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Archive for Maggio 2009

Poliziotti drogati

La Jornada – Venerdì 29 maggio 2009

“Usano poliziotti drogati e fermano gli aderenti all’Altra Campagna”

Gli abitanti di Bachajón accusano il governo di rubare le loro terre

Hermann Bellinghausen – Inviato

San Cristóbal de las Casas, 28 maggio. “Quelli del governo attuano questa repressione per toglierci il nostro territorio”, sostengono le autorità di San Sebastián Bachajón (municipio di Chilón), informando che la Polizia Statale Preventiva (PEP) del Chiapas ha invaso il suo ejido da cinque settimane. Inoltre, gli agenti si ubriacano, chiedono marijuana, interrogano gli ejidatarios e, in connivenza con la minoranza dei priisti, proteggono persone note come delinquenti.

Gli ejidatarios tzeltales chiedono la liberazione di sette loro compagni, aderenti all’Altra Campagna dell’EZLN, rinchiusi nella prigione di El Amate, e l’uscita immediata della polizia dal banco di ghiaia e dal posto dove stava la cabina di pedaggio per l’ingresso alle cascate di Agua Azul, distrutta ad aprile dalla PEP per installare un suo accampamento. “Di notte ne approfittano per molestare le persone. Siamo nel nostro ejido, abbiamo il diritto di camminare per strada, di andare a lavorare e andare dove vogliamo”.

I poliziotti “stanno dappertutto, sbucano da sentieri e strade e chiedono sempre se sei dell’Altra Campagna”. Passano il tempo a bere “perché non hanno altro da fare”. Al crocevia di Agua Azul, dove il governo del Chiapas ha messo un mucchio di agenti, se la spassano nel bar di Ch’opnep, di un fratello priista, che è ben felice perché con i poliziotti i suoi affari vanno a gonfie vele tanto che ha dovuto assumere quattro cameriere, mentre prima c’era solo la figlia ad aiutarlo”.

Nell’ejido di San Sebastián, nel municipio autonomo zapatista Comandanta Ramona, è proibito coltivare e consumare droghe, ma i poliziotti lo fanno “e così non svolgono il loro lavoro, ma se la passano da fumatori di marijuana”.

Dall’agosto del 2008, il presunto “commissario” ejidale filogovernativo Pedro Álvaro, “un falso”, secondo l’illuminante comunicazione degli ejidatarios, “si è messo d’accordo col malgoverno per toglierci la terra e fare affari con i ricchi, ma abbiamo detto chiaramente che la difenderemo”. Alvaro, militante priista dell’Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic), e Pascual Pérez che “si definisce” del consiglio di vigilanza, “sono d’accordo col governo che gli consegnerà le terre di Agua Azul ed il banco di ghiaia, per questo il malgoverno ha nominato di nascosto questi malandrini nel 2007”. Gli ejidatarios ricordano che a luglio del 2008 hanno ripreso il controllo del loro territorio, usurpato dal piccolo gruppo filogovernativo.

“La maggioranza degli ejidatarios sanno che stiamo distribuendo il denaro degli incassi per l’ingresso alle cascate, non come loro. Il malgoverno ha dato loro del denaro per molti mesi ed ora Pascual si sta comprando bestiame e auto; Anche Pedro Álvaro si è comprato un’auto, ed ai contadini che li seguono ciecamente non danno niente”.

Per queste “ragioni”, assicura il comunicato, hanno spedito i loro compagni “nella prigione di punizione e morte di El Amate, dove li fanno lavorare come animali e chiedono loro denaro che non abbiamo, perché noi sì siamo poveri ed il malgoverno a noi non dà quello che ruba a tutti i contadini, e quando abbiamo deciso di protestare e bloccare la strada hanno mandato gli agenti statali e federali per farci fuori”.

Accusano che “il malgoverno ci ha preso il nostro territorio e l’ha invaso con i suoi poliziotti che catturano innocenti e li torturano affinché confessino reati fabbricati”.

“La gente ci conosce”, dicono gli ejidatarios. “Quando c’è un problema in questa regione ci cercano come autorità per fermare i malviventi. C’erano molte rapine sulle strade ed i poliziotti non facevano niente e chiedevano denaro” in cambio di protezione. “Siccome non siamo come questi malviventi in uniforme”, sostengono, a novembre abbiamo organizzato una “commissione di vigilanti stradali”.

In questa commissione c’erano i sette “sequestrati a El Amate, che avevano fermati i Cruz, dei rapinatori che sono stati liberati dal consiglio di vigilanza dell’ejido priista di Agua Azul. In dicembre gli attuali detenuti avevano aiutato le autorità di San Sebastián a fermare altri quattro rapinatori che operavano a Maquincha’b, che “avevano chiaramente ammesso di essere una banda e che altri tre ancora liberi avevano le armi” per le rapine.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Annunciato Incontro Nazionale

La Jornada – Giovedì 28 maggio 2009

Ritengono che nel paese “la giustizia istituzionale non funziona e favorisce la repressione”

Ativisti annunciano la realizzazione dell’incontro nazionale contro l’impunità in Chiapas

L’esempio “più indecente” è l’atteggiamento della Corte Suprema di Giustizia della Nazione nel caso Atenco

Hermann Bellinghausen – Inviato

San Cristóbal de las Casas, 27 maggio. La Rete Nazionale Contro la Repressione e la Solidarietà, e diverse organizzazioni e collettivi dell’Altra Campagna hanno annunciato la realizzazione dell’Incontro Nazionale Contro l’Impunità e per la Giustizia Autonoma nei giorni 19 e 20 giugno prossimi all’Università della Terra, a San Cristóbal de las Casas, Chiapas. L’evento si chiuderà in concomita con l’apertura il giorno 21 dello stesso mese dell’Incontro Continentale Contro l’Impunità, nella stessa città.

Gli organizzatori ritengono che in Messico “la giustizia istituzionale non funziona, favorisce la repressione di chi protesta e l’impunità di coloro che usurpano, massacrano, rapiscono e violano i diritti più elementari del popolo”.

La giustizia, sostiene l’appello, “non sta nelle istituzioni ufficiali, qui c’è solo l’impunità per quelli che stanno in alto ed il terrore per quelli che stanno in basso”.

L’esempio “più indecente” è l’atteggiamento della Corte Suprema di Giustizia della Nazione nel caso Atenco, dove sono state accertate le gravi violazioni alle garanzie costituzionali perpetrate da poliziotti e funzionari statali, municipali e federali, come Eduardo Medina Mora ed Enrique Peña Nieto, “ma non è stata imputata loro nessuna responsabilità”.

Lo stesso senso ha avuto “dichiarare innocente Luis Echeverría per il massacro di Tlatelolco, o non giudicare Zedillo per il massacro di Acteal”, come l’impunità concessa ai governatori Ulises Ruiz, “repressore del popolo oaxaqueño e di membri della APPO”, e Mario Marín, “protettore di pederasti”, a Puebla.

Un caso riportato in partcolare nella convocazione sono “le costanti aggressioni alle comunità zapatiste da parte dell’Esercito federale, poliziotti e paramilitari del PRI e del PRD”. A questo si sommano l’assedio ai coloni di Lomas del Poleo (Ciudad Juárez), l’esproprio delle terre ai contadini da parte delle multinazionali, ed il caso delle vedove di Pasta de Conchos (Coahuila).

Si sottolineano gli omicidi “di intere famiglie e di donne incinta per mano dell’Esercito col pretesto della presunta guerra al narcotraffico, dietro la quale si nasconde una chiara politica di contrainsurgencia che ha imprigionato e fatto sparire centinaia di messicani ed ha instaurato di fatto lo stato d’emergenza”.

Gli organizzatori sottolineano che, “se i cittadini non ricevono una pronta giustizia, completa ed imparziale come dettato dall’articolo 17 della Costituzione, abbiamo tutto il diritto di cercare altre forme di fare giustizia per processare, giudicare e per quanto possibile, garantire la certezza della pena per i responsabili di queste gravi violazioni dei nostri diritti”.

