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Archive for gennaio 2019

@lhan55 Luis Hernández Navarro

Radiografia chiapaneca  nella 4T

Il corpo di Noé Jiménez Pablo, cosparso con acido, è stato ritrovato in una discarica a tre chilometri dalla città di Amatán, Chiapas. Aveva pallottole nell’addome e nel petto. La testa ed il volto erano completamente sfigurati.

Un giorno prima, il 17 gennaio, un gruppo di pistoleri al servizio dei fratelli Carpio Mayorga, cacicchi di Amatán, sono partiti dalla casa dell’ex presidente municipale, Wilber, fratello di Manuel, l’attuale sindaco, con passamontagna ed armi di grosso calibro. Hanno sparato e pestato selvaggiamente i membri del Movimento per la Pace, la Giustizia ed il Bene Comune, che, da cinque mesi, mantenevano un presidio pacifico di fronte al palazzo municipale per chiedere le dimissioni del consigliere municipale. Noé è stato colpito ed è rimasto al suolo fino a che i paramilitari l’hanno portato via.

Jiménez Pablo era dirigente del Movimiento Campesino Regional Independiente (Mocri), del Coordinamento Nazionale Plan de Ayala-Movimiento Nacional e del Movimento per la Pace. Era un partecipante attivo nella lotta contro il cacicazgo dei fratelli Carpio Mayorga. Amatán è una città sul confine con Tabasco, parte del corridoio attraverso cui il crimine organizzato trasporta droga, armi e migranti sprovvisti di documenti.

Il clan Carpio Mayorga ha il controllo del municipio da anni. È protetto dall’attuale senatore di Morena, Eduardo Ramírez Aguilar, e dall’ex governatore Manuel Velasco. Manuel de Jesús è stato sindaco tra il 2001 e 2004 col PAN e poi tra il 2012 e 2015 col PVEM. Suo fratello Wilbert lo ha succeduto nell’incarico con lo stesso partito politico tra il 2015 e 2018. E nel 2018 Manuel de Jesús ha vinto nuovamente la presidenza municipale con Morena. Questo partito lo ha sostenuto nonostante il suo nefasto curriculum e le denunce presentate contro di lui dai membri del Mocri.

L’omicidio di Noé in Chiapas non è assolutamente un fatto eccezionale. Nei primi giorni di gennaio è stato assassinato l’attivista per i diritti umani del municipio di Arriaga, Sinar Corzo. Ore dopo essere uscito da una riunione con le autorità municipali per chiedere la costruzione di strade ed il miglioramento delle comunità di pescatori, due persone a bordo di una motocicletta gli hanno sparato dopo averlo chiamato per nome. Era già stato minacciato di morte. Difendeva le vittime del sisma del 7 settembre 2017 ed il diritto all’acqua, alla salute ed ai servizi basilari degli abitanti del municipio.

Gruppi armati legati ai cacicchi locali hanno sfollato migliaia di indigeni in municipi e comunità come Chenalhó, Chalchihuitán, Aldama e Chavajeval ed hanno generato violenza in località come Yajalón. Lì regna il terrore. Sono protetti da funzionari pubblici a diversi livelli. Le loro origini sono diverse e rispondono a molti interessi. In alcuni casi, questi gruppi sono i successori del paramilitarismo nato dal conflitto armato interno. In altri, sono creazione dei cacicchi locali. Militano in diversi partiti politici. Sia l’amministrazione di Manuel Velasco come l’attuale del morenista Rutilio Escandón, sono stati indifferenti alla crisi umanitaria degli sfollati. Hanno cercato di amministrare e minimizzare i conflitti, senza risolverli.

Questa violenza non è un fatto fortuito. Proviene dalla natura della struttura del potere politico in Chiapas. Sono parte intrinseca del suo funzionamento. Due esempi, tra molti altri. Il nuovo procuratore di questo stato, Jorge Luis Llaven Abarca, è responsabile di vari casi di violazione dei diritti umani, come detenzioni arbitrarie e tortura, commessi quando era delegato della Procura Generale della Repubblica e come titolare della Procura Specializzata Contro il Crimine Organizzato, dell’allora Procura Generale di Giustizia dello stato. Raccomandazioni della CNDH, come la numero 26/2002, lo documentano. Il nuovo uditore superiore, José Uriel Estrada Martínez, era finito in prigione nel 2006 con l’accusa di partecipazione alla tortura ed esecuzione del leader contadino Reyes Penagos Martínez.

Molti dei nomi che dominano oggi la politica chiapaneca sono gli stessi che decenni fa hanno fondato il loro dominio in questo stato. Sono eredi dei vecchi proprietari terrieri oggi riconvertiti in impresari inseriti nell’amministrazione pubblica. Sono risorti dal colpo che la sollevazione armata gli aveva inferto nel 1994, prima per mano del PRD e poi del Partito Verde ed oggi, nella sua trasmutazione locale in Morena. Altri, sono il prodotto della nuova generazione di politici. Questo è il caso dei senatori di Morena, provenienti dalle fila del PVEM. Sasil de León è la figlia di Oscar de León González che arrivò in Chiapas nel 1994 e fondò Unidad Nacional Lombardista (Unal), gruppo di controllo e scontro, strettamente vincolato all’ex governatore Julio César Ruiz Ferro, dedito a combattere lo zapatismo. Ed Eduardo Ramírez de Aguilar, operatore politico dell’ex governatore Manuel Velasco, è una figura chiave nel reclutamento dei peggiori cacicchi indigeni legati al PRI e tra le file del partito Verde.

