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Archive for ottobre 2018

Festival del cinema “Puy ta Cuxlejaltic”. Programma Generale.

Commissione Sexta dell’EZLN

Messico

Ottobre 2018

Programma delle proiezioni al festival del cinema “Puy ta Cuxlejaltic”

Attenzione: Per cause di forza minore, le date di questo primo festival si estendono fino al 9 novembre.

Saranno proiettati i seguenti film (nelle proprie categorie):

 

Categoria Ah, ti piace?

Sezione Speciale: “Una colonia cittadina nelle montagne del sudest messicano”.

Roma. Direzione: Alfonso Cuarón.

Categoria Cadere e rialzarsi

Baionetta. Direzione: Kyzza Terrazas.

Rudo y Cursi. Direzione: Carlos Cuarón.

Batallas Íntimas. Direzione: Lucía Gajá.

No les pedimos un viaje a la luna. Direzione: María del Carmen de Lara.

Categoria Sognare la Realtà

Érase una vez. Direzione: Juan Carlos Rulfo.

Ana y Bruno. Direzione: Carlos Carrera.

Tobías. Direzione: Francisca D´Acosta y Ramiro E. Pedraza.

Carrizos. Direzione: Dinazar Urbina.

Niños Héroes. Direzione: Itzel Martínez.

El Laberinto del Fauno. Direzione: Guillermo del Toro.

El Patio de mi casa. Direzione: Carlos Hagerman.

Future Past; Fin de, Coapan sin tiempo e Carnaval. Direzione: Federico Cuatlacuatl.

Aquí sigo. Direzione: Lorenzo Hagerman.

El sonar de las olas. Direzione: Vanessa Ortega C.

Amor, nuestra prisión. Direzione: Carolina Corral.

Sezione Speciale: Corrispondenza Infantile.

Niñ@s del llano encantado. Collettivo Ojo de Agua Comunicación.

Saludos desde San Juan Evangelista Analco. La Caléndula Audiovisual y Ojo de Agua Comunicación.

Ololetic Ya Vits Tan. Direzione: María Sojob.

Video carta desde Chicahuaxtla. Colectivo Ojo de Agua.

Categoria La Tormenta

No sucumbió la eternidad. Direzione: Daniela Rea.

Hasta los dientes. Direzione: Alberto Arnaut.

Artemio. Direzione: Sandra Luz.

Rush Hour. Direzione: Luciana Kaplan.

Tierra de Impunidad. Direzione: Diego Osorno y Luciano Gorriti.

La Tempestad. Direzione: Tatiana Huezo.

Silvestre. Direzione: Santiago Mohar Volkow.

Los reyes del pueblo que no existe. Betzabé García.

Los débiles. Direzione: Raúl Rico y Eduardo Giralt.

El futuro en nuestras manos. Direzione: Sara Oliveros.

Categoria Ieri, Oggi

Reed, México Insurgente (restaurato). Direzione: Paul Leduc.

El Grito (restaurato). Direzione: Leobardo López Aretche.

Diarios en Motocicleta. Direzione: Walter Salles.

Categoria Resistenza e Ribellione

Juban Wajin. Colectivo Tlachinollan y La Sandía Digital.

El secreto de la belleza. Direzione: Néstor Jiménez.

El Desafío Indígena. Direzione: Inti Cordera.

El Maíz en Tiempos de Guerra. Direzione: Alberto Cortés.

Del Oriente / Laboratorio Experimental de Cine. Faro Oriente y Faro Aragón.

Cherán. Tila y Ostula. SubVersiones.

Yoo´oram luturia y Comcaac quih yaza quih iicp cöismatoomlam quih.

La Marabunta Filmadora. Yoemem * Comcaac * Raramuri.

La Tercera Raíz. Direzione: Camilo Nu.

Los hijos del jaguar. Direzione: Eriberto Benedicto Gualinga Montalvo.

La Antigua: Sangre que nutre. Espora Kolectivo.

La Frágil Armada. Direzione: Jacques Kebadian y Joani Hocquenghem.

Los rebeldes. Direzione: Jacques Kebadian y Michel Andrieux.

Petites historias das criancas. Direzione: Gabriele Salvadores. Guido Lazzarini, Fabio Scamoni.

Slikebal: el comienzo. Direzione: Bernardino López.

Sezione Speciale: Ixmucané

500 años. Direzione: Pamela Yates.

Mujer. Se va la vida compañera. Direzione: Mariana Rivera.

Koltavanej. Direzione: Concepción Suárez.

Mujeres que Luchan. Koman Ilel.

La Candidata Imposible. Direzione: Rodrigo Hernández y Elpida Nikou.

Gira. Videoastas de la Frontera Sur.

Las mujeres que luchan. Direzione: Rocío Martínez Ts´ujul.

Hilo de la memoria. Direzione: Mariana Rivera.

Semillas de Guamuchil. Direzione: Carolina Corral.

Categoria Canta, Tessi, Balla, Gioca, Racconta questa memoria

A morir a los desiertos. Direzione: Marta Ferrer.

Nuestra música. Direzione: Humberto Gómez Pérez.

Inocencia y Latzi Duu. Campamento Audiovisual Itinerante.

La Comunidad del Oído Atento. Direzione: Gabriela Domínguez Ruvalcaba.

Oscar Chávez, Chiapas. Direzione: Modesto López.

Categoria Nel frattempo, là sopra…:

Sezione Speciale: La Quarta Trasformazione… di una pellicola.

Il segretario: Sorrida, dottore, le ho portato la sua nuova giacca ed è PERFETTA.

Il dottore: E adesso, di che colore è?

La Ley de Herodes. Direzione: Luis Estrada.

Un mundo maravilloso. Direzione: Luis Estrada.

El Infierno. Direzione: Luis Estrada.

La Dictadura Perfecta. Direzione: Luis Estrada.

Sezione Speciale: Anche le/i Ricch@ Ric@s devono.

Las Niñas Bien. Direzione: Alejandra Márquez.

Sezione Speciale: Il ladro che ruba al Ladro.

La piedra ausente. Direzione: Sandra Rozental y Jesse Lerner.

Museo. Direzione: Alonso Ruizpalacios.

Categoria: Né perdono, né oblio

Sezione Speciale: Una ferita che si chiama Ayotzinapa.

El paso de la Tortuga. Direzione: Enrique García Meza.

Nos faltan. Direzione: Lucía Gajá y Emilio Ramos.

Categoria: “Ti salutiamo, sempre

A Desalambrar con Daniel Viglietti. Direzione: Jorge Denti.

Categoria Guardarsi allo Specchio

Spajel Cuxlejalil (Paragonando Vite).

Documentario in lingua Tzeltal sottotitolato in spagnolo. Los Tercios Compas.

Lak Tatucho’b yi’k’oty lak chuchu´tyi finca (I nonni e le nonne nelle fincas).

Documentario in lingua Chol sottotitolato in spagnolo. Los Tercios Compas.

Muku Shämbal (Camminare in silenzio).

Documentario in lingua Chol sottotitolato in spagnolo. Los Tercios Compas.

Yoyal xkuxlej stuk jteklum xchi´uk xkuxlejik sviniktak chopol ajualil. (Il pilastro dell’autonomia e la vita degli affiliati ai partiti). Documentario in lingua Tzotzil e Spagnolo. Los Tercios Compas.

