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Archive for giugno 2009

Nuovi metodi di esproprio

La Jornada – Martedì 30 giugno 2009

“Vendono” poderi della comunità 16 de Febrero, per i quali il governo aveva già indennizzato gli allevatori

Si provano nuovi metodi per espropriare le terre recuperate dalle basi zapatiste

L’autorità autonoma avverte che non le lascerà “perché sono state pagate col sangue”

HERMANN BELLINGHAUSEN

San Cristóbal de las Casas, Chis. 29 giugno. Ad una settimana dalle elezioni federali appare sulla scena un nuovo “metodo” per tentare l’esproprio delle terre recuperate dalle comunità zapatiste: le invasioni fraudolente. Questo vuole fare un gruppo di privati contro la comunità autonoma 16 de Febrero, appartenente al caracol Torbellino de nuestras palabras, di Morelia.

La giunta di buon governo (JBG) Corazón del Arco Iris de la Esperanza oggi ha denunciato che un tale Baltazar Domínguez Trejo “ha venduto” a dei privati le terre di questa comunità e lo scorso 16 giugno “ha mandato” un gruppo di 12 persone “nel villaggio 16 de Febrero sembra per impossessarsi delle terre, dove già vivono i nostri compagni basi di appoggio, terre prese dall’EZLN fin dal 1994”.

Gli intrusi hanno minacciato gli zapatisti di “cacciarli dalle loro case, ed erano pronti a rimanere per costruire le loro case, succedesse quel che succedesse, perché portavano machete, tende e coperte”. Erano sul punto di scontrarsi quando “è arrivato un funzionario del governo, di nome Óscar Pérez Hernández, per calmare gli animi”, riferisce la giunta.

Con argomenti “assolutamente incredibili”, Domínguez Trejo ha realizzato delle transazioni su terreni che da anni appartengono agli zapatisti, e per i quali i vecchi allevatori che li possedevano erano già stati indennizzati. Il truffatore “sta rinegoziando la terra recuperata”, oltre tutto già pagata dal governo.

“La posizione dei nostri compagni, e di tutti noi, è che non lasceremo mai le terre recuperate perché sono state pagate col sangue dei nostri compagni caduti”, nota l’autorità autonoma. E denuncia che “l’incaricato per la terra” del municipio ribelle Lucio Cabañas, Juan Cruz Pérez, da due giorni è perseguitato dai sedicenti nuovi proprietari dei poderi, cioè, i clienti di Domínguez Trejo. Ora minacciano Cruz Pérez con un mandato di cattura, “inventandosi dei reati”.

La JBG protesta: “Come possiamo fidarci di loro quando sappiamo che sono gli stessi del malgoverno che è parte ed attore nel fomentare la contrainsurgencia nelle nostre regioni e senza vergognarsene. Il tipo è venuto per calmare la violenza, ma sappiamo che rientra nei piani dei tre livelli di governo distruggere le comunità indigene e le loro culture”.

E racconta quanto accaduto a Cruz Pérez: “Mentre stava partendo per un viaggio, il nostro compagno, che è stato nominato dai villaggi zapatisti incaricato della commissione per la terra, il 27 giugno, verso le otto del mattino, si è accorto di essere seguito da quattro delle dodici persone che hanno tentato di occupare il terreno dove vivono i nostri compagni”. L’hanno seguito con un’auto. “La situazione attuale è difficile a causa delle minacce che ricevono i nostri compagni. Negli ultimi giorni, per bocca di queste 12 persone, si dice che porteranno a vivere ed impossessarsi del villaggio 16 de Febrero 80 persone di Huixtán ed altre 30 di Ocosingo.”

Del gruppo che “fomenta le minacce” la JBG ha identificato Nasario Hernández, Gerónimo Demesa Guzmán e José López Pérez, abitanti della colonia urbana Los Pinos 3 di Ocosingo.

Ma non è l’unico caso, sottolineano gli autonomi: “Così succede in altri villaggi dei nostri compagni. Esiste un piano di provocazioni in cui sono senza dubbio coinvolte le istituzioni del malgoverno. Facciamo questa denuncia pubblica per evitare spargimento di sangue e noi come JBG abbiamo questa preoccupazione, perché non cerchiamo la morte. Benché il governatore Juan Sabines Guerrero dica di rispettare i nostri villaggi, nei fatti vediamo atti di provocazione, cercando la maniera di come cacciarci”.

Rispetto alla truffa degli invasori gli zapatisti ritengono responsabile il presidente Felipe Calderón e Sabines Guerrero di questa provocazione.

Comunicato integrale della JBG http://enlacezapatista.ezln.org.mx/denuncias/2047

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

http://www.jornada.unam.mx/texto/014n2pol.htm

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Varie de La Jornada

La Jornada – Sabato 27 giugno 2009

EJIDATARIOS CONTINUANO A CHIEDERE AL GOVERNO DI LIBERARE I SETTE INDIGENI DETENUTI

Hermann Bellinghause

San Sebastián Bachajón, Chis., 26 giugno. I rappresentanti ejidales di San Sebastián Bachajón pongono tre richieste al governo dello stato, come dichiarato questo pomeriggio: “In primo luogo, vogliamo la liberazione immediata dei nostri sette compagni arrestati perché sono innocenti. Secondo, che se ne vadano dalle nostre terre tutti gli agenti della ‘polizia di settore’ (o Statale Preventiva, PEP). Terzo che ci restituiscano il banco di ghiaia dell’ejido.”

http://www.jornada.unam.mx/2009/06/27/index.php?section=politica&article=017n1pol

La Jornada – Domenica 28 giugno 2009

La Opddic non è riuscita a prendere il controllo di Bachajón nonostante i privilegi concessi dal governo

Hermann Bellinghausen

San Sebastián Bachajón, Chis., 27 giugno. I privilegi concessi dal governo statale al gruppo minoritario della Organizzazione per i Diritti Indigeni e Contadini (Opddic) non sono serviti a far sì che l’organizzazione si impadronisse della gestione di questo vasto ejido, molto conteso per lo sfruttamento turistico. Sono serviti invece per arricchire i suoi dirigenti locali e consegnare al governo ed alle imprese costruttrici il banco di ghiaia della comunità.

In una catena di arbitri e corruzione, oggi è sfruttato intensivamente da diverse ruspe, due scavatrici, forni ed innumerevoli camion a rimorchio che portano il materiale in località sconosciute, in combutta con commissari e rappresentanti dell’assemblea ejidale.

http://www.jornada.unam.mx/2009/06/28/index.php?section=politica&article=015n1pol

La Jornada – Lunedì 29 giugno 2009

Restano in carcere 8 aderenti dell’Altra Campagna nonostante le irregolarità del loro processo

Le autorità chiapaneche accusate di fabbricare reati per arrestare i leader

Ejidatarios di San Sebastián Bachajón aspettano una sentenza favorevole al ricorso in appello. Il maestro Alberto Patishtán continua ad essere privato della libertà dal governo di Albores Guillén.

Hermann Bellinghausen – Inviato

San Cristóbal de las Casas, Chis. 28 giugno. In Chiapas esistono detenuti considerati politici benché la loro carcerazione si basi su presunti reati comuni che in determinati casi non sono stati dimostrati o sono state istruite indagini apposite per sostenere sentenze erronee. Otto di essi sono aderenti dell’Altra Campagna dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN).

Sette sono gli ejidatarios di San Sebastián Bachajón in carcere dall’aprile scorso per aver difeso i loro diritti territoriali sulle rive del fiume Agua Azul, minacciate da progetti turistici di grande ampiezza e senza l’autorizzazione dei contadini tzeltales che vi abitano. Oggi sono ancora nella prigione El Amate ed entro questa settimana aspettano la risposta del giudice al ricorso in appello presentato il 22 giugno.

