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Archive for ottobre 2013

Peña Nieto concederà oggi l’indulto ad Alberto Patishtán

México, DF. Il presidente Enrique Peña Nieto ha annunciato la decisione di concedere l’indulto ad Alberto Patishtán Gómez dopo l’entrata in vigore della riforma del Codice Penale Federale … (…articolo completo)

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La Jornada – Mercoledì 30 ottobre 2013

Aggressioni contro basi zapatiste nel villaggio Che Guevara

Hermann Bellinghausen

La giunta di buon governo (JBG) Hacia la esperanza, dal caracol zapatista di La Realidad, zona selva di frontiera del Chiapas, denuncia aggressioni e minacce contro le basi di appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) nel villaggio autonomo Che Guevara. La JBG accusa i gruppi filogovernativi di Motozintla, appoggiati da funzionari statali e municipali, e segnala:

“Diciamo chiaramente che difenderemo questo terreno recuperato dall’EZLN costi quel che costi, perché è nostro diritto e nostra ragione, perché difendiamo solo ciò che è nostro e non stiamo fregando nessuno, come invece stanno facendo loro con i nostri compagni.”

Questi “atti di ingiustizia, provocazioni e furti che nuovamente stanno subendo i nostri compagni e compagne basi di appoggio sul terreno recuperato Che Guevara” stanno accadendo nel municipio autonomo Tierra y Libertad, nella comunità Belisario Domínguez del municipio ufficiale di Motozintla, vicino alla frontiera con il Guatemala.

La JBG riferisce che mesi fa, le famiglie zapatiste erano state minacciate di sgombero “dallo stesso gruppo di persone, manipolate da Guillermo Pompilio Gálvez Pinto, Carmela Oseguera Ramos e Silvano Bartolomé Pérez”, che un anno fa, il 17 ottobre 2012, “aggredirono gravemente con arma da fuoco uno dei nostri compagni.”

Ora, “queste stesse persone ed i loro capi” sono accompagnati nelle aggressioni e tentativi di sgombero “da persone dei malgoverni precisamente un consigliere comunale, un sindaco, cinque poliziotti, due agenti della stradale ed agenti rurali, che rispondono agli ordini del loro padrone, il presidente municipale di Motozintla de Mendoza, Oscar René González Galindo, che a sua volta riceve ordini dal cosiddetto governatore del Chiapas, Manuel Velasco Coello, che a sua volta risponde al latrato del suo padrone più in alto Enrique Peña Nieto, Presidente della Repubblica.”

Il 6 ottobre scorso, i funzionari e gli agenti “sono venuti qui per riconoscere ufficialmente la località ‘Ranchería 8 de Julio’, che è il nome che hanno dato alla parte di loro competenza”, ma hanno incluso il terreno recuperato del villaggio Che Guevara.

Il giorno 23, questo stesso gruppo “ha mandato un documento ad un nostro compagno per intimargli di rimuovere la conduttura” che gli fornisce l’acqua, sostenendo “che passa sul bordo del terreno di loro proprietà”, e gli davano un termine di cinque giorni.

“Bisogna segnalare che la conduttura che fornisce l’acqua” a Silvano Bartolomé Pérez “attraversa la parte di terreno che appartiene ai nostri compagni”, oltre ad una presa d’acqua “che hanno venduto”. La JBG precisa: “Non gli diciamo che tolgano la loro conduttura, perché non vogliamo provocarli, ma neanche vogliamo che ci provochino.”

Sabato 26, “queste persone hanno dato continuità all’invasione” costruendo un’abitazione nella parte in possesso delle basi zapatiste; ciò, ben sapendo che “quelle terre non gli appartengono e sono abitate dai nostri compagni.”

La JBG denuncia che queste “azioni di invasione e provocazione”, sono organizzate, manipolate e sostenute dai tre livelli dei malgoverni; noi zapatisti sappiamo capire e rispettare, a patto che ci rispettino; di fronte a questi fatti, esigiamo che i tre livelli di malgoverno controllino la propria gente affinché non peggiorino le cose e ci costringano a a prendere altri provvedimenti”.

Se i “malgoverni non prenderanno una posizione al riguardo e non controlleranno la loro gente”, saranno loro “i diretti responsabili di quello che potrà accadere”.

Comunicato della JBG

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La Jornada – Lunedì 7 ottobre 2013

Ejidatarios di Mitzitón creano la polizia comunitaria ecologica

Elio Henríquez. Corrispondente. Mitzitón, Chis., 6 ottobre. Gli abitanti di questo ejido appartenente al municipio di San Cristóbal de Las Casas, aderenti della Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, hanno deciso di creare la Polizia Comunitaria Ecologica per difendere i loro boschi e territorio.

