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Archive for Maggio 2020

Le Forze Armate messicane in funzione di ordine pubblico, gestione e controllo del paese.

COOPERAZIONE REBELDE NAPOLI·- 14 maggio 2020·

Felipe Calderón, una volta usurpata la presidenza della Repubblica Messicana mediante la frode elettorale del 2006, rafforzò il suo potere utilizzando le forze armate con funzioni di polizia e di pubblica sicurezza e nella famosa “guerra al narcotraffico” diede la possibilità alle forze armate di effettuare decine di assassini indiscriminati ad uso dei cartelli di cui erano riferimento in ognuno degli stati della Federazione. Con la scusa della guerra al narcotraffico si diede la possibilità di fare decine di assassini e sparizione di attivisti sociali e oppositori delle politiche governative. Calderón contravvenne a quanto stabilito dalla Costituzione degli Stati Uniti Messicani che stabilisce che in tempi di pace i militari devono rimanere nelle loro caserme.

Peña Nieto ha continuato con questa flagrante violazione costituzionale con il suo tentativo di utilizzare le forze armate ed ha cercato di consentirne promulgando la Legge sulla Sicurezza Interna, ma la Corte Suprema di Giustizia (SCJN) la definì incostituzionale e quindi anche questo tentativo fallì.

Nei fatti, la militarizzazione è continuata ed ha provocato, in entrambi i sessenni (ogni mandato presidenziale dura sei anni), gravi e ripetute violazioni dei diritti umani da parte delle forze armate che più che risolvere ha aggravato il tema della sicurezza pubblica.

Durante questi due sessenni Andrés Manuel López Obrador, stando all’opposizione, ha ripetutamente dichiarato che le forze armate non erano predisposte per le funzioni di pubblica sicurezza ed ha sempre dichiarato che il contrasto alla criminalità doveva concentrarsi più che sull’uso della forza sul contrasto alle ragioni che la causavano: povertà, mancanza di opportunità di sviluppo, istruzione ecc.

Ancora di più durante la sua campagna elettorare del 2018 ha promesso al popolo che se fosse approdato alla presidenza, i militari sarebbero tornati nelle caserme, perché con le misure che avrebbe preso non sarebbe stato più necessaria la loro presenza nelle strade.

Uno degli slogan della campagna elettorale, in linea con la sua linea di critica alla militarizzazione degli anni passati all’opposizione fu “abrazos y no balazos” (abbracci e non pallottole). Il nuovo mantra ora è “El Ejército es bueno, porque el Ejército es pueblo” (L’Esercito è buono perchè l’Esercito è popolo).

Tutte le promesse della campagna elettorale sono state presto tradite e anzi velocemente ha provveduto alla creazione della Guardia Nazionale, una forza militare incaricata delle attività di pubblica sicurezza sostituendo in questo la Polizia Federale, più volte segnata dalla corruzione e dal malaffare ma da cui sono stati reclutati molti membri della nuova forza militare che nelle sue file conta anche moltissimi ex militari.

Come per i sessenni precedenti questa strategia di contrasto non ha funzionato e la violenza criminale continua a crescere senza controllo. Ora ancora una volta, proprio come Calderon e Peña Nieto, AMLO scommette sull’intervento dell’esercito per riempire i vuoti di potere che stanno segnando la sua incapacità come Presidente della Repubblica.

Approfittando della situazione di emergenza sanitaria che attraversa il paese e sapendo che non ci sarà una efficacia resistenza, ha emesso un decreto per utilizzare l’Esercito e la Guardia Nazionale in maniera congiunta per svolgere funzioni di polizia durante tutto il tempo del suo sessennio.

L’aumento del peso dei militari in questo periodo di presidenza di AMLO non si è limitato solo alla sicurezza. Negli ultimi due anni i militari hanno assunto incarichi che vanno dalla distribuzione di medicinali alla vigilanza di oleodotti della Pemex (la compagnia petrolifera messicana), alla lotta contro l’invasione delle alghe sulle coste o alla gestione dei soldi di alcuni “programmi sociali”. Nella stessa data di emanazione del decreto la Secretaria de Defensa (Sedena) ha iniziato la costruzione di 26 succursali del banco sociale del Governo che gestisce gli aiuti. In totale si costruiranno 1350 sedi bancarie per un investimento di circa 3000 milioni di pesos (all’incirca 60 miliardi di euro).

