Feeds:
Articoli
Commenti

Archive for novembre 2013

La Jornada – Venerdì 29 novembre 2013

Il Tribunale federale decide a favore degli ejidatarios di San Sebastián Bachajón

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis. 28 novembre. Il tribunale federale di Tuxtla Gutiérrez ha accolto il ricorso presentato dagli ejidatarios di San Sebastián Bachajón contro l’occupazione di una parte del territorio ejidale da parte dei governi federale e statale del febbraio 2011, allo scopo di “imporre un progetto turistico di livello mondiale”, dichiarano gli indigeni coinvolti.

Nella sentenza pubblicata lunedì 25 novembre, il tribunale federale “ha revocato ritenendola illegale la sentenza de 22 luglio 2013 emessa dal giudice settimo di distretto di Tuxtla Gutiérrez, che aveva dichiarato inammissibile il ricorso presentato dai contadini tzeltales, aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, in difesa delle loro terre”, ha comunicato Ricardo Lagunes Gasca, rappresentante legale degli indigeni.

Nell’udienza del 14 novembre, per decidere sul ricorso 274/2013, il terzo tribunale collegiale del ventesimo circuito della capitale chiapaneca “ha dato ragione agli indigeni dell’ejido San Sebastián Bachajón, situato nella zona nord dell’entità, che difendono le proprie terre dall’esproprio dei governi statale e federale, perpetrato dal 2 febbraio 2011 con la finalità di controllare il loro territorio per imporre un progetto turistico”. Le terre di cui gli ejidatarios reclamano la restituzione, danno accesso anche alle cascate di Agua Azul visitate ogni anno da centinaia di migliaia di turisti.

La difesa spiega: “Il tribunale ha ritenuto che il giudice settimo di distretto, omettendo di notificare all’assemblea generale degli ejidatarios di San Sebastián Bachajón la richiesta di appello interposta in forma sostitutiva da ejidatarios aderenti alla Sesta, ha infranto le leggi del procedimento e lasciato senza difesa l’ejido querelante”. Inoltre, il tribunale federale “ha dichiarato senza valore giuridico il documento esibito dal commissario ejidale filogovernativo di San Sebastián, Alejandro Moreno Gómez, sottoscritto da lui e da altri rappresentanti dell’ejido, col quale intendevano desistere dal processo di appello senza l’autorizzazione e la conoscenza dell’assemblea generale”.

È la seconda volta che un tribunale federale dichiara illegale la sentenza emessa dal giudice settimo di distretto che “fin dall’ammissione del ricorso, il 4 marzo 2011, si è comportato senza osservare i principi di imparzialità, indipendenza ed obiettività, favorendo in ogni momento l’esproprio attraverso decisioni arbitrarie e soggettive”, sostiene Lagunes Gasca.

“È deplorevole – aggiunge – che dopo due anni dal ricorso, non esista ancora una sentenza che protegga il territorio dal popolo tzeltal di San Sebastián, cosa che favorisce l’impunità, la violenza e l’abuso contro i popoli originari da parte di funzionari statali e agenti privati”.

Di fronte alla “evidente inefficacia” della legge nel proteggere il territorio tzeltal, il 26 maggio di quest’anno, il caso era stato presentato formalmente alla Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH) con sede a Washington. Inoltre, la difesa degli ejidatarios “aveva chiesto l’adozione di misure cautelari nell’ambito della petizione, per garantire l’integrità territoriale del popolo indigeno e l’integrità personale dei suoi difensori, esposta a maggiore rischio e vulnerabilità con l’assassinio impune del leader comunitario Juan Vázquez Guzmán il 24 di aprile” sulla porta di casa.

Il 19 giugno, la CIDH aveva comunicò agli ejidatarios aderenti alla Sesta che aveva sollecitato informazioni in merito al governo messicano, sollecito che, per quanto si sa, non avrebbe ricevuto ancora risposta. http://www.jornada.unam.mx/2013/11/29/politica/019n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

Read Full Post »

POSTI ESAURITI PER IL CORSO DI PRIMO LIVELLO DELLA ESCUELITA ZAPATISTA NELLE DATE DI DICEMBRE 2013 E GENNAIO 2014

 Novembre 2013

Alle compagne e compagni della Sexta:

A chi interessa:

Da: Subcomandante Insurgente Moisés.

Compagni passati, presenti e futuri:

Vi mandiamo i nostri saluti. A buon conto vi diciamo che ci apprestiamo al secondo e terzo turno del corso di primo livello della escuelita zapatista, consci che siamo appena riusciti a coprire le spese del primo turno solo grazie a qualcuno che ha dato di più delle nostre compagne e compagni di dentro e di fuori, e così si è coperto quello che mancava nel contenitore.

Alla luce di ciò, per il secondo e terzo turno del Corso di Primo Livello della escuelita, abbiamo aumentato il numero di compagne e compagni partecipanti alla scuola, ed ora possiamo accogliere fino a 2.250 alunni per ogni turno. Cioè c’era posto per 2.250 nel turno di Dicembre 2013 e per 2.250 nel turno di Gennaio 2014. C’era, perché i posti sono già esauriti.

Le comunità zapatiste hanno compiuto un ulteriore sforzo per accogliere mille allievi in più del turno dell’agosto scorso.

Indubbiamente il problema è vedere se tornano i conti con i 380 pesos per allievo per coprire le spese, ma i nostri compagni e compagne delle squadre di appoggio della Commissione Sexta mi dicono che molti si stanno organizzando per mettere insieme i soldi e non fare figuracce al momento della registrazione. E, quello che ci sembra molto buono, è che gli allievi che sono già stati qui col primo turno, si stanno organizzando per sostenere altri che vengono ad imparare insieme a noi. Cioè, questi alunni ed alunne hanno sì imparato qualcosa da qua.

Nella nuova rivista che faremo e negli scritti che pubblicheremo nella pagina di Enlace Zapatista vi racconteremo delle valutazioni che abbiamo fatto sulla scuola. In questa rivista potrete leggere la parola dei Votán che vi hanno assistito, dei vostr@ Maestr@ e delle famiglie che vi hanno accolto, la valutazione, cioè la loro parola e pensiero su come hanno visto e sentito questi primi alunni ed alunne.

Ora, come incaricato della escuelita, devo informarvi che i posti per i due turni sono già esauriti. Cioè, a dicembre di questo anno 2013 abbiamo raggiunto la quota di 2.250, e così anche a gennaio 2014. Cioè, siamo già al completo, compagne e compagni.

Speriamo abbiate mandato in tempo la vostra domanda e che sia stata scritta correttamente, senza inganni. Ma se non avete fatto in tempo, non temete. Vedremo di poter fare un quarto turno per aprile o agosto dell’anno che viene.

Vi ricordo che saranno iscritti solo coloro che sono stati invitati. Perché qualcuno sta facendo il furbo e manda il suo questionario senza essere stato invitato. Quindi, non fate i furbi. La procedura è questa: voi mandate una richiesta di invito, noi vi mandiamo l’invito, voi rispondete con il questionario, e vi viene spedita la vostra registrazione.

Una cosa molto importante da sapere è che l’iscrizione alla escuelita è individuale. Cioè non vale scrivere “Vengo io più altri 2“, ma ognuno deve chiedere il proprio invito perché ogni alunno deve avere la sua iscrizione individuale, perché ognuno sarà sistemato in una famiglia zapatista e gli sarà assegnato un Votán, cioè un proprio Guardiano o Guardiana. A tutti, uomo, donna, altr@, bambino, bambina, ragazzo, ragazza, adulto o già in là con gli anni.

Quindi è importante che ognuno mandi la propria domanda di iscrizione, se è stato invitato, perché per chi non ha ricevuto l’invito, per questi due turni non c’è più posto. Siete avvisati. Un’altra cosa importante è indicare in quale delle 2 date potete venire. E ancora meglio se potete in ognuna delle date indifferentemente perché così vi sistemiamo più facilmente.

E per favore non iscrivetevi se non verrete. Vi chiediamo di avvisare se siete stati invitati ma non potete venire, perché altrimenti togliete il posto a qualcuno che vuole venire ma non può perché i posti sono esauriti. Perché alcune persone hanno fatto così nel turno di agosto, si sono iscritte ma non sono mai arrivate. E neanche hanno avuto l’educazione di avvisare che non venivano. Meglio avvisare e lasciare il posto a qualcuno che può partecipare in queste date e voi aspettate di vedere se potrete venire nelle prossime date che ci saranno.

Alle nostre sorelle e fratelli del Congresso Nazionale Indigeno e dei Popoli Originari di tutto il mondo, ricordiamo che poi organizzeremo incontri speciali con loro. Ci metteremo d’accordo per questo.

Bene compagni della Sexta, ho detto quello che dovevo è chissà che possiate venire e vedere con i vostri occhi ed ascoltare con le vostre orecchie che cos’è la nostra lotta per la libertà.

Più tardi vi scriverà il SupMarcos, perché adesso l’ha morso il gatto-cane e lo sta medicando il personale del servizio insurgente sanitario. Cioè stanno medicando il gatto-cane perché gli ha fatto male mordere il SupMarcos. Comunque gli ho detto di inserire qualche video per pensare o per cantare e ballare o per tutto questo.

Vi aspettiamo.

SubComandante Insurgente Moisés

Rettore della Escuelita Zapatista

Messico, Novembre 2013

::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::

Guarda e ascolta i video che accompagnano questo testo:

Saluto inviato alla Escuelita Zapatista dal nostro compagno Mayor Insurgente Honorario Félix Serdán Nájera, attivista per tutta la vita. http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=luPuHfko4wU

Video realizzato dai compas della Coordinadora Valle de Chalco Libre durante il loro corso di primo livello alla Escuelita Zapatista. http://www.youtube.com/watch?v=pzRjMa4p2lU&feature=player_embedded

Fernando Delgadillo ci avverte della complicità tra l’ignoranza ed il Potere. http://www.youtube.com/watch?v=muF8iVl4lZg&feature=player_embedded

Alejandro Filio e León Gieco, due di quelli che non si vendono, con questo pezzo dal titolo “Un precio”. http://www.youtube.com/watch?v=GOX0xMpdVCo&feature=player_embedded

Comunicato originale

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

Read Full Post »

Rebobinar 3

Rebobinar 3.

