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MAGGIO: TRA AUTORITARISMO E RESISTENZA

¿Il calendario? Maggio 2016.

¿La geografia?

Beh, potrebbe essere ovunque in questo paese graffiato a sangue dalle sparizioni forzate, l’impunità fatta istituzione, l’intolleranza come forma di governo, la corruzione come modus vivendi di una classe politica puzzolente e mediocre.

Ma potrebbe anche essere una qualsiasi parte di questo paese sanato dalla caparbietà dei famigliari che non dimenticano i loro assenti, la ricerca tenace di verità e giustizia, la resistenza ribelle contro i colpi, i proiettili, le sbarre, il desiderio di costruire un sentiero proprio senza proprietari, senza padroni, senza salvatori, senza guide, senza capi; la difesa, la resistenza, la ribellione; la crepa si fa più ampia e profonda a forza di dolore e di rabbia.

“Messico”, viene chiamato abitualmente questo paese, questo paese che riflette a suo modo una crisi che scuote il mondo intero.

Sembra che, ad un certo punto nella breve e intensa storia del XX° secolo, questo paese sia stato un punto di riferimento del turismo internazionale. Si è parlato dei suoi paesaggi, della sua gastronomia, dell’ospitalità della sua gente, di quanto perfetta fosse la sua dittatura.

Ma prima e durante quest’immagine da opuscolo di agenzia viaggi, è successo quel che è successo. No, non vi riempirò di informazioni su ciò che è accaduto nell’immediato passato, diciamo 30 anni.

Il punto è che, negli ultimi anni, il “Messico” è ormai un riferimento mondiale della corruzione di governo; la crudeltà del traffico di droga; non infiltrazione ma coabitazione tra crimine organizzato e istituzioni; sparizioni forzate; esercito fuori dalle caserme, nelle vie e nelle strade; omicidi e detenzioni degli oppositori, di giornalisti e persone che non contano; il “warning” nei percorsi turistici; il cinismo come idiosincrasia sui media e i social network; la vita, la libertà e i beni personali giocati alla roulette mortale della vita di tutti i giorni (“se non ti è toccato oggi, forse domani”). Se sei donna, di qualsiasi età, si moltiplicano i rischi. Il femminile, insieme al diverso, vince solo in questo: è più probabile che subisca violenza, scomparsa, morte.

Ma tutto questo già lo sapete. Basta aver vissuto qui, in queste terre e sotto questi cieli, un po’, non molto, diciamo tra i primi mesi di vita e meno di 5 anni, che è l’età delle bambine e dei bambini uccisi nell’asilo nido ABC di Hermosillo, Sonora, Messico, il 5 giugno 2009, quasi sette anni fa.

Che crimine avevano commesso questi bambini? Sono state vittime della sfortuna, di un oscuro disegno divino, del caso? O sono stati e sono vittime di una classe politica che si permette di tutto (come ad esempio il fatto che una delle persone coinvolte – e non indagate -, sia candidata alla presidenza del Messico per il Partito di Azione Nazionale)?

Così il luogo potrebbe essere Sonora dove, però, la criminalità e la spudoratezza non riescono a sconfiggere le famiglie dei bimbi dell’asilo nido “ABC”.

Oppure potrebbe essere lo Stato messicano, dove si vuole distruggere il popolo Ñatho di San Francisco Xochicuautla seppellendolo sotto una delle strade del grande capitale. Il suo crimine? Difendere le foreste. Tuttavia, gli abitanti continuano a resistere sulle macerie delle loro case.

Oppure potrebbe essere Oaxaca, nella comunità Binizza di Álvaro Obregón a Juchitán, dove la popolazione è stata attaccata a colpi di pistola dai paramilitari del Partito di Azione Nazionale e del Partito della Rivoluzione Democratica. Qual è la sua colpa? Opporsi alla privatizzazione del vento che, con i cosiddetti “parchi eolici”, il grande capitale impone sull’Istmo.

O potrebbe forse essere Veracruz, che è ormai territorio di caccia contro le donne, i giovani, i giornalisti, che siano o meno avversari. Oppure lo Yucatan, dove contro il popolo di Chablekal viene implementato il cosiddetto “Scudo” con cui i governanti proteggono l’espropriazione. O Guerrero, dove tutto il Messico si è ribattezzato “Ayotzinapa”. O Morelos, diventato un gigantesco cimitero clandestino. O Città del Messico, dove le manifestazioni dell’opposizione sono proibite perché lì comanda il traffico degli autoveicoli, persino sulla Costituzione. Oppure Puebla, roccaforte della privatizzazione dell’acqua e delle strade. O Tamaulipas, dove, come in tutto il paese, il PRI è il braccio istituzionale della criminalità organizzata. O in qualsiasi parte della Repubblica chiamata “Stati Uniti Messicani”, con le sue ondate di licenziamenti, sfratti, furti, sparizioni, distruzione, morte … guerra.

Ma alla fine è il Chiapas. E dal Chiapas, vediamo…

Tuxtla Gutierrez, capitale. Maggio 2016. Temperatura media: 37 gradi all’ombra. Altitudine: 522 metri sul livello del mare. Data: maggio dei docenti in resistenza e ribellione. Ma in primo luogo, permettetemi alcuni dettagli:

1.- La cosiddetta “riforma dell’istruzione” non riguarda l’istruzione, ma il lavoro. Se riguardasse l’istruzione si sarebbero ascoltati i pareri dei docenti e delle famiglie. Quando il governo rifiuta di discutere la riforma con gli insegnanti e le famiglie, ammette così che non si tratta di migliorare l’istruzione, ma di “sistemare il libro paga” (come il capitale chiama i licenziamenti).

 

2.- Non si applica la legge, si viola la legge. Dicono di difendere la Costituzione (riforma dell’istruzione), violando la Costituzione (leggi che garantiscono diritti fondamentali come la libertà di riunione, il diritto di petizione e di libera circolazione).

 

3.- Ciò che fanno i media prezzolati è inutile. Le dichiarazioni vanno e vengono: “tutto normale”, “la maggior parte delle scuole sta funzionando”. “Oltre il novanta per cento dei docenti sta lavorando”. Ma la realtà smentisce queste affermazioni, perché l’insegnamento è per le strade. Nei villaggi le famiglie hanno detto chiaramente che non accettano supplenti, non li stanno facendo entrare o li manderanno via.