Questi sono solo alcuni dei pezzi del nuovo puzzle chiapaneco nella 4T. Come si dice, ce ne sono ancora di più.…

Testo originale https://www.jornada.com.mx/2019/01/22/opinion/014a1pol#

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Per comprendere la violenza antizapatista

19 gennaio 2019

Para entender la violencia antizapatista
di Peter Rosset*

Gli indigeni sono violenti? Gli zapatisti sono violenti? C’è molta confusione riguardo alla violenza in Chiapas.
Qui provo a offrire una breve guida per la sua interpretazione.

La controinsurrezione in Chiapas si basa, in parte, sull’attuazione di politiche volte a frammentare le organizzazioni contadine, indigene e comunitarie, creando fazioni sempre più piccole, settarie, opportunistiche e manipolabili. Ciò si ottiene offrendo risorse ai leader locali e regionali per progetti produttivi e di assistenza, candidature, posti nella pubblica amministrazione, ecc., facendo perno su bisogni oggettivi delle loro basi e sul loro opportunismo, sulla gelosia e sul risentimento.

Queste offerte sono condizionate esplicitamente o implicitamente al loro allontanamento dallo zapatismo. Il suo obiettivo è isolare politicamente i ribelli. Queste risorse e posizioni sono anche usate per provocare un conflitto aperto, sia con la violenza che senza di essa, contro le basi e le comunità zapatiste.
Per stimolare la violenza, vengono usati problemi e dispute locali, spesso preesistenti, che spesso non sono neppure legati allo Zapatismo in quanto tale. Questi sono conflitti che sono comuni, e anche normali, nella società rurale, all’interno e all’esterno del Chiapas.

Tra questi tipi di problemi ci sono le dispute sui confini terrieri, specialmente in contesti in cui alcuni vogliono regolarizzare il possesso della terra e altri no; accesso o controllo sulle risorse locali, come acqua, alberi da legname, terreni adatti allo sviluppo urbano e cave di sabbia e ghiaia; differenze familiari e religiose; rappresentanze di partiti politici; la disputa per accaparrarsi i progetti produttivi o di assistenza; dispute sul protagonismo e l’interlocuzione con lo stato, così come l’avidità, i rancori, i risentimenti e le gelosie storiche, ecc.
L’azione dello stato manipolatore può trasformare qualsiasi problema latente preesistente in una frattura aperta.

Tuttavia, sarebbe un errore vedere lo stato come una entità monolitica. Al suo interno ci sono entrambe le fazioni che cercano di incoraggiare la violenza al massimo e le forze che cercano di moderarla, in modo da non spaventare gli investitori e i turisti. Ciò fa sì che, da un lato, la violenza antizapatista venga promossa attraverso premi (progetti, post, candidature) e, dall’altro, si provi a risolvere il conflitto. Questo provoca che gruppi contadini prima ricevano aiuti e poi per un certo tempo smettano di averli fino a quando non vengono attaccati.
Questi gruppi che aggrediscono le comunità in resistenza si alternano nel loro lavoro di attacco.
Le ostilità contro gli zapatisti sono spesso riportate nei mezzi di comunicazione tradizionali con un pregiudizio razzista e classista.

Sono presentati come meri conflitti locali o scontri e/o litigi tra contadini, derivanti dal fatto che gli indigeni sono violenti di loro e che i poveri passano il loro tempo uccidendosi a vicenda. Questa violenza serve come giustificazione per le forze dell’ordine per agire contro le basi di appoggio zapatiste.

Spesso le organizzazioni contadine nazionali si dissociano dai loro affiliati locali quando commettono atti violenti.

I gruppi locali appartenenti alle organizzazioni nazionali si formano, si dividono, si ricompongono e si uniscono molto rapidamente.

Molte volte i leader nazionali non sono nemmeno aggiornati su ciò che accade tra le loro basi. Ma la loro decisione di tracciare un confine tra loro e i loro ex membri non significa che non siano appartenuti in passato a quell’organizzazione nazionale e che, in futuro, non potrebbero ancora esserlo.

A volte le spiegazioni dei leader nazionali sono un pretesto; tuttavia, accade anche che semplicemente ignorano ciò che sta succedendo con le loro basi.

La controinsurrezione in Chiapas utilizza i conflitti locali come parte centrale della sua strategia.

I problemi locali preesistenti sono gli alberi, la politica controinsurrezionale è il bosco.

Bisogna vedere entrambi gli aspetti contemporaneamente. L’importante è capire e non dimenticare che il bosco è formato dall’insieme degli alberi.

Infine, c’è un ulteriore elemento da non perdere di vista.

Nei territori contesi in Chiapas predominano due visioni.

Una, quella zapatista, è la costruzione graduale dell’autonomia territoriale, indigena e contadina, l’educazione autonoma, la salute e la giustizia, l’agroecologia e l’autogoverno.

È una visione che sta diventando realtà, a poco a poco.

L’altra è più meschina, a breve termine, vicino al potere, alla ricerca di benefici individuali e immediati.

Coloro che si identificano in basso e a sinistra preferiscono la visione zapatista e vogliono che sia in grado di consolidarsi sempre di più come alternativa ed esempio.

Per questo, è necessario il totale ripudio di tutte le aggressioni contro lo zapatismo.

 

(*) Esperto in questioni rurali, professore dell’Università del Michigan. Tra i suoi libri c’è Promised Land: Visions Competing of Agrarian Reform.

 

Testo originale https://www.jornada.com.mx/2014/05/10/opinion/020a1pol

L’articolo è del 2014 ma le attuali condizioni sono le medesime.