Ma la ciliegina sulla torta si è avuta nello scorso marzo con la conferma che la costruzione e la gestione del nuovo aeroporto di Città del Messico ricadrà in mani militari. L’Esercito non solo costruirà il terminal ma si occuperà delle operazioni civili e commerciali mediante una società la cui direzione sarà tenuta da militari. Per completare il processo di militarizzazione in atto nella società messicana l’Esercito aiuterà nella costruzione di due rami del Tren Maya, l’opera pubblica bandiera di questa presidenza insieme al nuovo aeroporto.

Ora appare più chiaro cosa intendeva quando ha detto che la pandemia del Covid-19 fasciava come un anello al dito per consolidare il suo processo della 4° Trasformazione.

Con questo continua il processo di imposizione dei progetti di spoliazione e devastazione dei territorio, anche il progressista AMLO, con le buone o con le cattive si mette al servizio del neoliberismo.

Di seguito un estratto del testo pubblicato sul Diario Ufficiale della Repubblica, la nostra Gazzetta Ufficiale, in cui Andrés Manuel López Obrador ad un anno dalla costituzione della Guardia Nazionale fa un ulteriore passo verso una completa militarizzazione per poter rispondere alla resistenza contro i mega progetti come il Tren Maya, il Corridoio Transistimico, le Miniere a cielo aperto e le coltivazioni intensive che distruggono molti territori da nord a sud del Messico.

ACCORDO

PRIMO. Si ordina alle Forze Armate di partecipare in maniera straordinaria, regolata, controllata, subordinata e complementare con la Guardia Nazionale alle funzioni di pubblica sicurezza che sono in carico di quest’ultima, durante il tempo in cui questa istituzione di polizia sviluppa la sua struttura, capacità e strutturazione territoriale, senza che tale partecipazione superi cinque anni a decorrere dall’entrata in vigore del decreto con il quale si riformano, aggiungono e abrogano diverse disposizioni della Costituzione politica degli Stati Uniti messicani, in relazione alla Guardia Nazionale, pubblicato il 26 marzo 2019 nella Gazzetta ufficiale della Federazione.

SECONDO. Le Forze Armate, nel sostegno allo svolgimento dei compiti di pubblica sicurezza di cui al presente accordo, svolgono i compiti assegnati conformemente alle attribuzioni previste dai comma I, II, IX, X, XIII, XIII, XIV, XV, XVI, XXV, XXVII, XXVIII e XXXIV dell’articolo 9 della Legge sulla Guardia Nazionale.

TERZO. Nel sostegno all’espletamento dei compiti di pubblica sicurezza, le Forze Armate sono regolate in ogni momento dalla rigorosa osservanza e rispetto dei diritti dell’uomo, nei termini dell’articolo 1 della Costituzione politica degli Stati Uniti Messicani e osserverà la Legge Nazionale sull’Uso della Forza e delle altre norme in materia.

QUARTO. Si dà incarico al Segretario della Sicurezza e della Protezione Cittadina di coordinarsi con i segretari della Difesa Nazionale e della Marina per definire il modo in cui le attività delle Forze Armate completeranno la funzione della Guardia Nazionale.

QUINTO. I compiti svolti dalle Forze Armate nell’adempimento del presente strumento sono sotto la supervisione e il controllo dell’organo interno di controllo da cui dipendono.”

foto: – Militari messicani ad una parata

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ALTRECONOMIA N. 226 – Maggio 2020
Tra le famiglie zapatiste che producono caffè in Chiapas
Dal 2016 al 2019 il conflitto tra Aldama e Santa Martha ha causato 25 morti e 14 feriti
Reportage dal municipio di Aldama, in Messico, dove i soci della cooperativa Yach’il Xojolabal ottengono i chicchi resistendo alle aggressioni dei gruppi armati. Tra chi li supporta ci sono diverse realtà del commercio equo italiano.
Testo e foto di Orsetta Bellani

Araceli ha tre anni e sa che quando sparano si deve buttare a terra. Gliel’hanno insegnato dopo che, il 22 gennaio 2019, una pioggia di pallottole ha colpito la cucina di casa sua. Quel giorno sua madre, sua zia e sua nonna stavano preparando le tortillas quando dal vicino villaggio di Santa Martha, che si trova nel Municipio di Chenalhó, nel meridionale Stato messicano del Chiapas, giunse una raffica che bucò le pareti di legno della cucina e fece a pezzi il tetto in lamiera. “Vogliamo costruire un muretto di cemento fuori dalla cucina, in modo che se sparano di nuovo le pallottole non possano penetrare”, dice suo padre Abraham.