 

  1. I/le maestri/e non stanno difendendo dei privilegi, stanno combattendo nell’ultima trincea di ogni essere umano: le condizioni di vita minime loro e delle loro famiglie. Non vi sorprende che qualcuno sia disposto a difendere quel poco che gli resta? Un salario infame, delle aule che sembrano bombardate (e lo sono state, ma con bombe economiche), non uno ma diversi turni di lavoro, gruppi eccessivamente numerosi? In breve: salari bassi, cattive condizioni di lavoro e un sacco di difficoltà. Suona famigliare? Eppure, le/gli insegnanti si presentano a scuola e insegnano ai bambini e alle bambine le vie della scienza e delle arti.

 

  1. Lo scopo della presunta riforma scolastica è quello di distruggere questa docente, questo insegnante che è stato preparato per anni e che ha dedicato praticamente tutta la vita a questo mestiere. Certo, con la perseveranza che sui media, pagata in contanti, si è costruita l’immagine di leader corrotti. Ma questa immagine è il verme per l’esca. No, l’obiettivo non sono i capi, ma tutti gli insegnanti, compresi quelli del servile Sindacato Nazionale dei Lavoratori dell’Educazione. Ora, se si vuole un modello di leader corrotti, basta seguire l’esempio del SNTE.

 

  1. Sì, l’obiettivo della riforma scolastica è di privatizzare l’istruzione. In realtà, questa privatizzazione è già in corso. Lasciare senza cure né risorse le scuole non ha messo fine all’istruzione pubblica in Messico per una ragione umana: l’insegnamento. Così ora bisogna distruggere quelle maestre e quei maestri. Si tratta di provocare una catastrofe nel sistema di istruzione in modo che le famiglie si rivolgano, raddoppiando i turni, a scuole private; oppure che si accontentino che i loro figli si educhino attraverso la televisione, radio e media digitali; o per strada; o neanche questo. La professione del docente non si improvvisa né è una questione di intuizione. Richiede studio e preparazione. Non tutti hanno la capacità e le conoscenze per insegnare. Perché a scuola si educa, non solo si insegna. Non tutti possono affrontare con successo un gruppo di bambini in età scolare o prescolare. Per questo sono necessarie le scuole Normali.

7.- Vi è stato detto che le/i maestre/i sono pigri e non si vogliono preparare? Mentono, ogni insegnante aspira ad essere migliore, ad essere meglio preparato. Fate voi quello che non ha fatto il governo, parlate con un maestro o una maestra. Meglio ancora, ascoltatelo. Vedrete come, quando lui o lei parlano della loro situazione, sembra che descrivano la vostra.

-*-

Noi, zapatisti, cerchiamo di capire. E per capire bisogna ascoltare. Ogni volta che possiamo, usiamo informazioni dirette. In questo caso, abbiamo inviato un gruppo “Los Tercios Compas” (media zapatisti senza scopo di lucro, non indipendenti, non liberi, non alternativi, ma compagni) e ascoltiamo le basi di appoggio zapatiste che fanno parte del gruppo insegnanti. Quanto segue è tratto da uno dei rapporti di questi ascolti:

“Compagno Subcomandante Insurgente Moisés, ti saluto e spero che tu sia in buona salute a lottare.

Dopo il mio breve saluto, passo a segnalare: Beh, abbiamo visto la marcia dei docenti. Ma non solo dei maestri, ci sono anche molte maestre. I maledetti poliziotti li hanno attaccati e hanno attaccato anche le persone che camminavano da quelle parti. Hanno colpito anche i bambini. Poi abbiamo visto una macchia, come un segno dipinto sul muro con la scritta: “Poliziotti: contro il popolo molto fighi, ma contro il narco finocchi”. Abbiamo visto durante la marcia quanto fossero felici gli insegnanti. Come se non importasse che li avessero picchiati e che gli avessero gettato addosso quel fumo che non lascia respirare. Ecco i maestri e le maestre, e ci sono anche le mamme e i papà dei bambini che vanno a scuola e le loro famiglie sostengono gli insegnanti. Si vede chiaramente che non li hanno trascinati a forza, ma che sono venuti per scelta. Sono vivi. E la gente nelle case grida il proprio sostegno ai maestri e alle maestre. E per strada gli danno acqua, frutta. Si vede che vogliono bene a quegli insegnanti che lottano. E quindi gli insegnanti gridano lo slogan “questo sostegno si vede” e, beh, ho pensato che c’è anche il sostegno che non si vede, e senza slogan.

Poi siamo andati a vedere i fottuti poliziotti che correvano dietro agli insegnanti. Abbiamo visto i poliziotti molto depressi. Solo un paio di poliziotti erano entusiasti e colpivano i loro scudi di plastica con i manganelli per spaventare, ma non fanno paura. La maggior parte dei poliziotti riesce a malapena a camminare, penso perché fa molto caldo. Un sacco di sole lì a Tuxtla. E si vede che i maestri e le maestre sono molto carichi, perché cantano e gridano i loro slogan. Hanno cantato “Venceremos” e pure io mi sono messo a cantare, poi mi sono ricordato che sono un “Tercio compa” e quindi non era il caso. I poliziotti non appena si fermano cercano subito un poso all’ombra.

Il comando li rimprovera perché non vogliono stare in riga. Sentiamo un poliziotto che racconta ad un altro che ha inseguito una ragazza e un insegnante, e che l’insegnante correva più veloce della ragazza. E il maledetto ride come se inseguire una ragazza fosse un gioco. E quando gli danno l’ordine di avanzare, i poliziotti trascinano i loro scudi. Alcuni hanno dei tubi di metallo. Altri hanno bastoni. Quando passano, la gente per strada grida contro la polizia, che se ne vada gli dicono, che lascino in pace gli insegnanti. Alcuni insultano apertamente la polizia. I poliziotti li guardano con rabbia negli occhi, ma non si fermano. E sono famiglie quelle che gridano. Su qualche casa e palazzo ci sono delle insegne ed anche cartelli scritti a mano in cui si dichiara sostegno agli insegnanti. Nelle stazioni radio sentiamo che la gente chiama per un commento, ma non come altre volte che si lamentano degli insegnanti perché bloccano.

Ora si lamentano dei federali, che sono l’unico fastidio, che sembra di essere in guerra, che neppure con gli zapatisti si vedeva tanta polizia per le strade di Tuxtla. Nessuno ringrazia il governo, lo dicono chiaramente che la colpa è dei cattivi governi. E allora cosa fanno quelli della radio, gli tolgono la parola, perché a loro non piace quello che dice la gente. E poi i giornali sono senza vergogna, parlano di altre cose che non è il caso. I giornalisti sono preoccupati perché a Chenalhó i “partidistas” hanno rapito altri “partidistas”. Ma gli insegnanti fanno politica, spiegano la loro lotta e la gente li ascolta e li capisce. Noi sentiamo cosa dice la gente. I governi non li ascoltano e non li capiscono. Velasco lo chiamano “el niño” e si lamentano del “niño” bravo solo a farsi fotografare e sfilare. E poi le voci dicono che non è più così, che già stanno litigando i politici per vedere chi diventa governatore. E dicono “chiunque sarà, è un ladro e un farabutto”. Non hanno rispetto per il governo.