Read Full Post »

Buon compleanno EZLN, oggi fan 30

zapatista-women-fighter
Non tutti i libri di storia sono uguali. Non tutti i libri di storia diventano testi ufficiali sui quali si studia. Il libro di storia che tratta di movimenti, lotte, rivolte, rivoluzioni, bandit@, brigant@ e partigian@ non è mai diventato un testo ufficiale, anzi forse questo libro non esiste nemmeno ma se esistesse parlerebbe sicuramente del 17 novembre 1983, data di nascita dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.

All’origine erano sei, tre indigeni e tre meticci, il loro sogno era costruire e costituire la più classica delle guerriglie (di matrice Marxista) andando in continuità con la tradizione Sudamericana dal Fronte Sandinista in poi.

La storia ci dice che quella guerriglia non nascerà mai, ma nascerà qualcosa di diverso, quello che il 1 gennaio del 1994 abbiamo conosciuto come EZLN e come movimento di lotta per la dignità ed il riconoscimento dello status “indigeno” e quindi in netta opposizione alla globalizzazione neoliberista.

Ribaltata la logica principe delle guerriglie ovvero di sollevarsi per prendere il potere.

Il potere “Zapatiniamente parlando” è un nemico da combattere e non da sostituire, così come Emiliano Zapata arrivato a Città Del Messico fece l’atto simbolico di non sedersi sulla poltrona del presidente messicano per non farsi corrompere dal gusto del potere gli Zapatisti iniziano la loro lotto per conquistare i diritti e la possibilità di essere se stessi senza sottostare alle logiche omologanti e schiaccianti sia dal punto di vista culturale che “di vita” del neoliberismo.

L’unico esercito al mondo ad avere il 30% di donne al suo interno.

Un esercito che andrà ad imporre dentro le comunità zapatiste la Legge Rivoluzionaria delle Donne .

L’unico esercito che ha come portavoce e capo militare (questo però solo dopo la morte di Pedro il 1 gennaio del 1994) un sub comandante, cioè un sotto comandante perchè chi comanda è il popolo. Se sono solo giochi di parole e costruzione d’immaginario non lo possiamo sapere, quello che sappiamo è che quest’esercito e questa lotta hanno determinato un cambiamento forte nella pratiche e nei linguaggi politici in tutto il mondo.

Perchè l’EZLN cambia rotta nei 10 anni di preparazione al levantamiento? La risposta è semplice l’ibridazione tra le logiche marxiste e l’attitudine collettiva/comunitaria degli indigeni Maya del Chiapas obbliga il gruppo originario a modificare la propria linea guida e obiettivo: non prendere il potere ma imporre giustizia, libertà, e democrazia per le popolazioni indigene e così per tutte le popolazioni mondiali.

Questo cambio di rotta porterà anche ad un uso diverso di immagini e parole. Forse sarà stata la difficoltà di comunicazione tra chi non parla spagnolo ma solo idiomi indigeni e chi parla la lingua dei conquistadores a inventare un modo comune e armonico di dialogo, immagini e parole.

Cosa sia successo veramente non lo saprà mai nessuno, quello che si sa è tra i racconti e i comunicati pubblici che dal 1 gennaio 1994 hanno girato per tutto il mondo. “I Racconti del Vecchio Antonio” è un libro fondamentale (assieme al pamphlet “La quarta guerra mondiale è cominciata”) per capire le origini dell’EZLN e capirne poi le scelte, la logica,e l’ideologia insomma un libro di racconti che però è anche tesi politica di uno dei movimenti più innovativi degli ultimi venti anni.

I libri non sono tutti uguali, non solo quelli di storia ma anche quelli di racconti. Così come i calendari e le geografie non sono le stesse per chi sta in alto e per chi in basso a sinistra. Così come i mondi non sono gli stessi.

Sarebbe bello che esistesse veramente un mondo che contenga tutti i mondi, almeno tutti i mondi che sanno rispettare gli altri mondi.

Mi fermo qui, chiedendomi che cosa ci sarebbe scritto nel libro di storia che nelle scuole non fanno e non faranno mai studiare cioè quello intitolato “di movimenti, lotte, rivolte, rivoluzioni, bandit@, brigant@ e partigian@” sulla pagina della nascita dell’EZLN, sicuramente ci sarebbe più precisione, ci sarebbero più dati, insomma sarebbe un libro di storia e forse per questo non scriverebbe proprio tutto quello che un articolo in prima persona permette di scrivere, sarebbe diverso.

Ma quel libro forse non esiste, e forse dovremmo scriverlo, invece esiste l’EZLN.

Mi fermo qui anche perchè andare vorrebbe dire parlare dei vent’anni della lotta Zapatista, quella pubblica iniziata quando il Trattato di Libero Commercio del Nord America entrò in vigore, e  anche quella è una bella storia, ma inizia dopo e quindi la raccontiamo con i gusti tempi e la giusta calma.

BUON COMPLEANNO EZLN 100 di questi giorni!

http://milanoinmovimento.com/altri-luoghi/buon-compleanno-ezln-oggi-fan-30

Read Full Post »

SupMarcos: Rewind 3.

REWIND 3.

Che spiega il perché di questo strano titolo e di quelli che seguiranno, che narra dello straordinario incontro tra uno scarabeo ed uno sconcertante essere (voglio dire, più sconcertante dello scarabeo), e delle riflessioni non congiunturali e senza importanza che scaturirono; così come del modo in cui, approfittando di un anniversario, il Sup cerca di spiegare, senza riuscirci, come l@s zapatistas vedono la propria storia.

Novembre 2013

A chi di interesse:

AVVERTENZA.- Come segnalato nel testo autotitolato “Cattive notizie, ma anche no”, non sono stati pubblicati i testi che precedevano il suddetto. Ergo, quello che faremo sarà “riavvolgere” il nastro (o, come si dice, “rewind”) per arrivare a quello che si supponeva sarebbe apparso il giorno dei morti. Dopo di che, potete procedere alla lettura in ordine inverso all’ordine inverso nel quale appariranno e allora dovrete… mmm… lasciate perdere, perfino io mi sono rimbambito. La cosa importante è che si capisca lo spirito, come dire, “la retrospettiva”, cioè che uno va avanti ma poi torna indietro per vedere com’è che qualcuno ha fatto per arrivare là. Chiaro? No?

AVVERTENZA DELL’AVVERTENZA.- I testi che seguono non contengono nessun riferimento alle situazioni attuali, congiunturali, trascendenti, importanti, ecc., né hanno implicazioni o riferimenti politici, niente di tutto questo. Sono testi “innocenti”, come “innocenti” sono tutti gli scritti di chi si autonomina “il supcomandante di acciaio inossidabile” (cioè, io tapino). Ogni riferimento o somiglianza a fatti o persone della vita reale è pura schizofrenia… sì, come alla situazione internazionale e nazionale dove si può vedere che… ok, ok, ok, niente politica.

AVVERTENZA AL CUBO.- Nel caso molto improbabile che vi sentiate coinvolti da ciò che si dice di seguito, vi sbagliate… o siete un vergognoso fan della teoria della cospirazione ad hoc (che si può tradurre in “per ogni errore, esiste una teoria della cospirazione per spiegare tutto e ripetere gli errori”.

Procediamo:

-*-

P.S. Il primo incontro di Durito con il Gatto-Cane.-

Durito era serio. Ma non con il falso atteggiamento di un qualsiasi funzionario di un qualsiasi governo. Era serio come quando una grande pena ci affligge e non ci si può far niente, se non maledire… o raccontare una storia.

Don Durito de La Lacandona accende la pipa, cavaliere errante o errato, consolazione degli afflitti, gioia dei bambini, impossibile desiderio di donne ed altr@, irraggiungibile specchio per gli uomini, insonnie di tiranni e tirannuncoli, scomoda tesi per ignoranti pedanti.

Guardando rapito la luce delle nostre insonnie, quasi in un sussurro narra, affinché io la trascriva:

LA STORIA DEL GATTO-CANE

(Come Durito conobbe il Gatto-Cane e cosa dissero in quell’alba sui fanatismi).

Ad una prima occhiata il gatto-cane sembra un cane… ma anche un gatto… o cane…fino a che non miagola… o gatto… fino a che non abbaia.

Il gatto-cane è un’incognita per biologi terrestri e marini (in che tabella di classificazione degli esseri viventi sistemiamo questo caso?), caso irrisolvibile per la psicologia (la chirurgia neuronale non scopre il centro cerebrale che definisce la caninità o la gatttinità), mistero per l’antropologia (usi e costumi contemporaneamente simili ed antitetici?), disperazione per la giurisprudenza (che diritti e doveri derivano dall’essere e non essere?), il sacro graal dell’ingegneria genetica (impossibile privatizzare quello sfuggente DNA). Insomma: l’anello mancante che farebbe crollare tutto il darwinismo da laboratorio, cattedra, simposio, moda scientifica del momento.

Ma, permettetemi di raccontarvi quello che accadde:

Come naturale, era l’alba. Una flebile luce definiva le ombre. Tranquillo, camminavo solo con i passi della memoria. Allora sentii chiaramente che qualcuno diceva:

“Un fanatico è qualcuno che, per vergogna, nasconde un dubbio”.

Dandogli ragione tra me e me, mi avvicinai e lo incontrai. Senza fare le presentazioni, gli domandai:

Ah, così lei è… un cane.

Miao − mi rispose.

… O piuttosto un gatto – dissi incerto.

Bau − replicò.

Va bene, un gatto-cane – dissi e mi dissi.

Proprio questo – disse… o credetti di sentire.

Come va la vita? − domandai (ed io trascrissi senza dubitare, pronto a non farmi sorprendere da niente, visto che era uno scarabeo che mi stava dettando questa singolare storia).

