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Archive for settembre 2015

#Méxiconosurge.

untitled#MéxicoNosUrge

Fondamento dell’accordo. Il rispetto dei principi democratici e dei diritti umani fondamentali, così come si enunciano nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ispira le politiche interne e internazionali delle parti e costituisce un elemento essenziale del presente Accordo.”

Art. 1 trattato di libero commercio tra il Messico e l’Unione Europea

Gli omicidi del fotogiornalista Rubén Espinosa, dell’attivista Nadia Vera, della studentessa Yesenia Quiroz Alfaro e di altre due donne che si trovavano con loro, Mile Virginia Martin e Alejandra Negrete, avvenuti a Città del Messico, venerdì 31 luglio scorso, ci impongono di non rimanere in silenzio. Dinanzi alla condizione che vive chi vuole denunciare la situazione che subiscono milioni di persone in un paese, il Messico, che l’Italia e l’Unione Europea riconoscono soltanto come importante socio commerciale, rimanere in silenzio sarebbe una forma di complicità.

Rubén Espinosa è l’ultimo giornalista ucciso in Messico in un massacro che sembra non avere fine. Sono più di cento i giornalisti assassinati dal 2000 ad oggi. Nello stato del Veracruz, dove Rubén lavorava raccontando gli abusi del governo statale e le violente repressioni contro gli oppositori politici, sono 14 i giornalisti uccisi durante il governo di Javier Duarte de Ochoa, soprannominato anche il mataperiodistas, l’ammazza giornalisti.

Rubén Espinosa e Nadia Vera erano fuggiti dallo stato del Veracruz proprio per le minacce ricevute da funzionari del governo di Javier Duarte, indicato mesi fa come responsabile di qualsiasi gesto di aggressione nei loro confronti. Non è stato sufficiente fuggire a Città del Messico, considerata finora un porto sicuro in cui ripararsi dalle aggressioni contro la libertà di stampa. Il messaggio è chiaro: non si è sicuri da nessuna parte. Tutti i giornalisti critici devono avere paura perché possono essere raggiunti nelle loro case, torturati e ammazzati.

La libertà di stampa in Messico viene violentata quotidianamente. Fare il giornalista in Messico è una delle professioni più a rischio e i dati delle più importanti organizzazioni di difesa dei giornalisti e della libertà di stampa (come Article19 o RSF) indicano chiaramente come la maggior parte delle minacce, aggressioni, intimidazioni, sparizioni e uccisioni di giornalisti, fotografi e comunicatori si debbano imputare alle istituzioni dello Stato.

Il Messico e l’Unione Europea sono vincolati dal Trattato di Libero Commercio che si basa su una clausola democratica, e i nostri paesi, i nostri Parlamenti – sia nazionali che quello europeo – non possono rimanere in silenzio di fronte a questa situazione.

Nel maggio del 2016 si compiranno dieci anni dal massacro di San Salvador Atenco. Una Commissione Civile di Osservazione dei Diritti Umani – i cui componenti erano cittadini europei – nel giugno del 2006 ha presentato al Parlamento Europeo un rapporto sui fatti e sulle gravi violazioni dei diritti umani in relazione allo sgombero forzato di una comunità per costruire il nuovo aeroporto di Città del Messico in una zona ejidal (cioè di proprietà collettiva) dello Stato del Messico.

Negli ultimi dieci anni la situazione si è fatta se possibile ancora più grave, con decine di migliaia di sparizioni forzate, violenza sistematica contro chi vuole difendere e promuovere i diritti umani, contro attivisti dei movimenti sociali e contro i giornalisti e fotografi che documentano la condizione di violenza strutturale scelta come forma di “politica attiva” dai governi di Felipe Calderón, prima, e di Enrique Peña Nieto (che nel 2006 era governatore dello Stato del Messico durante i fatti di Atenco), ora.

Tra gli attivisti e giornalisti minacciati e perseguitati ci sono anche cittadini italiani ed europei; tra le vittime ci sono anche cittadini italiani ed europei (come il finlandese Jyri Antero Jaakkola, assassinato dai paramilitari nello stato del Oaxaca nel 2010).

In questo panorama di violenza diffusa e repressione contro i civili ricordiamo la sparizione forzata dei 43 studenti della Escuela Normal Rural di Ayotzinapa, avvenuta la notte del 26 settembre del 2014 nella città di Iguala, stato del Guerrero, in cui sono coinvolti la polizia municipale di Iguala ed elementi dell’esercito messicano. Da dieci mesi i 43 giovani studenti sono vittime di sparizione forzata di persone.

Il 30 giugno 2014 l’esercito messicano, con un ordine scritto dall’Alto Comando Militare, fucilava 22 ragazzi in un’esecuzione extragiudiziale, una delle tante esecuzioni extragiudiziali portate a termine dall’esercito che ha l’ordine di “abbattere” civili considerati delinquenti senza alcun diritto ad avere un processo.

L’ONU ha recentemente spiegato come in Messico la tortura sia un metodo utilizzato in maniera sistematica negli interrogatori da tutte le forze di sicurezza.

Tutto questo accade nel silenzio della cosiddetta “comunità internazionale” e l’Unione Europea di fatto si disinteressa dei crimini dello stato messicano, continuando a mantenere relazioni commerciali con uno Stato che viola costantemente i diritti umani.

Tra il 2007 e il 2014 in Messico ci sono stati più di 164mila omicidi di civili. Negli stessi anni in Afghanistan e in Iraq si sono contate circa 104mila vittime. Il numero di persone sparite dal 2006 ad oggi, basandosi su dati conservativi del governo messicano, supera le 30mila persone. È indefinito il numero delle persone sfollate forzatamente all’interno del paese, ma molte organizzazioni di difesa dei diritti umani parlano di più di due milioni e mezzo di persone.

A fronte di tutto questo l’indifferenza dei grandi mezzi di comunicazione internazionali è impressionante e complice.

Per tutto questo, #MexicoNosUrge e non possiamo rimanere in silenzio.

Chiediamo che il Parlamento Europeo esprima la sua preoccupazione rispetto alla grave crisi dei diritti umani che vive il Messico, in particolare per le costanti aggressioni ai giornalisti e difensori dei diritti umani.

Chiediamo all’Italia e all’Unione Europea che si sospendano tutte le relazioni (politiche e commerciali) con il Messico fino a quando non si farà luce sui gravi casi di omicidio, violenza e sparizione forzata di persone. I paesi dell’Unione Europea devono applicare l’embargo agli investimenti in Messico e chiudere le loro Ambasciate, così come si è fatto nel caso di altri paesi che non osservano l’obbligo del rispetto dei diritti umani e del diritto alla vita dei propri cittadini.

Italia, Agosto 2015

Per aderire scrivere a mexiconosurge2015@gmail.com

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Aderiscono all’appello:

  1. Dario Fo (attore, regista, scrittore. Premio Nobel per la letteratura)
  2. Fundação José Saramago e Pilar del Río Gonçalves
  3. Paco Ignacio Taibo II (scrittore)
  4. Roberto Saviano (scrittore)
  5. Erri De Luca (scrittore)
  6. Don Luigi Ciotti (Presidente dell’Associazione Libera e Fondatore dell’Associazione Gruppo Abele)
  7. Raúl Vera López, O.P. (Vescovo di Saltillo, Coahuila, Messico)
  8. Padre Alejandro Solalinde, Albergue para migrantes “Hermanos en el Camino” , Ixtepec OaxacA.
  9. Nando Dalla Chiesa (docente universitario, scrittore e politico)
  10. Juan Villoro (scrittore, saggista, giornalista e drammaturgo)
  11. Paolo Flores d’Arcais (filosofo, pubblicista e direttore della rivista MicroMega)
  12. Collettivo di scrittori Wu Ming
  13. Riccardo Bonacina (direttore di Vita non profit magazine)
  14. Stefano Arduini (caporedattore di Vita non profit magazine)
  15. Gilberto López y Rivas (Professore -Ricercatore Istituto Nazionale di Antropologia e Storia (INAH)
  16. Tonio dell’Olio (responsabile del settore internazionale di Libera)
  17. Paloma Saiz (organizzatrice della Brigada Para Leer en Libertad)
  18. Fondazione Antonino Caponnetto
  19. Salvatore Calleri (presidente Fondazione Antonio Caponnetto e membro Fondazione Sandro Pertini)
  20. Centro de Derechos Humanos Miguel Agustín Pro Juárez A.C. (México)
  21. Servicio Jesuita a Migrantes – México
  22. Centro de Investigación y Promoción Social (CIPROSOC)
  23. Comité Cerezo México
  24. Josè Agustìn Ortiz Pinchetti
  25. Valerio Evangelisti (scrittore)
  26. Valerio Massimo Manfredi (scrittore)
  27. Franco Berardi “Bifo” (scrittore, professore universitario)
  28. Tony Negri (politico, filsofo, sociologo)
  29. Franco Piperno (politico, fisico)
  30. Giacomo Costa, SI (gesuita, direttore di Aggiornamenti Sociali)
  31. Alessandro Mannarino (cantautore)
  32. Aldo Nove (scrittore)
  33. Fabrizio Lorusso (scrittore)
  34. Eleonora Florenza (Parlamentare Europea)
  35. Alberto Prunetti (scrittore)
  36. Magdalena Gómez (docente Università Pedagogica Nazionale, collaboratrice de La Jornada)
  37. Lucia Capuzzi (giornalista di Avvenire)
  38. Roberta Zunini (giornalista)
  39. Girolamo de Michele (scrittore e docente universitario)
  40. Sandro Mezzadra (Università di Bologna)
  41. Mauro Biani (vignettista)
  42. Salvatore Palidda (sociologo, scrittore e docente Università di Genova)
  43. Graziano Graziani (giornalista)
  44. Thomas Aureliani (giornalista)
  45. Andrea Bigalli (Libera Regione Toscana)
  46. Federico Mastrogiovanni (giornalista)
  47. Luca Martinelli (giornalista di Altreconomia)
  48. Annamaria Pontoglio (Comitato Chiapas “Maribel”- Bergamo)
  49. Ruby E. Villarreal (Arquitecto, Cultural/Museum Broker)
  50. Andrea Cegna (collaborator di Radio Onda d’Urto e Radio Popolare)
  51. Emanuela Borzacchiello (Ricercatrice)
  52. Amaranta Cornejo Hernandez (Ricercatrice feminista e docente universitaria)
  53. Jaime Avilès (giornalista)
  54. Lorenzo Declich (giornalista e scrittore)
  55. La Spezia Oggi (http://www.laspeziaoggi.it/news)
  56. Comitato Bolivariano La Madrugada
  57. Associazione SUR (surnet.it)
  58. Carovane Migranti (http://carovanemigranti.org)
  59. Domenico Guarino (Consiglio Ordine dei Giornalisti Regione Toscana e Direttore Radio Cora)
  60. João Coles (Ricercatore CEC)
  61. Cynthia Rodríguez (giornalista della rivista Proceso)
  62. Renato Scalia (Comitato Fondazione Antonino Caponnetto)
  63. Cristina Morini (giornalista e scrittrice)
  64. Fabio Cuttica (fotografo agenzia Contrasto)
  65. Cecilia Narducci (giornalista)
  66. Loredana Lipperini (scrittrice e giornalista)
  67. Simona Granati (fotogiornalista)
  68. Alessandro Braga (Giornalista Radio Popolare)
  69. Francesca Nava (giornalista)
  70. Francesca Volpi (fotografa)
  71. Jessica Borroni (scenografa)
  72. Silvia Federici (scrittrice)
  73. Marilù Oliva (scrittrice)
  74. Rebelde FC (bs)
  75. Renza Salza (Comitato Chiapas Torino)
  76. Christian Marazzi (Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana)
  77. Riccardo Staglianò (giornalista)
  78. Alessandra Coppola (giornalista)
  79. Mario Portanova (giornalista)
  80. Leo Reitano (giornalista)
  81. Noura Tafeche (giornalista)
  82. Emilia Lacroce (giornalista)
  83. Yesenia de la Rosa (giornalista)
  84. Federico Chicchi (Università di Bologna)
  85. Aldo Zanchetta (Fondazione Neno Zanchetta per l’America Latina)
  86. Valentina Petrini (giornalista)
  87. Associazione Italia-Cuba circolo di Firenze
  88. Valentina Valle Baroz (giornalista)
  89. Gabriele Zagni (giornalista Piazzapulita L7)
  90. Fabio Bianchi (attivista)
  91. Miguel Angel Armendariz (ballerino e attore)
  92. Coordinamento Comasco per la Pace
  93. Alessia Glaviano (Fotografa)
  94. Maria Benciolini (antropologa)
  95. Marco Dell’Aguzzo (Blogger e collaboratore giornale di geopolitica)
  96. Carlo Bonfiglioli (professore Università Nacional Autonoma de México)
  97. Emiliano Di Marco (Attivista y Blogger)
  98. Elisa Villarreal Vargas (comunicologa, mezcalier)
  99. Carlo Maria Cananzi (consulente nelle politiche sociali)
  100. Marina Cristoni (insegnante)
  101. Alessandra De Gaetano(operatrice per l’infanzia, esperta in processi di apprendimento)
  102. Rossana Pierri (psicologa)
  103. Associazione Jambo, commercio equo e solidale Fidenza (Italia)
  104. Alessandro Raveggi (scrittore e docente)
  105. Redazione di Comune-info (comune-info.net)
  106. Eugenio Santangelo (docente)
  107. Milvia Comastri (scrittrice)
  108. Vito Foderà (autore televisivo)
  109. Bonnot (musicista)
  110. Assalti Frontali (underground rap band)
  111. Donatella Maceraudi Gattullo (ex docente Università di Torino)
  112. Luigi Rigoni
  113. Cesira Taranto
  114. Ruben Magazzù
  115. Chiara Bardelli
  116. Dino Barberini
  117. Ernesto Barberini
  118. Lia Barberini
  119. Simona Barberini
  120. Remo Catassi
  121. Roberto Faustini
  122. Leonardo Perri
  123. Sabrina Benenati
  124. Graziella Corsaro
  125. Rosa Maiello
  126. Ida Tesconi
  127. Ida Dello Ioio
  128. Gianna Taverna
  129. Elvira Taverna
  130. Claudio Bianchi
  131. ClaudioTullii
  132. Roberto Lesignoli
  133. Alessandra Mastrorsa
  134. Patrizia Capaccetti
  135. Michela Giovannini
  136. Matteo Realdi
  137. Alessandro Peregalli
  138. Roberto Salvatore
  139. PatrizioDolcini
  140. Aararamuri Mares
  141. Paolo Arduini (giornalista LuciSulla Città, Pisa)
  142. Monica Mazzoleni (attivista)
  143. Marco Giusti (attivista)
  144. Moltitudia Ya Basta! Roma
  145. Lucia Cupertino
  146. Valentino Bellini
  147. Arianna Martina Orlando
  148. Gaia Capogna
  149. Dario Chistolini
  150. Vincenzo Riso
  151. Sergio Dalmasso
  152. Eda Marina Lucchesi
  153. Claudio Minetti
  154. Angela Corcione
  155. Daniel Gershenson (attivista)
  156. Silvia Papi
  157. Marialaura Pistritto
  158. Silvana Capurso
  159. Roberta Marzorati (sociologa)
  160. Daniela Pagano(educatrice e cooperante)
  161. Giorgio Trucchi (giornalista Rel-UITA)
  162. Liliana Omegna
  163. Marina Criscuoli
  164. Franco Fuselli
  165. Gianni Novelli (giornalista)
  166. Mercedes Grimaldi
  167. Silvio Stoppoloni (http://www.leintegrazionimpossibili.wordpress.com)
  168. Maurizio Betti (professore)
  169. Franco Elia
  170. Ira Vannini
  171. Pietro Custodi
  172. Andrea Ciaccheri (Centro Sociale La Strada)
  173. Chiara Cortiana
  174. M: Cristina Secci (ricercatrice e traduttrice)
  175. Manuela Bono
  176. Gioacchino Lo Bianco
  177. Angela Bellei
  178. Andrea Spotti (reporter autonomo)
  179. Miriam Tombino
  180. Anna Pacchiani
  181. Massimo Vecchi
  182. Santino Zanchi
  183. Matteo Seppi (agente di polizia locale)
  184. Laura Martignoni
  185. Gian Marco Martignoni (Cgil Varese)
  186. Donne di Sabbia, Torino
  187. Tavolo per Juarez, Torino
  188. Gianfranco Mazzeo
  189. Giovanni Raffaele (Università di Messina)
  190. Cooperazione Rebelde Napoli (https://www.facebook.com/cooperazionerebelde.napoli)
  191. Emanuela Jossa
  192. Orsetta Bellani (giornalista)
  193. Nino Quaresima (attivista Caravana Italiana de Desaparecidos)
  194. Valentina Leandri
  195. Elvira Corona (giornalista freelance)
  196. Jessica Lorenzon
  197. Laura Alicino ((Dottore di Ricera in Letterature Ispano-americane – Università di Bologna)
  198. Giorgio Brambilla
  199. Eva Milan (musicista)
  200. Elisa Valtolina
  201. Laura Gandolfi (University of Chicago)
  202. Sabina Fantin (educatrice)
  203. Maria Lorena Rojas
  204. Morena Casadio
  205. Maura Zappa
  206. Francesco Dal Pozzolo
  207. Nelly Bocchi
  208. Marco Gaibazzi
  209. Sara Soldi
  210. Alessandra Testi
  211. Gabriela Islas Arzamendi
  212. Eduardo Abaroa (scultore e scrittore)
  213. Rebecca Rovoletto (attivista)
  214. Maria Rosaria Capozzi
  215. Ireo Bono
  216. Liliana Rodríguez Zambrano
  217. Nicoletta Manuzzato (giornalista)
  218. Franceschino Barazzutti
  219. Adriana Zoratti
  220. Isabel Vericat
  221. Beatriz Álamo Rojas (actriz y locutora de Radio México DF)