Rispettano invece e vogliono bene agli insegnanti, gli danno acqua e frutta, li applaudono. Anche le macchine, quando passano ai lati del corteo, suonano il clacson e mostrano la mano in appoggio. Ai poliziotti solo insulti. Sentiamo un insegnante spiegare la sua lotta: “Ora si tratta del cibo per i nostri figli.” In un posto qui vicino a Tuxtla, che si chiama Chiapa de Corzo, la gente si è organizzata ed ha cacciato i federali da lì. Non erano insegnanti, erano famiglie. Sono stati picchiati e gli hanno gettato addosso i gas, ma non si sono arresi ed hanno cacciato via i federali. Dopo che abbiamo visto tutto quello che abbiamo raccontato, siamo venuti a rapporto.

Da quello che abbiamo visto, chissà cosa accadrà, ma i malgoverni hanno già perso.

 

Questo è tutto”.

-*-

Ora, le domande per l’esame della valutazione del governo federale:

Se un governo non è disposto a dialogare e negoziare con i suoi avversari, che strada gli lascia? Se viene utilizzato solo l’argomento della forza, cosa vi aspettate come contro argomento?

Dalle montagne del Sud-est Messicano.

Subcomandante Insurgente Moisés.             Subcomandante Insurgente Galeano.

Messico, maggio 2016.

Dal quaderno di appunti del gatto-cane:

L’ora del Poliziotto 2. Il venditore di deodoranti metrosexual, la versione postmoderna di Gordolfo Gelatino, Aurelio Nuño Mayer, deve smetterla di fare campagna per la presidenza ed ammettere che la riforma che sostiene non è né una riforma né scolastica. É solo una palese riduzione di personale. Un boss mal vestito in abiti istituzionali che utilizza un capoccia profumato per eliminare posti di lavoro.

E per diventare un capoccia idiota che aspira ad essere un buon poliziotto, per favore segua le seguenti istruzioni: Scrivere 100 volte: “l’istruzione pubblica in Messico è un business e come tale deve essere gestito”. Oh, e non studi storia. Dimentichi che il Coordinamento Nazionale dei Lavoratori dell’Educazione è nato nel 1979, in Chiapas, Messico. E che è nato in risposta alla brutalità del governo.

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Le battaglie portate avanti dalle maestre, dai maestri e dalle famiglie non sono la fine di maggio. Sono solo l’inizio di molti mesi e lotte che verranno, e non solo dei docenti. Nelle geografie e i calendari del basso la storia non accade, si fa.

In fede.

Guau-Miau.

traduzione a cura di 20zln

Testo originale: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2016/05/30/mayo-entre-el-autoritarismo-y-la-resistencia/

 

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zapaturismo

Una terra che resiste anche alla speculazione edilizia e al modello di turismo di massa

di Andrea Cegna

Inserito oggi dentro alle mappe turistiche di ogni agenzia di viaggio, il Chiapas è uno dei 33 stati che compongono il Messico.
L’esplosione turistica è cosa recente. Fino ai primi anni ’90 era uno dei punti di passaggio della Ruta Maya. Palenque e San Cristobal erano divise da diverse ore di viaggio su una strada piena di curve.

Alberghi e ristoranti erano rari e radi. Le carte di credito non venivano prese quasi da nessuna parte.
Parliamo di uno stato vissuto da indigeni e meticci. L’insurrezione Zapatista ha poi messo il Chiapas all’interno delle cartine delle rivoluzioni mondiali.

Il fascino occidentale per i passamontagna e per il SubComandante Marcos hanno spinto centinaia di persone a prendere aerei e sfidare posti di blocco di militari e polizia federale per raggiungere le comunità in resistenza.

C’è chi dice che l’esplosione turistica del Chiapas viste le sue bellezze naturali doveva solo arrivare.
C’è chi dice che l’esplosione turistica del Chiapas sia una delle diverse forme di contro-insurgencia aperte dal governo Messicano per rispondere agli Zapatisti.

Riempire lo stato di turisti, far guadagnare molti pesos a chi con loro lavora, dare un’immagine diversa del territorio e quindi non povero ed abbandonato, ma ricco e vissuto, sono evidentemente degli strumenti. La crescita costante di turisti si sta accompagnando sempre più alla giustificazione di mega progetti nelle aree di influenza dell’EZLN.

Che sia l’autostrada Palenque-San Cristobal de Las Casas, oppure l’aeroporto di Palenque, oppure eco-villaggi turistici attorno ad Aqua Azul, Santa Clara, Roberto Barrios, oppure le gite turistiche nella Selva Lacandona, oppure trasformare le lagune Miramar e Montebellos in luoghi attrezzati per il turismo di massa, poco importa.

La speculazione edilizia e della natura è nei progetti statali e delle grandi aziende del turismo. Sgomberi di comunità indigene e di campi collettivi sarebbero il passaggio necessario per fare tutto questo. Lo zapatismo lotta così anche contro le trasformazioni del territorio, nel nome della difesa della terra.

Questi giorni trascorsi nello Stato situato nel Sud-Est messicano e al confine con il Guatemala mi hanno permesso di parlare molto delle trasformazioni che il territorio ha subito e sta subendo con l’avvento del turismo di massa. Tanto che molti giornali locali, nonché nazionali, criticavano in maniera molto colorata la mobilitazione dei maestri della CNTE di questi giorni proprio perché i loro blocchi stradali stanno facendo perdere milioni di pesos a chi lavora con il turismo.

Ed è così diventato immediatamente palese come il turismo da queste parti sia si una forma di ricchezza ma anche di limitazione di conflitti e della possibilità delle popolazioni indigene di vivere secondo le loro tradizioni.

Nonostante tutto il Chiapas è un territorio costantemente attraversato da conflitti sociali. Lo Zapatismo è sicuramente la punta di diamante, ma occorre ricordare che qui si trovano due delle sezioni più combattive del sindacato dell’educazione, si trova una delle poche scuole normali rurali sopravvissute alla chiusura di massa delle stesse operata dal governo messicano dopo il massacro di piazza delle 3 culture il 2 ottobre del 1968, si trovano sedi di moltissime ONG e associazioni che lottano per i diritti umani.