A volte bene – rispose con una specie di ronron. A volte da cani e gatti − grugnì.

È un problema di identità? – dissi accendendo la pipa e tirando fuori il mio smartphonetablet multitouch per scrivere (in realtà si tratta di un quaderno a spirale, ma Durito vuole passare per molto moderno – nota dello scrivano -).

Nah, uno non sceglie chi è ma chi può essere – abbaiò risentito il gatto-cane −. E la vita non è altro che questo complicato passaggio, riuscito o interrotto, da una cosa verso l’altra − aggiunse con un miagolio.

Dunque, gatto o cane? – domandai.

Gatto-cane – disse come indicando l’ovvio.

E cosa la porta da queste parti?

Una di queste, che poi sarà.

Ah.

Canterò, affinché alcuni gatti sappiano.

Emm… prima della sua serenata, che non dubito sarà un canto eccelso alla femmina che la turba, mi potrebbe spiegare quello che ha detto all’inizio della sua partecipazione in questo racconto?

La cosa del fanatismo?

Sì, era qualcosa come di qualcuno che nasconde i suoi dubbi di fede dietro il culto irrazionale.

Proprio così.

Ma, come evitare di entrare in una delle tenebrose stanze di quella torva casa di specchi che è il fanatismo? Come resistere ai richiami ed ai ricatti per militare nel fanatismo religioso o laico, il più antico, ma non l’unico attualmente?

Semplice − dice laconico il gatto-cane−, non entrando.

Costruire molte case, ognuno la sua. Abbandonare la paura dell’indifferenza.

Perché c’è qualcosa di uguale o peggiore di un fanatico religioso, un fanatico anti religioso, il fanatismo laico. E dico che può essere peggiore perché quest’ultimo ricorre alla ragione come alibi.

E, chiaramente, i suoi equivalenti: il fanatismo omofobico e maschilista, la fobia per l’eterosessualità ed il femminismo. E ci aggiunga il lungo elenco nella storia dell’umanità.

I fanatici della razza, del colore, del credo, del genere, della politica, dello sport, eccetera, alla fine dei conti sono fanatici di se stessi. E tutti condividono la stessa paura del diverso. E incasellano il mondo intero nella scatola chiusa delle opzioni escludenti: “se non sei tale, allora sei il contrario”.

Vuole dire, mio caro, che quelli che criticano i fanatici sportivi sono uguali? – interruppe Durito.

È lo stesso. Per esempio, la politica e lo sport, entrambi legati ai soldi: in entrambi i fanatici pensano che quello che conta è la professionalità; in ambedue i casi sono meri spettatori che applaudono o fischiando i concorrenti, festeggiano vittorie che non sono loro e si dispiacciono per sconfitte che non appartengono loro; in tutti e due i casi incolpano i giocatori, l’arbitro, il campo, l’opposto; in entrambi i casi sperano “nella prossima volta”; pensano che se cambiano il tecnico, la strategia o la tattica, si risolverà tutto; in ambedue i casi perseguono i fanatici opposti; in entrambi si ignora che il problema è nel sistema.

Sta parlando di calcio? domanda Durito mentre tira fuori un pallone autografato da se stesso.

Non solo di calcio. In tutto, il problema è chi comanda, il padrone, chi detta le regole.

Nei due ambiti si disprezza quello che non fa fare soldi: il calcio dilettante o di strada, la politica che non confluisca in congiunture elettorali. “Se non si guadagna denaro, allora per quale ragione farlo?”, si chiedono.

Ah, sta parlando di politica?

− Neanche per sogno. Sebbene, per esempio, ogni giorno che passa è sempre più evidente che quello che chiamano “lo Stato Nazionale Moderno” è solo un cumulo di macerie in svendita, e che le rispettive classi politiche continuano a rimontare il castello di carte crollato, senza accorgersi che le carte della base sono completamente rotte e rovinate, incapaci di mantenersi dritte, non diciamo poi di sostenere qualcosa.

Mmm… sarà difficile mettere tutto questo in un twit − dice Durito mentre conta per vedere se ci sta in 140 caratteri.

La classe politica moderna si contende chi sarà il pilota di un aereo che da tempo si è schiantato nella realtà neoliberale  − sentenzia il gatto-cane e Durito approva con un assenso.

Dunque, che fare? − chiede Durito mentre ripone con cura il suo gagliardetto dei Los Jaguares de Chiapas.

Eludere la trappola che sostiene che la libertà è poter scegliere tra due opzioni imposte.

Tutte le opzioni definitive sono una trappola. Non ci sono solo due strade, così come non ci sono due colori, due sessi, due credo. Cosicché né lì, né là. Meglio percorrere una nuova strada che vada dove uno vuole andare.

Conclusione? − domanda Durito.

Né cane, né gatto. Gatto-cane, per non servirla.

E che nessuno giudichi né condanni quello che non comprende, perché ciò che è diverso è la dimostrazione che non tutto è perduto, che c’è ancora molto da vedere e sentire, che ci sono ancora altri mondi da scoprire…

Il gatto-cane se ne andò, che, come indica il suo nome, ha gli svantaggi del cane e quelli del gatto… e nessuno dei loro vantaggi, se mai ce ne fossero.

Già albeggiava quando sentii un misto sublime di miagolii e latrati. Era il gatto-cane che cantava, stonato, alla luce dei nostri sogni più belli.

Ed in qualche alba, forse ancora lontana nel calendario ed in incerta geografia, lei, la luce che mi svela e rivela, capirà che ci furono tratti nascosti e fatti per lei, che forse solo allora le saranno rivelati o li riconoscerà adesso in queste lettere, ed in quel momento saprà che non importava che strade avessero percorso i miei passi: perché lei fu, è e sarà sempre, l’unico destino per cui vale la pena.

Tan-tan.

P.S.- Nel quale il Sup tenta di spiegare, in modo multimediale post moderno, come l@s zapatistas vedono e si vedono nella propria storia.

Bene, per prima cosa bisogna chiarire che per noi tutt@, la nostra storia non è solo quello che siamo stati, quello che ci è successo, quello che abbiamo fatto. È anche, e soprattutto, quello che vogliamo essere e fare.

Orbene, in questa valanga di mezzi audiovisivi che vanno dal cinema 4D e le televisioni LED 4K, fino agli schermi policromi e multitouch dei cellulari (che mostrano la realtà a colori che, permettetemi la digressione, non ha niente a che vedere con la realtà), possiamo collocare, in un’improbabile “linea del tempo”, il nostro modo di vedere la nostra storia con… il kinetoscopio.

Sì, lo so, sono partito da lontano, alle origini del cinema, ma con internet ed i vari wikis che abbondano e ridondano, non avrete certo problemi a sapere a che cosa mi riferisco.

A volte, può sembrare che siamo nei dintorni dei formati 8 e super 8, ed anche così il 16 millimetri è ancora lontano.

Voglio dire, il nostro modo di spiegare la nostra storia sembra un’immagine in movimento continuo e ripetitivo, con qualche variazione che dà quella sensazione di mobile immobilità. Sempre attaccati e perseguiti, sempre a resistere; sempre annichiliti, sempre a ricomparire. Forse per questo le denunce delle basi di appoggio zapatiste, diffuse attraverso le loro Giunte di Buon Governo, hanno così poche letture. È come se si fossero già lette molto prima e cambiassero solo i nomi e le geografie.

Ma anche qui ci mostriamo. Per esempio, in:

http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2013/11/13/la-jbg-corazon-del-arco-iris-de-la-esperanza-caracol-iv-torbellino-de-nuestras-palabras-denuncia-hostigamiento-y-agresiones/

Sì, è un po’ come se in quelle immagini in movimento di Edison, del 1894, nel suo kinetoscopio (“Annie Oackley”), noi fossimo la moneta lanciata in aria, mentre la signorina civiltà ci spara ripetutamente (sì, il governo sarebbe l’impiegato servile che lancia la moneta). O come se in “L’arrivo del treno” dei Fratelli Lumière, del 1895, noi fossimo quelli che restano sul marciapiede mentre il treno del progresso va e viene. Alla fine di questo testo troverete alcuni video che vi aiuteranno a capire.

Ma è qui che il collettivo che siamo prende e compone ogni fotogramma, lo disegna e lo dipinge guardando la realtà che fummo e siamo, molte volte con i neri di persecuzioni e prigioni, con i grigi del disprezzo, e col rosso della sottrazione e dello sfruttamento. Ma anche col colore marrone e verde della terra che siamo.

Quando qualcuno di fuori si sofferma a guardare il nostro “film”, generalmente commenta: “che abile tiratrice!” Oppure “che impiegato temerario che getta la moneta in aria senza paura di essere ferito!”, ma nessuno fa commenti sulla moneta.

O, nel treno dei Lumière, dicono: “ma che stupidi, perché stanno sul marciapiede e non salgono sul treno?”. Oppure “è l’ennesima dimostrazione che gli indigeni stanno come stanno perché non vogliono il progresso”. Qualcun altro azzarda “Hai visto che abiti ridicoli usavano in quell’epoca?”. Ma se qualcuno ci chiedesse perché non saliamo su quel treno, noi diremmo “perché le prossime stazioni sono ‘decadenza’, ‘guerra’, ‘distruzione’, e la destinazione finale è ‘catastrofe’”. La domanda pertinente non è perché noi non saliamo, ma perché voi non scendete.

Chi viene a stare con noi per guardarci guardandoci, per ascoltarci, per imparare nella escuelita, scopre che, in ogni fotogramma, noi zapatisti abbiamo aggiunto un’immagine che non è percettibile ad una semplice occhiata. Come se il movimento visibile delle immagini occultasse il dettaglio che contiene ogni fotogramma. Ciò che non si vede nell’attività quotidiana è la storia che saremo. E non c’è smartphone che catturi quelle immagini. Solo con un cuore molto grande si possono apprezzare.

