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Archive for gennaio 2010

Sgomberi a La Garrucha.

La Jornada – Domenica 31 gennaio 2010

Il governo vuole realizzare centri ecoturistici

Gli zapatisti denunciano lo sgombero e la distruzione di una comunità indigena

Hermann Bellinghausen, inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis. 30 gennaio. La giunta di buon governo (JBG) El camino del futuro, con sede nel caracol di La Garrucha, questo venerdì ha denunciato lo sgombero e distruzione della comunità indigena Laguna San Pedro, nel municipio autonomo Ricardo Flores Magón, lo scorso 22 gennaio. L’intenzione governativa dichiarata è “rimboschire” l’area e stabilire centri ecoturistici privati nei Montes Azules, dentro la considerata riserva della biosfera.

Mentre le case degli indigeni bruciavano, racconta la JBG, gli zapatisti sono stati costretti a salire sugli elicotteri per essere trasferiti nella città di Palenque, dove hanno sofferto “fame e freddo” in un rifugio fino a che non hanno ricevuto assistenza da organizzazioni civili indipendenti.

Come già successo in precedenti occasioni, l’operativo è stato preceduto da un’opportuna “richiesta” al riguardo delle autorità lacandone insediate a Lacanjá Chansayab, padroni legali di 600 mila ettari di selva ed abituale ariete per espellere i coloni dai Montes Azules.

Prima dello sgombero le forze inviate dal “malgoverno federale, statale perredista di Juan Sabines Guerrero e del presidente municipale (panista) di Ocosingo Carlos Leonel Solórzano hanno realizzato un operativo con poliziotti federali, accompagnati da funzionari della Procura Federale dell’Ambente (Profepa)”, chche hanno sorvolato con quattro elicotteri il villaggio Laguna San Pedro “per impaurire la popolazione”, racconta la JBG. Questa segnala che hanno partecipato all’azione poliziotti statali e federali, truppe dell’Esercito, funzionari del governo, cameraman e giornalisti. Una volta a terra, i funzionari “parlavano con gli uomini e le donne mentre i poliziotti ne approfittavano per bruciare le case delle basi di appoggio zapatiste”.

Com’è possibile che “il malgoverno parli di dialogo mentre i suoi poliziotti ed Esercito bruciano i beni dei compagni?”, chiede la JBG del caracol Resistencia hacia un nuevo amanecer. “Com’è possibile che il malgoverno cacci gli indigeni chiapanechi e messicani mentre occupa la terra per la costruzione di centri turistici per altre nazioni?”

Bisogna ricordare che dopo lo sgombero il governo statale ha annunciato che nei prossimi giorni saranno sgomberati altri sei villaggi, compreso il 6 de Octubre, anche questo zapatista, oltre a Nuevo San Gregorio, Ranchería Corozal e Salvador Allende, tra altri. Si sommerebbero a Suspiro, Buen Samaritano, Nuevo Salvador Allende ed alla citata Laguna San Pedro che il governo chiama San Pedro Guanil.

L’ex governatore panista dello Yucatan, Patricio Patrón Laviada, titolare della Profepa, nei giorni scorsi ha visitato il Chiapas per concordare queste azioni col segretario di Governo dell’entità, Noé Castañón León, che martedì 26 ha reso noto l’accordo di “rimboschire” e stabilire un centro ecoturistico dentro i Montes Azules, si presume a favore degli abitanti di Nueva Palestina, membri secondari della cosiddetta “comunità lacandona” e responsabili impuni del massacro di Viejo Velasco Suárez, nel 2006, anche in questo nei Montes Azules.

Lo “sviluppo ecoturistico” faceva parte dei progetti di investimento dell’industriale Moisés Saba, morto settimane fa in un incidente in elicottero alla periferia di Città del Messico. Un altro suo progetto era la produzione di biodisel su un migliaio di ettari di selva. Sembra che i progetti proseguano, almeno per i governi statale e federale. Secondo Castañón León, si promuoverà “l’uso sostenibile” delle risorse naturali con progetti di “sviluppo comunitario” (per i lacandoni ed i loro soci), “educazione ambientale e circuiti turistici della ruta maya“.

La JBG accusa il governo di “mentire e imbrogliare, di bruciare le case degli indigeni”, mentre i giornali parlano del ricollocamento degli zapatisti di Laguna San Pedro, ai quali sono state distrutte le abitazioni, saccheggiato il negozio cooperativo e causato perdite di alberi da frutta, mais, fagioli, indumenti e attrezzi da lavoro. I danni materiali ammontano a 585 mila pesos, oltre alle terre, che come usano dire gli zapatisti, non hanno prezzo. http://www.jornada.unam.mx/2010/01/31/index.php?section=politica&article=007n2pol

Comunicato originale della JBG. http://enlacezapatista.ezln.org.mx/jbg/2894

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Mercoledì 27 gennaio 2010

Il vescovo emerito Samuel Ruiz ha visitato il professor Alberto Patishtán Gómez nel carcere di San Cristóbal, riconoscendo la sua lotta per integrità di spirito

Hermann Bellinghausen, inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis. 26 gennaio. Il professor Alberto Patishtán Gómez, membro di La Voz del Amate e aderente all’Altra Campagna, ha ricevuto oggi nel carcere di San Cristóbal il riconoscimento jTatic Samuel jCanan Lum, conferitogli dal vescovo emerito Samuel Ruiz García e da diverse organizzazioni civili. Il professore tzotzil “è stato in tre prigioni diverse del Chiapas in 9 anni di ingiusta detenzione”.  Il riconoscimento è stato consegnato dallo stesso Tatic (padre) il quale, accompagnato dar ex detenuti politici, ha visitato Patishtán in prigione, “per essere un esempio di come un essere umano può mantenere il suo spirito integro, condividendo le sue virtù con amore e semplicità con altre persone private della loro libertà”.   Patishtán si è definito “recluso ingiustamente per reati fabbricati e condannato arbitrariamente”, ed ha ringraziato Ruiz García per la sua visita. Il riconoscimento “mi dà il coraggio di continuare a perseguire sempre la libertà e la difesa dei nostri fratelli oppressi ed emarginati e privati dei propri diritti”.  Hanno ricevuto il riconoscimento anche altre organizzazioni cattoliche indigene: la Sociedad Civil Las Abejas di Acteal, il Coordinamento Diocesano delle Donne (Codimuj) e Teologia India Ecumenica Mayense. Sono stati riconosciuti “per il loro lavoro quotidiano e servizio comunitario, per la difesa del loro popolo, per amare, curare e difendere gli oppressi e lottare per la loro liberazione”.  I riconoscimenti sono stati conferiti nel contesto del 50° anniversario episcopale di Ruiz García, che arrivò in questa città nel 1960. (…) Le organizzazioni hanno spiegato che la denominazione del riconoscimento “riassume il senso che i popoli indigeni del Chiapas hanno trovato al servizio di Don Samuel”, e che jCanan Lum significa “colui che si prende cura del suo popolo, che lo ama e lo difende, che preserva la vita, la terra e la natura”.   L’evento è stato convocato dal Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas, dalla Commissione di Appoggio all’Unità e Riconciliazione Comunitaria (Coreco), da Sviluppo Economico Sociale dei Messicani Indigeni (Desmi), dall’Istituto di Studi e Ricerche Interculturali (Inesin), da Servizi e Consulenza per la Pace (Serapaz), dal Servizio Internazionale Cristiano di Solidarietà con i popoli dell’America Latina (Sicsal) e dal Servizio Internazionale per la Pace (Sipaz). (….) http://www.jornada.unam.mx/2010/01/27/index.php?section=politica&article=012n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Sgomberi nei Montes Azules.