I conflitti in questa parte del mondo sono concreti e materiali: in questi giorni, tra le tante mobilitazioni che chiedono la testa del governatore dello stato Manuel Velasco, gli autotrasportatori dello stato sono in sciopero permanente contro i “pirati” ovvero contro chi svolge lavoro di trasporto di persone senza avere la licenza pubblica.

Ricorda molto da vicino quello che è successo da noi quando i taxisti si sono alzati in protesta contro “Uber”. Il sindacato dei trasportisti pratica sequestro e rogo dei mezzi non ufficiali.

Tra questi anche due taxi della cooperativa di trasporto Zapatista sono stati colpiti nella città di Ocosingo, da sempre città anti-zapatista. La cooperativa Emiliano Zapata nel nome della proclamata autonomia non ha rapporti di alcun tipo con il governo e quindi dal 2003 non rinnova più le licenze. Tanto basta per incorrere nell’ira della lobby del trasporto turistico che genera migliaia di pesos al giorno.

Il Chiapas non è un luogo semplice da raccontare, gli ultimi 22 anni sono segnati dall’accelerazione costante di conflitti, speculazioni, resistenze, militarizzazioni, e turismo.

Fino a qualche anno fa parlavamo della seconda zona al mondo per militarizzazione, dopo la striscia di Gaza. Non ci sono dati ufficiali ma probabilmente il secondo posto è stato recentemente raggiunto dal Bakur, il Kurdistan Turco. Militari e polizie riempiono le strade e gli incroci delle diverse città.

Più ci si muove verso le zone di influenza zapatista più le basi militari aumentano. Fino ad un decennio fa i posti di blocco erano costanti e pervasivi. Oggi, per far percepire ai turisti un senso di sicurezza e nella pratica della guerra di bassa intensità contro l’EZLN, sono stati dismessi, senza però dismettere basi, presenza militare e minacce alle comunità indigene.

L’equilibrio su cui tutto si basa è fine come una corda di violino. I conflitti vengono spesso sedati nel sangue, come successo a dicembre con l’assassinio di un maestro della CNTE, durante una delle prime proteste contro la riforma educativa. Nel nome del turismo si permette mobilità assoluta agli stranieri mentre si stringono le maglie degli spostamenti per le popolazioni autoctone, e il grande numero di forze speciali resta in attesa d’azione.

La visita del Papa da questi parti non ha toccato nessuno dei punti scomodi e contraddittori dello Stato, e si è fermata ad una facciata di comodo con la visita alla tomba di Don Sumuel Ruiz Garcia, teologo della Liberazione.

Ci piace ricordare come Bergoglio abbia combattuto una feroce lotta contro la teologia della liberazione e probabilmente anche grazie a questo suo impegno è stato eletto Papa.

In mezzo a tutto ciò la lotta zapatista continua a costruire la sua autonomia. In 12 anni, sanità e istruzione sono garantiti per tutte le comunità anche attraverso strutture di qualità e impensabili fino a pochi anni prima.

Recentemente il subComandante Moises, capo militare e portavoce dell’EZLN dal 2013, ha rilasciato un importante intervista dove racconta come la scelta di abbandonare l’azione armata nel nome dello sviluppo delle comunità sia stata vincente soprattutto visti i risultati ottenuti.

Risultati non banali raggiunti nonostante l’accerchiamento militare e paramilitare, nonostante i programmi di governo per le famiglie e le comunità non zapatiste, nonostante la negazione pubblica dell’esistenza dell’EZLN. I media non ne parlano più.

E quando ne parlano raccontano di un movimento in crisi. La spiegazione è facile: il governo Peña Nieto è il più impopolare della storia del paese, e quindi raccontare che esiste un esperienza che in maniera autonoma, e nel nome dell’anticapitalismo, costruisce una società dove diritti e futuro sono realtà, sarebbe ingestibile per i poteri che governano il Messico.

Q CODE Magazine http://www.qcodemag.it/2016/05/28/viaggio-in-chiapas/

 

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“Se avessimo avuto 22 anni di conflitti armati, non avremmo costruito quello che esiste ora”

 “Se avessimo avuto 22 anni di conflitti armati, non avremmo costruito quello che esiste ora”

“Ciò che voglio condividere non è ciò che facciamo come truppe ribelli, bensì la pratica da parte dei nostri compagni, compagne e delle nostre basi d’appoggio dopo 22 anni, quando cioè abbiamo deciso di uscire allo scoperto. E’ di questo che voglio parlare. Non sono i nostri traguardi come truppe, come ribelli, ma gli obiettivi raggiunti dai nostri popoli.”
01.05.2016 Oleg Yasinsky

Dettagli su questa intervista

Una volta fermi presso il luogo pattuito, dallo specchietto retrovisore del nostro furgoncino arrivò un uccellino simile a un passero, che iniziò a beccare metodicamente contro il vetro. A volte riposava qualche minuto di fronte, guardandosi da diverse angolature, e con rinnovata energia si lanciava al combattimento contro il proprio riflesso. E ricordai anche quando, circa 15 anni fa, negli stessi luoghi, iniziammo a vedere all’aria aperta il documentario «Caminantes», quello in cui Marcos faceva il gesto di togliere il passamontagna e dalla foresta irrompeva un’enorme farfalla che si posava sul suo viso nello schermo, coprendolo per intero. A volte gli zapatisti, che non hanno segreti in fatto di vita politica aperta, giungono a una sorta di trattato segreto con la natura locale.

Ci troviamo in Chiapas, in attesa dell’intervista con uno degli zapatisti che ha accettato di riceverci. Non sapevamo ancora che quel qualcuno sarebbe stato il vicecomandante dei ribelli Moisés, autorità militare e portavoce dell’EZLN (Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale) che, nel maggio 2014, aveva rimpiazzato il vicecomandante Marcos, e noi, un gruppo di artisti russi di San Pietroburgo del collettivo politico culturale Chto Delat ed io, a metà tra un traduttore e una guida priva di certificazione dai mondi sociali d’America. L’obiettivo del viaggio era conoscere i territori ribelli, le realtà e gli obiettivi raggiunti da parte degli zapatisti a 22 anni dalla loro apparizione pubblica.

Cercavamo qualcosa che, secondo quanto diceva un giovane zapatista francese del secolo scorso, noto come il Principito, non può essere visto con le pupille. Cercavamo di rivendicare il senso di tanti tentativi e fallimenti della nostra storia, russa, ucraina, sovietica, in questi tempi pieni di confusione generalizzata, o qualcosa talmente assurda come le radici della speranza europea in terra americana. Non saprei dare una definizione esatta. Ricordo soltanto che i testi zapatisti giunti in Russia più di 15 anni or sono, inquietarono e risvegliarono migliaia di persone della nostra generazione.