Certo non manca chi viene e ci dice che ormai ci sono tablet e cellulari con videocamere davanti e dietro, con colori più vividi di quelli della realtà, che ci sono macchine fotografiche e stampanti tridimensionali, il plasma, l’lcd ed il led, la democrazia rappresentativa, le elezioni, i partiti politici, la modernità, il progresso, la civiltà.

Di lasciar perdere il collettivismo (che, inoltre, fa rima con primitivismo): di abbandonare l’ossessione per la preservazione della natura, il discorso della madre terra, l’autogestione, l’autonomia, la ribellione, la libertà.

Ci dicono tutto questo scrivendo goffamente che è nella loro modernità dove si perpetrano i crimini più atroci; dove i neonati sono bruciati vivi ed i piromani sono deputati e senatori; dove l’ignoranza simula di reggere i destini di una nazione; dove si distruggono le fonti di lavoro; dove gli insegnanti sono perseguiti e calunniati; dove una grande menzogna è oscurata da una più grande; dove si premia ed elogia la disumanità ed ogni valore etico e morale è sintomo di “ritardo culturale”.

Per i grandi media pagati, loro sono i moderni, noi gli arcaici. Loro sono i civilizzati, noi i barbari. Loro sono quelli che lavorano, noi i fannulloni. Loro sono “le persone perbene”, noi i paria. Loro i saggi, noi gli ignoranti. Loro i puliti, noi gli sporchi. Loro sono i belli, noi i brutti. Loro sono i buoni, noi siamo i cattivi.

Ma tutt@ loro dimenticano la cosa fondamentale: questa è la nostra storia, il nostro modo di vederla e di vederci, il nostro modo di pensarci, di costruirci il nostro cammino. È nostra, con i nostri errori, le nostre cadute, i nostri colori, le nostre vite, le nostre morti. È la nostra libertà.

La nostra storia è così.

Perché quando noi zapatisti, zapatiste, disegniamo una chiave in basso e a sinistra in ogni fotogramma del nostro film, non pensiamo quale porta aprire, ma quale casa e quale porta bisogna costruire affinché quella chiave abbia un motivo ed un destino. E se la colonna sonora di questo film ha il ritmo di una polka-ballata-corrido-ranchera-cumbia-rock-ska-metal-reggae-trova-punk-hip-hop-rap-e-tutto-il-resto non è perché non abbiamo nozioni musicali. È perché quella casa avrà tutti i colori e tutti i suoni. Ed avrà allora sguardi e uditi nuovi che comprenderanno il nostro impegno… benché in quei mondi a venire saremo solo silenzio e ombra.

Ergo: noi abbiamo immaginazione, loro hanno solo schemi con opzioni definitive.

Per questo il loro mondo crolla. Per questo il nostro risorge, proprio come quella lucina che anche se piccola riesce a proteggere dall’ombra.

Bene. Salve e che compiamo gli anni molto felici, cioè, lottando.

Il Sup che si fa bello con i video che deve inserire per, come per dire, mettere la candela sulla torta che non dice, ma si sa trentaqualcosa.

Messico, Novembre 17 del 2013

Trentesimo anniversario dell’EZLN

:::::::::::::::::::::::::::::

Ascolta e guarda i video che accompagnano questo testo:

Video che racconta la storia del “Cane che dentro era un gatto”, di Siri Melchoir. Regno Unito, 2002. http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=mOeqShdf-gY

Un gatto-cane in azione. Notare come torna alla sua identità segreta quando viene scoperto. http://www.youtube.com/watch?v=UvMs1v7RWDg&feature=player_embedded

Brevissimo riferimento all’inizio del cinema. Attenzione al mini corto: “Annie Oackley”, secondi dal 20 al 26. http://www.youtube.com/watch?v=3HgRU6DeiGQ&feature=player_embedded

“L’arrivo del Treno”, dei Fratelli Lumiere, 1895. http://www.youtube.com/watch?v=qawVtd32DOQ&feature=player_embedded

Para un compleanno così diverso come quello dell’ezetaelene, Las Otras Mañanitas, con Pedro Infante ed i Beatles. http://www.youtube.com/watch?v=60bLrafCA5c&feature=player_embedded

Comunicato originale

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

Read Full Post »

La Jornada – Giovedì 14 novembre 2013

La JBG Corazón del arcoiris de la esperanza denuncia invasione di terre e aggressioni

Hermann Bellinghausen

La Giunta di Buon Governo (JBG) Corazón del arcoiris de la esperanza, del caracol zapatista di Morelia, Chiapas, ha denunciato l’invasione di alcune terre, aggressioni e minacce di morte nell’ejido 10 de Abril, municipio autonomo 17 de Noviembre, da parte di membri della CIOAC-histórica. Il 18 ottobre, circa 60 persone dell’ejido 20 de Noviembre, appartenenti alla CIOAC-histórica, hanno aperto un sentiero sul nostro terreno recuperato. Una commissione della JBG ha chiesto loro perché lo stavano facendo e gli invasori hanno reclamato la proprietà del terreno; la JBG ha chiesto perchè proprio ora la reclamassero se gli zapatisti coltivano queste terre dal 1994.

La JBG identifica come autori intellettuali i dirigenti Antonio Hernández e Luis Hernández, e precisa che le basi di appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale su quel terreno, 20 ettari sono coltivati a caffè, fagioli, mais e banane.

Un’altra parte è riserva ecologica. La commissione della JBG aveva citato gli invasori per il 21 ottobre, ma questi non si sono presentati. La JBG ha inviato quindi una nuova citazione per il giorno 25. Allora si sono presentate 60 persone guidate da Tranquelino González López, Arnulfo González Jiménez, Arnulfo Luna Vázquez e Gerónimo Álvarez Vázquez. I rappresentanti della JBG hanno chiesto: Avete qualche documento che garantisce che la terra è vostra? E questi hanno risposto di non aver portato con loro i documenti perché pioveva molto.

E’ stato chiesto loro anche se sapessero quanti ettari si supponessero di loro appartenenza. Hanno risposto di non saperlo ed hanno addotto il pretesto di reclamare queste terre perché già gli ejidatarios dell’ejido 20 de Noviembre hanno frazionato le terre secondo la riforma di legge dell’articolo 27 della Costituzione, fatta da Carlos Salinas, e siccome sono stati esclusi, si stanno mettendo dove lavoriamo noi. Per la JBG, in conseguenza della cattiva politica dei malgoverni, stanno pagando tutti quelli che lottano degnamente.

In quell’incontro non successe niente; loro si impegnavano a non lavorare nel terreno e noi avremmo provveduto ad una consultazione. I cioaquistas hanno violato questo piccolo accordo ed il 6 novembre sono arrivati minacciando di ammazzare uno di noi. Gli invasori avevano già tentato di farlo nel 2007, anche se il sentiero che hanno aperto adesso non coincide con il confine di allora. È evidente che è un furto, sostiene la giunta zapatista.

L’8 novembre hanno aggredito i cameraman della JBG e tagliato la recinzione del pascolo. Il giorno 9 sono venuti pronti allo scontro ed hanno tentato di portare via un compagno. Il lunedì 11 sono venuti con un camioncino per spiarci. Il martedì 12 sono arrivate circa 200 persone in tre gruppi, un gruppo delimitava il terreno, un altro lo recintava ed un altro lo ripuliva. Erano accompagnati da Umberto Torrefa’ MéndeTorres Méndez, del villaggio Gabino Barreda, e Caridad Alcázar López, provenienti da Altamirano; dicevano di essere venuti “su ordine di Manuel Velasco Coello ‘per cercare di dialogare’, ma ci siamo chiesti, dialogare su cosa?, noi non parliamo con i bugiardi”, aggiunge la JBG. Ci siamo accorti che sono protetti ed istruiti dal governo e dal presidente municipale di Altamirano, da dove viene il rappresentante di governo, anche se quelli della CIOAC-histórica  vengono da Comitán; questo vuol solo dire che è tutto pianificato. La JBG rileva che, nonostante ci fosse una commissione di Manuel Velasco, gli aggressori della CIOAC-histórica hanno danneggiato l’insegna dell’ejido.

Gli abitanti del villaggio 10 de Abril conoscono perfettamente la storia del terreno. Quando ci vivevano i nostri sfruttatori, si lavorava duramente senza salario”. Nel 1994 sul terreno pascolavano vacche svizzere e zebù. Negli anni successivi nessuno lo ha reclamato per l’ejido 20 de Noviembre. La JBG sottolinea che gli invasori non hanno problemi a muovere una gran quantità di persone perché in questo sporco gioco ci sono un sacco di soldi; danno cento pesos al giorno a chi si presta a far casino. http://www.jornada.unam.mx/2013/11/14/politica/021n1pol

Comunicato completo

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

Read Full Post »

La Jornada – Martedì 12 novembre 2013

Giunta di Buon Governo denuncia persecuzione contro gli autotrasportatori indipendenti di Ocosingo

Hermann Bellinghausen

La Giunta di Buon Governo (JBG) El camino del futuro, del caracol zapatista di La Garrucha, Chiapas, ha denunciato che dirigenti del sindacato centrale dei camionisti di Ocosingo e l’ex deputato César Yáñez, appoggiati dalle autorità governative, impediscono di lavorare agli autotrasportatori indipendenti, sequestrano i loro mezzi ed hanno fatto emettere mandati di cattura contro otto di loro.

Il 10 aprile scorso è stato sequestrato il camion del compagno Elías, di Ocosingo, che è base di appoggio dell’EZLN. Quelli che hanno sequestrato il camion sono del sindacato centrale dei camionisti, perché il compagno Elías applica tariffe buone e corrette per il trasporto di ghiaia e materiali, segnala la JBG. Lo accusano anche di non avere la concessione del malgoverno, ma questo compagno non ne ha bisogno, perché tutti abbiamo il diritto e la libertà di lavorare.

Le autorità della JBG affermano di aver cercato una soluzione. Abbiamo citato i 10 segretari del sindacato centrale, ma non si sono presentati. Noi volevamo solo cercare una buona soluzione tra le parti, ma non hanno voluto presentarsi e continuano a sequestrare i camion. Ora esigiamo il dissequestro del camion, e che paghino per il lavoro perso in questi sei mesi.