La Jornada – Mercoledì 27 gennaio 2010

Gli insediamenti nei Montes Azules saranno ricollocati. Il governo annuncia percorsi eco turistici 

Ángeles Mariscal, corrispondente. Tuxtla Gutiérrez, Chis., 26 gennaio. Il governo del Chiapas ha comunicato che sette villaggi situati nella riserva della biosfera dei Montes Azules, tra questi essi Ranchería Corozal, Nuevo San Gregorio, 6 de Octubre e Salvador Allende, abitati da oltre 20 anni, dovranno essere ricollocati al fine di preservare l’ecosistema.   In conferenza stampa, le autorità ambientali statali e federali hanno informato che stanno sviluppando “uno schema di percorsi turistici della ruta maya che comprenda luoghi certificati come turismo naturale, come strategia di sviluppo e conservazione della selva Lacandona”.   Il Segretario di Governo dell’entità, Noé Castañón, ha comunicato che, come parte della strategia ufficiale di conservazione, dal 2003 ad oggi gli abitanti di 32 villaggi hanno abbandonato volontariamente la regione e quattro sono stati sgomberati.   Tra questi ultimi si trovano El Semental e San Pedro Guanil, i cui abitanti sono stati cacciati dalla selva il 20 gennaio scorso, e El Buen Samaritano e Nuevo Salvador Allende, sgomberati prima.   “Attualmente rimangono nella selva Lacandona solo sette gruppi irregolari con i quali il governo del Chiapas mantiene un dialogo per fare in modo che se ne vadano volontariamente”, ha dichiarato il funzionario.  Secondo gli studi dei governi federale e statale, gli abitanti di Ranchería Corozal, Nuevo San Gregorio, 6 de Octubre e Salvador Allende vivono nella riserva da 20 anni ed alcuni villaggi sono composti da oltre 20 famiglie di indigeni di differenti etnie.  Noé Castañón ed il direttore regionale della Commissione Nazionale delle Aree Naturali Protette, Francisco Javier Jiménez González, hanno sottolineato che gli insediamenti non possono rimanere perché “hanno provocato un grave deterioramento degli ecosistemi”.   Hanno spiegato che una volta che gli abitanti delle sette comunità se ne saranno andati, la zona che attualmente occupano sarà rimboschita e si promuoverà l’uso sostenibile delle risorse naturali con progetti di sviluppo comunitario, educazione ambientale e circuiti turistici della ruta maya. http://www.jornada.unam.mx/2010/01/27/index.php?section=estados&article=031n2est

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Domenica 24 gennaio 2010

Arrestati 2 indigeni nei Montes Azules

Ángeles Mariscal, corrispondente. Tuxtla Gutiérrez, Chis., 23 gennaio. Poliziotti statali ed agenti della Procura Federale per la Protezione dell’Ambiente (Profepa) che hanno realizzato l’operativo di sgombero nella riserva ecologica dei Montes Azules, hanno fermato due indigeni per presunto possesso di armi.  Manuel Aguilar Cruz e Manuel Aguilar Silvano, indigeni senza terra arrivati nella selva alla ricerca di un posto dove sistemare le proprie famiglie, sono stati fermati mercoledì scorso 20 gennaio durante l’operativo nel villaggio San Pedro Guanil e, secondo la Procura di Giustizia statale, erano in possesso di una carabina calibro 22 e un’altra AK-47, e di 28 cartucce.   Gli altri coloni – uomini, donne e bambini – sono stati portati nel municipio di Palenque dove sono iniziate le trattative con le autorità per il loro ricollocamento; mentre gli indigeni che vivevano nel villaggio El Semental sono fuggiti nella selva al momento dello sgombero e si ignora dove si trovino ora.  El Semental era già stato sgomberato in due occasioni ma i suoi abitanti sono ritornati e questa volta – per impedire loro di tornare – il bestiame edi loro beni sono stati sequestrati, le abitazioni e le coltivazioni distrutte, e la zona è sotto stretta sorveglianza della polizia. http://www.jornada.unam.mx/2010/01/24/index.php?section=politica&article=008n4pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Domenica 24 gennaio 2010