Se una volta qualcuno mi avesse detto che la sua voce era la voce dei suoi compagni, non avrei dubitato di trovarmi di fronte a un pazzo o a un eccentrico e avrei di certo risposto con una battuta di pessimo gusto. Ma quando, terminata la riunione, il vicecomandante Moisés pronunciò questa frase, sentii subito un formicolio alla schiena e un groppo in gola. Mai prima d’ora avevo immaginato che una cosa simile potessere essere vera, senza metafore, nè esagerazioni. Cioè, lo immaginavo sì, ma in modo molto teorico, in quanto la presenza dal vivo, vicina e tangibile, di verità come queste, è qualcosa di molto diverso.

Esistono molte interviste di Marcos e poche di Moisés. Sebbene nutra per il primo una profonda ammirazione, mi è sembrato più interessante condividere col secondo per osservare come, dalla tappa romantica e letteraria, lo zapatismo discenda verso pratiche magari meno vistose ma, senz’ombra di dubbio, molto più solide e profonde….senza scordare che all’interno dello zapatismo le ascese e discese di solito coincidono.

Questa volta ho sentito che, senza essere distratti dalla buona letteratura, è stato possibile sentire meglio il cuore contadino indigeno comunitario dello zapatismo. In tal senso, il viaggio nel Chiapas, più che un’esperienza politica o intellettuale, è stata una scoperta che si avvicinava al mistico spirituale, qualcosa che ci connette alla parte più profonda del nostro essere.

Quando si entra in una delle case di una delle Giunte del Buon Governo, decorata con murales sulla rivoluzione, in cui improvvisamente nella penombra ci si trova davanti a circa sei persone con indosso un passamontagna, la maggior parte delle quali quasi adolescenti e donne, e si ascolta come tutti parlino molto lentamente, scegliendo con cura e affetto le parole e le idee, si percepirà qualcosa di molto speciale: qualcosa come il sentimento che irrompe dolcemente quando ammiriamo per la prima volta il mare o le montagne. Successivamente conviene rilassarsi, arrendersi e dimenticare che si indossa un orologio, dato che tutte le decisioni e i procedimenti zapatisti sono estremamente lenti, richiedono decisioni collettive, che presuppongono a loro volta riflessioni individuali che prendono corpo senza alcuna fretta. Le autorità della Giunta chiederanno scusa per l’attesa e nelle rughe degli occhi indigeni che inevitabilmente si formeranno, di certo si scorgerà un sorriso dietro il passamontagna.

Tale materiale è una sintesi del colloquio avuto col vicecomandante Moisés e durato un’ora e mezza. Termino aggiungendo che tale riunione, a parte costituire un grande onore, è stata anche allegra e ringraziamo i nostri amici messicani per averla resa possibile.

E, come si dice, cercheremo di non deludere la loro fiducia e generosità.

 

Subcomandante Moisés y Oleg Yasinsky

Vicecomandante Moisés e Oleg Yasinsky

 Passaggi della conversazione ¹

Vicecomandante Moisés: Ciò che posso condividere con lei non è ciò che facciamo come truppe ribelli, bensì la pratica da parte dei nostri compagni, compagne e delle nostre basi d’appoggio dopo 22 anni, quando cioè abbiamo deciso di uscire allo scoperto. E’ di questo che voglio parlare. Non sono i nostri traguardi come truppe, come ribelli, ma gli obiettivi raggiunti dai nostri popoli.

Quanto ci definiamo comuni autonomi ribelli zapatisti, è proprio lì il luogo in cui i compagni dicono: governeremo noi stessi. I compagni, le compagne, hanno vinto molte cose, perchè non sanno nè leggere nè scrivere e non possono parlare spagnolo. Ma loro hanno detto: sappiamo come volere giustizia, come debba essere un buon governo; non dipende dalla capacità di leggere nè scrivere o saper bene lo spagnolo. E allora, entrano nella resistenza. Dato che desiderano un governo a cui stia a cuore il popolo, allora come governo parliamo nella nostra lingua. Perchè qui esistono tante lingue: il tzeltal, lo tzotzil, il tojolabal, il chol, lo zoque, il mame e altri che parlano spagnolo. Così hanno dovuto respingere quei pregiudizi che non fanno parte degli zapatisti: ad esempio, se lui è tzeltalero e un’altra è tzeltalerama non zapatista, allora lei dice che lui non sa governare, che lo conosce, che è figlio di tal dei tali, che è un ignorante; scherzi di questo tipo. Anni dopo, chi ha fatto lo scherzo, va lì a chiedere giustizia.

Il mal governo, vale a dire il sistema, il cattivo sistema, controlla proprio questo, manipola la gente, affinchè si metta contro di noi. Ad esempio genera problemi, vogliono abbandonare la terra recuperata, quella che avevamo recuperato nel 94, perchè abbiamo recuperato migliaia di ettari.

Poi un’altro tipo di resistenza è quella dei bombardamenti politici nei mass media, fino al punto che, ad esempio, secondo i mass media, i comandanti sono dei venduti o che il comando generale ha abbandonato l’EZLN o che si azzuffa col popolo, fino a creare guerre psicologiche nei mass media. Ad esempio dicono che il defunto Marcos abbia abbandonato i popoli zapatisti e che ora faccia il turista in Europa. La quantità di cose che dicono è tale e i compagni così creduloni, che arrivano al punto di demoralizzarsi. I compagni hanno dovuto resistere alle provocazioni dell’esercito e della polizia, che vuole che li uccidiamo affinchè siano loro a ucciderci a loro volta. Ma ciò di cui si sono resi conto i compagni dei villaggi è il nostro desiderio di cambiamento e quindi il cambiamento si fa mediante la lotta politica pacifica, ribelle e di resistenza.

Esiste un nuovo sistema governativo dei compagni, in cui essi, migliaia di zapatisti, uomini e donne, comandano e il governo ubbidisce; tutto ciò è stato ottenuto con la lotta di resistenza e di ribellione, 22 anni fa; se avessimo avuto 22 anni di conflitti armati, non avremmo costruito quello che esiste ora. I popoli sono coloro che vigilano sul governo, dimostrando che noi popoli, anche senza saper leggere o scrivere, siamo in grado di governare. Un governo attento al popolo, possiamo ora dire chiaramente a tutti i governi capitalisti del mondo, non necessita dell’istruzione di Harvard o cose così. Perchè quelli che sanno sono i popoli sfruttati.