 

Traduzione Cooperazione Rebelde Napoli https://yabastanapoli.blogspot.com/2019/01/messico-per-comprendere-la-violenza.html?m=1

 

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Gli intellettuali sostengono l’EZLN e respingono le “calunnie”

di Rosa Elvira Vargas

La Jornada, 16 gennaio 2019 – La lotta zapatista rappresenta “un grande esempio di resistenza, dignità, coerenza e creatività politica” sostengono intellettuali, accademici e attivisti provenienti da vari paesi del mondo in una lettera pubblica dove esprimono la loro solidarietà con l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) e respingono anche “’attuale campagna di disinformazione, menzogne e calunnie dirette contro lo zapatismo”

Nella lettera denunciano qualsiasi aggressione che potrebbe essere intrapresa contro le comunità zapatiste “sia direttamente da parte dello Stato messicano” o attraverso organizzazioni o gruppi “civili” armati o disarmati, e ritengono colpevole il governo messicano “di qualsiasi aggressione che potrebbe sorgere nel quadro” della realizzazione dei mega-progetti che la nuova amministrazione federale promuoverà.

“Noi condividiamo il rifiuto totale espresso dall’EZLN di questi e altri grandi progetti che ledono gravemente i territori autonomi e modi di vita dei popoli”.

Esprimono altresì preoccupazione per lo stato attuale delle comunità zapatiste e delle popolazioni indigene del Messico, “quando sono attaccati i loro territori e le comunità da progetti minerari, di turismo agro-industriale, da infrastrutture, ecc., come ha denunciato il Congresso Nazionale Indigeno (CNI) e il Consiglio Indigeno di Governo (CIG)”, e in particolare si dicono allarmati per i mega progetti promossi dal nuovo governo messicano come il Corridoio Transistmico, un milione di ettari di piantumazione commerciale, e il cosiddetto Treno Maya, quest’ultimo recentemente denunciato come “’un’umiliazione e una provocazione”’ dal comandante Moisés, portavoce dell’EZLN, perché colpisce gravemente i territori dei popoli maya che vivono nel sud-est del Messico.

Il testo chiede alle persone “di buon cuore” di superare lo stato attuale di disinformazione sull’esperienza zapatista e sui grandi progetti annunciati dal nuovo governo, e di “essere vigili sul rischio di aggressione contro le comunità zapatiste e le popolazioni originarie del Messico”.

Tra i firmatari della lettera sono inclusi artisti del calibro dello scrittore e accademico Pablo Gonzalez Casanova, il sociologo Immanuel Wallerstein, lo scrittore uruguaiano Raúl Zibechi, il giornalista francese Ignacion Ramonet, l’accademico Marcos Roitman, il leader sindacale dei lavoratori frontalieri Carlos Marentes, la regista Bertha Naravo, le attrici Julieta Egurrola e Ofelia Medina, gli scrittori Juan Villoro ed Elmer Mendoza, l’antropologo Claudio Lomnitz, e altre decine.

Segue il testo completo della lettera.

Lettera di solidarietà e sostegno alla resistenza e all’autonomia zapatista

Noi, intellettuali, accademici, artisti, attivisti e persone di buona volontà, così come organizzazioni, associazioni e gruppi in diversi paesi esprimiamo la nostra solidarietà con l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) in questo momento cruciale della sua storia e rifiutiamo fermamente l’attuale campagna di disinformazione, menzogne e calunnie dirette contro lo zapatismo.

Per noi, come per molte persone nel mondo, la lotta zapatista rappresenta un grande esempio di resistenza, dignità, congruenza e creatività politica. 25 anni fa, il suo ¡Ya Basta! è stato un evento di grande trascendenza e una delle prime reazioni travolgenti a livello planetario di fronte alla globalizzazione neoliberista, che ha contribuito a incoraggiare il rifiuto e la critica di un modello che, a quel tempo, sembrava indiscutibile. Era anche, e continua ad essere, un’espressione della legittima lotta dei popoli nativi contro il dominio e il disprezzo subiti da secoli e fino ad oggi, nonché a favore dei loro diritti all’autonomia. L’autogoverno popolare che gli zapatisti hanno messo in pratica con le Giunte di Buon Governo nei loro cinque caracoles è un esempio di democrazia vera e radicale, degna di ispirare i popoli del mondo e di essere studiato in tutte le facoltà di scienze sociali del pianeta. La costruzione dell’autonomia zapatista rappresenta per noi la ricerca costante, onesta e critica di un progetto alternativo ed emancipatorio di grande importanza nell’affrontare le sfide di un mondo che sembra sprofondare sempre più in una profonda crisi, al tempo stesso economica, sociale, politica, ecologica e umana.

Pertanto, esprimiamo la nostra preoccupazione per la situazione che si trovano di fronte le comunità zapatiste e le popolazioni indigene del Messico, nel vedere attaccati i loro territori e le comunità da miniere, progetti di turismo, infrastrutture agro-industriali, ecc., come ha denunciato il Congresso Nazionale Indigeno (CNI) e Consiglio Indigeno di Governo (CIG). In questo momento, ci sono in particolar i grandi progetti promossi dal nuovo governo messicano, come il Corridoio Transistmico, un milione di ettari di piantumazione commerciale, e il cosiddetto “Treno Maya” recentemente denunciato come un’umiliazione e una provocazione dal Subcomandante Moisés, portavoce dell’EZLN, poiché colpisce gravemente i territori delle popolazioni maya che abitano il sudest messicano.