L’ottavo detenuto dell’Altra Campagna, Alberto Patishtán Gómez, è l’unico membro de La Voz del Amate a restare dietro le sbarre. Ora prosegue la sua lunga condanna nella prigione di Los Llanos, a San Cristóbal de las Casas. Rispettato maestro tzotzil nel municipio El Bosque, in maniera inverosimile nove anni fa fu accusato di aver partecipato ad un’imboscata contro dei poliziotti, accusa che permise all’allora governo di Roberto Albores Guillén di archiviare la questione, che era molto seria.

http://www.jornada.unam.mx/2009/06/29/index.php?section=politica&article=017n1pol

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Pattugliamenti a Morelia

La Jornada – Venerdì 26 giugno 2009

“Ejidatarios filogovernativi” hanno cercato di impedire il passaggio della carovana di appoggio agli indigeni

Pattugliamento militare nei dintorni del sito turistico di Agua Clara gestito dalle basi zapatiste

Nel 2008 la JBG di Morelia aveva rioccupato le strutture che i priisti avevano trasformato in un motel

HERMANN BELLINGHAUSEN

Agua Clara, Chis., 25 giugno. Lo scorso lunedì decine di ejidatarios filogovernativi hanno tentato di impedire il passaggio della carovana civile nazionale ed internazionale arrivata qui per solidarizzare con le basi di appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) che montano la guardia in questa località balneare, in difesa del progetto alternativo di turismo avviato qui dal governo autonomo zapatista nell’ottobre scorso.

Tanto la carovana come gli indigeni mandati dalla giunta di buon governo (JBG) di Morelia per accompagnarli, hanno deciso di evitare l’inaspettato scontro e si sono rivolti alle autorità della regione autonoma San José en Rebeldía, alla quale appartiene Agua Clara. I rappresentanti priisti sono quindi andati a Tuxtla Gutiérrez per consultarsi col governo statale.

Herminio, ejidatario del luogo e responsabile del presidio, racconta che ore dopo la carovana è entrata nello stabilimento balneare accompagnata dalle basi di appoggio zapatiste che hanno impedito un’eventuale aggressione. “Da allora, un’auto del governo passa a chiedere su di noi ai priisti, ma non osa entrare.”

È un altro episodio delle tensioni nella zona, dove in aprile è stato realizzato un operativo di polizia per cacciare gli ejidatarios dell’Altra Campagna. Attualmente la Polizia Statale Preventiva mantiene una presenza massiccia. Oggi, truppe dell’Esercito federale hanno realizzato inusuali pattugliamenti. “Sono passati nove volte; vanno e vengono”, dice Herminio.

Situato sul tratto di strada tra il crocevia di AguamAzul e Palenque, lo stabilimento balneare si trova sulle rive del fiume Xumuljá, che nasce dall’unione dei fiumi Pashilá ed Agua Azul che attraversano il municipio di Chilón fino a qui, a Salto de Agua, ma contiguo al tormentato ejido San Sebastián Bachajón, quello dei sette campesinos dell’Altra Campagna arrestati ad aprile con l’accusa di essere “rapinatori di strada”.

Si tratta di uno stabilimento balneare più modesto e meno frequentato di Agua Azul. Prima faceva parte del podere Agua Clara, di proprietà dell’ingegnere Flavio Coutiño. Gli indigeni che vivevano dentro o nelle vicinanze della proprietà l’hanno occupato dopo l’insurrezione dell’EZLN, nel 1994, anche se, come accaduto in molti casi, non si erano dichiarati zapatisti.

Verso il 1996, un’organizzazione civile – sostenuta dal governo – spinse la costruzione di un motel nell’attuale ejido Agua Clara. Herminio imparò a fare lo chef e si incaricò della cucina. Quando lui e altri indigeni si dichiararono apertamente zapatisti, furono cacciati. Siccome sono contadini, si dedicarono a coltivare le generose terre che circondano il fiume.

Il gruppo priista trasformò l’immobile in bar e motel per poliziotti e soldati, e cadde nell’abbandono. I turisti smisero di arrivare. Nell’ottobre del 2008 la JBG decise di restaurare le strutture, pulire le rive del fiume e realizzare lo stabilimento balneare El Salvador, portando avanti un progetto di turismo non speculativo che privilegia la conservazione naturale e la preservazione delle rive.

Fu allora che i priisti “ricordarono” l’uso turistico del sito e installarono un casello a pagamento vicino alla strada per Palenque, dopo che le basi zapatiste del municipio autonomo Comandanta Ramona ne avevano installato uno per accedere al fiume. Oggi il visitatore paga 20 pesos ai priisti della società Chen Ajaw, e 10 agli zapatisti che si occupano del sito.

Le tensioni e le aggressioni contro i simpatizzanti dell’EZLN si acutizzarono, mentre nel tratto di strada di Betel Yochip si moltiplicavano gli assalti agli autobus dei turisti. In diverse occasioni i priisti di quella comunità e di Agua Clara, in combutta con la Polizia Stradale dello Stato, cercarono di incolpare delle rapine le basi zapatiste, coprendo i veri delinquenti.

Agli inizi del 2008 erano stati catturati, torturati ed incarcerati gli zapatisti Eliseo Silvano (padre e figlio dello stesso nome). Davanti allo scandalo internazionale, la mobilitazione civile per l’ingiusta detenzione degli indigeni e la flagranza dei poliziotti negli atti di tortura e falsa testimianza, furono presto liberati. Le rapine proseguirono, benché fosse orami evidente la connivenza tra priisti e poliziotti che proteggevano (e proteggono) i veri rapinatori, identificati dalla JBG come abitanti di Agua Clara e Betel Yochip.

(Traduzione “Maribel”  – Bergamo)

http://www.jornada.unam.mx/texto/021n1pol.htm

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La Jornada – Martedì 23 giugno 2009

Si chiude l’Incontro Americano Contro L’Impunità

Zapatisti: scopo del Plan Mérida è eliminare i dissidenti

Hermann Bellinghausen – Inviato

Caracol di Morelia, Chis. 22 giugno. Chiudendo l’Incontro Americano Contro l’Impunità la sera di domenica, la giunta di buon governo (JBG) zapatista della regione Tzotz Choj ha dichiarato che il Plan Mérida non è contro la criminalità, ma è uno strumento per “imprigionare, torturare e far sparire” coloro che lottano per i propri diritti.

Davanti a partecipanti di 15 nazioni americane ed osservatori di altrettanti paesi europei, la JBG ha riassunto la problematica dell’impunità, dibattuta qui per due giorni, dove si è unanimemente riconosciuto il sistema capitalista come origine delle ingiustizie che oggi affliggono il mondo.

“Il governo di ‘Pelipe‘ Calderón (si pronuncia così da queste parti, perché non c’è il suono ‘f’ nelle lingue tzotzil né tzeltal) ed il suo padrone il presidente degli Stati Uniti sono concentrati nel Plan Mérida, grazie al quale, dicono loro, sconfiggeranno la criminalità legato al narcotraffico. In realtà non è come raccontano dai mezzi di comunicazione di massa. In realtà tutto questo serve per perseguitare, imprigionare, torturare e far sparire la gente che si organizza per difendere i propri diritti.”

Per voce della compagna Victoria, vestita nel costume tradizionale di Huixtán, la JBG ha affermato che l’Incontro è servito a raccontare “le ingiustizie in ognuno dei paesi per mano dei malgoverni e dei padroni che hanno il nome di capitalisti. Essi impongono leggi proprie in favore dei grandi impresari, lasciando il popolo nell’oblio nella povertà e nella miseria, e ci tolgono le risorse naturali senza poter godere di ciò che è nostro.”

Ha esortato a “cercare forme di unità affinché un giorno tutti siamo liberi da questa schiavitù che oggi si subisce in tutte le parti del mondo. Siamo obbligati a cercare spazi e strade che permettano che i nostri compagni privati della loro libertà ed i nostri figli abbiano una vita degna”.

(…………….)

http://www.jornada.unam.mx/2009/06/23/index.php?section=politica&article=016n1pol

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La Jornada – Lunedì 22 giugno 2009

Solo in Guerrero sono documentati 1.100 casi di morti violente non legate al narco

In America Latina si moltiplicano i crimini di Stato che continuano a restare impuniti

La lotta contro gli abusi unisce i popoli della regione che condividono le loro esperienze

Hermann Bellinghausen – Inviato

Caracol di Morelia, Chis. 21 giugno. Non c’è modo di sfumarlo: è il resoconto dell’orrore, e non tanto per i crimini di Stato del recente passato, ma per l’impunità che li copre, lo stesso in Argentina che ad Acteal. E la cosa preoccupante: quelli che si succedono e moltiplicano oggi in Perù, Guatemala e nel nostro stato di Guerrero.