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NOTA IMPORTANTE: Questo Primo Festival del Cinema “Puy Ta Cuxlejaltic” (“Caracol di Nostra Vita”) è ideato FONDAMENTALMENTE per i popoli originari zapatisti, per il loro sguardo, e lo sguardo delle persone che lavorano dentro o intorno alla fiction e il documentario che sono state invitate. Per questo, i posti a sedere nelle sale cinematografiche: “Cinema Infantil Emiliano Zapata 3D” (cioè 3 direzioni; ovvero che ha 3 schermi, ma una visuale su un lato ed altre su un altro lato) con 1800 posti a sedere; e la “Sala de Cine Comandanta Ramona” – DCP Dolby -(no, neanche io so che cosa significa, ma ci hanno detto che la pellicola si vede e si sente bene; l’apparecchiatura l’ha prestata il team di produzione, il team tecnico e Alfonso Cuarón, tutt@ del film “Roma”, e solo per i giorni della durata del il festival) con 2000 posti a sedere, questi posti a sedere sono riservati alle donne, uomini, bambini ed anziani zapatisti ed alle persone invitate. Cioè, prima entrano i compas insieme con gli invitati, e se rimane posto, entrano anche gli altri (cosa che, sinceramente, sembra difficile perché, almeno nei primi giorni, si aspetta un pubblico zapatista di almeno 4 mila incappucciat@).

Ma non temere. Abbiamo anche il “Pie Cinema Maya” (non sono ammesse auto) che è all’aperto e può contenere più di 10 mila cinefili. Certo, le proiezioni dipendono dalla pioggia e devono avvenire quando si fa buio. Per questo questa mega sala si userà solo per alcune proiezioni delle 18:00 in poi.

Grazie al supporto di artisti delle città, ci saranno anche attività musicali, teatro, danza, esposizioni fotografiche e letture nei padiglioni installati intorno al “Pie Cinema Maya”.

Così ora, puoi decidere se farci un giro o se preferisci aspettare le proiezioni che si terranno al CIDECI-UniTierra di San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, secondo il suo programma.

L’accesso al caracol di Oventik durante il festival sarà consentito solo alle/agli invitat@ ed agli spettatori registrati. L’ingresso al CIDECI sarà con registrazione.

Per registrarsi come spettatore, per favore inviare i propri dati all’indirizzo:

festivalcine@enlacezapatista.org.mx

 

Dal “Piecinema Maya (non sono ammesse auto)” (il campo di pallacanestro)

Per la Commissione Sexta dell’EZLN

Il Sup Galeano “bloccato nel fango” con un secchiello di popcorn.

Eh? Meglio premunirsi perché poi finiscono subito.

Inoltre, sono arrabbiato perché non hanno messo “La Nave dei Mostri”, che farci!

Messico, Ottobre 2018.

 

https://youtu.be/dTzyL80IfYQ

Snow-White. Biancaneve. Dave Fleischer. 1933. 7 min. Direzione Animazione di Roland C. Crandall. Tecnica Rotoscopio. Voci dei protagonisti di Mae Questel e Cab Calloway.

 

https://youtu.be/bUER0q9IDXw

“La finestra sul cortile”. Alfred Hitchcock. 1954. Primi 7 min. Con James Stewart, Grace Kelly, Wendell Corey e Thelma Ritter. Sceneggiatura: John Michael Hayes. Direttore della fotografia: Robert Burks. Edizione: George Tomassini. Costumi: Edith Head. Maquillaje: Wally Westmore. Suono: Harry Lindgren e John Cope. Direzione artistica: Hal Pereira e Joshep MacMillan Jhonson. Scenografia:
Sam Comer e Ray Moyer. Assistente di Direzione: Herbert Coleman. Musica: Franz Waxman.

 

https://youtu.be/_vXFJpXLk_c

Collage di cartelloni del film “La Nave dei Mostri”. Rogelio A. González. 1960. Un classico internazionale del cinema di fantascienza. Pellicola di culto. Con Eulalio González El Piporro, Ana Bertha Lepe e Lorena Velázquez.

 

Traduzione “Maribel” – Bergamo 

Testo originale: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2018/10/30/festival-de-cine-puy-ta-cuxlejaltic-programa-general/?utm_source=feedburner&utm_medium=email&utm_campaign=Feed%3A+EnlaceZapatista+%28Enlace+Zapatista%29

 

 

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COMUNICATO CONGIUNTO DEL CNI, CIG ED EZLN CONTRO IL MEGAPROGETTO DEL NUOVO AEROPORTO INTERNAZIONALE DEL MESSICO (NAIM) ED IN APPOGGIO E SOLIDARIETÀ CON LE POPOLAZIONI MIGRANTI.

26 ottobre 2018

 

Al Popolo del Messico

Ai popoli del Mondo

Alla Sexta Nazionale ed Internazionale

Alle reti di appoggio al CIG

Ai mezzi di comunicazione

Noi popoli, nazioni, tribù e barrios del Congresso Nazionale Indigeno ed EZLN, ci rivolgiamo con rispetto al popolo del Messico ed ai popoli originari e contadini che degnamente si oppongono al megaprogetto di morte che chiamano Nuovo Aeroporto Internazionale del Messico (NAIM), i quali senza arrendersi, senza vendersi, né cedere, non hanno lasciato cadere la speranza, che è la luce per la quale sogniamo e costruiamo la giustizia.

La nostra parola va rispettosamente anche a coloro che sono obbligati a cercare in altri suoli quello che gli hanno strappato nelle loro geografie; a coloro che migrano alla ricerca di vita, e a coloro che li appoggiano disinteressatamente con i propri mezzi, tempi e modi.

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Abbiamo visto, seguito e vissuto da vicino la lotta delle comunità del lago di Texcoco e dintorni. Abbiamo visto la loro determinazione, la loro dignità ed il loro dolore che sono stati anche nostri. Non dimentichiamo la repressione di maggio del 2006, la tortura sessuale, l’ingiusto incarceramento dei compagni e delle compagne del Fronte dei Popoli in Difesa della Terra e della Sexta nazionale e internazionale; così come l’omicidio del nostro compagno Ollin Alexis Benhumea e del giovane Francisco Javier Cortés Santiago; repressione ordinata allora da Vicente Fox ed Enrique Peña Nieto, con l’avallo ed il plauso di tutto lo spettro politico di sopra, compreso chi oggi si presenta come “il cambiamento”.

Oggi, senza alcuna considerazione per i nostri diritti come popoli originari, i malgoverni dicono di consultare i messicani per sapere se preferiscono l’aeroporto nel Lago di Texcoco o a Santa Lucía, ma noi pensiamo che entrambe le soluzioni portano alla depredazione dei territori circostanti, alla devastazione ambientale, alla mercificazione della vita comunitaria dalla loro cosiddetta aerotropolis. Entrambe portano a fare del nostro paese il pezzo necessario che permetta il libero flusso al capitale transnazionale che faciliti l’entrata e l’uscita delle merci, lo sfruttamento di tutto quanto abbiamo a beneficio di pochi. Ognuna delle due opzioni sono dirette ad appoggiare la morte che minaccia l’umanità. Ossia, appoggiare il capitalismo neoliberale come boia dei nostri popoli.

I governanti non dovrebbero chiederci di decidere dove mettere il nuovo aeroporto, perché se avessero un po’ di vergogna di fronte ai milioni che subiscono la spoliazione, la povertà, la repressione, a causa delle quali devono migrare in migliaia di fronte alla distruzione perpetrata in tutto il mondo, davanti alla nostra madre terra che non sopporta più la grave malattia provocata dal capitalismo, la domanda dovrebbe essere se siamo d’accordo che continuino o no su questa strada che ci sta conducendo, tutte e tutti, alla morte, alla guerra, allo sterminio.

Sappiamo che non lo faranno perché la loro strada è il mercato per i potenti che comandano davvero e non per loro. Il NAICM non è l’unico pezzo che manca loro per finire di sfigurare questa nazione e dare forma alla tragedia che è appena cominciata, per cui la nostra parola ed il nostro appello continueranno ad essere di organizzarci nella resistenza e la ribellione, che sono la lotta per la vita.

Noi popoli originari non possiamo dire sì al nostro sterminio, anche se il malgoverno finga di fare una consultazione, falsifichi i voti, li compri o li ottenga con l’inganno dal popolo del Messico. L’attacco contro i territori che sostengono la vita e contro la libertà, non sarà in nostro nome.