Questo incontro risponde anche alla “necessità urgente” di raccogliere le denunce di episodi di repressione e le esperienze riportate nel Festival della Degna Rabbia, convocato dall’EZLN a dicembre e gennaio passati, “ed avanzare nella creazione di un tribunale autonomo e di altre forme di fare giustizia che siano efficaci e attendibili”.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Ondata di aggressioni.

La Jornada – Martedì 26 maggio 2009

Ondata di aggressioni contro ejidatari del Chiapas che si oppongono alla costruzione di un’autostrada

HERMANN BELLINGHAUSEN

Denunciando i soprusi e le aggressioni compiute da presunti evangelici nella comunità tzotzil di Mitzitón, nel municipio San Cristóbal de las Casas, Chiapas, i rappresentanti ejidali e comunali hanno messo a nudo non un problema religoso (che è servito di facciata) bensì manovre governative per imporre il passaggio sulle loro terre della pluriannunciata autostrada per Palenque.

I rappresentanti ejidali denunciano le azioni di un gruppo di elementi della Chiesa denominata Alas de Águila, in complicità con il capo della residenza della Procura Agraria di San Cristóbal, Rufino Rosales Suárez. I problemi sono cominciati il 16 aprile, quando Carmen Díaz López, Pablo Díaz López e Antonio Gómez Hernández hanno invaso terreni ad uso comunale senza l’autorizzazione dell’assemblea. Díaz López non vive a Mitzitón, ma nella comunità Nuevo Jardín, municipio de Teopisca, dove è pastore. “Da molti anni sta provocando ed era stato espulso dall’ejido per illeciti commessi per traffico di clandestini”, ricordano gli ejidatari.

Più di otto anni fa erano stai notificati alle autorità i reati di queste persone, senza effetto alcuno. Ora, l’assemblea informa “al malgoverno” che ha deciso di rimuovere le recinzioni installate dagli invasori. “Chiediamo loro di smetterla di creare conflitti con gli ejidatari di Flores Magón e Mitzitón. Abbiamo deciso di seminare alberi in questa area di uso comune”.

E sottolineano: “Curiosamente, l’area che hanno invaso si trova all’interno della superficie minacciata dal passaggio dell’autostrada (La Jornada, 21 aprile). Inoltre non sono nemmeno ejidatari riconosciuti, sono solo invasori”.

Gli ejidataris denunciano che gli invasori stanno abbattendo alberi ejido, mentre Miguel e Roberto Heredia de la Cruz “sono responsabili di furto con violenza di 130 sacchi di fertilizzante biologico del centro dell’ejido”.

Compiendo la loro azione, gli invasori hanno rotto tutti i verbali di accordo: “Noi come autorità del villaggio abbiamo rispettato il dialogo, ma quelli che non lo rispettano sono il malgoverno, i pastori e la loro gente; sono loro quelli che provocano e violano gli accordi”. In un verbale di assemblea del 19 giugno 2008, “dove figuravano 42 proprietari, furono falsificate dalla Procura Agraria 116 firme; avevano firmato perfino 8 morti e 2 detenuti, inoltre non è mai stato reso noto all’assemblea il contenuto dei verbali”. Quegli accordi furono imposti “con minacce ed inganni” alle precedenti autorità della comunità.

“Abbiamo dimostrato di essere ben disposti ad arrivare ad un accordo con i nostri compagni campesinos indigeni”, dichiarano le vittime. “Il 17 maggio si sono presentati in assemblea due evangelici per chiedere la loro partecipazione nell’ejido, accettando la cooperazione col villaggio, le assemblee, i lavori comunali, e sono stati accolti come ejidatarios, registrati nel registro del villaggio”.

Gli illeciti di Díaz López risalgono al 1999, “e tuttora tiene il suo gruppo organizzato di delinquenti”. Per dieci anni le autorità non hanno prodotto nessun risultato dalle indagini su queste persone. “Eravamo disposti al dialogo, abbiamo firmato accordi, ma vediamo che non c’è rispetto verso la nostra comunità da parte dei funzionari. Non permetteremo la divisione del nostro ejido, né l’esproprio delle nostre terre, né cadremo nelle provocazioni”, rimarcano gli ejidatarios.

Infine, esigono “la liberazione immediata dei sette compagni prigionieri politici aderenti all’Altra Campagna dell’ejido San Sebastián Bachajón”, così come del maestro Alberto Patishtán Gómez, di La Voz del Amate, detenuto da otto anni e dieci mesi.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Ancora espropri agli zapatisti.

La Jornada – Domenica 24 maggio 2009

La JBG denuncia che su questi poderi costruiscono una “casa de salud” alla quale affluiscono aiuti governativi

Leader perredisti sottraggono terreni ad un contadino zapatista, denuncia la JBG

Hermann Bellinghausen – Inviato

San Cristóbal de las Casas, Chis., 23 maggio. La giunta di buon governo (JBG) Corazón céntrico de los zapatistas delante del mundo, dal caracol di Oventic, negli Altos del Chiapas, denuncia che dirigenti perredisti ed autorità ejidali hanno sottratto due terreni ad un contadino zapatista in Elambó Bajo (municipio di Zinacantán), “per ordine della Procura Agraria di San Cristóbal de Las Casas e del commissario dei beni comunali di Zinacantán”, per edificare una “casa de salud”, dove si distribuiranno i programmi governativi, come Oportunidades, in un momento di proselitismo elettorale e senza basi legali.

Il proprietario legittimo di questi terreni, Mariano López López, base di appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale di Elambó Bajo, sostiene che il podere in cui vive “è l’eredità lasciata da suo padre” e che è lì da 62 anni. Ora, “le autorità ufficiali della comunità ed i leader perredisti lo accusano di essere un invasore.”.

Il problema risale all’11 di aprile, quando Juan González Pérez ed altri perredisti hanno invaso due parti del terreno, spiega la JBG. Uno nel luogo chiamato Bavó, di 13 metri per 11,50, 10 e 13. Questo terreno non “è sua eredità, ma l’ha comperato per proprio conto.”.

Lo stesso giorno hanno invaso il sito Yolonté, di fianco all’abitazione di López López, a circa cento metri dal terreno precedente. Le sue misure sono 18,90 metri, per 22,30, 10 e 17.20. Gli invasori “hanno messo tronchi e pietre per delimitare il confine, questo terreno il compagno l’ha ereditato”.

La JBG sottolinea che di fronte a questi fatti non ha agito “perché come zapatisti non vogliamo avere problemi con i nostri fratelli della comunità, decidendo di aspettare che cosa avrebbero fatto” gli invasori filogovernativi.

Il giorno 20 i perredisti guidati di nuovo da González Pérez, “hanno dato via ad una provocazione costruendo una casa sul terreno invaso”. L’edificio servirebbe “alle persone affiliate ai diversi partiti politici”.

In precedenza López López era ricorso al presidente dei beni comunali Francisco Hernández Pérez. “Si organizzò un’assemblea alla quale parteciparono 80 persone della comunità, tra loro Juan e Mariano González Pérez, che dissero che il terreno che avevano occupato non aveva padrone”, mentre i testimoni di Mariano López López affermarono che quelle terre sono di sua proprietà “come eredità lasciata da suo padre”; i testimoni, chiarisce la JBG, “sono maggiorenni”.

Il presidente de beni comunali, “per risolvere il problema ha fatto un accordo” a favore dei perredisti. I testimoni dell’indigeno zapatista “hanno cercato di spiegare nuovamente le sue ragioni ma non sono stati ascoltati”.

La JBG sottolinea che “durante tutte queste azioni di sottrazione di terre erano presenti gli agenti municipali e rappresentanti della comunità tzotzil; alcuni di loro avevano guidato l’attacco (a spari) ai nostri compagni basi di appoggio zapatiste il 10 aprile 2004, quando hanno lasciato senza acqua i nostri compagni basi di appoggio a Jechvó”.