L’accordo firmato questo pomeriggio stabilisce che il provvedimento è stato adottato poiché il governo non ha fatto nulla per evitare il disboscamento illegale perpetrato dal 2009 dal gruppo guidato da Carmen Díaz López, Gregorio Gómez Jiménez e Francisco Gómez Díaz, nonostante le numerose denunce presentate al Pubblico Ministero.

In assemblea è stato concordato che gruppi di 20 persone armate di machete vigileranno sull’area della riserva ecologica del villaggio di Mitzitón, nella quale saranno installati dei tabelloni per avvertire che chi abbatterà gli alberi sarà sanzionato dalla comunità. Le guardie saranno sostituite ogni 24 ore.

Si è deciso inoltre di non riconoscere il diritto agrario di 23 famiglie che tagliano alberi in maniera illegale per farne commercio, famiglie capeggiate da Díaz López, Gómez Jiménez e Gómez Díaz, ai quali l’amministrazione precedente due anni fa concesse risorse economiche per il loro ricollocamento nel vicino municipio di Teopisca, e sono stati dati loro tre giorni per abbandonare l’ejido.

Alcuni abitanti hanno affermato che questo gruppo di famiglie hanno accettato il ricollocamento e che le loro abitazioni sono già state costruire col denaro ricevuto dal passato governo statale, e per questo devono lasciare l’ejido.

Nella riunione tenuta dai cattolici tradizionalisti, alla quale ha assistito come osservatore il segretario esecutivo della Commissione Statale dei Diritti Umani, Diego Cadenas Gordillo, è stato approvato il ritorno di 40 famiglie evangeliche che 14 anni fa si erano separate dal gruppo a causa di alcune divergenze.

I rappresentanti di queste famiglie hanno chiesto perdono all’assemblea, perdono che gli è stato concesso dopo che hanno accettato di versare mille pesos ognuna come contributo  per il periodo in cui sono state assenti.

Si sono impegnate a lavorare e collaborare con quanto concordato in assemblea, a rispettare e preservare gli alberi e l’ambiente della comunità dove, su autorizzazione dell’assemblea, potranno utilizzare la legna necessaria ad uso domestico oltre al legname per le loro case ed attrezzi, come gli altri abitanti.

I protestanti della Chiesa Alas de Aguila guidata dal pastore Esdras Alonso González, capo del cosiddetto Ejército de Dios, hanno dichiarato di essere pentiti di aver abbandonato l’assemblea e non avere rispettato i loro obblighi a causa di influenze esterne e di gruppi che hanno creato divisioni nell’ejido.

Le autorità ejidali hanno spiegato che Mitzitón si sviluppa su 1.813 ettari, di cui 1.600 sono destinati alla riserva ecologica, dove vivono circa 300 famiglie. http://www.jornada.unam.mx/2013/10/07/politica/022n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Manifestazione del 2 ottobre a Città del Messico – Cronaca e foto

Clicca qui per vedere la galleria fotografica della manifestazione del 2 ottobre a Città del Messico.

A quasi due mesi dall’inizio della protesta degli insegnanti e dell’allestimento della loro tendopoli permanente nel centro della capitale messicana, le differenti lotte sociali contro le riforme strutturali del presidente Peña Nieto (riforma educativa, fiscale, energetica in particolare) si stanno sovrapponendo e, in alcuni casi, stanno convergendo. L’occasione del 2 ottobre e della tradizionale manifestazione contro l’autoritarismo e per la memoria delle vittime delle stragi di stato era importante anche in questo senso. L’enorme corteo del 2 ottobre ha espresso la totale solidarietà alla lotta dei professori messicani contro la riforma educativa (vedi storia del movimento link) e questi hanno partecipato alla marcia. La manifestazione è stata pacifica e colorata, una lunga sfilata di organizzazioni e studenti di università pubbliche e private, gruppi di indigeni e sindacati, movimenti e cittadini. Ma in alcuni momenti è stata anche un’altra giornata campale, un pomeriggio di scontri tra polizia federale e locale, da una parte, e manifestanti dall’altra.

La galleria fotografica a questo link racconta in breve i diversi momenti di questo pomeriggio in marcia, tra cortei e camminate nel centro di Città del Messico per commemorare le oltre 300 vittime della mattanza governativa del 2 ottobre 1968 in cui l’esercito sparò sulla folla di studenti e lavoratori riuniti nella Plaza de las Tres Culturas o Tlatelolco. Proprio da qui, ogni anno, parte una mega-manifestazione organizzata dal Comitato 68 che vede sempre la partecipazione di organizzazioni sociali, studenti, sindacati e cittadini. 45 anni dopo la strage, la repressione resta e così anche il partito di governo, il PRI (Partido Revolucionario Institucional), che giusto l’anno scorso è tornato al potere dopo 12 anni di digiuno.

