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Archive for luglio 2011

La Jornada – Venerdì 29 giugno 2011

Gli indigeni di San Sebastián Bachajón ribadiscono la loro lotta a difesa del territorio

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis. 28 luglio. Il vescovo Raúl Vera si è incontrato in città con gli ex detenuti di San Sebastián Bachajón e le autorità dell’Altra Campagna della regione che corrisponde a San José en Rebeldía nella cartografia autonoma zapatista, nel cuore storico tzeltal di Chilón. Vera ha ringraziato gli indigeni per il loro “esempio di lotta per il territorio e l’insegnamento di come camminare, resistere e lottare”.

Il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas (Frayba) ha informato che nel contesto della riunione ordinaria del suo consiglio direttivo, presieduto dal vescovo di Saltillo, i cinque ex prigionieri politici “hanno condiviso la gioia” della loro liberazione, e ringraziato a loro volta “per non essere stati lasciati soli in questi frangenti della loro lotta”.

Gli ejidatarios “hanno riaffermato che la loro lotta è per la difesa della terra e del territorio, e che continueranno ad organizzarsi con i compagni e le compagne”.

Da parte sua, il Frayba ha dichiarato che “è in questi momenti di gioia che, a partire dal diritto inalienabile delle persone all’autodeterminazione e dei popoli all’autonomia, diversità culturale e vita degna, il popolo organizzato difende e genera nuove pratiche nell’esercizio del diritto di vivere in pienezza i diritti umani”.

Da parte loro, come per chiudere questo capitolo di una storia che non è finita, gli ejidatarios di San Sebastián Bachajón, aderenti all’Altra Campagna, dalla loro comunità hanno ringraziato per la solidarietà ricevuta: “Grazie per aver confidato in noi, nonostante i ricatti del malgoverno che ha cercando di comprare la nostra dignità per prostituire le nostre terre. Per la nostra lotta, per le nostre sofferenze, noi che siamo in basso resistiamo, siamo qui andremo avanti”.

Hanno spiegato che la liberazione dei loro compagni “non vuol dire che smettiamo di lottare, al contrario, proseguiremo rafforzandoci di giorno in giorno”, perché “la difesa della madre terra e delle sue risorse non ha fine”.

Aggiungono: “Come esseri umani dobbiamo prendere coscienza, perché il malgoverno si sta appropriando della terra come qualcosa su cui lucrare”. Confidano che la loro recente esperienza sia “un esempio chiaro del fatto che il movimento che abbiamo creato non è politico, ma è per la nostra madre terra”, e chiedono “giustizia degna per il popolo ed il mondo”. Gli indigeni invitano collettivi, organizzazioni e media che li hanno appoggiati nei mesi scorsi a continuare a farlo. “Questo è un grazie, non un addio, perché continueremo a lottare”. http://www.jornada.unam.mx/2011/07/29/politica/020n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Martedì 26 luglio 2011

ONG chiede di indagare su possibili frodi nella costruzione della città rurale

 Hermann Bellingausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 25 luglio. La Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani (Limeddh) ha esortato il governo statale, e fondazioni come Azteca e Fomento Social Banamex “a indagare su possibili frodi nella costruzione della città rurale Nuevo Juan de Grijalva”. Ha inoltre sollecitato le commissioni nazionale e statale dei diritti umani (CNDH e CDH) a prendere in considerazione le raccomandazioni relative ai detenuti arrestati un anno fa a Tecpatán e Frontera Comalapa, perché “sono vittime di un processo ingiusto”.

Tre anni fa un disastro naturale ha distrutto la comunità Juan de Grijalva (Ostuacán) e fino ad oggi, oltre che ad “offrire l’opportunità” al governo di mettere in moto le caldeggiate città rurali, non si sono risolti i problemi nella zona. Al disastro dovuto allo smottamento del novembre 2007 sul fiume Grijalva, si è aggiunta “l’erronea strategia di recupero di Conagua e CFE” che hanno tenuto per tre mesi sott’acqua 404 case di 33 villaggi. I governi statale e federale, CFE, Conagua e fondazioni private hanno fornito risorse, programmi di aiuto, indennizzi ed acquisto di terreni. Per Limeddh, “sono positive le iniziative per aiutare i disastrati”, ma è preoccupata che si faccia “senza tenere in considerazione l’opinione e i bisogni della popolazione”. Dopo un’indagine durata tre anni, la Limeddh ha rilevato “irregolarità e conflitti sociali” per “abbandono e la corruzione nel conferimento di risorse e realizzazione di progetti”.

Emerge la “bassa qualità” nella costruzione della città rurale, in contrasto con le valutazioni del catasto statale, dove sono indicati materiali migliori di quelli realmente utilizzati, “situazione che porta a supporre una frode milionaria”. Inoltre, gli abitanti manifestano scontento per la lontananza delle case dalle loro terre, e l’inesistenza di spazi per la coltivazione o l’allevamento di animali. Senza possibilità di attivare l’economia interna, affrontano la “disintegrazione sociale”: mentre le famiglie devono abitare le case “per non perderle, come stabilisce il contratto, gli uomini emigrano in cerca di lavoro”.

Lo studio segnala “mancanza di controllo sulla consegna di risorse e l’esproprio di terreni”, ed una “distribuzione irregolare degli aiuti”. Questo “crea bande, conflitti ed un clima di paura”. I disastrati denunciano inadempimento degli impegni statali e municipali, abusi di polizia e pressioni su chi non accetta il trasferimento, “al punto di ritirare i servizi di salute ed educazione alle comunità per forzare il trasferimento nella città rurale”.

Un anno fa, di fronte alle proteste a Tecpatán e Frontera Comalapa, “le autorità risposero in maniera brutale ed indiscriminata”, dice la Limeddh, e ricorda sia i prigionieri di coscienza sia “quelli ingiustamente associati a motivi politici”.

Di fronte alla mancanza di risposte, “le vittime del disastro naturale sono state costretti ad organizzarsi”. C’è la continua minaccia contro chi è in lotta nelle comunità, e 32 sotto processo. I detenuti sono accusati di reati gravi per “tenerli in prigione” e dimostrare “quello che può succedere”, e così si soffoca lo scontento per lo sbarramento del fiume Grijalva.

Più di 300 famiglie, che vivono in capanne malsane costruite come rifugio provvisorio, “aspettano ancora la costruzione della promessa città e la consegna di altre risorse promesse”.

Il rapporto è stato presentato i primi giorni di giugno all’Esecutivo statale, CFE, Conagua, CNDH e CEDH, “come si farà con le fondazioni e le istituzioni private”. Il 16 luglio, il segretario di Governo, Noé Castañón, ha dichiarato di non essere a conoscenza dell’esistenza di dissensi. http://www.jornada.unam.mx/texto/021n1pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Lunedì 25 luglio 2011

Liberati gli ultimi campesinos ancora in carcere dei “cinque di Bachajón”

Hermann Bellinghausen. Inviato San Cristóbal de las Casas, Chis. 24 luglio. Sabato scorso sono stati rilasciati gli ultimi quattro dei “cinque di Bachajón”, campesinos aderenti all’Altra Campagna dell’ejido San Sebastián Bachajón, municipio di Chilón, in carcere da oltre cinque mesi nella prigione di Playas de Catazajá, accusati dell’omicidio di un ejidatario di Agua Azul (Tumbalá) e di presunti reati in relazione alle manifestazioni di protesta svolte sul luogo la prima settimana di febbraio.

Sebbene le accuse fossero risultate false, gli indigeni sono rimasti in prigione come “ostaggi” del governo, come ha ripetutamente sostenuto il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (Frayba).

Juan Aguilar Guzmán, Jerónimo Guzmán Méndez, Domingo García Gómez e Domingo Pérez Álvaro, che in diverse occasioni hanno denunciato maltrattamenti da parte delle autorità del Centro di Reinserimento Sociale No. 17, si trovano già nella loro comunità. Lo scorso 7 luglio era stato rilasciato Mariano Demeza Silvano, rinchiuso nel centro di reinserimento  minorile di Villa Crisol (Berriozábal).

Bisogna ricordare che questa persecuzione contro gli indigeni è avvenuta nel contesto di un conflitto a San Sebastián Bachajón per il possesso del botteghino di ingresso degli ejidatarios alle cascate di Agua Azul, importante attrazione turistica nella selva a nord dello stato. Il botteghino, installato dagli ejidatarios, era stato attaccato da militanti del PRI e del PVEM (Fondazione Colosio), che “hanno distrutto e rubato tutto quello che hanno trovato al loro passaggio”, e si sono appropriti con violenza del sito agli inizi di febbraio, con il sostegno dell’Esercito federale e della polizia che da allora rimangono acquartierati lì.

Durante gli scontri perse la vita Marcos García Moreno, del gruppo aggressore, e furono accusati quelli dell’Altra Campagna, “quando in realtà ‘l’ideologo” era il segretario generale del Governo”, dissero questi, denunciando l’aggressione come “il prodotto delle riunioni private” tra funzionari ed ejidatarios filogovernativi.

L’arresto degli indigeni, per diversi mesi ha dato origine a decine di azioni di protesta presso Consolati ed Ambasciate del Messico in Europa, Stati Uniti, Sudafrica, Australia ed Argentina, oltre a mobilitazioni in Chiapas ed in altre parti del paese. Sulla costa del Chiapas le proteste dell’Altra Campagna sono state soffocate con nuovi arresti, anche se per pochi giorni.

