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Archive for ottobre 2023

STOP ALLA REPRESSIONE CONTRO LA COMUNITÀ INDIGENA OTOMÍ RESIDENTE A CITTÀ DEL MESSICO

NO ALLO SGOMBERO DELLA CASA DEI POPOLI “SAMIR FLORES”

Ai popoli del Messico e del mondo.

Alle organizzazioni e ai gruppi che difendono i diritti umani.

Ai media.

Di fronte ai recenti atti di repressione contro la Comunità Indigena Otomí residente a Città del Messico e al tentativo di sgombero della Casa dei Popoli e delle Comunità Indigene “Samir Flores Soberanes”, dichiariamo quanto segue:

Il 16 ottobre di quest’anno, all’alba, più di 500 granatieri hanno circondato la Casa dei Popoli e delle Comunità Indigene “Samir Flores Soberanes” con l’ordine di eseguire lo sgombero della Comunità Otomí. Questo tentativo di sgombero ha lasciato un totale di 10 compagni gravemente picchiati e feriti, tra cui adolescenti di 13 anni, anziani e compagni con disabilità.

La Comunità Otomí è riuscita a respingere l’aggressione e a far ritirare i granatieri, ma il risultato di questa repressione è il seguente: un uomo di 28 anni ha ricevuto forti colpi a tutto il corpo ed è stato ferito con uno scudo sulla fronte provocandogli una profonda lesione che ha richiesto la sutura; un adolescente di 17 anni è stato aggredito da un gruppo di 5 granatieri che lo hanno preso a calci e pugni provocandogli l’immobilità di una gamba; una ragazza di 13 anni è stata picchiata da 3 granatieri che le hanno preso a calci la testa facendola svenire; un’adolescente di 18 anni è stata spinta da un elemento dotato di scudo facendola cadere, è stata tirata per i capelli da un elemento maschile, sono arrivati altri 8 agenti che l’hanno colpita alle costole e alla schiena, è stata presa a calci ripetutamente, non volevano lasciarla andare, l’hanno insultata, l’hanno sollevata per i capelli e e l’hanno colpita con uno scudo sulla schiena provocandole ferite a schiena, costole, testa, braccia e mani; 2 donne anziane sono state picchiate e gettate a terra da più elementi e una persona che stava documentando l’aggressione è stata aggredita da un gruppo di almeno 8 elementi, che l’hanno picchiata slogandole un dito e rompendo il teleobiettivo della macchina fotografica, hanno inoltre cercato di sottrarre l’attrezzatura fotografica e il cellulare con cui stava documentando gli eventi.

Peggio ancora, come un vero e proprio atto di provocazione, quasi un’ora dopo la repressione un gruppo di oltre 6 motociclisti si è avvicinato alla Casa dei Popoli per attaccare e provocare. Un’ora dopo, i motociclisti sono tornati e hanno sparato tre colpi contro i membri della comunità Otomi mettendo a rischio la vita non solo dei membri della comunità, ma anche di coloro che si trovavano nella zona.

Questi atti di repressione, discriminazione e razzismo contro la comunità indigena Otomí sono avvenuti tre giorni dopo aver celebrato il terzo anniversario dell’occupazione degli uffici dell’INPI, oggi Casa dei Popoli e delle Comunità Indigene “Samir Flores Soberanes”.

È deplorevole che a più di tre anni dall’occupazione dell’INPI, la domanda di “abitazioni dignitose e decorose” continui ad essere ignorata come 3 anni fa, ma anche come 30 anni fa. Non importa il colore del governo al potere, l’indifferenza e il disprezzo rimangono gli stessi.

A quasi venti giorni dall’inizio del blocco imposto dalla Comunità Indigena Otomí sull’Avenida Messico-Coyoacán e dopo la sanguinosa repressione del 16 ottobre scorso, la risposta del governo di Città del Messico è un silenzio minaccioso che ci porta a pensare all’altissima probabilità che da un momento all’altro il governo tenti nuovamente di sgomberare e reprimere la comunità Otomí. Di conseguenza, per quanto sopra, chiediamo la cessazione della repressione e di ogni tentativo di sgomberare i nostri fratelli membri della Comunità Otomí.

STOP ALLA GUERRA CONTRO I POPOLI DEL MESSICO E DEL MONDO, CONTRO I POPOLI ZAPATISTI E CONTRO I POPOLI ORIGINARI DEL MESSICO!