Elementi della Opddic invadono la comunità zapatista Bolón Ajaw

Hermann Bellinghausen, corrispondente. Un gruppo di indigeni priisti armati provenienti dall’ejido Agua Azul (municipio ufficiale di Tumbalá), la mattina di giovedì scorso hanno invaso le terre della comunità zapatista Bolón Ajaw. Gli invasori avevano armi e machete, “pronti ad usarli per colpire i nostri compagni”, ha denunciato questo sabato la giunta di buon governo (JBG) Corazón del arcoiris de la esperanza, del caracol di Morelia.   I 57 aggressori, membri dell’Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic), indicata ripetutamente come paramilitare, durante l’azione usavano apparecchi di telecomunicazione e si sono messi subito a fumare marijuana e costruire tre capanne di 3 metri per 4 con tetto di foglie di palma sulle terre recuperate dalle basi di appoggio dell’EZLN, sulle quali gli invasori della Opddic non hanno alcun diritto agrario. Ciò nonostante, la JBG assicura che “stanno cercando lo scontro tra indigeni occupando un terreno che si trova dentro il nuovo ejido Bolón Ajaw, municipio autonomo Comandanta Ramona”, con il falso pretesto di un problema agrario.  Il gruppo filogovernativo è entrato nel terreno alle otto di mattina del giorno 21, “con atteggiamento aggressivo, brandendo i machete”, oltre che ad alcune pistole calibro 38 e 22, “e quattro persone avevano delle ricetrasmittenti”. Secondo la JBG, l’invasione era guidata da Adolfo Moreno Estrada, Miguel Silvano Pérez, Adolfo Luna López, Geremías López Hernández, Óscar García López, Salomón Moreno López, José Alberto Urbino López, accompagnati “dall’avvocato” Horacio Chipis Gallegos che “è arrivato da poco nell’ejido Agua Azul”, ma quelli della Opddic “gli hanno già costruito la casa”.   La giunta zapatista denuncia che il proposito degli invasori è doppio: “per primo, ci sono le cascate di Bolón Ajaw, ed il secondo proposito è la terra e le sue risorse naturali”.   Il fatto segna la ripresa delle aggressioni frontali dei paramilitari (ed in occasioni precedenti anche di agenti di polizia) contro la comunità autonoma Bolón Ajaw, vicina allo stabilimento balneare delle cascate di Agua Azul, e situata su un altro gruppo di cascate a valle, fino ad ora vergini, di cui si prendono cura le famiglie tzeltales zapatiste della comunità.  Nei mesi precedenti, le aggressioni paramilitari, poliziesche e militari sono state rivolte apertamente contro le comunità aderenti all’Altra Campagna nella stessa zona (San Sebastián Bachajón, Xanil e Jotolá). Sembrava che le ostilità della Opddic contro gli zapatisti di Bolón Ajaw fossero diminuite nel 2009. Non così nello stabilimento balneare di Agua Clara, nella stessa regione, dove gruppi filogovernativi, appoggiati da poliziotti statali, hanno mostrato ostilità contro le basi di appoggio dell’EZLN.   “Siccome conosciamo bene queste persone che sostengono i piani di Felipe Calderón e di Juan Sabines di volere fare affari con le nostre ricchezze naturali, immaginiamo che siano anche affamati di soldi senza però prendere in considerazione le conseguenze di questo”, afferma la JBG.   Le basi di appoggio del municipio autonoma Comandanta Ramona dichiarano nel comunicato: “Non consegneremo le ricchezze naturali, le difenderemo in ogni modo”. http://www.jornada.unam.mx/2010/01/24/index.php?section=politica&article=008n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo) 

Il comunicato completo della JBG: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/jbg/2864?utm_source=feedburner&utm_medium=email&utm_campaign=Feed%3A+EnlaceZapatista+%28Enlace+Zapatista%29&utm_content=Yahoo%21+Mail

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La Jornada – Giovedì 21 gennaio 2010

La Cocopa chiede di non promulgare la legge indigena del Chiapas

Ángeles Mariscal, corrispondente. Tuxtla Gutiérrez. La Commissione di Concordia e Pacificazione (Cocopa) ha chiesto al governatore del Chiapas, Juan Sabines Guerrero, di sospendere la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Statale della Legge sui Diritti Indigeni dell’entità, per portarla a consultazione tra i gruppi coinvolti direttamente dalla legge approvata dal Congresso locale il 30 dicembre scorso. Con la legge, risultato di un’iniziativa dell’Esecutivo del Chiapas, si vuole plasmare i principi normativi del diritto alla libera determinazione e autonomia contenuti negli accordi di San Andrés Larráinzar. Durante una riunione che i senatori e deputati federali che compngono la Cocopa hanno tenuto il 13 gennaio scorso, e che è stata trasmessa dalla TV, il presidente dell’organismo, Jaime Martínez Veloz, ha spiegato che il capitolo 6 del Trattato 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro rileva la necessità che qualunque legislazione al riguardo passi per un processo di consultazione con i popoli indios, cosa che non è stata fatta in questo caso, e questo avrebbe suscitato le critiche di coloro che sono stati consulenti dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. Il deputato federale petista Amadeo Espinoza Ramos ha detto che la “speranza” della Cocopa è “che da parte zapatista arrivi la loro opinione. Sarebbe un passo molto importante che le comunità indigene partecipino e comincino ad accettare la presenza governativa nel suo insieme”. http://www.jornada.unam.mx/texto/008n3pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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La Jornada – Martedì 19 gennaio 2010

 Confederazione degli Industriali della Repubblica Messicana (Coparmex): Persistono le cause motivo della sollevazione zapatista

Juan Carlos Miranda.  Le cause che diedero origine all’apparizione del movimento zapatista in Chiapas (povertà e diritti delle comunità indigene) il primo gennaio 1994, lo stesso giorno dell’entrata in vigore del Trattato di Libero Commercio dell’America del Nord (TLCAN) continuano ad essere attuali malgrado “per molti la firma dell’accordo rappresentasse il nostro ingresso nella modernità”, ha dichiarato la Confederazione degli Industriali della Repubblica Messicana (Coparmex).   Nel suo messaggio settimanale, l’organizzazione ha fatto una riflessione su due eventi che, ritiene, hanno segnato la storia recente del Messico: l’entrata in vigore del TLCAN e la comparsa dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN).   “Il Messico di oggi e le sue grandi sfide non si capirebbero senza l’influenza di questi due avvenimenti”, ha affermato.   La Coparmex afferma che sebbene il Trattato di Libero Commercio abbia rappresentato benefici per il paese, “non tutti i settori economici hanno ottenuto risultati incoraggianti”. Aggiunge che nonostante l’accordo che rappresentava – secondo l’organizzazione – l’ingresso del Messico nella dinamica economico mondiale, col quale si è lasciò dietro un modello di sviluppo basato sul protezionismo, “ancora il 51% dei messicani vive nella povertà e quasi 19,5 milioni in povertà estrema”.   Il presidente di Coparmex, Gerardo Gutiérrez Candiani, sostiene che la comparsa dell’EZLN fu la dimostrazione che non tutti i messicani erano d’accordo con l’apertura commerciale e col nuovo modello di sviluppo che si proponeva.    Al di là della polemica sull’origine e gli “obiettivi reali” dell’Esercito Zapatista, così come la sua espressione violenta, con la quale – ha detto – gli industriali non sono d’accordo, questo movimento ha inserito nell’agenda nazionale l’emarginazione e la povertà che soffre una grande parte della società, ed il fatto che il Messico è un paese plurale dove convergono distinte culture e concezioni sullo sviluppo e l’organizzazione sociale.   In questo senso ammette che “la povertà e la disuguaglianza continuano ad essere il maggiore debito sociale a 100 anni dalla Rivoluzione Messicana”.   Suggerisce che sarebbe opportuno che nell’attuale discussione sulla riforma dello Stato si riprendesse la questione dei diritti indigeni, in modo che si riconoscano pienamente queste garanzie collettive senza andare contro i principi costituzionali, poiché “ci sono state varie riforme sui diritti politici e culturali delle comunità indigene, ma senza l’avallo di molti dei loro rappresentanti”.   Rispetto al TLCAN, Candiani segnala che si devono riconoscere i benefici che questo ha portato a Messico, Canada e Stati Uniti. “A 16 anni, il volume dell’economia dei tre paesi è raddoppiato, il commercio triplicato e sono stati creati 40 milioni di posti di lavoro nella regione su una popolazione superiore a 440 milioni di individui”.   Inoltre, il Messico è diventato uno dei maggiori destinatari di investimenti stranieri del mondo, assorbendo più di 156 mila milioni di dollari dai suoi due soci in 15 anni, ed è diventato una potenza industriale ed esportatrice.   Tuttavia, fa notare che il grande punto in sospeso del Messico rispetto al trattato commerciale e agli altri accordi simili stipulati con altri paesi o blocchi regionali, è integrare le sue piccole e medie imprese alla dinamica del commercio internazionale, sia come esportatori o come parte della catena di fornitura di queste.   Dichiara inoltre che il Trattato di Libero Commercio dell’America del Nord è entrato in una fase di stagnazione nella sua “competitività”, e sottolinea che la nostra regione sta perdendo i vantaggi in confronto a 16 anni fa, per cui ritiene necessario rafforzare l’accordo per passare dall’integrazione commerciale ad un’integrazione produttiva che contempli fattori come infrastrutture, regolamenti e pratiche economiche sostenibili.  http://www.jornada.unam.mx/texto/003n1pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Villista di 109 anni.