CNI – CIG ed EZLN ribadiamo il nostro netto rifiuto alla costruzione del Nuovo Aeroporto del Città del Messico nel lago di Texcoco o in qualsiasi altro luogo, perché volto a rafforzare il grande capitale, beneficiare pochi magnati come Carlos Slim, Carlos Hank Rhon, Bernardo Quintana e Hipólito Gerard Rivero, cognato di Carlos Salinas de Gortari, e qualunque nome che prenda l’idra capitalista; tutti loro basano la loro ricchezza sullo sfruttamento e la sofferenza dei milioni che siamo in basso. Con questa grande opera, come con gli altri megaprogetti imposti nelle nostre geografie, vogliono strappare quello che è nostro, a costo della vita di chi si oppone.

Riconosciamo, rispettiamo e salutiamo la lotta di coloro che, seguendo la loro autonomia, decidano di partecipare o no alla presunta consultazione sul NAIM e invitiamo ad unificare gli sforzi, che crescano e si rafforzino, dalla diversità che siamo noi del basso, per fermare la distruzione dei territori originari, rurali ed urbani.

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  Queste opere chiamate “megaprogetti” non sono altro che parte della guerra del sistema contro tutto, seminano violenza, distruzione e morte in tutto il mondo e costringono le popolazioni coinvolte a migrare alla ricerca della vita che viene strappata loro nei luoghi di origine.

È il caso oggi di coloro che emigrano dai territori dell’America Centrale e che vengono attaccati, vessati e calunniati per ordine del Boss che così alimenta l’odio verso la differenza e trae ancora più profitto dalla tragedia che ha provocato.

Il sistema oggi perseguita ciò che ha provocato ieri.

Nel dolore di questi passi “migranti” cammina il nostro domani se non ci organizziamo in difesa della vita.

Da tempo va l’appoggio, rispetto e solidarietà per queste sorelle e fratelli e così seguirà, anche se con le nostre limitate possibilità.

Nei nostri villaggi, nelle nostre case, nelle nostre strade, nei nostri territori, condivideremo, come ieri, oggi e domani, il poco che abbiamo, e riceveranno la parola di incoraggiamento e degna rabbia che allevi i loro passi e li aiuti a proseguire.

Perché il mondo non è di proprietà di nessuna bandiera.

È di tutte, tutti, todoas, di tutti noi che lo facciamo andare avanti col nostro lavoro, di chi lo fa fiorire, di chi semina vita dove il sistema miete morte, di chi, come i famigliari degli assenti di Ayotzinapa, percorre il mondo alla ricerca della verità e della giustizia, ossia, la vita.

Distintamente.

Ottobre 2018

Mai Più Un Messico Senza Di Noi

Congresso Nazionale Indigeno

Consiglio Indigeno di Governo

Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2018/10/26/comunicado-conjunto-del-cni-el-cig-y-el-ezln-en-rechazo-al-megaproyecto-del-naim-y-en-apoyo-y-solidaridad-con-las-poblaciones-migrantes/

 

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Italia – “Hablar colores – Parlare a colori” del Subcomandante Galeano

In Defensa Zapatista c’è un mondo nuovo, certo, ma anche qualcosa di più terribile e meraviglioso: la sua possibilità.
E quando parla a colori, forse sta provando nuove forme di comunicazione per un mondo che neanche immaginiamo, però che lei considera che verrà, non senza la lotta necessaria e urgente per portarlo da qualsiasi luogo nel quale si trovi fino a questa realtà che soffriamo.
Non mi immagino niente di più zapatista che lo sforzo sintetizzato nell’azione di questa bambina.

Da Hablar colores – Parlare a colori, Subcomandante Galeano


Arriva dalle Montagne del Sud Est Messicano in Italia il nuovo libro di racconti del Subcomandante Galeano.
Come nel volume uscito nel 2017 “Ci sarà una volta – Habrà una vez“, i racconti gravitano attorno a Defensa Zapatista, bambina indigena zapatista.
Attorno a lei si muovono nuovi e vecchi personaggi: dal detective zapatista Elias Contreras al Gato-Perro, a Pedrito fino a Sherlock Holmes con il fidato Watson.

Sullo sfondo la complessa semplicità dell’autonomia zapatista, l’incessante cammino delle comunità indigene nel costruire il loro presente di cambiamento, senza smettere di analizzare in profondità i meccanismi del potere, di quello che sta “in alto” e vive sfruttando “il basso”, la natura, il pianeta.

Con l’ironia che sempre accompagna le storie che giungono dalla selva e le montagne del Chiapas, il Sup Galeano ci porta a riflettere su come per la costruzione di un altro mondo possibile, le scienze e le arti siano fondamentali per svelare il presente ed immaginare il futuro.

Accompagnato dalle illustrazioni di Andrea il libro va guardato, letto e soprattutto immaginato perché come dice il supGaleano “tutto quello che io racconto, è accaduto in ogni calendario, però in una geografia precisa: le montagne del Sud Est Messicano”.



                                 Subcomandante Galeano Hablar Colores – Parlare a Colori

L’edizione italiana di Hablar Colores è la fedele riproduzione, tradotta, di quella messicana editata e pubblicata dall’EZLN nel mese di agosto 2018.

La realizzazione del libro è stata possibile grazie alla decisione congiunta ed al contributo politico ed economico delle seguenti realtà:
* Ass. Ya Basta Caminantes – Padova
* Ass. Ya Basta! – Milano
* Ass. Ya Basta! Bologna * Ass. Ya Basta! Reggio Emilia * Ass. No Border Rimini
* Ass. Ya Basta! Moltitudia – Roma
* Comitato Chiapas “Maribel” – Bergamo
* Comunità in Resistenza / C.S.A. Intifada – Empoli
* Cooperazione Rebelde – Napoli
* P.I.R.A.T.A. Piattaforma Internazionalista per la Resistenza e l’Autogestione Tessendo Autonomia
* Progetto 20zln

L’intero raccolto delle vendite del libro sarà devoluto alle comunità zapatiste dell’EZLN

Costo 10,00 euro

Per informazioni e contatti e per ricevere il volume a casa tua, invia una mail con i recapiti per la spedizione a maribel_1994@yahoo.it Comitato Chiapas “Maribel” – Bergamo
Costo del volume 10,00 euro più 2,00 euro di spedizione, totale 12,00 euro
Pagabili:
– presso un conto corrente bancario che verrà comunicato, con la causale: Libro Hablar colores – Parlare a colori
– tramite il conto Paypal

Un particolare e sentito ringraziamento alla IEMME Edizioni che ha contribuito alla pubblicazione del libro.

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DICHIARAZIONE DELLA SECONDA ASSEMBLEA NAZIONALE DEL CONGRESSO NAZIONALE INDIGENO-CONSIGLIO INDIGENO DI GOVERNO

Alle Reti di Appoggio al Consiglio Indigeno di Governo

Alla Sexta Nazionale e Internazionale

Ai popoli del Messico e del mondo

Sorelle, fratelli:

Dalla Seconda Assemblea Plenaria del Congresso Nazionale Indigeno e Consiglio Indigeno di Governo, svoltasi dall’11 al 14 ottobre presso il CIDECI-UNITIERRA, San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, ci rivolgiamo rispettosamente alle compagne e compagni che formano le Reti di Appoggio al CIG, alle comunità indigene di questo paese e del mondo per guardarci, consultarci ed intraprendere nuovi passi per la costruzione del nuovo mondo che necessitiamo.

 

Lo diciamo con urgenza, perché noi che siamo popoli originari, nella nostra lotta contro la profonda malattia causata dal capitalismo, tessiamo la vita, perché è la consegna che abbiamo ricevuto dai nostri antenati. Questo, per noi, significa costruire la vita e farla crescere in ogni angolo con la speranza che investa sulla memoria e sui tempi a venire. Ci intessiamo collettivamente come popolo ed in questa azione ci intessiamo anche come persone.