Il Movimento per la Giustizia del Barrio, di New York, che ha animato e diffuso queste proteste solidali ed ha giocato un ruolo determinante nella loro organizzazione, ieri sera ha confermato la liberazione dei contadini tzeltales, ed oggi l’ha fatto il Frayba, incaricato della loro difesa legale.

Gli ejidatarios dell’Altra Campagna hanno dichiarato che manterranno la resistenza e opposizione ai progetti turistici privati, così come la difesa della loro terra e territorio. http://www.jornada.unam.mx/2011/07/25/politica/016n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Domenica 24 luglio 2011

Gli indigeni chiapanechi reclamano la liberazione dei tzeltales di Bachajón

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de Las Casas, Chis., 23 luglio. Comunità indigene del selva nord del Chiapas reclamano la liberazione immediata ed incondizionata dei quattro tzeltales di San Sebastián Bachajón rinchiusi nella prigione di Playas de Catazajá per motivi politici, che la loro difesa ha definito “ostaggi dello Stato” per aver rivendicato i propri diritti territoriali ed essersi opposti ai progetti turistici as Agua Azul.

“Sono in carcere per aver fatto sentire la propria voce per reclamare quello che spetta loro, perché costruire l’autonomia in Messico è un reato. In Chiapas il malgoverno ha implementato una nuova strategia di contrainsurgencia mascherato da progetti che generano divisioni, violenza, minacce e persecuzioni contro gli attivisti sociali che difendono la madre terra”, affermano i tzeltales di Chilón e choles di Tila. Denunciano anche le condizioni carcerarie del professore tzotzil Alberto Patishtán Gómez, che sta perdendo definitivamente la vista.

Il governo, accusano, “è sempre di più interessato ai suoi progetti transnazionali e reprime la società con la presenza di polizia e militari, come se fosse una zona di guerra”. Sostengono che “(…) il botteghino di ingresso di Agua Azul è strapieno di militari; sarà perché al comandante delle forze armate avanzano soldati, o perché gli interessi vanno oltre le sue ambizioni, per militarizzare le zone dove la popolazione si oppone alla prostituzione delle sue terre”.

Denunciano che “per il malgoverno è un reato difendere quello che è dei nostri antenati; stiamo subendo molte ingiustizie, intimidazioni ed espropri violenti; ci sono molte ragioni per lottare”.

Raccontano: “Ai compagni di Tila sta togliendo le terre, subiscono persecuzioni da parte del municipio e dei paramilitari di Paz y Justicia manipolati dagli alti comandi della sfera politica”; per la loro opposizione “hanno ricevuto persecuzioni ed arresti il Consiglio Regionale Autonomo della Zona Costa e i difensori dei diritti umani, ed ai compagni di Mitzitón che si oppongono alla costruzione di un’autostrada, hanno paramilitarizzato la comunità per generare disordini”.

Dichiarano che “per il malgoverno questa è la sua guerra occulta, non contro la delinquenza ma contro coloro che reclamano giustizia con dignità”, e che “oggi più che mai è necessario prendere misure per fermare questa guerra e ricomporre il tessuto sociale e comunitario”. In “molte comunità autonome del Chiapas che si rifiutano di prostituire le proprie terre impera la violenza e l’insicurezza per la presenza della polizia “.

La situazione non migliora nelle comunità che “giorno dopo giorno sono popolate da veicoli del governo; quando si raggiunge un centro di salute l’unica cosa che si trova è il mal di testa per ottenere le ricette, non ci sono medicine ma, questo sì, dopo l’esproprio violento del botteghino a Bachajón, al governo è venuta l’idea da costruire un’altra clinica, solo per depistare dalla sua vera intenzione: l’avanzata dei i suoi progetti transnazionali”.

A sua volta, Patishtán Gómez, il prigioniero politico più vecchio dello stato, da più di dieci anni dietro le sbarre, e la cui innocenza è stata ben documentata, ha visto aggravarsi seriamente il suo stato di salute senza ricevere adeguata assistenza medica e si trova sul punto di restare cieco per un glaucoma e complicazioni diabetiche.

Patishtán Gómez, portavoce della Voz del Amate ed aderente all’Altra Campagna, rinchiuso nella prigione di San Cristóbal, ha dichiarato in un manoscritto: “I governanti parlano molto di rispetto dei diritti umani, mentre vediamo il grande numero di persone assassinate, scomparso ed imprigionate, senza protezione alcuna da parte delle autorità. A causa di queste violazioni proseguono le nostre reclusioni ingiuste e fabbricazione di reati”.

Il suo problema si colloca in questa “cornice di ingiustizia”, a causa della quale è stato accusato dell’omicidio di alcuni poliziotti durante un’imboscata a El Bosque nel 1998, accusa che non è mai stata dimostrata. Patishtán, rispettato docente che in prigione è diventato attivo difensore dei diritti umani, scrive: “Sono affetto da glaucoma in fase terminale con conseguente cecità, per cui chiedo al presidente Felipe Calderón Hinojosa la mia liberazione incondizionata; Juan Sabines Guerrero, governatore del Chiapas, ha già riconosciuto pubblicamente la mia innocenza”, come fece lo scomparso vescovo Samuel Ruiz.

I reati a suo carico sono di competenza federale, per cui è stato escluso dalla liberazione di oltre 40 prigionieri politici, molti dei quali dell’Altra Campagna, avvenuta dopo numerosi scioperi della fame durante la presente legislatura. http://www.jornada.unam.mx/2011/07/24/politica/021n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Sabato 23 luglio 2011

Ad Actela denunciano persecuzioni ed il taglio dell’energia elettrica

Hermann Bellinghausen. Inviato. Acteal, Chis., 22 luglio. Presto saranno 14 anni dal massacro compiuto qui, e l’organizzazione della società civile Las Abejas denuncia almeno tre attentati recenti contro l’auto del parroco di Chenalhó, Marcelo Pérez Pérez, che potevano costargli la vita. “È evidente l’intenzione di fare del male a padre Marcelo”, sostengono i tzotziles sopravvissuti di Acteal durante una cerimonia religiosa officiata dallo stesso sacerdote, anch’egli tzotzil e “impegnato per la verità e la giustizia”.

Durante la cerimonia per ricordare i 45 caduti il 22 dicembre 1997, Las Abejas, aderenti all’Altra Campagna, hanno denunciato la persecuzione della Commissione Federale dell’Elettricità (CFE) a Nuevo Yibeljoj. L’ente parastatale ha tagliato la luce a 10 famiglie dell’organizzazione in resistenza. La cosa dolorosa del fatto è che la CFE ne ha approfittato per mettere contro tra loro le famiglie indigene del villaggio.

“Siamo tutti fratelli nel condividere lo sfollamento del 1997 ed i molti anni di lotta”. Si dicono dispiaciuti che i membri dell’organizzazione oggi chiamata Las Abejas AC, staccatasi da Las Abejas e dalla resistenza per negoziare col governo statale, si siano prestati per attaccarci”.

Il ruolo della CFE è chiaro: “E’ quello che fa il governo e l’ha fatto con lo sfollamento ed il massacro di Acteal, comandare agli indigeni stessi di aggredire i loro fratelli. Ripetiamo che il pagamento della luce è solo un pretesto per attaccarci e creare conflitti ‘intercomunitari’, perché anche alcuni dei membri del gruppo che si fa chiamare ‘Las Abejas AC’, di Nuovo Yibeljoj, non pagano, perché vivono alla giornata come noi, ma a loro non hanno tagliato la luce”.

Giorni dopo, la notte del 13 luglio, un membro di Las Abejas filogovernative è andato a casa di José Alfredo Jiménez Pérez (dirigente di Las Abejas originali) “insultandolo, minacciandolo e prendendosi gioco della resistenza pacifica”. Questo clima di tensione è nuovo. Come ha detto un ragazzo che ha condotto la manifestazione di denuncia prima dellaa messa, “il governo vuole far rinascere la situazione del ’97 ed ingannare per distruggere il popolo”.

Gli indigeni ripetono che la loro resistenza è pacifica, e che i loro compagni di Nuevo Yibeljoj hanno partecipato all’installazione della linea elettrica nel villaggio dove sono tornati dopo il loro esodo. “Speriamo che gli ex compagni ci rispettino e non si lascino strumentalizzare dalla CFE e dal governo, poiché abbiamo sentito voci minacciose secondo le quali ai nostri compagni non permetteranno più di ricollegarsi alla rete.

Durante la cerimonia alla quale hanno partecipato un centinaio di indigeni, con la presenza di osservatori solidali di Messico, Stati Uniti, Stato spagnolo, Italia e Svezia (seguita da due per nulla dissimulate “spie” con cappellini da baseball ed auto ufficiale), Las Abejas hanno dichiarato: “Anche se il governo vuole umiliare la nostra lotta e resistenza, e benché il governo con la sua malvagità, attraverso programmi assistenziali, tenti di rompere il tessuto sociale delle nostre comunità, non permetteremo che questo accada, perché la nostra lotta è legata al cielo e alla terra, è sorella della saggezza della natura”.