In quell’imboscata diversi zapatisti disarmati e pacifici furono feriti dalle pallottole, alcuni anche gravemente.

La JBG denuncia che queste azioni “non sono per il bene della società, ma sono atti di distruzione e provocazione”.

Comunicato completo della JBG http://enlacezapatista.ezln.org.mx/denuncias/1735

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Ecofronteras e l’EZLN

La Jornada – Sabato 23 maggio 2009

Per 12 anni Ecosur ha eluso il tema

Ecofronteras affronta l’insurrezione dell’EZLN

Elio Henríquez – Corrispondente

San Cristóbal de Las Casas, Chis., 22 maggio. La presentazione del numero 36 della rivista Ecofronteras, organo ufficiale del Colegio de la Frontera Sur (Ecosur), ha sollevato un acceso dibattito che per la prima volta in 15 anni riguarda l’insurrezione zapatista del 1994.

Esperanza Tuñón Pablos, direttrice di Ecosur, ha dichiarato che “con questo numero vogliamo contribuire modestamente alla riflessione ed al dibattito circa la trascendenza di questo movimento che ha rappresentato lo spartiacque nella lotta contro la disuguaglianza e la povertà e nella ricerca di un modello alternativo di società”.

La pubblicazione di Ecofronteras è iniziata nel 1997 e non aveva mai affrontato lo zapatismo, ma la direttrice di Ecosur, dipendente del Consiglio Nazionale di Scienza e Tecnologia, che si è insediata alla fine dell’anno scorso, afferma: “Ci interessa segnalare che non si può rendere invisibile il tema” del movimento ribelle chiapaneco.

Tuñón Pablos è la prima donna ad occupare la direzione di Ecosur e, a differenza dei suoi predecessori, è orientata alle scienze sociali. Una delle sue prime azioni è stato non rinnovare l’interscambio con il gruppo statunitense Peace Corps, che si ritiene abbiano vincoli con la CIA.

Attratte dall’argomento, più di 100 persone hanno assistito alla presentazione della rivista la sera di giovedì nel centro culturale Tierra Adentro.

Dopo aver ascoltato alcuni articolisti della pubblicazione, molti presenti hanno applaudito alla decisione di occuparsi dello zapatismo. Altri hanno criticato che l’argomento è stato affrontato superficialmente. Tuñón Pablos ha risposto: “In questo numero abbiamo voluto presentare diversi punti di vista di colleghi ed esperti su come lo zapatismo ha impattato, influito e si è articolato, nell’ambito dell’indagine che è la nostra missione”.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Venerdì 22 maggio 2009

Avvenne a Corralchén dove morirono tre militari ed un ribelle

Oggi, 16 anni fa, il primo scontro tra l’Esercito e l’EZLN

ELIO HENRÍQUEZ

San Cristóbal de Las Casas, Chis., 21 maggio. Questo venerdì si compiono 16 anni dal primo scontro tra militari dell’Esercito Messicano e elementi dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) che avvenne sulla montuosa di Corralchén, nella selva Lacandona, dove fu distrutto l’accampamento ribelle Las Calabazas.

Secondo le informazioni fornite allora dall’Esercito federale, il primo scontro armato tra i suoi militari e le allora sconosciute forze zapatiste avvenne il 22 maggio 1993, mentre elementi della truppa stavano facendo addestramento militare sulla catena montuosa di Corralchén.

L’informazione fu divulgata in una lettera che il 31 maggio 1993 il tenente colonello José Guadalupe Rodríguez Olvera, capo dell’ufficio di stampa della Segreteria della Difesa Nazionale (Sedena), inviò all’allora direttore di La Jornada, Carlos Payán Velver, dopo la pubblicazione di alcune notizie che si riferivano allo scontro.

Nel documento si diceva che da 14 di maggio di quell’anno, personale del 83° Battaglione di Fanteria che stava “realizzando pratiche da addestramento sul terreno su aree disabitate del municipio di Ocosingo, veniva aggredito con armi da fuoco da un gruppo non identificato di individui che presumibilmente realizzava attività illegali”.

Precisava che nello scontro fu ucciso un ufficiale e feriti un sergente ed un capo, e “nel tentativo di respingere l’aggressione, perdeva non la vita un civile non identificato (nel 1994 si sarebbe saputo che si trattava di un ufficiale dell’EZLN) che portava un fucile mini-14 calibro 223, fatti che sono stati opportunamente messi a conoscenza dell’agente del Pubblico Ministero Federale nella città di Tuxtla Gutiérrez”.(…….)

Durante la ricerca degli “sconosciuti”, un giorno prima dell’omicidio dell’arcivescovo di Guadalajara, Juan Jesús Posadas Ocampo, il 23 maggio 1993, avvenne un secondo scontro tra soldati e zapatisti, mentre questi cercavano di uscire dalla zona.

Nel secondo scontro risultò ferito un altro ufficiale dell’Esercito Messicano. I morti furono il sottotenente José Luis Vera de Jesús e Librado Santís Gómez, elementi della truppa; i feriti, Mauro García Martínez e Lucio Hernández Xolo, oltre allo “sconosciuto”.

A causa degli scontri e della scoperta e smantellamento dell’accampamento zapatista, l’Esercito Messicano dislocò nella zona migliaia di soldati. Il centro di operazioni fu stabilito a Nazaret, dove la Petróleos Mexicanos aveva gli impianti. Le operazioni erano guidate dallo stesso titolare della Sedena, generale Antonio Riviello Bazán, ma giorni dopo le truppe furono ritirate per ordine del presidente Carlos Salinas de Gortari, poiché nel Congresso degli Stati Uniti stava per essere votato il Trattato di Libero Commercio dell’America del Nord.

Questo permise all’EZLN di continuare con i preparativi e sollevarsi in armi il primo gennaio del 1994, davanti allo stupore non solo del paese ma del mondo.

In questo contesto è stato oggi presentato il numero 36 della rivista Ecofronteras, nel quale, facendo un bilancio degli oltre 15 anni del sollevamento indigeno, il Colegio de la Frontera Sur (Ecosur) afferma che la nascita e l’evoluzione del movimento zapatista “ha significato un cambiamento sostanziale nel divenire dei popoli indios del Messico”.

Per Ecosur, “sembra incredibile che lo Stato messicano, con circa trecentomila militari ben armati ed addestrati e con un grande sostegno economico, non sia riuscito a cancellare dalla mappa un esercito indigeno, quasi analfabeta, quasi senza armi, quasi senza cibo… ma con molte speranze”.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Proteste per gli ultimi arresti.

La Jornada – Venerdì 22 maggio 2009

L’avvocato dei detenuti denuncia che continuano gli abusi contro i suoi assistiti

Esortano a “alzare la voce” per la liberazione dei sette tzeltales arrestati

Gruppi dei diritti umani si appellano agli aderenti nazionali ed internazionali dell’Altra Campagna

HERMANN BELLINGHAUSEN

San Cristóbal de las Casas, Chis. 21 maggio. Cresce la protesta per la liberazione dei sette contadini tzeltales di San Sebastián Bachajón, arrestati dal governo del Chiapas tra il 13 e 17 aprile con l’accusa di essere “rapinatori di strada”. Tra organizzazioni sociali e dei diritti umani aumenta anche la certezza che sono “prigionieri politici”, ostaggi del governo, perché contrastano la realizzazione dei piani di sviluppo turistico nella regione di Agua Azul.

Nonostante la liberazione di Miguel Vázquez Moreno, base di appoggio dell’EZLN, una trentina di organizzazioni e collettivi dell’Altra Campagna oggi hanno invitato la Zezta Internazional e gli aderenti di tutto il Messico ad “alzare la voce e le forze” per chiedere la liberazione di Gerónimo Gómez Saragos, Antonio Gómez Saragos, Gerónimo Moreno Deara, Miguel Demeza Jiménez, Sebastián Demeza Reara, Pedro Demeza Reara e Alfredo Gómez Moreno.