STOP ALLO SGOMBERO DELLA CASA DEI POPOLI “SAMIR FLORES SOBERANES”!

MAI PIÙ UN MESSICO SENZA DI NOI!

PER LA RICOSTITUZIONE INTEGRALE DEI NOSTRI POPOLI!

DISTINTAMENTE

MESSICO, OTTOBRE 2023

CONGRESSO NAZIONALE INDIGENO

ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2023/10/30/alto-a-la-represion-en-contra-de-la-comunidad-indigena-otomi-residente-en-la-ciudad-de-mexico/

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Seconda parte: i morti starnutiscono?

Ottobre 2023

Il SupGaleano è morto. È morto come è vissuto: infelice.

Ma sì, prima di morire, si è preoccupato di restituire il nome a colui che è carne e ossa ereditati dal maestro Galeano. Ha raccomandato di mantenerlo vivo, ovvero, di lottare. È così che Galeano continuerà a percorrere queste montagne.

Per il resto, è stata una cosa semplice. Ha iniziato a balbettare qualcosa come “lo so che sono finito, finito, finito”, e, subito prima di spirare ha detto, o meglio ha chiesto: “I morti starnutiscono?”, e basta. Queste sono state le sue ultime parole. Nessuna citazione da lasciare alla storia, né da scolpire su una lapide, né degna di un aneddoto da raccontare davanti al fuoco. Solamente questa domanda assurda, anacronistica, estemporanea: “I morti starnutiscono?”.

Poi è rimasto immobile, sospesa la stanca respirazione, gli occhi chiusi, le labbra finalmente ammutolite, le mani contratte.

Stavamo andandocene quando, uscendo dalla baracca, ormai sulla soglia della porta, abbiamo udito uno starnuto. Il SubMoy si è voltato a guardarmi e io ho guardato lui, pronunciando un “salute” appena accennato. Nessuno dei due aveva starnutito. Ci siamo girati dove si trovava il corpo del defunto e, nulla. Il SubMoy ha solo detto “buona domanda”. Io non ho proferito parola, però ho pensato “sicuramente la luna sarà finita nell’orbita di Callao” [Citazione della canzone in difesa della follia “Balada para un loco” di Adriana Verela – n.d.t.].

Vero, ci siamo risparmiati la sepoltura. Ma ci siamo pure persi caffè e tamales.

-*-

Lo so che a nessuno interessa l’ennesima morte, e men che meno quella del defunto SupGaleano. In verità, vi racconto tutto questo perché è lui che ha lasciato quella poesia di Rubén Darío con cui inizia questa serie di testi. Tralasciando l’evidente ammiccamento al Nicaragua che resiste e persiste – che si potrebbe anche vedere come riferimento all’attuale guerra dello Stato di Israele contro il popolo palestinese, anche se, al momento della sua morte, non era ancora ripreso il terrore che sconvolge il mondo –, ha lasciato questa poesia come riferimento. O meglio come risposta a qualcuno che ha chiesto come spiegare quello che sta succedendo in Chiapas, in Messico e nel mondo.

E, naturalmente, come discreto omaggio al maestro Galeano – dal quale aveva ereditato il nome –, ha lasciato quello che ha definito un “controllo di lettura”:

Chi ha cominciato? Chi è il colpevole? Chi innocente? Chi è il buono e chi è il cattivo? In che posizione si trova Francesco d’Assisi? Perde lui, il lupo, i pastori o tutti? Perché l’Assisi concepisce che si faccia un accordo basandosi solo sul fatto che il lupo rinunci a essere ciò che è?

Sebbene ciò sia avvenuto mesi fa, il testo ha scatenato accuse e discussioni che continuano ancora oggi. Quindi ne descrivo una di queste:

È una specie di riunione o di assemblea, o qualcosa come una tavola rotonda. C’è il meglio del meglio: dotti specialisti tuttologi, militanti e internazionalisti di qualsiasi causa, meno quella della loro geografia, spontaneisti con dottorati in social network (la maggioranza), e chi, vedendo il parapiglia, viene a vedere se si regalano borse, cappellini o magliette con il nome di qualche partito. Parecchi si sono fatti avanti per capire di cosa si trattava.

– “Non sei altro che un agente del sionismo imperialista ed espansionista”, ha gridato uno.