  222. Francesca Savoia
  223. Camilla Giaccaglia
  224. Magali Tercero (giornalista e scrittrice)
  225. Helena Lopez (ricercatrice del Pueg-Programa Estudio de Genero della Unam)
  226. Mariana Berlanga Gayón (docente ricercatrice Uacm)
  227. Isabela Vericat Nuñez (avvocatessa e ricercatrice)
  228. Nicole Pavanello
  229. Paolo Tucci
  230. Soleterre – strategie di pace ONLUS (soleterre.org)
  231. Gioacchino Lo Bianco
  232. Mauro Pagnano (fotoreporter viewbook.com)
  233. CCF – Coordinamento Comitati Fuochi
  234. NCO- Nuova Cooperazione Organizzata
  235. NCO – Nuova Cucina Organizzata
  236. Irene Barbi
  237. Elisabetta Pavarello
  238. Luisa Acerbi
  239. Instabili Vaganti – Experimental Theatre
  240. Manuela Albasini
  241. Fabio Ghisu
  242. Patrizia Bonicelli
  243. Familia Latina Unida (Chicago, Ill, USA)
  244. MIREDES, International, Cono Sur, México, Africa, Europa
  245. José Jaques y Medina (MMM – Movimiento Migrante Meseoamericano)
  246. Marta Sanchez Soler (MMM – Movimiento Migrante Meseoamericano)
  247. Ruben Diaz Figueroa (MMM – Movimiento Migrante Meseoamericano)
  248. Elvira Arellano Olayo (MMM – Movimiento Migrante Meseoamericano)
  249. Ana Enamorado (MMM – Movimiento Migrante Meseoamericano)
  250. Frontera con JusticiaAC (Casa del Migrante de Saltillo)
  251. José Luis Manzo (difensore dei Diritti Umani, Messico)
  252. Raymundo Espinoza (avvocato)
  253. Irene Guarneri
  254. Gianni Scramoncin
  255. Daniela Leone (docente)
  256. Stefano Molteni
  257. Eleonora Bonaretti
  258. Simone Parasole (attivista)
  259. Comitato don Peppe Diana contro la camorra
  260. Lucía Melgar (accademica)
  261. Claudio Morbiato
  262. Siponta Manzella
  263. Laura Montesi (antropologa)
  264. Luca Paterlini
  265. Alfonso E. Villareal Gzz (psichiatra)
  266. Francesca Mastrogiovanni (psicologa)
  267. La 72 (rifugio per persone migranti)
  268. Alberto Xicotencatl (attivista)
  269. Sandra Angela Bassolino
  270. Il Cerchio, Coordinamento Nazionle di Sostegno ai/dai Nativi Americani
  271. Claude Albore Livadie (direttore di ricerca emerito – Centre National de la Recherche ntifique)
  272. Tiziana Buccoliero
  273. Donatella Pagliacci (medico)
  274. Erika Cofone
  275. SMR, Scalabrinianas: Misión con Migrantes y Refugiados
  276. Unidad Popular Revolucionaria Emiliano Zapata (UPREZ)
  277. Alejandro Corona (trabajador petrolero)
  278. Rossella Migliacci Bellante (pedagogista)
  279. Sonia Monica Soldani
  280. Étienne von Bertrab (accademico University College London e attivista)
  281. Rosa Riboldi
  282. Francesca Barca (agoravox.it)
  283. Francesco Sgro (acrobata)
  284. Teresa Noronha Feio (ballerina)
  285. Eslabones, Associazione di famigliari di desparecidos
  286. Valentina Peralta Puga (attivista e coordinatrice di Eslabones)
  287. Nedda Alberghini – Le Case degli Angeli di Daniele Onlus
  288. Iolanda Capezza
  289. Christian Peverieri
  290. Associazione Ya Basta! Êdî Bese!
  291. Roberto Sensi
  292. Marco Panizza
  293. Laura Puppato (Senatrice del Partito Democratico)
  294. Gian Maurizio Crivello
  295. Elsa Trueba (pedagoga)
  296. Marco Onorati
  297. Nicola Melis
  298. Loretta Pagani
  299. Giovanna Brezzo
  300. Marianna Addonizio
  301. Riccardo Toffano
  302. Claudio Mazzoleni
  303. Emiliano Sartorelli
  304. Matteo Cernison (ricercatore)
  305. Amelia Beltramini (giornalista)
  306. Salvatore Conte
  307. Maria Novella Vitale
  308. Loris Furlan
  309. Paolo Citterio (Consigliere Comunale Osio Sotto BG)
  310. Matteo Paoletti
  311. Davide Paoletti
  312. Ilary Tiralongo
  313. Marcello Cariboni
  314. Comunidad Indigena de san Francisco Xochicuautla Lerma, estado de Mexico
  315. Gerardina Caruso
  316. Patrizia Mancini (redattrice capo sito Tunisia in org)
  317. Comitato Madri per Roma Città Aperta Comité Madres Antifascistas
  318. Teresa Barile
  319. Silvia Arzola
  320. Mauro Marrone
  321. Carmen Campesi
  322. Mariachiara Iandoli
  323. Bianca Fossà
  324. Sandro Frigeri
  325. Giampaolo Gorini
  326. Concepcion Garcia Sanchez (sociologa, artista, arteterapeuta)
  327. Padre Clodomiro Siller Acuña (Consiglio Direttivo Centro Nazionale di Aiuto alle Missioni AMI)
  328. Ana de Ita Rubio (Coordinatrice Centro Studi per il Cambiamento nelle Campagne sicane CECAM)
  329. Giampaolo Gorini (Cittadinanza Attiva)
  330. Sara Monsurro
  331. Chiara Benedetti
  332. Marinella Degano
  333. Giuliano Giovannini
  334. Francesco Gesualdi
  335. Centro Nuovo Modello di Sviluppo
  336. Chiara Zanini (Corriere delle Migrazioni corrieredellemigrazioni.it)
  337. Ana Toledo
  338. Lucilla Manganozzi (pediatra)
  339. Giorgia Morero
  340. Agostino Morgillo
  341. Nadia Pedot
  342. Marina Carrer
  343. Vincenzo Tosti (attivista Terra dei Fuochi)
  344. Carlotta De Cuntis
  345. Veronica Cilione
  346. Alessandra Governa
  347. Flavia Cascianelli
  348. Vittorio Masieri
  349. Marissa Revilla (comunicadora feminista, Chiapas, Messico)
  350. Perla O. Fragoso Lugo (antropologa sociale, Messico)
  351. Margherita Giannilivigni (docente filosofia e scienze umane)
  352. Daniela Cavallo
  353. Manuel Fernández Guasti (Università Autonoma Metropolitana, Iztapalapa, Messico)
  354. Bárbara Riviello
  355. Miriam Jacqueline Villarruel Ortega
  356. Maria Gisela Espinosa Damián (docente UAM-X, Messico)
  357. Guiomar Rovira (professoressa, Messico)
  358. Hildebertha Esteban Silvestre (doctorante Cesmeca, Chiapas, Messico)
  359. Elisa Gallo
  360. Paolo Arduini (responsabile foglio mensile Luci Sulla Città, Pisa)
  361. Silvana Capurso
  362. Nicolas Défossé (regista e produttore documentari)
  363. Fabio Ballerini
  364. Angela Bellei
  365. Ludovica Sciannamblo
  366. Roberta Pagnini
  367. Gema Ixchel Blanca Ochoa (Casa de la Mujer Ixim Antsetic)
  368. Martha Dwyna Ariatna Villalobos Miranda (Casa de la Mujer Ixim Antsetic)
  369. Rebeca Raquel Cruz Hernández (Casa de la Mujer Ixim Antsetic)
  370. Miriam Jacqueline Villarruel Ortega (Casa de la Mujer Ixim Antsetic)
  371. Delia Álvaro Sánchez (Casa de la Mujer Ixim Antsetic)
  372. Oyuky Ayala Sánchez (Casa de la Mujer Ixim Antsetic)
  373. Cristina González Serna (Casa de la Mujer Ixim Antsetic)
  374. Stephanie Zamora Huerta (Casa de la Mujer Ixim Antsetic)
  375. Sandra Leebedolla Manzilla (Casa de la Mujer Ixim Antsetic)
  376. Hedler Coatli Baca León (Casa de la Mujer Ixim Antsetic)
  377. Elsa Patricia González Noriega (Casa de la Mujer Ixim Antsetic)
  378. Olga Esperanza Granda Moreno (Casa de la Mujer Ixim Antsetic)
  379. Monica Livoni Larco (Donne di Sabbia).
  380. Gianfranco Mulas (Donne di Sabbia)
  381. Luca Pasquarelli (studente)
  382. Matteo Mario Vecchio
  383. Alessandro Pendesini
  384. Irene Starace (ricercatrice e traduttrice)
  385. Darja Betocchi (insegnante)
  386. Massimo Ragazzini
  387. Camillo Boni
  388. Janja Hauschild
  389. Stefano Paltrinieri
  390. Margherita Mansuino
  391. Valerio Giodini
  392. Tommaso Cornali
  393. Elisabetta Napoli
  394. Claudia Caporossi
  395. Sara Tossini
  396. Stefania Piancone
  397. Associazione Stampo Antimafioso (stampoantimafioso.it)
  398. Martina Mazzeo (coordinatrice Stampo Antimafioso)
  399. Ellen Häring (giornalista di Deutschlandradio)
  400. Heike Hänsel (Partito Die Linke)
  401. Carlos Hainsfurth (Partito Die Linke)
  402. Rafael Hernández
  403. Eric Tellez
  404. Emiliano Sartorelli
  405. Gerardo Mendoza
  406. Francisco Maguey
  407. Belén Díaz
  408. Laura Serrano
  409. José Luis Salazar
  410. Brigitte Richte
  411. Isabel Arenas
  412. Julio Sosa
  413. Lourdes Santana
  414. Evelyn Clara Rosenbery
  415. Henio Hoyo Prohuber
  416. Sandra García
  417. Mario Vázquez
  418. Eva Bräth
  419. Manuel Tenorio Fenton
  420. Jimena Sasso
  421. Bealet Guzmán
  422. Laura Esquivel
  423. Sebastian Doniz
  424. Salvador Sierra Murillo
  425. José Antonio Álvarez Ruiz
  426. Natalia Orendain
  427. Luis Carlos Miranda Trujillo
  428. Simona Maria Frigerio (Giornalista freelance http://www.artalks.net/-http://artegrafica.persinsala.it/trimestrale Sur La Terre)
  429. Luciano Uggè (Independent Arts and Crafts Professional)
  430. Michela Sarti (insegnante)
  431. Lidia Beduschi (ex docente universitaria)
  432. Marta Usai
  433. Coordinamento Associazione Italia Nicaragua
  434. Alice Bossolo
  435. Giorgia Donini
  436. Sharon Tofanelli
  437. Marco Barbieri
  438. Umberto Mazzantini (giornalista di greenreport.it del Direttivo Nazionale di Legambiente
  439. Legambiente Arcipelago Toscano
  440. Miriam Brichetti
  441. Alfredo Ciano (insegnante)
  442. Valentina Balestracci
  443. Rita Lambertini (educatrice)
  444. Daniel Pugliese (commerciante)
  445. Francesca Ria (attrice)
  446. Alessandro Lupi (impiegato)
  447. Fausto La Rosa (terapeuta)
  448. Marilena Tomaselli
  449. Cristina Canni Ferrari
  450. Dario Uggé
  451. Renata Campani
  452. Alessandro Esposito (pastore valdese in Argentina; collaboratore e blogger della rivista MicroMega)