Siamo reti nei nostri luoghi in cui cerchiamo collettivamente di avere una sola parola che sia lo specchio della nostra madre terra, del suo battito e della sua vita. Siamo reti di reti nelle nostre comunità e regioni che sono collettivi di collettivi, dove troviamo un sola parola altra, che tra i nostri ascoltiamo con attenzione perché continua ad essere ciò che abbiamo deciso liberamente di essere, questa è la nostra lotta permanente e per questo la rispettiamo e onoriamo, rendendola il nostro governo, non solo adesso ma sempre, perché dalle nostre differenze sorge l’accordo collettivo. Ovvero, dal nostro essere differenti sorgiamo come uno solo, come i popoli che siamo ed è per questo che onoriamo anche le nostre differenze.

Così, quando per accordo del Quinto Congresso Nazionale Indigeno abbiamo deciso di formare il Consiglio Indigeno di Governo, non è stato vacillando, né pretendendo che tutti fossero come noi, né volendo dire agli altri che cosa fare, ma per dire al mondo che non è vero che il governo debba esistere per distruggere, ma per costruire. Non è vero che il governo debba servirsi, ma servire. Deve essere lo specchio di quello che siamo quando sogniamo per decidere il nostro destino, e non la menzogna che ci soppianta per dire, in nome nostro, che vuole vedere morto tutto ciò che gli sta intorno.

Ciò che tessiamo lo chiamiamo organizzazione ed è il territorio che difendiamo, è la lingua che parliamo e ci rifiutiamo di perdere, è l’identità che non dimentichiamo e che rendiamo grande con la lotta. Ma tutto questo è anche quello che i padroni del denaro vogliono distruggere e trasformare in altro denaro, trasformarlo in merci con lo sfruttamento, con la povertà, la malattia e con la morte di molti altri milioni di persone che non sono dei nostri popoli e che vivono nelle città e nelle campagne. Cioè, non è neppure vero che la morte, la repressione, la predazione e il disprezzo siano riservati solo a noi popoli originari.

Per questo, esercitare l’autonomia con le nostre forme ancestrali di camminare domandando è l’unica porta per continuare a fare della vita la nostra strada irrinunciabile, perché al di fuori tutto si è regolato per appoggiare il terrore e il profitto dei potenti. In questo contesto, benché la nostra libera determinazione sia riconosciuta nelle sue leggi viziate, non c’è modo che si fermi, o almeno che si freni l’accumulazione capitalista basata sul nostro sterminio. Questo sarà possibile solo quando si smantellerà la proprietà, la finca, il campo di concentramento o il cimitero, tutto quello in cui hanno trasformato il nostro paese e il nostro mondo.

Il Consiglio Indigeno di Governo è la forma di onorare le nostre differenze per trovare qui la parola nella quale ci rispecchiamo e che sia un governo vero. L’altro, quello che sopra chiamano Stato Messicano, è solo una menzogna per imporre, reprimere ed occultare la morte che oramai trabocca rendendo evidente l’inganno. Ovvero, non sono altro che una banda di ladri che finge di essere istituzione di destra o di sinistra. In ogni caso, portano con sé la guerra e per quanto la mascherino, ormai deborda anche per loro, perché il padrone è il padrone.

Ma in basso, non abbiamo che da difendere la vita con o senza le menzogne del governo uscente, del governo entrante, perché le parole sono superflue quando si minacciano i popoli Binniza, Chontal, Ikoots, Mixe, Zoque, Nahua e Popoluca dell’Istmo di Tehuantepec con i loro progetti trans-istmici e l’espansione delle Zone Economiche Speciali, i popoli Maya con il loro progetto del treno capitalista che al suo passaggio spoglia e distrugge la terra. Le parole sono superflue di fronte all’annunciata semina di un milione di ettari con alberi da frutto e legname nel sud del paese, davanti all’architettata e illegale consultazione per la costruzione del Nuovo Aeroporto di Città del Messico, o di fronte all’offerta di continuare ad investire alle imprese minerarie che hanno in concessione grandi estensioni di territori indigeni. Le parole sono superflue quando senza consultare i nostri popoli il futuro governo impone la creazione, in stile vecchio indigenismo, dell’Istituto Nazionale dei Popoli Indigeni, comandato dai disertori della nostra lunga lotta di resistenza.

Le parole sono superflue quando vediamo il cinismo con cui i popoli del Messico vengono consegnati agli interessi degli Stati Uniti attraverso il Trattato di Libero Commercio, lo stesso che promette di ratificare il futuro governo di López Obrador che in uno dei suoi primi discorsi non dubitò di ratificare la continuità con l’attuale politica monetaria e fiscale, cioè, la continuità con la politica neoliberale che sarà garantita con l’annuncio che i corpi militari continueranno ad essere nelle strade e con la pretesa di reclutare 50 mila giovani tra le fila armate che sono servite a reprimere, spogliare e seminare il terrore in tutta la nazione.

Quando le nostre domande furono di fermare questa guerra e che i diritti dei popoli indigeni fossero riconosciuti nella costituzione messicana, tradotti negli Accordi di San Andrés, fummo traditi perché il padrone che non vediamo e che è servito da quelli che dicono di governare, ordinò di estendere su di noi molte leggi che rendono legale derubarci con violenza la terra, introdurre programmi per dividerci e farci scontrare tra di noi, seminare il disprezzo e il razzismo in ogni direzione. Quindi, le parole sono superflue anche quando con cinismo parlano di riconoscere nelle loro leggi profondamente marce gli Accordi di San Andrés o la nostra libera determinazione, senza minimamente toccare l’assassina struttura capitalista che è lo Stato Messicano.

Approvando gli Accordi di San Andrés nell’attuale contesto, stante vigenti le successive riforme all’articolo 27 della Costituzione che hanno trasformato la terra in merce mettendo le ricchezze del sottosuolo nelle mani delle grandi imprese, senza abolire i regimi di concessione di acque, miniere, beni nazionali e idrocarburi, senza imporre limiti al potere imperiale derogando dall’attuale Trattato di Libero Commercio e ponendo severi limiti alle grandi corporazioni transnazionali, senza distruggere il controllo che i cartelli del crimine organizzato, appoggiati dai corpi militari, esercitano sui nostri territori, nel migliore dei casi vivremmo in una grossolana illusione che ci nasconde l’aggressione del denaro contro i nostri popoli.

Noi, nel Congresso Nazionale Indigeno-Consiglio Indigeno di Governo, non abbiamo dubbi e non saremo parte di nessuna trasformazione esponenziale capitalista che con le sue pratiche viziate mira ai nostri territori. Non saremo parte della sua menzogna assetata del nostro sangue e del nostro stermino.

È per questo che abbiamo deciso di continuare a costruire l’organizzazione che si trasformi in un governo proprio, autonomo e ribelle, con compagne e compagni di altre geografie, per rompere in maniera collettiva l’inerzia che ci impongono, per vedere insieme da dove viene la tormenta ed in mezzo ad essa non smettere di tessere fino a che il nostro tessuto si unisca agli altri che germogliano in tutti gli angoli del Messico e del mondo affinché si facciano Consigli che, insieme a noi, siano consiglio di governo con le reti di appoggio al CIG. Che si sviluppino con le proprie forme e la propria identità in campagna e città senza che importino le frontiere.

Abbiamo deciso di consultare le nostre comunità, popoli, nazioni, tribù e quartieri sulle forme e modi di costruire insieme alle reti di reti, piccole e grandi, un coordinamento che ci arricchisca nell’appoggio e nella solidarietà, che faccia delle nostre differenze la nostra forza, in reti di resistenza e ribellione con la parola che ci rende uno solo, in maniera rispettosa e orizzontale.

E come è nostra pratica, ogni passo dipende da ciò che concordiamo in basso, perciò porteremo nelle nostre regioni queste decisioni per essere approvate, e che la parola collettiva che ci rende ciò che siamo, ci imposti il ritmo, il modo e la meta.