Araceli vive nel villaggio indigeno maya tsotsil di San Pedro Cotzilnam, che si trova nel Municipio di Aldama in Chiapas. Circa la metà dei suoi abitanti sono basi d’appoggio, cioè civili, dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN). La famiglia di Araceli e Abraham è una delle circa 700 famiglie zapatiste che fanno parte della cooperativa di caffè Yach’il Xojolabal, che in lingua maya tsotsil significa “nuova luce del cielo”.
La cooperativa è stata fondata nel 2001 e produce circa 62 tonnellate di caffè all’anno. Vende una quota della sua produzione a Tatawelo, Malatesta e Ya Basta – che lo distribuisce in Italia come Caffè Rebelde Zapatista-, associazioni italiane che garantiscono un prezzo equo ai produttori chiapanechi. Una parte del caffè che beviamo ogni giorno viene quindi da queste montagne che superano i duemila metri sul livello del mare, coperte di boschi, campi di mais e caffè, e in cui le sparatorie sono all’ordine del giorno.
I gruppi armati di tipo paramilitare non attaccano gli abitanti di Aldama perché sono zapatisti. Si appostano nel villaggio di Santa Martha, sulla montagna antistante San Pedro Cotzilnam, e da lassù sparano contro zapatisti e non zapatisti, contro automobili e case, di giorno e di notte.
Il conflitto è iniziato nel 2016, dopo che gli abitanti di Aldama hanno negato a quelli di Santa Martha l’utilizzo di una fonte di acqua potabile. Fu allora che iniziarono a sparare ma le tensioni esistono dagli anni 70, quando in un ufficio pubblico della capitale decisero di spostare la frontiera che divide i due municipi, causando una disputa per il possesso di 60 ettari di terra.
In un comunicato la “Giunta di Buon Governo” di Oventic, autorità autonoma zapatista che governa su questa regione chiamata Altos de Chiapas, ha denunciato che dal 2016 al 2019 il conflitto ha causato 25 morti e 14 feriti tra Aldama e Santa Martha.
Le autorità zapatiste accusano il governo municipale, quello statale e quello federale di non essere stati capaci né di risolvere i problemi di fondo né di gestire la crisi.
Nel giugno 2019, il governo del presidente Andrés Manuel López Obrador ha promosso la firma di un patto di non aggressione tra Aldama e Santa Martha. Venne definito “storico” e si disse che avrebbe segnato “l’inizio di una nuova fase di pace”, ma le sparatorie ricominciarono presto. Un mese dopo la firma, un giovane di Aldama venne ucciso durante il funerale di sua nonna con una pallottola alla testa sparata da un cecchino di Santa Martha.
Dal 2016 più di duemila abitanti di Aldama sono costantemente costretti ad abbandonare le loro case quando iniziano le sparatorie: si rifugiano nei boschi e vi tornano quando la situazione si calma. Negli ultimi due anni e mezzo nell’Altos de Chiapas più di settemila indigeni maya tzotziles sono stati sfollati a causa della violenza dei gruppi armati di tipo paramilitare, in buona parte del Municipio di Chenalhó. La Ong chiapaneca Centro di Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas (Frayba) non vede una connessione diretta tra i gruppi armati irregolari attuali e quelli che si sono formati negli anni 90 per reprimere l’insurrezione dell’EZLN, ma denuncia che i paramilitari detenuti per il massacro di 45 persone avvenuto nel 1997 ad Acteal, nel Municipio di Chenalhó, sono stati scarcerati. Le loro armi non sono mai state confiscate, la loro struttura non è stata disarticolata e i politici che li addestravano e finanziavano continuano ad operare nella regione. Nel gennaio 2019, Alejandro Encinas, sottosegretario ai Diritti umani del governo federale messicano, ha affermato che questi gruppi armati potrebbero avere legami con la criminalità organizzata.