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 Ayotzinapa,un anno dopo

Pubblicato il 27 settembre 2015
La manifestazione del 26 settembre 2015, a un anno dalla strage di Iguala e dalla 
desapariciondei 43 studenti di Ayotzinapa, è stata un successo. Nonostante la pioggia oltre 100.000 persone hanno riempito le piazze e le strade del centro storico di Città del Messico e di decine di altre città per tutto il pomeriggio. Il corteo, lunghissimo e animato da bande musicali improvvisate, cori, performance teatrali e striscioni di centinaia di collettivi, facoltà, associazioni e gruppi organizzati, con in testa i genitori dei ragazzi di Ayotzinapa, ha raggiunto la piazza centrale della capitale verso le cinque del pomeriggio, dopo cinque ore di marcia. La polizia, seppur presente nelle strade intorno alle principale in cui sono passati i manifestanti, è rimasta in disparte e non ci sono stati né attacchi né incapsulamenti, come invece era accaduto praticamente in ogni manifestazione del 2014. Più che le mie parole, descriveranno meglio la giornata alcune fotografie (foto-galleria qui e alla fine dell’articolo) e alcuni video (inseriti nel testo e in fondo). Il sostegno per il movimento che chiede giustizia e chiarimento delle responsabilità, oltre che la “restituzione in vita” degli studenti e la realizzazione di indagini trasparenti e complete, ha mostrato la sua forza e vitalità dopo alcuni mesi di relativo declino nelle piazze (ma non nelle iniziative politiche e nelle pressioni in Messico e all’estero per smascherare le complicità e le menzogne del governo e della procura). Anche dall’estero arrivano messaggi di solidarietà e prese di posizione decise. I collettivi e le associazioni che formano “La Otra Europa, Abajo y a la Izquierda” (L’altra Europa, dal basso e a sinistra) sul blog EuroCaravana 43 hanno pubblicato un comunicato che rinnova il sostegno alla lotta dei genitori dei normalisti, dichiara che “non dimentichiamo” e che va fatta chiarezza sul crimine di stato del 26 settembre dell’anno scorso.

 

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bergamo ayotzinapaPER IL DOLORE, PER LA RABBIA, PER LA VERITA’, PER LA GIUSTIZIA

Settembre 2015

Compagne, compagnei e compagni della Sexta del Messico e del Mondo:

Sorelle e fratelli dei popoli della Terra:

Sa il nostro collettivo cuore, di prima e di ora, che il nostro dolore non è lamento sterile.

Sa che la nostra rabbia non è sfogo inutile.

Sappiamo che siamo ciò che siamo, che i nostri dolori e rabbie nascono e si alimentano a partire da menzogne e ingiustizie.

Perché chi sta di sopra ai danni di noi che siamo ciò che siamo, mente come modalità di far politica e adorna la morte, la sparizione forzata, il carcere, la persecuzione e l’assassinio con lo scandalo della sua corruzione.

E’ criminale per legge e senza vergogna chi sopra sta, al di là del colore della sua politica. Al di là che pretenda di nascondersi dietro a un cambio di nome e di bandiera.

Sempre lo stesso volto, la stessa superbia, la stessa ambizione e la stessa stupidità.

Come se facendo sparire e assassinando volessero anche far sparire e assassinare la memoria.

Da sopra e da coloro che lì annidano le loro perversioni e bassezze, riceveremo soltanto la menzogna come salario e l’ingiustizia come stipendio.

Puntuali giungono l’ingiustizia e la menzogna, tutti i giorni, a tutte le ore, in tutti i luoghi.

Non li sazia il sottrarci lavoro, vita, terra, natura.

Ci rubano anche chi è con noi: figli, figlie, sorelle, fratelli, padri, madri, familiari, compagni, amiche e amici.

Perseguita chi sopra sta. Incarcera. Sequestra. Fa scomparire. Uccide.

Non pone fine soltanto ai corpi, alle vite.

Distrugge anche storie.

Sulla smemoratezza costruisce chi sta sopra la sua impunità.

L’oblio è il giudice che non solo lo assolve, ma lo premia pure.

Perciò, e per altro, i nostri dolori e rabbie cercano la verità e la giustizia.

Presto o tardi impariamo che non si trovano da nessuna parte, che non c’è libro, né discorso, né sistema giuridico, né istituzione, né promessa, né tempo, né luogo per esse.

Che bisogna costruirle, impariamo.

Come se il mondo non fosse ancora completo, come se un vuoto gli ferisse il ventre, lacerato il cuore del colore che siamo, della Terra.

Così impariamo che senza verità e senza giustizia, non c’è giorno completo né notte. Non trova mai pace il calendario, non riposa la geografia.

In molte lingue, idiomi, segni, nominiamo chi manca.

E ogni dolore e ogni rabbia prende un nome, un volto, una storia, un vuoto che fa male e indigna.

Il mondo e la sua storia si riempiono così di assenze.

E queste assenze si fanno mormorio, parola forte, grido, ululato.

Non gridiamo per lamento. Non piangiamo di pena. Non mormoriamo per rassegnazione.

E’ perché chi manca trovi la strada del ritorno.

Perché sappiano che ci sono, anche se mancano.

Perché non dimentichino che non dimentichiamo.

Per questo: per il dolore, per la rabbia, per la verità, per la giustizia.

Per Ayotzinapa e tutti gli Ayotzinapa che feriscono i calendari e le geografie di sotto.

Per questo la resistenza.

Per questo la ribellione.

Perché arriverà il tempo in cui pagheranno tutto ciò che ci devono.

Pagherà chi ha perseguitato, pagherà chi ha incarcerato, pagherà chi ha picchiato e torturato. Pagherà chi ha imposto la disperazione della sparizione forzata. Pagherà chi ha ucciso.

Perché il sistema che ha creato, alimentato, coperto e protetto il crimine che si veste di malgoverno, sarà distrutto. Non imbellettato, non riformato, non modernizzato: demolito, distrutto, terminato, sepolto sarà.

Per questo in questo momento il nostro messaggio non è di consolazione né di rassegnazione per chi è addolorato per una o molte assenze.

Di rabbia è il nostro messaggio, di accoramento.

Perché conosciamo lo stesso dolore.

Perché abbiamo nelle viscere la stessa rabbia.

Perché, essendo differenti, così ci assomigliamo.

Per questo la nostra resistenza, per questo la nostra ribellione.

Per il dolore e la rabbia.

Per la verità e la giustizia.

Per questo:

Non claudicare. Non vendersi. Non arrendersi.

Per questo:

Verità e Giustizia!
Dalle montagne del sudest messicano

Subcomandante Insurgente Moisés Subcomandante Insurgente Galeano

In un angolo del pianeta chiamato “Terra”, settembre 2015

Questo 26 settembre, migliaia di zapatisti, bambini, bambine, giovani, donne, uomini, altrei, anziani e anziane, vivi e morti, manifesteranno nei nostri territori per abbracciare in questo modo tutte le persone che sentono dolore e rabbia a causa del carcere, della sparizione e della morte imposti da chi sta sopra.

Le abbracceremo anche perché così ci abbracceremo noi zapatisti.

E così chiamiamo tutte le persone oneste e integre del pianeta perché facciano lo stesso, nei loro calendari e geografie, secondo i loro tempi e modi.

Perché finché si vorrà supplire con le menzogne e i raggiri alla mancanza di verità e giustizia, l’umanità continuerà a essere solo una smorfia grottesca sulla faccia della Terra.

 

Testo originale

Traduzione a cura dell’Associazione Ya Basta! Milano

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Giovedì 24 Settembre 2015 – Conferenza stampa alla Camera dei Deputati

Libertà di informazione in Messico

http://webtv.camera.it/archivio?id=8372&position=0

 

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Aggressioni a BAEZLN.

ActealMinacce di morte ed aggressioni fisiche contro Basi di Appoggio dell’EZLN della comunità Tzakukum

Il Centro die Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas, A.C. (Frayba) ha documentato i fatti sulle minacce di morte, aggressioni fisiche e vessazioni contro Basi di Appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (BAEZLN) nella comunità Tzakukum, municipio ufficiale di Chalchihuitán; informazioni fornite dalla Giunta di Buon Governo di Oventik, Corazón Céntrico de los Zapatistas delante del Mundo, (JBG Oventik), appartenente al Caracol II, Resistencia y Rebeldía por la Humanidad.

Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas

San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, Messico

9 settembre 2015

Comunicato stampa N. 22

Minacce di morte ed aggressioni fisiche contro Basi di Appoggio dell’EZLN della comunità Tzakukum

I testimoni riferiscono che il giorno 10 agosto 2015, la BAEZLN, Aurelio Gómez Girón era stato minacciato di morte da una donna di nome Catarina Girón Díaz Segundo, del Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI). Lo stesso giorno il signor Ramón López García del partito PRI tagliava la conduttura dell’acqua di Mariano García Núñez, BAEZLN, anch’egli minacciato di morte con un machete.

Il 14 agosto, alle ore 20:30 circa, Librado Pérez Núñez, BAEZLN, veniva insultato ed aggredito per strada da Hermelindo García Núñez, dirigente del partito PRI, che gli disse: – sporco zapatista, siete degli assassini…..

Il 15 agosto, il priísta Juan Antonio Pérez Girón, minacciava di morte con un machete le BAEZLN María Gómez López e Catarina Girón Díaz, mentre si stavano recando ad una riunione.

Il 26 luglio, un gruppo di affiliati ai partiti aveva fermato quattro persone BAEZLN nella comunità Tzakukum minacciandole di bruciarli con la benzina: Martín García Núñez, Sebastián Gómez Pérez, Jorge López Núnez, Mario Núñez García. Altre otto persone erano state ferite: María Girón López, Mariana Girón López, María López García, Martín Díaz Pérez, María Gómez Pérez, Aurelio Gómez Girón, Rafael García Gómez, María López Núñez.