Chiedono che, secondo “proprie forme e modalità”, tutti gli aderenti dell’Altra Campagna “promuovano azioni di propaganda e diffusione su quanto succede in Chiapas, e sulla persecuzione di cui sono vittime i compagni basi di appoggio zapatiste”. Propongono che il 30 maggio si realizzi una mobilitazione nazionale ed internazionale, ed il 7 giugno un festival nel Giardino Cuitláhuac, di Iztapalapa.

Invitano i partecipanti “a realizzare nei loro luoghi conferenze, incontri e festival informativi”. All’appello della Rete Nazionale contro la Repressione e per la Solidarietà si uniscono, tra altri, lo Spazio di coordinamento dell’Altra Campagna nella Valle de México, La Otra Puebla, Colectivo Naucalpan, Coordinadora Valle de Chalco, Frente del Pueblo, Karakola Global, Los Nadies, Partido de los Comunistas, Unidad Obrera y Socialista, e Unión de Vecinos y Damnificados 19 de Septiembre.

Il presidio di Molino de Flores, Texcoco, dove si trovano 12 prigionieri politici di Atenco, ha ribadito l’impegno “di lottare per la liberzione dei nostri carcerati, dovunque siano”. I presenti al presidio hanno dichiarto che gli arresti a San Sebastián sono parte della guerra contro le comunità ribelli che difendono il loro territorio e le loro risorse naturali. “I compagni sono in carcere perchè lottano per la vita, per le loro comunità, perchè si oppongono al potere ed ai piani economici”. Esigono che “il governo ed i suoi gruppi paramilitari smettano di attaccare le comunità zapatiste”.

La Confederazione Generale del Lavoro (CGT) dello Stato Spagnolo si è unita oggi alla convocazione di mobilitazione, ed i collettivi, gruppi, aderenti e simpatizzanti dell’Altra Campagna nello stato di Morelos invitano ad incontrarsi presso il monumento di Zapata, a Cuernavaca, per manifestare il prossimo 30 maggio contro la “detenzione arbitraria di sette compagni e la falsa accusa di rapina” che pesa su di loro.

Ricardo Lagunes, difensore dei sette indigeni detenuti a El Amate, informa che “continuano a fare lavori forzatamente per ordine dei “precisos“, giorno e notte e dormono sul pavimento, cioè, proseguono le condizioni di maltrattamento e vessazione senza che le autorità facciano nulla per garantire la loro integrità”.

Dopo un incontro con loro nel parlatorio della prigione di Cintalapa, l’avvocato ha confermato che Gerónimo Moreno Deara, responsabile del Comitato contro la repressione di San Sebastián Bachajón, è ferito a una costola sinistra che sembra essere rotta. Gerónimo riferisce di essere stato portato in un posto e lasciato senza magiare e a dormire sul pavimento, e visitato da alcune persone, apparentemente medici, “che gli hanno dato qualche ricetta e due medicinali, hanno fatto raggi X, ma fino ad ora non hanno fatto niente altro”.

Interrogato al riguardo, l’incaricato dell’area giuridica di El Amate ha spiegato che avevano trasferito momentaneamente Moreno Deara “perché sul giornale era uscito che era malato e ferito”, e siccome non sapevano se questo era avvenuto dentro o fuori, l’hanno spostato momentaneamente “per proteggere la sua integrità”. Che le persone che l’hanno visitato erano periti della Procura Generale di Giustizia dello stato, inviati su istruzioni del procuratore. Contraddicendo la versione dell’indigeno, ha detto di ver dato da mangiare al detenuto, ma non ha specificato cosa. Il detenuto è già stato riportato in carcere.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Denuncia di torture.

La Jornada – Sabato 16 maggio 2009

http://www.jornada.unam.mx

RILASCIATO MIGUEL VAZQUEZ MORENO, BASE DELL’EZLN RINCHIUSO NEL CARCERE DI EL AMATE

Hermann Bellinghausen – Inviato

San Cristóbal de las Casas, Chis. 15 maggio. Gli otto contadini tzeltales di San Sebastián Bachajón, sotto processo nella prigione di El Amate, da una settimana sono costretti a lavori forzati per tutte le 24 ore da parte dei “precisos“, la mafia dei detenuti meticci che controlla la prigione “agli ordini delle autorità”. Tuttavia, questa mattina è stato rilasciato Miguel Vázquez Moreno, l’unico di loro che è base di appoggio dell’EZLN. Gli altri sette, aderenti dell’Altra Campagna, restano in carcere. Il governo insiste nelle sue accuse contro di loro.

Di fronte alle allarmanti condizioni della loro detenzione, il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (CDHFBC) ieri ha chiesto che la Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH) “richieda” allo Stato messicano di adottare “senza indugio”, misure di protezione per i detenuti, perché in caso contrario “l’integrità personale dei reclusi è a rischio”.

L’appello è stato rivolto a Santiago Cantón, titolare della CIDH, da parte di Blanca Isabel Martínez Bustos a nome del CDHFBC, per segnalare che gli indigeni si trovano “ingiustamente” in carcere nel Centro Statale di Reinserimento Sociale numero El Amate (CERSS 14). Nella missiva identifica come “prigionieri politici” Gerónimo Moreno Deara, Antonio Gómez Saragos, Gerónimo Gómez Saragos, Alfredo Gómez Moreno, Miguel Demeza Jiménez, Pedro Demeza Deara e Sebastián Demeza Deara, così come Miguel Vázquez Moreno, ora rilasciato.

Il CDHFBC ha raccolto la testimonianza dei detenuti, “sottoposti a lavori forzati per le intere 24 ore del giorno e minacce alla loro integrità personale da parte dei cosiddetti ‘precisos‘ ” che sono appoggiati dalle autorità carcerarie. In particolare, Gerónimo Moreno Deara “presenta difficoltà sia a parlare che respirare e non è mai stato assistito da un medico del centro penitenziario”.

La detenzione di questi indigeni, secondo Martínez Bustos, “si inserisce nel quadro di persecuzione politica del governo del Chiapas e federale nei confronti degli ejidatarios aderenti all’Altra Campagna dell’ejido San Sebastián Bachajón, municipio di Chilón, e delle basi di appoggio dell’EZLN dello stesso ejido, a causa della loro attività di organizzazione e difesa dei loro diritti come popolo indigeno, del territorio e delle risorse naturali, e per essersi assunti il compito di fornire sicurezza agli abitanti dell’ejido di fronte all’inefficienza e corruzione degli elementi delle polizie che operano nella regione”.

Il CDHFBC ha documentato violazioni dei diritti umani specialmente contro la popolazione indigena dei centri di reinserimento del Chiapas, sottoposta a schiavitù ed obbligati a vivere in spazi fisici senza le minime garanzie di dignità”. Tali pratiche “di discriminazione e violenza razziale sono tollerate dalle autorità” ed eseguite “da detenuti di origine meticcia conosciuti come ‘precisos‘ che mantengono il controllo della popolazione carceraria”.

Per tutto questo, lo Stato messicano “ha l’obbligo internazionale di garantire diritti e libertà”, si dice nel comunicato. Per quanto riguarda “l’integrità e la vita delle persone sotto la sua custodia, non si limita all’obbligo di astenersi dal torturarli o maltrattarli”. Essendo le carceri luoghi in cui lo Stato ha il controllo totale sulla vita dei detenuti, i suoi obblighi includono di “proteggere questi ultimi contro fatti di violenza di qualsiasi origine”.