– “E tu sei solo un propagandista del terrorismo arabo musulmano fondamentalista!” – rispondeva un altro furioso.

C’erano già stati diversi scontri, ma ancora non si era andati oltre qualche spintone del tipo: “ci vediamo fuori”.

Si è arrivati a questo punto perché si sono messi ad analizzare la poesia di Rubén Darío “Los Motivos del Lobo”.

Non tutto era stato uno scambio di aggettivi, frecciatine e smorfie. Era iniziato tutto come al solito da quelle parti: buone maniere, frasi incisive, “interventi brevi” – spesso della durata di mezz’ora o più – e una profusione di citazioni e note a piè di pagina.

Prettamente al maschile, ovviamente, perché il dibattito è stato organizzato dal cosiddetto “Toby Hipertextual Club”.

“Il Lupo è il buono”, ha detto qualcuno, “perché ha ucciso solo per fame, per necessità”.

“No”, sostiene un altro, “è lui il cattivo perché ha ucciso le pecore che erano il sostentamento dei pastori”. E lui stesso ha riconosciuto che “a volte ha mangiato agnello e pastore”.

Ancora uno: “I cattivi sono gli abitanti, perché non hanno rispettato l’accordo”.

E un altro: “la colpa è dell’Assisi, che ottiene l’accordo chiedendo al lupo di smettere di essere lupo, fatto discutibile, e poi non resta a mantenere il patto”.

E un altro ancora: “Ma l’Assisi sottolinea che l’essere umano è malvagio di natura”.

Si controbattono l’un l’altro. Ma si capisce che se in questo momento si facesse un sondaggio, il lupo vincerebbe con un abbondante vantaggio a due cifre sul villaggio di pastori. Ma un’abile manovra sui social network ha ottenuto che l’hashtag “lupoassassino” fosse TT molto più di #morteaipastori. Quindi il trionfo degli influencer pro-pastore su quelli pro-lupo è stata netta, anche se solo sui social network.

Qualcuno ha argomentato a favore di due Stati sullo stesso territorio: lo Stato Lupo e lo Stato Pastore.

E qualcun altro su uno Stato Plurinazionale, con lupi e pastori che convivono sotto lo stesso oppressore, scusate volevo dire lo stesso Stato. Un altro ha risposto che questo era impossibile visti i precedenti da ambo le parti.

Un signore in giacca e cravatta si alza e chiede la parola: “Se Rubén (così ha detto, omettendo Darío), è partito dalla leggenda di Gubbio, allora possiamo fare lo stesso. Diamo continuazione al poema:

I pastori, avvalendosi del loro legittimo diritto di difendersi, attaccano il lupo. Prima distruggono la sua tana con i bombardamenti, poi entrano con i carri armati e la fanteria. Mi sembra, onorevoli colleghi, che la fine sia scontata: la violenza terroristica e animale del lupo viene annientata e i pastori possono continuare la loro vita bucolica, tosando le pecore per una potente impresa multinazionale che produce abbigliamento per un’altra impresa multinazionale altrettanto potente che, a sua volta, è debitrice di un’istituzione finanziaria internazionale ancora più potente; questo porterà i pastori a diventare efficienti lavoratori della propria terra ovviamente con tutti i benefici di legge sul lavoro – ed eleverà questo villaggio ai livelli del primo mondo, con autostrade moderne, edifici alti e persino un treno turistico dove i visitatori di tutto il mondo potranno apprezzare le rovine di quelli che un tempo erano prati, boschi e sorgenti. L’annientamento del lupo porterà pace e prosperità nella regione. Certo, alcuni animali moriranno, non importa il numero o la specie, ma sono semplicemente danni collaterali perfettamente trascurabili. Dopotutto, non si può chiedere alle bombe di distinguere tra un lupo e una pecora, né di limitare la loro onda d’urto per non danneggiare uccelli e alberi. La pace sarà conquistata e il lupo non mancherà a nessuno”.

Qualcuno si alza e dice: “Ma il lupo ha il sostegno internazionale e ha abitato quel luogo già da prima. Il sistema ha abbattuto gli alberi per farne pascoli e questo ha alterato l’equilibrio ecologico, riducendo il numero e le specie di animali che il lupo mangiava per vivere. E bisogna aspettarsi che i discendenti del lupo si prendano la giusta vendetta”.

“Ah, quindi il lupo ha ucciso anche altri esseri. È proprio come i pastori”, replica qualcuno.