Martedì 18 agosto, l’affifliato al partito Raymundo García Pérez, ha picchiato violentemente Manuel Núñez López procurandogli ferite molto gravi al viso e in tutto il corpo ed ha aggredito altre quattro persone BAEZLN: Librado Pérez Núñez, Margarita Gómez Sánchez, Mariano García Núñez e Lorenzo Gómez Pérez. L’aggressore ha minacciato di ucciderli dicendo “ho un R15 ed un gruppo di paramilitari”. La JBG di Oventik informa che le condizionidi salute di Manuel sono gravi. Questo Centro dei Diritti Umani è in possesso di foto che documentano le ferite provocate.

Il 2 settembre, Agustín López Núñez, BAEZLN,è stato picchiato da Mario García Núñez che dal 1° ottobre sarà il direttore delle opere pubbliche del partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI) e da Marcos Núñez Sánchez, attuale agende del comitato di educazione, i quali dopo averlo pestato l’hanno caricato nel rimorchio di un veicolo tsuru di proprietà di Marío García Nuñez, abbandonandolo gravemente ferito a circa un chilometro da Tzakukum dopo averlo nuovamente pestato.

Secoondo le testimonianze delle vittime, i responsabili di queste aggressioni sono Flavio Girón Hernández, agente rurale della comunità Tzakukum; Manuel García Núñez, Sindaco di Chalchihuitan, e Hermelindo Garcia Núñez dirigente del PRI delle stessa città.

Ci preoccupa che le autorità dello stato del Chiapas incorrano in violazioni dei diritti umani per negligenza di fronte alla serie di aggressioni contro le BAEZLN. Le vittime segnalano un gruppo di circa 25 persone che le minacciano, tra le quali Domingo García Girón, Maurelio García Núñez, Marcos García Núñez, Efraín García Núñez, Florentino García Núñez, Mario Gómez García, Angelina Gómez Girón, Mariano Pérez Núñez, Rafael Núñez López, Moíses Núñez Sánchez, Nicolás Hernández García, Juan Antonio Pérez Girón, Julio Núñez Girón, Jesús Núñez Girón, Marcos Núñez Girón, Santiago García Nuñez, Mariano Girón Pérez, Manuel García López, Ricardo Núñez López, Martín Núñez Pérez; comprese personeche occupano cariche ed altre che occuperanno cariche pubbliche nella Giunta di Chalchihuitán a partire dal 1º ottobre prossimo: Mario García Núñez- opere pubbliche; Gerardo Domínguez López- Presidente Comitato di Educazione Prescolare e Primaria; Mario García López- Assessore; Nicolás Pérez Núñez- Assessore; Omar Gómez Pérez- funzionario Diconsa, Marcos Pérez López- polizia municipale, Mariana Pérez López- portavoce Procampo.

Queste violazioni dei diritti umani a Tzakukum si inquadrano nel contesto di Contrainsurgencia implementat dallo Stato messicano contro l’autonomia zapatista, recentemente sono state registrate diverse aggressioni contro BAEZLN, come l’omicidio del Maestro Zapatista Galeano il 2 maggio 20141 e la recente liberazione delle due sole persone arrestate per questo omicidio2, così come le aggressioni a El Rosario e le incursioni militari a La Realidad3 contro le BAEZLN.

Come Centro dei Diritti Umani chiediamo al governo del Chiapas di indagare e fermare le azioni di questo gruppo aggressore in maniera URGENTE e di agire di conseguenza rispetto alle violazioni dei diritti umani in quanto a minacce di morte, aggressioni fisiche e vessazioni contro le BAEZLN; Che si rispetti l’autonomia zapatista, secondo il Trattato 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro e la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Popoli Indigeni e gli Accordi di San Andrés.

Precedenti:

Il 23 luglio 2015 i priisti hanno costruito aule nell’appezzamento della scuola materna e nel campo di uso comune senza consultare le BAEZLN che chiedevano di rispettare gli accordi relativi agli spazi che sono anche della Scuola Autonoma sul terreno di un’integrante BAEZLN. Al riguardo, il 24 luglio 2015 questo Centro dei Diritti Umani ha inviato un esposto a: Vice-segreteria di Governo della Regione V. Altos Tsotsil-Tseltal, C. Juan Díaz Pérez, Presidente Municipale di Chalchihuitán, C. Alfonso Girón Velasco, Delegación Chalchihuitán edAltri affinché ci si occupasse dei fatti denunciati. Per questo i priisti sono arrabbiati ed aggrediscono perché sono stati costretti a liberare il terreno.

1Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de Las Casas. Boletín 16, 5 de mayo 2014. Agresión a Bases del EZLN en la sede de la Junta de Buen Gobierno de La Realidad. Disponible en: http://www.frayba.org.mx/archivo/boletines/140505_boletin_16_agresiones_jbg.pdf

2Ejército Zapatista de Liberación Nacional. Comunicado. 16 de agosto 2015. De arriba, nunca jamás llegarán la verdad y la justicia. Disponible en: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2015/08/18/16380/

3Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de Las Casas. Boletín 7, 10 de marzo 2015. Ejército mexicano hostiga a la Junta de Buen Gobierno de La Realidad. Disponible en: http://www.frayba.org.mx/archivo/boletines/150311_boletin_07_incursiones_militares.pdf

Testo originale

Comunicación Social

Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de Las Casas AC

Brasil 14, Barrio de Mexicanos, 29240 San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, México

tel: (+52)(967)678 7395

comunicacion@frayba.org.mx

www.frayba.org.mx

chiapasdenuncia.blogspot.mx

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Esperti indipendenti: «tutte menzogne sui 43»

Una commissione di esperti indipendenti smentisce Peña Nieto: i 43 studenti messicani non sono stati bruciati in una discarica di Cucuta. Secondo la versione ufficiale, la polizia di Iguala ha consegnato gli alunni della scuola Normal Rural di Ayotzinapa (nel Guerrero) ai narcotrafficanti dei Guerreros Unidos, che li avrebbero uccisi e bruciati. La ricostruzione ha preso piede qualche giorno dopo la scomparsa degli studenti, vittime dell’attacco congiunto di polizia e narcotrafficanti, il 26 settembre 2014. Secondo il governo, i fatti sarebbero emersi dalla confessione di alcuni narcotrafficanti, confermata dai poliziotti arrestati.

Una versione subito contestata dagli antropologi forensi argentini, nominati dai famigliari degli scomparsi e dai movimenti, che da allora denunciano nelle piazze di tutto il mondo il “crimine di stato”. Ora, un gruppo di esperti indipendenti designato dalla Commissione interamericana dei diritti umani (Cidu) riprende gli argomenti avanzati dagli specialisti argentini e sostenuti da alcune coraggiose inchieste giornalistiche, e contesta la verità ufficiale. Tre gli elementi principali messi in causa: il presunto incenerimento dei corpi, i motivi dei crimine e il ruolo della polizia militare e federale.

Nel corso di 550 pagine, il Gruppo interdisciplinare di esperti indipendenti (Giei) afferma che non esiste alcuna evidenza che un numero così elevato di cadaveri abbia potuto essere ridotto in cenere in una discarica senza essere notato nella zona. Per farlo, ci sarebbero volute 30 tonnellate di legna e il fuoco sarebbe divampato per 60 ore e non per circa 12 come hanno sostenuto i presunti pentiti. Le fiamme si sarebbero alzate per almeno sette metri e il fumo sarebbe stato notato nel raggio di 300 metri. E nei pressi della discarica non c’era combustibile sufficiente per bruciare neanche un corpo.

Uno dei sospetti emersi dalle indagini alternative è che i ragazzi siano stati portati in qualche caserma militare, dove si ritiene esistano prigioni sotterranee per le torture e forni crematori. Per questo, nel corso dei mesi i movimenti hanno manifestato davanti alle caserme, scontrandosi con la polizia e chiedendo inutilmente di poterle ispezionare.

Il Giei ricostruisce diversamente anche il motivo dell’aggressione. In quei giorni, gli studenti si erano recati a Iguala per raccogliere fondi e preparare la commemorazione di un massacro avvenuto nel ’68. Secondo una loro modalità di lotta, avevano preso “in prestito” alcuni autobus per recarsi sul posto. Avrebbero così dirottato senza saperlo anche un autobus usato dai narcotrafficanti per il mercato dell’eroina che va verso gli Stati uniti. Un mezzo di proprietà dell’impresa Costa Line.

Esercito e polizia federale — dicono poi gli esperti sulla base di testimonianze dirette — hanno costantemente seguito e controllato gli studenti fin da quando hanno lasciato la scuola. Un gruppo di soldati ha anche interrogato i ragazzi che stavano trasportando in ospedale uno dei loro compagni, ferito durante l’attacco armato. Il Giei ha cercato di interpellare il 27mo battaglione di fanteria, il gruppo militare competente per Iguala e dintorni, ma il governo non lo ha permesso. Sulla base di questi elementi, il rapporto degli esperti indipendenti conclude inviando al governo federale «20 raccomandazioni» e l’invito a riprendere le indagini.

I famigliari degli scomparsi hanno chiesto una riunione urgente con Peña Nieto, e alla presenza della commissione di esperti indipendenti: il Giei — hanno auspicato — dovrebbe rimanere nel paese fino al ritrovamento dei 43. Per il 23 settembre, famigliari e movimenti hanno annunciato uno sciopero della fame e per il 26 hanno indetto una marcia nella capitale. Con un Twitter, Nieto ha ringraziato gli esperti Giei e ha sostenuto di aver esortato gli inquirenti a tener conto delle loro conclusioni.