Solo in questo ultimo, come documenta L’Agenzia di Sviluppo Comunitario (Tadeco) di Chilpancingo, nell’entità governata dal perredista Zeferino Torreblanca si sono registrati più di 1.100 morti violente, diverse da quelle del narcotraffico e della delinquenza comune. Nella maggioranza è coinvolto qualche corpo di polizia o militare, in relazione o no con movimenti o azioni della società; tutti, civili innocenti.

Nello stesso periodo ci sono più di 200 sparizioni non risolte e 70 sequestri, secondo il Comitato Familiari ed Amici di Rapiti, Scomparsi ed Assassinati di Guerrero. L’avvocato Javier Monroy, che partecipa all’Incontro Americano Contro l’Impunità conclusosi oggi nel caracol zapatista Torbellino de nuestras palabras, ha descritto la militarizzazione di quell’entità come massiccia ed onnipresente.

Gli orrori dell’Argentina

Da questo paese “che ogni giorno riconosciamo sempre meno”, come ha dichiarato la filosofa Fernanda Navarro, coordinatrice della sessione plenaria di questa mattina, è venuto Andrea Benítez, dell’Associazione Familiari dei Desaparecidos dell’Argentina, dove sono stati identificati e denunciati 9.026 colpevoli diretti del piano di sterminio scatenato nel suo paese negli anni ’70. Un numero esiguo di loro è stato processato, non diciamo condannato.

“Devono essere puniti anche i complici del genocidio, come i mezzi di comunicazione, i padroni del capitale, i partiti politici”, aggiunge. I “governi Kirschner” non hanno fatto niente, né si è risolta la recente sparizione di Julio López, che ha già suscitato la protesta internazionale.

Contro l’impunità garantita dalle leggi del perdono e l’oblio nel cono sud dopo le dittature, si è pronunciato anche Andrea Caraballo, dell’organizzazione Contraimpunidad dell’Uruguay: “Non dimentichiamo, non ci arrendiamo, non perdoniamo”.

In Guatemala i desaparecidos politici sono 45.000, riferisce Julio Rosales, del Movimento Nazionale per i Diritti Umani del vicino paese, unico sopravvissuto egli stesso di una famiglia desaparecida. “Nessuno paga per questi crimini”. Il principale responsabile, Efraín Ríos Mont, oggi è un deputato. A 12 anni dagli incompiuti accordi di pace che posero fine a 36 anni di guerra, “in tutto il mondo si è chiesta a gran voce giustizia, ma niente.”

Continuano ad esserci perseguitati, come Ramiro Choc, il prigioniero politico più importante in Guatemala, e desaparecidos; popoli cacciati ed aggrediti dalle miniere a cielo aperto, che oggi suscitano il maggiore “no” nazionale. Inoltre, l’uccisione delle donne (feminicidios) è costante ed “il crimine organizzato ha occupato gli spazi omicidi e destabilizzatori che prima erano monopolio di militari e paramilitari”.

Sono presenti e testimoniano anche alcune vittime del governatore messicano Enrique Peña Nieto, così come la dirigente mazahua Magdalena García Durán, vessata ed imprigionata senza motivo durante la repressione ad Atenco due anni fa. Gli anziani matlatzincas di Santa Cruz Atizapán perseguitati e spogliati nella valle di Toluca.

Ci sono las Abejas di Acteal, Chiapas, e la voce dei carcerati di Loxichas (Oaxaca), solo due dei casi di massacro, ingiustizia ed impunità accaduti durante il funesto sessennio di Ernesto Zedillo. Fuerza Indígena Chinanteca Kia-nan ed i coloni perseguitati da privati a Lomas de Poleo, Ciudad Juárez, raccontano le loro dolorose resistenze.

María Teresa Contreras Rodríguez, vedova di un minatore sepolto a Pasta de Conchos (Coahuila), dichiara che non tollereranno più inganni. “Siamo pronti ad occupare la miniera”.

In esclusiva per l’incontro lo scrittore inglese John Berger ha mandato Tre Sogni. All’apertura della sessione di oggi è stato letto uno di questi: “Un sogno che ho fatto dieci anni fa. Stavano frugando. C’era gente che cercava i morti. Molti pensavano che non si trovassero più lì. Tra la folla c’erano anche cani. Io, mentre cercavo, guardavo lo scavo. All’improvviso, come un sibilo nel vento, i morti invisibili uscirono dalla fossa e penetrarono tutto il mio essere mentre gridavo: ‘Vi porterò con me!’ Mi svegliarono il sibilo ed il mio grido ed il sibilo. Ma svegliai contento sapendo quello che dovevo fare. Se in questi dieci anni sono riuscito o no a svolgere questo compito, non lo so”.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

http://www.jornada.unam.mx/2009/06/22/index.php?section=politica&article=022n1pol

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La Jornada – Sabato 20 giugno 2009

http://www.jornada.unam.mx

In questo clima inizia in Chiapas L’Incontro Americano Contro l’Impunità

Denunce di pedinamenti contro attivisti ed il Centro Fray Bartolomé de las Casas

L’attualità a San Cristóbal sono le telenovelas; l’EZLN è ormai solo storia, dice un giornalista TV

Hermann Bellinghausen – Inviato

San Cristóbal de las Casas, Chis. 19 giugno. L’Incontro Americano Contro l’Impunità si apre questo fine settimana nel caracol zapatista di Morelia con sette ejidatarios tzeltales di San Sebastián Bachajón nella prigione di El Amate torturati dalla polizia ed accusati di essere “rapinatori di strada” (in realtà difensori del loro territorio e diritti) ed in mezzo ad una crescente campagna di spionaggio e pedinamenti contro attivisti dei diritti umani.

Giorni dopo la firma del governo statale dei nuovi accordi col Centro di Investigazione e Sicurezza Nazionale (Cisen) per “restringere le attività di informazione e intelligenza” nello stato (La Jornada, 16 giugno), il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (CDHFBC) denuncia persecuzione e pedinamenti da parte di “agenti non identificati” nei confronti del suo direttore, Diego Cadenas Gordillo, e di altri membri dell’organizzazione e dei suoi uffici nel quartiere de Mexicanos.

L’ostentato pedinamento di Cadenas è proseguito fino ad oggi, secondo una nuova denuncia del CDHFBC, il quale dichiara che “atti di pedinamento costituiscono una violazione al diritto all’integrità e sicurezza personale”. La Commissione Interamericana dei Diritti Umani ha ribadito, aggiunge, la “sua preoccupazione di fronte al fatto che le forze di sicurezza dello Stato rivolgano le loro funzioni di intelligenza contro le organizzazioni che difendono le garanzie individuali, esclusivamente in ragione delle loro attività.”

Nello stesso modo, il Fronte Nazionale di Lotta per il Socialismo (alcuni dei cui membri hanno ricevuto minacce di morte, persecuzioni domicialiari, intimidazioni con presunti mandati di cattura durante negoziazioni agrarie, persecuzioni e pedinamenti da parte di poliziotti o agenti in borghese ed il tentativo di perquisizione di intere comunità da parte dell’Esercito Federale e della Polizia Statale Preventiva) denuncia oggi che due dei suoi membri, Yolanda Castro Apreza e Daniel Luna Alcántara, sono oggetto di insistenti pedinamenti e minacce.

Per il resto, qui risuona ancora il massacro di Acteal. Dodici anni dopo gli autori intellettuali godono di totale impunità e molti dei paramilitari che fecero il massacro e che sono in carcere, a breve potrebbero essere rimessi in libertà.

La televisione lo sa

Ma non c’è di che preoccuparsi, “il Chiapas è di moda”, come recita lo slogan del ‘Fashion Show Passion and Love’ che si girerà la prossima settimana nel Cañón del Sumidero, col deciso sostegno del governo dello stato.