Settimanale PROCESO – 15 gennaio 2010

Juan Carlos Caballero Vega - Foto di Raul Rubio

Stiamo peggio che nel 1910, dice un villista di 109 anni

Arturo Rodríguez García.  Monterrey, NL., 15 gennaio (apro).- Per Juan Carlos Caballero Vega, uno degli ultimi combatteti visi della Rivoluzione Messicana, non è servito a niente il sangue versato perché oggi, vittime di politici ladri e del malgoverno, c’è fame e desolazione in tutto il paes

e.  “Stiamo andando in malora, non va bene per niente. Tutta colpa di questo uomo, il presidente Calderón. Stiamo peggio che nel 1910, cento anni fa la gente in qualche modo aveva da mangiare in campagna.  “Oggi, non è più così, le campagne non ci sono più e nelle zone urbane ci sono fame e desolazione;  per questo la gente deve organizzarsi per lottare contro il malgoverno, contro i suoi politici che sono solo dei ladri, guarda l’esempio del governo di Natividad González Parás (ex governatore dello stato di Nuevo León”, segnala.  Con i suoi 109 anni, vive in un modesto ricovero per anziani ai piedi del Cerro de La Silla, Caballero Vega è lucido. È stato oggetto di documentari e reportage sulla sua partecipazione all’attacco di Columbus del 1916, quando aveva 15 anni.  Nonostante la cataratta, è informato su tutto quello che succede di questi tempi: critica la situazione economica e la riforma energetica, e dice di leggere giornali ed ascoltare i notiziari, perché “sono le ingiustizie che ci tengono in allerta e attenti a quello che succede”.   …….. http://www.proceso.com.mx/rv/modHome/detalleExclusiva/75604

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Rivedere legge indio in Chiapas.

La Jornada – Domenica 17 gennaio 2010

Encinas: La legge indigena per il Chiapas va rivista

Elio Henríquez, corrispondente. San Cristóbal de Las Casas, Chis., 16 gennaio. La legge sui diritti indigeni per il Chiapas, promossa alla fine di dicembre dal Congresso locale, deve essere rivista perché “presenta un vizio di origine”, poiché non sono stati consultati i presunti beneficiari, osserva Alejandro Encinas Rodríguez, coordinatore della frazione perredista alla Camera dei Deputati.  Inoltre – segnala – questa legge “non risponde all’impegno in sospeso di dare compimento agli accordi di San Andrés Larráinzar” – firmati dal governo federale e dall’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale il 16 febbraio 1996 – nei quali tutta  “non tutto è di competenza federale, ma molto è materia di legislazione locale”, ha dichiaratohttp://www.jornada.unam.mx/2010/01/17/index.php?section=politica&article=007n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Sabato 16 gennaio 2010

Alberto Patishtán, “prigionieri politico” in Chiapas, ha una perdita della vista del 50% da un occhio

La Voz del Amate insiste a chiedere la sua liberazione “immediata e incondizionata”

Hermann Bellinghausen. La Voz del Amate, l’organizzazione dei prigionieri politici di Chiapas nata nel gennaio del 2006, denuncia che il professor Alberto Patishtán, uno degli ultimi membri del gruppo ancora in prigione, soffre di un grave problema oftalmico a causa del quale ha perso il 50% della vista all’occhio destro, e non ha ricevuto assistenza medica nella prigione di San Cristóbal de las Casas.   Ma innanzitutto, La Voz del Amate ribadisce al governo chiapaneco la richiesta di libertà “immediata e incondizionata” di Patishtán. La comunicazione, scritta a mano, segnala che “come saprà” il governatore Juan Sabines Guerrero, “sono innocente dei reati fabbricati contro di me, e d’altra parte lo ritengo responsabile della mancanza di assistenza medica per la mia vista, poiché ho già notificato la gravità della mia malattia a questo carcere numero 5 e non c’è stata ancora nessuna cura medica”.  Anche Rosario Díaz Méndez, altro membro di La Voz del Amate, “patisce le stesse conseguenze per la mancanza di cure mediche per una malattia di cui soffre”, il quale si è unito alla resistenza organizzata dei detenuti.    Patishtán, maestro tzotzil di El Bosque, è in prigione da nove anni “ingiustamente”, insiste. Il governo statale ha liberato la maggior parte degli arrestati dell’Atra Campagna membri di La Voz del Amate, ma non ha rispettato la sua parola di liberare il professore col pretesto che i suoi reati sono di ordine federale.  (…)  “In questi lunghi anni mi sono dedicato al lavoro nell’artigianato tessile per provvedere al sostentamento della mia famiglia, a riflettere e chiedere la mia libertà che mi è stata rubata per ingiustizia”, sostiene Patishtán, che continua a pagare il crimine commesso da altri (l’uccisione di poliziotti a El Bosque nel 1998, dove non è mai stata dimostrata la responsabilità del detenuto ma è stato provato che le autorità priiste l’hanno trasformato in “capro espiatorio”, per vendetta politica e per chiudere in maniera sospetta il caso di un grave crimine ancora impunito).  Ne approfitta per ricordare che “in questo 2010, un anno in più si somma agli anniversari dell’EZLN, un gennaio indimenticabile (1994) dove la gente povera ha detto basta, basta a tutto, da ora in poi la verità deve governare davanti all’ingiustizia”, aggiunge nel documento.  (…)  Tradito dai suoi stessi compagni di partito priisti al tempo del governatore Roberto Albores Guillén, e senza essere mai stato Patishtán un vero oppositore dello zapatismo (allora brutalmente soffocato nel municipio autonomo San Juan de La Libertad), quattro anni fa è diventato simpatizzante dello zapatismo e fondatore di La Voz del Amate e aderente all’Altra Campagna.  http://www.jornada.unam.mx/2010/01/16/index.php?section=politica&article=011n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – 14 gennaio 2010