Così hanno continuato, adducendo argomenti altrettanto buoni di quelli qui indicati, pieni di ingegno, colmi di erudizione e riferimenti bibliografici.

Ma la moderazione è durata poco: si è passati dal lupo e pastori alla guerra Netanyahu–Hamas e la discussione è salita di tono fino ad arrivare a ciò che fa capo a questo aneddoto, per gentile concessione post mortem dell’ormai defunto SupGaleano.

Ma in quel momento, dal fondo della sala, si è alzata una piccola mano per chiedere la parola. Il moderatore non riusciva a vedere di chi fosse la mano, così ha concesso la parola “alla persona che ha alzato la mano là in fondo”.

Tutti si sono girati a guardare e stavano quasi per lanciare un urlo di scandalo e riprovazione. Era una bambina che teneva in braccio un orso di peluche grande quasi quanto lei, che indossava una camicetta bianca ricamata e pantaloni con un gattino sulla gamba destra. Comunque, il classico “outfit” per una festa di compleanno o qualcosa del genere.

La sorpresa era tale che sono tutti rimasti in silenzio con gli sguardi fissi sulla bambina.

Lei si è messa in piedi sulla sedia pensando che così l’avrebbero sentita meglio e ha chiesto:

“E i bambini?”

La sorpresa si è trasformata in un mormorio di condanna: quali bambini? Di cosa parla questa bambina? Chi diavolo ha fatto entrare una donna in questo sacro recinto? E peggio ancora, è una donna bambina!”

La bambina è scesa dalla sedia e, sempre portando con sé il suo orsacchiotto con evidenti segni di obesità – l’orso ovviamente -, si è diretta verso la porta d’uscita dicendo:

“I bambini. Ovvero, i cuccioli del lupo e i cuccioli dei pastori. I loro piccini. Chi ci pensa ai bambini? Con chi parlerò? E dove andremo a giocare?”

Dalle montagne del Sudest Messicano

Capitán Insurgente Marcos

Messico, ottobre 2023

P.S.- Libertà incondizionata per Manuel Gómez Vázquez (ostaggio dal 2020 del governo statale del Chiapas) e José Díaz Gómez (ostaggio dall’anno scorso), indigeni basi di appoggio zapatiste imprigionati per questo, per essere zapatisti. E poi non chiedetevi chi ha seminato ciò che raccogliete.

P.S.- Uragano OTIS: Centro di raccolta per i popoli originari dello stato di Guerrero: nella sede della Casa de los Pueblos “Samir Flores Soberanes”, in Av. México-Coyoacán 343, colonia Xoco, Alcaldía Benito Juárez, Ciudad de México, C.P. 03330. Versamenti e bonifici bancari a sostegno di questi popoli e comunità su Conto Corrente Numero 0113643034, CLABE 012540001136430347, codice SWIFT BCMRMXMMPYM, della banca BBVA México, succursale 1769. A nome di: “Ciencia Social al Servicio de los Pueblos Originarios”. Telefono: 5526907936.

Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2023/10/29/segunda-parte-los-muertos-estornudan/

Traduzione: “Maribel” – Bergamo

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A SOSTEGNO DEI NOSTRI FRATELLI ORIGINARI DEL GUERRERO

Ottobre 2023

AI POPOLI ED AI GOVERNI DI MESSICO E DEL MONDO:

ALLA SEXTA NAZIONALE E INTERNAZIONALE:

AI MEZZI DI COMUNICAZIONE:

Con grande sgomento abbiamo visto come l’uragano Otis si sia abbattuto con insolita furia sulle coste dello stato di Guerrero provocando la morte di decine di esseri umani e la distruzione di villaggi e città. I nostri fratelli dell’Organizzazione Contadina della Sierra del Sur, del municipio di Coyuca, stato di Guerrero, e membri del Congresso Nazionale Indigeno, ci hanno informato dei danni che questo uragano ha causato alle comunità indigene e rurali ed in particolare nei comuni della Costa Grande di questo stato.

Questo uragano non è un fenomeno atipico, come sottolineano i media e i malgoverni, è il prodotto diretto della distruzione causata dal capitalismo, dei danni sempre maggiori che le grandi aziende e le politiche governative provocano alla nostra Madre Terra. L’atipico non è l’uragano, l’atipico è questo sistema violento che si sostiene sulla base di guerre, pandemie e del crudele sfruttamento ed espropriazione di milioni e milioni di esseri umani e della natura.

