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Archive for luglio 2009

Manifestazione a Mitzitón.

La Jornada – Venerdì 31 luglio 2009

Ejidatarios di Mitzitón chiedono di fermare la costruzione dell’autostrada e di far luce sull’omicidio

Hermann Bellinghausen012n1pol-1

Mitzitón, Chis., 30 luglio. Per sei ore gli ejidatarios di Mitzitón hanno realizzato un blocco del traffico sulla strada San Cristobal de las Casas-Comitán, all’altezza della casa ejidale, per manifestare la loro contrarietà alla costruzione dell’autostrada verso Palenque e per esigere che si puniscano gli assassini di Aurelio Díaz Hernández, morto il 21 scorso durante l’aggressione subita da inviati dell’assemblea ejidale che stavano effettuando misurazioni sui terreni comunali, occupati senza autorizzazione da un gruppo di persone guidato da Carmen Díaz López e dal pastore evangelico Refugio Díaz.

Intanto, Las Abejas di Chenalhó hanno dichiarato in un comunicato: “Quello che è successo qui a Mitzitón è quello che è accaduto in altri villaggi del Messico i cui abitanti difendono le loro terre ed i propri diritti, e come è successo ad Acteal. La morte del nostro fratello ci indigna perché sappiamo che è avvenuta a causa del progetto della costruzione dell’autostrada San Cristóbal-Palenque, anche se il segretario di Governo del Chiapas continui a negarlo.”

Il blocco è iniziato alle 11 del mattino, ma ogni ora i manifestanti permettevano il deflusso dei veicoli. Ci sono stati momenti in cui la fila delle auto ferme ha raggiungo il kilometro in entrambe le direzioni.

Si è trattato di un’importante mobilitazione pacifica alla quale hanno partecipato centinaia di indigeni rappresentanti di oltre 20 comunità dei municipi di Teopisca, Amatenango del Valle, Venustiano Carranza, Oxchuc, Ixtapa, Ocosingo, Villa Las Rosas, Chilón, Comitán, Las Margaritas e San Cristóbal de las Casas, tutti aderenti all’Altra Campagna.

Erano presenti numerosi gli ejidatarios di San Sebastián Bachajón e di Jotolá, di recente minacciati dall’Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic). Erano inoltre presenti la Rete Statale di Resistenza Civile La Voz de Nuostro Corazón, l’organizzazione di ex prigionieri politici e familiari Voces Inocentes, Cosidep ed il Fronte Popolare Lucio Cabañas.

Donne tzotziles con le loro camicette azzurre sosteneva cartelli che chiedevano “rispetto per la Madre Terra ed il territorio”, e punizione degli assassini. Sull’asfalto, con vernice rossa, era scritto: “Punire i paramilitari dell’Ejército de Dios”. Verso mezzogiorno si è svolta una processione con alcuni uomini che portavano in spalla un feretro simbolico dietro al quale decine di donne pregavano e portavano fiori. Si dinstingueva il pianto della madre di Aurelio.

Secondo la società civile Las Abejas di Acteal, “quello che sta accadendo a Mitzitón è per gli interessi politici del governo, non credete a quello che dicono i mezzi di comunicazione che è per conflitti religiosi”. Gli aggressori sono “un gruppo criminale di trafficanti di clandestini che si riparano sotto il nome di evangelici per fare credere che tutto questo è un conflitto per divergenze religiose; ve lo diciamo per esperienza, perché è così che il governo ha gestito il massacro di Acteal, come un conflitto inter-religioso, quando in realtà era parte della guerra di contrainsurgencia.”

Las Abejas hanno chiesto agli abitanti di Mitzitón di “non cadere nella provocazione, tanto meno nella vendetta; è questo ciò che vuole il governo, la divisione, lo scontro tra fratelli e sorelle e poi, quando le nostre comunità sono spaccate, ci impone i suoi megaprogetti.” (…)

Nel chiedere “rispetto per i territori ereditati dai nostri nonni”, l’organizzazione di Chenalhó ha concluso: “Se è vero, come dicono nei loro discorsi, che rispettano i diritti dei popoli originari, chiediamo che facciano una consultazione nelle comunità e villaggi che vengono interessati da qualche progetto, in particolare per la costruzione dell’autostrada. Se il risultato della consultazione sarà la cancellazione della strada, il governo dovrà difendere questa decisione ed immediatamente dovrà sospendere il progetto.”    http://www.jornada.unam.mx/texto/012n1pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo   https://chiapasbg.wordpress.com )

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La Jornada – Mercoledì 29 luglio 2009

 L’accordo dopo le tre aggressioni contro i membri dell’assemblea

Mitzitón: delegittimati i 98 indigeni non cooperanti

Hermann Bellinghausen

Mitzitón, Chis 28 luglio. L’assemblea ejidale di Mitzitón non ha legittimato i diritti agrari di 98 indigeni “non cooperanti”, seguaci della religione evangelica, per “mancarnza di rispetto” nei confronti della comunità e per aver provocato “disorganizzazione”. Questo accordo è stato siglato dopo tre aggressioni consecutive di un gruppo di evangelico contro membri dell’assemblea. Nell’ultimo attacco, avvenuto lo scorso 21 luglio, è morto un ejidatario e cinque sono rimasti feriti, tutti aderenti all’Altra Campagna.

L’accordo, firmato nella Casa Ejidale lo scorso 23 luglio da oltre 500 ejidatarios e cooperanti, è stato reso noto questo lunedì. Ribadendo la loro opposizione all’autostrada San Cristóbal de las Casas-Palenque, che appare sullo sfondo di questi attacchi e di diversi episodi di minacce e disaccordi tra i due gruppi, gli ejidarios segnalano che “i problemi si sono aggravati dal febbraio 2009, quando abbiamo saputo che il malgoverno vuole spogliarci delle nostre terre” per l’autostrada “che non ci porta nessun beneficio e ci spoglia solo e distrugge la nostra cultura”, assicurano.

Questa mattina le autorità ejidali di Mitzitón si sono recate presso la Procura Indigena, nel Palazzo di Giustizia di San Cristóbal, per presentare denuncia formale contro gli aggressori appartenenti al gruppo guidato da Carmen Díaz López, già in precedenza accusato di diversi reati come il traffico di clandestini. Per “non aver scontato la loro punizione per i reati commessi” tempo addietro erano stati “delegittimati” Carmen, Pablo e Francisco Díaz López, Francisco Jiménez Vicente e Refugio Díaz Ruiz.

Dopo aver elencato i 98 “non cooperanti”, nell’accordo si dichiara: “Rimangono delegittimati e senza diritto sia alle case che alle terre”. Si afferma che sia ben chiaro a “tutti gli abitanti della nostra comunità, che non siamo solo un gruppo di persone che si stanno mettendo d’accordo, ma siamo gli ejidatarios, i cooperanti e le donne che formano il villaggio.”

Nel suo accordo l’assemblea ejidale sottolinea che “se il malgoverno non lavorerà per cacciare via i non cooperanti dalla nostra comunità, lo faremo noi”. Di nuovo dichiarano che non negozieranno col governo “la decisione della nostra comunità che è il popolo e la massima autorità.”

Inoltre respingono qualsiasi “risarcimento dei danni” per la morte di Aurelio Díaz Hernández, investito da elementi del gruppo di Díaz López, e le lesioni subite da cinque indigeni. “Per noi questi danni non si possono risarcire. Se il governo vuole risarcire i danni, è meglio che, il più presto possibile, compri terreni ai non cooperanti in un altro posto affinché nella nostra comunità possiamo vivere in pace ed evitare altro spargimento di sangue.”.

Queste persone appartenenti alla chiesa Alas de Águila e legate all’Ejército de Dios, “si sono prese gioco” della comunità e delle sue autorità. “Sono un gruppo di delinquenti molto ben organizzati, il malgoverno lo sa, ma non li punisce e li protegge”. Inoltre, “senza permesso dell’assemblea, che è il popolo, hanno preso terre ed abbattuto alberi, mancanze molto gravi per la nostra comunità.”.

Invocando il Trattato 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro e la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Popoli Indigeni, gli ejidatarios esigono il rispetto per il loro territorio e la loro autonomia.

Oggi, in presenza del pubblico ministero indigeno Cristóbal Hernández López, ha presentato la sua testimonianza e denuncia Hermelinda Jiménez, la vedova di Aurelio Díaz Hernández (l’ejidatario che ha perso la vita deliberatamente investito da un veicolo del gruppo evangelico, accusato di omicidio). Si sono presentati anche alcuni feriti. Non l’ha fatto Javier Gómez Heredia “che è in condizioni molto gravi per le ferite riportate”..

Oggi ha visitato Mitzitón una rappresentanza dell’organizzazione civile Las Abejas, di Chenalhó, per solidarizzare con gli ejidatarios e con Hermelinda Jiménez. 

Il commissario ejidale di Mitzitón questo pomeriggio ha puntualizzato le sanzioni decise dall’assemblea: “Non è un’espulsione, è la richiesta di ricollocamento (dei non cooperanti), dove non insultino la comunità né manchino di rispetto alle autorità”.