La Commissione per lo Sviluppo dei Popoli Indios (CDI) non cede alle richieste degli indigeni

Ángeles Mariscal. Tuxtla Gutiérrez, Chis., 13 gennaio. L’autodeterminazione dei popoli indios, come reclamata dall’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) non è nell’agenda dell’attuale amministrazione federale, perché il tema è “superato” dalle riforme all’articolo 2 della Costituzione federale, introdotte nel 2001, ha affermato il direttore della Commissione per lo Sviluppo dei Popoli Indios (CDI), Xavier Abreu Sierra.   Durante la presentazione del panista Javier Zepeda a delegato statale della CDI, Abreu Sierra ha spiegato che attualmente il governo federale lavora con le camere dei senatori e deputati nella creazione di due leggi “per rendere vigenti ogni giorno i diritti dei popoli indios”.   Ha spiegato che questi ordinamenti sono la legge attuativa dell’articolo 2 costituzionale, e la Legge Nazionale di Consultazione per i Popoli e Comunità Indigene. A detta di Abreu Sierra, con le due leggi si regolamenta l’accesso dei popoli indigeni ai loro usi, costumi e diritti.  Abreu Sierra ha detto che il governo federale lavora per regolamentare la consultazione come metodo di lavoro nelle comunità indigene. http://www.jornada.unam.mx/texto/015n2pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Brad Will: nessun colpevole.

La Jornada – Mercoledì 13 gennaio 2010

 L’avvocato della famiglia sostiene che la Procura Generale della Repubblica deve cercare l’assassino di Brad Will nella polizia

Elio Henriquez. San Cristóbal de Las Casas, Chis., 12 gennaio. La posizione della famiglia di Brad Will – il cameraman statunitense assassinato nell’ottobre del 2006 a Oaxaca – “è di soddisfazione” rispetto all’appello che la giustizia federale ha recentemente concesso a Juan Manuel Martínez Moreno contro il decreto di arresto emesso contro di lui per la morte del giornalista, “perché fin dall’inizio abbiamo sempre creduto che non fu lui a sparare”, ha affermato Miguel Ángel de los Santos, avvocato e rappresentante legale dei famigliari del reporter.  “Speriamo che la PGR (Procura Generale della Repubblica) capisca che se un’autorità federale ha rivisto il caso ed ha determinato che non ci sono elementi sufficienti di prova per iniziare un processo, tanto meno ce ne saranno per emettere una condanna. La PGR deve lasciare in libertà questo innocente e reindirizzare le indagini in una direzione che non si è voluta affrontare, cioè la possibilità che gli autori materiali del crimine si trovino tra i poliziotti municipali che il giorno dei fatti hanno sparato con armi da fuoco. “Da quando Juan Manuel Martínez  – simpatizzante dell’Assemblea Popolare dei Popoli di Oaxaca – è stato fermato, abbiamo espresso la nostra opinione secondo cui l’accusa della PGR era molto debole e non aveva prove sufficienti a condannare l’accusato”, ha dichiarato nell’intervista.  Il 30 dicembre scorso il quinto tribunale di distretto del Potere Giudiziale della Federazione ha concesso l’appello a Martínez Moreno – accusato di essere l’autore materiale dell’omicidio di Brad Will – contro l’atto di arresto emesso del quarto tribunale penale.  “Il tribunale ci ha dato ragione; abbiamo dato seguito puntuale alla causa penale presso il tribunale di Oaxaca ed abbiamo provato che non c’è nessun testimone oculare che può dichiarare che Juan Manuel sparò uccidendo Brad Will”, ha dichiarato De los Santos.  Ha inoltre affermato che quando Martínez Moreno sarà liberato, “il caso resterà come dal principio: senza nessun responsabile in carcere per l’omicidio di Will”.http://www.jornada.unam.mx/texto/012n2pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Minacce di morte a Comitan.

La Jornada – Sabato 9 gennaio 2009

Minacce di morte a un difensore dei diritti umani a Comitán

Hermann Bellinghausen, inviato San Cristóbal de las Casas, Chis., 8 gennaio. Dopo essere stato “cercato” al suo domicilio dalla polizia statale, senza che se ne conoscesse il motivo, il difensore dei diritti umani Adolfo Guzmán Ordaz ha ricevuto minacce di morte a casa sua, nella città di Comitán. I fatti sono avvenuti questo martedì.

Il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas (CDHFBC) e l’organizzazione civile Enlace, Comunicación y Capacitación (ECC), al quale appartiene Guzmán Ordaz, manifestano preoccupazione per “azioni che mettono a rischio la sua integrità e sicurezza personale e della sua famiglia”.

Il 6 gennaio, alle 17:45 circa, l’attivista e la sua famiglia sono rincasati ed aprendo la porta hanno trovato una scritta tracciata con inchiostro rosso che diceva: “morte, morte, morte”. Guzmán Ordaz ha avvertito Pedro Raúl López Hernández, responsabile della Procura Specializzata nella Protezione degli Organismi non Governativi per la Difesa dei Diritti Umani, che dipende dalla Procura Generale di Giustizia dello Stato (PGJE).

Ore prima, in mattinata, elementi della polizia statale preventiva erano andati al domicilio di Guzmán Ordaz chiedendo di lui. “Non trovandolo se n’erano andati, e al pomeriggio è apparsa la scritta”, riferiscono il CDHFBC e l’ECC.

Solo il 25 dicembre scorso, all’1 di notte circa, al rientro a casa della famiglia Guzmán dopo i festeggiamenti per il Natale, il telefono aveva squillato ed una voce aveva detto: “Buon Natale, perché questo sarà il tuo ultimo Natale”.