Di fronte ai gravi eventi verificatisi in Guerrero, osserviamo come il governo della cosiddetta Quarta Trasformazione concentra i suoi aiuti ai grandi centri alberghieri e commercianti del porto di Acapulco, dimenticando le migliaia di famiglie povere, principalmente contadine, che sono state colpite da Otis.

Sappiamo che, come sono soliti fare i malgoverni, non faranno altro che prendersi gioco delle nostre sofferenze, scattarsi qualche foto sulle macerie e trarre profitto dal dolore delle persone in disgrazia, per questo invitiamo le persone di buon cuore uomini e donne, i gruppi della Sexta Nazionale e Internazionale e il popolo del Messico e del mondo a dare solidarietà e donare cibo e medicinali non deperibili a sostegno delle popolazioni indigene colpite dello stato di Guerrero, presso la Casa dei Popoli “Samir Flores Soberanes”, in Av. México-Coyoacán 343 colonia Xoco, Alcaldía Benito Juárez, Città del Messico, CP03330, e a donare aiuti economici con bonifico sul conto corrente bancario Numero 0113643034, CLABE 012540001136430347, codice SWIFT BCMRMXMMPYM, banca BBVA México, intestato a: Ciencia Social al Servicio de los Pueblos Originarios.

MESSICO, 27 OTTOBRE 2023

DISTINTAMENTE

PER LA RICOSTITUZIONE INTEGRALE DEI NOSTRI POPOLI

MAI PIÙ UN MESSICO SENZA DI NOI

CONGRESSO NAZIONALE INDIGENO

ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE

Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2023/10/27/en-apoyo-a-nuestros-hermanos-originarios-en-guerrero/

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Prima parte:

LE RAGIONI DEL LUPO.
Rubén Darío.
Nicaragua.

L’uomo che ha il cuore di fiordaliso
l’animo di cherubino, la lingua celestiale
il piccolo e dolce Francesco d’Assisi;
si trova con un rude e potente animale,
la bestia temeraria, ingorda di sangue
le fauci cattive, gli occhi malvagi:
il lupo di Gubbio, il terribile lupo!
rabbioso, ha devastato i dintorni;
crudele ha sbranato tutte le greggi;
ha divorato agnelli, ha divorato pastori,
e sono innumerevoli i suoi morti e i suoi danni.

I forti cacciatori armati di fucili
sono stati fatti a pezzi. Le dure zanne
hanno preso i cani più feroci,
così come capre e agnelli.

Francesco uscì:
cercò il lupo
nella sua tana.
Vicino alla grotta trovò l’enorme bestia
che, vedendolo, si scagliò ferocemente contro di lui.
verso di lui. Francesco, con la sua voce dolce
alzando la mano, al lupo furioso,
disse: «Pace, fratello lupo!
L’animale guardò l’uomo con il ruvido saio;
rinunciò alla sua aria scontrosa,
chiuse le fauci aperte e aggressive
e disse: «Va bene, frate Francesco!”.
“Perché», esclamò il santo, «è legge che tu viva
nell’orrore e nella morte?
Il sangue che versa
il tuo muso diabolico, il lutto e l’orrore
che diffondi, il pianto
dei contadini, l’urlo, il dolore
di tante creature di Nostro Signore
non devono frenare la tua furia infernale?
Venite dall’inferno?
Siete stati infusi dell’eterno rancore

di Luzbel o Belial?”
E il grande lupo, umile: “L’inverno è duro!
e la fame è orribile! Nella foresta gelata
non ho trovato nulla da mangiare; e ho cercato il bestiame,
e a volte ho mangiato il bestiame e il pastore.
Il sangue? Ho visto più di un cacciatore
sul suo cavallo, che conduceva l’astore
al pugno; o correre dietro al cinghiale,
l’orso o il cervo; e ne ho visto più di uno
macchiato di sangue, ferire, torturare,
dalle corna rauche al clamore soffocato,
gli animali di Nostro Signore.
E non era per la fame, che andavano a cacciare.”

Francesco risponde: “Nell’uomo c’è un lievito cattivo.
Quando nasce viene con il peccato. È triste.
Ma l’anima semplice della bestia è pura.
Avrete
da oggi in poi cosa mangiare.
Lascerete in pace
le mandrie e le persone in questo paese.
Che Dio migliori la vostra selvatichezza!”
“Va bene, frate Francesco d’Assisi.”