Il 10 settembre, quelli del sindacato centrale hanno sequestrato un camion nero, modello 1992, Mercedes Benz, di proprietà di Roberto Alejandro Ríos Aguilar, del sindacato dei camionisti indipendenti al servizio del popolo. “Sui veicoli c’è la decalcomania del Che e di Zapata”, precisa la JBG.

Il 1º novembre, persone del sindacato centrale hanno sequestrato altri tre camion, uno di proprietà di Jorge Armando Alcázar Aguilar, dello stesso gruppo indipendente, e gli altri di Enrique Heriberto Penagos Ruiz ed Emilio Alcázar. Chi organizza queste provocazioni è César Yáñez, ex deputato federale, insieme a quelli del sindacato centrale di Ocosingo, perché vuole impadronirsi di tutto per arricchirsi. Conosciamo bene inoltre cosa fanno per corrompere le autorità, le quali non fanno niente contro queste provocazioni perché sono loro complici. Yáñez è padrone del deposito di Ocosingo dove si trovano i veicoli.

Quelli del sindacato centrale sono riusciti a far emettere mandati di cattura contro otto autotrasportatori indipendenti di Ocosingo: Orlando Matías García, Carlos Jorge Sánchez Guíen, Hugo Alberto Sánchez Guién, Baltasar Eliseo Trejo Vallinas, Octavio García Trujillo, Leonel Esteban Aguilar e Rósember Nájera. La JBG esige la cancellazione di questi mandati di cattura e la restituzione dei camion sequestrati. http://www.jornada.unam.mx/2013/11/12/politica/017n1pol

Comunicato completo

Read Full Post »

La Jornada – Domenica 10 novembre 2013

Denuncia di persecuzione giudiziaria contro uno zapatista

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis. 9 novembre. La giunta di buon governo (JBG) El camino del futuro, del caracol di La Garrucha, denuncia la persecuzione giudiziaria contro Alfonso Cruz Espinosa, base di appoggio zapatista, per l’abbattimento di “un piccolo albero” di sua proprietà, mentre i veri devastatori criminali godono di protezione ufficiale.

Il 23 settembre, la signora María Socorro Trujillo e le sue figlie (madre e sorelle di Cruz Espinosa) chi vivono nella città di Ocosingo e già precedentemente usate dal governo statale per perseguire giudiziariamente Alfonso, “hanno fabbricato delle accuse contro il nostro compagno” che vive a San Antonio Toniná.

L’albero in questione è servito per costruire il negozio di artigianato del municipio ribelle Francisco Gómez, vicino al sito archeologico di Toniná. “Le basi di appoggio zapatiste hanno abbattuto questo alberto su autorizzazione della JBG e dei quattro municipi autonomi”.

La JBG esige la cancellazione immediata del mandato di cattura contro il suo compagno “perché è innocente”, e chiede: “Perché non sono in prigione quei farabutti che saccheggiano, rubano e distruggono le risorse naturali negli ejidos di San Miguel, Nuevo Pataté, Tierra Negra, Pamalá ed in altre comunità in territorio zapatista?”. La JBG denuncia che “i tre livelli del malgoverno hanno dato il permesso di tagliare legna al signor Mauricio, di Comitán”, che ora abbatte “migliaia di pini ogni giorno in tronchi e tavole”.

Le autorità autonome sottolineano che “il governo federale ogni giorno trasmette per radio e televisione che bisogna preservare l’ambiente”, ma è “una bugia”, perché in realtà “stanno distruggendo i boschi ed alberi preziosi”. Chiedono che siano arrestati quelli che rubano gli alberi delle comunità. “Come popoli zapatisti difenderemo quello che è nostro”, avvertono. http://www.jornada.unam.mx/2013/11/10/politica/013n1pol

Comunicato completo

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

Read Full Post »

La Jornada – Sabato 9 novembre 2013

L’indulto a Patishtán non significa giustizia, dicono nel suo villaggio dove lo aspettano

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Juan El Bosque, Chis., 8 novembre. “Non c’è nessun merito di plauso nella liberazione di Patishtán. Non significa giustizia. Non avrebbe mai dovuto stare in prigione. Se è sempre stato innocente, perché abbiamo dovuto aspettare più di 13 anni ed un intervento del presidente della Repubblica?”, sostiene il Movimiento del Pueblo de El Bosque por la Libertad de Alberto Patishtán. “Le autorità dovrebbero chiedere scusa in ginocchio alle persone punite ingiustamente ed ammettere ‘sì, abbiamo sbagliato, siamo colpevoli’. Credono di lavarsene le mani con l’indulto”.

“Qui non c’è posto per il parola ‘indulto’; ci pesa”, sostengono i portavoce del movimento nell’intervista a La Jornada. “Loro sapevano che quella punizione era immeritata, hanno garantito che ciò avvenisse, perché è così che funziona la giustizia”.

Ammettono anche, e lo sottolineano, che tutto il movimento nazionale e internazionale che per anni ha sostenuto la stessa battaglia degli abitanti di questo villaggio tzotzil a nord degli Altos, non sarebbe stato possibile senza il supporto dell’Altra Campagna, dopo la Sexta, e dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), e da lì tante organizzazioni che si sono sono aggiunte.

Ma, sottolineano, “è stata la comunità di El Bosque a tenere sempre alta la lotta. Senza la sua gente, Patishtán non avrebbe ottenuto la liberazione”.

Martín Ramírez López e Pascual Gómez López si alternano per sostenere la posizione degli indigeni e raccontare come è stata accolta qui la notizia il pomeriggio del 31 ottobre: “La gente applaudiva, alzava i pollici, per strada gridava ‘arriva Patishtán’! Hanno sparato i razzi. Ancora nella notte del 31 ottobre, quando il professore è stato liberato, c’erano gruppi di persone per strada che dopo tanti anni finalmente festeggiavano”.

Il professor Martín racconta: “La famiglia ed il comitato avevano tre impegni col villaggio: comunicare la notizia una volta confermata; spiegare che non ritornerà fino a che non sarà completata la sua cura, e ringraziare tutti nel villaggio, le organizzazioni, le diverse chiese e la gente in generale”. Qui, dice, “il 99% è per la sua innocenza; contrari sono solo quelli che l’hanno accusato”.

Pascual, con una maglietta con stampato il volto di Patishtán (“adesso l’appenderò in casa”), interviene: “Il giorno della sua liberazione nel villaggio non c’era elettricità né campo per i cellulari, ed io che ero il contatto con i compagni a Città del Messico non riuscivo a mettermi in comunicazione. Eravamo disperati. Fino che un signore ci prestò il suo telefono e così riuscimmo a parlare e poi avvisare la famiglia. L’annuncio è stato dato di continuo attraverso la nuova radio FM e la gente era molto contenta”.

Il primo rivela che c’è la proposta di “convocare una carovana che accompagni il suo ritorno da DF”. Non c’è una data, ma nel villaggio lo stanno aspettando. “Il morale è alto e sono tutti contenti. Per 13 anni hanno gridato a livello municipale, nazionale, internazionale. Hanno vinto questa battaglia, è il risultato di tutti i gruppi sociali”. Ed aggiunge: “Il governo credeva che prima o poi la smettessimo, ma non sarebbe mai successo né in 20 o 30 anni. Allora hanno aperto le porte ad un uomo innocente. Ma ce ne sono ancora molti altri”.

Pascual spiega che “il governo non ha concesso nulla, da parte nostra abbiamo sempre fornito ottimi argomenti, ed è vero, sono stati modificati alcuni articoli di legge, ma non ci importa perché il governo non ha voluto dichiarare l’innocenza di Patishtán”. Se ci fosse una vera giustizia “le riforme non sarebbero necessarie; ora molti detenuti impareranno che devono prendere coscienza”.

Ramírez López afferma: “La vera spina è avvenuta nel gennaio del 2006 quando il subcomandante Marcos sostiene i detenuti della prigione di El Amate e Patishtán ed i suoi compagni fanno sapere che dal 2005 fanno parte dell’Altra Campagna. E’ stato molto importante anche quando nel 2012, durante le azioni presso le ambasciate di diversi paesi, c’erano i cartelli con foto dello zapatista Francisco Santiz e del profe. Questo ha aiutato molto”.

Insiste che si deve indagare sui falsi testimoni, in particolare su Manuel Gómez Ruiz, il presidente municipale nel 2000, e suo figlio Rosemberg, il testimone che l’accusava. “Le autorità sanno che bisogna indagare sull’imboscata – che lasciò sette poliziotti morti e per la quale fu accusato e condannato Patishtán Gómez nel 2001 – e stabilire le responsabilità di chi ha usato la giustizia per vendetta contro un innocente”.

Ramírez López, compagno di studi e di lotta del professore da più di 18 anni, conclude: “Patishtán è libero, ma la lotta continua”. http://www.jornada.unam.mx/2013/11/09/politica/014n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

Read Full Post »

La Jornada – Giovedì 7 novembre 2013

Sequestrato un ragazzo di 18 anni a San Sebastián Bachajón, Chiapas

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de Las Casas, Chis., 6 novembre. Ejidatarios di San Sebastián Bachajón, municipio di Chilón, hanno denunciato il sequestro di un giovane nella comunità Xanil, appartenete allo stesso ejido, questo martedì. Il fatto è accaduto verso le ore 13:00, quando quattro individui hanno sequestrato Herminio Estrada Gómez, di 18 anni.

“Non sappiamo dove si trovi e nemmeno se sta bene; non intendono nemmeno consegnarlo al Pubblico Ministero competente – nel caso lo stiano accusando di qualche reato – ma stanno chiedendo denaro in cambio della sua libertà”, hanno denunciato gli ejidatarios aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, che recentemente sono stati minacciati e vessati dalle autorità ejidales filogovernative.