Ricordano che il prossimo 12 agosto saranno due anni che la “Corte Suprema di Ingiustizia della Nazione”, ha ordinato la scarcerazione dei paramilitari “che hanno assassinato i nostri fratelli e sorelle di Acteal”. A motivo di ciò, hanno annunciato una protesta per quel giorno “per denunciare questa grave impunità e violazione del nostro diritto di conoscere la verità come sopravvissuti e familiari di quelli massacrati”.

Durante la cerimonia senza fretta, durata diverse ore alla maniera comunitaria indigena, dove ha pure cantato il Coro di Acteal con vera vocazione canora, Las Abejas hanno dichiarato: “Mentre il governo di Juan Sabines Guerrero spende milioni di soldi del popolo per vantarsi delle sue grandi opere, come le città rurali, la realtà delle comunità del Chiapas è molto diversa da quello che ci vogliono far credere sui loro mezzi di comunicazione completamente controllati”.

Si riferiscono alle recenti aggressioni contro le comunità zapatiste dei caracoles di Oventic, La Garrucha e Morelia, ma non solo contro di esse “che da sempre sono critiche nei confronti del governo”. “Aggrediscono anche gli abitanti della città rurale Nuevo Juan de Grijalva, che per tradizione politica e religiosa sono poco critici nei riguardi del governo, e che si sono visti obbligati a protestare per le numerose mancanze e frodi presenti nella loro città rurale, e che per questo sono finiti in prigione”.

Sottolineano che “dietro la sofferenza dei nostri fratelli di Nuevo Juan de Grijalva c’è sempre la CFE, che si conferma il braccio armato del governo per i suoi piani di contrainsurgencia”. http://www.jornada.unam.mx/2011/07/23/politica/017n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Venerdì 22 luglio 2011

Le comunità del Chiapas lamentano gli impegni disattesi del governo

Hermann Bellingahusen. San Cristóbal de las Casas, Chis. 21 luglio. Nei giorni scorsi sono avvenuti, opuure si sono aggravati, una serie di episodi di repressione contro mobilitazioni e proteste indigene e contadine in diverse regioni della geografia chiapaneca che, nonostante le loro grandi differenze, hanno due cose in comune: sono gruppi che hanno negoziato col governo e partecipato ai suoi programmi sociali, e che ora reclamano (e vengono puniti per questo) gli inadempimenti degli impegni del governo. In altre parole, sono famiglie, comunità od organizzazioni che non sono in resistenza,ma piuttosto sono in stato di assistenza.

Si tratta di ricollocamenti concordati, alcuni consumati, che oggi naufragano. La Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani (Limeddh), l’Osservatorio delle Prigioni (OPN) e Maderas del Pueblo del Sureste, presentando diversi casi che comprendono ormai un buon numero di arrestati, torturati e sfollati sia nel municipio di Ostuacán che a Frontera Comalapa, Salto de Agua, Jaltenango e Tecpatán, rilevano:

“Sono trascorsi più di tre anni dal disastro che ha cancellato la comunità Juan de Grijalva, e fino ad oggi, oltre ad offrire l’opportunità perfetta al governo di mettere in moto l’ambizioso progetto delle città rurali, più che risolvere i problemi della zona, si è creato lo scontro all’interno delle comunità colpite, la dispersione dei loro abitanti e la repressione dei movimenti sociali sorti in questo ambito, oltre a molte persone arrestate”.

Nel caso della città rurale Nuevo Juan de Grijalva, molti hanno dovuto abbandonare le proprie case perché sono inabitabili, ma non possono più tornare al loro domicilio originale nell’area conosciuta come El Tapón dopo le inondazioni del fiume Grijalva del novembre 2007, quando furono colpite decine di comunità; il governo non ha rispettato gli impegni presi con gli abitanti di La Herradura (Rómulo Calzada), ma ha già dato in concessione le loro terre ad imprese di Giappone e Stati Uniti per allevare pesce. “Chi ci restituirà quello che abbiamo perso? Il governo si era impegnato ma non ha rispettato la parola”, si lamenta il contadino Victorino González.

In questo tipo di casi si trovano alcune famiglie choles che sono stae sfollate sei volte, due dai Montes Azules, ed ora sono state sgomberare “da paramilitari”, dicono, di Las Conchitas (Salto de Agua), dove anni fa le aveva ricollocate il governo con una serie di promesse non mantenute, ed ora non hanno più nemmeno la propria case. Sono state espulse e le autorità non sono intervenute per proteggerle. Oggi sono accampate davanti alla cattedrale di San Cristóbal, sostenute dal Fronte Nazionale di Lotta per il Socialismo (FNLS), per chiedere giustizia.

Balza all’attenzione che, oltre alle proteste delle vittime, sono state represse anche mobilitazioni di appoggio da parte di organizzazioni come MOCRI-CNPA-MLN. Qualche settimana fa, a Tecpatán e Frontera Comalapa, questo appoggio è costato la prigione ad oltre 20 di loro. La metà, di Tecpatán, sono ancora in carcere ed in cattive condizioni. Alcuni sono stati torturati dai poliziotti, come Santos Saas Vázquez, di 60 anni, al quale hanno ustionato col fuoco entrambe le braccia e non ha ricevuto assistenza.

An Jaltenango, decine di famiglie da ricollocare spettano un alloggio e vivono da due anni in un accampamento di rifugiati in condizioni di insalubrità ed abbandono. La Villa Rural (variante delle città reclamizzate) Emiliano Zapata, concordata tra la OPEZ-MLN a Tecpatán ed il governo statale, e che è quasi conclusa, è abbandonata da quasi due anni perché mancano le condizioni di sicurezza, mentre i suoi potenziali abitanti vivono in condizioni insalubri. Nel frattempo la loro organizzazione si è rotta, ci sono dirigenti in prigione ed è in soseso il futuro dei quartieri Rubén Jaramillo, Genaro Vázquez, Nuevo Limoncito, Ricardo Flores Magón e Los Guayabos. Nelle loro proteste hanno occupato le sedi dell’ONU, a motivo “degli Obiettivi del Millennio”.

Tuttavia, tutti loro continuano ad aspettare che il governo “paghi il giusto”, mantenga le promesse e smetta di perseguirli penalmente. http://www.jornada.unam.mx/texto/020n1pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Giovedì 21 luglio 2011

L’Altra Campagna chiede la fine delle minacce e dei saccheggi e denuncia la “crescente paramilitarizzazione” nei villaggi zapatisti

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 20 luglio. La minoranza filogovernativa di Jotolá, municipio di Chilón, ora sembra si sia affiliata all’Organizzazione Regionale dei Coltivatori di Caffè di Ocosingo (Orcao), una novità. Le costanti aggressioni nella comunità tzeltal contro gli aderenti dell’Altra Campagna hanno  solo cambiato nome.

Visto nell’insieme dei fatti recenti nella regione, che colpiscono le comunità zapatiste, dell’Altra Campagna o perfino di altre organizzazioni, tutto indica che ci troviamo di fronte alla paramilitarizzazione (almeno di una strumentalizzazione contrainsurgente) dell’organizzazione dei coltivatori di caffè col pretesto di presunte dispute per le terre recuperate dagli zapatisti, cosa che annuncia anche l’imminenza della stagione elettorale in Chiapas.

Da parte sua, facendo eco alle nuove denunce delle giunte di buon governo (JBG) di Oventic, Morelia e La Garrucha, la Rete contro la Repressione e per la Solidarietà si è pronunciata contro fatti come quelli accaduti a Nuevo Paraíso, municipio autonomo Francisco Villa, “dove membri della Orcao hanno occupato violentemente le terre delle basi di appoggio zapatiste”. Come denunciato dalla JBG El Camino del futuro “l’azione della Orcao è dettata dai suoi legami con i tre livelli di governo”.

Non sono fatti isolati. Recentemente la JBG di Oventic ha denunciato che le basi di appoggio dell’EZLN a San Marcos Avilés (Sitalá) “vivono una situazione di forte tensione e paura per le aggressioni e le minacce della gente dei partiti e per la presenza di pattuglie di polizia”.

Questo, mentre la JBG di Morelia ha denunciato che elementi della Orcao “hanno sequestrato e torturato basi zapatiste del municipio autonomo Lucio Cabañas”.

Questo modo di “camuffare il saccheggio del territorio” da parte del governo, “utilizzando l’intervento di gruppi di stampo paramilitare o di scontro, è una strategia di contrainsurgencia elaborata da istanze governative. E’ chiaro che l’esproprio della terra è l’attuale arma che dà accesso ai loro piani economici, ma non solo, è anche il modo attraverso il quale vogliono lacerare un popolo in resistenza, annichilire la sua cultura e distruggerne l’autonomia”.

Citando la JBG di Oventic (primo luglio), la Rete avverte: “Che non pensino di fermare con le provocazioni, le minacce, le aggressioni e le persecuzioni la lotta dei popoli zapatisti per la costruzione della propria autonomia e per la liberazione nazionale. Costi quel che ci costi, succeda quel che succeda, noi andremo avanti perché è nostro diritto”.

Ricorda che tutte queste “terre sono state recuperate nel 1994 nel contesto della sollevazione dell’EZLN, e riassegnate alle famiglie originarie; né i politici corrotti ed i loro gruppi armati, né gli interessi finanziari ed i loro eserciti industriali hanno nessun diritto su di esse, la libertà in territorio zapatista non è quella del libero commercio, ma quella che costruiscono in forma comunitaria partendo dalla loro autonomia”.