Oltre agli effetti ambientali devastanti di questo progetto e allo sviluppo del turismo di massa che mira a far esplodere, siamo preoccupati per la fretta di iniziare a lavorare sul “Treno Maya”, camuffandolo con uno pseudo rituale per la Madre Terra, denunciato dal portavoce zapatista come una presa in giro inaccettabile. Siamo indignati dal fatto che in questo modo si prepara un altro attacco contro i territori zapatisti e che si disprezzano i diritti dei popoli indigeni, eludendo l’obbligatorietà di una consultazione reale, libera, preventiva e informata, come stabilito dalla Convenzione OIL 169 [La Convenzione ILO 169 sui diritti dei popoli indigeni e tribali è stata adottata nel 1989 dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) – N.d.T.] e la dichiarazione delle Nazioni Unite sui popoli indigeni. Ci sembra molto grave che siano violati in questo modo gli impegni internazionali assunti dal Messico.

Condividiamo il rifiuto totale espresso dall’EZLN in relazione a questi e ad altri importanti progetti che minacciano seriamente i territori autonomi e i modi di vita dei popoli.

Denunciamo in anticipo qualsiasi aggressione contro le comunità zapatiste, direttamente dallo Stato messicano o attraverso gruppi e organizzazioni di “civili” armati o disarmati.

Noi riteniamo responsabile il governo messicano di ogni scontro che potrebbero sorgere nel contesto dell’attuazione di questi megaprogetti che corrispondono ad un modello già superato di “sviluppo” insostenibile e devastante deciso dalle cupole di potere e palesemente violando i diritti dei popoli originari.

Ci appelliamo alle persone di buon cuore per superare la disinformazione corrente sia sull’esperienza zapatista che sui grandi progetti menzionati e di essere vigili sul rischio di attacchi contro le comunità zapatiste e le popolazioni indigene del Messico.

Nell’articolo originale è riportato l’intero elenco degli attuali 779 firmatari. https://www.jornada.com.mx/ultimas/2019/01/16/intelectuales-apoyan-al-ezln-y-rechazan-calumnias-6598.html?fbclid=IwAR1eBUmLf4KtPLngG6g1y54nL6mMkGs5_Edr_qPB_fj5zpSWVoasGImvRdE

Traduzione a cura di Rebecca Rovoletto

Firmano:

Arundhati Roy (escritora, India)

Raoul Vaneigem (escritor, Bélgica)

Pablo Gonzalez Casanova (sociólogo, UNAM, México)

Juan Villoro (escritor, México)

Winona Laduke (dirigente indígena, EEUU)

Immanuel Wallerstein (sociólogo, Yale University, New Haven, EEUU)

Gustavo Esteva (Unitierra-Oaxaca, México)

Silvia Federici (profesora, Hofstra University, Hempstead, EEUU)

Raúl Zibechi (escritor y periodista, Uruguay)

Havin Güneser (International Initiative Freedom for Abdullah Öcalan-Peace in
Kurdistan)

Ignacio Ramonet (periodista y escritor, Francia)

Marcos Roitman (catedratico, Universidad Complutense, Madrid, España)

Isabelle Stengers (filósofa, Université Libre de Bruxelles, Bélgica)

Gilberto López y Rivas (antrópologo, UNAM, México)

Michael Löwy (filósofo y sociólogo, Centre National de la Recherche Scientifique, París, Francia)

Carlos Fazio (periodista y docente, UNAM, México)

Raj Patel (escritor y profesor, University of Texas, EEUU)

Toni Negri (filósofo, París, Francia)

Carlos Marentes (dirigente sindical, Sindicato de Trabajadores Fronterizos, EEUU)

Bertha Navarro (productora de cine, México)

Hugo Blanco Galdos (director Lucha Indígena, Perú)

Barbara Zamora (abogada, México)

Martin Almada (premio Nobel alternativo de la Paz 2002, Paraguay)

David Graeber (antropólogo, London School of Economics, Reino Unido)

Arturo Escobar (profesor, Universidad del Valle, Cali, Colombia; University of North Carolina, EEUU)

Carolina Coppel (productora de cine, Mexico)

Eduardo Viveiros de Castro (antropólogo, Universidade Federal, Rio de Janeiro, Brasil)

Paulina Fernandez (profesor de ciencias políticas, UNAM, México)

Compañía de teatro Tamèrantong! (París, Francia)

Paul Theroux (escritor, EEUU)

Fernanda Navarro (filósofa, UNAM, México)

Raúl Fornet-Betancourt (autor y profesor, Aachen, Alemania)

Claudia von Werlhof (profesora, Universidad de Innsbruck, Austria)

George Caffentzis (filósofo, University of Southern Maine, Portland, EEUU)

Miguel Altieri (profesor, University of California, Berkeley, EEUU)

Beatriz Aurora (pintora, México)

Carlos W. Porto Gonçalves (geógrafo, Universidades Federal Fluminense, Río de Janeiro, Brasil)

Chukki Nanjundaswamy (dirigenta campesina, KRRS, La Vía Campesina, India)

Baramee Chaiyarat (dirigente campesino, Assembly of the Poor, La Vía Campesina, Tailandia)

Jan Douwe van der Ploeg (profesor, Wageningen University, Holanda)

Mercedes Olivera (antropóloga, CESMECA, México)

Saturnino “Jun” Borras Jr. (profesor, Institute of Social Sciences, Holanda)

Marthin Hadiwinata (dirigente de pescadores, Traditional Fisherfolk Union, Indonesia)

Daniel Giménez Cacho (actor, México)

Sylvia Marcos (profesora, UNAM, México)

William I. Robinson (sociólogo, profesor, University of California, Santa Barbara, EEUU)