In vista dell’esordio della telenovela Mi pecado (anche questa decisamente sostenuta dal governo), il giornalista Java, inviato della catena OEM-Informex, offre un’immagine commovente di San Cristóbal de las Casas: “L’insurrezione armata dell’EZLN in questa regione è ormai solo parte della storia, una leggenda, e gli abitanti di questa bella città chiapaneca oggi osservano la registrazione della telenovela Mi pecado, produzione di Juan Osorio, piuttosto che ricordarsi del subcomandante Marcos“.

La stessa cosa sostengono, da alcuni anni, antropologi e ricercatori dei fori accademici locali. Non si possono lamentare: sono stati ascoltati.

Il citato giornalista constata che “qui non c’è un solo incappucciato di Ocosingo, né di Las Margaritas, né di Larráinzar, né di nessun altro posto, come neppure negoziati ‘di pace’ (le virgolette sono sue) nella cattedrale locale, come quelli guidati una volta dal vescovo Samuel Ruiz, in cambio ci sono stelle della televisione che emozionano la vita dei sancristobalensi”.

Molti di loro, riferisce l’inviato, “si sono raggruppati in una tipica stradina per mettersi davanti alla cinepresa e farsi vedere in televisione, perché Juan Osorio ed i suoi attori erano in collegamento con il programma Hoy. Uomini, donne e bambini ad un segnale hanno lanciato in aria palloncini bianchi con la scritta ‘Viva Chiapas’. Un messaggio per riattivare il turismo e dire alla gente che l’emergenza sanitaria per l’influenza è passata” (anche se secondo la Segreteria di Salute i casi sono già 400 e continuano a crescere, ma è un piccolo dettaglio).

Bene dice uno dei “buoni” in Piel Morena, l’altra telenovela del momento ambientata ad Agua Azul come scenario della selva Lacandona: “Il Chiapas è indimenticabile”.

In sintonia con tanta bellezza lo scorso mercoledì il presidente Felipe Calderón ne ha approfittato per una gita per il centro dell’entità per dare buone notizie. Inaugurando un’immensa imbottigliatrice di Pepsi Cola a Chiapa de Corzo, il presidente ha comunicato che “al 15 di giugno, si sono registrati nel paese 17.600 nuovi posti di lavoro”, ed ha confermato “l’incremento nel consumo di energia elettrica” (sarà per così tanti televisori accesi), assicurando che “questo significa che l’economia sta riprendendo piede”.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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A Morelia l’Incontro Americano

La Jornada – Venerdì 19 giugno 2009

Megaprogetti: la nuova forma di saccheggio delle multinazionali

DELEGATI DI TRE CONTINENTI PARTECIPANO ALL’INCONTRO CONTRO L’IMPUNITA’

La memoria è lo strumento contro le azioni totalitarie che si ripetono in America Latina

Hermann Bellinghausen – Inviato

San Cristóbal de las Casas, Chis. 18 giugno. L’Incontro Americano Contro l’Impunità, che si svolgerà nel caracol zapatista di Morelia, Torbellino de nuestras palabras, sarà inaugurato questo sabato alle ore 12 dalla giunta di buon governo, anfitrione della riunione che si concluderà domenica. Gli organizzatori hanno confermato la partecipazione di 15 paesi del continente, oltre a delegati che provengono da Europa e Australia.

In uno scenario nazionale ed internazionale dove la repressione, la criminalizzazione della lotta sociale, il comportamento delinquenziale di poliziotti e governi minaccia l’integrità dei popoli indios e delle società democratiche in paesi come Messico, Perù o Colombia, intento dell’incontro è non dimenticare i totalitarismi del recente passato affinché non si ripetano più. Un passato che bisogna tenere presente.

Difensori dei diritti umani, analisti ed attivisti si riuniranno questo fine settimana con organizzazioni e movimenti popolari di Perù, Argentina, Cile, Uruguay, Paraguay, Cuba, Brasile, Haiti, Guatemala, Ecuador, Stati Uniti, Venezuela, Repubblica Dominicana, Bolivia e Messico per unire attualità e memoria, l’unico modo reale di pensare al futuro.

Gli organizzatori affermano che dietro alcuni dei fatti che decenni fa hanno oscurato il continente “riappaiono in molte latitudini della nostra America, ed oggi come ieri, si scorge l’azione del potere totalitario che definisce il nemico, l’ebreo, il sovversivo, il povero, lo straniero o l’emigrante come sinonimo di terrorista, con l’intento di imporre una verità unica nella logica dell’ordine costituito e come strategia di potere e pratica routinaria, con le sue facciata e limbi giuridici che ‘legalizzano’ l’impunità.”

Oggi come ieri, esistono “prigioni clandestine ed il ricorso alla tortura sistematica (compresa quella sessuale), sparizioni sommarie e l’orrore che tutto ciò produce”.

Gli organizzatori sostengono: “Non si può zittire la storia, perché la memoria dell’orrore è presente. Dobbiamo opporci all’inerzia del consenso, del cancelliamo tutto e ripartire e di non contestare il discorso dominante che vorrebbe che il passato venisse sepolto per sempre. Vittime e protagonisti di ieri e oggi, familiari, attivisti sociali, giuristi, intellettuali e collettivi umanitari di diverse regioni della nostra America vogliono qui riunirsi per stabilire un dialogo tra le generazioni che, oltre a denunciare, informi ed analizzi la realtà attuale, serva per creare nuovi strumenti di prevenzione e protezione davanti all’escalation della violenza e all’impunità di quelli che comandano.”

Il silenzio è alleato o complice del terrore, sostengono. “A partire dalla testimonianza delle vittime, dal chiarimento della verità e dal recupero della memoria storica, vogliamo comprendere che cosa è accaduto e come è accaduto. Documentarlo, sistematizzarlo e condividerlo ci permetterà di sapere che cosa sta accadendo oggi, quando la potenza egemonica, con la complicità di alcuni stati nazionali, sta realizzando una riconfigurazione della mappa geopolitica del nostro emisfero al servizio delle multinazionali.”

Il documento degli organizzatori denuncia che i megaprogetti sono “la nuova forma di appropriazione territoriale e saccheggio delle nostre risorse naturali in chiave di contrainsurgencia, con le sue nuove basi militari, il ritorno della Quarta Flotta, i suoi mercenari coperti da appaltatori privati ed i suoi paramilitari, le sue fumigazioni, i suoi colpi di mano ed il terrorismo mediatico”. Per questo, “conoscere l’origine e la natura del dolore, i meccanismi del terrorismo di Stato e del discorso che giustifica la barbarie, implica, forse, disarmare la sua logica in maniera preventiva”. Questo richiede vigilanza, “allerta costante”, conclude la convocazione.

I firmatari sono: Associazione Amici di Jorge Eliécer Gaitán (Colombia), Studio giuridica Terra e Libertà (Messico), Centro per la Giustizia e la Responsabilità (San Francisco, California), Centro per l’Azione Legale nei Diritti Umani (Guatemala), Comitato Familiari e Amici dei Giustiziati per Esplosione e Corporazione dei 119 (Cile), Istituto dei Diritti Umani dell’Università Centroamericana José Simeón Cañas (El Salvador), Movimento dei Lavoratori Rurali Senza Terra (Brasile), Nati nella Tempesta AC ed Osservatorio Latinoamericano di Geopolitica (Messico), Rete Intellettuali ed Artisti in Difesa dell’Umanità (Cuba, Messico e Venezuela).

http://www.jornada.unam.mx/2009/06/19/index.php?section=politica&article=020n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Mercoledì 17 giugno 2009

Le terre degli indigeni tzotziles “saranno tagliate a metà”

A Mitzitón protestano contro la costruzione dell’autostrada

HERMANN BELLINGHAUSEN

Mitzitón, Chis. 16 giugno. I lavori di costruzione dell’autostrada San Cristóbal de las Casas-Palenque bussano ormai alle porte di questo ejido tzotzil, nato nella diaspora chamula del 1911, dopo la guerra del leader Jacinto Pérez Pajarito. I nonni e bisnonni delle attuali famiglie arrivarono nel 1912 per finire servi dell’allora proprietario di queste terre, un antenato dei Velasco Suárez. Ma presto riuscirono ad occupare parte di esse. Perfino nel Chiapas di allora riverberava la lontana Rivoluzione.