L’organizzazione dell’Altra Campagna chiede la sospensione immediata delle minacce e degli espropri contro le basi zapatiste da parte dei tre livelli di governo e della Orcao.

Ma anche a Nuevo Jerusalén (Ocosingo) i coloni, questo martedì, hanno chiesto l’intervento delle autorità governative affinché “cessino le provocazioni” di elementi dellaOrcao, guidati da José Pérez Gómez e Nicolás Bautista Huet, “che hanno tentato di cacciarci dalle nostre case armati di machete, bastoni ed asce”. Precisano che delle 150 famiglie di Nuevo Jerusalén, vicino al sito archeologico di Toniná, solo 8 appartengono alla Orcao. http://www.jornada.unam.mx/2011/07/21/politica/023n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Martedì 19 luglio 2011

I Consigli Autonomi Zapatisti ripristinano i cartelloni che segnalano Toniná come zona ribelle

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis. 18 luglio. I consigli municipali autonomi zapatisti di Francisco Gómez e San Manuel hanno ripristinato le insegne che identificano Toniná come territorio ribelle e terre recuperate dall’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN). Queste segnaletiche erano state rimosse da funzionari statali e dal presidente municipale di Ocosingo, Arturo Zúñiga Urbina, il 20 giugno scorso, alla vigilia di una visita del governatore dello stato al sito archeologico.

Con una semplice cerimonia alla quale hanno partecipato decine di basi di appoggio dell’EZLN delle comunità autonome circostanti: Javier López, San Juan la Palma, Maya Tzeltal e La Libertad, i rappresentanti autonomi questa domenica hanno ribadito che i proprietari dei poderi attigui alla piramide di Toniná sono le basi di appoggio ribelli e che i loro territori sono organizzati con la giunta di buon governo (JBG) di La Garrucha.

Prima dell’evento ufficiale che si sarebbe svolto il 21 giugno, a Toniná era arrivato Horacio Schroeder Bejarano quale inviato del governatore Juan Sabines Guerrero, insieme al sopracitato presidente municipale di Ocosingo. Volevano convincere Alfonso Cruz Espinosa e Benjamín Martínez Ruiz, basi zapatiste, a rimuovere le insegne che indicavano che si tratta di terreni autonomi. “Non le abbiamo messe noi, è stata la JBG, parlate con loro”, risposero.

Inoltre, gli zapatisti insistettero per il rispetto di un verbale di accordo firmato dallo stesso Schroeder e da altri funzionari tempo addietro, e di altri impegni presi dal governo.

Gli impegni, per il resto, riguardano solo il rispetto verso gli zapatisti, la loro legittimità ed i loro diritti (e non, come d’abitudine, promesse economiche, “aiuti” o regalie). Il sindaco Zúñiga si era impegnato a restituire una delle insegne del municipio autonomo Francisco Gómez, che si erano portati via gli impiegati municipali. Ma questo non è avvenuto.

L’azione dei consigli autonomi zapatisti avviene inoltre nel contesto di un presunto conflitto familiare, indotto dallo stesso governo statale, che ha messo Cruz Espinosa contro due sue sorelle che non risiedono nella proprietà ma se ne vogliono appropriare per consegnarlo al governo, il quale, per il resto, ha già cercato di appropriarsi di queste terre con diversi pretesti. Sono interessati a queste terre l’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia (INAH), la Segreteria del Turismo e lo stesso presidente municipale di Ocosingo.

Ciò nonostante, nel 2009 le autorità governative finirono per riconoscere Cruz Espinosa proprietario legittimo.

La contabile Julissa Camacho Ramírez, direttrice del museo del sito, è stata molto attiva nell’alimentare il conflitto familiare, secondo gli zapatisti. “Ci ha sempre mancato di rispetto”, sottolineavano alcuni giorni fa.

Con questo argomento continuano a chiedere la destituzione di Camacho Ramírez, uno dei punti nell’incompiuto verbale di accordo firmato dai funzionari mesi fa.

Il sito di Toniná recentemente è balzato agli onori della cronaca quando lo scorso 6 luglio c’è stato il ritrovamento di due pezzi maya molto importanti del periodo Classico da parte dell’archeologo Juan Yadeum Ángulo e del sindaco di Ocosingo. http://www.jornada.unam.mx/2011/07/19/politica/018n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La PIRATA segnala la pubblicazione del nuovo opuscolo, in italiano:

“La Sesta Dichiarazione e nascita dell’Altra Campagna”

Una selezione delle parti dalla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona dell’EZLN commentata da compagne e compagni aderenti all’Altra Campagna, in un’intervista realizzata in Chiapas. L’opuscolo ripercorre con parole semplici e colloquiali l’effetto della Sesta Dichiarazione sul movimento sociale in Messico e invita nuovamente a riflettere, in ogni latitudine, sulla costruzione di un movimento anticapitalista, dal basso e non elettorale.

I testi proposti sono una trascrizione e riedizione di questa intervista radio:
http://www.archive.org/details/StorieDistraordinarioMexico-terzaTappaLaOtraCampaa&reCache=1

LEGGI E SCARICA L’OPUSCOLO QUI:
http://www.archive.org/details/OpuscoloSestaDichiarazioneENascitaDellaltraCampagna

Questo libretto è prodotto da:
P.I.R.A.T.A. –
Piattaforma Internazionalista per la Resistenza e l’Autogestione Tessendo Autonomia

formata dai collettivi:

NOMADS (spazio pubblico autogestito XM24, Bologna),
NODO SOLIDALE (Roma e Messico),
COLLETTIVO ZAPATISTA MARISOL (Lugano).

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La Jornada – Mercoledì 13 luglio 2011

Denunciato il piano di costruire 74 multiproprietà in mezzo ai boschi

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 12 luglio. Gli abitanti della ranchería Huitepec Alcanfores, alle falde del monte Huitepec, vicino a questa città, denunciano la distruzione di un bosco e le pretese di trasformare la comunità in colonia urbana e costruire “74 multiproprietà” con il supporto dei governi municipale e statale. Di fronte al dissenso della popolazione, veicoli dell’Esercito federale e dei poliziotti statali e municipali, dal 3 luglio scorso, realizzano pattugliamenti

José Gómez Vázquez, agente ausiliare, a nome dell’assemblea comunitaria, ha dichiarato che non è stata mai chiesta agli abitanti l’autorizzazione al cambiamento d’uso del suolo. Indica come promotore del progetto Juan Manuel García Letona, nipote dell’ex governatore Manuel Velasco Suárez e cugino del senatore del PVEM Manuel Velasco Coello, aspirante alla governatura del Chiapas. Questa famiglia sancristobalense è già stata coinvolta in altri progetti che minacciano l’ambiente ormai molto deteriorato della valle di Jovel.

I contestatori di Huitepec Alcanfores denunciano l’ex agente municipale Alejandro Cabrera Cano, segretario tecnico nella presidenza municipale della perredista Cecilia Flores, come responsabile di queste azioni: “È una persona che si oppone sempre all’assemblea e si rifiuta di partecipare ai lavori della comunità”.

Cabrera Cano ostenta che “il governatore stesso gli ha consegnato la mappa urbana”, mentre l’impresario García Letona “è il diretto responsabile del disboscamento”. Gli abitanti il giorno 5 sono andati alla Procura Federale per la Protezione dell’Ambiente alla quale avevano già presentato una denuncia nel gennaio scorso, e la procura ha notificato loro che il caso “ormai era chiuso”. “Stanno proteggendo il cugino dal senatore Velasco Coello”, hanno dichiarato.

Gli abitanti sostengono che si tratta di ecocidio, perché si vuole distruggere una riserva. Nello stesso Huitepec, straordinario “monte di acqua” condiviso dai municipi di San Cristóbal de la Casas, Zinacantán e Chamula, ci sono due riserve naturali; una privata di competenza di Pronatura, ed un’altra autonoma a Huitepec Ocotal Segunda Sección, di competenza della giunta di buon governo di Oventic e gestita dale basi zapatiste dal 2007.

Huitepec è uno più dei luoghi più feriti della natura chiapaneca. E per qualcosa di peggio dello sviluppo turistico, della voracità immobiliare e dello sfruttamento delle sue risorse idriche. Esistono ormai centri abitanti ai suoi pendii, comprese alcune delle residenze più grandi e fastose di San Cristobal, ma continua ad essere un ricco insieme di boschi umidi e dimora di sette comunità tzotziles dedite all’agricoltura, sulle quali la pressione è continua affinché cedano le loro risorse.

Oltre alla crescita immobiliare, il Huitepec è minacciato dall’industria della sete. La Coca Cola ha un impianto alle sue falde, e così un’industria di imbottigliamento di acqua, ed in maniera alquanto simbolica la Pepsi Cola ha installato un grande deposito esattamente a Huitepec Alcanfores.