Per il momento il governo ha rafforzato la vigilanza di polizia, già continua dal passato martedì, di fronte alla Casa Ejidale. Questo mercoledì 29 si svolgeranno i funerali dell’indigeno morto e per giovedì sono previste diverse azioni di comunità dell’Altra Campagna in Chiapas per chiedere giustizia per Mitzitón.   http://www.jornada.unam.mx/texto/017n1pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo   https://chiapasbg.wordpress.com)

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La Jornada – Martedì 28 luglio 2009

Nell’ejido Mitzitón religione e politica alimentano i conflitti

Hermann Bellinghausen – Inviato

San Cristóbal de las Casas, Chis., 27 luglio. Antecedente alla diaspora chamula del 1974-1995, l’ejido di Mitzitón è il prodotto della ripartizione agraria cardenista degli anni ’30. Situato nella zona rurale di San Cristóbal fu raggiunto dal fenomeno degli espulsi che ne diventarono gli abitanti essendo stati ricollocati dal governo statale di Absalón Castellanos Domínguez e dei successivi.

Estese aree rurali di questo municipio e di Teopisca diedero asilo alle comunità di espulsi, in maggioranza evangelici o testimoni di Geova. Gli evangelici fondarono comunità come Betania che ha prosperato notevolmente grazie al commercio. Crearono anche strade da La Frontera (ai confini con Chamula) fino a Teopisca, che attraversano per tutta San Cristóbal il “corridoio” degli espulsi. Grazie al loro successo fecero incursioni in politica, alcuni col Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI) che li aveva espulsi, e poi col Partito della Rivoluzione Democratica (PRD).

Da loro nasce il gruppo Guardián de mi Hermano, nel 1996, e benché si dicessero pacifici, furono attribuiti loro scontri armati contro i cacicchi di San Juan Chamula, in questa città, alla fine degli anni ’90. Nel 1997 fu ucciso crivellato di colpi il loro leader, Salvador Collazo, si presume dai suoi rivali di Chamula.

Nel 1997 si verificarono i primi conflitti religiosi a Mitzitón, quando una parte dei suoi abitanti divenne evangelista sotto l’influenza di predicatori e pastori di San Cristóbal e della regione di Betania. Smettono di cooperare nella vita comunitaria. All’inizio furono incendiate chiese evangeliche, ma in tempi più recenti ad essere incendiate sono chiese cattoliche.

Nel 2006 l’ejido aderisce all’Altra Campagna dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), quando i problemi col gruppo evangelico non sono già più religiosi, bensì politici. Inoltre, le persone guidate da Carmen Díaz López sono accusate di traffico di clandestini e di altre azioni criminali. I loro capi furono espulse dall’ejido proprio per questo motivo.

Sempre nel 2006 nasce l’Ejército de Dios, che si diffonde negli Altos attraverso la chiesa Alas de Águila. Le sue basi si uniscono alla campagna di Andrés Manuel López Obrador e votano per il PRD, come hanno ammesso in un’intervista rilasciata a Jovel Semanal nel dicembre del 2007.

Nel 2008 cominciano le pressioni del governo per costruire l’autostrada per Palenque che partirebbe esattamente da Mitzitón. Gli ejidatarios si oppongono ed ora sono in resistenza.

Gli evangelici hanno occupato terre comunali ed hanno permesso l’ingresso ai tecnici per effettuare i rilevamenti. Non è un segreto per nessuno che solo alleandosi con loro i governi statale e federale potranno attraversare Mitzitón. Le aggressioni della settimana scorsa nelle quali un ejidatario è morto per mano dei seguaci di Díaz López, volevano impedire alle autorità ejidali di recuperare la proprietà Chixtetik, sul tragitto della prevista autostrada. http://www.jornada.unam.mx/2009/07/28/index.php?section=politica&article=013n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo  https://chiapasbg.wordpress.com)

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La Rete dei Media Liberi.

La Jornada – Sabato 25 luglio 2009

 Los de Abajo

 La Rete e lo Stato

Gloria Muñoz Ramírez – .   losylasdeabajo@yahoo.com.mx

 Furono mesi di viaggi ed accumulo di sofferenze e resistenze. Mesi nei quali, in precarie condizioni, si svolse il viaggio dell’Altra Campagna in tutto il territorio dimenticato del Messico. Con modeste apparecchiature audio e video si raccolsero e registrarono storie e si assunsero impegni. Giovani, in maggioranza provenienti da esperienze autonome, comunitarie e libertarie, cominciarono a lavorare, ancora senza proporselo, in quello che poi sarebbe diventata la Red de Medios Libres Abajo y a la Izquierda (Rete dei Media Liberi in Basso e a Sinistra).

Fu nel 2007, durante il passaggio della delegazione dell’EZLN per il nord del paese, quando Regeneración Radio ed il Frente Popular Francisco Villa Independiente-UNOPII “cominciarono a lavorare all’idea di poter costruire media liberi che accompagnassero i processi organizzativi nel luogo in cui si costruivano”, a partire dalla premessa che “sono sempre pochi che decidono che cosa si trasmette e come, non sono mai i popoli”.

Durante questi due anni il lavoro della Rete si è definito in due campi: l’elaborazione di laboratori sui media ed il lavoro politico ed organizzativo. Hanno realizzato campagne nazionali unitarie, scambiato materiali ed organizzate coperture.

Di fronte all’aperta criminalizzazione dei movimenti sociali, la Rete si propone di creare i meccanismi per rispondere alla repressione basandosi sull’informazione diffusa. “Pensiamo – si dice nel documento di invito – che una lotta si rafforza quando ha la capacità di diffondere le sue problematiche ed istanze, e la sicurezza che i suoi compagni, nonostante la distanza, sapranno sempre quello che sta succedendo loro e cercheranno il modo di solidarizzare.

Fin dalla sua nascita la Red de Medios Libres si è dichiarata autonoma criticando “le leggi che impediscono ogni possibilità al nostro popolo di creare propri media”. Non chiedono niente allo Stato. Non hanno bisogno del permesso per trasmettere, dipingere, scrivere, stampare, fotografare e realizzare graffiti. L’obiettivo è costruire autonomia e rafforzare il movimento sociale che lotta contro il capitalismo. Per questo e molto altro si riuniscono questo fine settimana nella città di Oaxaca in un incontro al quale sono invitati i media liberi che “lavorano quotidianamente nella creazione di nuovi canali e forme di comunicazione indipendenti da partiti politici, organizzazioni non governative ed associazioni civili che, in maniera interessata, cercano concessioni, permessi e finanziamenti”.

La Rete è chiara nel suo rifiuto “dello Stato come spazio di mediazione tra i nostri desideri e la necessità di comunicazione”. Non è il momento di concessioni, ma del lavoro congiunto ed organizzato.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo   https://chiapasbg.wordpress.com)

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La Jornada – Domenica 26 luglio 2009

Impu015n1pol-1ni gli assassini degli indios tzotzil a Mitzitón

 I presunti assassini appartengono all’Ejército de Dios

Hermann Bellinghausen – Inviato

 San Cristóbal de Las Casas, Chis., 25 luglio. Senza alcun risultato le indagini promesse dal governo statale, sta per compiersi una settimana dalla morte del contadino tzotzil Aurelio Díaz Hernández, investito in maniera criminale a Mitzitón da un veicolo con a bordo uomini dal volto coperto che sparavano contro gli ejidatarios della località.

Gli aggressori appartengono ad un gruppo guidato da Carmen Díaz López e Refugio Díaz Ruiz, pastori della chiesa Alas de Águila e membri dell’Ejército de Dios, organizzazione di stampo militare che dice di perseguire propositi divini. Si ispirano alla “filosofia” dei kaibiles (di infausta memoria in Guatemala) e da loro hanno preso il motto: “Se avanzo, seguitemi. Se mi fermo, spingetemi. Se indietreggio, uccidetemi”.  Promossa dal pastore tuxtleco Esdras Alonso, “comandante” di questo esercito ed attivista politico, la chiesa Alas de Águila possiede, dunque, un braccio di difesa (“sociale e politico”, lo definiscono), di principio non armato, che conta su uno “stato maggiore” di 12 membri ed una milizia di centinaia di eletti. Sono “soldati” il cui dovere è “diffondere la parola di Dio”. La loro uniforme comprende basco verde con l’insegna del grado, pantaloni mimetici e anfibi. Realizzano pratiche militari e studiano le Scritture. Fanno parte di questo gruppo i contadini tzotziles, anche loro originari di Mitzitón, che otto giorni fa minacciarono gli ejidatarios e due giorni dopo misero in pratica la minaccia.

 Senza proclamare apertamente la loro appartenenza partitica, i suoi pastori sono legati al PRD ed uno di loro è attualmente consigliere comunale nel municipio di San Cristóbal. A sua volta Esdras Alonso è stato coordinatore degli affari religiosi e segretario della presidenza municipale nell’amministrazione passata.  Dunque, in un municipio governato dal PRI, le basi dell’Ejército de Dios sono perrediste (in uno stato governato da quello che si capisce dal PRD).

