e potenti, si misura in molti modi. Uno di questi è l’impossibilità di delinquere al di fuori delle famiglie. Si tratta di veri e propri poteri paralleli, armati meglio dell’esercito, con più denaro e più uomini delle forze di polizia. Nel municipio di Zamora, Stato di Michoacan, negli ultimi tempi sono sempre più i casi di rateros (ladri) e violentatori, fustigati, torturati e obbligati dai membri della Familia , il potente cártel di Michoacán, a camminare per le strade principali della città, nudi in pieno giorno, mostrando i segni delle torture, e portando appesi al collo cartelli che recitano “sono un ladro e un violentatore, questo è quello che mi merito”. La legge in queste zone la fanno i cartelli del narco, nonostante la massiccia presenza di esercito e forze di polizia, dispiegate dal governo di Felipe Calderón. Ciò che contraddistingue le violenze degli ultimi anni, oltre al numero delle vittime, è l’efferatezza dei crimini, in un contesto in cui le istituzioni risultano impotenti e incapaci di proteggere la popolazione, che a sua volta vive in un continuo stato di agitazione e paura. Quando per le strade di una piccola comunità come quella di Apatzingán, un municipio di 90mila abitanti nello Stato di Guerrero, compaiono sei cadaveri decapitati, e vengono ritrovate le teste a centinaia di metri di distanza dai corpi, segnate con una zeta incisa sulla fronte, che non è la firma di Zorro, ma degli Zetas, uno dei cartelli più sanguinari e potenti del paese, e se questo succede quasi tutti i giorni in tutto il Messico, è evidente che la situazione sia disperata e le politiche adottate non sono adeguate al problema. Ormai in città come Culiacán, capitale dello Stato di Sinaloa, molti cittadini hanno tolto il clacson dalle loro automobili per non correre il rischio di imbattersi in qualche appartenente al cártel di Sinaloa e suonargli per sbaglio. La conseguenza potrebbe essere quella di venire assaltati a colpi di pistola in pieno giorno. Il 2010 in Messico è un anno importante, poiché ricorrono i 200 anni dell’Indipendenza e i 100 della Rivoluzione. È un anno di aspettative e festeggiamenti. E in molti cominciano a credere che grazie alla narcotizzante passione per il calcio, con l’attenzione sviata dalla nazionale impegnata in Sudafrica, mentre tutti sono distratti dall’euforia le famiglie del narco sferreranno l’attacco definitivo alle istituzioni e prenderanno il potere. Quello che sembra inverosimile di questa teoria del complotto è proprio l’idea di “prendere le istituzioni”, da parte delle organizzazioni criminali che di fatto il controllo del paese lo hanno già. Probabilmente non ci sarà bisogno di gesti eclatanti. Se la risposta della politica rimarrà la stessa, i record negativi del Messico continueranno ad essere superati da altri ancor più spaventosi.

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Spari contro simpatizzanti EZLN.

La Jornada – Mercoledì 3 febbraio 2010

Aggressione armata contro tzeltales simpatizzanti dell’EZLN

Hermann Bellingahusen. Inviato. Bachajón, Chis., 2 febbraio. Indigeni aderenti all’Altra Campagna dell’EZLN – residenti nel podere Virgen de Dolores – sono stati aggrediti a colpi d’arma da fuoco da elementi dell’Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic) “ingaggiati dai rancheros“, come hanno denunciato le autorità ejidali di San Sebastián Bachajón, municipio di Chilón, Chiapas.   I fatti risalgono al 28 gennaio scorso e si sono verificati su “terre recuperate dagli indigeni”, sostengono gli ejidatari tzeltales. “I compagni aderenti all’Altra Campagna sono stati provocati e affrontati con armi di grosso calibro alle ore 8 di sera nel rancho Dolores, dove vivono attualmente”.  Gli aggressori sono di “un gruppo di paramilitari appartenenti alla Opddic”, tra i quali erano presenti l’agente municipale Abraham Vázquez Díaz, e con lui, “un totale di 14 persone armate, ben note agli abitanti”.  Secondo il comunicato, sono stati ingaggiati “dai rancheros Trujillo e Ballinas, del capoluogo municipale, e da Sebastián Encino Gutiérrez”, ex sindaco di Chilón. “Dal momento della provocazione i contadini del podere sono in allerta e montano guardie per prevenire un nuovo attacco”, aggiunge la denuncia. “Riteniamo responsabili i rancheros di qualsiasi nuova aggressione o provocazione.”   Sostengono che “l’occupazione e la difesa” delle terre (alle quali hanno diritto da decenni, ma che sono state loro sempre sottratte) è per difendere il loro diritto all’autonomia. http://www.jornada.unam.mx/2010/02/03/index.php?section=politica&article=016n2pol 

Denuncia originale http://enlacezapatista.ezln.org.mx/denuncias/2898

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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