I nostri passi dipenderanno anche da quello che in basso collettivamente decidano gli altri e le altre, i maestri, studenti, donne, lavoratori delle campagne e delle città, da tutti quelli che in mezzo alla guerra capitalista hanno deciso di tessere l’organizzazione che abbatta la morte e la distruzione in cui i capitalisti vedono solo profitti. Se è la vostra decisione, in basso e autonoma, vi invitiamo a consultarvi in maniera seria e impegnata all’interno delle vostre organizzazioni e collettivi se è o non è necessario per voi formare il vostro Consiglio di Governo.

Se così deciderete, a seguito del nostro appello a far tremare la terra con l’organizzazione del basso e a sinistra, potrete sempre contare sulla nostra parola compagna, disinteressata e solidale. Compagn@ non saranno passi facili, né rapidi, ma siamo convinti che nasceranno profonde crepe per smontare il potere di sopra.

 

Al momento opportuno e in accordo alla consultazione che realizzeremo nelle nostre comunità, il CNI-CIG discuterà l’incorporazione in qualcosa di più grande che sia capace di incorporare le nostre lotte, pensieri e identità. Qualcosa di più grande che si renda forte con le visioni, modi, forme e tempi di ognuno.

Sorelle, fratelli, questa è la nostra parola collettiva che invita all’organizzazione in basso per difendere la vita e guarirci insieme alla nostra madre terra.

Dal CIDECI-UNITIERRA, San Cristóbal de las Casas, Chiapas

14 ottobre 2018

Per la Ricostruzione Integrale dei Nostri Popoli

Mai Più Un Messico Senza Di Noi

Congresso Nazionale Indigeno

Consiglio Indigeno di Governo

Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2018/10/14/pronunciamiento-de-la-segunda-asamblea-nacional-del-congreso-nacional-indigena-concejo-indigena-de-gobierno/

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#YoPrefieroelLago – Texcoco (Messico) – Io Preferisco il Lago

In Messico una campagna per salvare il lago di Texcoco, chi ci vive attorno e l’acqua della capitale del paese minacciate dalla costruzione del nuovo aeroporto, sta inchiodando il governo alle proprie responsabilità (da RomaLevante.info).

Con l’intenzione di impedire la costruzione del Nuevo Aeropuerto Internacional de México (NAIM), nella zona lacustre di Texcoco, a 15km dal centro della capitale Città del Messico, organizzazioni sociali, comitati di cittadini, attivisti, personalità della musica e dello spettacolo, accademici e scienziati, hanno dato vita alla campagna #YoPrefieroElLago.

Il movimento cercherà innanzitutto di determinare la consulta pubblica sull’aeroporto, convocata dal nuovo presidente eletto Andres Manuel Lopez Obrador per il prossimo 28 ottobre. Dal risultato dipende il futuro del lago.

La storia del lago si intreccia in maniera indissolubile a quella della capitale del paese.

Costruita letteralmente sulle acque, Città del Messico, o Tenochtitlan, come la chiamavano gli Aztechi, è una delle città più grandi del mondo, con una popolazione che arriva quasi ai 25.000.000 di abitanti considerando la cintura metropolitana. Dopo l’invasione, gli spagnoli iniziano un processo di prosciugamento del sistema lacustre. Nel 1900 il presidente messicano Porfirio Diaz è obbligato ad avviare la costruzione di un grande e complesso sistema di drenaggio della valle per assicurare la convivenza forzata della città

con l’acqua nel sottosuolo. Nel 1986 più di metà del territorio della città viene dichiarato Area di Riserva Ecologica.

Presentato da governo, investitori e costruttori come un nuovo fiore all’occhiello per la capitale, le conseguenze immediate della costruzione del NAIM non ricadono solo sul lago. L’innalzamento della temperatura di una metropoli già molto inquinata e il rischio di un collasso del fragile sistema idrico cittadino e le inondazioni di diverse aree urbane sono fra le prime inquietanti sorprese che potrebbero attendere gli abitanti.

Sul fronte delle ripercussioni ambientali le oltre 250 specie di uccelli che vivono nell’area di Texcoco sparirebbero per l’incompatibilità fra la circolazione degli aerei e la riproduzione.

I 4600 ettari occupati dal lago sono necessari per garantire acqua non solo alle 264.000 piante e agli animali che vivono nel lago ma anche alle decine di milioni di persone che abitano intorno ad esso. A fronte di un’ erosione del terreno media calcolata tra i 21 e i 30 centimetri all’anno, la costruzione dell’opera produce un drastico aumento dello sprofondamento del terreno, generando ingenti costi di manutenzione oltre che una vera e propria devastazione ambientale.

La chiamata ad organizzarsi e ad opporsi a quello che definiscono come un «ecocidio» è partita dal FDPT (Frente de Pueblos en Defensa de la Tierra), organizzazione che dal 2001 si è opposta, con successo, al vecchio progetto per la costruzione del NAIM sulle proprie case e terreni. Adesso la piattaforma organizzativa contro il nuovo aeroporto e per la difesa del lago è uno spazio aperto e plurale che fa paura al governo e ai costruttori.

Ma chi è che ci guadagna dalla costruzione dell’aeroporto?

Carlos Slim Helu, l’imprenditore messicano proprietario della compagnia telefonica Telmex, dal 2010 al 2013 considerato dalla rivista Forbes l’uomo più ricco del mondo ed ora solo al quarto posto, (con un patrimonio calcolato in 64 miliardi di dollari), è la persona che ha vinto la gara d’appalto per costruire il terminal aeroportuale principale (84.000 milioni di pesos), oltre che la copertura di tutti i servizi di telecomunicazione.

Hipolito Gerard Rivero, costruttore e cognato dell’ex presidente della repubblica Carlos Salinas de Gortari ha ottenuto l’altra metà della costruzione dei terminal e quella delle piste.

Hank Rhon, imprenditore, costruttore, membro del gruppo «Atlacomulco» e padrone della compagnia «La Peninsular» ha un contratto per 900 milioni di pesos in costruzione e servizi del NAIM.

Mentre distruggono l’ambiente e il patrimonio socio culturale della città, le speculazioni e le grandi opere arricchiscono politici e costruttori: Non succede solo a Roma, succede anche a Città del Messico.

Andres Manuel Lopez Obrador, il candidato della sinistra che ha appena vinto le elezioni aveva promesso di sospendere i lavori e salvare il lago definendo l’opera «faraonica,costosissima, anti-ecologica, tecnicamente irrealizzabile e in odore di corruzione» mentre una volta eletto, dalle dichiarazioni pubbliche fatte, è parso almeno possibilista sul proseguimento del progetto.

La campagna #YoPrefieroelLago e la mobilitazione messa in campo dai cittadini di oltre 40 municipi, che si sta avvalendo di ogni spazio per denunciare e contrastare la devastazione prodotta dal progetto, rischia di mettere subito in difficoltà il nuovo governo.

Non c’è molto tempo per fermare il NAIM e salvare il lago ma nella dichiarazione di lancio della campagna si legge « abbiamo la certezza che la difesa della vita non ha data di scadenza e non possiamo fermarci di fronte ai tempi che si ostinano ad imporci i ricchi coi loro progetti» 12/10/2018 https://www.globalproject.info/it/mondi/texcoco-messico-io-preferisco-il-lago-yoprefieroellago/21666

 

 

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Invito a: “Il cinema impossibile”.

Commissione Sexta dell’EZLN, ottobre 2018.

 

ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE

Commissione Sexta dell’EZLN

Messico

Ottobre 2018

Alle persone, gruppi, collettivi ed organizzazioni della Sexta nazionale ed internazionale:

Alle reti di appoggio al Consiglio Indigeno di Governo:

A chi ha passione, vizio od ossessione per il cinema:

CONSIDERATO CHE:

Primo e unico:

IL CINEMA IMPOSSIBILE.