Colectivo de artistas Chto Delat (Rusia)

Teresa Niuvo (activista, Cataluña)

Ofelia Medina (actriz, México)

Begonia Lecumberri (activista, México)

Eduardo Matos Moctezuma (arqueólogo, México)

Roberto Marquez (director del grupo musical Illapu, Chile)

Cristina Rivera-Garza (escritora, México)

Tomas Ibañez (profesor, Universidad Autónoma de Barcelona, Cataluña)

Julieta Egurrola (actriz, México)

Jean Robert (escritor y arquitecto, Cuernavaca, México)

Emmánuel Lizcano (Universidad Nacional de Educación a Distancia, Madrid, España)

Elmer Mendoza (escritor, México)

Alicia Castellanos (antropóloga, UAM, México)

Carlos Taibo (profesor de ciencias políticas, Universidad autónoma de Madrid, España)

Antonio Ortuño (escritor, México)

Grimaldo Rengifo Vázquez (Programa Andino de Tecnologías Campesinas, Lima, Perú)

Gladys Faiffer Ramírez (Programa Andino de Tecnologías Campesinas, Lima, Perú)

Jorge Alonso (profesor-investigador, CIESA-Occidente, Guadalaraja, México)

Catherine Walsh (profesora, Universidad Andina Simón Bolívar, Ecuador)

Claudio Lomnitz (antrópologo, Columbia University, New York, EEUU)

Marina de Tavira (actriz, México)

Mireille Fanon-Mendès France (presidente de la Fondation Frantz Fanon International)

Sergio Tischler (BUAP, Puebla, México)

Fernando Matamoros (BUAP, Puebla, México)

Patricia Botero (profesora, Universidad de Antioquia, Medellín y Universidad de la
Tierra Manizales, Manizales, Colombia)

Eric Alliez (filósofo, Kingston University, Londres, Reino Unido y Université París 8, Francia)

Deborah Barndt (profesora, York University, Toronto, Canada)

Boaventura de Sousa Santos (profesor, Universidad de Coimbra, Portugal)

Santiago López Petit (filósofo, Universidad de Barcelona, Cataluña)

Richard Pithouse (profesor, Academic University of the Witwatersrand, Sudafrica)

Deborah Danowsky (filósofa, Pontifica Universidade Catolica, Rio de Janeiro, Brasil)

Fatma Alloo (escritora y comunicadora, Zanzíbar, Tanzania)

Anselm Jappe (filósofo, Accademia de Belle Arti, Sassari, Italia)

Ashish Kothari (activista, KALPAVRIKSH Environmental Action Group, India)

Samantha Hargreaves (directora, WoMin African Alliance, Sudafrica)

Enzo Traverso (profesor, Cornell University, EEUU)

Laksmi A. Savitri (profesora, University of Gadjah Mada, Indonesia)

Ovidiu Tichindeleanu (escritor, IDEA, Rumania)

Surnatural Orchestra (grupo musical, Francia)

Carmen Castillo (cineasta, Chile-Francia)

Malú Huacuja del Toro (escritora, New York, EEUU)

Kirk Helliker, (profesor, Rhodes University, Sudáfrica)

Lia Pinheiro Barbosa (profesora, Universidade Estadual do Ceará, Brasil)

Miguel Amorós (historiador, Barcelona, Cataluña)

Sang-Gyoon Kim (documentalista, Corea del Sur)

Corazon Valdez Fabros (abogada, International Peace Bureau, Filipinas)

Pravin Mote (dirigente, All India Forum of Forest Movements, India)

Devjit Nandi (dirigente, All India Forum of Forest Movements, India)

Walter Mignolo (profesor, Duke University, EEUU)

Peter Rosset (profesor, ECOSUR, México)

Ashlesha Khadse (coordinación, Amrita Bhoomi Center, La Vía Campesina, India)

Rodrigo Rey Rosa (escritor, Guatemala)

Alberto Barrera Tyszca (escritor, Venezuela)

Eric Nepomuceno (escritor, Brasil)

Francisco Goldman (escritor, EEUU/Guatemala)

Marina Garcés (filósofa, España)

Juan Cruz (escritor, España)

David Homel (escritor, Canadá)

Bruno Montané (poeta, Chile/España)

Paula Canal (agente literaria, España)

Adrian Arancibia (poeta, Chile)

Milton Fornaro (escritor, Uruguay)

Jorge Fondebrider (escritor, Argentina)

Vivian Scheinsohn (arqueóloga, Argentina)

Bárbara Belloc (escritora y editora, Argentina)

Teresa Arijón (poeta, Argentina)

Alcira Cuccia (escritora, Argentina)

Héctor Abad Faciolince, escritor. Colombia

Alonso Cueto (escritor, Perú)

Martín Caparrós (escritor, Argentina)

Frederic Amat (pintor, España)

Edgardo Cozarinsky (escritor, Argentina)

Daniel Vidal (pintor, Argentina)

Luis Altieri (pintor, Argentina)

Miguel Vitagliano (escritor, Argentina)

Sergio Chéjfec (escritor, Argentina)

Rubén Martínez (escritor, EEUU)

Jorge Aulicino (poeta, Argentina)

Edgardo Cozarinsky (escritor, Argentina)

John Gibler (poeta y periodista, EEUU)

Joani Hocquenghem (escritor, Oaxaca, México)

Elaine Hsiao (International Union for the Conservation of Nature, Ruanda)

Henry Veltmeyer (profesor, Universidad Autónoma de Zacatecas, México)

John Oakes (editor, OR Books, EEUU)