Intanto, un gruppo di organizzazioni, riunite nel Congresso nazionale cittadino, dal 29 agosto sta raccogliendo le firme per denunciare Nieto e i membri del suo gabinetto per appropriazione illecita di fondi pubblici. I deputati federali di Morena, il partito di Lopez Obrador, presenteranno un progetto di legge perché possa essere processato: come Otto Pérez Molina in Guatemala.

di Geraldina Colotti – Il Manifesto – 07/09/2015 http://ilmanifesto.info/espertiindipendentituttemenzognesui43/

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Informativa completa della GIEI: https://drive.google.com/file/d/0B1ChdondilaHd29zWTMzeVMzNzA/view?pli=1

Conferenza stampa dei genitori dei genitori dei 43:https://www.youtube.com/watch?v=aeGimeraoUc

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Corriere della Sera – 07/09/2015

Messico, il rapporto choc sui 43 studenti scomparsi: «Non vennero bruciati. Ignota la loro sorte». La conclusione dell’indagine condotta dalla Commissione inter-americana per i diritti umani: è «falsa» la versione data dai «rei confessi». Le complicità con l’esercito

di Guido Olimpo

Il governo messicano è stato smentito. I 43 studenti scomparsi a Iguala, stato di Guerrero, quasi un anno fa, non sono mai stati bruciati. E ad oggi non si hanno informazioni sicure su dove siano finiti i loro resti. Questa la conclusione dell’indagine condotta dalla Commissione inter-americana per i diritti umani, un organismo chiamato a far luce su una vicenda angosciante e dove le sorprese non sono ancora finite.

I giovani sono spariti il 26 settembre del 2014 nei pressi di Iguala. Erano a bordo di alcuni veicoli bloccati da uomini armati: agenti e criminali della gang Guerreros Unidos. Secondo la versione ufficiale i ragazzi sono stati catturati dai banditi – probabilmente su ordine del sindaco di Iguala – e poi trasferiti vicino ad un torrente dove li hanno assassinati. Successivamente tre narcos – che hanno confessato il crimine – li hanno distrutti con il fuoco. Ma le successive ricerche non hanno permesso di trovare riscontri e le verifiche del DNA hanno dato esito negativo. Solo un corpo è stato riconosciuto come quello di uno dei ragazzi scomparsi.

Falsa la versione del governo

La Commissione ora ha stabilito che la storia raccontata dai «rei confessi» è probabilmente falsa, così come versione fatta circolare all’epoca. Il governo ha sempre parlato di 3 attacchi mentre in realtà sono stati 9 e sempre più violenti. Non solo. Il vero movente dell’assalto ai bus – ipotizzano gli inquirenti internazionali – sarebbe stato un tentativo di recuperare un carico di droga che era su uno dei mezzi. Stupefacenti diretti al mercato statunitense. Nel rapporto ufficiale si è sempre parlato di 4 veicoli mentre quella notte ve ne erano 5. In precedenza le autorità avevano sostenuto che la gang era entrata in azione perché temeva che gli studenti potessero disturbare un comizio organizzato dal sindaco di Iguala insieme alla moglie, donna imparentata con un noto clan locale. Una contestazione fomentata da un clan rivale. Scenario che non appare credibile.

Proteste popolari in Messico

La sparizione dei 43 ha provocato proteste popolari in Messico e all’estero, le autorità sono state più accusate di mentire e di nascondere la verità. Uno scandalo che ha coinvolto anche l’esercito: secondo alcune ricostruzioni – confermate dalla Commissione – unità erano presenti quando i banditi hanno teso l’agguato ai giovani. La vicenda, infine, ha fatto emergere altri massacri. I militari hanno recuperato, sempre nell’area di Iguala, i resti di 120 persone, vittime di regolamenti di conti o omicidi eseguiti da formazioni criminali spesso in combutta con la polizia.

Fonte: http://www.corriere.it/esteri/15_settembre_06/messico-rapporto-choc-43-studenti-scomparsi-non-vennero-bruciati-resta-ignota-loro-sorte-ccfa0f0c-54c8-11e5-b241-eccff60fea73.shtml

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Una settimana all-inclusive a Puerto Aventuras

Rubén Espinosa*

Foto: Messico, manifestazione contro le privatizzazioni © La Presse

 * In Mes­sico molti foto­re­por­ter e gior­na­li­sti stanno lavo­rando con lo pseu­do­nimo Rubén Espi­nosa, per sot­to­li­neare come la sua ucci­sione non possa silen­ziare il suo lavoro e le sue idee.

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Violenza estrema in Messico

Sergio González Rodríguez* – Città del Messico

Osservo le imma­gini. In un luogo inde­fi­nito, vasto e ben illu­mi­nato, qual­cuno è appeso al sof­fitto per i piedi. La sua cor­pu­lenza lascia imma­gi­nare che si tratti di un uomo; è com­ple­ta­mente rico­perto da una pla­stica o da una tela gri­gia; i suoi piedi, le sue ginoc­chia, la sua vita e il suo collo sono legati con del nastro ade­sivo argen­tato. Una mezza doz­zina di sicari in uni­forme di tipo mili­tare, coperti da pas­sa­mon­ta­gna neri, armi alla mano, lo cir­con­dano. Stanno aspet­tando di tor­tu­rarlo. Uno di loro, pro­ba­bil­mente il capo, dirige l’azione. La qua­lità sonora della regi­stra­zione è pes­sima. La vit­tima intui­sce il peg­gio e si agita dispe­ra­ta­mente. Grida o geme.

I miei occhi si sosti­tui­scono alla tele­ca­mera che immor­tala la scena – ciò che regi­stra la mac­china che mi filma come osser­va­tore. Trompe-l’œil davanti all’anormalità. Il capo dei sicari al posto del pas­sa­mon­ta­gna indossa la maschera dell’orrore bianca e nera di Puni­sher (il “Puni­tore”, creato dalla Mar­vel Comics), per­so­nag­gio che minac­cia, gesti­sce atti­vità di rac­ket, seque­stra, tor­tura e uccide. Nel fumetto, sotto la maschera di Puni­sher – un teschio con orbite feline e una larga mascella – si nasconde un esperto di arti mar­ziali, di armi, di anti­ter­ro­ri­smo e di tat­ti­che mili­tari che vuole ven­di­carsi degli assas­sini della sua fami­glia. L’adattamento a cui assi­sto non com­porta alcun tipo di effetti speciali.

A fianco del capo, un sica­rio svolge fun­zioni da assi­stente e bran­di­sce un machete. Entrambi si avvi­ci­nano alla vit­tima all’altezza dei geni­tali. L’emasculazione ha ini­zio. La vit­tima è in preda alle con­vul­sioni. Le sue urla sem­brano lon­tane. I sicari but­tano in terra l’organo appena moz­zato, il san­gue cola, forma una pozza, men­tre gli altri discu­tono, con­cen­trati sull’atto di tor­tura. La tele­ca­mera cerca di cap­tare le mie rea­zioni. Ma io sco­pro il suo gioco e resto immo­bile senza bat­ter ciglio, con­cen­trato sulle imma­gini. Ci sono den­tro.
Si impone nella memo­ria il ricordo della notte in cui sono stato seque­strato e tor­tu­rato a Città del Mes­sico. Un gruppo di cri­mi­nali, a suon di minacce e colpi, voleva met­ter fine alle mie inchie­ste gior­na­li­sti­che sugli assas­si­nii delle donne al con­fine tra il Mes­sico e gli Stati uniti. Come ho rife­rito nel mio libro Ossa nel deserto (2), sono stato attac­cato la sera del 15 giu­gno 1999, men­tre ero su un taxi che mi ripor­tava a casa.
Durante il tra­gitto, il taxi si è improv­vi­sa­mente fer­mato sul lato della strada. Due indi­vi­dui armati si sono avvi­ci­nati. Mi hanno ordi­nato di chiu­dere gli occhi e di spo­starmi nel posto cen­trale del sedile. Il taxi è ripar­tito; l’autista era com­plice. Potevo par­lare solo se mi pone­vano domande. Sulla base dei docu­menti che avevo addosso hanno veri­fi­cato chi fossi e che fossi effet­ti­va­mente un giornalista.

Ho subito insulti e rice­vuto colpi sul petto, sul volto e sulla testa, inferti con il cal­cio dei revol­ver. Mi hanno detto subito che mi avreb­bero fatto fuori in un ter­reno abban­do­nato a sud della capi­tale. Il taxi si è nuo­va­mente fer­mato per lasciar scen­dere uno dei due indi­vi­dui e per farne salire un altro – che veniva chia­mato «capo». Per circa un’ora quest’ultimo mi ha asse­stato pugni e gomi­tate e minac­ciato di stu­pro e di morte; poi, con un taglia ghiac­cio, mi ha inciso le cosce.

Il pas­sag­gio, non lon­tano, di una pat­tu­glia con i lam­peg­gianti accesi, che ho potuto intra­ve­dere dalle pal­pe­bre abbas­sate, ha dis­suaso i miei aggres­sori dal con­ti­nuare la loro infame opera. Mi hanno ordi­nato di asciu­garmi il san­gue che mi colava sul viso e mi hanno abban­do­nato in una via deserta all’interno della stessa zona in cui mi ave­vano pre­le­vato, poi mi hanno impo­sto di non dire nulla e di non denun­ciarli. Appena sono stato in grado, sono andato a spor­gere denun­cia. Ma le auto­rità l’hanno lasciata cadere.

Al momento del seque­stro, nella mia vita si è aperta una brec­cia, ine­so­ra­bile, che resterà lì anche dopo di me. Essere ber­sa­glio di un atto cri­mi­nale, di un abuso, di un’atrocità segna irre­ver­si­bil­mente e per sem­pre l’esistenza. Quando un fatto vio­lento spezza il quo­ti­diano di una per­sona, si pro­duce un’«anamorfosi», per­ché la vita subi­sce un’alterazione e si impone un cam­bia­mento per­verso della realtà: la caduta nell’abiezione.