Davanti al Signore, che lega e scioglie tutte le cose,
nella fede della promessa, posa la tua zampa su di me.

Il lupo tese la sua zampa al frate
d’Assisi, che a sua volta tese la mano.
Andarono al villaggio. La gente vide
e ciò che vedeva stentava a credere.
Il lupo feroce seguiva il religioso,
e, a testa bassa, lo seguiva tranquillamente…
come un cane domestico, o come un agnello.

Francesco chiamò il popolo in piazza
e lì predicò.
E disse: «Ecco una caccia gentile.
Fratello Lupo viene con me;
mi ha giurato di non essere più vostro nemico,
e di non ripetere il suo sanguinoso attacco.
Voi, in cambio, darete cibo
alla povera bestia di Dio.” “Così sia!”

rispose l’intero villaggio.
E poi, in segno di
di contentezza,
il buon animale ha mosso testa e coda,
e si avviò con Francesco d’Assisi verso il convento.

Per qualche tempo il lupo rimase tranquillo
nel santo asilo.
Le sue orecchie rozze ascoltavano i salmi
e i suoi occhi chiari si inumidirono.
Imparò mille grazie e giocò a mille giochi
quando andava in cucina con i laici.
E quando Francesco recitava la sua preghiera,
il lupo leccava i suoi poveri sandali.
Usciva per la strada,
attraversava la boscaglia e scendeva a valle,
entrava nelle case e gli veniva dato qualcosa
da mangiare. Lo guardavano come un levriero addomesticato.
Un giorno Francesco era assente. E il lupo
gentile, il lupo buono e gentile, il lupo gusto,
scomparve, tornò sulla montagna,
e ricominciò il suo ululato e la sua furia.
Ancora una volta si sentirono paura e allarme,
tra i vicini e i pastori;
La paura riempì l’ambiente circostante,
e il coraggio e le armi non servirono a nulla,
perché la bestia feroce
non dava tregua alla sua furia,
come se avesse
fuochi di Moloch e di Satana.

Quando il santo divino tornò al villaggio,
tutti lo cercarono con lamentele e pianti,
e con mille litigi testimoniavano
di ciò che avevano sofferto e perso così tanto
per quell’infame lupo del diavolo.

Francesco d’Assisi si fece severo.
Andò sulla montagna
per cercare il falso lupo macellaio.
E presso la sua grotta trovò il parassita.

Nel nome del Padre del sacro universo,
evocami», disse, «o lupo malvagio!
Rispondimi: perché sei tornato al male?
Rispondimi. Ti ascolto»
.
L’animale parlò, come se fosse in una lotta spietata,
la bocca schiumante e l’occhio fatale:
Fratello Francesco, non avvicinarti troppo….
Ero tranquillo nel convento;
uscivo in paese,
e se mi davano qualcosa ero felice
e mangiavo docilmente.
Ma ho cominciato a vedere che in tutte le case
c’era invidia, rabbia e ira,
e in ogni volto ardeva la brace
dell’odio, della lussuria, di infamia e di menzogna.
I fratelli facevano guerra ai fratelli,
i deboli perdevano, i malvagi vincevano,
la femmina e il maschio erano come il cane e la cagna,
e un bel giorno mi picchiarono tutti.
Mi videro umile, leccavo le mani
e i piedi. Seguivo le tue sacre leggi:
tutte le creature erano i miei fratelli,
fratelli gli uomini, fratelli i buoi,
sorelle le stelle e fratelli i vermi.
E così mi picchiarono e mi buttarono fuori
E le loro risa erano come acqua bollente,
e nelle mie viscere la bestia selvaggia si rianimò,
e mi sentii improvvisamente un lupo cattivo;
ma sempre meglio di quella gente cattiva.
E ricominciai a combattere qui,
per difendermi e per nutrirmi.
Come fa l’orso, come fa il cinghiale,
che devono uccidere per vivere.

Lasciatemi nella boscaglia, lasciatemi sul crinale,
lasciatemi esistere nella mia libertà,
vai al tuo convento, frate Francesco,
segui il tuo cammino e la tua santità.