I pattugliamenti federali sono proseguiti. “Salgono alla ranchería senza avvisare l’agenzia municipale”, dice l’agente ausiliare: “L’Esercito deve avvisarci. Qui non ci sono armi, droga, né delinquenti. È una comunità pacifica che conserva usi e costumi e merita rispetto. Qui ci occupiamo gli uni degoli altri”. Deplora che i soldati e la polizia accorrano subito alle chiamate di Cabrera Cano, mentre alla comunità non soddisfino le loro richieste. Il funzionario Cabrera Cano sostiene che la sua famiglia “è in pericolo”, ma “noi non gli abbiamo mai mancato di rispetto; è lui ad essere in torto con la comunità”. http://www.jornada.unam.mx/2011/07/13/politica/021n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

 

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La Jornada – Martedì 12 luglio 2011

A causa delle insegne zapatiste è stata cancellata la visita del presidente a Toniná

Herman Bellinghausen. Inviato.Toniná, Chis., 11 luglio. Le rinnovate pressioni sulle basi di appoggio dell’EZLN nell’area di Toniná, iniziate nel febbraio scorso e denunciate in due occasioni dalla giunta di buon governo del caracol di La Garrucha (La Jornada, 26 maggio e 11 luglio) coincidono puntualmente col lancio del nuovo grande progetto turistico del governo federale: Mundo Maya 2012, annunciato dal presidente Felipe Calderón nel Museo di Antropologia il 21 giugno.

L’intenzione iniziale del governo federale era annunciare l’avvio del programma turistico nella spianata di Toniná, ma quando la squadra logistica di Los Pinos è venuta sul posto alla vigilia dell’evento ed ha visto le bandiere rosso-nere che segnalavano che questo è territorio autonomo zapatista (insegne per il resto abituali in tutte le regioni indigene, in particolare nella Selva Lacandona) ha deciso di cambiare la sede della cerimonia ed evitare che il presidente scendesse dal suo elicottero in territorio zapatista.

Domenica 20 giugno emissari del governo statale avevano rimosso le insegne, se ne sono portate via una ed hanno coperto con un “telo” un grande striscione con i volti di Emiliano Zapata, Che Guevara ed il subcomandante Marcos, che segnala che queste sono terre recuperate dall’EZLN, organizzate nel caracol de La Garrucha.

La mattina del giorno 21 è arrivato il governatore Juan Sabines Guerrero, accompagnato da un vistoso gruppo di lacandoni, e come i mandatari degli altri stati coinvolti, si è collegato via satellite con la cerimonia presidenziale a Città del Messico. Senza insegne.

L’ambizioso programma turistico ideato dalle autorità approfittando della moda mondiale della fine del mondo, secondo presunte “profezie maya”, datata per il 21 dicembre 2012, vuole attirare per i prossimi 18 mesi carrettate di turisti nazionali ed internazionali. Oltre alle infrastrutture, sono annunciati 500 eventi culturali in Campeche, Chiapas, Yucatán, Quintana Roo e Tabasco. L’allora delegato di Governo ed oggi segretario dei Trasporto, Horacio Schroeder Bejarano, ed il presidente municipale di Ocosingo, Arturo Zúñiga, si erano presentati a Toniná un giorno prima dell’annuncio presidenziale per fare pressioni su Alfonso Cruz Espinosa e Benjamín Martínez Ruiz, entrambi basi zapatiste, affinché togliessero le insegne menzionate. “Non le abbiamo messe noi, è stata la JBG, parlate con loro” aveva risposto Cruz Espinosa, citando il verbale di accordo firmato tempo addietri dallo stesso Schroeder e da altri funzionari.

Tra le richieste contenute in questo verbale che i funzionari dissero non poter rispettare in quel momento, ci sono il ritiro delle denunce formulate con prove false contro Cruz Espinosa, per le quali è aperto un procedimento giudiziario (che le autorità stesse hanno riconosciuto non avere alcun fondamento, ma senza ritirare le accuse), così come la destituzione della direttrice del museo del sito, Julieta Camacho Ramírez, “che da sempre fomenta la divisione” ed è stata molto attiva nei tentativi di strappare le terre al proprietario.

Zúñiga, di estrazione panista, e industriale “molto interessato all’affare turistico”, ha minacciato Cruz Espinosa di gravi ritorsioni se “non cambia atteggiamento”.

L’area di Toniná è sempre stata un’enclave “calda”. Qui si trova una grande base dell’Esercito, proprio di fronte alla comunità zapatista Nuevo Jerusalén. Ora, il governo sta completando la costruzione di una scuola primaria adiacente al complesso militare. Benché casi simili siano stati segnalati come inappropriati, mettere insieme scuole e quartieri militari è un basso stratagemma contrainsurgente nelle comunità indigene. http://www.jornada.unam.mx/2011/07/12/politica/020n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Lunedì 11 luglio 2011

La JBG di La Garrucha annuncia che difenderà la zona archeologica di Toniná. Sostiene che queste terre appartengono alle basi di appoggio zapatiste

 

Hermann Bellinghausen. Toniná, Chis. 10 luglio. La giunta di buon governo (JBG) di La Garrucha ha dichiarato che difenderà le terre recuperate dall’EZLN dopo l’insurrezione del 1994, in riferimento specifico alla zona archeologica di Toniná che, per una considerevole porzione, appartiene legittimamente alle basi di appoggio zapatiste, come hanno riconosciuto nel 2009 le autorità dell’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia (INAH) ed il governo statale, dopo averlo negato per anni.

Così, quando i visitatori arrivano a Toniná, alla periferia della città di Ocosingo, sono accolti da un grande striscione impermeabile che dichiara il “villaggio di Toniná” territorio zapatista del municipio autonomo Francisco Gómez. Benché la gestione del sito ed il suo museo siano a carico dell’INAH, il terreno circostante fino alla base della famosa piramide, è di proprietà legale di Alfonso Cruz Espinosa, ripetutamente riconosciuto dalla JBG di La Garrucha come base di appoggio zapatista da molti anni, mentre il governo ha tentato varie volte di imprigionarlo per togliergli il terreno.

Il 25 maggio scorso, la JBG denunciò una nuova persecuzione iniziata in febbraio dietro cui c’erano l’INAH ed il governo statale. Rilevava che dal 2009 il governo riconosceva che anche le terre attigue all’accampamento dell’INAH “sono di proprietà di Cruz Espinoza, il quale può disporre di esse senza contravvenire alle norme e regolamenti dell’istituto”, il quale a sua volta “dovrà rispettare i diritti del proprietario”.

In questo caso, il governo applica la stessa tattica contrainsurgente che sviluppa in altre comunità: mediante offerte e negoziazioni parallele con membri della famiglia Cruz Espinoza, torna a minacciare i diritti del legittimo proprietario che vive lì con la sua famiglia.

Ora, la JBG denuncia “energicamente” i governi federale, statale e municipale che “manipolano la signora María Socorro Espinoza Trujillo e le sue figlie Berenice e Dalia Maribel Cruz Espinoza; ‘convincendole’ a vendere la terra recuperata dalle basi dell’EZLN”.

Le autorità zapatiste della selva tzeltal avvertono: “Difenderemo la ricchezza naturale del nostro territorio, perché sappiamo che il governo vuole la terra per venderla ad un altro paese per fare grandi hotel. La JBG la difenderà perché è il patrimonio lasciato dai nostri antenati”. Il governo “offre terreni nei centri turistici ad altri paesi per fare grandi hotel, ristoranti e villaggi turistici a beneficio delle grandi multinazionali”.

Ciò nonostante, “questo patrimonio è del popolo del Messico, e non del governo che offre la terra ad altri paesi. Dunque, difenderemo la zona archeologica di Toninà e le altre ricchezze della madre natura”, sostiene la giunta zapatista.

In senso inverso, cresce la pressione governativa per lo sfruttamento turistico di siti archeologici, lagune, fiumi e tutto quello che ricade nell’ambizioso Programa Mundo Maya 2012. Con questo, l’alienazione e la privatizzazione di territori indigeni nella Selva Lacandona entrerebbe in una spirale incontenibile. Ecoturismo, geoturismo, turismo di avventura, sono il nuovo sogno milionario dei lacandoni di Nahá, Metzabok ed ovviamente Lacanjá. Sono anche un incubo per gli ejidos molto particolari come San Sebastián Bachajón (sul fiume Agua Azul) ed Emiliano Zapata (sulla Laguna di Miramar).

Non è un caso se presto la riserva dei Montes Azules sarà completamente circondata da una strada che aprirà “nuove frontiere” al saccheggio di territori indigeni a beneficio di investitori nazionali e stranieri. http://www.jornada.unam.mx/2011/07/11/politica/016n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Domenica 10 luglio 2011

Basi zapatiste denunciano saccheggi ed aggressioni compiuti dalla Orcao

Hermann Bellinghausen. Inviato San Cristóbal de las Casas, Chis., 9 luglio.  La giunta di buon governo (JBG) del caracol zapatista di La Garrucha ha denunciato il saccheggio di terre ed aggressioni da parte dell’Organizzazion Regionale dei Coltivatori di Caffé di Ocosingo (Orcao), contro le comunità Nuevo Paraíso e Nuevo Rosario, me municipi autonomi Francisco Villa e San Manuel, rispettivamente.

Secondo la JBG, “i malgoverni di Felipe Calderón, Juan Sabines Guerrero e del presidente municipale di Ocosingo, Arturo Zúñiga, hanno intensificato la campagna di contrainsurgencia manipolando i dirigenti della Orcao”, che a loro volta “manipolano le proprie basi per far scontrare tra loro i contadini, assegnando terre recuperate”.