Ma i compagni e le compagne dicono: bisogna saper usare la rabbia, vale a dire il coraggio. Le compagne dicono che tale rabbia dev’essere degna, cioè bisogna studiare quando è necessario uccidere o morire e quando no. Ad esempio questi 22 anni.

Come dicono i compagni e le compagne, sappiamo che il governo non ci lascerà stare, ma quello che stiamo dimostrando è ciò che vogliamo, non stiamo peggiorando il mondo che vogliamo, stiamo dicendo che il popolo deve governare. Le compagne e i compagni dicono: “la politica è del popolo, l’ideologia è del popolo, l’economia è del popolo, è il popolo che deve pianificare la cultura di cui ha bisogno, è il popolo stesso, non solo un gruppo di ministri. Quindi ora i compagni, nel loro nuovo sistema di governo, hanno un mutuo rispetto perchè i governi o le autorità, come diciamo noi, hanno anche l’obbligo di proporre d’accordo a ciò che vedono, proprio perchè governano. Ma non lo possono dire, c’è un’assemblea, ad esempio quella che ci sarà proprio ora, ci sono qui migliaia di compagni. Quindi è lì che l’autorità propone. Ci sono cose che l’assemblea delle autorità può decidere e cose che non può, in quel caso deve andare a consultare le migliaia, i popoli, vale a dire che i passi sono lenti, ma è una decisione del popolo. Dunque affinchè non ci sia disaccordo e le compagne e i compagni si scambino mutuamente consigli, si dice per esempio che se l’autorità dorme, il popolo sveglia. Se il popolo è quello che dorme, il governo autonomo è quello che sveglia.

Si è seminato in profondità il significato della democrazia perchè tutto viene discusso, opinato, proposto, studiato, analizzato e deciso dal popolo, donne e uomini. Non c’è cosa che si faccia che non sia compresa dalla gente.

I compagni e le compagne non ricevono nulla dal cattivo governo, niente, ma nemmeno danno nulla al governo, cioè non pagano le tasse, nè la luce, nè l’acqua, nè la terra; quindi ciò che fanno, qualunque necessità abbiano, devono lavorare insieme la terra per ottenere da lì le risorse, o per costruire scuole, ospedali, tutto il necessario. Un’altra cosa che i compagni e le compagne hanno imparato è che ci sono compagni, compagne, fratelli, sorelle solidali, dunque quello che fanno è non sprecare più le risorse, con esse creano qualcosa, perchè sappiamo che si può solo una volta, due volte, tre volte. Poi non si può più. Per questo i compagni, posso dire, lo riproducono, e un’altra delle cose che hanno e abbiamo, lo vedono e lo dicono, è una piccola libertà e una piccola indipendenza, ma la migliore, perchè è il popolo che decide, non un gruppo. Insieme al loro governo e al popolo. E’ lì che i compagni dicono: qui in questa terra di lotta, mandiamo al diavolo il governo. Non so come si traduce questo.

 

Subcomandante Moisés

Vicecomandante Moisés

Vicecomandante Moisés: Così dicono i compagni, perchè lo hanno fatto proprio. Ed è questo, ciò che manda su tutte le furie il sistema. Perchè, con i compagni, il governo non entra proprio.

Le compagne sono le migliori ad amministrare le risorse, meglio degli uomini, noi siamo più spendaccioni, in verità. Quindi questo collettivo di donne aiuta altre donne di altri villaggi, ovvero, se ci sono 40 vacche ne danno 20 a un altro villaggio e quando le 20 vacche crescono, dieci rimangono a quel villaggio e dieci a quello che le ha date, così si vanno appoggiando l’un l’altro. Così si sono appoggiati da un comune autonomo all’altro. Ora la situazione è che chi dà lavoro, chi sa organizzare il lavoro, sono le nostre compagne, danno il lavoro agli uomini.

Prima le nostre compagne mogli non ne avevano la possibilità, ora sono promotrici dell’educazione, della salute, sono consigli dei MAREZ, dei comuni autonomi, sono autorità del popolo, che chiamiamo comisariadas o agentas, sono membri della Giunta del Buon Governo, sono annunciatrici radiofoniche, lavorano nei laboratori sanitari, stanno imparando a fare le chirurghe. Dunque ora le compagne stanno in un sacco di cose.

Il grande cambiamento che hanno visto è che ribelli e comandanti hanno capito, amano il popolo, perchè noi non vogliamo essere governo e ci hanno convinto, perchè ciò che dicono i popoli è la verità. Poi, va bene, siamo rivoluzionari, ribelli, ma quelli che affrontano tutto giorno e notte, giorno dopo giorno, sono i popoli e, pertanto, sanno di più.

La sorpresa che c’è è che quando i giovani e le giovani ottengono la libertà, ad esempio, vogliono imparare molte cose, solo che in questo momento non abbiamo possibilità, tuttavia hanno in animo di migliorare quello che stanno facendo. Per esempio: parlano di come hanno vissuto i loro bisnonni e i loro nonni, che non hanno mai preso medicine, vivevano con le piante medicinali. Quindi loro, i giovani e le giovani, adesso dicono che hanno bisogno di studiare la proprietà della tale pianta, stanno già parlando di, com’è che si dice, chimica, biologia e cose così, laboratori, dove li troviamo? Certo è una difficoltà che abbiamo proprio adesso, ma dovremo risolverla, vai a sapere come.

Un’altra sorpresa che ci hanno fatto i compagni è questa, come loro vedono le cose, come le comprendono, il capitalismo vuole che regni il denaro? – dicono – cioè se non hai denaro non puoi avere nulla? Quindi parlano di come vivevano i nostri bisnonni, perchè prima il denaro non esisteva, e cominciano a investigare, viene fuori che facevano scambi, si prestavano cose, allora dicono che questo va riscattato. Stiamo dicendo ora che il denaro non serve, ma oggi sì serve, fanno esempi nel sistema in cui stiamo, i dannati medici così dicono. Quando ti fanno un’operazione non accettano una tonnellata di mais o di fagioli, chi paga, soldi. Allora sì, dobbiamo lavorare per avere denaro per queste necessità, ma per molte cose no. Sono cose così che i compagni vanno riscattando dalle loro culture. Una grande sopresa che abbiamo avuto è che questa autonomia di cui parliamo, cioè che il popolo comanda e il governo ubbidisce, non viene da manuali, da libri, nè da documentari, perchè è davvero il popolo che comanda, sono loro che hanno inventato, creato, immaginato, uomini e donne, e migliaia. Questo ci ha davvero sorpreso.