Il santo di Assisi non gli disse nulla.
Lo guardò con sguardo profondo,
e cominciò a piangere senza conforto,
e parlò al Padre Eterno con il suo cuore.
Il vento del bosco portò la sua preghiera,
che era: Padre nostro, che sei nei cieli…

Dicembre del 1913

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Di semine e raccolti.

ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE
MESSICO.

Ottobre 2023

Quasi quindici anni fa, nelle nostre parole, abbiamo intravisto un incubo. Era in un seminario ed era attraverso la voce del defunto SupMarcos che parlavamo. Diceva:

Di semine e raccolti
(Gennaio 2009)

Forse quello che sto per dire è irrilevante per il tema centrale di questa tavola rotonda, o forse no. Due giorni fa, proprio nel giorno in cui parlavamo di violenza, l’ineffabile Condoleezza Rice, funzionario del governo statunitense, dichiarava che quanto stava accadendo a Gaza era colpa dei palestinesi, a causa della loro natura violenta.

I fiumi sotterranei che attraversano il mondo possono cambiare geografia, ma intonano lo stesso canto.

E quella che sentiamo ora è una canzone di guerra e di dolore. Non lontano da qui, in un luogo chiamato Gaza, in Palestina, nel Medio Oriente, accanto a noi, un esercito pesantemente armato e addestrato, quello di Israele, continua la sua avanzata di morte e distruzione.

I passi compiuti sono, finora, quelli di una classica guerra militare di conquista: prima un massiccio e intenso bombardamento per distruggere i punti «nevralgici» militari (così li chiamano i manuali militari) e per «ammorbidire» le fortificazioni della resistenza; poi il ferreo controllo dell’informazione: tutto ciò che si sente e si vede «nel mondo esterno», cioè fuori dal teatro delle operazioni, deve essere selezionato con criteri militari; ora un intenso fuoco di artiglieria sulla fanteria nemica per proteggere l’avanzata delle truppe verso nuove posizioni; poi sarà l’accerchiamento e l’assedio per indebolire la guarnigione nemica; quindi l’assalto che conquista la posizione annientando il nemico, poi la «pulizia» dei probabili «nidi di resistenza».

Il manuale militare della guerra moderna, con alcune variazioni e aggiunte, viene seguito passo dopo passo dalle forze militari di invasione.

Noi non ne sappiamo molto e, a ben vedere, ci sono specialisti del cosiddetto «conflitto mediorientale», ma da questo angolo (del mondo n.d.t.) abbiamo qualcosa da dire:

Secondo le foto delle agenzie di stampa, i punti «nevralgici» distrutti dall’aviazione governativa israeliana sono case, capanne, edifici civili. Non abbiamo visto bunker, caserme o aeroporti militari, o batterie di cannoni, tra ciò che è stato distrutto. Quindi, scusate la nostra ignoranza, o pensiamo che gli artiglieri abbiano una pessima mira o la verità è che non ci sono punti militari «nevralgici» a Gaza.

Non abbiamo avuto l’onore di conoscere la Palestina, ma presumiamo che queste case, capanne ed edifici fossero abitati da persone, uomini, donne, bambini e anziani, non da soldati. Non abbiamo nemmeno visto fortificazioni, ma solo macerie.

Abbiamo assistito, invece, al tentativo, finora inutile, di oscurare i media, all’esitazione dei vari governi del mondo nel prendere una posizione rispetto all’invasione, e alla figura dell’ONU, da tempo inutile, capace solo di emettere tiepidi comunicati stampa.

Ma aspettate.  Ci è venuto in mente che forse per il governo israeliano questi uomini, donne, bambini e anziani sono soldati nemici e, come tali, le capanne, le case e gli edifici in cui vivono sono caserme da distruggere.

Quindi sicuramente il fuoco che è caduto su Gaza questa mattina presto era per proteggere  da questi uomini, donne, bambini e anziani l’avanzata della fanteria dell’esercito israeliano.

E la guarnigione nemica che si vuole indebolire con l’assedio di Gaza non è altro che la popolazione palestinese che vi abita. E l’offensiva cercherà di annientare quella popolazione. E ogni uomo, donna, bambino o anziano che riuscirà a sfuggire, nascondendosi, all’assalto prevedibilmente sanguinoso, sarà poi «braccato» in modo che la pulizia possa essere completata, in modo che il comandante militare incaricato dell’operazione possa riferire ai suoi superiori «abbiamo completato la missione».