Britt Baatjes (profesora-investigador, Port Elizabeth, Sudáfrica)

Anne Harley (investigadora, Paulo Freire Project, University of KwaZulu-Natal, Sudáfrica)

Shalmali Guttal (directora, Focus on the Global South, Tailandia e India)

Philip McMichael (profesor, Cornell University, EEUU)

Darcy Tetreault (profesor, Universidad Autónoma de Zacatecas, México)

Richard Stahler-Sholk (profesor, Eastern Michigan University, EEUU)

Avijit Chatterjee (activista derechos indígenas, India)

Haroon Akram-Lodhi (profesor, Trent University, Canadá)

Tony Weis (profesor, University of Western Ontario, Canadá)

Kathleen McAfee (profesora, San Francisco State University, EEUU)

John Vandermeer (profesor, University of Michigan, EEUU)

Tomás Alberto Madrigal (adherente de la Sexta, trabajador de salud, EEUU)

Katharine Crocker Blake (empresaria, Chiapas, México)

Matt Meyer (secretario general, International Peace Research Association, EEUU)

Raúl Delgado Wise (profesor, Universidad Autónoma de Zacatecas, México)

Ronald Nigh (profesor, CIESAS, México)

Omar Felipe Giraldo (profesor, ECOSUR, México)

Olivier de Marcellus (activista, Suisa)

Lapapan Supamanta (activista, Rural Initiatives for Community and Ecology Association, Tailandia)

Natrin Chaonsri (activista, Thai Poor Act, Tailandia)

Sadaharu Oya (profesor, Hokkai-Gakuen University, Japón)

Daniela Del Bene (investigadora, Universidad Autónoma de Barcelona, España)

Jennifer C. Franco (investigadora, TransNational Institute, Holanda)

Jack Kloppenburg (profesor, University of Wisconsin, EEUU)

Elizabeth Fitting (profesora, Dalhousie University, Canadá)

Peter Newell (profesor, University of Sussex, Reino Unido)

Susanna Hecht (profesora, University of California UCLA, EEUU)

Jai Sen (director, India Institute for Critical Action, India)

Mary Ann Manahan (investigadora activista, Marcha Mundial de Mujeres, Filipinas)

Claudio Cattaneo (profesor, Universidad Autónoma de Barcelona, España)

MaryAnne Tenuto (coordinación, Chiapas Support Committee, EEUU)

Gerardo Alatorre Frenk (investigador, Universidad Veracruzana, México)

Ulli Röding (Red YA-BASTA-NETZ, Alemania)

Arnoldo García (poeta, Chiapas Support Committee, EEUU)

Malely Linares Sánchez (docente, UNAM, ciudad de México, México)

Pierre Rousset (activista, Europe Solidaire Sans Frontières, Francia)

Anne Petermann (directora, Global Justice Ecology Project, EEUU)

Susannah R. McCandless (directora, Global Diversity Foundation North America, EEUU)

Melanie Bush (profesora, Adelphi University, EEUU)

Sarah Sexton (analista activista, The Corner House, Inglaterra)

Nicholas Hildyard (analista activista, The Corner House, Inglaterra)

Larry Lohmann (analista activista, The Corner House, Inglaterra)

Kamal Mitra Chenoy (profesor, Jawaharlal Nehru University, India)

Boris Kagarlitsky (director, Institute for Globalisation Studies and Social Movements, Rusia)

Anna Harris (sicóloga, Inglaterra)

Gustave Massiah (economista, Initiatives Pour un Autre Monde, Francia)

Marjorie Jobson (activista, Khulumani Support Group, Sudafrica)

Patrick Bond (profesor, University of the Witwatersrand, Sudafrica)

Arnim Scheidel (profesor, Universidad Autónoma de Barcelona, España)

Peter Swift (estudiante doctoral, University of Wisconsin, EEUU)

Emma McDonell (estudiante doctoral, Indiana University, EEUU)

Jorge Pinto (profesor, Universidade de Lisboa, Portugal)

Patrick Bresnihan (profesor, Trinity College, Irlanda)

Adam Jadhav (estudiante doctoral, University of California at Berkeley, EEUU)

J.P. Sapinski (profesor, Université de Moncton, Canadá)

Piran Azad (médico, Alemania)

Vasna Ramasar (profesora, Lund University, Suecia)

Regina Hansda (investigadora, Newcastle University, Inglaterra)

Leah Temper (investigadora, McGill University, Canadá)

Bob Thomson (activista, Peoples’ Social Forum, Canadá)

Dianne Rocheleau (profesora, Clark University, EEUU)

Luis Malaret (profesor, Community College of Rhode Island, EEUU)

Johanna Jacobi (profesora, University of Bern, Suiza)

Keith Hyams (profesor, Univeristy of Warwick, Inglaterra)

Raymond Bryant (profesor, King’s College of London, Inglaterra)

Anthony Ince (profesor, Cardiff University, Reino Unido)

Samir Delgado (poeta, Tren de los Poetas, México)

Michel Pimbert (profesor, University of Coventry, Inglaterra)

Stefano Portelli (investigador, University of Leicester, Inglaterra)

Patrick Chan (cooperativista, Sudafrica)

Natalia Paszkiewicz (profesora, University of Bath, Inglaterra)

Ivette Perfecto (profesora, University of Michigan, EEUU)

Carlotta Molfese (investigadora, Plymouth University, Inglaterra)

Miriam Boyer (activista, México via Berlin, Alemania)

Bengi Akbulut (profesor, Concordia University, Canadá)

Isabel Castillo (co-directora, River Road Unitarian Universalist Congregation, EEUU)