Dopo quest’aggressione, ho ini­ziato a sof­frire di disturbi di memo­ria e di lin­guag­gio, a causa dei colpi rice­vuti. È stato dia­gno­sti­cato un ema­toma col­lo­cato tra il cer­vello e il cra­nio. Ho subito un inter­vento chi­rur­gico d’urgenza. Dopo un po’ di tempo, ho ripreso le mie inchie­ste e, pochi mesi dopo, sono stato vit­tima di un secondo rapi­mento con minacce della stessa natura: il «coman­dante» mi con­si­gliava di fare atten­zione; io «capivo benis­simo» a cosa si allu­deva. «Non la pic­chie­remo», mi hanno detto, «noi non ci dro­ghiamo». Non hanno fatto altro che tor­tu­rarmi psi­co­lo­gi­ca­mente, ripe­ten­domi costan­te­mente: «Il coman­dante ha ordi­nato di dirle di fare atten­zione, ha capito bene?». È durato più di un’ora. Poi mi hanno libe­rato in mezzo a una strada vie­tan­domi di voltarmi.

Ho comun­que por­tato avanti le mie ricer­che desti­nate a denun­ciare le com­pli­cità tra fun­zio­nari, poli­ziotti, cri­mi­nali e quanti deten­gono il potere nella regione vicina alla fron­tiera. Le auto­rità mes­si­cane hanno rifiu­tato di inda­gare sulle infor­ma­zioni che avevo comunicato.

Alla pub­bli­ca­zione del mio libro Ossa nel deserto, hanno nuo­va­mente minac­ciato di farmi spa­rire e di ammaz­zarmi. Nono­stante tutto, penso che, fino ad oggi, ho avuto for­tuna. Dal 2000, almeno 84 gior­na­li­sti sono stati assas­si­nati in Mes­sico. L’annuncio della loro morte è stato accolto dall’indifferenza più assor­dante. I cri­mini restano impu­niti. Quest’offesa fatta alle vit­time impone che ci si inter­ro­ghi sui fon­da­menti stessi dello Stato e che si ricordi che, senza i gior­na­li­sti, non c’è gior­na­li­smo pos­si­bile. La loro vita è quanto vi sia di più prezioso.

La guerra con­tro il traf­fico di droga in Mes­sico ha cau­sato tra le 70.000 e le 120.000 vit­time, tra morti e scom­parsi (la stessa incer­tezza sulla cifra è parte inte­grante del pro­blema). Ognuna di que­ste vit­time dà alla nozione di «ana­mor­fosi» un pro­prio signi­fi­cato particolare.

La tor­tura che con atten­zione con­ti­nuo a guar­dare non ha niente a che vedere con la let­te­ra­tura: sono testi­mone di un rituale bar­baro che ha per scopo la dif­fu­sione di uno stato di panico e l’esibizione di una supre­ma­zia ven­di­ca­trice. Vicino a me, il came­ra­man mani­pola il suo obiet­tivo e, me ne rendo conto dai suoi gesti, fa un primo piano dei miei occhi.

Rimango impas­si­bile. Nella scena pro­iet­tata i sicari deca­pi­tano la vit­tima con una moto­sega; il suo corpo non è altro che una massa di carne con­vulsa. Gli assas­sini por­tano a ter­mine il pro­prio com­pito in pochi secondi e mostrano alla tele­ca­mera la testa moz­zata della vit­tima. Il collo sgoc­ciola san­gue. Le imma­gini si dis­sol­vono sullo sfondo nero. E piomba il silen­zio; la prova è finita. In que­sto momento ricordo di esser stato io stesso una vittima.

Nel mio libro El hom­bre sin cabeza (3) ho ripor­tato un’intervista con un sica­rio spe­cia­liz­zato in deca­pi­ta­zioni. Ho potuto entrare in con­tatto con lui gra­zie a un inter­me­dia­rio che entrambi cono­sce­vamo. Il risul­tato è una testi­mo­nianza sor­pren­dente sulle pra­ti­che rituali della vio­lenza sotto la pro­te­zione della Santa Muerte, un culto popo­lare dif­fuso tra traf­fi­canti di droga, mili­tari, cri­mi­nali, emar­gi­nati e poveri nelle zone peri­fe­ri­che del paese.

Nel caso spe­ci­fico di que­sto sica­rio, come ha egli stesso rac­con­tato, dopo la deca­pi­ta­zione, viene rac­colto un cam­pione di san­gue in una boc­cetta come offerta per la ceri­mo­nia detta «alla Santa Muerte», in pre­senza del capo del gruppo criminale.

Nell’ottobre 2014, in un chio­sco di gior­nali, mi cade l’occhio su una rivi­sta che in prima pagina riporta: «Aste­nersi animi sen­si­bili». Me ne pro­curo una copia e, arri­vato in uffi­cio, con la rivi­sta aperta davanti a me, con­tem­plo le imma­gini di vio­lenza estrema di cui sono piene le pagine.

Ciu­dad Juá­rez, Stato di Chi­hua­hua: tre uomini e una donna giac­ciono morti sul bordo di una strada, cir­con­dati dai medici legali. Cuer­na­vaca, Stato di More­los: un uomo è steso al suolo, il capo e le mani bloc­cati da un nastro ade­sivo, con le mani giunte come in un gesto di pre­ghiera. Urua­pan, Stato di Michoa­cán: sul fianco di una mon­ta­gna, a ridosso di una strada, una decina di corpi insan­gui­nati for­mano una sorta di tumulo. Culia­cán, Stato di Sina­loa: su una scala vicina a un mar­cia­piede, ven­gono ritro­vati morti due uomini; la loro posi­zione indica che hanno pro­vato a fug­gire e la loro carne è dila­niata da pro­iet­tili di grosso cali­bro. Boca del Río, Stato di Vera­cruz: una ven­tina di uomini e donne giu­sti­ziati; sono stati ritro­vati su una strada, nudi o par­zial­mente sve­stiti, con mani e piedi legati dal nastro ade­sivo. Tor­reón, Stato di Coa­huila: quat­tro teste moz­zate sono alli­neate sul cofano di una mac­china. Mérida, Stato di Yuca­tán: un ammasso di cada­veri deca­pi­tati si con­fonde con altri corpi avvolti in coperte e i tatuaggi delle vit­time sono indi­stin­gui­bili dai motivi dei tes­suti. Oaxaca, Stato di Oaxaca: la testa di un uomo è stata posata in mezzo a un ponte pedo­nale su cui è stato scritto un mes­sag­gio di minac­cia rivolto al gruppo rivale. Carne dila­niata, san­gue che cola, muti­la­zioni, abiezioni.

La vio­lenza estrema dei rego­la­menti di conti tra cri­mi­nali e traf­fi­canti di droga è stret­ta­mente legata alla sub­cul­tura della vio­lenza dello Stato stesso, che include cor­ru­zione, inef­fi­cienza, negli­genze e irresponsabilità.

Men­tre riflet­tevo a tutto que­sto, i media hanno ripor­tato quasi simul­ta­nea­mente tre fatti che con­fer­mano il radi­ca­mento dell’«anamorfosi» nel mio paese:

1) L’esecuzione di almeno 15 per­sone in un cosid­detto scon­tro tra 22 pre­sunti delin­quenti e l’esercito mes­si­cano a Tla­tlaya, Stato del Mes­sico, il 30 giu­gno e il 1° luglio 2014. L’inchiesta sem­bra attri­buire la respon­sa­bi­lità a un uffi­ciale e tre sol­dati (sui sette coin­volti).
2) Il seque­stro, la tor­tura e l’assassinio di sei stu­denti a Iguala-Ayotzinapa (4), Stato di Guer­rero, e la scom­parsa di 43 stu­denti il 26 e il 27 set­tem­bre 2014, in cui sono impli­cati poli­ziotti e cri­mi­nali, con la com­pli­cità di rap­pre­sen­tanti delle isti­tu­zioni locali.
3) Nel corso dell’estate 2014, sono stati sco­perti 46 corpi, tra cui quelli di 16 donne, nel corso del dre­nag­gio di un canale a Eca­te­pec, Stato del Mes­sico, molto vicino alla capi­tale del paese. Quando è emersa la noti­zia, le auto­rità hanno cer­cato di mini­miz­zare i fatti o di farli pas­sare sotto silenzio.

Ognuno di que­sti avve­ni­menti pre­senta delle pecu­lia­rità che meri­tano di essere bre­ve­mente esa­mi­nate. In Mes­sico, le forze armate hanno l’abitudine di pra­ti­care la tor­tura e di vio­lare i diritti umani, come hanno denun­ciato diverse orga­niz­za­zioni inter­na­zio­nali o civi­che. Un bat­ta­glione di sol­dati può aprire il fuoco su un gruppo di pre­sunti delin­quenti, facendo cre­dere che la loro morte sia la con­se­guenza di uno scon­tro; può fal­si­fi­care la scena del delitto, met­tere delle armi nelle mani delle vit­time, spo­stare i corpi e minac­ciare di morte i soprav­vis­suti o i testimoni.

Il san­gue che ha inzac­che­rato i muri e i colpi d’arma da fuoco a bru­cia­pelo denun­ce­ranno le ese­cu­zioni, come la voce del testi­mone soprav­vis­suto resti­tuirà la verità. L’accusa, for­mu­lata a mezza voce o fer­ma­mente, diventa un grido stra­ziato, quanto il ran­tolo delle vit­time o la pena della fami­glia che apprende la morte abietta di un suo caro.

La morte vio­lenta mette soprat­tutto in luce lo spet­ta­colo della bar­ba­rie che in molti vogliono fug­gire o cer­cano di non guar­dare né ascol­tare. Si opterà per la cen­sura, il silen­zio, un velo ele­gante o tri­viale steso sulla cru­deltà, come un pre­cetto etico ed este­tico, che equi­vale a col­la­bo­rare con que­sta bar­ba­rie assi­cu­ran­dole la perpetuazione.