Perdonate ancora una volta la nostra ignoranza, forse quello che stiamo dicendo è, in realtà, fuori tema, o qualcosa del genere, a seconda dei casi. E che invece di ripudiare e condannare il crimine in corso, da indigeni e guerrieri quali siamo, dovremmo discutere e prendere posizione sul fatto che si tratti di «sionismo» o «antisemitismo», o che tutto sia partito dalle bombe di Hamas.

Forse il nostro pensiero è molto semplice, e ci mancano le sfumature e i dettagli che sono sempre così necessari nell’analisi, ma, per noi, noi zapatisti e zapatiste, a Gaza c’è un esercito di professionisti che uccide una popolazione inerme.

Chi sta in basso e a sinistra può tacere?

-*-

Serve dire qualcosa? Le nostre grida fermeranno qualche bomba? Le nostre parole salveranno la vita di un bambino palestinese?

Noi pensiamo di sì, forse non fermeremo una bomba o la nostra parola non diventerà uno scudo corazzato che impedirà a quel proiettile calibro 5,56 mm o 9 mm, con le lettere «IMI» («Israeli Military Industry») incise sulla base della cartuccia, di raggiungere il petto di una bambina o di un bambino, ma forse la nostra parola riuscirà a unirsi ad altre in Messico e nel mondo e forse diventerà prima un mormorio, poi una voce forte, e poi un urlo che sentiranno fino a Gaza.

Non sappiamo voi, ma noi, zapatiste e  zapatisti dell’EZLN sappiamo quanto sia importante, in mezzo alla distruzione e alla morte, sentire qualche parola di incoraggiamento.

Non so come spiegarlo, ma si scopre che sì, le parole da lontano forse non bastano a fermare una bomba, ma sono capaci di aprire una crepa nella stanza nera della morte per farvi entrare un po’ di luce.

Altrimenti, succederà quello che succederà. Il governo israeliano dichiarerà di aver inferto un duro colpo al terrorismo, nasconderà al suo popolo l’entità del massacro, i grandi produttori di armi avranno guadagnato un po’ di respiro economico per affrontare la crisi e «l’opinione pubblica mondiale», quell’entità malleabile e sempre uguale a sè stessa, si girerà dall’altra parte.

Ma non solo. Succederà anche che il popolo palestinese resisterà e sopravvivrà e continuerà a lottare, e continuerà a ricevere solidarietà dal basso.

E, forse, sopravvivrà anche un ragazzo o una ragazza di Gaza. Forse cresceranno e, con loro, il coraggio, l’indignazione, la rabbia. Forse diventeranno soldati o miliziani di uno dei gruppi che combattono in Palestina. Forse combatteranno contro Israele. Forse lo faranno sparando con un fucile. Forse si immoleranno con una cintura di candelotti di dinamite intorno alla vita.

E allora, dall’alto, scriveranno della natura violenta dei palestinesi e condanneranno la violenza e il dibattito tornerà schiacciato tra sionismo o antisemitismo.

E nessuno si chiederà chi ha seminato quello che stiamo raccogliendo.

A nome degli uomini, donne, bambini e anziani dell’Esercito zapatista di liberazione nazionale.

Subcomandante Insurgente Marcos
Messico, 4 gennaio 2009

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Coloro che all’epoca, quasi 15 anni fa, erano minorenni e sono sopravvissuti, beh….

C’è chi è stato responsabile della semina di ciò che si sta raccogliendo oggi e c’è chi, impunemente, continua a seminare.

Chi solo pochi mesi fa giustificava e difendeva l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin adducendo il «diritto di difendersi da una potenziale minaccia», ora deve destreggiarsi (o scommettere sulla dimenticanza) per invalidare tale argomentazione di fronte a Israele.  E viceversa.

Oggi, in Palestina e in Israele – e in tutto il mondo – ci sono bambini e ragazzi che imparano ciò che il terrorismo insegna: che non ci sono limiti, né regole, né leggi, né vergogna.

Né responsabilità.

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Né Hamas né Netanyahu.  Il popolo di Israele sopravvivrà.  Il popolo palestinese sopravvivrà. Devono solo darsi una possibilità e impegnarsi. Nel frattempo, ogni guerra continuerà a essere solo un preludio alla successiva, più feroce, più distruttiva, più disumana.

Dalle montagne del sud-est messicano.

Subcomandante Insurgente Moisés
Messico, ottobre 2023

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