La Jornada conferma che Miguel Vázquez Moreno è uscito da El Amate alle ore 8 di oggi, e che in modo molto informale il governo dello stato, tanto meticoloso, gli ha dato “uno strappo” fino alla città di Ocosingo, senza però chiedergli scusa per l’oltraggio. Fermato il 18 aprile e subito riconosciuto dalla giunta di buon governo di Morelia, è stato privato della libertà per quasi un mese.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Los de Abajo

La Jornada – Sabato 9 maggio 2009

Los de Abajo

Nuovi prigionieri politici

Gloria Muñoz Ramírez

In Chiapas c’è allerta. A partire dall’8 maggio ci sono nuovi prigionieri politici zapatisti: uno, base di appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), e sette membri dell’Altra Campagna. Tutti loro vittime di una cospirazione politica al più alto livello, che ha come sfondo il controllo ufficiale e privato dei siti turistici dello stato, concretamente le contese cascate di Agua Azul. In Chiapas c’è un appello urgente non solo a stare in allerta, ma condannare l’arresto degli otto tzeltales sottoposti ad un processo segnato da irregolarità: torture, trattamenti degradanti, fermi illegali, mancanza di interpreti e, alla fine, l’accusa di una serie di reati (furto con violenza e criminalità organizzata) che in situazioni normali (o la normalità è l’ingiustizia?) non potrebbero essere provati per la semplice ragione che sono innocenti e che due dei veri colpevoli si trovano sotto custodia delle autorità autonome zapatiste.

Il 13 aprile scorso la polizia statale e federale preventiva catturava, torturava e fermava illegalmente sei coloni tzeltales dell’ejido di San Sebastián Bachajón. Il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas, che ha seguito il caso fin dal primo momento, constatò i segni di tortura con cui, come denunciato dagli arrestati, furono obbligati a firmare un’ammissione di colpa. Successivamente venivano catturati Alfredo Gómez Moreno e Miguel Vázquez Moreno, quest’ultimo base di appoggio dell’EZLN, contro i quali furono commessi gli stessi abusi.

Niente è a caso in questo processo. I nuovi prigionieri politici sono attivisti sociali dell’ejido Bachajón, proprio all’ingresso alle splendenti cascate di Agua Azul, che difendono i loro diritti territoriali e respingono qualsiasi piano governativo che non li coinvolga, come la costruzione della strada San Cristóbal de las Casas-Palenque, il progetto turistico più ambizioso del governo di Juan Sabines. Le pressioni per espropriare gli ejidatari tzeltales non sono nuove. Il 4 novembre 2008 Jerónimo Moreno Demeza fu colpito dagli spari di un membro dell’Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic), gruppo paramilitare incaricato del “lavoro sporco”, i cui membri hanno accompagnato la polizia durante gli attuali arresti.

A partire da ora i governi federale e statale si troveranno una patata bollente nella prigione di El Amate, Chiapas, perché inizierà una campagna per la liberazione degli imputati. La giunta di buon governo zapatista ha lanciato un appello alla solidarietà. Ancora non è detta l’ultima parola.

losylasdeabajo@yahoo.com.mx.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Arrestati simpatizzanti EZLN.

La Jornada – Sabato 9 maggio 2009

La Giunta di Buon Governo di Morelia ha comunicato l’arresto dei “veri colpevoli”

Trasferiti nel carcere di El Amate gli otto simpatizzanti dell’EZLN e dell’Altra Campagna

Senza prove e senza la presenza del giudice la segretaria del tribunale ha decretato l’arresto formale

Hermann Bellinghausen – Inviato

Caracol di Morelia, Chis., 8 maggio. Juan Sabines Guerrero, governatore perredista del Chiapas ha i suoi primi “prigionieri politici” zapatisti trasferiti oggi nella prigione di El Amate, a Cintalapa de Figueroa. Sono otto: uno, base di appoggio dell’EZLN, e sette dell’Altra Campagna.

Prima di apprendere la notizia, questa mattina, la giunta di buon governo (JBG) di Morelia aveva informato di avere sotto la sua custodia i due assalitori rei confessi (che io stesso ho potuto vedere e raccoglierne le dichiarazioni) che operavano nelle vicinanze di Agua Azul, sulla strada Ocosingo-Palenque.

Nel primo pomeriggio, prima del termine legale ed in assenza non solo di prove, ma perfino del giudice, la segretaria del tribunale del distretto di Tuxtla Gutiérrez a El Amate, Fabiola del Rosario Díaz García, ha decretato formale arresto contro gli otto contadini tzeltales di San Sebastián Bachajón (municipio di Chilón).

Secondo la difesa, “si conferma il carattere politico del processo, diretto dalla segreteria del Governo del Chiapas, a guida di Noé Castañón, amico personale del segretario di Governo, Fernando Gómez Mont”. Questo conferma, aggiungono gli avvocati, “l’assoggettamento del Potere Giudiziale all’Esecutivo dello stato”.

Da parte sua la JBG sostiene di avere pienamenteidentificato la banda che da due anni agisce in quella regione ed i cui legami con agenti della Polizia Statale Preventiva (PEP) e Stradale (PEC) sono noti a Betel Yochip ed Agua Clara. “I priisti se la ridono che in prigione ci stiano i compagni e non i veri ladri”, ha detto a La Jornada uno zapatista di Agua Clara nel caracol di Morelia.

La banda di assaltanti (quella vera) è composta da Manuel Pérez Gómez, identificato come il “capo” del gruppo, dai suoi figli Pedro, Sebastián e Juan Pérez Cruz, e dai fratelli Miguel, Pascual e Jacinto Hernández Moreno. Questi ultimi si riunivano nella sua casa con agenti della polizia statale nei giorni scorsi, durante gli operativi scatenati dal governo statale nelle vicinanze di Agua Azul.

I due giovani sotto custodia, Manuel Pérez Gómez (omonimo del precedente) e Manuel Gómez Vázquez, di 19 e 16 anni rispettivamente, sono stati denunciati alla JBG dai loro stessi familiari ed erano nuovi nella banda. Attualmente svolgono “lavori comunitari” in una milpa gestita dall’autorità autonoma e ricevono sostentamento insieme alle decine di basi zapatiste che lavorano nel caracol. Trascorrono la notte in due celle separate.

La JBG di Morelia ribadisce l’arresto ingiustificato dello zapatista Miguel Vázquez Moreno, catturato “di sorpresa, mentre lottava per guadagnarsi la giornata per sé e la famiglia, trasportando persone” nel centro turistico di Agua Azul.

“E’ evidente che il malgoverno del Chiapas sta provocando e costruendo false accuse, obbligandoli a firmare la loro deposizione con minacce e torture da parte dei poliziotti. Per noi, il nostro compagno è un prigioniero politico”. La JBG attribuisce “all’incapacità di Juan Sabines” il fatto che “suoi repressori hanno torturato ingiustamente i nostri compagni, mentre i veri delinquenti stanno godendo la libertà nelle proprie case”.

La JBG tiene sotto la sua custodia due dei “veri assaltanti”: Manuel Pérez Gómez, di Flor de Cacao (municipio Benemérito de las Américas) “con tatuaggi sulla mano sinistra ccon scitto ‘crimine’, e una croce a fianco, e cicatrici di vecchie ferite su entrambe le braccia che egli stesso si fece”, e Manuel Gómez Vázquez, di Agua Clara (municipio Salto de Agua).

Questi erano stati ingaggiati “dai veri capi degli assaltanti” (sopracitati) e portano armi calibro 22 a 16 colpi e nei giorni scorsi hanno sparato “dalla montagna” contro i poliziotti. Erano in pssesso anche di pistole ed armi bianche. “Vivono sulle montagne tra Betel Yochip e Agua Clara”.

Io stesso ho visto due filmati, girati questa settimana, dove i giovani sotto custodia raccontano la loro vita di emigranti a Cancun ed il modus operandi della banda che “li ha ingaggiati” al loro ritorno.

In mattinata ad Ocosingo si è svolta una manifestazione di aderenti dell’Altra Campagna provenienti da diverse parti dello stato per chiedere la liberazione degli indigeni condannati. Il corteo è partito dalla sede autonoma zapatista Primero de Enero per concludersi nella piazza centrale dove sono stati esposti striscioni e cartelli davanti al palazzo municipale, presieduto dal panista Leonel Solórzano.

Testo integrale del comunicato della JBG di Morelia.

http://www.jornada.unam.mx/2009/05/09/index.php?section=politica&article=016n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Arrestati vittime di tortura.