Una spiegazione molto in voga ora del conflitto a Mitzitón – che lo scorso 21 provocò la morte del contadino tzotzil, aderente all’Altra Campagna, e cinque feriti gravi – è che si tratti di divergenze religiose fuori controllo. Esistendo una storia di questa natura, in generale negli Altos del Chiapas ed in particolare nel municipio di San Juan Chamula e le sue successive diaspore ad altre località (una delle quali è Mitzitón, sebbene risalga a 70 anni fa), è importante considerarla.

Uno dei capitoli più drammatici della storia recente dei popoli indigeni negli Altos è la persecuzione religiosa e politica dei “protestanti” a San Juan Chamula ed in altri luoghi del cuore geografico tzotzil. Una storia di sofferenza che ha trasformato la coscienza di questo popolo e la sua condizione.

Nei dieci anni del 1980 sono stati espulsi da Chamula circa 30.000 indigeni. Ci sono stati omicidi sanguisoni, case rase al suolo, chiese incendiate. Gli espulsori erano i cacicchi chamulas,in un impenetrabile bastione storico del PRI strutturato intorno ad una variante “tradizionalista” del cattolicesimo, al consumo di alcool (posh) come parte del rituale ed all’appartenenza obbligatoria al tricolore.

Decine di chiese riformiste di ogni tipo accolsero questa peculiare dissidenza. La migrazione al vicino municipio di San Cristóbal fu massiccia. Le aree rurali si popolarono di insediamenti che col tempo si sono trasformati in ejidos e comunità. La città cambiò profondamente. Smise di essere l’orgogliosa Città Reale dei caxclanes (o meticci) per trasformarsi nella maggiore città indigena del Messico paragonabile solo a Juchitán e Tehuacán. Quartieri e colonie chamulas circondano la città e gli indios dominano importanti settori dell’economia e del territorio. Queste colonie sono piene di chiese e centri di molteplici denominazioni evangeliche: presbiteriane e testimoni di Geova, tra altre. Ed ovviamente anche di migliaia di cattolici seguaci della chiesa della liberazione del vescovo Samuel Ruiz, o semplicemente cattolici vaticani, cosa che a Chamula, negli anni dell’orrore, equivaleva alla dissidenza, perché i cacicchi priisti erano nemici della diocesi progressista di San Cristóbal.

In questo clima e di fronte alla mancanza di protezione ed ai pregiudizi che colpivano migliaia di espulsi evangelici, nacque l’organizzazione di autodifesa Guardián de mi Hermano, predecessore diretto dell’Ejército de Dioshttp://www.jornada.unam.mx/2009/07/26/index.php?section=politica&article=015n1pol

 (Traduzione “Maribel” – Bergamo  https://chiapasbg.wordpress.com)

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Venduti terreni di zapatisti.

La Jornada – Giovedì 23 luglio 2009

 Appartengono al territorio autonomo Pueblo Maya Tzeltal, ad Ocosingo

Denunciata vendita irregolare di terreni della comunità zapatista

Un dipendente dell’ex proprietaria ha rivenduto dei lotti e non si presenta alle citazioni della JBG

Hermann Bellinghausen

San Cristóbal de las Casas, Chis., 22 luglio. Il consiglio autonomo del municipio Francisco Gómez, appartenente al caracol di La Garrucha, ha denunciato la vendita illegale di terreni che appartengono al territorio autonomo di Pueblo Maya Tzeltal, già podere San Jacinto, nella zona urbana della città di Ocosingo. Il consiglio chiede “che si ricollochnoi immediatamente le persone che vogliono occupare le proprietà”.

L’autorità autonoma sostiene che la professoressa María Tirsa (o Tilsia) Robles Ramírez, con il signor Ciro Hernández Gómez, era venuta  a “donare” l’atto di proprietà alla giunta di buon governo (JBG) “con la quantità di ettari e misurazioni di 89 lotti di terreno che è dei compagni di Pueblo Maya Tzeltal che sono basi di appoggio dell’EZLN.

La proprietà è occupata dalle basi di appoggio dell’EZLN dall’insurrezione del 1994; dieci anni dopo, il 27 ottobre 2005, la proprietaria Robles Ramírez consegnò alla JBG l’atto di proprietà. La signora possiede terreni anche in altre parti della regione delle valli di Ocosingo, così come San Quintín ed in altre località rurali.

Ora, Ciro Hernández Gómez, che lavorava per l’ex proprietaria dei terreni, ha rivenduto i lotti della comunità zapatista. Bisogna ricordare che poco tempo fa c’è stata una denuncia simile della JBG di Morelia, dove terre recuperate nella comunità 16 de Febrero stavano per essere “rivendute” da privati di Ocosingo.

Il consiglio autonomo del municipio Francisco Gómez denunciano che “questo affare è gestito” da Ernesto Cruz Gómez, Ciro Hernández Gómez e Francisco Pérez Sánchez, che sono già stati denunciati tre volte all’ufficio del consiglio ed altre tre alla JBG, “ma non si sono mai presentati.”

Gli zapatisti insistono nel ricollocamento immediato di queste persone, “prima che accadano scontri, perché se toccano uno dei compagni, toccano tutti noi.”

Pueblo Maya Tzeltal ha subito anche il taglio della luce e la persecuzione da parte della Commissione Federale dell’Elettricità (CFE) e del municipio panista. Lo stesso gruppo di Cruz Gómez ed Hernández Gómez nel marzo scorso aveva tentato di esercitare pressioni sulle basi zapatiste affinché pagassero la CFE, svolgendo così il ruolo di elemento di divisione nelle comunità che l’ente parastatale ha “assegnato” a persone e gruppi dentro, o nelle vicinanze, comunità in resistenza in tutta l’entità.

Le pressioni della CFE contro Pueblo Maya Tzeltal si sono acuite dal marzo 2007, con un primo taglio. Questo si è ripetuto a maggio del 2008 ed a marzo di questo anno.

Nella lettera consegnata nel caracol di La Garrucha alla professoressa Robles Ramírez nel 2005, la JBG El camino del futuro scriveva per ringraziarla “di avere consegnato di sua spontanea volontà gli atti di proprietà e le planimetrie di quella proprietà affinché potessero utilizzarla i compagni basi di appoggio zapatiste del quartiere di San Jacinto senza nessun problema, e per questa ragione la JBG la ringrazia. Inoltre vogliamo che sia chiaro che non negozieremo col governo”. Firmavano la giunta, e in conformità, la destinataria.

Frayba: a Mitzitón l’incapacità del governo

Il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas si è pronunciato sui fatti di violenza nell’ejido di Mitzitón, dove questo martedì è stato investito in maniera criminale Aurelio Díaz Hernández, aderente all’Altra Campagna, che ha perso la vita sul colpo.

In diversi momenti questo centro è stato messo a conoscenza, attraverso comunicati delle autorità di Mitzitón, notizie di stampa ed informazioni fornite da funzionari del governo dello stato, della situazione di conflittualità in detta comunità, e che secondo il governo dello stato il conflitto è di carattere religioso.”

Il problema “è pubblico e noto da tempo al governo del Chiapas che ha perfino mantenuto un tavolo di dialogo col sottosegretario agli Affari Religiosi, Enrique Guillermo Ramírez Coronado; ciò nonostante, visti i risultati fatali, riteniamo che questo tavolo sia stato insufficiente poiché i funzionari che vi partecipano non hanno la necessaria capacità per tale compito.” http://www.jornada.unam.mx/2009/07/23/index.php?section=politica&article=015n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo  https://chiapasbg.wordpress.com)

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Un morto e cinque feriti.

La Jornada – Mercoledì 22 luglio 2009

  Gli aggressori sono protetti dalle autorità chiapaneche, denunciano gli ejidatarios

AGGRESSIONE CONTRO ADERENTI ALL’ALTRA CAMPAGNA LASCIA UN MORTO E CINQUE FERITI

vittimaHermann Bellinghausen

Mitzitón, Chis. 21 luglio. Un morto e cinque feriti, tre dei quali gravi, è il saldo dell’annunciata aggressione contro i contadini da parte di un gruppo di “non cooperanti” dell’ejido che ha tentato di impadronirsi di una proprietà comunale attraverso la quale passerebbe il primo tratto dell’autostrada a Palenque. Gli aggressori hanno sempre contato sulla tolleranza più o meno aperta del governo.

Le vittime dell’aggressione, aderenti all’Altra Campagna, avevano manifestato il loro rifiuto alla strada, annunciando perfino con cartelloni che non permetteranno che attraversi i loro campi, boschi e sorgenti. “I problemi sono aumentati a partire dal nostro rifiuto dell’esproprio a cui ci porterà la presunta autostrada del malgoverno”, affermavano oggi.

Si potranno dire molte cose degli uccisori di Aurelio Díaz Hernández, ma non che non avevano avvisato che avrebbero aggredito il tzotzili di 31 anni e gli altri ejidatarios di Mitzitón, aderenti all’Altra Campagna. Solo il pomeriggio di domenica 19 il gruppo, guidato da Carmen Díaz López, minacciava i contadini nei seguenti termini: “Se non la smettete di rompere, vi veniamo a prendere uno alla volta”, mentre brandivano machete, bastoni e pietre. Hanno eseguito la loro minaccia.