Le denunce contro la Orcao quale strumento di contrainsurgencia, presentate dalla giunta zapatista El camino del futuro, nella selva tzeltal, si sommano alle denunce della JBG Arco iris de la esperanza, nel caracol di Morelia (22 e 24 giugno), che si riferiscono ad aggressioni e saccheggi nel municipio autonomo Lucio Cabañas.

A Nuevo Paraíso, un gruppo di persone dell’ejido Guadalupe Victoria, dal 3 marzo si è impossessato di terre recuperate dalle basi zapatiste, mentre un gruppo di Las Conchitas (Ocosingo) ed un altro dell’ejido Po’jcol (Chilón) “stanno seminando” nei poderi degli zapatisti. La JBG ha indagato sugli invasioni ed ha documentato che tutti sono membri della Orcao.

La JBG di La Garrucha “ha invitato i dirigenti di questa organizzazione a sgomberare pacificamente le terre recuperate”, ma si sono rifiutati di farlo. Così, per quattro mesi causarono “hanno provocato molti problemi” a Nuevo Paraíso.

Gli zapatisti elencano furti di piante di caffè, milpas, canne da zucchero, bestiame, filo di ferro ed alberi da parte di coloni di Guadalupe Victoria. Intanto, coloni di Po’jcol, “che sono sempre armati”, vendono ad un’impresa edile la ghiaia estratta illegalmente dalle terre recuperate. “Tutti questi fatti avvengono come se nulla fosse, ma la JBG aspetta una risposta da parte delle autorità della Orcao”.”

La giunta di La Garrucha accusa di queste azioni José Peñate Gómez, Osmar, Pedro López García, Marcos Hernández Morales, José Alfredo Peñate Gómez e Miguel Centeno Gutiérrez (Guadalupe Victoria), così come Adolfo Ruiz Gutiérrez, Domingo Gutiérrez Ruiz, Bersaín, Miguel e Baldemar Gutiérrez Gómez, Jerónimo, Andrés ed Eliseo Gutiérrez Pérez (Po’jcol), e Fidelino Gómez Morales, Carmelino Ruiz Guillén, Fidelino Gómez Lorenzo e Marcos Gómez Morales (Las Conchitas).

La JBG chiede che gli elementi della Orcao, “assistiti dai tre livelli di governo”, liberino le terre recuperate dopo il 1994. “Sono nostre e le difenderemo ad ogni costo”, sostiene. “Ne abbiamo abbastanza delle provocazioni”. La JGB chiede al presidente di Orcao, Antonio Juárez Cruz, “che la sua gente sgomberi la terra delle basi di appoggio di Nuevo Paraíso” e, agli invasori, che tolgano lamiere e legni “che hanno portato dalle loro terre”, e che restituiscano il legno rubato. “In caso contrario, se succederanno cose gravi, ne riterremo responsabili direttamente il governo e la dirigenza della Orcao”.

Un altro caso in cui i governi federale, statale e municipale “danno consulenza ai dirigenti di Orcao” per invadere le terre recuperate dall’EZLN, è il villaggio Nuevo Rosario, nel municipio autonomo San Manuel. Lì gli invasori “stanno abbattendo molti alberi per vendere legna ad Ocosingo”. La JBG accusa la dirigenza dei produttori di caffè filogovernativi di affittare indebitamente la terra recuperata all’allevatore Alejandro Alcázar, di San Cristóbal de las Casas.

Questo ha provocato danni alle milpe del municipio zapatista San Manuel, a causa della distruzione del recintato per fare entrare il bestiame. Sono state colpite anche otto famiglie che non appartengono a nessuna organizzazione, abitanti dello stesso Nuevo Rosario. http://www.jornada.unam.mx/2011/07/10/politica/019n1pol

Comunicato della JBG di La Garrucha

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Sabato 9 luglio 2011

Campesinos denunciano la persecuzione del governo del Chiapas per una presunta invasione di terre

Hermann Bellinghausen 

Rappresentanti delle comunità associate al Fronte Popolare Campesino Lucio Cabañas, aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona ed all’Altra Campagna nella regione selva di confine, hanno denunciato a Las Margaritas, Chiapas, che secondo informazioni della stampa statale di giovedì, contro rappresentanti dell’organizzazione avrebbero spiccato, senza motivo, mandati di cattura. “Il malgoverno manda segnali intimidatori a coloro che si organizzano e lottano per difendere il diritto alla terra e al territorio come popoli indigeni. Respingiamo le accuse contro i rappresentanti del Fronte Lucio Cabañas”, accuse mosse per un’invasione di terre con cui non abbiamo niente a che vedere. Ricordano che il 30 maggio, Matilde Hernández Álvarez, Armando Luna Álvarez, Óscar ed Ernesto López García, quest’ultimo lavoratore del programma Chiapas Solidario, si sono impossessati di una fattoria privata sul tratto stradale Las Margaritas-Comitán, al lato della fattoria Nueva Aurora, ed hanno esposto uno striscione con scritto: “Podere recuperato dall’Organizzazione Campesina Lucio Cabañas”.  I rappresentanti del Fronte denunciano che queste persone non appartengono all’organizzazione. “Sono saccheggiatori che usano il nostro nome e si sono impossessati del terreno al fine di venderlo a lotti, ingannando la gente”.  Caralampio Pérez Aguilar, Eugenio Rodríguez Hernández e Marcelino Jiménez Sántiz, a nome del Fronte Lucio Cabañas, dichiarano: “Non vogliamo avere problemi, provocazioni né scontri tra fratelli indigeni, come abbiamo detto al malgoverno il 31 maggio con nostra denuncia protocollata il 2 giugno presso il sottosegretariato di Governo della regione Meseta comiteca-tojolabal”.  Non abbiamo invaso terreni e proseguiamo decisi la lotta. Sappiamo che è il malgoverno l’attore principale del problema, perché abbiamo fatto denunce pubbliche contro questi intrusi, tuttavia, continuano a dare adito a queste persone”.

In altro ordine, “ora i cinque di Bachajón sono quattro. Con la liberazione, giovedì, del giovane tzeltal Mariano Demeza Silvano, che era recluso nel Centro di Reinserimento Sociale Villa Crisol, municipio di Berriozábal, in prigione ora ci sono ancora Juan Aguilar Guzmán, Jerónimo Guzmán Méndez, Domingo García Gómez e Domingo Pérez Álvaro, che recentemente hanno denunciato maltrattamenti da parte delle autorità carcerarie di Playas de Catazajá. Gli ejidatarios di San Sebastián Bachajón, comunità alla quale appartengono i detenuti, aderenti all’Altra Campagna, affermano che la liberazione di Demeza Silvano è “il primo frutto” delle mobilitazioni e manifestazioni a suo favore realizzate in diverse parti del mondo. “Benché non in totale libertà”, chiariscono, “il governo di Juan Sabines Guerrero lo ha scarcerato dopo cinque mesi di sequestro senza colpe”. Il giovane era “prigioniero politico, perché il suo unico reato è stato alzare la voce per difendere la sua terra e la sua autonomia”. Gli ejidatarios dell’Altra Campagna di San Sebastián ribadiscono “che ci sono ancora quattro compagni ingiustamente reclusi, che il malgoverno tiene in ostaggio per i suoi interessi neoliberali”. Chiedono alla società di continuare a chiedere la loro liberazione dal Centro di Reinserimento Sociale numero 17 di Playas de Catazajá. http://www.jornada.unam.mx/2011/07/09/politica/024n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Venerdì 8 luglio 2011

Difensori dei diritti umani denunciano persecuzione in Chiapas. Accusano il governo di voler arrestare il direttore del Centro Digna Ochoa

HERMANN BELLINGHAUSEN

Attivisti ed avvocati per i diritti umani in Chiapas denunciano persecuzione giudiziaria e reiterate minacce di arresto. Il Centro dei Diritti Umani Digna Ochoa di Tonalá, Chiapas, ha dichiarato che “lo Stato messicano, ed in particolare il governo statale, utilizzano il sistema giudiziario per perseguire, minacciare, imprigionare i difensori dei diritti umani ed i loro familiari”. Tutto questo per informare della recrudescenza delle minacce contro i difensori nell’entità, in particolare verso Nataniel Hernández Núñez, direttore del Centro.

Intanto, a San Cristóbal de las Casas, questa settimana l’attivista Concepción Avendaño Villafuerte è stata citata dalla Procura Generale della Repubblica (PGR) in relazione ad una sua protesta di qualche mese fa durante la visita in città del presidente Felipe Calderón. A questo si aggiungono le minacce e le recenti accuse contro giornalisti di Tuxtla Gutiérrez e l’arresto durato settimane dell’avvocato della comunità Juan de Grijalva, nel municipio di Ostuacán, che alla fine è stato rilasciato.

Hernández Núñez, oltre ad avere a suo carico diversi procedimenti penali da febbraio e marzo, che potrebbero essere ripresi prossimamente, agenti della Procura si sono presentati a casa dei genitori dell’avvocato per consegnare citazioni di “procedura penale”.