La Jornada – Giovedì 7 maggio 2009

Si dichiarano vittime di tortura da parte di poliziotti in abiti borghesi

Indigeni chiapanechi affermano di essere stati arrestati perchè appartenenti all’EZLN

Si oppongono ai progetti neoliberisti che vogliono trasformare le loro terre in una nuova Cancún

Hermann Bellinghausen, Inviato

El Amate, Chis. 6 maggio. “Le ragioni per le quali sono stato arrestato è perchè appartengo all’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale” (EZLN), ha dichiarato oggi Miguel Vázquez Moreno durante la sua deposizione al processo nel Centro Statale per il Reinserimento dei Condannati (CERSS) numero 14, El Amate, dove nessun funzionario o impiegato indossa mascherine né sa che esiste un’emergenza sanitaria nazionale e statale.

A differenza della sua prima “deposizione” resa sotto coercizione in stato di fermo, Vázquez Moreno è assistito da un traduttore nella sua lingua, sebbene di una variante dialettale diversa (il traduttore offerto dalle autorità è di Cancuc, mentre gli otto detenuti sono di San Sebastián Bachajón e parlano lo tzeltal di Chilón). Ma, almeno, si capiscono, ed è già abbastanza.

Da dietro le sbarre si dichiara innocente dei reati imputati e chiede di essere rilasciato per mancanza di elementi per processarlo. E si presenta così: “Sono originario dell’ejido San Sebastián Bachajón e faccio parte delle basi di appoggio dell’EZLN, organizzazione che difende il diritto di esercitare la sua autonomia e libera determinazione come popoli indigeni, il suo diritto al territorio ed alle risorse naturali”.

I governi federale e statale “vogliono imporre progetti economici neoliberisti nel nostro territorio autonomo; come indigeni, la terra è la nostra vita, da lei mangiamo, lavoriamo, cresciamo i nostri figli e è qualcosa di sacro, per questo riteniamo che la terra non si vende ma si lavora e si preserva” aggiunge.

“Il nostro territorio è ricco di acqua, animali, risorse naturali” che, il governo di Juan Sabines Guerrero e federale di Felipe Calderón Hinojosa, hanno detto pubblicamente di voler “trasformare nella ‘Cancun chiapaneca’, ma spogliando gli indigeni della nostra vita, che è la terra, solo perchè imprese straniere e del paese si arricchiscano, così come i funzionari di governo che beneficiano di questi progetti”.

Dentro tali progetti economici, spiega, si trova l’autostrada del Progetto Palenque (CIPP) “che vogliono far passare attraverso il nostro territorio autonomo senza rispettare i nostri diritti; questi progetti vogliono essere imposti ai popoli indigeni senza tenere conto della nostra parola e con discriminazione vogliono toglierci le nostre terre per fini turistici e solo per fare gli interessi degli impresari e del governo federale e statale, mettendoci da parte perchè secondo loro diamo una brutta immagine a questi centri ecoturistici, perchè noi siamo originari, discendenti dei popoli che hanno vissuto su queste terre da prima che esistesse qualsiasi cosa del governo ufficiale”.

Riferisce di essere stato fermato il 18 aprile scorso al crocecia di Agua Azul, insieme ad altri due compagni, senza giustificazione alcuna, da alcuni elementi della Polizia Statale Preventiva che l’hanno poi portato a Tuxtla Gutiérrez, “dove alcuni poliziotti in borghese mi dicevano che io ero un rapinatore e che dovevo firmare dei fogli di cui non conoscevo il contenuto”.

Questi “fogli” sono la deposizione che la Procura Specializzata Contro la Criminalità Organizzata ha esibito come prova d’accusa, per questo Vázquez Moreno si rifiuta di ratificare questa deposizione dato che non è mai venuto a conoscenza del suo contenuto.

In termini simili hanno reso dichiarazioni davanti al giudice gli altri sette detenuti, tutti aderenti dell’Altra Campagna, che in alcuni casi sono stati oggetto di tortura per confessare.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Relativamente alla situazione degli 8 indigeni arrestati dell’ejido San Sebastian Bachajón, Municipio di Chilón, Chiapas, il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas sollecita azione urgente di solidarietà.

Vi chiediamo di inviare entro venerdì 8 maggio prossimo comunicazioni agli indirizzi che indichiamo, a causa della situazione di emergenza imposta dalle procedure legali.

Per facilitarvi trasmettiamo un modello di lettera in spagnolo che potrete usare, se lo credete opportuno. Dovete solo aggiungere l’indirizzo di destinazione, la data, il luogo ed il nome vostro e della vostra organizzazione.

Vi chiediamo di scrivere anche alle rappresentanza diplomatiche del vostro paese in Messico. A tale scopo trasmettiamo gli indirizzi delle ambasciate.

Cordiali saluti.
Bárbara Dolman y Rosy Rodríguez

Área de Sistematización e Incidencia

Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas

bricos@frayba.org.mx, bdolman@frayba.org.mx

Qui di seguito, e in allegato, trasmetto la lettera già completa con gli indirizzi email ai quali inviarla.

Io raccoglierò le adesioni che riceverò all’indirizzo maribel_1994@yahoo.it entro giovedì 7 maggio. ma ognuno può inviare autonomamente la lettera agli indirizzi indicati.

Saluti.

Annamaria

Lic. Carlos Alberto Bello Avendaño

Juez Segundo de Penal del Distrito Judicial de Tuxtla Gutiérrez

cbelloa@poderjudicialchiapas.gob.mx

Lic. Juan Gabriel Coutiño Gómez

Tribunal Superior de Justicia

Magistrado Presidente Juan Gabriel Coutiño Gómez

administrator@mail.scjn.gob.mx

Lic. Juan José Sabines Guerrero

Gobernador Constitucional del Estado de Chiapas

Gobernatura del Estado de Chiapas secparticular@chiapas.gob.mx

Rpte. De la Oficina del Alto Comisionado Para Los Derechos Humanos en Mexico oacnudh@ohchr.org

Embajador de Italia en México: Señor Felice Scausosegreteria.messico@esteri.it

copia:

Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de Las Casas, A.C. accionurgente@frayba.org.mx

——————

città… , Italia, 6 de Mayo de 2009

Manifiestamos preocupación sobre los acontecimientos de la detención arbitraria y actos de Tortura, tratos o penas crueles, inhumanos y degradantes; y violaciones a las garantías judiciales contra  Jerónimo Gómez Saragos, Antonio Gómez Saragos, Miguel Demeza Jiménez, Sebastián Demeza Deara, Pedro Demeza Deara y Jerónimo Moreno Deara, indígenas tseltales, habitantes del Ejido San Sebastián Bachajón, municipio de Chilón, Adherentes a La Otra Campaña, el lunes 13 de abril del 2009, así como al señor  Alfredo Gómez Moreno, vecino del zona de Agua Azul detenido el 17 de abril; y del señor Miguel Vázquez Moreno Base de Apoyo del Ejército Zapatista de Liberación Nacional  detenido el 18 de abril.

Ninguno de los ocho detenidos contaron durante su declaración ministerial no fueron asistidos por interpretes y defensores que tuvieran conocimiento de su lengua y cultura, que en este caso es el tseltal de Bachajón, por lo cual  no tuvieron conocimiento de lo que sucedió en dicha diligencia y por lo tanto firmaron una declaración cuyo contenido desconocen. Con lo que el  ministerio publico que tomó dicha declaración ministerial vulneró lo previsto en los artículos 2º y 20 de la Constitución Federal en su perjuicio.

También fueron violados en perjuicio de los ocho detenidos arbitrariamente las siguientes garantías judiciales:

A los detenidos se les incomunicó vulnerando de esta manera el derecho a un debido proceso por un juez o tribunal competente, independiente e imparcial, además de ser sometidos a actos de tortura y otros tratos o penas crueles inhumanos o degradantes, ocurridos durante su aprehensión, su traslado, arraigo y declaración ministerial y posteriormente arraigados,

Se vulnero el  Derecho a la defensa adecuada, obstruyendo las autoridades ministeriales a los abogados  para asumir la defensa de los detenidos

Ante la gravedad de los hechos y actos arbitrarios y violatorios a los derechos humanos solicito:

1.- Cesar las acciones de represión cometidas en contra de los ocho integrantes de La Otra Campaña del ejido San  Sebastián Bachajón y se les otorgue su se otorgue la libertad inmediata.