(Apertura: il serpente ti offre la mela)

 Stai camminando senza meta. Non sai esattamente dove stai andando e, chiaramente, verso che cosa. Dietro è rimasta la strada percorsa alla base del muro che si sgretola, burlandosi a suo modo, del cartellone deteriorato della felice Famiglia Felice. Ed è ormai lontano anche il monumentale stadio con il suo impertinente punto interrogativo: “chi comanda?”. Ma, adesso non sai dove diavolo ti trovi e pensi che forse sia meglio tornare indietro… ma non sai nemmeno dove e, chiaramente, verso che cosa; quindi ti fermi, ma solo per un momento perché una bambina ti prende per mano e ti sollecita: “muoviti o faremo tardi al cinema”. Non ti dà il tempo di accettare oppure no, perché ti trovi già di fronte ad un cartellone che, con molti colori, dichiara: “Adulti solo accompagnati da un bambino“. Ma qualcuno ha cancellato “un bambino” ed ha messo “una bambina“. Ed un’altra mano anonima ha cancellato “una bambina” ed ha scritto “unoa bambinoa“. Qualcun altro ha annullato “unoa bambinoa” ed ha aggiunto “qui, questo non ha importanza“.

Un essere col passamontagna ti ferma, ma la bambina chiarisce al volto nascosto: “è con me“. L’incappucciato ti fa passare. Una discesa parzialmente ricoperta di cemento. Pozzanghere. Pietre. Fango. Ai lati, diverse casette di legno con i tetti di lamiera. La nebbia è molto fitta cosicché i semplici edifici appaiono e scompaiono ad ogni passo in un viavai di “fade in” e “fade out“. Ma tu continui a non sapere dove stai andando. L’ambiente è come quello di un vecchio film di mistero… o dell’orrore.

Le insegne su diverse capanne sono… come dire?… sconcertanti. Su una, per esempio, tra la nebbia che si potrebbe ben confondere con quella londinese, si legge “The Lodger” e più sotto “room service, fornito personalmente da Norman Bates” e la foto di un giovanotto sgraziato che potrebbe essere Antonhy Perkins, se questo non fosse impossibile.

A questo punto non sai più se sei nelle montagne del sudest messicano o nel quartiere di Whitechapel ed allora ti chiedi se invece di portarti al cinema, la bambina non ti stia portando nella cucina del gastronomo e dottore Hannibal Lecter.

Devi stare calmo, dici a te stesso.

Benché non aiuti molto nemmeno che su un’altra capanna un cartello segnali: “Taquería Il Silenzio degli Innocenti. Tacos di nana, buche, nenepil* e CERVELLA“; così, l’ultimo ingrediente in maiuscolo. Hai paura ma non che ti aprano il cranio, ma che Sir Anthony Hopkins, con un grembiule con su scritto “Cerchiamo parti, feat Jack The Riper“, scarti il tuo cervello con un “manca di consistenza“. Ti tormenta anche l’immagine delle tue budella nel bidone della spazzatura. E se, insieme al cervello, ti tolgono anche le illusioni? Per le budella, passi, ogni film dell’orrore abbonda in budella (cinema Gore, così credi che oggi chiamino questo genere tanto in voga) ma, che cosa potrebbe toglierti le illusioni? “La Realtà“, leggi su un cartello di età indefinita su un’altra delle casette, seguito da “Elettroshock, schiaffi e ceffoni gratis. Si gonfiano illusioni, palloncini, promesse elettorali e programmi di governo“.

Su un’altra, pochi metri più sotto e sul lato opposto della discesa, un’altra insegna: “Los Tercios Compas. Non siamo media, né autonomi, né indipendenti, né alternativi, né liberi e neanche siamo come-si-dice, ma siamo compas” e più sotto, con un pennino qualcuno ha aggiunto: “non abbiamo finito il documentario, tornate per la prossima sollevazione e vi diremo per quando potrebbe essere pronto“.

Su quella di là: “Il Joker. Estetica orale. Perché così serio? Fai un sorriso per tutta la vita!“, e una fotografia di Heath Ledger nel ruolo di “The Joker”. Più sotto, un’altra col disegno di un samurai col suo katana e l’insegna “Heihachi – Minuro Chiaki. Corso lampo di Hara-Kiri. Propedeutico, corso comune, specializzazione, esame finale e diploma, tutto in meno di un minuto. 100% pratico!“.

 Stai tremando. La bambina si ferma, si volta a guardarti e, per tranquillizzarti, ti spiega:

 “Non fare caso a quei cartelli, è il Sup Galeano che mette sempre quelle cose nei suoi racconti, ma non lo fa per infastidire e perché è arrabbiato perché gli abbiamo vinto la mantecada** e perché non fanno vedere i film che gli piacciono, perché il Sup vuole solo cinema di quelli nudi che te li raccomando. E tu credi che passino quei film? Mai e poi mai. Magari vuole qualche ceffone e la sua bella predica politica di noi donne quali siamo. Gliene abbiamo già date tante, ma lui non capisce. Quegli stronzi di uomini sono fatti così. Inoltre, quei tacos sono di tuluc (tacchino), non di cuche (maiale), né di mucca (manzo), e non sono tacos, sono tamales”.

Proseguite, ma ancora non sai dove ti trovi, in che paese o in che mondo. E la data? Nessuna idea. Piove o è la nebbia che ti bagna la pelle?

Siamo arrivati“, dice la bambina mentre entrate in una sala che, si suppone, deve essere il salone del cinema. Ti trattieni all’ingresso e guardi il luogo.

Per essere un cinema, è molto altro. Lo schermo, per esempio, non sta in fondo, ma in mezzo; e chi assiste al film sta ai lati della proiezione… o di quello che si suppone sia la proiezione.

Da una parte ci sono quelli che fanno cinema, che dirigono, producono, scrivono, sonorizzano, insegnano, analizzano, criticano, proiettano, diffondono e tutti i lavori che si suppone necessari per fare un film.

Dall’altra parte: il pubblico, gli spettatori. Anche se questi hanno il volto coperto e si riesce a distinguere solo il loro sguardo. In molti casi, non si riescono a capire né l’età né il genere. Come se da questo lato dello schermo, la prima ed il secondo non importassero e fossero solo lo sguardo che guarda e ascolta. Non si sa se sorridono, soffrono, si arrabbiano, si rallegrano. Inoltre, scambiano commenti in lingue incomprensibili.

Oltre alla sua assurda posizione, sembra che lo schermo sia trasparente perché quelli che fanno cinema stanno con lo sguardo e l’udito attenti, in attesa delle reazioni dell’auditorium, come se sapessero che questa sala cinematografica permette loro di apprezzare l’impossibile: l’effetto che il film produce nel pubblico. E lo possono fare, forse, dalla prospettiva migliore per chi fa cinema; cioè, dallo schermo. Da lì possono vedere gli sguardi ed ascoltare le reazioni che normalmente dicono più delle parole e, certamente, delle vendite dei biglietti, dei ratings ai servizi di streaming, delle statuette e delle critiche della stampa specializzata.

A loro volta, quelli che assistono alla proiezione guardano e commentano, ma apparentemente non sono attenti allo schermo, bensì a chi li sta guardando. In qualche modo che non riesci a spiegare, al pubblico non interessa tanto quello che si proietta, ma gli sguardi di chi ha lavorato affinché quelle storie chiamate “cinema” si proiettassero, cioè, si raccontassero. Inoltre, ci sono alcune persone, anche loro con passamontagna, con le proprie videocamere rivolte verso chi definiscono “artisti dei film“. Come se nella sala, la scena del film “Les Carabiniers” (Jean Luc Godard, 1963) si invertisse, ed invece di vedere il carabiniere atterrito dal treno che sta arrivando, o che si affaccia per guardare la donna che si sveste e si lava nella tinozza (tutto su uno schermo che, stracciato, denuda un muro impudico e superbo), volessimo guardare non lo sguardo del macchinista, né della donna che è guardata, bensì lo sguardo dei fratelli Lumiére.