Ciò nonostante, la giustizia agraria tardò ancora. Le terre di Mitzitón furono consegnate a questi tzotziles nel 1939, ai tempi di Lázaro Cárdenas. La storia della loro lotta come comunità è lunga, e benché costellata da lotte interreligiose, soprattutto in tempi recenti, la loro è un’esperienza di comprensione ed unità che presto sarà centenaria.

I mezzi pesanti degli appaltatori stanno già allargando la strada che esce da San Cristóbal, lungo l’ejido Aguaje, o La Albarrada. Centinaia di alberi cadono sotto la pala meccanica che taglia il bordo boscoso, rompe pendii e guadi. Così si fanno le strade. E questo è solo l’inizio.

Gli abitanti di Aguaje dicono di non volere l’opera, ma non si sono opposti con determinazione. “Non perdiamo molto, anche se colpisce la scuola ed è pericolosa per i bambini. È poco in confronto a quello che subiscono quelli di Mitzitón. A loro passeranno in mezzo alle loro terre”, dice un uomo mentre, insieme ad altri, raccoglie la lega al bordo della strada lasciata dal cataclisma meccanico che si fa largo verso la base militare di Rancho Nuevo. Anche la base cederà una buona porzione di territorio all’autostrada. Si stanno già costruendo muri dietro il perimetro attuale.

Ma il kilometro zero, l’inizio propriamente detto dell’autostrada, si trova a Mitzitón, più avanti di Rancho Nuevo. Qui dovrebbe partire il tratto nuovo dell’autostrada che lasciando le valli degli Altos la si vuole far passare su foreste, case, piantagioni (attualmente in pieno germoglio) di mais, fagioli, patate, lattuga, ravanelli, cavoli.

A 100 metri dal punto zero si trova la generosa sorgente del villaggio, l’unica con acqua tutto l’anno. Una recinzione impedisce l’accesso al bestiame. Inoltre, c’è uno stagno. Alcune donne lavano il bucato ed i loro corpi. Sopra queste acque passerebbe il primo tratto della futura autostrada.

Gli ejidatari guidano La Jornada sulle terre minacciate. I tecnici arrivano e piantano i loro bastoni arancioni. “L’autostrada passerà sopra 10 case e molte milpas, sui nostri boschi e pozzi d’acqua.” I boschi di olmi e pini di varie specie sono variopinti.

Ci sono ancora armadilli, opossum e lepri e recentemente sono tornati i cervi perché le foreste sono state recuperati. Vennero “Sono venuti a trovare l’ombra. Il fatto è che siamo noi i custodi della foresta”, afferma con gioioso orgoglio uno dei rappresentanti ejidali.

L’autostrada attraverserebbe “circa 10 chilometri”. Mitzitón misura 2.039 ettari, per 302 ejidatari distribuiti ai due lati dell’attuale strada San Cristóbal-Comitán. Il nucleo originario, Flores Magón, resta nel municipio di Teopisca, ma la maggioranza dei contadini (270 ejidatari) si trovano a Mitzitón, dove la terra è migliore.

Gli indigeni prevedono che il prossimo territorio che attraverserebbe l’autostrada è l’ejido Los Llanos, dove come a Mitzitón i contadini sono aderenti all’Altra Campagna ed hanno concordato che non permetteranno la realizzazione di questa infrastruttura.

Il piano del governo è di completare entro questo anno i primo otto o nove chilometri di autostrada. Quello che segue è Mitzitón. Al chilometro zero, un cartello di legno dell’assemblea ejidale annuncia, in due parole: “no pasarán“.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Denuncia del Frayba

San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, Messico

16 giugno 2009

Comunicato Stampa No. 24

PEDINAMETI DI MEMEBRI DEL CENTRO DEI DIRITTI UMANI FRAY BARTOLOME DE LAS CASAS

Questo Centro per i Diritti Umani denuncia di essere stato oggetto di azioni di persecuzione da agenti non identificati. Queste nuove azioni si inseriscono nel contesto del conferimento del Premio Fray Bartolomé de las Casas e nei giorni di sessione ordinaria del Consiglio Direttivo del Centro.

Domenica 14 giugno, intorno alle ore 16.00 Diego Cadenas Gordillo, Direttore di questo Centro, ha notato che a tre isolati da casa sua, a San Cristcóbal de las Casas, sostava un veicolo Jeep Wrangler, di colore nero, senza targa, con vetri oscurati, con una delle portiere aperte e due uomini dentro dal comportamento sospetto. Alle 16.30 lo stesso veicolo si era avvicinato al suo domicilio e poteva osservare perfettamente la casa.  Diego Cadenas era di ritorno a casa dalla Spagna dove la settimana precedente aveva ricevuto il Premio Fray Bartolomé de las Casas, conferito da Casa America di Madrid.

Lunedì 15 giugno, alle ore 10.00 circa mentre Diego Cadenas si recava negli uffici di questo Centro, lo stesso veicolo sostava tra Calle Brasil e Calle Canada nel quartiere Mexicanos. Quel giorno iniziava la sessione Ordinaria del Consiglio Direttivo di questo Centro per i Diritti Umani.

Lo stesso giorno, intorno alle 10:20 due membri del Frayba notavano che in un veicolo Chevy bianco senza targa, parcheggiato a mezzo isolato dal Frayba, si trovava un uomo che video-registrava e scattava foto alle strutture di questo Centro. Quando si è accorto di essere stato scoperto si è subito allontanato.

Martedì 16 giugno 2009, alle 09.30 circa, Diego Cadenas e Jorge Armando Gómez, memebri di questo Centro, notavano che la Jeep Wrangler nera era parcheggiata in Calle Guadalupe Victoria all’altezza del No. 35 di questa città. Entrambi uscivano da una riunione con Mons. Samuel Ruiz García, Presidente di questo Centro per i Diritti Umani. Diego e Jorge Armando hanno affrontato gli occupanti della jeep, tre uomini, Diego ha chiesto perchè li stavano seguendo. La persona che stava al volante ha risposto che non stava seguendo loro, ma che aspettava sua sorella. Diego ha chiesto se fossero del CISEN. L’uomo si è messo a ridere ed ha risposto di no. Diego e Jorge Armando hanno cercato di fotografare i tre uomini con i loro telefoni cellulari, ma questi sono coperti il volto e l’autista ha estratto una macchina fotografica ed ha cominciò a fotografare.

La persecuzione attraverso pedinamento e sorveglianza costituisce una violazione del diritto all’integrità e sicurezza personale. La Commissione Interamericana dei Diritti Umani ha reiterato in vari momenti la sua preoccupazione davanti al fatto che le forze di sicurezza dello Stato dirigano le loro attività di intelligenza contro le organizzazioni dei diritti umani e dei loro membri esclusivamente in ragione delle loro attività.

Il Centro dei Diritti Umani denuncia questi fatti e ritiene responsabile i governi statale e federale per qualsiasi atto contro l’integrità fisica e psicologica di ognuno dei membri della nostra squadra, così come contro il patrimonio della nostra istituzione.

Il lavoro che come Difensori dei Diritti Umani realizziamo da 20 anni, sappiamo che disturba chi detiene il potere e si cerca con tutti i mezzi di affossare le azioni a favore della giustizia che portiamo avanti insieme alle comunità ed alle vittime di violazioni dei diritti umani.

_______________________________________________

Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de Las Casas AC

Brasil #14, Barrio Mexicanos, San Cristóbal de Las Casas, Chiapas

29240, MEXICO

Tel +52 (967) 6787395, 6787396, 6783548

Fax +52 (967) 6783551

frayba@frayba.org.mx

http://www.frayba.org.mx

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Storia – La Jornada 1994

La Jornada – Lunedì 15 giugno 2009

La Jornada 94

Alle ore 0:00 del primo gennaio, mentre entra in vigore il Trattato di Libero Commercio dell’Amercia del Nord, migliaia di indigeni appartenenti ad uno sconosciuto Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), occupano in Chiapas i palazzi municipali di San Cristóbal de Las Casas, Ocosingo, Altamirano e Las Margaritas, per leggere una dichiarazione di guerra contro il governo di Carlos Salinas. Il 2 attaccano il quartiere militare di Rancho Nuevo e ad Ocosingo si scontrano con l’Esercito Messicano subendo numerose perdite. Il 3 gli inviati speciali di questo giornale – Fabrizio León, David Aponte, Frida Hartz e Ismael Romero – restano coinvolti in una sparatorio nei pressi di Rancho Nuevo. Romero è ferito ad una spalla.