Gli aggressori ancora in flagranza, questa mattina sono stati visti in atteggiamenti amichevoli con la polizia statale quando sono arrivate a Mitzitónon le pattuglie della municipale di San Cristóbal, della federale e, fugacemente, elementi dell’Esercito la cui base di Rancho Nuevo è vicina a Mitzitón. Sono arrivati sul posto anche agenti del Pubblico Ministero e funzionari del governo.

Gli ejidatarios li chiamano “non cooperanti” perché non partecipano alle attività comunitarie ed in realtà erano sconosciuti alla maggioranza degli ejidatarios. Nel 2001 si è dimostrato che trafficavano con i clandestini (li consegnavano alla polizia, loro e tutta la “merce”) ma fino ad ora sono impuni. Díaz López fu espulso da Mitzitón ed oggi vive, molto prosperamente (possiede case e numerose auto) nel vicino municipio di Teopisca.

La notte di lunedì, verso le 22:30, i suoi seguaci hanno intercettato una brigata di ejidatarios che stava misurando i terreni comunali per la prossima semina, per il pascolo o la parte conservata a bosco. I primi hanno sparato varie volte ed almeno due colpi hanno colpito il veicolo su cui viaggiavano gli ejidatarios. Secondo questi ultimi le armi erano AR-15. I colpi mostrano un arma di grosso calibro. Non ci sono stati feriti.

Questa mattina circa 30 ejidatarios di Mitzitón stavano andando a proseguire le misurazioni decise in assemblea. Uscendo dalla casa ejidale hanno attraversato la strada per Comitán; 18 erano a piedi, il resto a bordo di un camioncino dell’ejido. Stavano entrando nei campi quando sono sbucati 60 uomini armati di machete, bastoni, fionde e pietre. Hanno preso il loro veicolo e l’hanno semidistrutto. Di seguito parte della testimonianza dell’autorità ejidale:

Di nuovo abbiamo subito aggressioni dai non cooperanti appoggiati dal malgoverno, perché a loro non fa niente. Oggi alle 9:30 del mattino un gruppo dei nostri compagni incaricati di visionare i terreni, sono stati intercettati da un gruppo di 60 non cooperanti che hanno aggredito i nostri compagni. In quel momento è arrivato un camioncino blu Chevrolet senza targa con cinque persone a bordo, due di loro armati di AR-15. Sono partiti due spari.”

Prosegue: “Il camioncino viaggiava ad alta velocità ed ha investito i nostri compagni. Ha perso la vita Aurelio e sono rimasti feriti Fernando Heredia Heredia al quale hanno rotto il braccio destro a bastonate; Javier Gómez Heredia a cui hanno rotto le gambe passandogli sopra con il camioncino; Raymundo Díaz Heredia, con fratture al piede perché schiacciato dai pneumatici del camioncino; José Heredia Jiménez ferito alla testa da bastonate e sassate, e Marcelino Jimenez Hernández, con fratture al piede destro per il passaggio sul piede del camioncino“. I feriti sono stati trasportati all’Ospedale Regionale di San Cristóbal.

Secondo gli ejidatarios il veicolo era guidato da Francisco Jiménez Vicente riconosciuto nonostante avesse il volto coperto. Sostengono inoltre che l’investimento è stato intenzionale e che loro non hanno risposto assolutamente alla violenza.

Il volto e la testa di Aurelio erano sfigurati. Le autorità hanno solo controllato il pluricontuso cadavere senza eseguire l’autopsia. “Investimento”, hanno stabilito, e l’hanno lasciato a Mitzitón per i funerali in comunità. http://www.jornada.unam.mx/texto/017n1pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo   https://chiapasbg.wordpress.com)

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CENTRO DIRITTI UMANI FRAY BARTOLOME DE LAS CASAS
CHIAPAS, MESSICO

Martedì 21 luglio 2009

Ieri avevamo diffuso pubblicamente la denuncia degli ejidatarios della comunità di Mitizitón nella quale si avvertiva del rischio di aggressioni da parte di un gruppo di persone “non cooperanti nei lavori comunitari”.

Oggi martedì 21 luglio gli ejidatarios di Mitzitón, municipio di San Cristóbal de Las Casas, sono stati aggrediti da un gruppo di circa 60 persone “non cooperanti“. L’aggressione ha provocato un morto e diversi feriti che sono stati investiti da un’auto in corsa. ejidatario_asesinado

Il conflitto esistente tra ejidatarios di Mitzitón ed i vicini “non cooperanti“, si è acutizzato poiché i primi difendono il loro diritto al territorio e si oppongono alla costruzione di una strada che invaderà le loro proprietà, mentre i secondi sono disposti a “fare affari e traffici”, secondo le denunce degli stessi ejidatarios.

Dei fatti accaduti ritengono responsabili per azione Carmen Diaz López, già precedentemente espulso dalla comunità, ed il governo di Juan Sabines per omissione delle denunce presentate.

Per questo, e su richiesta dei firmatari, inviamo la seguente denuncia pubblica dei fatti accaduti nella comunità di Mitzitón dove si segnalano le aggressioni. Denuncia Originale degli Ejidatarios di Mitziton

Ai seguenti link si possono vedere le fotografie e la denuncia resa pubblica ieri:

http://www.frayba.org.mx/fotos.php?ID=1219&language_ID=1&hl=es

http://www.frayba.org.mx/archivo/denuncias/090720_denuncia_publica.pdf

Saluti
Víctor Hugo López
Área de Sistematización e Incidencia
Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de Las Casas AC
Brasil #14, Barrio Mexicanos, San Cristóbal de Las Casas, Chiapas
29240, MEXICO
Tel +52 (967) 6787395, 6787396, 6783548
Fax +52 (967) 6783551

frayba@frayba.org.mx

www.frayba.org.mx

(Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com)

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La Jornada – Martedì 21 luglio 2009

Si conclude in Chiapas il Forum regionale indigeno Resistencias y Alternativas

ONG: Il governo ignora le istanze sociali

Hermann Bellinghausen

San Cristóbal de las Casas, Chis., 20 luglio. Questa domenica si è concluso nell’ejido di Arimatea, Palenque, il Forum Regionale Indigeno di Resistenze e Alternative, al quale hanno partecipato comunità dei municipi di Palenque, Salto de Agua, Comitán, Tumbalá, Chilón e San Cristóbal de Las Casas. Tutte aderenti all’Altra Campagna ed in resistenza civile.

I partecipanti hanno espresso il loro rifiuto dei progetti ecoturistici “che il governo mette nelle mani di gente che milita nei partiti Rivoluzionario Istituzionale o Azione Nazionale, allo scopo di disputare spazi e indebolire le organizzazioni sociali di sinistra, come ad Agua Azul, Agua Clara, Misol-há, San Sebastián Bachajón, El Naranjo e Roberto Barrios, dove quelli che ne risultano aggrediti e colpiti sono principalmente i fratelli basi di appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) e gli aderenti all’Altra Campagna.”

Il forum si è pronunciato contro la costruzione delle strade da San Cristóbal-Palenque-Ruinas, e Suclumpá (Salto de Agua). Queste “saranno a beneficio solo dei ricchi e colpiranno terre e proprietà delle comunità indigene” che non sono state consultate né prese in considerazione.

I partecipanti, membri di Xi’nich, Resistenza Civile, l’organizzazione Cedic ed abitanti del municipio autonomo Comandante Ramona, tra altri, hanno denunciato la riconversione produttiva che vuole “soppiantare la produzione tradizionale ed ancestrale delle comunità a beneficio delle imprese transnazionali agroindustriali”, e l’uso di sostanze chimiche in agricoltura e pesticidi “che promuovono gli enti ufficiali ed i mezzi di comunicazione.”  (….)

Il forum si è pronunciò per la liberazione immediata dei prigionieri politici di Candelaria (Campeche), San Sebastián Bachajón e di tutto il paese, e chiede di cessare “la repressione dei processi organizzativi che contestano questo malgoverno.”.

I partecipanti sono giunti ad una conclusione preoccupante: “Abbiamo visto che cortei, incontri, comunicati stampa e denunce delle organizzazioni a difesa dei diritti umani non hanno più effetto sul governo, mentre la repressione continua come una delle forme in cui il governo si mantiene al potere.”.

Alla fine il forum regionale si è pronunciato per il rispetto ed il riconoscimento delle organizzazioni sociali che lottano per la difesa della terra e del territorio; per il rafforzamento degli usi e costumi dei popoli e delle comunità autonome, e che queste “rafforzino la loro sovranità alimentare cercando di preservare e recuperare le produzioni tradizionali.”