I querelanti indicano come i sequestratori Santiago Alvaro Moreno, supplente del commissario ejidale ed abitante della comunità Xanil 2ª Sezione, Juan Álvaro Moreno e Santiago Álvaro Gómez, oltre a Manuel Jiménez Moreno della comunità di Pamalha. Hanno inoltre sequestrato la sua auto tipo Pointer, denunciano.

Queste persone sono già note per le loro azioni violente, Álvaro Moreno e Jiménez Moreno erano nel gruppo armato che cacciò i nostri compagni dal botteghino di ingresso alle cascate di Agua Azul il 2 febbraio 2011: sono violenti e sono dei veri delinquenti che non hanno rispetto per nessuno. Questi criminali hanno anche inventato false accuse contro i nostri compagni Miguel Vázquez Deara, ora libero, ed Antonio Estrada Estrada, detenuto a Playas de Catazajá, ed hanno partecipato alla sua cattura insieme ai poliziotti.

Gli ejidatarios della Sexta informano che il giorno 5 è stata presentata una denuncia contro queste quattro persone al Pubblico Ministero per gli affari indigeni di Bachajón, perché è molto grave quello che stanno facendo: senza alcun diritto privano della libertà e della sua auto il nostro compagno, ma ancora non è ci sono state azioni perché il nostro compagno è tuttora sequestrato.

Al governo dello stato chiedono che sia garantita la vita e la libertà immediata del ragazzo Estrada Gómez. http://www.jornada.unam.mx/2013/11/07/politica/019n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

Read Full Post »

La Jornada – Mercoledì 6 novembre 2013

Minaccia di sgombero violento della cava di sabbia dei tzeltal 

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 5 novembre. Gli ejidatarios tzeltal di San Sebastián Bachajón aderenti della Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona denunciano che il commissario ejidael, affiliato ai partiti e filogovernativo, Alejandro Moreno Gómez, ed il consigliere di vigilanza Samuel Díaz Guzmán, stanno organizzando lo sgombero violento, da un momento all’altro, della nostra cava di sabbia Nah Chawuk, recentemente realizzata come organizzazione ed ejidatarios a beneficio del popolo.

Sostengono che la realizzazione della cava, lo scorso 24 settembre, “è avvenuta in esercizio del nostro diritto come indigeni e ejidatarios di controllare e proteggere il nostro territorio, ed in risposta ai loschi affari che girano intorno alla cava principale che è tuttora nelle mani del malgoverno, come gli fu cosegnata a suo tempo dall’ex commissario Francisco Guzmán Jiménez (El Goyito), così come le terre espropriate il 2 febbraio 2011, sulle quali il malgoverno ha costruito un botteghini di ingresso alle cascate di Agua Azul gestiti dalla Commissione Nazionale per le Aree Naturali Protette”.

Gli indigeni dicono essere a conoscenza che le autorità ejidales filogovernative si stanno recando costantemente a Tuxtla Gutiérrez per chiedere al governo di cacciare con la forza pubblica la cava, dicendo che si tratta della cava principale che però è già in possesso del governo.

Fino a questo momento non sono riusciti a far venire la polizia a picchiare i nostri compagni e compagne che coraggiosamente e con dignità lavorano in forma collettiva a Nah Chawuk. Per questo i filogovernativi stanno cercando di radunare alcune persone dell’ejido per sgomberare la nostra cava di sabbia, come fecero il 2 febbraio del 2011, quando persone di Guzmán Jiménez, e con i finanziamenti di Leonardo Guirao Aguilar, attuale presidente municipale di Chilón, arrivarono armati a sgomberare i compagni che lavoravano al botteghino di ingresso costruito dalla nostra organizzazione a settembre del 2009.

Sostengono che non permetteranno di essere umiliati e discriminati per la loro lotta ed organizzazione. Vogliamo continuare ad essere un popolo, difendere la nostra cultura, identità, vogliamo continuare ad essere quello che siamo, come ha detto il nostro compagno scomparso Juan Vázquez Guzmán, continueremo a lottare costi quel che costi, non abbiamo paura; la nostra organizzazione non cerca lo scontro, sono il malgoverno e le autorità ejidales filogovernative che studiano come distruggere l’organizzazione per non avere ostacoli a vendere la terra e trarne profitti; sono loro i veri provocatori della violenza e vogliono che ci sia sempre divisione perché non vogliono che il popolo si unisca contro la loro corruzione ed il saccheggio del nostro territorio.

Gli ejidatarios della Sexta chiedono la liberazione immediata di due loro compagni di San Sebastián, Antonio Estrada Estrada e Miguel Demeza Jiménez, ingiustamente detenuti a Playas de Catazajá e El Amate, così come di Alejandro Díaz Sántiz, solidario de la Voz del Amate detenuto a San Cristóbal de las Casas. Salutano con gioia il loro compagno Alberto Patishtán Gómez che è riuscito ad abbattere i muri dalla prigione e si trova ora felicemente con la sua famiglia. Salutano anche la campagna internazionale di solidarietà con la loro difesa del territorio, convocata dalla Rete di Solidarietà Zapatista del Regno Unito e dal Movimiento por la Justicia del Barrio di New York. http://www.jornada.unam.mx/2013/11/06/politica/014n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

Read Full Post »

CATTIVE NOTIZIE, MA ANCHE NO

 Novembre 2013

Alle/Agli student@ che hanno frequentato o vogliono frequentare il primo livello della Escuelita Zapatista:

A chi di competenza:

Compagni, compagne e compagnei,

Come al solito, hanno incaricato me di darvi le brutte notizie. Eccole qua.

PRIMO.- I conti (controllate bene le somme, sottrazioni e divisioni perché la matematica non è il mio forte, voglio dire, proprio non lo è):

A).- Spese del primo livello di agosto 2013 per 1281 allievi:

– Materiale scolastico (4 libri di testo e 2 dvd) per 1281 allievi: $100,000.00 (centomila pesos m/n – 5.674,00 euro).

– Spese di trasporto e vitto per 1281 allievi dal CIDECI alle comunità in cui hanno frequentato il corso e ritorno: $339,778.27 (trecentotrentanovemilasettecentosettantotto pesos e ventisette centesimi – 19.278,44 euro) così suddivisi:

Spese di ogni Zona per portare gli allievi dal CIDECI e distribuirli in ogni villaggio in auto e ritorno al CIDECI, oltre al vitto per i bambini portati dagli allievi.

Realidad ————- $ 64,126.00 – 3.638,40 euro

Oventik—————- $ 46,794.00 – 2.655,00 euro

Garrucha————– $ 122,184.77 – 6.932,56 euro

Morelia—————- $ 36,227.50 – 2.055,49 euro 

Roberto Barrios—- $ 70,446.00 – 3.996,99 euro

Totale generale —– $ 339,778.27 – 19.278,44 euro 

Nota: Sì, anche a me sono balzati agli occhi i “77 centesimi”, ma questi sono i conti che mi hanno passato. Ovvero, non siamo per gli arrotondamenti.

– Spese di trasporto per 200 guardiani al CIDECI dove hanno impartito i corsi e ritorno: $40,000.00 (quarantamila pesos – 2.269,53 euro). Il loro vitto è stato offerto dalle/dai compagn@ del CIDECI-Unitierra. Grazie al Doc Raymundo e a tutte/tutti i compas del CIDECI, in particolare alle/agli addette/i alla cucina (occhio: mi dovete i tamales). 

Totale delle spese delle comunità zapatiste per il corso di primo livello di agosto 2013 per 1281 alunni: $479, 778.27 (quattrocentosettantanovemilasettecentosettantotto pesos e ventisette centesimi – 27.221,80 euro).

Spesa media per allievo: $374.53 (trecentosettantaquattro pesos e cinquantatre centesimi m/n – 21,25 euro).

B).- Entrate della Escuelita Zapatista:

Entrate per l’iscrizione (il contenitore installato al CIDECI): $ 409,955.00 (quattrocentonovemilanovecentocinquantacinque pesos m/n – 23.260,2 euro).

Valuta locale: $ 391, 721.00

Dollari: $ 1,160.00

Euro: $ 175,00 

Entrate medie per il pagamento dell’iscrizione di ogni allievo: $320.02 (trecentoventi pesos e due centesimi – 18,16 euro).

SECONDO.- Riassunto e conseguenze:

In media, ogni allievo è costato $54.51 (cinquantaquattro pesos e cinquantuno centesimi m/n – 3,10 euro), che sono stati coperti grazie alle donazioni solidali. Cioè, gli allievi si sono aiutati tra loro.

Cioè, come si dice, i conti non tornano compas. È stato grazie al fatto che qualche allievo ha versato più dei cento pesos obbligatori (alcuni non hanno versato nulla) ed alle donazioni di persone generose, che siamo riusciti appena ad andare alla pari.

Ringraziamo di cuore coloro che hanno dato di più e chi ha fatto queste donazioni straordinarie. E dovrebbero ringraziarli anche quelli che non hanno versato tutti i cento pesos o non hanno dato assolutamente niente.

Sappiamo che difficilmente si ripeterà che qualche partecipante paghi il corso per altri, quindi ci troviamo di fronte alle seguenti opzioni:

a).- Chiudiamo la escuelita.

b).- Riduciamo il numero a quello che possiamo coprire noi zapatisti. Il Subcomandante Insurgente Moisés mi dice che sarebbero circa 100 per caracol, 500 in totale.

c).- Aumentiamo il costo e lo rendiamo obbligatorio.

Crediamo che non si debba chiudere la escuelita perché ci ha permesso di conoscere e farci conoscere da persone che prima non conoscevamo né ci conoscevano.

Pensiamo anche che se riduciamo il numero dei partecipanti, molti si irriteranno o si arrabbieranno perché hanno già preparato tutto per partecipare e potrebbero restare fuori. Soprattutto ora che sanno che l’essenza del corso sta nelle comunità e nei guardiani. E poi, siccome toccherebbe a me dare la notizia, sarei inondato di insulti.