L’insurrezione sorprende completamente il paese e prendendo la decisione di riportare nelle sue pagine tutti i comunicati zapatisti e coprire il conflitto nei suoi molteplici aspetti, La Jornada diventa riferimento obbligatorio per milioni di lettori che nel mondo seguono passo passo la ribellione dei maya.

Il giorno 8, Rosa Icela Rodríguez informa che un’auto bomba è esplosa in un sotterraneo di Plaza Universidad. Il 10, Carlos Salinas designa Manuel Camacho Solís commissario per la pace in Chiapas. Il 12 ordina il cessate il fuoco dell’Esercito; decine di migliaia di persone radunate nello Zócalo chiede di “fermare la carneficina”. Il 14 La Jornada diffonde una serie di comunicati peculiari del subcomandante Marcos, portavoce ribelle, che in questo modo lancia un’originale offensiva mediatica. Il 27 questo giornale pubblica ome suppllemento un suo scritto Chiapas: el Sureste en dos vientos, una tormenta y una profecía. Il 29 in una località degli Altos, Blanche Petrich e Helio Enríquez raccolgono la prima intervista esclusiva concessa dai comandanti zapatisti David, Ramona, Moisés ed altri. Parlando con difficoltà in spagnolo, spiegano per la prima volta le casue della loro insurrezione.

Il dialogo per la pace si svolge nella cattedrale di San Cristóbal con la mediazione del vescovo Samuel Ruiz, dal 20 febbraio al 4 marzo. Dopo la firma di 32 punti che dovranno essere poi ratificati dalle loro basi, i delegati ribelli tornano nelle loro comunità. Il giorno 23, due settimane dopo il discorso di presunta “rottura” con Salinas, il candidato alla presidenza del PRI, Luis Donaldo Colosio, viene assassinato a Tijuana. Il coordinatore della sua campagna, Ernesto Zedillo, lo sostituisce nel mezzo di una grave crisi politica ed una fuga di capitali (11 mila milioni di dollari) che fa crollare la Borsa.

In aprile l’EZLN intensifica la sua strategia mediatica: i suoi comunicati narrano la vita quotidiana degli indigeni. Marcos interpreta eventi che vengono riportati giorno dopo giorno dalle cronache di Hermann Bellinghausen. In Tabasco, il candidato del PRD a governatore dello stato, Andrés Manuel López Obrador, denuncia atti di corruzione del suo avversario, il priista Roberto Madrazo. Il 13 maggio la televisione diffonde il primo dibattito della storia del Messico tra gli aspiranti alla Presidenza. Diego Fernández de Cevallos (PAN) incalza Cuauhtémoc Cárdenas (PRD), ma i sondaggi dichiarano vincitore Zedillo.

Il 15 maggio Cárdenas arriva in Chiapas ed il 17 si riunisce con la comandancia del EZLN a Guadalupe Tepeyac. Marcos lo elogia per la sua lotta contro il regime, ma critica il PRD. Il 31 gli zapatisti rompono il dialogo con il governo e dichiarano che il loro unico interlocutore sarà la società civile che convocano alla Convenzione Nazionale Democratica (CND) nellaselva per “definire la direzione” del loro movimento. Il 2 giugno, a Palenque, viene scoperto il sarcofago di una principessa maya di oltre mille anni. L’11 una bomba esplode all’esterno di una discoteca a Guadalajara.

Il 21 luglio il banchiere Roberto Hernández dice che se Zedillo perde le elezioni ci sarà una crisi economica. Il 25 un tir investe l’auto su cui viaggia Amado Avendaño, candidato del PRD al governo del Chiapas; muoiono quattro dei suoi accompagnatori. Il 28 il nunzio Girolamo Prigione ammette di aver plarlato mesi prima con i narcos Ramón e Benjamín Arellano Félix, presunti assassini del cardinale Juan Jesús Posadas Ocampo.

Il 9 agosto a mezzanotte, nella selva del Chiapas, si chiude la CND alla quale hanno partecipato 6 mila persone. Zedillo vince le elezioni del giorno 21. Il 5 settembre il Fisco interviene presso la Banca Cremi-Union, di Carlos Cabal Peniche, un protetto di Miguel de la Madrid, che le autorità sospettano che lavi denaro per conto del cartello del Golfo. Il 28, il segretario generale del PRI, José Francisco Ruiz Massieu, viene assassinato a Città del Messico da un sicario di Tamaulipas. Saline nomina capo delle indagini Mario Ruiz Massieu, fratello della vittima; questi è protagonista di una farsa per occultare l’autore intellettuale del crimine e rinuncia affermando che “i demoni agiscono da cani sciolti“.

Nel suo editoriale di lunedì 19 settembre, celebrando il suo decimo anniversario, La Jornada rivela che “in questo eccezionale 1994 (in cui la nazione ha vissuto giorni di incertezza, di tragedia, di cambiamento accelerato e di speranza)”, ha raggiunto “tirature senza precedenti”. Il 20 novembre le elezioni in Tabasco e Chiapas si risolvono a favore del PRI. López Obrador denuncia la frode e marcia con 5 mila persone su Città del Messico DF; ancora convalescente per le ferite, Amado Avendaño con l’appoggio dell’EZLN si dichiara governatore ribelle.

Il primo di dicembre, mentre Zedillo si insedia a San Lázaro, scatta la repressione dei seguaci di López Obrador sull’Eje Central; il reporter Manuel Meneses cade svenuto da una bastonata. All’alba del 18 gli zapatisti annunciano che le loro forze si sono distribuite in 38 municipi chiapanechi. Il 19 la Borsa perde il 4,15%. Il 20 Zedillo mette in oscillazione il pesos che si svaluterà del 100% in sette giorni, mentre in Chiapas l’Esercito avanza verso le nuove posizioni ribelli. Il 28 si dimette il segretario delle Finanze, Jaime Serra Puche. Al paese restano 10 mila milioni di dollari delle riserve internazionali. Nel mondo sta per esplodere una crisi di borsa che, grazie al Messico, sarà conosciuta come l’Effetto Tequila.

Rayuela

7 settembre

C’era una volta un banchiere che mise troppa crema nei suoi tacos…

http://www.jornada.unam.mx/2009/06/15/index.php?section=politica&article=013n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Los de Abajo

La Jornada – Sabato 13 giugno 2009

Los de Abajo

Contro l’Impunità

Gloria Muñoz Ramírez

http://www.jornada.unam.mx/2009/06/13/index.php?section=opinion&article=014o1pol

Ancora una volta gli zapatisti ci mettono la casa. In questa occasione per la celebrazione del Primo Incontro Continentale Americano contro l’Impunità e per la Giustizia Autonoma, uno spazio nel quale è confermata la partecipazione di Martín Almada, del Paraguay, premio Nobel Alternativo della Pace, scopritore degli “archivi del terrore” della dittatura di Stroessner, a partire dai quali si è ricostruita gran parte dell’Operazione Condor.

Dal Brasile arriveranno nel territorio autonomo chiapaneco rappresentanti del Movimiento de los Sin Tierra, e dalla Bolivia si è iscritta l’Associazione dei Detenuti, Desaparecidos e Martiri per la Liberazione Nazionale. Senza dubbio sarà accolta con particolare interesse l’Associazione per i Diritti Umani del Perù, paese ferito dal recente massacro di indigeni. Parteciperanno inoltre l’associzione HIJOS, di Guatemala e Perú, tra altre organizzazioni e persone di Paraguay, Guatemala, Nicaragua, Cile, Brasile, Argentina, Uruguay, Bolivia, Messico, Perú, Martinica, Repubblica Dominicana, Haiti e Stati Uniti, oltre ad osservatori di Spagna, Italia, Paesi Baschi e Australia.