Le mac­chie di san­gue restano, con i loro con­torni inde­fi­niti, incro­state nei muri o nelle pie­tre, incu­ranti del tempo che passa. Pur cer­cando di pulirle, resterà un alone sot­tile e incan­cel­la­bile. La pol­vere si dis­solve, il lampo si perde nell’eco del tuono, ma il san­gue impre­gna tutta la natura e la memo­ria umana.
Durante il seque­stro, il pestag­gio, la tor­tura, la scom­parsa e l’omicidio degli stu­denti di un isti­tuto magi­strale dello Stato di Guer­rero, il caso di Julio César Fuen­tes Mon­dra­gón ha atti­rato la mia atten­zione. Que­sto ragazzo, ter­ro­riz­zato dai poli­ziotti che spa­ra­vano con armi da guerra su lui e i suoi com­pa­gni, si era messo a cor­rere dispe­ra­ta­mente, per cadere alla fine nelle mani di altri poliziotti.

Il suo corpo è stato sco­perto alcune ore più tardi in una zona indu­striale di Iguala. Gli ave­vano strap­pato un occhio e la pelle del viso ed era morto per una frat­tura cra­nica. L’«anamorfosi» è il rebus sel­vag­gio che crea e iden­ti­fica la vit­tima e il vit­ti­ma­rio: ti strappo gli occhi per­ché tu non mi veda, per­ché tu non veda cosa ho fatto di te, per­ché tu stesso non possa vederti nel tuo ultimo istante, né capire cosa sto per farti. Il mio ano­ni­mato è il tuo, ti separo dal tuo viso e ti tra­sformo in me stesso.

Dopo molti anni, mi sem­bra evi­dente che la vita pub­blica mes­si­cana si svolge in un’architettura abietta creata dai suoi poteri eco­no­mico e poli­tico. L’attuale crisi ha le sue radici nella moder­niz­za­zione dell’economia e dello Stato risa­lente agli anni ’80 (5).

All’inizio del 1982, sono stati sco­perti 12 corpi nel bacino prin­ci­pale dell’impianto di depu­ra­zione del fiume Tula, nello Stato di Hidalgo, vicino alla capi­tale del paese. Le vit­time appar­te­ne­vano tutte a una rete di ori­gine colom­biana che traf­fi­cava in cocaina a Città del Mes­sico e rapi­nava banche.

Sotto la dire­zione del capo della poli­zia della città, degli agenti, con la stessa for­ma­zione della poli­zia fede­rale, hanno arre­stato 20 delin­quenti. Ne hanno libe­rati otto in cam­bio di soldi. Quanto agli altri 12, li hanno pestati e tor­tu­rati per diversi giorni, prima di giu­sti­ziarli e get­tare i loro corpi nelle acque di scolo.
Trent’anni dopo, que­sto stesso modus ope­randi si ripete giorno dopo giorno in Mes­sico. Decine di migliaia di per­sone, mes­si­cani e cit­ta­dini di altri paesi dell’America cen­trale, sono scom­parse senza che le auto­rità abbiano mai aperto un’inchiesta uffi­ciale. L’architettura abietta attira le sue vit­time, le sot­to­mette in anti­cipo, le getta nelle sue anfrat­tuo­sità, le can­cella com­ple­ta­mente e, il più delle volte, fa spa­rire ogni trac­cia del loro pas­sag­gio. La col­lu­sione tra l’apparato isti­tu­zio­nale e il cri­mine orga­niz­zato distrugge tutto, anche la memoria.

La sco­perta dei 46 corpi in un canale di dre­nag­gio nell’estate 2014, sta­bi­li­sce una cer­tezza: nono­stante i cam­bia­menti ope­rati recen­te­mente nella poli­zia e nel set­tore giu­di­zia­rio, le atro­cità con­ti­nuano. L’impunità pro­ietta la sua luce gri­gia o nera e il man­cato rispetto dei diritti umani è per­ma­nente (6).

La situa­zione in Mes­sico non è un film che con­trap­pone buoni e cat­tivi, poli­ziotti e ladri. Tutto lo Stato è impli­cato, e la gra­vità dei fatti ha una por­tata gene­ra­zio­nale che le classi diri­genti e anche molti intel­let­tuali pre­fe­ri­scono ignorare.

Parole che sem­bra­vano can­cel­late dal nostro quo­ti­diano tor­nano a essere pro­nun­ciate: san­gue, pro­iet­tili, guerra, poli­zia, eser­cito, assas­si­nati, scom­parsi, morte, peri­colo, male, ter­rore, bar­ba­rie. Come tutti sanno, ogni strappo pro­fondo implica un epi­so­dio trau­ma­tico oltre a un periodo di lutto che ha due aspetti: la cer­tezza che la spe­ranza – di un vero paese cosmo­po­lita e moderno, di una grande armo­nia este­tica, senza dispa­rità – sia persa, per­ché eter­na­mente delusa; e il pro­cesso di accet­ta­zione di una realtà con­trad­dit­to­ria, inde­si­de­ra­bile, imbarazzante.

Il poeta mes­si­cano Javier Sici­lia ha rinun­ciato alla sua atti­vità poe­tica nel dire addio a suo figlio Juan Fran­ci­sco, assas­si­nato nel 2011 dal cri­mine orga­niz­zato: «Non c’è più niente da dire / Il mondo non è più degno di parola / Ce l’hanno sof­fo­cato dall’interno / Come ti hanno asfis­siato / Come hanno stra­ziato i tuo pol­moni / Il dolore non mi lascia più / Il mondo soprav­vive solo gra­zie a una man­ciata di giu­sti / Gra­zie al tuo silen­zio e al mio / Juanelo».

Que­sti versi fanno rife­ri­mento all’episodio dei Giu­sti nella Genesi (XVIII, 28–32), che sfug­gono alla cata­strofe finale, ma anche all’idea di Theo­dor Adorno sull’impossibilità di fare della poe­sia dopo Ausch­witz. Una rispo­sta stret­ta­mente per­so­nale per­ché, se inter­pre­tata in senso let­te­rale, cor­ri­spon­de­rebbe a negare il valore tra­scen­dente essen­ziale della parola che soprav­vive a qual­siasi atto di bar­ba­rie.
Nel 2014 è stato sco­perto un cen­ti­naio di ossa nelle fosse clan­de­stine dello Stato di Guer­rero; e, nel 2015, sono stati indi­vi­duati 60 cada­veri in stato di decom­po­si­zione in un cre­ma­to­rio abban­do­nato nella città di Acapulco.

Que­sti due nuovi avve­ni­menti ci obbli­gano a ripen­sare e a denun­ciare ener­gi­ca­mente la tra­sgres­sione di tutti i limiti da parte dello Stato e del governo mes­si­cani: la loro per­mis­si­vità e le loro negli­genze di fronte al cri­mine orga­niz­zato, la loro tol­le­ranza verso lo ster­mi­nio. Dal 2012, in Mes­sico, ogni due ore scom­pare una persona.

La cul­tura, neces­sita di tempo e di memo­ria. Que­ste migliaia di per­sone giu­sti­ziate o scom­parse nei lun­ghi anni di guerra e vio­lenza che segnano l’inizio di un nuovo secolo meri­tano un rico­no­sci­mento uffi­ciale degno di que­sto nome e a livello internazionale.

In futuro, se mai si dovesse per­dere il ricordo di tutte que­ste vit­time della bar­ba­rie, ci saranno tutti i rac­conti, le cro­na­che, le testi­mo­nianze, i romanzi, i saggi, i poemi, i film, le foto­gra­fie, la musica; tutte que­ste opere d’arte, tutte que­ste pub­bli­ca­zioni si impor­ranno come prove indi­spen­sa­bili per rie­vo­care que­sta tra­ge­dia tanto per­so­nale quanto col­let­tiva. È nostro dovere, per quanto mode­sto possa essere il nostro impe­gno, rico­no­scere l’esistenza di ognuno di que­sti morti. Senza il ricordo per­ma­nente della loro pre­senza, il futuro sarà per noi tutti impos­si­bile. In attesa, è indi­spen­sa­bile la vita, di cui dob­biamo assu­merci la difesa.

(1) Susan Son­tag, Davanti al dolore degli altri, Milano, Mon­da­dori, 2003.
(2) Ser­gio Gon­zá­lez Rodrí­guez, Ossa nel deserto, Milano, Adel­phi, 2006.
(3) Ser­gio Gon­zá­lez Rodrí­guez, El hom­bre sin cabeza, Bar­cel­lona, Ana­grama, 2009.
(4) Si legga Rafael Bara­jas e Pedro Miguel, «In Mes­sico un mas­sa­cro di troppo», Le Monde diplomatique-il mani­fe­sto, dicem­bre 2014.
(5) Si legga Jean-François Boyer, «La fine dell’indipendenza mes­si­cana», Renaud Lam­bert, «Car­los Slim, tutto l’oro del Mes­sico» e sub­co­man­dante Mar­cos, «La quarta guerra mon­diale è comin­ciata», Le Monde diplomatique-il mani­fe­sto, rispet­ti­va­mente marzo 2011, aprile 2008 e ago­sto 1997.
(6) Si legga Jean-François Boyer, «Il Mes­sico ostag­gio dei car­telli», Le Monde diplomatique-il mani­fe­sto, luglio 2012.

Foto: Messico, manifestazione per il sequestro dei 43 studenti scomparsi © Xinhua

*  Sag­gi­sta, vin­ci­tore del pre­mio Ana­grama 2014 per il miglior sag­gio in lin­gua spa­gnola con Campo de guerra (Ana­grama, coll. «Argu­men­tos», Bar­cel­lona, 2014). Que­sto testo è stato adat­tato da «La vio­len­cia extrema: yo den­tro», pub­bli­cato dalla rivi­sta spa­gnola Carta (2015).

 Il Manifesto – Le Monde diplomatique 05.09.2015

(Tra­du­zione di Alice Campetti)

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