I presenti hanno riconosciuto “lo sforzo delle organizzazioni e comunità che lottano per un processo alternativo nella difesa della terra rifiutando i programmi di privatizzazione e nominando le proprie autorità alternative, formando i tecnici per gestire l’energia elettrica, costruendo una produzione biologica e sana e perseguendo la sovranità alimentare, tra altri processi già avviati nei villaggi, per conservare i propri semi e potenziare l’uso della medicina tradizionale.”     http://www.jornada.unam.mx/texto/015n1pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Ancora proteste a Palenque.

La Jornada – Martedì 21 luglio 2009

 Gli aggressori hanno dichiarato che “il governo” aveva ordinato loro di perseguitare i contadini

Perseguitati gli ejidatarios che si oppongono alla costruzione dell’autostrada in Chiapas

Hermann Bellingahusen

 San Cristóbal de las Casas, Chis., 20 luglio. Questa domenica persone ostili all’assemblea di Mitzitón, ejido tzotzil del municipio sancristobalense hanno aggredito contadini che facevano misurazioni su terreni dove presumibilmente passerà l’autostrada verso Palenque, fortemente respinta dagli indigeni che rifiutano di essere il “chilometro zero” dell’ambiziosa opera.

 L’ejido, aderente all’Altra Campagna, accusa dell’aggressione i “non cooperanti, quelli che non eseguono i lavori comunali e sono appoggiati dal malgoverno”. Ieri domenica, su accordo dell’assemblea, le autorità hanno annunciato: “facciamo le misurazioni delle aree comunali affinché lunedì le possiamo ripartire in parti uguali tra gli ejidatarios ed i cooperanti, lasciando liberi i boschi.”

Mentre misuravano le terre nei paraggi di Chixtetik, alle ore 12 di ieri, sul posto sono giunti 10 camioncini ed un camion con “la gente di Carmen Díaz López che otto anni fa fu espulsa dalla comunità per aver commesso dei reati, come il traffico di clandestini, tra altri.” Circa 40 persone “con bastoni, machete, pietre e fionde”, che dichiaravano che il governo “aveva dato loro l’ordine di farci smettere, con le buone o le cattive, di misurare le nostre terre, altrimenti saremmo andati in prigione.”

Il citato Díaz López, capoccia degli aggressori, gridava: “Se non la smettete vi veniamo a prendere uno alla volta.” Gli ejidatarios legittimi hanno quindi scelto di ritirarsi, “mentre loro cercavano altri bastoni.” 

 Chixtetik è precisamente dove tempo fa Díaz López recintò, arò e seminò mais senza il permesso della comunità, “essendo questo posto minacciato dalla costruzione dell’autostrada San Cristóbal-Palenque.” 

 Anche ieri, alle ore 10:30, Mauro Díaz Jiménez è stato catturato e portato nella casa del pastore evangelico Refugio Díaz Ruiz, “appartenente alla banda di delinquenti di Díaz López”. Quando l’hanno preso Elemesio Jiménez Vicente “gli ha messo la lama del machete sul collo, obbligandolo a salire sull’auto, prima gli avevano bucato i pneumatici dell’auto.”

 L’assemblea comunale ha deciso di difendere la sua terra e il suo territorio. In questi giorni gli ejidatarios faranno le misurazioni e la ripartizione delle terre, e chiedono a “tutti i nostri fratelli di lotta di stare attenti a quello che succederà.”

 

Esigono rispetto alla “decisione del popolo”, ed aggiungono che, “come comunità non abbiamo più bisogno della Procura Agraria, del Tribunale Agrario né di altri enti del malgoverno, e tanto meno della ‘riconciliazione’, poiché i non cooperanti hanno fatto solo danni alla comunità in complicità col malgoverno.”                      http://www.jornada.unam.mx/texto/014n1pol.htm

 (Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Resistencias y Alternativas.

La Jornada – Sabato 18 luglio 2009

Si vuole “organizzare un piano di lotta regionale” contro il progetto economico neoliberista

Organizzato in Chiapas il forum Resistencias y Alternativas

Hermann Bellinghausen – Inviato

San Cristóbal de las Casas, Chis., 17 luglio. Organizzazioni e gruppi di resistenza civile dello zona nord dello stato, aderenti all’Altra Campagna, realizzeranno questo fine settimana il Forum Regionale Indigeno di Resistenze e Alternative, nella comunità di Arimatea, municipio di Palenque. Tra le diverse lotte che li uniscono emerge la resistenza contro le alte tariffe dell’energia elettrica. Tutti partecipano ad una protesta che ormai è diffusa in buona parte del paese.

Un recente studio del Centro di Ricerche Economiche e Politiche di Azione Comunitaria (Ciepac) metteva in prospettiva queste resistenze ogni giorno sempre più diffuse nonostante i programmi palliativi del governo: “In Chiapas ci sono le tariffe di elettricità più alte per le comunità indigene e contadine.”.

In particolare in questi giorni l’arresto a Candelaria, Campeche, di cinque attivisti contro le tariffe elettriche, su denuncia della Commissione Federale dell’Elettricità (CFE), ha galvanizzato queste resistenze e risvegliato la solidarietà di organizzazioni di diversi stati.

Secondo gli organizzatori l’obiettivo immediato del forum è “conoscersi per condividere esperienze ed organizzare un piano di lotta alternativo regionale contro i piani del progetto economico neoliberista.”

A ciò si sommano “obiettivi strategici”: “organizzarsi per unire la nostra lotta con altri settori a livello regionale, statale e nazionale, per costruire un nuovo modello di paese dove ci sia una nuova Costituzione, dignità, democrazia, giustizia, pace e libertà per tutti i messicani e le messicane.”

I temi dell’incontro

Nel forum si discuteranno almeno sei temi: le alte tariffe dell’energia elettrica e la resistenza civile; il progetto della superstrada San Cristobal-Palenque e le resistenze a detta opera; i progetti ecoturistici annunciati nella regione; riconversione produttiva, produzione transgenica e sovranità alimentaria, così come progetti alternativi per difendere la terra, il territorio e l’ambiente.

La domanda dei movimenti di resistenza civile alla quale si vuole rispondere ad Arimatea è: “che cosa fare per resistere uniti?”, soprattutto davanti alla crescente persecuzione delle loro lotte.

Il citato studio sottolineava che: “Il Chiapas è lo stato messicano con maggiore produzione di energia idroelettrica”. Il bacino del fiume Grijalva (Angostura, Chicoasén, Malpaso e Peñitas) nel 2006 rappresentava il 45% della capacità totale attiva. Di questa, “in Chiapas se ne consuma solo l’1%.” Il resto viene distribuito su scala nazionale o si esporta a prezzo di favore in Stati Uniti, Belize e Guatemala. “Paradossalmente, nello stato circa 275.000 persone non hanno accesso all’energia elettrica.”.

Secondo la Segreteria delle Finanze Statale, di più di un 1.427.420 utenti sono in resistenza e non pagano le bollette, e questo rappresenta il 40% degli utenti.

L’ampia analisi di Ciepac ((Norma Iris Cacho Niño e Antoine Lambert Amico: bollettini 569 e 570, dicembre 2008), ricorda che “molte comunità indigene e contadine del Chiapas sono da 15 anni in resistenza al pagamento dell’energia elettrica, poiché le tariffe hanno raggiunto cifre impossibili da pagare.”

Dal 1994 “lo scontento che già esisteva si generalizzò in gran parte dei municipi chiapanechi ed attualmente molte di queste comunità confluiscono nella Red Estatal de Resistencia Civil La Voz de Nuestro Corazón, in un processo di resistenza civile organizzata principalmente intorno alla difesa dell’energia elettrica, una delle ultime risorse pubbliche, ancora, in Messico.”

Come parte di un processo organizzativo “che va molto oltre il semplice non pagamento della luce, le comunità della rete hanno cercato di appropriarsi di un servizio per le comunità” e non dipendere più dalla CFE. L’analisi osserva: “Le comunità sanno, e lo affermano nel loro agire quotidiano, che l’energia elettrica non è proprietà del governo, né dei funzionari, né delle imprese private. La luce è proprietà dei popoli del Messico.” http://www.jornada.unam.mx/2009/07/18/index.php?section=politica&article=015n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Contro la tortura.

La Jornada – Venerdì 17 luglio 2009

L’organizzazione Mondiale Contro la Tortura chiede di garantire la sicurezza di due detenuti a El Amate
Hermann Bellinghausen – Inviato

San Cristóbal de Las Casas, Chis., 16 luglio. L’organizzazione Mondiale Contro la Tortura (OMCT) esprime preoccupazione per la situazione e la sicurezza deu fratelli Gerónimo e Antonio Gómez Saragos, ejidatarios di San Sebastián Bachajón, aderenti all’Altrs Campagna, reclusi nel Centro di Reinserimento Sociale n. 14 (El Amate), a Cintalapa de Figueroa.

In un comunicato inviato oggi da Ginevra, Svizzera, il segretariato generale della OMCT sollecita le autorità messicane ad “adottare le misure appropriate e necessarie” per garantire la loro sicurezza ed integrità fisica e psicologica, “compresa l’assistenza attenzione medica”. Le esorta inoltre ad ordinare la loro immediata liberazione “nel caso fossero detenuti in assenza di validi reati a carico” e, “nel caso questi esistessero, di portarli davanti ad un tribunale indipendente, competente, giusto ed imparziale.”