“Sembra che qua siano le papere a sparare ai fucili”, stai pensando, quando la bambina che, come chiarisce, si chiama “Difesa Zapatista”, ti dice di sederti perché il film è iniziato.

Un bambino che, come ti dice, si chiama “il Pedrito” – e che è apparso alle tue spalle – ti dice sottovoce: “Difesa è un’inguaribile romantica. Crede che i film, se non c’è chi li guardi, chi applauda, rida, pianga, si spaventi, fischi, si commuova, rifletta, li promuova o li bocci, si sentano molto soli. E che cosa fanno i film se nessuno li guarda? Piangono? Sono tristi? Stanno male? Non lo sappiamo, e Difesa non vuole accertarsene. Così, quando danno un film lei va sempre a vederlo, non importa quale sia. Io le ho già dimostrato che questo mistero è impossibile da risolvere perché, per sapere se un film piange perché nessuno lo guarda, dobbiamo guardarlo. Può essere che vediamo che piange, ma non sarà più perché non lo guardano, perché qualcuno l’ha guardato per vedere se piange perché non lo guardano. Quindi, se vediamo che piange, può essere perché l’argomento è molto brutto, o l’edizione, o le interpretazioni, o le musiche, o la produzione, o perché ne ha parlato male un critico malevolo, o tutto quanto. Capisci il paradosso? Il modo di dimostrare l’ipotesi che si deduce dall’ipotesi stessa, annulla la possibilità di dimostrare l’ipotesi. Io lo chiamo “Il paradosso del film triste”. L’ho spiegato al Sup Galeano, ma il Sup ha detto che non ne sa niente di film, ma che se non ci sono i popcorn allora non c’è cinema ed ogni speculazione è inutile”.

Stai tentando di seguire il ragionamento logico del bambino e pensi che chi chiamano “il Sup Galeano” potrebbe collocarsi in quello che il maestro Jorge Ayala Blanco definisce “mentalità mangiapopcorn” ma, mentre si siede, senti chiaramente che la bambina mormora, come se fosse una preghiera:

 “Non temere, sorellina [in spagnolo film è: película, sostantivo femminile – N.d.T.], sono venuta. Io ti guardo e ti applaudo anche se non mi piace quello che metti, anche se si vedono serpenti o ragni, che sono feroci e mi spaventano tanto, e poi ho i “quesadillas” [equivoco con il termine “pesadillas“=incubi – N.d.T.] quando mi addormento, ma poi chiudo gli occhi e basta. E se la tua storia è triste, piango ma non tanto… beh, sì un po’, dipende. E se racconti barzellette rido tanto perché è sicuro che sono migliori delle stupidate del Pedrito qui presente. E se spieghi le porcherie dei maledetti capitalismi, io prendo appunti. E se racconti una lotta, ti grido “si vede, si sente, siamo tornati”. E se balli, ballo. E se canti, canto. E se dici sognare, ti sogno. E se gridi svegliare, ti sveglio. Dunque, sono qui, guardami che ti guardo e che il tuo cuore sia lieto”.

Il Pedrito ti guarda con l’espressione di “te l’avevo detto” e sorride burlone. La bambina se ne accorge e gli molla un ceffone. Il bambino protesta: “Ma se non ho detto niente“. La bambina: “Già, ma l’hai pensato“. Il bambino: “Non sto pensando a niente” e, complice, ti strizza l’occhio.

Ora, accanto a te e sulla stessa panca c’è ormai una banda di bambini e bambine, ognuno con un paliacate rosso al collo o un passamontagna che copre il volto. Senza che nessuno l’abbia chiesto espressamente si presentano: “Io sono la Esperanza“, “Io sono il Pablito”, “Io sono l’Amado“. E, con una specie di miagolio-latrato, un animaletto un po’ gatto e un po’ cane salta in braccio alla bambina Difesa Zapatista.

Uno dei bambini, l’Amado, chiede “È già cominciato?” “Adesso“, risponde Esperanza. “E i popcorn?“, domanda il Pablito. Il Pedrito risponde: “Ce li ha il Sup Galeano, dice che gli dei hanno creato il mais popcorn solo per i subcomandanti e che a chi glieli vuole prendere avrà un colpo di machete sulla nuca, senza filo perché ci metta un po’, ed ossidato affinché si infetti e si debbano poi fare le iniezioni“. Tutta la banda trema alla parola “iniezioni“. “Tieni il posto alla Calamidad se arriva“, dice Difesa Zapatista. “E va bene, anche al Sup“, aggiunge.

L’ho visto dagli occhi che era arrabbiato“, senti dire al Pedrito che racconta di quello che è successo quando ha detto al Sup che doveva condividere i suoi popcorn.

“Dunque qui guardano il tuo sguardo”, dici a te stesso ed aggiungi: “e ti obbligano a guardare quello sguardo che ti guarda. Un bel problema”.

Qualcuno chiede silenzio e la banda si calma. Ora hai il tempo di guardare con attenzione questo cinema incomprensibile. Al di là dell’assurda ubicazione dello schermo e della disposizione dell’auditorium, tutto sembra normale, ma solo in apparenza. Adesso non ricordi che film si stava proiettando. Inoltre, non ricordi nemmeno se si stava proiettando qualcosa.

Ma ricordi che… all’improvviso, la bambina con un orsacchiotto di peluche mascherato (“io mi chiamo Esperanza e mi cognomo Zapatista”, ricordi che lei ha detto così) si alza e, dirigendosi verso lo schermo, lo attraversa e si siede dalla parte di chi fa il film. Da lì, fa segno al resto della banda di attraversarlo. Gli altri spettatori la seguono e siccome non ci sono sedili sufficienti, chi fa cinema deve alzarsi e cercare posto sul lato opposto.

Allora noti che lo schermo non solo è trasparente, non solo lascia passare gli sguardi da una parte all’altra. Lascia anche passare i corpi, come se fosse una finestra, o meglio ancora, una porta, ma è impossibile che esista uno scherno così.

Continui ad osservare e, supponi, i ruoli si invertono: gli spettatori guardano dal lato di chi fa cinema; e chi fa cinema guarda dal lato degli spettatori. Un momento stanno così e poi tornano ad incrociarsi. Il movimento si ripete più volte. Tu hai preso posizione su un lato, cosicché puoi vedere quello che sembra una danza anacronistica.

Chi non attraversa cambiando posto e prospettiva, si dedica all’antico sport di gettare popcorn nello schermo. Anche se, chiaramente, i proiettili non rimbalzano, ma lo attraversano. E così parte una battaglia campale di popcorn: pubblico contro cineasti. Vincono i cineasti, ma non perché abbiano una mira migliore o perché siano di più. In realtà sono di meno e non colpiscono neppure il monte da cui scende la nebbia come una lunga sottana; ma il pubblico, nonostante superi in quantità e mira la squadra avversaria, è rimasto a secco perché, come è giusto che sia, si è mangiato le munizioni, cioè, i popcorn.

È dura“, senti dire da uno che fa cinema ad un altro, “perché non guardi che guardino il tuo film, ma guardi come ti guardano il cuore, te lo strappano, lo disarmano, lo scombussolano e te lo restituiscono come niente fosse. Non ci torno più. O magari sì. O non lo so. E tutto senza una parola. Devo dirti che mi mancano le critiche con le quali la stampa specializzata ha demolito la mia opera prima“. L’uomo accanto a lui non risponde, è occupato a sistemarsi il giubbotto perché non si veda la ferita nel petto.

Passato l’alterco ai popcorn, il viavai non si ferma. Sì, il caos è evidente, ma ha una specie di coreografia involontaria, come nei primi cartoni animati.

Lì ci sono le due parti: chi si mostra dietro un passamontagna e chi si mostra dietro un film. Oltre a questo, non hanno niente in comune, ma lo schermo li convoca. È lui che definisce i luoghi, i movimenti, gli incessanti scambi.

Lo schermo è… come dire? sì, un ponte.