2.- Que exija a las autoridades responsables de la Procuración y Administración de Justicia se investigue de manera imparcial, las violaciones a los derecho humanos cometidos por la Tortura, Tratos o penas crueles inhumanos o degradantes, por la detención arbitraria y demás violaciones que fueron objeto los ocho tsetales de la Región de Agua Azul.

Atentamente,

mettere vostro nome e/o nome dell’organizzazione

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Noi prigionieri in Messico tra i fantasmi della peste

di PACO IGNACIO TAIBO II

CITTA’ DEL MESSICO – State tranquilli, amici miei. Non è così terribile come vi dicono, questa non è la città di appestati che vi hanno descritto. Viviamo in un perenne stato di shock, d’accordo. Però esaminate le cifre, la dimensione del fatto. Città del Messico è una metropoli di oltre venti milioni di abitanti, la più popolosa del mondo. Sapete quanti sono i presunti contagiati? Due o tremila al massimo, che fa una percentuale dello 0,0001 eccetera. Tutto molto relativo. Tuttavia, siamo calati in uno scenario straordinario. Spettatori e protagonisti di uno spettacolo da pellicola di fantascienza.

I cinema sono chiusi, i teatri sono chiusi. Niente partite di calcio allo stadio, ristoranti con le serrande abbassate. Scuole primarie ferme come la maggior parte degli uffici pubblici. Ma la gente continua ad andare al lavoro, i servizi di trasporto – metropolitana, pullman, taxi – funzionano regolarmente. Le strade però sembrano quasi deserte. Prive di colori. Mancano le nuvole immobili nel cielo, le pozzanghere, le insegne giallognole al neon, il calore del pomeriggio. Ti fermi un istante, e ti rendi conto che il frastuono di questa città – il torrente della maledetta baraonda di fumo e di clacson, di marmitte che strepitano, di semafori rossi: la sinfonia delle sette di sera – suona lontano, ovattato.

Hai solo occhi per questi fantasmi che camminano in silenzio con le loro mascherine sul volto, mantenendo cinquanta centimetri di rigorosa distanza l’uno dall’altro. Fantasmi che sollevano la mascherina e si arrestano un istante per ingozzarsi lungo la strada in quei piccoli posti dove ancora continuano a dare da mangiare, guardandosi intorno furtivi. Prendi nota, compare. A Città del Messico battono simultanemente i cuori del Primo e del Terzo Mondo. Il paradosso malvagio è che in questa città ci sono più studenti universitari che a New York, più clochard che a Parigi, più poveri che a Nuova Delhi, più morti ammazzati che nell’Inghilterra di Jack lo Squartatore, una polizia più corrotta che in Thailandia. E alcuni tra i migliori scrittori del mondo.

Bene, la verità è che siamo una razza abituata a sopravvivere. Da un paio di giorni la gente di Città del Messico sta cominciando ad abituarsi allo spettacolo. All’inizio sembrava solo una influenza un po’ più aggressiva, ed è questo che ha prodotto le morti: l’automedicazione, la convinzione di potersi tranquillamente curare a casa. Adesso va molto meglio, ora se individui il virus nelle prime lo puoi tranquillamente curare: a livello di base distribuiscono degli anti-virali che fermano la febbre. Il governo federale sosteneva di aver messo a disposizione un vaccino, ma era una bugia: per fortuna c’è una tale diffidenza nei confronti delle autorità che nessuno ha prestato attenzione. L’espansione del virus è ormai controllata, contenuta.

Vivo in una bolla. Nel mezzo di una tana, e aspetto. Mi sento bene fisicamente, ma sono stato costretto a interrompere le poche cose che avevo da fare. Ho rinunciato ad un paio di presentazioni di libri, dovevo partecipare al Festival letterario di Acapulco. Passo il mio tempo in casa, leggo, mi appunto qualcosa. E rifletto. Rifletto sulla disinformazione, sul tanto rumore che è stato fatto per presentare questa come una città di appestati. Ci si concentra sulla malattia, e si dimentica la crisi politica permanente di questo paese, la vergognosa inefficienza del governo federale, la spaventosa crisi economica che ci divora, l’arroganza delle organizzazioni criminali e dei politici, i quotidiani massacri dei narcotrafficanti. Inizia l’epidemia e noi tutti messicani cominciamo a tremare.

Ma cosa sta accadendo davvero? In quasi due settimane dicono siano morte in tutto il paese circa centocinquanta persone, ma nessuno ancora sa esattamente le cause di tutti questi decessi. Il numero dei contagiati ve l’ho detto. Ma ci raccontano – ma vi raccontano – un’altra storia, la storia di una metropoli e di un paese di appestati.

(Testo raccolto da Massimo Calandri)
(4 maggio 2009 – La Repubblica)

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I messicani su Obama.

Ecco cosa pensano i messicani di influenza suina, Obama e politica interna secondo alcuni sondaggi realizzati dalla rivista Proceso:

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Solidarietà da Atenco.

La Jornada – Martedì 5 maggio 2009

Dallo zapatismo abbiamo appreso il senso della vita:

lottare e resistere, dice il FPDT

Il FPDT esprime la sua solidarietà con gli otto indigeni reclusi a El Amate

Hermann Bellinghausen – Inviato

San Cristóbal de las Casas, Chis. 4 maggio. A tre anni dalla repressione contro il Fronte dei Popoli in Difesa della Terra (FPDT) di San Salvador Atenco e la permanenza in carcere di 12 membri, più altri due perseguiti e sotto minaccia, l’organizzazione atenquense ha diffuso un messaggio di riconoscimento e gratitudine a “tutto lo zapatismo”, ed esprime la sua solidarietà con gli otto tzeltales dell’EZLN e dell’Altra Campagna attualmente rinchiusi a El Amate.

“Ad Atenco sapevamo che la sua parola era già impressa nella storia universale e la sua lotta vive nei nostri cuori”, dice il FPDT. “Sappiamo che nel cuore zapatista ci sarà sempre un piccolo posto per gli uguali, che sempre ci sarà la parola seria e compromessa della sua lotta ribelle”.

Ricordando il contesto in cui avvenne l’aggressione, nel maggio del 2006, contro i contadini di Mexico e decine di aderenti dell’Altra Campagna dell’EZLN che solidarizzavano con loro, il FPDT ha dichiarato: “Sappiamo anche che avete in corso una guerra di bassa intensità contro il malgoverno. Che la situazione che state affrontando è una guerra sempre meno occulta. Che da tutti i fronti cercano di minare la resistenza, vogliono distruggere uno dei processi sociali più importanti in Messico e nel mondo”.

Gli atenquensi alludono all’attuale momento della lotta zapatista, e lo fanno con ferma solidarietà: “Quindi capiamo l’aggressione che hanno subito in questi giorni i nostri fratelli indigeni dell’ejido di San Sebastián Bachajón, municipio di Chilón, fermati e torturati dal governo di Juan Sabines, accusati di essere assalitori e narcotrafficanti; ugualmente, la recente aggressione armata subita dai compagni della Giunta di Buon Governo del Caracol IV, di Morelia, addetti allo stabilimento balneare El Salvador”.

Rilevano che l’aggressione contro l’EZLN è latente, “perché voi avete costruito un contropotere capace di confrontarsi con lo Stato; il suo processo è uno sforzo molto importante per costruire la democrazia dal basso, ed un colpo a voi sarebbe una vittoria del potere politico ed economico non solo del nostro paese, ma mondiale. Per questo vi diciamo che la lotta zapatista è nostra per quanto possibile, secondo le nostre capacità, siamo con voi”.