Bersaín Hernández Zavala e Guadalupe Núñez Salazar, noti attivisti sociali da decenni, fondatori dello storico Frente Cívico Tonalteco, sarebbero indagati per aver partecipato alle proteste che si sono svolte il 2 marzo scorso dopo la liberazione del loro figlio Nataniel, arrestato dalla Polizia Federale. Il Centro Digna Ochoa esprime la sua preoccupazione per “la costante minaccia contro la famiglia del nostro direttore che in diverse occasioni è stato arrestato con accuse risultate poi false.

Da parte sua, il Consiglio Autonomo Regionale della Zona Costa del Chiapas, aderente all’Altra Campagna, ha annunciato il suo “completo sostengo” all’avvocato ed ai suoi genitori. “Fanno parte del consiglio e non sono soli, sono lavoratori ed attivisti sociali ben noti in tutto lo stato, e sono vicini ai popoli ed alla gente”. Aggiunge che Bersaín è malato, “e si è aggravato a causa della persecuzione da parte dei governi federale, statale e municipale”.

Da Tapachula, sulla costa, il Centro dei Diritti Umani Fray Matías de Córdova, che inicialmente ha sostenuto la difusa di Hernández Núñez e conoce bene il suo, i casi di altri due avvocati e di diversi membri del consiglio regionale arrestati a febbraio e marzo, ha dichiarato: “Per il contesto in cui sono state sollevate le accuse contro il compagno, l’arresto, l’incarceramento ed il processo, non è stato complicato constatare che capi della polizia, un agente del Pubblico Ministero, così come la responsabile per gli affari legali della Segreteria delle Comunicazioni e Trasporti, hanno utilizzato le istituzioni incaricate di applicare la giustizia per reprimere un difensore dei diritti umani”.

Il Fray Matías de Córdova descrive inconsistenze e contraddizioni delle indagini da parte dell’agente del Pubblico Ministero, Carlos Ruperto Sánchez: testimonianze estorte sotto minaccia o tortura, accuse contraddittorie o letteralmente identiche di diversi “testimoni”. Denunciare Hernández Núñez “era l’ordine” giudiziario. Tutto, nel contesto di una protesta del Consiglio Regionale il 22 febbraio, protesta che fu repressa.

L’analisi conclude che “sono state fabbricate ‘prove’ contro Nataniel Hernández”. Il pubblico ministero “ha usato accertamenti ad hoc per incolparlo dolosamente e cerca di sostenere una farsa giudiziaria per perseguire e punire, non già un reato, bensì un difensore dei diritti umani”. Secondo il centro di Tapachula, “una giustizia che persegue gli avvocati, che si basa su prove fabbricate, ordini e accuse d’ufficio, non è giustizia”. http://www.jornada.unam.mx/2011/07/08/politica/020n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Venerdì 8 luglio 2011

Disposta la scarcerazione dell’attivista di Bachajón

Elio Henríquez. San Cristóbal de Las Casas, Chis., 7 luglio. Il giudice María Guadalupe Flores Rocha, competente peri il carcere minorile Villa Crisol, ha disposto la libertà condizionata per Mariano Demeza Silvano, uno dei cinque aderenti all’Altra Campagna dell’ejido San Sebastián Bachajón, municipio di Chilón, arrestati agli inizi del marzo scorso con l’accusa di omicidio, danneggiamenti ed attentato alla pace pubblica, dopo uno scontro con militanti priisti per la disputa del centro turistico delle Cascate di Agua Azul.

Rappresentanti del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas (Frayba) hanno comunicato che il minorenne, di 17 anni, sarebbe stato scarcerato giovedì per essere assegnato al Sistema per lo Sviluppo Integrale della Famiglia (DIF) municipale di Chilón per svolgere lavori a favore della comunità. (….) http://www.jornada.unam.mx/2011/07/08/politica/020n3pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Mercoledì 6 luglio 2011

Denunciati abusi sui detenuti e visitatori nel carcere di Catazajá, Chiapas

Hermann Bellinghausen

Decine di familiari di detenuti nel Centro Statale di Reinserimento Sociale (CERSS) numero 17, di Playas de Catazajá, Chiapas, hanno denunciato maltrattamenti ed umiliazioni sessuali da parte delle autorità della prigione. Accusano il direttore, David Montero Montero, e chiedono l’intervento del segretario della Sicurezza e Protezione del Cittadino, generale maggiore di cavalleria Rogelio Hernández de la Mata, “sulla base di quanto dispone l’articolo 8 della nostra Carta Magna”.

Prima di passare all’interno del CERSS, “durante la perquisizione ci fanno spogliare completamente, mettendoci a gambe larghe, e ci portano via il cibo che portiamo per i nostri familiari”. Si dicono indignati per l’abuso di autorità del direttore, del personale di custodia e del giudice della prigione, David Arias Jiménez.

In una lettera al segretario ribadiscono “ogni abuso di autorità viene da Montero Montero, direttore del CERSS, dove sono reclusi i nostri familiari, questo funzionario pubblico, insieme al suo personale, ci riserva trattamenti che ledono i nostri diritti umani.

“Gli abusi non sono solo su noi visitatori, ma anche sui nostri familiari rinchiusi nel CERSS di Catazajá”, aggiungono. “Il direttore ha la sfacciataggine ed il cinismo di dire di eseguire ordini superiori, e di fare quello che vogliamo, tanto a lui non importa perché dice di avere molti amici influenti”.

I querelanti spiegano al segretario della Sicurezza chiapaneco che il curriculum di Montero Montero “non è per niente bello, poiché nei centri penitenziari in cui è stato ha agito sempre con abuso di autorità e prepotenza sia con i visitatori che con i detenuti”. Contro il direttore “ci sono molte denunce presso la Commissione Statale dei Diritti Umani, così come su stampa, radio e televisione, per questo chiediamo che si dia corso ad un’indagine approfondita contro questo ed altri funzionari pubblici”. Le famiglie offese chiedono la sua destituzione, perché “non solo commette abusi di autorità, ma molesta sessualmente noi visitatori”.

Chiedono l’intervento del generale Hernández de la Mata, “poiché i nostri familiari reclusi sono molto tesi per gli abusi di questi funzionari pubblici, e vogliamo che i nostri internati stiano bene e si evitino situazioni spiacevoli”.

In questo carcere, dal 3 febbraio scorso si trovano quattro dei cinque indigeni, aderenti dell’Altra Campagna dell’ejido San Sebastián Bachajón. Si tratta di Juan Aguilar Guzmán, Jerónimo Guzmán Méndez, Domingo García Gómez e Domingo Pérez Álvaro. Si considerano “prigionieri politici”, perché è dimostrato che sono innocenti delle accuse mosse contro di loro.

Il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas, incaricato della loro difesa, li ritiene “ostaggi” del governo statale, il quale vuole obbligare la comunità ad accettare i progetti turistici imposti nella regione delle cascate di Agua Azul. Inizialmente, il numero degli arrestati era di 117, la maggioranza fu quasi subito liberarta. Da febbraio ci sono state mobilitazioni e campagne internazionali per chiedere la liberazione dei “cinque di Bachajón”, contro i quali i maltrattamenti in carcere sono stati costanti, così come ai loro familiari. http://www.jornada.unam.mx/2011/07/06/politica/018n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Domenica 3 luglio 2011

Aumentano le minacce contro le basi di appoggio zapatiste. Si teme un’aggressione armata

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, 2 luglio. Le basi di appoggio dell’EZLN dell’ejido San Marcos Avilés, municipio di Sitalá, si trovano in una situazione allarmante. Dopo mesi di minacce, aggressioni ed espropri da parte di gruppi vincolati ai tre partiti che condividono il potere istituzionale nella regione tzeltal, c’è ora il rischio di un’aggressione armata, perché gli aggressori si sono riforniti di pistole e fucili, molte armi fornite da Ernesto López Núñez, ex poliziotto del vicino municipio di Chilón.

La giunta di buon governo (JBG) Corazón céntrico de los zapatistas delante del mundo, del caracol di Oventic, ha diffuso una denuncia dettagliata della situazione a San Marcos. Dall’anno scorso, segnala, i “nostri compagni vivono una situazione molto difficile a causa di persone dei diversi partiti politici e di autorità della comunità stessa”.

Le minacce di morte, le vessazioni, gli espropri di terre coltivate e gli sgomberi sono cominciati l’anno scorso, “per il fatto di aver dato avvio alla scuola autonoma nel villaggio”. Nel 2010 era stato fermato uno zapatista “ed obbligato a firmare un documento per uscire dall’organizzazione; il nostro compagno si rifiutò ma ricevette minacce e insulti”. Dissero che avrebbero preso le terre degli zapatisti.

Il 24 e 25 agosto si presero delle terre “che erano state comperate più di 10 anni fa”. Sottrassero agli zapatisti 31 ettari, in diversi posti dell’ejido stesso, con 5.850 piante di caffè, 10 ettari di milpa, fagioli, bestiame, sei cavalli e tre case”. Il 9 settembre gli zapatisti furono cacciati e dopo essere rimasti 33 giorni in montagna, il 12 ottobre tornarono. Le loro case, i loro beni e le loro coltivazioni erano stati saccheggiati e distrutti.

Il 2 gennaio, le autorità ufficiali di San Marcos volevano obbligare gli zapatisti in resistenza a pagare l’imposta sull’elettricità minacciandoli di cacciarli nuovamente. L’8 febbraio le autorità dei diversi partiti volevano fargli pagare il podere.