Ma questo non è possibile…

Oppure sì?

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 Sulla base di quanto sopra esposto, la Commissione Sexta dell’EZLN, invita gli uomini, donne, otroas, bambini ed anziani della Sexta, del CNI e delle reti di appoggio al CIG in tutto il mondo e, bene, le/i cinefil@ che possano e vogliano, al

FESTIVAL DEL CINEMA

“PUY TA CUXLEJALTIC”

(“Caracol della nostra Vita”)

 La cui prima edizione (pensiamo che sarà annuale) si svolgerà nel Caracol zapatista di Oventik, nelle montagne del Sudest Messicano (con proiezioni alternate presso il CIDECI di San Cristóbal de las Casas, Chiapas) dal 1 al 5 novembre di questo anno 2018.

I film che saranno presentati e le attività del citato festival (che sembra includono, tra altre assurdità: una tavola non rotonda, forse rettangolare, sul… calcio?! Ma non è un festival del cinema? Un film che si legge e diretto da uno scarabeo schizofrenico?) saranno resi noti pubblicamente tra qualche giorno (speriamo).

-*-

(continua…)

Dal salone “Comandanta Ramona”
Per la Commissione Sexta dell’EZLN

Il Sup Galeano che fuma, irresponsabilmente, nella cabina di proiezione.

(non sono irresponsabile, va bene, sì, ma non è questo il punto; sto dando una mano agli effetti speciali, che dici se in quei giorni non c’è nebbia? Ah, vero? E non mi hanno vinto la mantecada, me l’hanno sottratta, non è la stessa cosa. E non guardo film di nudi, sono le mie lezioni di anatomia per corrispondenza; il fatto è che Difesa Zapatista mi sta autocriticando per essere maschio, ma, beh, dipende… cosa? E finito? Okela, non ve l’ho detto?)

Messico, Ottobre 2018

Traduzione “Maribel – Bergamo

*) nana=utero del maiale; buche=stomaco del maiale; nenepil= combinazione di lingua, stomaco e utero del maiale

**) mantecada=brioche

Testo originale: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2018/10/04/una-invitacion-a-el-cine-imposible-comision-sexta-del-ezln-octubre-del-2018/

 

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Se la coca cola nei caracol zapatisti fa più notizia dei morti in mare

di Christian Peverieri

3/10/2018

Si è ritornato a parlare di zapatisti e coca cola per un reportage pieno zeppo di luoghi comuni, inesattezze e falsità scritto dal numero due del movimento Cinque Stelle, Alessandro Di Battista, il quale lo ha intitolato proprio “I nuovi zapatisti con la coca cola”. Come ben sapete il reportage ha provocato la reazione degli attivisti italiani che da sempre accompagnano il cammino degli indigeni del Chiapas e ha provocato la polemica #dibattistafueraya che tanto ha fatto discutere i social nei giorni scorsi.

Proviamo a capirci.

Una decina di anni fa al Primo Incontro dei popoli zapatisti con i popoli del mondo tenutosi ad Oventik, un auditore appoggiò sul tavolo dietro al quale alcuni rappresentanti zapatisti stavano parlando, alcune lattine di coca cola. Seguì poi una critica spietata agli ideali rivoluzionari zapatisti, accusati da questo signore di non essere conseguenti con ciò che dicevano perché all’interno delle comunità si consumavano tali bevande. Gli zapatisti restarono in silenzio ad ascoltare gli applausi e il chiacchiericcio di approvazione che questa performance suscitò. Questo silenzio era solo di cortesia, non di approvazione. Alcuni giorni dopo il Subcomandante Marcos lesse la risposta nata da questo silenzio e frutto di una profonda discussione all’interno del movimento zapatista, che qui proverò a riassumere.

Per gli zapatisti ci sono vari modi per combattere il capitalismo: il primo è quello di aggredirlo attraverso il consumo anticapitalista, ovvero rinunciare a bere coca cola, a comprare Adidas o Nike e via dicendo. Apprezzabile e salutista. Il secondo modo è quello di attaccarlo attraverso la circolazione, ovvero comprare solo prodotti del piccolo commercio, quello che oggi chiamiamo km0. Anche questo modo è apprezzabile e soprattutto favorisce i commercianti più svantaggiati. Il terzo modo è quello zapatista e qui cercherò di spiegarlo nel modo più semplice, diretto e breve possibile, sperando sia di facile comprensione per chi in questi giorni ha pesantemente insultato gli attivisti che hanno attaccato Di Battista, senza nemmeno sapere di cosa stessimo parlando.

Cosa significa il titolo “i nuovi zapatisti con la coca cola”? Di Battista già dal titolo cerca di fare un’operazione di détournement, ovvero ci vuole far credere che lo zapatismo si è lasciato in qualche modo corrompere dal sistema. Che non c’è alternativa all’accettazione dello status quo. Questa immagine è propedeutica all’obiettivo che il reportage si propone: in primo luogo cerca di riportare verso sinistra il baricentro del suo partito, spostatosi pericolosamente a destra dopo l’alleanza con la Lega razzista e fascista di Salvini e con il recente “decreto sicurezza” e in secondo luogo lascia intendere che, se anche gli zapatisti hanno accettato il compromesso della coca cola, noi possiamo benissimo accettare il compromesso che migliaia di persone affoghino nel mar Mediterraneo e altrettante vengano deportate, schiavizzate, torturate e stuprate nei lager libici.

Mi si potrà dire quindi che anche gli zapatisti sono responsabili indirettamente dello sfruttamento e della morte dei lavoratori della coca cola ed è proprio questo il messaggio capitalista che Di Battista vuole che arrivi alla sua gente: per il nostro benessere dobbiamo sacrificare qualcuno. Gli zapatisti sacrificano i lavoratori della coca cola, noi sacrifichiamo i clandestini.

Solo che non è proprio così: gli zapatisti non abbandonano i lavoratori della coca cola al loro destino, non li lasciano morire. Gli zapatisti bevono un sorso di questa bevanda e invitano gli operai che la producono e la trasportano ad unirsi alla loro lotta per rovesciare questo sistema che li sfrutta. Perché il problema vero e che poche persone detengono la maggior parte della ricchezza. E la detengono perché sfruttano il lavoro di migliaia di esseri umani, li opprimono e li sacrificano per il proprio benessere. Un po’ come fanno i cinque stelle con i migranti.

Quindi, se il cambiamento che volete è questo, sappiate che non siete né antisistema né anticasta. Nella migliore delle ipotesi siete solo degli strumenti di questo sistema, che vi usa per far la guerra ai poveri, agli emarginati, agli sfruttati, che divide la società in pochi che hanno tutto e tanti che non hanno niente. Nella peggiore delle ipotesi, invece, state solo sperando di essere considerati ed accettati in quella parte di società che sfrutta, opprime, uccide le persone e distrugge e violenta i territori.

Potrei andare ancora avanti ma mi fermerò qui. Spero che almeno questo breve testo riusciate a leggerlo e a comprenderlo, anche se ho i miei dubbi perché questa esperienza, diventare il parafulmini di una polemica social, mi ha fatto capire che è una battaglia basata sullo schieramento e non sui contenuti: le centinaia di persone che in questi giorni mi hanno insultato non sapevano assolutamente niente del contendere, semplicemente si schieravano apertamente con il loro idolo senza porsi minimamente domande o dubbi, come fedeli soldatini ammaestrati.

So che questa campagna ha fatto male al signor Di Battista, immagino sia un dolore non paragonabile al dolore provato dai migranti morti in mare o torturati nei lager libici, mi dispiace aver turbato le sue vacanze, ma ho ritenuto doveroso per i miei compagni e le mie compagne zapatiste, che da vent’anni camminano domandando per combattere realmente questo sistema di morte, chiarire ancora una volta la questione. https://www.globalproject.info/it/mondi/se-la-coca-cola-nei-caracol-zapatisti-fa-piu-notizia-dei-morti-in-mare/21645

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