“Le persone che ne fanno parte sono contadini come noi, è gente povera, ma sono addestrati militarmente e dotati di armi e pallottole. Dove trovano i soldi per comprarle?”, afferma Abraham, padre di Araceli. Il membro di Yach’il Xojolabal pensa che la violenza ad Aldama sia motivata da interessi che vanno oltre il possesso dei 60 ettari di terra e che politici e industriali interessati allo sfruttamento delle risorse naturali locali stiano finanziando il conflitto. Secondo Abraham, l’azione dei gruppi di tipo paramilitare è finalizzata a terrorizzare la popolazione per imporre la militarizzazione del territorio – già avvenuta ad Aldama con il pretesto di combattere i gruppi armati irregolari – e preparare il terreno all’ingresso di aziende interessate all’estrazione delle risorse naturali.
“È una delle teorie che si utilizzano per motivare tanta violenza”, afferma Jorge Luis Lopez, parte del Frayba. “Si parla dell’interesse a costruire una centrale idroelettrica nel fiume che divide Aldama da Chenalhó e della presenza di minerali preziosi nel sottosuolo, ma finora non abbiamo trovato nessun documento che avvalli queste tesi”. La prima cosa che fa Araceli, quando Abraham torna dal lavoro, è prendere il suo cellulare per guardare dei video. Con gli occhi incollati al telefono mangia uova, fagioli e tortillas fino a quando sua madre le toglie il cellulare perché vada a giocare con i vicini. Abraham è responsabile dell’ufficio commerciale e ha il compito di mantenere le relazioni con gli acquirenti solidali di vari Paesi del mondo. Come gli altri 283 membri della cooperativa Yach’il Xojolabal di Aldama, l’anno scorso la famiglia di Abraham ha perso circa il 50% del raccolto di caffè: le sparatorie erano troppo intense per andare a lavorare nei campi.
“I cecchini di Santa Martha ci cacciavano come fossimo animali mentre andavamo a raccogliere il caffè”, dice Juan di Yach’il Xojolabal. “Lo vedi? Era da lì che sparavano, qui non ci si poteva stare”, dice indicando un punto nella montagna, a poche centinaia di metri davanti a noi. La vegetazione, in parte mangiata dalla nebbia, ricopre completamente il pendio e il rumore della pioggia battente si perde in quello del fiume che attraversa la valle. Quando le sparatorie iniziarono, gli zapatisti s’incamminavano di notte verso i loro campi e tornavano dopo il tramonto per non essere visti. Raccoglievano e trasportavano il caffè sulle spalle in sacchi neri invece che bianchi, che si mimetizzavano nel buio. Ma dall’agosto 2018, quando un’intera famiglia (non zapatista) venne uccisa in un’imboscata mentre viaggiava in auto, molti contadini decisero di abbandonare il loro raccolto nei campi. Non si andava a lavorare e non si circolava in macchina, se non di notte e con i fari spenti; neanche i mezzi che trasportavano i feriti erano risparmiati. I bambini non andavano a scuola, la vita quotidiana venne totalmente congelata. Quest’anno le perdite nella produzione di caffè sono state minori, visto che proprio durante la raccolta – tra novembre 2019 e l’inizio di marzo 2020 – ad Aldama non ci sono state sparatorie. Ma le piante di caffè arabica hanno risentito del fatto che l’anno precedente, nel periodo delle sparatorie più intense, non hanno ricevuto le attenzioni adeguate e la produzione di Yach’il Xojolabal ad Aldama ha raggiunto solo il 60-70% del volume che ci si aspettava. “In ogni caso, la situazione di Aldama incide parzialmente sulla produzione totale della cooperativa per il 2020”, assicura Yach’il Xojolabal che è presente in altri sette Municipi del Chiapas. “Abbiamo raccolto circa l’87% della produzione stimata e non avremo problemi a rispettare i contratti firmati”. https://altreconomia.it/tra-le-famiglie-zapatiste-che-producono-caffe-in-chiapas/

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