Quindi non resta che chiedervi di pagare per le vostre spese di trasposto e vitto. Sappiamo che questo, oltre ad infastidire qualcuno, può lasciarne fuori altri. Per questo vi avvisiamo per tempo affinché troviate il modo di provvedere al pagamento per voi o per i vostri compas che vogliono e possono partecipare ma non riescono a provvedere al pagamento. 

Il costo dunque sarà di $ 380.00 (trecentottanta pesos m/n – 21,56 euro) per studente e dovrà essere versato al momento della registrazione al CIDECI nei giorni che saranno indicati. Se inoltre vorrete portare un chilo di fagioli ed uno di riso, sarebbe gradito.

Per favore, vi supplichiamo, vi preghiamo, vi imploriamo di specificare chiaramente con chi venite, quanti siete e che età avete, perché poi arrivano email che dicono “vengo con i miei figli” e quando arrivano sono il doppio del casting di “The Walking Dead”. Tutti quelli che partecipano devono prima registrarsi, che siano bambini, adulti, anziani, morti viventi. 

E specificate le date della vostra partecipazione. Ci sono 2 date, una alla fine di dicembre ed un’altra agli inizi di gennaio. È importante sapere a quale vi iscrivete perché, come sapete, c’è una famiglia indigena che si prepara ad accogliervi ed assistervi, una od un custode che si prepara a guidarvi, un autista che prepara il suo veicolo per trasportarvi, un intero villaggio che vi riceve. E specificate anche se andrete in comunità o frequenterete il corso presso il CIDECI di San Cristóbal de Las Casas, Chiapas.

Ah, e venite ad ascoltare ed imparare, perché c’è chi è venuto ad impartire lezioni di femminismo, vegetarianismo, marxismo ed altri “ismo”. Ed ora sono arrabbiati perché gli zapatisti non obbediscono a quello che sono venuti ad insegnare, tipo: che dobbiamo cambiare la legge rivoluzionaria delle donne come dicono loro e non come decidano le zapatiste; che non capiamo i vantaggi della marijuana; che non dobbiamo fare le case di cemento perché sono meglio con fango e paglia; di non usare le scarpe perché camminando scalzi siamo più a contatto con la madre terra. Infine, di obbedire a quello che ci vengono ad ordinare… cioè, di non essere zapatisti. 

CASI PARTICOLARI: Le/Gli Anarchici.

Vista la campagna Anti-Anarchica lanciata dalle anime belle e dalla sinistra di facciata, unite nella santa crociata con la destra ancestrale per accusare giovani e vecchi anarchici di sfidare il sistema (come se l’anarchismo avesse altra opzione), oltre a scomporre le loro scenografie (spegnere la luce è per non vedere gli anarchici?), e portata al delirio con definizioni come “anarco-halcones“, “anarco-provocatori”, “anarco-porros“, “anarco-eccetera” (da qualche parte ho letto la definizione di “anarco-anarchico”, non è sublime?), noi zapatiste e zapatisti non possiamo ignorare il clima di isteria che, con tanta fermezza, chiede ed esige che si rispettino le vetrine (che non mostrano bensì occultano quello che succede proprio dietro il banco: condizioni di lavoro da schiavi, niente igiene, pessima qualità, basso livello di alimentazione, riciclaggio di denaro sporco, evasione fiscale, fuga di capitali).

Perché adesso sembra che queste ruberie mal dissimulate chiamate “riforme strutturali”, che la sottrazione del lavoro ai maestri, che la vendita “outlet” del patrimonio della Nazione, che il furto che il governo perpetra nei confronti dei governati attraverso le imposte, che l’asfissia fiscale – che favorisce solo i grandi monopoli – che tutto è colpa degli anarchici.

Che la gente per bene non scende in strada a protestare (ma lì ci sono le marce, i presidi, i blocchi, le scritte, i volantini. Sì, ma sono dei maestri-autisti-ambulanti-studenti-cioè-ignoranti-di-provincia, io dico gente per bene-bene-del-df. – Ah, la mitica classe media, tanto corteggiata e contemporaneamente disprezzata e defraudata da tutto lo spettro mediatico e politico-), che anche la sinistra istituzionale sottrae gli spazi di manifestazione, che “l’unico oppositore al regime” è stato offuscato ancora una volta dai senza nome, che l’imposizione arbitraria ora si chiama “dialogo e negoziazione”, che l’assassinio di migranti, di donne, di giovani, di lavoratori, di bambini, che tutto è colpa degli anarchici.

Per chi milita e rivendica come appartenente alla “A”, bandiera senza nazioni né frontiere, e che è parte della SEXTA, ma che sia veramente militante e non solo per moda di abbigliamento o di calendario, abbiamo, oltre ad un abbraccio compagno, una richiesta speciale: 

Compas Anarchici: noi zapatisti, non vi attribuiremo le nostre deficienze (compresa la mancanza di immaginazione), né vi riterremo responsabili dei nostri errori, tanto meno vi perseguiteremo per essere chi siete. Inoltre, vi dico che diversi invitati di agosto hanno cancellato l’iscrizione perché dicevano di non poter condividere l’aula con “giovani anarchici, straccioni, punk, gente con gli orecchini e pieni di tatuaggi”, che avrebbero aspettato (quelli che non sono giovani, né anarchici, né straccioni, né punk, né con gli orecchini, né pieni di tatuaggi) una scusa e che si ripulisse il registro. Continuano ad aspettare inutilmente.

Quello che vi chiediamo è che al momento della registrazione, consegnate un breve testo, massimo un foglio, dove rispondete alle critiche ed alle accuse che sono state fatte contro di voi sui media prezzolati. Questo testo sarà pubblicato in una sezione speciale della nostra pagina elettronica (enlacezapatista.ezln.org.mx) ed in una rivista-fanzine-come-si-dice di prossima pubblicazione nel mondo mondialmente mondiale, diretta e scritta da indigeni zapatisti. Sarà un onore per noi avere nel nostro primo numero la vostra parola insieme alla nostra.

Eh?

Sì, sì è valido un foglio con una sola parola che riempia tutto lo spazio: qualcosa come “MENTITE!”. O qualcosa di più esteso come “Vi spiegherei cos’è l’Anarchismo se pensassi che lo capireste”, o “L’Anarchismo è incomprensibile per i nani del pensiero”; o “Le trasformazioni reali prima appaiono nella cronaca nera”; o “Me ne frego della polizia del pensiero”; o la seguente citazione dal libro “Golpes y Contragolpes” di Miguel Amorós: “Tutti dovrebbe sapere che il Black Bloc non è un’organizzazione ma una tattica di lotta di strada simile alla “kale borroka” [guerrigli urbana – n.d.t.] che una costellazione di gruppi libertari, “autonomi” o alternativi, praticava dalle lotte degli squats (“ocupazioni”) negli anni ’80 in molte città tedesche” ed aggiungere qualcosa come “pensateci bene prima di criticare qualcosa. L’ignoranza ben scritta è come un’idiozia ben pronunciata: uguale a inutile”.

Infine, sono sicuro che non vi mancheranno le idee.

TERZO.- Un notizia non tanto cattiva: vi ricordo le date e la modalità per chiedere l’invito e la vostra iscrizione:

Data del secondo turno della escuelita:

Registrazione il 23 e 24 dicembre 2013

Lezioni dal 25 dicembre fino al 29 dicembre di quest’anno. Partenza il giorno 30.

E per chi vuole fermarsi alla festa del 20° anniversario dell’insurrezione zapatista, per festeggiare e ricordare l’alba del 1° gennaio del 1994: festa il giorno 31 dicembre ed il 1° gennaio.

Data del terzo turno della escuelita:

Registrazione il 1° e 2 gennaio 2014

Lezioni dal 3 gennaio al 7 gennaio del 2014. Partenza per i propri luoghi di origine il giorno 8 gennaio 2014.

Per chiedere l’invito e la registrazione, scrivete al seguente indirizzo:

escuelitazapDicEne13_14@ezln.org.mx

QUARTO.- Un’altra non tanto cattiva notizia è che si suppone che io vada ad aprire questa tappa con un testo molto altro, per salutare le/i nostr@ mort@, il SubPedro, Tata Juan Chávez, la Chapis, i bimbi dell’asilo ABC, la classe insegnante in resistenza, e con un racconto di Durito ed il Gatto-Cane. Ma, siccome mi hanno detto che urgeva la questione dei conti e la ratifica delle date, sarà per un’altra volta. Si sa: l’urgenza non lascia tempo alle cose importanti. Così vi siete risparmiati di leggere di cose che non sono “trascendenti-per-la-congiuntura-presente”… per ora.

Bene. Salve e, ci crediate o no, il mondo è più grande del titolo mediatico più scandaloso. È questione di ampliare il passo, lo sguardo, l’udito… e l’abbraccio.

Dalle montagne del Sudest Messicano.

Il SupMarcos

Portinaio della Escuelita e addetto alle cattive notizie.

Messico, novembre 2013

:::::::::::::::::::::::::::::

Ascolta e guarda i video che accompagnano questo testo:

Kenny Arkana con questo rap dal titolo “V pour Verités” (“V per Verità”). In una parte dice: “benedetti siano quelli che si intromettono, quelli che costruiscono un’altra cosa ”. http://www.youtube.com/watch?v=9DLDPwXzb3Y&feature=player_embedded

Frammento del film “V per Vendetta” sulla relazione tra la paura e l’obbedienza, ed un altro modo di intendere le parole “giustizia” e “libertà”. http://www.youtube.com/watch?v=Go7vXPmZqw4&feature=player_embedded

Pedro Infante con la canzone “Yo soy quien soy”, di Manuel Esperón e Felipe Bermejo, nel film “La Tercera Palabra” con Marga López, Sara García e Prudencia Grifell, 1955, diretto da Julián Soler. Lo metto solo per rompere le palle a chi vuole che facciamo a modo suo o moda sua. http://www.youtube.com/watch?v=zDDXeVSLmqM&list=PL52E9C3142A936003&feature=player_embedded

Comunicato originale

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

Read Full Post »

La Jornada – Lunedì 4 novembre 2013

Intervista ad Alberto Patishtán “Nel paese, almeno la metà dei detenuti è innocente”

Blanche Petrich

Guardando avanti, più col cuore che con gli occhi che gradualmente hanno perso la vista a causa di un tumore cerebrale, il maestro Alberto Patishtán, appena liberato dopo 13 anni di prigione ingiusta, valuta le grandi sfide da affrontare per risanare il sistema giudiziario ed evitare che, come sostiene, restino nelle prigioni del paese almeno la metà dei detenuti ammucchiati lì con accuse senza prove, innocenti a pagare reati di altri per la cecità delle autorità.