Malgrado esista una denuncia formale presso la procura specializzata, in seguito alla quale la PGJE ha aperto l’indagine preliminare 0004/FEPONGDDH/M1/2009, e che il governo statale sia a conoscenza dei fatti, “non sono state svolte con la necessaria sollecitudine le indagini per fare luce e fermare le minacce”, sostiene la denuncia, che aggiunge:

“Il ritardo nelle indagini e la conseguente identificazione e punizione degli aggressori si deve alla negligenza del pubblico ministero di distretto Fronterizo-Sierra, José Luis Gómez Santaella “.

Nonostante le denunce, “il governo messicano non ha svolto un’indagine efficace e urgente per portare all’arresto degli aggressori, permettendo in questo modo che le minacce proseguissero”.

Nel novembre scorso, La Jornada aveva riferito che l’abitazione dell’attivista era stata brutalmente perquisita da poliziotti ministeriali che avevano terrorizzato i figli piccoli di Guzmán Ordaz, senza dare spiegazioni né presentare alcun mandato di perquiizone. http://www.jornada.unam.mx/2010/01/09/index.php?section=politica&article=008n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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Recuperate terre.

La Jornada – Martedì 5 gennaio 2010

 Indigeni tzeltales recuperano un rancho occupato dai priisti

 Hermann Bellinghausen, inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis. 4 gennaio.  Contadini tzeltales di Bachajón (municipio di Chilón) aderenti all’Altra Campagna dell’EZLN, hanno annunciato di aver recuperato una proprietà di sei ettari e mezzo, che era già stata “recuperata” dopo la sollevazione zapatista nel 1994, ma la dirigenza priista del municipio l’aveva occupata e “venduta” a Sebastián Encino Gutiérrez, già presidente municipale priista.  Come aderenti all’Altra Campagna, gli indigeni della fattoria Cumbre Nah Choj il 31 dicembre scorso hanno ripreso il rancho Jotacanteel. “La terra recuperata non si vende, è di chi la lavora”, sostengono.  “L’abbiamo fatto perché fin dall’inizio sapevamo che il padrone precedente era don Felipe Vásquez López”, al quale era stato preso il podere dopo la sollevazione. Encino Gutiérrez si è appropriato indebitamente del luogo e “voleva venderlo ad un’altra persona sconosciuta di Yajalón per 400 mila pesos”.  Questo ha provocato le proteste dei contadini aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, braccianti senza terra, che hanno deciso di “recuperare” il luogo affinché non fosse venduto a privati. “Sappiamo che questo terreno non è stato comperato con i soldi, ma con lo spargimento del sangue dei compagni caduti combattendo”.  Il rancho Joltacanteel confina col villaggio San José Chapapuil.  http://www.jornada.unam.mx/2010/01/05/index.php?section=politica&article=007n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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Chiusura Seminario.

La Jornada – Domenica 3 gennaio 2010

González Casanova: Il capitalismo è giunto alla sua “crisi terminale”. Sostiene che è inevitabile una trasformazione politica e sociale del Messico e del pianeta e sollecita a riconoscere vittorie come la rivoluzione cubana e la creazione dei caracoles zapatisti.

Luis Villoro chiama alla “resistenza organizzata” per aprire “la strada verso un mondo diverso”.

Hermann Bellinghausen, inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 2 gennaio. La convinzione che un cambiamento sociale e politico è inevitabile in Messico e nel mondo è stata sostenuta da Pablo González Casanova, sottolineando quello che è stato il punto di maggiore accordo tra i partecipanti al Seminario internazionale di riflessione ed analisi che si è svolto per quattro giorni nel Cideci-Unitierra di questa città, che si è concluso oggi.

González Casanova ha specificato che, per ottenere “l’organizzazione pacifica” di questo cambiamento, è necessario identificare “quello che non conosciamo bene e che dovremmo riconoscere meglio per raggiungere la vittoria”. Soprattutto, ha sollecitato a riconoscere quelle che “già sono vittorie”, eventi di cambiamento profondi ed irreversibili, tra i quali ha rilevato la Rivoluzione cubana e la creazione dei caracoles zapatisti.

Cuba “è l’unica nazione vittoriosa nella storia che dopo una rivoluzione socialista ha gettato le basi per impedire il ritorno del capitalismo”; e le innovative forme di governo degli indigeni chiapanechi che possiedono una “dimensione universale”, essendo le giunte di buon governo “un’organizzazione che permette di ottenere e preservare la libertà, la democrazia, la giustizia e la pace per tutti, e preservare la vita sulla Terra”.

Il filosofo Luis Villoro ha enunciato la necessità di restituire l’etica alla politica dal multiculturalità e superare la visione “occidentale” come unica spiegazione del mondo.

Il ritorno dei saperi indigeni

In tal senso, la psicoanalista Sylvia Marcos ha sottolineato quanto trascendentale sia stato “il ritorno dei saperi dei popoli indigeni” per la coscienza generale in questo momento di crisi, e la nascita di “una visione di un futuro che sia anche il nostro passato, grazie a conoscenze che si credevano scomparse”.

Lo scrittore John Berger ha inviato al seminario un messaggio per presentare il suo saggio Come resistere alla prigione-mondo: “È il principio di un nuovo anno, il principio di un nuovo decennio. Che storia stiamo vivendo? Che cosa sta succedendo al mondo? Più chiaramente possiamo rispondere a queste domande, più attivamente potremo agire. Non ho le risposte, solo alcune osservazioni”. Ha proposto “quello che vedo quando chiudo gli occhi per pensare a quello che ho visto, e poi con gli occhi ben aperti”, per “agire ed essere perseveranti”.

González Casanova ha affermato che il capitalismo mondiale è arrivato alla sua “crisi terminale”, e dopo aver descritto i suoi tratti più evidenti e distruttivi, ha sollecitato a riconoscere i cambiamenti che sono vittorie. “La cultura della negoziazione continua a prevalere, perché l’immensa maggioranza della popolazione chiede ancora cambiamenti pacifici”, ha ammesso, ed ha ricordato che durante i dialoghi di San Andrés Larráinzar tra l’EZLN ed il governo federale, nel 1995-1996, gli zapatisti fissarono il limite: “la dignità non si negozia”.

Ha ritenuto necessario comprendere la “storia emergente” dei nostri giorni (dove si uniscono in maniera inusuale categorie come “Stato-popolo e morale collettiva come forza collettiva”), così come “approfondire una politica rivoluzionaria che assicuri il successo di altri modi di produzione e accumulo vincolati in un nuovo rapporto con la natura e la vita”.