L’organizzazione esprime anche “soddisfazione” per la liberazione di Gerónimo Moreno Deara, Sebastián Demeza Deara, Pedro Demeza Deara, Alfredo Gómez Moreno e Miguel Demeza Jiménez, altri cinque ejidatarios tzeltales dello stesso luogo che hanno lasciato El Amati lo scorso 6 luglio per la rinuncia all’azione penale contro di loro da parte della Procura Generale di Giustizia dello Stato. (….)

La OMCT sottolinea che i fratelli Gómez Saragos sono stati catturati durante gli stessi operativi e tutti hanno subito “maltrattamenti e torture allo scopo di far firmare loro una confessione”. Non è stato messo loro a disposizione un traduttore né un avvocato che conoscesse la loro lingua e cultura, “violando i loro diritti alla libertà, integrità personale, protezione e garanzie legali.” (….)  http://www.jornada.unam.mx/2009/07/17/index.php?section=politica&article=012n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Giovedì 16 luglio 2009

Cresce la protesta contro le tariffe elevate dell’energia elettrica
Si chiede la liberazione degli attivisti di Campeche   

Hermann Bellinghausen

Il Consiglio Autonomo Regionale della Costa del Chiapas ha chiesto ai governi federale e di Campeche “la liberazione immediata di Sara López González, Joaquín Aguilar, Guadalupe Borja, Guadalupe Liscano ed Élmer Castellanos, accusati ingiustamente ed arbitrariamente dalla Commissione Federale dell’Elettricità (CFE).” Il Consiglio ammette che gli attivisti di Campeche “dalle loro terre stanno lottando, come noi, per tariffe giuste della luce.”

Di fronte alla criminalizzazione della protesta sociale e del movimento di resistenza civile di Campeche, l’organizzazione della costa, aderente all’Altra Campagna dell’EZLN, ha avvertito che, “se non saranno immediatamente liberati, occuperemo a tempo indeterminato le strade, le presidenze municipali di Tonalá e Pijijiapan ed il Sottosegretariato di Governo Istmo-Costa, come protesta per i nostri prigionieri e prigioniere di Candelaria, affinché sappiano che non sono soli e che qua hanno dei compagni di lotta che non si fermeranno fino a che non li vedremo fuori di prigione.”.

Nel contesto della protesta nazionale che i movimenti contro le alte tariffe elettriche hanno realizzato questo mercoledì in vari stati del paese, l’organizzazione autonoma ha annunciato a Tonalá il suo appoggio ai cinque attivisti arrestati a Candelaria, Campeche, con cui da anni condividono la lotta.

Il Consiglio ha diffuso anche le sue denunce. Accusa le presidenze municipali della costa chiapaneca; il Sottosegretariato di Governo, guidato da Miguel Gordillo Vázquez, e la delegazione di Governo, rappresentata da Mario Ramón Becerra, di fare proselitismo ed aver condizionato il voto nelle recente elezioni attraverso programmi sociali, come Oportunidades.

Assicura che funzionari ed impiegati governativi hanno tentato di obbligare la gente a votare per il candidato del PAN; nel caso non l’avessero fatto, “sarebbe stato cancellato l’appoggio del governo federale, come hanno detto le persone incaricate dei pagamenti.” Le assemblee di ejidos, colonie e racherías “hanno alzato la voce contro questi politici.”

“Hanno fatto lo stesso col programma Chiapas Solidario, dove ci si è messo tutto l’apparato governativo a favore del candidato del PAN ed alla gente che votava hanno distribuito briciole” (tra i 200 e 400 pesos). (….)

Il consiglio formato da quartieri, colonie e comunità, si dichiara in resistenza civile al pagamento delle bollette dell’energia elettrica per usi domestici, pubblici e rifornimenti di acqua, “fino a che non ci saranno tariffe giuste.” Inoltre, si oppone al pagamento dell’acqua “perché è un diritto umano universale.”

Nel frattempo a San Cristóbal de las Casas, la Rete Statale di Resistenza Civile La Voz de Nuestro Corazón, il Centro de Ricerche Economiche e Politiche di Azione Comunitaria ed il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas hanno annunciato la consegna formale delle loro dichiarazioni contro la repressione a Campeche negli uffici della CFE di detta città. Anche a Palenque si sono svolte proteste davanti agli uffici dell’ente.

 http://www.jornada.unam.mx/2009/07/16/index.php?section=politica&article=015n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Venerdì 10 luglio 2009

Nel marzo scorso le aggressioni sono culminate con l’incendio delle case, denunciano le vittime

“Violenta espulsione “di 138 indigeni dell’ejido Damasco da parte dell’organizzazione paramilitare Opddic

L’organizzazione opera “apertamente coperta” dal segretario di Governo del Chiapas

Hermann Bellinghausen – Inviato

Dieci famiglie indigene – un totale di 138 persone – sono state espulse dall’ejido Damasco (municipio di Ocosingo, Chiapas) da membri dell’Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic). Oggi hanno denunciato i maltrattamenti subiti dal febbraio 2008 e che erano aumentati nel marzo scorso.

Gli aggressori, apertamente protetti dalla Segreteria di Governo statale e dal suo rappresentante nella regione, José Manuel Morales Vázquez (militante del PAN), hanno espulso “in maniera violenta” gli ejidatarios privandoli dei loro diritti agrari. Il gruppo della Opddic, “circa 30 persone”, è guidato dal commissario ejidale, Pablo Espinosa Jiménez, e da Miguel Hernández Gómez, che dicono di appartenere alla Opddic, riconosciuta come paramilitare in diverse parti della selva e della zona nord del Chiapas. “Hanno saccheggiato e rubato nelle nostre case, hanno completamente bruciato due magazzini”, denunciano le vittime.

“Tutto è cominciato nel febbraio del 2008, quando il delegato Morales Vázquez voleva raccogliere gente per entrare nel PAN, facendoci pressioni attraverso il commissario ejidale. Siccome non accettavamo, ci hanno intimidito e minacciato per un anno utilizzando tutti gli strumenti politici in possesso del rappresentante che utilizzò la radio per ricattarci e varie pattuglie della polizia di settore per spaventare le nostre famiglie”, aggiungono.

Le vittime sostengono di non appartenere a nessun partito politico, producono ed esportano miele d’api “in maniera indipendente” da più di 30 anni, oltre a falegnameria, allevamento di bestiame bovino e commercio. “Abbiamo migliorato la qualità della vita e questo ha suscitato invidia in certi leader, perché loro invece si dedicano solo alle estorsioni e a dipendere dal governo”.

Nel 1976 gli ejidatarios oggi espulsi acquisirono due casolari per un negozio ed un’officina di falegnameria. Lo scorso 17 marzo, mentre erano in udienza presso il Tribunale Unitario Agrario di Tuxtla Gutiérrez, quelli della Opddicc, che reclamano i citati casolari, “hanno avvertito il magistrato Rafael García Cimerman (sic) che se non avesse emesso una sentenza a loro favorevole, avrebbero subito ordinato di bruciare le nostre case; detto fatto, il commissario ha chiamato col cellulare Miguel Hernández Gómez ordinando di procedere come concordato”. Quel giorno hanno bruciato i magazzini, rubato e saccheggiato case e negozi, distrutto le forniture di acqua ed energia ed espulso le famiglie, “gettando le nostre cose ai bordi della strada”.

Quelli della Opddic – denunciano gli espulsi – “hanno legato come un animale” Francisco Bruno Méndez, un ragazzo minorenne, accusandolo di violenza e possesso di arma ad uso esclusivo dell’Esercito, mettendogli in tasca una pistola giocattolo e consegnandolo al Pubblico Ministero di Ocosingo. “Siccome era tutto falso, qualche giorno dopo l’hanno liberato. Hanno anche legato un altro ragazzo vicino a dove era stato appiccato il fuoco ai nostri magazzini per incolparlo dell’incendio.”

Le perdite materiali ammontano ad un milione e cinquecentomila pesos. Dalle strade di Palenque, dove “vivono” da allora, dicono: “Nessuno ci fa giustizia. Vogliamo pensare che non tutto il villaggio è coinvolto nella nostra espulsione, ma solo alcuni guidati dal commissario ejidale, dal consiglio di vigilanza e da un agente municipale, contro i quali alcuni privati hanno sporto denuncia per estorsione, minacce e fabbricazione di reati”. Denunciano il rappresentante del Governo “come autore intellettuale dello sgombero forzato”.