Voi come intendete il progresso?

Un esempio molto semplice, ci sono migliaia di ettari che erano per le mandrie dei latifondisti, ora quelle migliaia di ettari di terra sono alimento del popolo. Questo è un progresso. Così deve essere, per la vita, di generazione in generazione. Quindi così è tutto il resto. E’ sempre il popolo che deve decidere: questo per noi è un progresso.

Le vostre nuove iniziative rappresentano una nuova tappa, parlando delle iniziative di CompArte e del resto. Si tratta di una nuova tappa della lotta zapatista?

Sì. Sì perchè vediamo che il sistema ora non ha salvezza, e gli unici che possono dare salvezza sono i popoli indigeni, la scienza e l’arte. Questi tre elementi devono mettersi insieme. Perchè possiamo cantare del nuovo mondo che vogliamo, ma che fai se lo canti soltanto? Devi arrischiarti a costruirlo. A questo stiamo chiamando: per pensarlo, discuterlo, analizzarlo, studiarlo e poi deciderlo.

Se l’umanità sopravvive, come sarà l’uomo di domani?

Il popolo povero non si sbaglia, sarà il meglio. Il popolo, non i leader.

Che significa essere zapatista, senza essere indigeno e vivendo lontano dal Chiapas?

Lottare senza arrendersi, senza vendersi, nè tirarsi indietro, in ogni modo bisogna liberare questo mondo. Questo è essere zapatista, chiedendo sempre qual è il pensiero della gente. Se smettiamo di chiedere al popolo, è lì che ricomincia l’errore. Sempre al popolo, anche se il popolo si sbaglia, è il popolo che deve di nuovo correggere. Per questo siamo leader zapatisti, se noi ci sbagliamo la gente paga. E’ corretto? E’ corretto che noi sbagliamo e la gente paghi? Quindi bisogna chiedere al popolo e fare quello che dice il popolo. Attraverso la mia voce parla la voce dei compagni. Ho parlato di ciò che stanno facendo i compagni e le compagne.

Messico, Chiapas, 23 aprile 2016

¹Tra il portavoces dell’EZLN vicecomandante dei ribelli Moisés, il collettivo artistico sociale Chto Delat (San Pietroburgo, Russia) e il giornalista Oleg Yasinsky (Ucraina)

 

Traduzione dallo spagnolo di Cristina Quattrone e Matilde Mirabella

Questo articolo è disponibile anche in: Spagnolo, Francese

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Alvaro Obregon

COMUNICATO CONGIUNTO CNI-EZLN SULL’AGGRESSIONE CONTRO LA COMUNITÀ DI ÁLVARO OBREGÓN, OAXACA.

Denunciamo le vili aggressioni armate del 14 maggio scorso e le continue minacce per intimorire la comunità di Álvaro Obregón che si oppone alla realizzazione dei progetti eolici sul suo territorio. Ai politici fa rabbia non poter realizzare i loro profitti attraverso questi progetti di morte e credono di riuscire nel loro scopo spaventando il popolo. Ma si sbagliano!

 

COMUNICATO CONGIUNTO CNI-EZLN SULL’AGGRESSIONE CONTRO LA COMUNITÀ DI ÁLVARO OBREGÓN, OAXACA

CONGRESSO NAZIONALE INDIGENO

ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE

Ai mezzi di comunicazione

Alle organizzazioni solidali

Alle organizzazioni che difendono i diritti umani

Al degno popolo binizza di Álvaro Obregón, Juchitán, Oaxaca

Sorelle e fratelli

Con rabbia e indignazione dai nostri villaggi, tribù, comunità, organizzazioni e quartieri vediamo come il malgoverno si vanti di dimostrare la sua mancanza di vergogna, attraverso i suoi partiti politici di tutti i colori, ma fino a che continuerà ad aggredire i nostri villaggi ed i suoi partiti politici a voler imporre la divisione nelle nostre comunità, non ci stancheremo di denunciare e gridare Basta!

Il 14 maggio scorso, con accanimento ed in maniera svergognata, i poliziotti e guarda spalla della candidata del PAN-PRD Gloria Sánchez López, hanno osato puntare le loro armi assassine contro il degno popolo di Álvaro Obregón, Juchitán, ferendo sei compagni che si trovavano in assemblea per difendere il loro territorio fisico e politico, dai progetti eolici di morte; la loro energia “pulita” è sporca di sangue, corruzione e morte. I candidati di tutti i partiti politici che sanno di godere dell’impunità che concede loro l’appartenere alla banda di criminali che malgoverna lo stato di Oaxaca ed il paese, con le pallottole crede di riuscire a cambiare la coscienza ed ammazzare la dignità del popolo binizza.

La politica nazionale mostra sempre di più che non esiste più vergogna tra la classe politica che crede di poter aggredire, minacciare e spaventare la degna lotta dei popoli. Con aggressioni e violenza cerca di seminare la paura nei degni cuori che difendono la terra, l’acqua ed i venti. Dai quattro punti cardinali dei nostri territori indigeni diciamo loro Non Ci Riuscirete! Non riusciranno a toglierci la rabbia che si trasforma in solidarietà nei nostri cuori. Non riusciranno a strapparci la dignità di lottare per difendere i nostri territori e la vita delle nostre comunità. Non riusciranno a spaventare la degna lotta del popolo binizza che ha l’onore di far parte del Congresso Nazionale Indigeno da molti anni.

Per quanto sopra, sorelle e fratelli di Álvaro Obregón, Juchitán, Oaxaca, dai quattro angoli dei nostri territori vi diciamo che Non Siete Sole! Non Siete Soli! Condanniamo le azioni che il malgoverno del Messico e di Oaxaca, attraverso Saúl Vicente Vázquez, presidente municipale di Juchitán, realizza contro il diritto di autodeterminazione ed autonomia del popolo di Álvaro Obregón.

Denunciamo che le vili aggressioni armate del 14 maggio scorso e le continue minacce sono il tentativo di intimorire la comunità di Álvaro Obregón che si oppone alla realizzazione dei progetti eolici sul suo territorio. Ai politici fa rabbia non poter realizzare i loro profitti attraverso questi progetti di morte e credono di riuscire nel loro scopo spaventando il popolo. Ma si sbagliano!