Ha aggiunto che è inoltre indispensabile registrare “l’immenso arricchimento rappresentato dalla lotta dei popoli oppressi della Terra”, così come “la nuova presenza collettiva delle donne col loro attivismo rivoluzionario” e le lotte contro i pregiudizi verso gli omosessuali, che hanno stabilito spazi per la tolleranza e la libertà.

Ha sollecitato a rafforzare le “reti delle reti” nate negli anni recenti, “originariamente sostenute dal movimento zapatista, da Cuba e da molte altre forze progressiste e rivoluzionarie”, perché l’organizzazione dei lavoratori e dei popoli in queste reti “è la chiave della trasformazione mondiale”.

Villoro ha sostenuto che “di fronte al sistema capitalista mondiale, è possibile un’altra visione del mondo”. “Non bastano le buone intenzioni” per realizzare il cambiamento, invocando i diritti universali, come fatto fino ad ora. “Contro i mali del capitalismo mondiale sarebbe necessaria la resistenza organizzata che aprirebbe la strada verso un mondo diverso, e contrario al capitalismo mondiale”. “Un ordine plurale che risponderebbe alla molteplicità di culture, e non una pretesa cultura mondiale (occidentale)”, che impone “forme di vita non scelte”, cosa che ha portato all’individualismo ed alla distruzione della natura, a differenza del comunitarismo indoamericano.

Sergio Rodríguez Lazcano, direttore della rivista Rebeldía, ha salutato Villoro e González Casanova come “maestri-compagni della sua generazione, quella del ’68”, e subito dopo ha fatto eco all’idea zapatista secondo cui il collasso del capitalismo non è necessariamente imminente; è necessario unirsi per farlo cadere. “Non sono possibili toppe al sistema, ma sono possibili, e necessari, i movimenti antisistema”, che dal “basso e a sinistra” costruiscono “un’altra politica”.

Nel suo intervento lo scrittore e pensatore sociale Walter Mignolo, prudentemente ha segnalato: “Non so se il capitalismo cadrà, ma certamente perderà il suo carattere unicentrico”. Dalla crisi ambientale “non sfugge nessuno, nemmeno i paesi centrali capitalisti”.

Ci troviamo, ha detto, in un “momento cruciale che definirà come saranno i prossimi 30 o 40 anni”. Qui emergono “i nuovi ordini che si stanno costruendo attualmente, come lo zapatismo”, che ha definito “un raccoglitore di conoscenze e pratiche che sembravano disperse”.

Lo stesso Mignolo sostiene, in un saggio presentato da Cideci-Unitierra: “La rivoluzione teorica dello zapatismo, con le sue conseguenze etiche e politiche, indica che è arrivato il tempo di guardare oltre le eredità europee”, per “immaginare e creare futuri democratici”, in un contesto di vera “decolonizzazione”.

Catherine Walsh, proveniente dal Perú, ha proposto di andare “molto oltre l’antisistema”, partendo dalla “insurgencias” di Abya Yala (questa nozione andina del mondo che è pronta per la trasformazione del pianeta, sulla base del “buon vivere” per cui si lotta oggi in Bolivia, Ecuador e Perú). http://www.jornada.unam.mx/2010/01/03/index.php?section=politica&article=003n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo http://chiapasbg.wordpres,com )



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La Jornada – Sabato 2 gennaio 2010

I politici vedono a rischio la loro permanenza in eterno al potere, afferma Paulina Fernández.

Perseguitano gli zapatisti perché rovinano gli affari a governo e partiti: dice la studiosa.

L’attacco contro gli zapatisti verrà da chi crede, nella sua miopia, che si possa sradicare il loro esempio

Hermann Bellinghausen, inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis. 1º gennaio. Le istituzioni dello Stato messicano ed i partiti politici “non hanno cessato di aggredire le comunità e municipi autonomi, in particolare gli zapatisti, perché la loro pratica politica, la democrazia comunitaria, evidenziano i loro veri fini, scoprono le loro bugie, mostrano le loro contraddizioni, li mostrano in tutta la loro meschinità e, non ultimo, rovinano loro gli affari nel monopolio istituzionale della rappresentazione politica della sinistra”, sostiene la ricercatrice Paulina Fernández durante il Seminario internazionale di riflessione, convocato da Cideci-Unitierra in questa città.

Questi “beneficiano e vivono alle spalle delle istituzioni, sono le cinghie di trasmissione del capitalismo, del neoliberismo. Per questo attaccano e tentano di distruggere tutto quello che impedisce loro di dominare, di appropriarsi, di arricchirsi, di essere eterni nell’usufrutto del potere”.

Una riflessione chiave attraversa questo incontro di intellettuali ed accademici: “La rivoluzione di cui abbiamo bisogno non è la stessa alla quale siamo abituati dal 1789 e che per tre secoli si è espressa in molti modi”, ha affermato Javier Sicilia, poeta ed editore della nuova rivista Conspiratio, una delle cui preoccupazioni fondanti è pensare questa rivoluzione.

Il fine dei paradigmi tradizionali della rivoluzione, come cambio in favore delle maggioranze sfruttate, escluse e perseguitate, apre strade molto diverse per riproporla, come dimostrano gli interventi in questo seminario. Sergio Tischler, accademico dell’università di Puebla, ha percorso la traiettoria del pensiero marxista e rivoluzionario che ha dovuto sempre ceduto al “fascino per la forma Stato”, la quale non “risolve l’antagonismo sociale”, e riproducendo le forme di dominazione inerenti allo Stato si riduce, citando Max Horkheimer, “ad una strategia di potere”.

Rivedendo Lenin, Gramsci, lo stalinismo ed altre espressioni della “rivoluzione” moderna, e guidato da Walter Benjamín, Tischler ha illustrato lo sforzo che implica “pensare in altro modo” le questioni chiave della sinistra anticapitalista storica. “Lo zapatismo è la rottura del ‘continuum’ del pensiero di queste questioni” per andare “oltre la dominazione”.

Per Sicilia i riferimenti sono altri, sempre disprezzati dalla sinistra: Iván Ilich, Albert Camus, Gandhi. Ma le sue conclusioni rispetto alla “altra” rivoluzione non sono molto diverse. Come nemmeno, da una logica che sembrerebbe lontana anni luce dalle idee marxiste, l’esperienza contemporanea ha gemellato inaspettatamente l’attivista e pensatrice di origine indù, e tunisina d’adozione, Corinne Kummar.

Presentandosi come “pellegrina” arrivata qui per “celebrare” lo zapatismo, “sotto l’influenza lunare” ed illustrando una cornice referenziale femminile ed universale, Kummar ha detto di concordare con chi considera lo zapatismo come “il movimento sociale più importante del nostro tempo”, poiché “osano sognare”. Ha elaborato in forma testimoniale e chiara il valore come paradigma dell’azione delle donne, sempre escluse dai processi di potere e di cambiamento.