Questo 6 luglio hanno chiesto al Pubblico Ministero di Palenque di eseguire un mandato di cattura già emesso contro gli aggressori, quello che ha fatto al crocevia di Chancalá, ma per liberarli subito dopo un’ora. L’operazione è stata eseguita dal comandante Hugo Delgado che ha spiegò alle vittime di aver rilasciato quelli della Opddic “su ordini dall’alto, riferendosi al segretario generale di Governo a Tuxtla”, dichiarano gli sfollati.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

http://www.jornada.unam.mx/2009/07/10/index.php?section=politica&article=015n1pol

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La Jornada – Giovedì 9 luglio 2009

Erano accusati di essere rapinatori di strada

Sono stati liberati cinque dei sette indigeni tzeltales di Bachajón detenuti nel carcere di El Amate

Continuano gli assalti agli autobus turistici; ci sono voice secondo le quali I poliziotti proteggono i delinquenti

Hermann Bellinghausen

Sono liberi cinque dei sette ejidatari tzeltales di San Sebastián Bachajón, Chiapas, arrestati nell’aprile scorso nelle vicinanze di Agua Azul in diverse operazioni di polizia. Da maggio erano detenuti nella prigione di El Amate, a Cintalapa de Figueroa, dopo diverse settimane di “fermo” nella Quinto Pitiquitos di Chiapa de Corzo. Erano accusati, senza prove, di essere assalitori di strada nel tratto di strada Ocosingo-Palenque.

Le autorità ejidali di San Sebastián, aderenti all’Altra Campagna dell’EZLN, ed il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas, hanno reso noto oggi che la liberazione è avvenuta lunedì scorso 6 luglio, “grazie alla solidarietà nazionale e internazionale”.

Con la rinuncia all’azione penale da parte delle autorità giudiziarie del Chiapas, cinque dei sette indigeni dell’Altra Campagna “rimasti ingiustamente in carcere per tre mesi per aver svolto azioni in difesa del loro territorio”, sono liberi.

Sono: Gerónimo Moreno Deara, Alfredo Gómez Moreno, Miguel Demeza Jiménez, Sebastián Demeza Deara e Pedro Demeza Deara. Sono ancora detenuti a El Amate, “ingiustamente” come sostengono i loro compagni e la difesa, i fratelli Gerónimo e Antonio Gómez Saragos, sui quali pende l’accusa di rapina aggravata e criminalità organizzata.

Con loro era stato arrestato Miguel Vázquez Moreno, base di appoggio dell’EZLN, abitante del municipio autonomo Comandanta Ramona, liberato poche settimane dopo gli operativi di polizia, anche lui senza accuse a carico.

Per questi arresti, organizzazioni sociali e dei diritti umani denunciarono non solo l’infondatezza delle accuse, ma che alcuni di loro avevano subito torture fisiche e psicologiche per dichiararsi colpevoli ed erano stati obbligati a firmare dichiarazioni senza l’assistenza di un traduttore nella loro lingua né di un avvocato che conoscesse la loro cultura e la loro lingua, come stabilisce la legge.

La giunta di buon governo zapatista del caracol di Morelia a maggio aveva diffuso i nomi di una banda di rapinatori, identificati nel vicino ejido di Agua Clara. Il governo statale si era impegnato ad investigare, fino ad ora senza risultati, sebbene le rapine agli autobus turistici nella zona sono proseguite.

(….)

In tutte queste azioni la polizia statale Preventiva (PEP) e Stradale (PEC), così come la Segreteria di Governo, erano associati con una minoranza priista dell’Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic) i cui membri hanno svolto opera di delazione nei confronti degli ejidatari detenuti, risultando inoltre beneficiati dalla distruzione della stazione di ingresso a pagamento e dalla sottrazione della cava di ghiaia. Nel primo luogo p stato installato un accampamento della PEP, mentre le pattuglie della PEC e della Polizia Federale Preventiva pattugliavano costantemente la strada e, secondo le denunce degli abitanti del posto, proteggono i veri rapinatori.

Così rimangono in carcere due indigeni dell’Altra Campagna e la cava di ghiaia lviene sfruttata da imprese costruttrici private, mentre i dirigenti della Opddic ricevono forti somme di denaro per la “concessione”. Tutto questo nel contesto della costruzione di una controversa autostrada a Palenque che colpirebbe l’ejido in maniera significativa e senza l’accordo dei suoi abitanti.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

http://www.jornada.unam.mx/2009/07/09/index.php?section=politica&article=021n1pol

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Vessazioni contro zapatisti.

La Jornada – Sabato 4 luglio 2009

Una Carovana di osservatori denuncia minacce contro la JBG

Contadini priisti perseguitano gli zapatisti di Agua Clara

Hanno installato un blocco stradale e chiedono 20 pesos a persona per il transito

Hermann Bellinghausen – Inviato

San Cristóbal de las Casas, Chis. 3 luglio. La presenza di una carovana civile di osservazione nel municipio autonomo zapatista Comandanta Ramona ha posto un’altra volta in rilievo la situazione di conflitto nella regione di fiumi e stabilimenti balneari compresa tra Chilón e Palenque.

Dopo essere stata nel sito turistico El Salvador, su terre recuperate dell’ejido Agua Clara, la Carovana di Osservazione e Solidarietà con le Comunità Zapatiste, dell’Altra Campagna, ha diffuso una relazione nella quale riporta le azioni ostili di cui è stata oggetto ad Agua Clara da parte di contadini priiste che hanno cercato di impedire il passaggio della carovana e di una delegazione della giunta di buon governo (JBG) Torbellino de nuestras palabras, del caracol di Morelia.

La carovana formata da persone di Messico, Stati Uniti, Austria, Francia, Argentina e Germania, è rimasta dal 22 al 26 giugno nello stabilimento balneare El Salvador, ad Agua Clara, gestito dalla JBG e protetto da basi di appoggio zapatiste dopo averlo recuperato l’ottobre scorso.

La carovana ha constatato “il clima di persecuzione contro le comunità zapatiste e l’Altra Campagna”. Il 22 giugno “stavamo andando a El Salvador guidati da un’auto della JBG quando siamo stati intercettati da gruppi priisti che hanno installato un picchetto a due chilometri dallo stabilimento balneare; hanno lasciato passare l’auto della JBG ma fermato l’autobus che trasportava i partecipanti alla carovana pretendendo 20 pesos a persona per lasciarci passare”.

Nello stesso tempo, circa 15 persone si sono lanciate minacciose verso l’auto della JBG. “Visto che le ostilità contro l’auto della JBG diventavano sempre più serie”, si è deciso di ripiegare al crocevia di Agua Azul dove si trova la sede della regione autonoma San José en Rebeldía.

Lì c’era un camion della polizia di stato e sette agenti statali “con le armi e, dietro l’autobus, un camioncino della Polizia Federale Preventiva”. Praticamente questo è la normalità nella zona, permanentemente pattugliata da poliziotti e militari. Alcune località dell’ejido San Sebastián Bachajón, aderente all’Altra Campagna, sono occupati dal governo.

Il gruppo è tornato ad Agua Clara ed è entrato a El Salvador accompagnato da una colonna di basi di appoggio zapatiste. “A El Salvador ci hanno ospitato nelle loro strutture che mantengono in ottimo stato”, sottolinea il rapporto. I giorni seguenti sono stati pedinati da diversi veicoli.

“Le minacce e la persecuzione dei gruppi priisti vicini al governo statale sono fatti quotidiani”, aggiunge la carovana. I 20 pesos che richiedono al visitatore sono “per le persone che hanno messo quel picchetto, non per entrare nello stabilimento balneare né tanto meno per opere comunitarie”.

Il modo in cui si rivolgono alle basi zapatiste, alla JBG ed allo stesso EZLN “è apertamente aggressivo, provocatorio e scurrile”. Ai turisti che arrivano nel sito “raccontano bugie: che è un posto pericoloso perché lì ci sono gli zapatisti, e raccomandano loro di non proseguire”.

Gli osservatori civili esprimono preoccupazione per “il clima di provocazione e persecuzione che vivono gli zapatisti di questa comunità da parte di un piccolo gruppo di persone vicine al PRI, in totale rapporto con la polizia statale”.

Ciò nonostante, concludono: “Gli zapatisti che gestiscono il posto ci hanno mostrato il modo in cui lo tengono in funzione con un vero piano ecoturistico alla portata di tutti”.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

http://www.jornada.unam.mx/2009/07/04/index.php?section=politica&article=012n1pol

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La Jornada – Venerdì 3 luglio 2009

Il progetto riguarda Tuxtla Gutiérrez, Chiapa de Corzo, Comitán, San Cristóbal de las Casas e Palenque

COMUNITA’ CHIAPANECHE CONTRARIE AL PROGETTO GOVERNATIVO DI SVILUPPO TURISTICO

HERMANN BELLINGHAUSEN

San Cristóbal de las Casas, Chis., 2 luglio. Più passa il tempo e sembra imminente l’avvio del progetto di sviluppo turistico promosso dai governi federale e statale per unire in un corridoio le città di Tuxtla Gutiérrez, San Cristóbal de las Casas e Palenque, sempre più comunità indigene manifestano il loro rifiuto.

Questo avviene dal “chilometro zero” dell’autostrada, nella comunità tzotzil di Mitzitón che verrebbe tagliata a metà e che ha già detto che non permetterà l’opera. Lo stesso hanno concordato le assemblee di alcuni dei seguenti ejidos coinvolti, come Los Llanos (San Cristóbal), o Chempil e López Mateos (Oxchuc), tra altri.