Freya Higgins-Desbiolles (profesora, University of South Australia, Australia)

Peter Clausing (coordinador, Companer@s de México del Sur A.C., Alemania)

Emily Caruso (directora, Global Diversity Foundation, Inglaterra)

Ben Cousins (profesor, University of the Western Cape, Sudafrica)

Alice Taherzadeh (investigadora, Cardiff University, Reino Unido)

Hung-Ying Chen (investigador, Durham University, Inglaterra)

Ruth Hall (profesora, University of the Western Cape, Sudafrica)

Nina I. Moeller (investigadora, University of Manchester, Inglaterra)

Leslie Gross-Wyrtzen (estudiante doctoral, Clark University, EEUU)

Laurence Cox (profesor, National University of Ireland Maynooth, Irlanda)

Abha Bhaiya (activista feminista, Jagori Rural Charitable Trust, India)

Ashwani Vasishth (profesor, Ramapo College, EEUU)

Miriam Lang (profesora, Universidad Andina Simón Bolivar, Ecuador)

Harris Charalambides (abogado, Chipre)

Yoann Moreau (antropólogo, Escuela de Mineria, Yagisawa, Japón)

Benjamín Cann (director y dramaturgo, México)

Brian Nissen (pintor, México)

Nadia Baram (fotógrafa, México)

Francisco Hinojosa (escritor, México)

Jordi Soler (escritor, México)

María René Prudencio (dramaturga, México)

Daniela Rea (periodista, México)

Álvaro Enrigue (escritor, México)

Javier Ledesma (editor, México)

Oscar Benassini (editor, México)

Nayeli García (investigadora, COLMEX, México)

Luis de Tavira (director de teatro, México)

Alberto Villarreal (director de teatro, México)

Raquel Araujo Madrea (directora de teatro, México)

Marcela Turati (periodista, México)

Raúl Silva (periodista, México)

Amelia Hinojosa (galerista, México)

Liliana García (historiadora, México)

Lorena Mata (maestra, México)

Natalia Beristáin (cineasta, México)

Pedro de Tavira (actor, México)

Stefanie Weiss (actriz, México)

Carlos Mendoza (filósofo y teólogo, México)

Yael Weiss (editora y traductora, México)

Pablo Reyna (investigador, México)

Ana Lydia Flores Marín (Universidad Iberoamericana, México)

Alejandra Rangel (promotora cultural, México)

Antonio Gritón (artista visual, México)

Diego Enrique Osorno (periodista, México)

Alma Karla Sandoval (escritora, México)

Naief Yehya (escritor, México)

Rubén Marín (periodista, México)

Paloma Robles (periodista, México)

Luciana Kaplan (cineasta, México)

Carlos Chimal (escritor, México)

Luz Emilia Aguilar Zínser (crítica e investigadora teatral, México)

Carlos Amorales (artista visual, México)

Daniel Aguilar Ruvalcaba (artista visual, México)

Carmen Boullosa (escritora, México)

Maya Goded (fotógrafa, México)

Guillermo Quijas (editor, México)

Gerardo Herrera Corral (físico, México)

Emiliano Ruiz Parra (periodista, México)

Verónica Gerber Bicecci (escritora, México)

Mónica del Villar (investigadora y editora, México)

Guillermo Espinosa Estrada (escritor, México)

Jorge Comensal (escritor, México)

Perla Yadira Coronado (académica, México)

Rubén Luna Castillo (académico, México)

Ma. Eugenia Sánchez Díaz de Rivera (académica, México)

Eduardo Almeida Acosta (académico, México)

Raúl Delgado Wise (sociólogo, México)

Inés Durán Matute (académica, México)

Rodrigo Camarena González (académico, México)

Carlos López Beltrán (escritor y filósofo, México)

Carmen Díaz Alba (profesora, México)

Raúl Romero (sociólogo, México)

Francisco Morfín (filósofo de la educación, México)

Raúl Arvizu (Director General para América Latina de Ocean Future Societies, México)

Rodrigo Navarro (Ocean Future Societies, México)

Oralba Castillo Nájera (profesora, UAEM, Cuernavaca, Morelos)

Norma Domínguez Quezada (profesora, Cuernavaca, Morelos)

Margarita Armella Delachica (profesora, Cuernavaca, Morelos)

Luz María Goribar del Río (terapeuta, Cuernavaca, Morelos)

Laura Bustos Hernández (Cuernavaca, Morelos)

María de Lourdes Lara (Cuernavaca, Morelos)

Tania Violeta Dávila Ramírez (psicóloga, Cuernavaca, Morelos)

Aurora Suárez (Cuernavaca, Morelos)

Servando Gaja (profesora, Cuernavaca, Morelos)

Martha Mata (antropóloga, Cuernavaca, Morelos)

Carolina Domínguez Quezada (socióloga, Cuernavaca, Morelos)

Coline Pla (estudios latinoamericanos, Cuernavaca, Morelos)

Ignacio López Guerrero (director escénico, Cuernavaca, Morelos)

Cristina del Carmen Vargas Bustos (terapeuta, Cuernavaca, Morelos)

Javier Ávila Aguirre, S.J. (Chihuahua, México)

Francisco Stockton Leal (Chihuahua, México)

Luis Aragón (Chihuahua, México)

Ricardo Ruiz Suárez Estrada (Chihuahua, México)

Roberto Carlos Robles Campos (Chihuahua, México)

Gloria Ilsel Loera Romero (Chihuahua, México)

Horacio Lagunas Cerda (antrópologo, Chihuahua, México)

Juan Jaime Loera González (Chihuahua, México)