Il 13 febbraio, l’ex poliziotto López Núñez reclamò infondatamente come suo un terreno delle basi dell’EZLN. A partire da quella data le persone dei partiti PRI, PRD e PVEM hanno cominciato ad affittare il terreno a persone degli ejidos Tzajalá e Progreso, oltre ad 8 ettari che appartengono per diritto ejidale agli zapatisti. Il 17 febbraio le autorità ufficiali hanno cercato di pagare l’imposta del terreno “all’Agenzia del Fisco di Chilón, e lì hanno chiesto loro un documento firmato dagli zapatisti dove si diceva che questi ultimi non avrebbero pagato”. Ma i filogovernativi hanno raccolto i soldi per pagare allo scopo di appropriarsi dei terreni delle basi zapatiste”.

Il 25 febbraio gli zapatisti erano andati a lavorare nelle loro piantagioni di caffè mentre 30 dei loro aggressori si riunivano per prendere accordi”, ed il giorno seguente “sono arrivati nella piantagione di caffè, armati e minacciando la JBG ed i nostri compagni”. Inoltre hanno messo in vendita la piantagione di caffè “a 14 mila pesos per ettaro, per comprare altre armi”.

Il 6 aprile nella comunità è stato installato un accampamento civile per la pace e subito gli osservatori sono stati minacciati. Dalla fine di marzo “gli aggressori hanno lavorato gli appezzamenti dei nostri compagni ed hanno abbattuto milpas, canne da zucchero, alberi, banani, piante di caffè”. Gli osservatori hanno documentato la presenza della Polizia Federale nella comunità in ripetute occasioni “col pretesto di controllare i due gruppi”.

Il 20 aprile ci sono stati degli spari mentre proseguivano le minacce e le occupazioni di terre zapatiste. Il gruppo armato di 30 aggressori dei diversi partiti si riuniscono continuamente per programmare azioni “contro gli internazionali e dicono di non aver paura di fare il necessario per disfarsi degli osservatori”. Tutti i lavori che realizzano le basi di appoggio zapatiste sono distrutti. Il 24 aprile, Abraham Kanté López, del PRI, ha detto agli zapatisti “che li avrebbe ammazzati” se raccoglievano legna o mais nel suo terreno. Il 25 aprile, il priísta Manuel Díaz Ruiz ha occupato una milpa di 5 ettari che appartiene ad uno zapatista.

La JBG conferma che gli aggressori hanno almeno una trentina di armi di vario calibro. Il 21 maggio, “alcune donne dei partiti politici hanno accusato di furto gli osservatori quando alcuni funzionari erano venuti a distribuire le briciole del malgoverno a Yokjá e questi ultimi sono stati assaltati da un gruppo di uomini mascherati”.

Il 22 maggio i dirigenti del gruppo aggressore José Cruz Hernández, Ernesto Méndez Gutiérrez, José Guadalupe Kante Gómez, Domingo Ruiz Pérez, Alejandro Núñez Ruiz e Genaro Vázquez Gómez “si erano riuniti, tutti armati, in una bottega sulla strada”. Lorenzo Ruiz Gómez, Carlos Ruiz Gómez ed Ernesto López Núñez sono andati a casa dello zapatista Lorenzo Velasco Mendoza, “e quando sua moglie li ha visti si è messa a gridare e chiamare Lorenzo” e gli aggressori sono fuggiti. “Il loro obiettivo era violentare la compagna e catturare gli osservatori”.

Il 3 giugno è stato bruciato il terreno di Sebastián Ruiz López. “Il loro piano era far accorrere le basi di appoggio per spegnere l’incendio e da lì incominciare uno scontro”, rivela la JBG. Lo stesso giorno, 20 uomini armati “hanno bloccato la strada”. Il giorno 5 i dirigenti dei partiti “hanno steso un verbale di accordo rivolto al capo militare di Ocosingo, Fernando Martínez, per chiedere l’intervento dei soldati”, perché loro “avevano già fatto tutto quanto possibile per farla finita dei compagni, ma non ci sono riusciti”. Quel giorno, i dirigenti degli aggressori sono andati a Sitalá e San Joaquín “per cercare delle persone che sono assassini per uccidere i nostri compagni”.

Il 13 giugno sono iniziati i pattugliamenti militari sulla strada che va a Tacuba. Il giorno 18, un gruppo di basi di appoggio è stato minacciato da Lorenzo Ruiz Gómez, originario di San Marcos e da Vicente Ruiz Pérez, di Tacuba Nueva. Il 25 giugno, all’1 di notte, gli aggressori armati hanno circondato la casa di Juan Velasco Aguilar. Il giorno 30 “si è presento un gruppo di delegati del governo dello stato a parlare col commissari”, ed hanno annunciato che sarebbero tornati sabato, non si sa a che scopo”.

Né le basi di appoggio né la JBG hanno risposto in maniera violenta “né con fatti né con parole, perché noi zapatisti siamo gente ragionevole e di sani principi e non vogliamo scontrarci coi nostri stessi fratelli indigeni, ma i cattivi governanti vogliono a tutti i costi che siamo nemici e che ci uccidiamo tra noi”, sostengono le autorità autonome. http://www.jornada.unam.mx/2011/07/03/politica/021n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Venerdì 1 luglio 2011

Gli ejidatarios di Bachajón denunciano un tentativo di esproprio ad Alan Sac jun

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis. 30 giugno. Gli ejidatarios di San Sebastián Bachajón (municipio di Chilón), aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, hanno lanciato l’allarme su un tentativo di esproprio ad Alan Sac jun, che fa parte dell’ejido, da parte di gruppi filogovernativi. Nello stesso tempo, la comunità tzeltal denuncia abusi e trattamenti discriminatori delle autorità carcerarie a Playas de Catazajá nei confronti dei familiari progionieri politici della comunità (conosciuti come i cinque di Bachajón, anche se uno di loro si trova in un istituto di correzione ad Ocozocuautla).

Gli ejidatarios accusano di abusi e maltrattamenti David Montero Montero e David Arias Jiménez, direttore e sindaco, rispettivamente, del Centro Statale di Reinserimento (CERS) numero 17, a Playas de Catazajá, “e gli agenti penitenziari, poiché lo scorso 26 giugno un gruppo di familiari dei detenuti sono stati obbligati a mostrare le parti intime prima di far visita ai detenuti”. Gli agenti “non hanno rispettato l’integrità dei parenti, offendendoli verbalmente e fisicamente”.

Riferendosi direttamente al nuovo segretario esecutivo del Consiglio Statale per i Diritti Umani (CEDH), Diego Cadenas Gordillo (che è stato direttore del Frayba, e come tale difensore in varie occasioni degli ejidatarios dell’Altra Campagna di San Sebastián), si domandano dov’è la lealtà che ha giurato assumendo giorni fa questo incarico: “Al suo insediamento, ha giurato lealtà per il rispetto dei diritti umani, o per servire e coprire le malefatte del malgoverno? Perché la verità è che il governo mette un prezzo al rispetto di questi diritti”.

Gli ejidatarios esigono un trattamento giusto e rispettoso verso i parenti dei detenuti, perché quando accedono alla prigione “si sentono minacciati”. Chiedono che il governo “dimostri la volontà di rispettare i diritti umani, e non spenda soldi per comprare personale per il consiglio statale, un ente in più al servizio dell’ingiustizia e maschera del governo per realizzare atti discriminatori”. Ricordiamo che già nei mesi scorsi ci fu un diverbio tra questi indigeni ed i visitatori della CEDH.

Rispetto al conflitto ad Alan Sac jun, denunciano che Manuela Jiménez Pérez è minacciata di esproprio violento di un terreno recuperato dagli ejidatario nel 2009, dopo la sua alienazione fraudolenta dell’allora consigliere di vigilanza ejidale filogovernativo, Pascual Pérez Álvaro.

Melchorio Jiménez Gómez ed altri quattro abitanti di Alan Sac jun, annesso all’ejido stesso, “minacciano Manuela Jiménez Pérez” (attualmente nella comunità di Cacateel) “con l’intenzione di sottrarle un terreno che era stato recuperato dalle mani di Pérez Álvaro”, che aveva acquisito la proprietà “con risorse ricavate dalla sua mala gestione”, e che poi “è stato recuperato dagli aderenti dell’Altra Campagna”.

Attualmente, “in complicità col commissario, inappropriatamente chiamato di ‘unità per la pace sociale’ “, i sopracitati “vogliono impadronirsi con violenza” del terreno, e li ritengono  responsabili “di ogni eventuale aggressione fisica contro la signora Manuela ed i suoi familiari, poiché ci consta che il commissario filogovernativo ha realizzato riunioni private per pianificare l’esproprio, insieme a Melchorio Jiménez Gómez”, che nel 2009, nella veste di agente ausiliare del centro Alan Sac jun, “rilascio una prova di possesso delle terre” alla signora oggi minacciata.

Gli ejidatarios dell’Altra Campagna avvertono: “Non permetteremo questi abusi da parte delle autorità filogovernative. Se attueranno le loro minacce, agiremo come organizzazione per appoggiare la nostra compagna”. Riterranno responsabili i filogovernativi “di quello che potrà succedere in questi giorni nelle vicinanze del terreno”. http://www.jornada.unam.mx/2011/07/01/politica/016n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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