Nel novecento il PRI ha governato per 71 anni senza interruzioni diventando la forza egemonica e autoritaria che ha diretto il destino del paese. In genere la manifestazione del 2 ottobre si svolge pacificamente, senza eccessi di presenza delle autorità che si limitano a operazioni di controllo dalla distanza e di chiusura di alcuni punti chiave. Invece quest’anno, come conseguenza della strategia di accerchiamento e blindaggio adottata dal nuovo governo a partire dalle proteste del primo dicembre 2012, la tensione era più alta, il centro storico era occupato militarmente (oltre 5000 poliziotti) e non c’erano praticamente vie d’uscita dal corteo per i manifestanti. La marcia è cominciata alle tre e mezza da Tlatelolco, nel centro nord della città, e verso le 4 e 30 è arrivata al cuore della capitale, presso il palazzo di Bellas Artes. Già da lì il gas dei lacrimogeni, lanciati a poche centinaia di metri di distanza contro i manifestanti, s’addensava e provocava i suoi effetti.

Per i camminanti era impossibile proseguire, ma anche uscire dal corteo. Unica alternativa era l’attesa in mezzo a cordoni di poliziotti in tenuta antisommossa e barriere metalliche enormi, sotto il sale, invasi dai gas e dai rumori dei petardi. Infatti, all’incrocio tra Avenida Hidalgo e Reforma, all’inizio dell’ultima parte di strada per arrivare all’Angel de la Independencia, dove si sarebbe conclusa la giornata con un comizio, le scaramucce tra manifestanti e polizia s’erano fatte pesanti, centinaia digranaderos erano accorsi per il primo grosso scontro tra quelli che i media hanno descritto come “anarchici” o “incappucciati” e i poliziotti.

In realtà gli anarchici, vestiti di nero e riconoscibilissimi, si trovavano in fondo al corteo, ben più indietro. O ce n’erano altri, o si trattava di gruppi differenti non definiti ideologicamente. I media messicani stanno utilizzando il termine “anarquista” secondo un canovaccio che già conosciamo in Europa col tormentone Black Bloc o semplicemente come sinonimo di terrorista, indipendentemente da verifiche serie sull’appartenenza delle persone coinvolte in scontri con la polizia. La realtà è ancora difficile da capire e i giornalisti più acuti si chiedono come mai questi gruppi siano comparsi proprio dopo il primo dicembre 2012 ed operino secondo le modalità tipiche degli infiltrati, i cosiddetti “halcones” che lo stesso PRI “inventò” nel 1971, con le stragi dell’11 giugno. Nessuno ha un’ipotesi convincente al 100%, anche perché probabilmente la spiegazione delle violenze si ritrova in molti fattori diversi, non ultimo quello della strategia repressiva adottata dal governo che decide di bloccare e asfissiare, anziché accompagnare o semplicemente permettere la libera circolazione e garantire il diritto a manifestare.

A poche centinaia di metri del primo scontro, verso le 18, una seconda battaglia s’è svolta nei pressi del Monumento a la Revolucion e del Monumento Caballito. Centinaia di granaderos e poliziotti federali, chiusi in una testuggine e protetti da caschi e scudi, hanno Alla fine della giornata gli arresti sono stati oltre un centinaio e i feriti più di 50 tra manifestanti e poliziotti (link).

Molti giornalisti (oltre venti) e difensori dei diritti umani sono stati fermati e malmenati secondo l’organizzazione per la difesa della libertà di stampa Articolo 19. In quel momento il grosso della CNTE (Coordinadora Nacional Trabajadores de la Educación, cioè l’organizzazione dei docenti dissidenti che da quasi due mesi protestano a Città del Messico contro la riforma educativa) si stava unendo alla marcia per arrivare alla zona dei comizi. Un numero indefinito di persone, incappucciati e altri gruppi, stimati in circa 300 unità (ma anche qui le stime sono difficili e mi baso sui media locali e sulla testimonianza diretta), hanno cominciato a lanciare bottiglie e petardi in direzione del blocco dei granaderos che per 10 minuti hanno resistito e si sono protetti con gli scudi, ma poi hanno lanciato un’offensiva che s’è conclusa con una buona dose di arresti arbitrari, con l’uso di manganelli e armi improprie come estintori e pallottole di gomma. Alcuni arresti sono stati realizzati praticamente a casaccio o contro persone che filmavano gli eventi da poliziotti in borghese. “Il 2 ottobre del 68 non è poi così lontano”, hanno ribadito i membri del Comitato 68 che, in quell’epoca, sono stati prigionieri politici e vittime innocenti della repressione.

Fabrizio Lorusso @FabrizioLorusso

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