L’incontro, al quale il poeta Mario Benedetti ha inviato una delle sue ultime adesioni, avrà come sede il caracol zapatista della comunità di Morelia, Chiapas; non solo si elaborerà una radiografia sull’impunità in un’America ferita da dittature, governi neoliberisti e da altri che si autodefiniscono di sinistra. La riunione parte dal presupposto che non esiste “una giustizia pronta, completa ed imparziale”, per cui si ha diritto “a cercare altre forme di fare giustizia per processare, giudicare e, se possibile, garantire la certezza della pensa per i responsabili di queste gravi violazioni ai nostri diritti”; in altre parole, organizzare la giustizia autonoma, aspetto nel quale gli anfitrioni offrono una vasta esperienza.

La Rete Nazionale contro la Repressione e per la Solidarietà, incaricata dell’organizzazione in Messico, ritiene urgente “avanzare nella creazione di un tribunale autonomo e di altre forme di fare giustizia che siano efficaci e sicure”. Il filosofo messicano Luis Villoro è stato invitato affinché collabori “a stendere le basi etiche della giustizia vera”.

Questo non sarà un incontro col passato, ma con la memoria, nel quale “vogliamo riunirci per stabilire un dialogo tra generazioni che, oltre a denunciare, informi ed analizzi la realtà attuale, serva per creare nuovi strumenti di prevenzione e protezione davanti all’escalation della violenza e dell’impunità di quelli che comandano”.

L’appuntamento è per i prossimi 20 e 21 giugno. Per maggiori informazioni: encuentro@contralaimpunidad.org

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Giovedì 11 giugno 2009

E’ un atto di giustizia storica, afferma il vescovo Raúl Vera

LA SPAGNA CONSEGNA IL PREMIO FRAY BARTOLOME DE LAS CASAS AL CENTRO FRAYBA

La cerimonia nel Palazzo della Zarzuela; assente l’ambasciatore

ARMANDO G. TEJEDA

Madrid, 10 giugno. In un atto di “giustizia storica”, secondo la definizione del vescovo di Saltillo, Raúl Vera, oggi nel Palazzo della Zarzuela di Madrid, dove divenne realtà il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (anche noto come il Centro Frayba), l’organizzazione fondata nel 1989 da Samuel Ruiz per proteggere i diritti più elementari degli indigeni, ha ricevuto dalle mani del principe delle Asturie il Premio Fray Bartolomé de las Casas. Il lavoro del frate domenicano spagnolo in difesa dei popoli originari, durante la conquista, si lega ora, in pieno XXI° secolo, col compito infaticabile di questo centro, considerato “obiettivo militare” dallo Stato messicano, secondo le parole del suo direttore, Diego Cadenas.

Con una cerimonia sobria – alla quale non ha partecipato l’ambasciatore del Messico in Spagna, Jorge Zermeño – i principi Felipe e Letizia hanno conferito il primo riconoscimento pubblico internazionale ad un centro che dalla sua creazione ha difeso i popoli indios del Chiapas. Il suo lavoro, che è costantemente minacciato, soprattutto per l’irruzione nella vita nazionale dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), rappresenta per lo Stato spagnolo un “esempio” della promozione del “dialogo, la tolleranza e la riconciliazione”. (…..)

Il premio di 70 mila dollari, servirà al Frayba per costruire una sede propria a San Cristóbal de las Casas, poiché l’attuale è in affitto, e questo significa una “protezione” in più per il lavoro che svolge. “Non è un’armatura, ma può servire affinché ci guardino con più rispetto. Anche se sappiamo bene che se e quando lo Stato ed il governo riterranno che sia il momento di entrare in una nuova fase più violenta contro il movimento indigeno, il Frayba sarà un obiettivo militare”, ha dichiarato Cadenas in un’intervista a La Jornada.

Cadenas ha voluto inoltre richiamare l’attenzione sulla criminalizzazione della protesta, un fenomeno che si è acutizzato negli ultimi anni. “Lo Stato messicano vuole mostrare crudeltà verso chi osa mettere in discussione i criteri con i quali vuole controllare questo paese, ed ogni giorno si comporta con la gente come ha fatto a San Salvador Atenco e Bachajón. Lo Stato messicano si comporta come i terroristi, ma in questo caso è terrorismo di Stato e non viene perseguito, così come abbiamo visto accadere ai tempi della militarizzazione in Chiapas, quando l’Esercito e lo Stato messicano commettevano veri ed atroci azioni terroristiche”. In questo senso ha ricordato la situazione nella quale si trovano alcune persone di Bachajón per difendere il loro territorio, imprigionate e sottoposte a processo senza alcuna garanzia. http://www.jornada.unam.mx/texto/020n1pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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In Chiapas il 20-21 giugno

La Jornada – Giovedì 11 giugno 2009

SI SVOLGERA’ IN CHIAPAS IL 20 E 21 GIUGNO L’INCONTRO CONTINENTALE CONTRO L’IMPUNITA’

HERMANN BELLINGHAUSEN

L’Incontro Continentale Americano contro l’Impunità si svolgerà in territorio zapatista del Chiapas i giorni 20 e 21 giugno. Inizialmente il suo svolgimento era stato annunciato nella città di San Cristóbal de las Casas, ma “grazie al fatto che la giunta di buon governo Corazón del Arco Iris de la Esperanza ha accettato di essere nostro anfitrione e permetterci generosamente che il suo caracol ne fosse la sede”, si svolgerà nel caracol Torbellino de Nuestras Palabras, nell’ejido Morelia, ha comunicato la commissione organizzatrice.

Hanno confermato la loro partecipazione persone di Paraguay, Cile, Brasile, Argentina, Uruguay, Bolivia, Messico, Perú, Martinica, Repubblica Dominicana, Haiti, Stati Uniti, e sono attesi rappresentanti di “molti altri paesi”.(…)

Intanto, questo fine settimana, partirà la sesta Karovana Nazionale di Osservazione e Solidarietà con le Comunità zapatiste del Chiapas, alla quale parteciperanno aderenti nazionali della Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) e della Zezta Internazional.(…)

Gli organizzatori sottolineano che dal gennaio scorso sono avvenute “aggressioni e provocazioni contro i nostri compagni, utilizzando per questo i governanti priisti e perredisti ed organizzazioni di queste filiazioni politiche per aggredire le basi di appoggio zapatiste a Zinacantán, Las Margaritas ed Ocosingo.”

Questo, mentre le basi zapatiste, “insieme ai compagni e le compagne dell’EZLN, hanno mantenuto pienamente la parola data nel 1994, di non realizzare azioni armate, ma di costruire un movimento di opposizione civile e pacifico al regime politico messicano e alle sue istituzioni”. Hanno mantenuto la parola, si aggiunge, con “dignità e coraggio”. Ora “tocca agli aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona di mobilitarsi ed agire con decisione e solidarietà in loro aiuto.”

http://www.jornada.unam.mx/texto/021n1pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Incontro a Morelia 20-21 giugno

INCONTRO CONTINENTALE AMERICANO CONTRO L’IMPUNITA’

20 E 21 GIUGNO 2009

Caracol IV, Morelia, Chiapas, Messico

La commissione organizzatrice dell’Incontro Continentale Americano Contro l’Impunità informa che:

1. L’Incontro si terrà i giorni 20 e 21 giugno prossimi nel Caracol IV “Torbellino de Nuestras Palabras”, a Morelia, Chiapas, Messico, grazie al fatto che la Giunta di Buon Governo “Corazón del Arcoiris de la Esperanza” ha accettato di essere nostro anfitrione e consentirci generosamente che il suo Caracol fosse la Sede dell’Incontro, cosa che per noi è un onore e motivo di sostegno e gioia.

2. Insieme alla Rete Nazionale Contro la Repressione e per la Solidarietà abbiamo deciso di unire l’Incontro Continentale Americano Contro l’Impunità con l’Incontro Messicano Contro l’Impunità e per la Giustizia Autonoma, per cui il Messico si unisce con un’ampia partecipazione all’Incontro Continentale.