Il conflitto incubato e non risolto intorno alle cascate di Agua Azul ha risvegliato la resistenza delle comunità zapatiste nei municipi autonomi Comandanta Ramona e La Paz, dei caracoles di Morelia e Roberto Barrios.

I sette contadini in carcere da aprile, originari di San Sebastián Bachajón ed aderenti all’Altra Campagna, sono parte di questa resistenza. In questa regione la strategia di contrainsurgencia è molto attiva. Le autorità proteggono gruppi filogovernativi indicati come paramilitari, in particolare l’Organizzazione per la Difesa dei Popoli Indigeni e Contadini (Opddic) e membri dell’Organizzazione Regionale di Coltivatori di Caffè di Ocosingo (Orcao).

C’è un investimento pubblico statale e federale volto a dividere e far scontrare le comunità. Programmi come Procede ed Oportunidades, ispirati dalla Banca Mondiale, si sommano ad una militarizzazione costante che nelle settimane scorse è diventata più visibile intorno a Palenque e perfino nelle vicinanze di Temó (Chilón).

Mentre la resistenza viene criminalizzata, ma cresce, il governo a giugno ha celebrato la prossima costruzione dell’aeroporto internazionale di Palenque, estremo opposto del “chilometro zero” di Mitzitón e candidato a diventare “elefante bianco” come altri come lui a Monte Albán (Yucatan), Corazón de María e lo scomparso Llano San Juan.

C’è un Chiapas lontano dagli indigeni. In questo i progetti fervono. Alla fine di giugno la direzione per lo sviluppo turistico municipale di Tuxtla Gutiérrez ha annunciato che l’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT) ha terminato lo studio del progetto Chiapas 2015. Jorge Trujillo Rincón, titolare dell’ente, ha comunicato alla stampa locale che lo studio definisce un piano strategico per promuovere un corridoio turistico internazionale “che attraverserebbe altri quattro municipi fino ad arrivare a Palenque”, nel quale non sono considerate le comunità indigene.

Trujillo Rincón ha citato i municipi che rientrerebbero nel corridoio internazionale: Tuxtla Gutiérrez, Chiapa de Corzo, Comitán, San Cristóbal de Las Casas e Palenque.

L’indagine della OMT stabilisce le linee guida che dovranno realizzare questi cinque municipi, “così come gli adeguamenti e migliorie che permettano di motivare il maggiore numero di turismo internazionale”. Il funzionario aggiunge che il progetto Chiapas 2015 contempla “un piano di competitività ed un catalogo di prodotti e servizi che favoriscano lo sviluppo turistico dell’entità”.

Il fatto che si ignorino i municipi indigeni che subiranno la strada, chissà se è una buona o cattiva notizia per le comunità che verrebbero invase dal “corridoio” con l’autostrada in quota, centri ecoturistici, parcheggi, hotel ed altro. I municipi tzotziles, tzeltales e choles di Huixtán, Oxchuc, Ocosingo, Chilón, Salto de Agua, Tumbalá, e la San Cristóbal rurale non compaiono tra gli invitati al banchetto di Chiapas 2015.

(Traduzione “Maribel”  – Bergamo)

http://www.jornada.unam.mx/texto/014n1pol.htm

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La Jornada – Giovedì 2 luglio 2009

Si tratta di una strada asfaltata da Tiontiepa a Chulum Juárez

Indigeni Choles di Tila protestano contro a costruzione della strada

“E’ a beneficio solo di altri mentre a noi ha rovinato le coltivazioni” affermano

HERMANN BELLINGHAUSEN

San Cristóbal de las Casas, Chis., 1º luglio. Contadini choles del municipio di Tila, aderenti all’Altra Campagna dell’EZLN, denunciano la costruzione di una strada che non porta loro nessun beneficio e sta distruggendo le loro terre nelle comunità Joljá Tiontiepa, Wilis Segunda Sección e Chulum Juárez, dove “il malgoverno e le sue imprese private distruggono come rapaci le nostre terre, piantagioni di caffè ed alberi da frutta”.

Queste comunità partecipano alla resistenza contro le alte tariffe elettriche all’interno dell’organizzazione Pueblos Unidos en Defensa de la Energía Eléctrica (Pudee). Il 22 aprile 2008 l’impresa costruttrice Desarrollo Mexicano, di Campeche, ha iniziato la costruzione della strada da Joljá Tiontiepa a Chulum Juárez, “colpendo la nostra vita come popoli indigeni distruggendo le nostre terre e coltivazioni”, affermano in un documento collettivo.

“Nella storia dei nostri antenati il malgoverno vuole sempre imporre la sua volontà ai popoli, non domanda e neanche chiede che cosa è la cosa migliore per il popolo, perché non gli importa, vuole distruggere le ricchezze naturali dove vivono le comunità. La strada fa bene solo al governo e a quelli che hanno l’auto, noi non ricaviamo beneficio e ci ha solo colpiti nelle nostre coltivazioni, il caffè è l’unica coltivazione che abbiamo e che ci aiuta a vivere.”

Estensioni significative delle loro colture, casolari e piantagioni di acahuales sono ormai inutilizzabili a causa dei lavori e dei materiali di riporto. “Per questi rapaci del governo lo sviluppo è distruggere gli indigeni, toglierci le nostre terre e costruire strade, hotel, centri turistici solo per guadagnare più denaro e farci lavorare come loro sguatteri, come vorrebbero fare con i nostri compagni e compagne tzeltales di San Sebastián Bachajón”.

(….).

Come hanno fatto altre comunità ed organizzazioni di diverse regioni indigene, i contadini choles in resistenza avvertono che se non saranno ascoltati “adotteremo altre misure”.

(Traduzione “Maribel”  – Bergamo)

http://www.jornada.unam.mx/texto/017n1pol.htm

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La Jornada – Mercoledì 1 luglio 2009

Numerose irregolarità durante il processo

Campesinos tzeltales aspettano la sentenza dei magistrati che ordinino la loro liberazione

HERMANN BELLINGHAUSEN

San Cristóbal de las Casas, Chis. 30 giugno. I sette campesinos tzeltales di San Sebastián Bachajón aderenti all’Altra Campagna arrestati per presunta rapina e criminalità organizzata, e che hanno proclamato la loro innocenza fin dal primo momento, hanno presentato appello al giudice per chiedere la risoluzione del caso e la loro liberazione immediata. Per ora restano rinchiusi nella prigione di El Amate, a Cintalapa de Figueroa, obbligati a svolgere forzatamente lavori (“talachas“) imposti dalla mafia del carcere.

Secondo l’avvocato Ricardo Lagunes Gasca, in un esposto presentato il 5 giugno, denunciava la mancanza del traduttore e difensore che conoscessero la lingua tzeltal e la cultura di Bachajón e si pronunciava contro il valore probatorio della “confessione” di Gerónimo Gómez Saragos estorta sotto tortura e senza piena conoscenza del contenuto del documento che questi firmò”. Detta “confessione” è stata utilizzata come testimonianza a carico contro gli altri arrestati..

Un’altra violazione è stato dare “valore probatorio” alle procedure di identificazione “sulla base delle quali poliziotti ed autisti dell’impresa Cristóbal Colón (OCC) dichiararono di ‘riconoscere’ gli arrestati come responsabili di diversi assalti”. Tali procedure non si sarebbero svolte in conformità al Codice di Procedura Penale dello stato”.

Il difensore segnala che dopo l’udienza del 23 giugno, “i magistrati hanno 15 giorni di tempo per emettere la loro risoluzione riguardo l’atto formale di arresto”.

In quanto ai lavori che i detenuti svolgono forzatamente, denunciati da quando sono entrati a El Amate, l’avvocato afferma che “le autorità non hanno preso nessuna posizione al riguardo”.

In una memoria di oltre 40 pagine, Lagunes indica che suoi assistiti sono ejidatarios aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, “movimento sociale pacifico mediante il quale difendono il loro territorio e le loro risorse naturali dai progetti economici neoliberisti del governo federale e statale che vogliono spogliarli della terra che è la loro vita”. Il diritto di difendere territorio e risorse naturali, ed esercitare la loro autonomia e libera determinazione si basa sulla loro condizione di popoli originari e in accordo alle garanzie che riconosce loro la Costituzione, gli accordi di San Andrés, il Trattato 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro e la Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli Indigeni delle Nazioni Unite.

Nell’esercizio della loro autonomia questi ejidatarios controllano la strada Ocosingo-Palenque per fornire sicurezza all’ejido ed ai turisti che visitano la regione, dato che la corruzione e l’inefficienza degli agenti della Polizia Stradale, Statale e Federale Preventiva ha permesso che gli assalti rimanessero impuniti “e perfino privano arbitrariamente della libertà i contadini senza giustificazione legale”, aggiunge nella memoria.

Nell’atto di arresto formale impugnato, il giudice “ha eluso le violazioni alle norme di procedura nelle indagini preliminari della Procura Specializzata Contro la Criminalità Organizzata” dello stato.

http://www.jornada.unam.mx/texto/019n1pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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