Nell’intervista con La Jornada, parlata dei detenuti conosciuti nelle prigioni dove ha trascorso la sua prima gioventù: Come posso dimenticarmi di loro se io stesso ho vissuto la prigione ingiusta?

Come il caso di Alejandro Díaz Santiz, tzotzil come lui, di Mitontic, da 15 anni in carcere deve scontarne altri 15 nel Cereso 5, di San Cristóbal. Fu arrestato e processato in un tribunale di Veracruz, accusato di avere ucciso il proprio figlio. Díaz sostiene la sua innocenza e denuncia un altro come l’omicida, ma la sua dichiarazione non fu presa in considerazione. Ebbe traduttore, ma in lingua nahua. E dicono che il suo processo è stato giusto. E’ una bugia!

Quasi un Gandhi per il suo discorso non violento e la sua spiritualità, a 42 anni Patishtán nell’intervista continua: “Sembra impossibile cambiare le cose, ma si deve fare. L’autorità parla di giustizia e democrazia e tutte queste cose, ma non è così. Se abbandonassero tutte le loro smanie ed ambizioni, se sgomberassero la mente e veramente prendessero coscienza… io gli dare i miei occhi affinché potessero vedere il fondo delle cose. Credo che sarebbe diverso”.

– Che cosa¿Qué propone?

– Vorrei aiutare tante persone. Ma credo che il compito principale spetti allo stesso detenuto che deve cominciare a gridare da dove si trova. Perché se non si fanno conoscere, se non fanno conoscere i loro nomi, non avviene il collegamento con la gente che vuole aiutare da fuori.

E poi, sempre perseverare. Che faccia caldo, freddo, che si abbia fame o no, accompagnato o senza compagnia, bisogna sempre avere perseveranza.

Che non si ripeta la stessa storia

Indigeno tzotzil, maestro in più materie, aderente di un movimento di resistenza, gli è piovuta addosso la fabbricazione di prove per l’omicidio di sette poliziotti nel 2000, in una comunità remota negli Altos del Chiapas. Condannato a 60 anni di prigione, Patishtán era il candidato ideale a restare dietro le sbarre fino al fine dei suoi giorni. Invece è diventato il volto di un ampio movimento di solidarietà iniziato con il piccolo collettivo, Ik, che è cresciuto fino ad incorporare le organizzazioni dei diritti umani del Messico e del mondo con qualche competenza sulla questione indigena.

– Diceva che se lei è un simbolo, lo è semmai per quello che ancora c’è da fare. Che cosa manca?

– La gente adesso potrebbe dire, bene abbiamo finito, Patishtán è uscito. No, manca ancora molto da fare affinché non si ripeta la stessa storia. Questo non possiamo permetterlo più. Ci sono molti compagni carcerati che meritano di uscire e che non escono. L’autorità è inflessibile, senza coscienza.

“Quando uno entra in prigione, gli dicono: qui non ci sono diritti. Ma se uno, anche se carcerato, mantiene la propria libertà interiore, può fare molte cose. Il Potere Giudiziario esiste per applicare la legge, ma non la giustizia; loro cercano qualcuno che paghi per un reato, non il colpevole.

“Quando mi arrestarono, chiesi loro di usare gli strumenti tecnologici, di sottoporre me e chi mi accusava alla macchina della verità. Io non sapevo se questi strumenti esistevano, ma li chiedevo. Ma neppure mi ascoltavano….”

E’ stato un prigioniero indomabile. Fin dal primo momento, a Cerro Hueco, Tuxtla Gutiérrez, organizzò i detenuti nella Voz de la dignidad rebelde. Per disarticolare il suo lavoro lo trasferirono nella prigione di El Amate, a Cintalapa, dove fondò La Voz del Amate. Per questo fu trasferito in un carcere federale di massima sicurezza a Guasave, Sinaloa.

Patishtán chiama quella prigione il cimitero dei vivi, l’unica prigione che conosco senza alcuna assistenza medica. Rinchiuso tutta la settimana, con un’ora d’aria, né un orologio, proibito parlare, tutto morto. Ho perfino imparato il linguaggio dei segni dei sordomuti.

– Lì non ha potuto organizzare i detenuti…

– Sì, ci sono riuscito, per poco, solo nella mia cella, con i miei compagni. Raccontavo loro delle storie con una morale, perché molti volevano ormai morire. E cantavo per loro.

Non c’è dubbio, è un uomo che guarda le avversità in maniera differente.

“Eì quello quello che mi hanno insegnato i miei nonni, Mariano e Andrea da parte materna e Lorenzo e María, già scomparsi, dal lato paterno. Mi hanno insegnato che bisogna saper ascoltare più che parlare. Per questo abbiamo due orecchie ed una sola bocca. Per ascoltare molto e parlare poco.

“Mi dicevano di dire le cose come stanno, per non perdere credibilità, perché altrimenti nessuna si fiderà di te. E mi hanno insegnato a fare attenzione alla natura. Quando bisogna tagliare l’albero per la capanna? Se si taglia con la luna crescente, non va bene, solo con la luna piena non ci sarà il pericolo delle tarme. E quando le formiche camminano in fila trasportando il loro cibo, quella stessa settimana pioverà. Quando l’uccello tzuntzerek cambia il suo cinguettio, come una seconda voce, sta avvisando che qualcosa succederà. E se succede, chi lo sa se è per coincidenza o volere di dio….”

– Quanto sono serviti questi insegnamenti in prigione?

– Potevo vedere al fondo delle cose, trascendere quello che si vede in superficie.

Lo zapatismo ed il maestro

Aveva 23 anni quando c’è stata l’insurrezione zapatista. Già era un attivista, simpatizzava con i compagni comprendendo che se la gente si era ribellata era per l’oppressione, per la politica faziosa. Partecipò alla creazione del Movimiento del Pueblo di El Bosque e del municipio autonomo San Juan de la Libertad, smantellato violentemente durante il governo di Roberto Albores Guillén, nel 1998, con una massacro.

“Il mio villaggio, El Bosque – dice –, non è grande. Ma nemmeno tanto piccolo, ma con diffusa emarginazione. I presidenti municipali governavano come se stessero facendo del bene, ma non era così. Loro se ne approfittano sempre, rubano dalle risorse della gente.”

Nel 2000, quando avvenne l’imboscata nella quale morirono sette poliziotti, il presidente municipale Manuel Gómez accusò falsamente Patishtán ed altri compagni.

– Che cosa accadde allora a El Bosque?

– Fecero germogliare i semi che regalai ad ognuno…

– Cosa significa essere portatore di semi?

– Il seme me lo dà un uomo molto conosciuto… il mio Dio. Mi dà questi semi ed io non me li tengo ma li devo condividere. E lì ecco il frutto, il Movimiento del Pueblo de El Bosque che si mantiene fermo, che dice sempre la verità. Non esige né chiede più di ciò di cui ha bisogno la gente, ma ciò che merita. Purtroppo le autorità non la vedono così, non siamo ben visti. Ma anche la mia prigionia ha fatto sì che le persone solidarizzassero di più; che l’organizzazione, invece di scemare, crescesse per la rabbia, il coraggio. La gente sapeva che ero innocente, e lo sa.

– È difficile contare quante marce si sono organizzate a El Bosque per la sua liberazione, vero?

– Il giorno che mi arrestarono fecero un presidio di un mese, occuparono il municipio. Ma il governo di Albores Guillén firmò con loro un accordo affinché lasciassero il municipio in cambio della mia liberazione, ma non rispettarono la parola e non mi liberarono. Per questo hanno continuato ad andare a San Cristóbal, a Tuxtla, fino a Città del Messico, con una piccola commissione per le risorse limitate. Così per 13 anni, fino a pochi giorni fa.

http://www.jornada.unam.mx/2013/11/04/politica/007e1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

Read Full Post »

PATISHTAN E’ LIBERO

Frayba: Indulto, giustizia insufficiente per Patishtán

Giubilo! È la parola, il sentimento, di chi ha atteso questo giorno.I l Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas (Frayba) si unisce alla gioia per la libertà ritrovata del professor Alberto Patishtan Gómez (d’ora in poi professor Patishtán) sottoposto dal governo per più di 13 anni di reclusione ingiusta come prassi nel sistema giuridico messicano nei confronti dei prigionieri politici.

In Messico si violano sistematicamente il diritto alla presunzione di innocenza, al giusto processo, all’uguaglianza di fronte alla legge ed alla non discriminazione nei confronti delle persone indigene detenute.

Riteniamo che l’azione dello Stato messicano dovrebbe comprendere come minimo questi tre passi: …. comunicato completo del Frayba

La Jornada – Venerdì 1° novembre 2013

Patishtán è libero

Il Presidente decreta l’indulto: è stato violato il giusto processo. Rilevate el suo caso gravi violazioni dei diritti umani
Fabiola Martínez

(…articolo completo..)

Lontano da loro padre, in Gabriela ed Héctor è nato il seme dell’impegno sociale

L’emendamento al Codice Penale potrebbe essere la chiave per liberare migliaia di presunti colpevoli detenuti

Blanche Petrich

(…articolo completo.)

Difendevo il mio popolo, per questo mi hanno messo in prigione, sostiene l’indigeno tzotzil

Non serbo rancore, afferma il professore

Fernando Camacho Servín

(… articolo completo..)

Read Full Post »