Il messaggio dice ai ribelli del Chiapas: “Da voi abbiamo appreso il senso della vita: lottare e resistere. Dal vostro grido abbiamo conosciuto il messaggio che si deve alla vita: la dignità ribelle. Dal vostro cuore che muove il mondo, abbiamo preso la ragione unica e vera della lotta: l’amore. Così è per noi come per molti, abbiamo preso dal vostro volto coperto l’identità dei nascosti, di quelli che non vogliono più essere invisibili per assumere il loro ruolo nella storia, quelli che si trasformano nei motori del cammino dell’umanità”.

Il FPDT ricorda che nel 2001, quando iniziò la sua resistenza alla fine vittoriosa contro la costruzione dell’aeroporto voluto dal governo di Fox, “molta gente ci diceva: ‘non si può sconfiggere il governo’ “. Ma, prosegue, “ci siamo guardati intorno ed abbiamo cercato altri che come noi stavano lottando.

“Sapevamo di non essere gli unici. E dappertutto c’eravate voi, c’era una lunga scia colma di dignità e di speranza che annunciava il vostro passaggio, apparivano sempre gli occhi brillanti e le dolci mani della resistenza, delle piccole donne e piccoli uomini che ci insegnavano il cammino che costruisce la giustizia e la libertà”.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Los de Abajo

Los de Abajo

A tre anni dalla repressione

Gloria Muñoz Ramírez

Questa settimana si compiono tre anni dalla repressione poliziesca contro il Fronte dei Popoli in Difesa della Terra (FPDT) di San Salvador Atenco, i fioristi di Texcoco e uomini e donne solidali dell’Altra Campagna. L’anniversario rafforza la lotta per la liberazione dei 12 prigionieri politici e la domanda di punizione dei responsabili dell’aggressione nella quale sono stati violati i diritti umani dei 207 detenuti iniziali che furono picchiati, torturati e violentati, in un operativo al quale parteciparono i tre livelli di governo, e che lasciò un saldo di due giovani assassinati.

In mezzo all’attuale contingenza epidemiologica e del bombardamento mediatico dell’Istituto Federale Elettorale, attivisti ed organizzazioni del Messico e di alcuni paesi organizzano giornate di lotta per la liberazione di Ignacio del Valle, Felipe Álvarez e Héctor Galindo, carcerati in condizioni deplorevoli nella prigione di massima sicurezza di El Altiplano, e Juan Carlos Estrada, Román Ordóñez, Jorge Ordóñez, Alejandro Pilón, Narciso Rellano, Inés Rodolfo Cuéllar, Édgar Eduardo Morales, Julio César Espinosa, Pedro Reyes e Óscar Hernández, di Tacotalpa, reclusi a Molino de las Flores, Texcoco.

La storia non è cominciata a maggio del 2006, bensì il 23 ottobre 2001, quando il governo federale annunciò l’esproprio di 5 mila ettari di terra per la costruzione di un aeroporto a Texcoco. I contadini protestarono e si mobilitarono quel giorno e non cessarono la lotta e la mobilitazione fino al 6 agosto 2002, quando ottennero la cancellazione degli espropri e si aggiudicarono una delle vittoriei più notevoli nella storia recente della difesa della terra.

Dopo la vittoria il FPDT ed i contadini strinsero alleanze e impegni di solidarietà con altri movimenti. Nell’aprile del 2006 accolsero L’Altra Campagna, guidata dal subcomandante Marcos, mentre appoggiavano i floricoltori di Texcoco ai quali veniva impedito di vendere i fiori al mercato.

Il 3 e 4 maggio 2006 arrivò la vendetta dello Stato. Una repressione “esemplare” contro il movimento dei floricoltori, i contadini del FPDT ed i membri dell’Altra Campagna che erano accorsi in solidarietà. Arrivano quindi le vessazioni, torture, pestaggi, violenze ed abusi sessuali su circa 50 donne.

Oggi, quelli che ordinarono le violazioni sono liberi. Nelle prigioni rimangono 12 persone che non sono colpevoli. La loro libertà è quella di tutti.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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False accuse contro zapatisti.

La Jornada – Domenica 3 maggio 2009

Il governo del Chiapas si accanisce accusandoli di rapina

Un avvocato accusa: costruiscono reati contro gli indigeni dell’Altra Campagna

Torture e mancanza di traduttori, tra le violazioni al giusto processo

Hermann Bellinghausen – Inviato

San Cristóbal de las Casas, Chis. 2 maggio. Il governo di Juan Sabines Guerrero sembra determinato a portare fino alle ultime conseguenze l’arresto, senza prove, degli otto indigeni della regione di Agua Azul accusati di essere rapinatori di strada. Per il momento, in prigione hanno già un membro dell’EZLN, Miguel Vázquez Moreno, riconosciuto dalla giunta di buon governo (JBG) di Morelia che sostiene la sua innocenza. Altri sei sono aderenti dell’Altra Campagna.

Diego Cadenas Gordillo, avvocato dei detenuti e direttore del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas, sottolinea che eventi di questo tipo non si erano presentati durante il governo precedente del Chiapas. Pablo Salazar Mendiguchía non ha mia assunto pubblicamente degli impegni con le comunità zapatiste come ha fatto Juan Sabines in due messaggi dove ribadisce il suo rispetto per i governi autonomi.

La JBG il 28 aprile scorso ha dichiarato che “in Chiapas è di tornata la legge di Absalón Castellanos e di Roberto Albores Guillén, messa in atto da Juan Sabines”.

Cadenas, difensore degli imputati spiega: “Usando i trucchi che durante il passato governo hanno portato in prigione molti degli indigeni recentemente liberati dopo uno sciopero della fame, le autorità attuali ripetono i procedimenti illegali – incluse tortura e fabbricazione di reati e prove – che praticava Mariano Herrán Salvatti quando era procuratore dello stato. Sabines incorre nelle stesse violazioni dei suoi predecessori”.

Segnala inoltre che mentre gli indigeni erano in stato di fermo, è stato impedito l’accesso ai detenuti ed agli atti. “In violazione del giusto processo in cui sono incorsi i detenuti precedenti. Gli elementi di accusa sono insufficienti e l’identificazione non è avvenuta secondo requisiti legali”.

Cadenas rileva che “i querelanti sono poliziotti statali della stradale, come quelli che, confabulando con i priisti della zona, nel 2008 torturarono ed accusarono lo zapatista Eliseo Silvano e suo figlio”. Ora, gli agenti accusano Jernónimo Saragos, di San Sebastián Bachajón, il quale non parla castigliano e non ha avuto un traduttore nella sua lingua, quando sotto coercizione della polizia è stato obbligato a firmare la deposizione.

La Procura Generale di Giustizia dello Stato (PGJE), a capo di Raciel López Salazar, in un’inserzione a pagamento apparsa oggi sulla stampa, usa questi termini: “La procura ha esercitato azione penale davanti al giudice secondo del ramo penale del distretto giudiziario di Tuxtla Gutiérrez, contro otto membri di una banda criminale dedita ad assalti alle auto in transito sul tratto Ocosingo-Palenque.

“Sono reclusi come probabili responsabili dei crimini di furto aggravato e criminalità organizzata, nel Centro di Reinserimento Sociale Numero 14, El Amate, Jerónimo e Antonio Gómez Saragoz (sic), Jerónimo Moreno Deara, Miguel Demeza Jiménez, Sebastián e Pedro Demeza Deara, Juan Gómez Moreno (sic) e Miguel Vázquez Moreno”.

Secondo la PGJE, “gli indiziati nei primi assalti utilizzavano passamontagna per coprire i volti, ma negli ultimi assalti avevano il volto scoperto”.

Con questo comodo argomento le autorità hanno ritenute valide le identificazioni di autisti che sarebbero stati assaltati. Secondo Cadenas ai presunti testimoni sono stati presentati solo i detenuti senza un reale confronto con altri individui, come esige la legge. “È possibile pensare che si è trattato di un montaggio”.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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