Per tutto quanto sopra dichiariamo quanto sopra:

  • Riteniamo responsabili il governo di Gabino Cue e di Saúl Vicente Vázquez delle continue aggressioni contro l’assemblea della comunità di Álvaro Obregon, Juchitan, Oaxaca.
  • Esigiamo l’indagine e la punizione dei responsabili della sparatoria della polizia municipale di Juchitán e della guardia del corpo di Gloria Sánchez López.
  • La cancellazione dei progetti eolici che si vogliono imporre nel territorio della comunità di Álvaro Obregón.
  • Esigiamo che Gloria Sánchez López e tutti i candidati smettano di voler imporre il loro sistema di partiti alla comunità di Álvaro Obregón.
  • Esigiamo che si rispetti il legittimo diritto del popolo Binizza di scegliere in maniera autonoma le proprie autorità.
  • Alla comunità di Álvaro Obregón, Juchitán, Oaxaca, diciamo che non sono soli, come CNI vigileremo affinché questi fatti non si ripetano e faremo sentire la nostra voce da tutti gli angoli del nostro paese insanguinato.

Per la ricostruzione integrale dei nostri popoli!

Mai più un Messico senza di noi!

Congresso Nazionale indigeno

Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale

Testo originale

Traduzione “Maribel” – Bergamo

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CNICOMUNICATO CONGIUNTO DEL CNI E DELL’EZLN SULLA REPRESSIONE NELLA COMUNITÀ DI CHABLEKAL.

Noi popoli, comunità, tribù, quartieri, organizzazioni e collettivi che formiamo il Congresso Nazionale Indigeno denunciamo e condanniamo i fatti accaduti oggi [3 maggio 2016] nella comunità di Chablekal, Yucatan, quando la polizia ha certato di sgomberare dalla sua casa un nonno della comunità, ed i coloni, conoscendo la situazione dell’ingiusto sgombero, hanno deciso di protestare e tentare di impedirlo ed i poliziotti statali antisommossa hanno risposto lanciando gas lacrimogeni; fino ad ora sono stati ritrovati oltre 40 bussolotti di gas nella comunità, nel luogo dove si trovavano donne, bambine e bambini ed anziani.

 

Ai mezzi di comunicazione

Alle organizzazioni per i Diritti Umani

Alla Unión de Pobladoras y Pobladores de Chablekal

Al popolo del Messico

Sorelle e Fratelli:

Noi popoli, comunità, tribù, quartieri, organizzazioni e collettivi che formiamo il Congresso Nazionale Indigeno denunciamo e condanniamo i fatti accaduti oggi [3 maggio 2016] nella comunità di Chablekal, Yucatan, quando la polizia ha certato di sgomberare dalla sua casa un nonno della comunità, ed i coloni, conoscendo la situazione dell’ingiusto sgombero, hanno deciso di protestare e tentare di impedirlo ed i poliziotti statali antisommossa hanno risposto lanciando gas lacrimogeni; fino ad ora sono stati ritrovati oltre 40 bussolotti di gas nella comunità, nel luogo dove si trovavano donne, bambine e bambini ed anziani.

Nello svolgimento del loro lavoro di difensori dei diritti umani, Jorge Fernández Mendiburu e Martha Capetillo Pasos, membri del Centro dei Diritti Umani Indignción A.C. e del Congresso Nazionale Indigeno, sono stati fermati arbitrariamente, colpiti ed ammanettati in maniera violenta e contraria ad ogni procedura, per essere poi liberati poco dopo, e questo è chiaramente un atto di intimidazione e di criminalizzazione dell’osservazione dei diritti umani e della protesta sociale.

Denunciamo inoltre questo atto come un tentativo di intimidazione sia nei confronti dei difensori dei Diritti Umani sia nei confronti dei coloni della Comunità di Chabekal, comunità che si è organizzato nella Unión de Pobladoras y Pobladores de Chablekal per il Diritto al possesso della terra, del territorio e delle risorse naturali, per difendere quello che resta del loro territorio dopo i furti ed i saccheggi perpetrati negli ultimi anni da speculatori e nuovi proprietari terrieri con l’appoggio delle autorità agrarie e politiche del municipio, dello stato e della federazione. Alla loro richiesta di fermare la vendita indiscriminata delle terre, si risponde con questo ed altri tentativi di intimidazione contro i coloni e coloro che li accompagnano e difendono i loro diritti.

Questo abuso di potere ed i delitti che ne derivano si inseriscono nel contesto dell’imposizione della strategia “Escudo Yucatan” che, attraverso grandi prestiti economici con oscure destinazioni, contribuisce ad una condizione di impotenza dei cittadini di fronte all’operato dalla polizia. Il personale dell’organizzazione Indignación A.C. ha presentato un documento per denunciare queste ed altre irregolarità presenti in questa strategia. Il trattamento riservato ai gruppi che criticano l’operato della polizia è una delle deviazioni del piano citato, che dovrebbe essere analizzato più in dettaglio prima della sua imposizione.

Per quanto sopra ESIGIAMO

– UN’INDAGINE E LA PUNIZIONE DEI POLIZIOTTI RESPONSABILI DELLA DETENZIONE ARBITRARIA ED ILLEGALE DI CUI SONO STATI VITTIME I MEMBRI DELLA SQUADRA DI INDIGNACION A.C.

– LA LIBERAZIONE IMMEDIATA DEI QUATTRO MEMBRI DELLA COMUNITÀ DI CHABLEKAL ANCORA IN CARCERE

*Pedro Euan Flores

* Alfonso Tec

* Pedro Euan Santana – Membro del MPDT di Chablekal e del CNI

* Un ragazzo di 15 anni.

– UN’INDAGINE SULLA AGGRESSIONE SUBITA DAGLI ABITANTI DELLA COMUNITÀ DI CHABLEKAL

– CHE SI GARANTISCA LA SICUREZZA DEI DIFENSORI DEI DIRITTI UMANI.

– LA FINE DEGLI ATTI DI INTIMIDAZIONE CONTRO LA UNION DE POBLADORAS Y POBLADORES DEL PUEBLO DE CHABLEKAL PER IL DIRITTO ALLA TERRA, IL TERRITORIO E LE RISORSE NATURALI.

– CHE SI DISCUTA CON I POPOLI ED I CITTADINI LA NECESSITÀ ED I DETTAGLI DI QUALSIASI AZIONE DI SICUREZZA CHE POSSA ATTENTARE AI DIRITTI UMANI, INCLUSO LA CREAZIONE DEL COSIDDETTO “ESCUDO YUCATAN”.

Sorelle e fratelli di Chablekal,

NON SIETE SOLI!

MAI PIÙ UN MESSICO SENZA DI NOI!

PER LA RICOSTRUZIONE INTEGRALE DEI NOSTRI POPOLI!

 

CONGRESSO NAZIONALE INDIGENO

ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE

Testo originale

Traduzione “Maribel” – Bergamo

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