3. Fino ad ora abbiamo la conferma della partecipazione di Paraguay, Cile, Brasile, Argentina, Uruguay, Bolivia, Messico, Perú, Martinica, Repubblica Dominicana, Haiti, Stati Uniti, ed in questi giorni aspettiamo altre conferme.

Si sono registrati come osservatori organizzazioni e persone dei Paesi Baschi, di Italia e Spagna.

4. Per partecipare all’Incontro è necessario iscriversi alla seguente pagina web: http://www.contralaimpunidad.org/encuentro1/solicitudregistro.php

e compilare il questionario

Per ulteriori informazioni scrivere a: encuentro@contralaimpunidad.org ; redcontralarepresion@gmail.com

5. Entro pochi giorni renderemo pubblico il programma e la dinamica di lavoro, così come le informazioni per raggiungere il Caracol di Morelia. http://enlacezapatista.ezln.org.mx/jbg/1929

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada 4 giugno

La Jornada – Giovedì 4 giugno 2009

ONG denunciano l’impunità delle autorità dopo tre anni

PORTATO ALLE NAZIONI UNITE IL CASO DELLE VIOLENZE DURANTE GLI OPERATIVI AD ATENCO

La tortura sessuale come strumento di repressione delle donne

Carolina Gómez Mena

Nel contesto dell’undicesime sessione del Consiglio dei Diritti Umani dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) che si svolge a Ginevra, il Centro dei Diritti Umani Miguel Agustín Pro Juárez (Prodh), l’Organizzazione Mondiale contro la Tortura (Omct) ed il Forum Asia-Pacifico sulle Donne, Diritto e Sviluppo (APWLD), hanno presentato il caso degli abusi commessi contro le donne a San Salvador Atenco durante gli operativi di polizia realizzati il 3 e 4 maggio 2006. (……) http://www.jornada.unam.mx/2009/06/04/index.php?section=politica&article=016n1pol

“SI AGGRAVA” LA VIOLAZIONE DEI DIRITTI IN OAXACA E CHIAPAS

Octavio Vélez e Ángeles Mariscal, corrispondenti

La Commissione Civile Internazionale di Osservazione dei Diritti Umani (CCIODH) denuncia che dopo un anno dalla pubblicazione della relazione sulla sua sesta visita in Messico “si sono aggravati” gli omicidi, le minacce, la repressione e gli arresti ingiustificati in Oaxaca, Chiapas ed Atenco. (…..) http://www.jornada.unam.mx/2009/06/04/index.php?section=politica&article=016n4pol

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La Jornada – Mercoledì 3 giugno 2009

“Non si può continuare a reprimere chi lotta per i propri diritti politici e sociali”

AMLO chiede a Juan Sabines di liberare i prigionieri di coscienza che ci sono in Chiapas

ÁNGELES MARISCAL e RENÉ ALBERTO LÓPEZ

Tuxtla Gutiérrez, Chis., 2 giugno. Andrés Manuel López Obrador ha chiesto al governatore Juan Sabines Guerreero di liberare i “prigionieri di coscienza” che ci sono nelle prigioni chiapaneche, tra loro 50 militanti di diverse organizzazioni sociali catturati durante l’attuale amministrazione.

Durante la sua visita ufficiale nello stato, il tabasqueño ha affermato che non si può continuare come ai tempi del PRI, reprimendo e perseguitando chi lotta per i propri diritti politici e sociali. “Io voglio pronunciarmi per chi è in prigione in Chiapas, che considero detenuti di coscienza, prigionieri politici”, ha dichiarato.

Nelle prigioni chiapaneche non devono esserci indigeni né contadini arrestati ingiustamente, e tanto meno quando vengono arrestati sulla base di “reati prefabbricati”, ha dichiarato l’ex candidato presidenziale davanti a familiari e compagni dei reclusi.

Ha chiesto che l’autorità competente, “in questo caso il governatore Juan Sabines, intervenga: che risolva e, mediante il dialogo, si arrivi alla liberazione di tutte queste persone”.

López Obrador ha detto che il prossimo il 10 giugno, quando arriverà a Città del Messico la marcia iniziata dalle organizzazioni sociali alle quali appartengono i detenuti, luii sarà pronto ad appoggiarli ed insistere per la loro libertà, insieme con coloro che subiscono la stessa situazione in tutto il paese.

Durante la sua visita inr Chiapas, dove ha incontrato leader dei comitati municipali del movimento che guida, e dopo aver sostenuto suo fratello Pío Lorenzo – che aspira ad un seggio di deputato federale per il distretto di Tuxtla – il “presidente legittimo” del Messico ha sostenuto un breve incontro con attivisti di organizzazioni sociali dello stato. (…) http://www.jornada.unam.mx/texto/011n1pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Proteste contro l’autostrada

La Jornada – Mercoledì 3 giugno 2009

Ejidatarios di Mitzitón dichiarano che non cederanno le loro terre per la costruzione dell’autostrada

Le autorità ignorano le proteste dei chiapanechi e danno inizio ai lavori per l’autostrada

HERMANN BELLINGHAUSEN

Questo lunedì è iniziata ufficialmente, a San Cristóbal de las Casas, Chiapas, la costruzione dell’autostrada che unirà la città coleta con Palenque. L’opera è stata molto esaltata dai governi statale e federale, festeggiata dagli operatori alberghieri e respinta da diverse comunità indigene che risulterebbero colpite negativamente dal suo tracciato.

Le autorità ejidali della comunità tzotzil di Mitzitón (municipio di San Cristóbal de las Casas), aderenti dell’Altra Campagna dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), lo stesso lunedì hanno ratificato l’accordo preso la vigilia in assemblea, nel quale sostengono che non permetteranno la costruzione dell’autostrada attraverso le loro terre.

Nella sua prima tappa l’opera comprende un tratto di 9 km (8.800 metri lineari) a partire dall’uscita sud di San Cristóbal, e finisce a Mitzitón. L’autostrada attraverserebbe milpas, abitazioni, boschi e sorgenti. Il governo statale ha offerto di indennizzare gli ejidatarios col pagamento di un pesos per metro quadrato di terra.

Nel contesto dell’ambizioso progetto stradale e turistico sono nati conflitti, presuntamente intercomunitari, nei paraggi del crocevia di Cuxuljá e soprattutto nelle vicinanze delle cascate di Agua Azul, una delle enclavi più importanti per lo sviluppo di strade, ecoturistico e commerciale.

Le comunità autonome zapatiste della zona, così come quelle aderenti all’Altra Campagna, si oppongono a questi progetti che colpirebbero i loro territori e la loro vita quotidiana. Sotto il richiamo dello sviluppo (non necessariamente per gli indigeni), le autorità e gli investitori privati vogliono imporre condizioni che minacciano l’integrità ejidale e comunale.

Villaggi appartenenti ai caracoles zapatisti di Oventic, e soprattutto di Morelia, già subiscono i primi effetti. Il più grave si manifesta con la repressione scatenata dall’aprile scorso contro l’ejido San Sebastián Bachajón (municipio di Chilón), esteso a diverse comunità come Agua Clara, Betel Yochip ed altre del municipio autonomo Comandanta Ramona. In maniera meno evidente, subiscono conseguenze anche le regioni autonome Ernesto Che Guevara e Primero de Enero.

Con accuse che gli indigeni ritengono prefabbricate e false, sette ejidatarios di San Sebastián Bachajón si trovano reclusi nella prigione di El Amate, dopo un operativo di polizia nel quale fu distrutta la cabina di riscossione che gestivano i tzeltales di questo ejido all’ingresso dello stabilimento balneare di Agua Azul. Inoltre sono stati spogliati del loro banco di ghiaia che sarebbe messo al servizio delle ditte costruttrici.

Per ottenere i suoi scopi, il governo si è appoggiato a gruppi filogovernativi come la Organización para la Defensa de los Derechos Indígenas y Campesinos (Opddic) e la Organización Regional de Cafeticultores de Ocosingo (Orcao), così come a seguaci della chiesa evangelica Alas de Águila, con sede a Teopisca, vicino a Mitzitón. http://www.jornada.unam.mx/texto/017n1pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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