Con le esperienze africane in mente e considerando l’America Latina, ha sottolineato il “dialogo tra civiltà” che si svolge attualmente, “da sud a sud”, che può essere l’unico che possa salvare il mondo. Un “nuovo universalismo basato sul particolare, sul nativo”.

Sicilia, che ha inviato il suo contributo che è stato letto nel plenum, riflette sulla “proporzione” che deve determinare i processi emancipatori e trova “questa verità, questa rivoluzione” nel movimento zapatista, che è tornato alla “proporzione” (territorio, governo, vita collettiva) e facendolo “ha provocato uno stravolgimento mondiale”, ma “molto pochi hanno compreso”.

Paulina Fernández ha descritto con sobri dettagli il funzionamento della democrazia e la rappresentazione nelle comunità zapatiste, dove governare è una “scuola” affinché tutti possano governare. Ed ha concluso citando John Berger nel libro Planeta Tierra: Movimientos antisistémicos, la cui pubblicazione ha dato origine a questo seminario internazionale: “Probabilmente gli zapatisti sono a rischio. Qualsiasi possibile attacco contro di loro verrà da chi crede, nella sua miopia, che si possa sradicare il loro esempio”. http://www.jornada.unam.mx/2010/01/02/index.php?section=politica&article=005n1pol

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Possibile nuova sollevazione.

La Jornada – Sabato 2 gennaio 2010

Narro Céspedes; Le motivazioni dell’insurrezione zapatista sono presenti in altre regioni.

Potrebbe sorgere “una grande sollevazione nazionale”, avverte il leader della Cocopa.

Ángeles Mariscal, corrispondente. San Cristóbal de las Casas, Chis., 1º gennaio. Le cause che 16 anni fa diedero origine all’insurrezione dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) ora sono presenti in altre regioni e a causa di questo potrebbe sorgere “una grande sollevazione nazionale”, ha affermato il presidente di turno della Commissione di Concordia e Pacificazione (Cocopa), José Narro Céspedes.  Il legislatore del PRD ed altri membri dell’organo legislativo si trovano in questa entità per intavolare un contatto con l’EZLN, e hanno sostenuto incontri col vescovo Felipe Arizmendi Esquivel ed organizzazioni non governative presenti nella zona di influenza del gruppo ribelle.  Narro Céspedes ha dichiarato che il paese si trova in una profonda crisi politica, sociale e di legittimità, con il grande problema della povertà, dell’aumento della criminalità organizzata e la mancanza di credibilità delle istituzioni. Con tali fattori – ha detto – “potremmo avere, non solo in Chiapas, ma in altre parti del paese, un altro 1994: una grande sollevazione nazionale…”   Ritiene che la decisione dell’EZLN di chiudere i caracoles in occasione del 16° anniversario della loro sollevazione “è una misura precauzionale per non mandare messaggi sbagliati né realizzare azioni che possano essere prese come una provocazione”.   Inoltre ha reso noto che nella Cocopa l’EZLN è considerato una forza politica, sociale ed indigena consolidata in Chiapas ed in altre regioni, e si cerca di sollecitarlo a riannodare il dialogo col governo.  Ciò – ha segnalato deputato per Zacatecas – anche se il gruppo ribelle “ha validi motivi per essere offeso” e non si fida né crede in un processo che ha mostrato “il suo fallimento”, perché c’è stato solo un compimento parziale degli accordi di San Andrés, ed i temi centrali continuano ad essere in sospeso. http://www.jornada.unam.mx/2010/01/02/index.php?section=politica&article=006n1pol

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Vive le cause del 1994.

La Jornada – Sabato 2 gennaio 2010

Devono realizzarsi gli accordi di San Andrés, dice Rodríguez Martell. Persistono le cause che diedero origine alla sollevazione dell’EZLN.

Enrique Méndez. Il PRD alla Camera dei Deputati ha dichiarato che le condizioni di fame, miseria e malattie in Chiapas, che generarono 16 anni fa l’apparizione pubblica dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), ancora prevalgono in quell’entità per la mancanza di risposte alle domande degli indigeni.  In un’intervista, Domingo Rodríguez Martell, membro della Commissione per gli Affari Indigeni, ha segnalato che “si avanzato molto poco nel dialogo tra le autorità del governo federale ed i gruppi indigeni di quella regione, per cui è necessario impegnare la Federazione a compiere gli accordi di San Andrés Larráinzar”.  Ha sostenuto che sebbene ci siano stati alcuni progressi nello sviluppo delle comunità, persistono “in quella regione del sudest messicano i segni evidenti” che provocarono l’insurrezione.  Rodríguez Martell, fondatore della radio indigena XANT, La voz de las huastecas, ha detto che i popoli chiapanechi considerano ancora il neoliberismo “come il loro principale nemico che attenta non solo contro i loro usi e costumi, ma anche contro la natura che è il loro habitat, che è distrutta. E continuano ad essere oggetto di sfruttamento e discriminazione”.  Il legislatore perredista ha affermato che l’indifferenza ai bisogni dei popoli del Chiapas potrà essere scossa solo “con una nuova sollevazione che potrebbe essere di qualsiasi tipo, non necessariamente armata, per ricordare che abbiamo un impegno incompiuto in quella regione ed in molte altre parti del paese”. Ha dichiarato che dal Congresso dell’Unione, la ricomposta Commissione di Concordia e Pacificazione (Cocopa) è obbligato a promuovere l’apertura di spazi di dialogo con i governi federale e statale come forma di espressione, ma anche ad obbligarli a rispettare i loro impegni con i popoli indigeni. “I loro progetti non solo devono essere ascoltati, ma soddisfatti e trovare la giusta risposta nella cornice di un’ampia riforma democratica che stiamo continuando a chiedere. Non possiamo né dobbiamo rimanere solo nell’ambito mediatico e presentare presunti successi che servono solo per le foto di rito”, ha rimproverato. Ha assicurato che, per esempio, è necessario rivedere e rafforzare la Legge per il Dialogo, la Conciliazione e la Pace Degna in Chipas, oltre che fare un bilancio della situazione di silenzio tra l’EZLN ed il governo federale. Lo status degli zapatisti, ha detto, è quello di un’organizzazione solida ed unita che ancora preserva “un enorme sostegno da parte di organizzazioni sociali, non solo del paese, ma del mondo intero”. http://www.jornada.unam.mx/2010/01/02/index.php?section=politica&article=005n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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