Irma Henze (psicoanalista, Chihuahua, México)

Itzel Cervantes (Chihuahua, México)

Isabel Saldivar Ayala (Chihuahua, México)

Citlali Quintana Sapien (Chihuahua, México)

Patricia Martínez Escarza (Chihuahua, México)

Alma Rosa Dozal Estrada (Chihuahua, México)

Horacio Almanza Alcalde (Chihuahua, México)

Brenda Govea Medina (Chihuahua, México)

Georgina Gaona Pando (Chihuahua, México)

Tatiana Amor Aderman (Chihuahua, México)

Aline González Espinosa (Cuernevaca, México)

Óscar Ocampo Ayala (Cuernevaca, México)

Alma Sánchez Sanjz (Cuernevaca, México)

Carmen Jurado (Cuernevaca, México)

Diana Villalobos Díaz (Chihuahua, México)

María Elena Orozco (antropóloga, UPN, Chihuahua, México)

Susana Navarrete López (antropóloga, Chihuahua, México)

Pablo Ortiz Gurrola (Chihuahua, México)

Adriana Alcaraz (Chihuahua, México)

Julika Bond (maestra jubilada, México)

Vilma Almendra (Pueblos en camino, Colombia)

Emmanuel Rozental (Pueblos en camino, Colombia)

Claudia Isabel Serrano Otero (Universidad del Cauca, Popayán, Colombia)

Claudia Liliana Meza Romero (Bogotá, Colombia)

Pavel López Flores (CIDES-UMSA, La Paz, Bolivia)

Ana Vera (Surkuna, Ecuador)

Natalia Sierra (profesora-investigadora, Ecuador)

Salvador Schavelzon (profesor, Universidad de São Paulo, Brasil)

Oscar Olivera (Guerrerxs del agua, Cochabamba, Bolivia)

Marcela Olivera (Guerrerxs del agua, Cochabamba, Bolivia)

Natali Olivera (Guerrerxs del agua, Cochabamba, Bolivia)

Camila Olivera (Guerrerxs del agua, Cochabamba, Bolivia)

Marcelo Rojas (Guerrerxs del agua, Cochabamba, Bolivia)

Freddy Beltrán (Guerrerxs del agua, Cochabamba, Bolivia)

Roberto Escóbar (Guerrerxs del agua, Cochabamba, Bolivia)

Max Fuentes (Guerrerxs del agua, Cochabamba, Bolivia)

Aleida Liendo (Guerrerxs del agua, Cochabamba, Bolivia)

Eduardo Nash (HIJOS, Argentina)

Nicolás David Falcoff (músico, Argentina)

Guillerima Acosta (música, Argentina)

Néstor Augusto López (Revista Herramienta y Comunizar, Buenos Aires, Argentina)

Luis Menéndez Bardamu (sociólogo, Universidad de Buenos Aires, Argentina)

Irene del Sol (odontopediatra, Universidad de Buenos Aires, Argentina)

Peter Pál Pelbart (filósofo, Pontificale Universidad Catolica, São Paulo, Brasil)

Amarildo Ferreira Júnior (profesor, IFRR, Boa Vista, Brasil)

Sara Santacruz Vinueza (socióloga, Quito, Ecuador)

Nitram (hip hop autónomo rebelde, Quito, Ecuador)

Fredi Casco (artista, Asunción, Paraguay)

Ticio Escobar (crítico cultural, Asunción, Paraguay)

Bruno Delbecchi (periodista, Salvador de Bahia, Brasil)

Inácio Neutzling (Instituto Humanitas Unisinos, Sao Leopoldo, Brasil)

Pedro de Assis Ribeiro de Oliveira (sociólogo, profesor, Juiz de Fora, Brasil)

André Langer (sociólogo, Faculdade Vicentina, Curitiba, Brasil)

Elba Mercedes Palacios (colectivo Sentipensar Afrodiaspórico, Colombia)

Edith Lopez Ovalle (artista visual, Guatemala/México)

Diógenes Díaz (antropólogo, Colombia)

Valentina Díaz (colectivo Hierba, Colombia)

Vanda Ianowski (docente, Universidad Nacional del Comahue, Argentina)

Andrés Figueroa Cornejo (periodista, Resumen Latinoamericano y Kaos en la red, Chile)

René Vasco Irurzun (Argentina)

Carlos Arango Calad (psicólogo, Universidad del Valle, Cali, Colombia)

Maria Clara Lanari Bo (educadora, Rio de Janeiro, Brasil)

Derly Constanza Cuetia Dagua (Pueblo Nasa y Pueblos en Camino, Cauca, Colombia)

Francis Pacheco da Silva (Profesor del Estado do Rio Grande do Sul, Viamão, Brasil)

Malena Martinez Cabrera (cineasta, Perú – Austria)

Dora María Yagarí González (Medellín, Colombia)

Patricia Rios Brandi (Porto Alegre, Brasil)

Alexander Panez Pinto (colectivo LEMTO/UFF, Brasil)

Juan Wahren (Universidad de Buenos Aires, Argentina)

Miguel Teubal (escritor, Buenos Aires, Argentina)

Emiliano Teran Mantovani (Observatorio de Ecología Política, Caracas, Venezuela)

Francisco Javier Velasco (antropólogo, OEP, Caracas, Venezuela)

Liliana Buitrago Arévalo (investigadora, OEP, Caracas, Venezuela)

Juan M. Planas (sociólogo, OEP, Caracas, Venezuela)

Marcela Claudia Lafon (Neuquén, Argentina)

Luis Daniel Hocsman (investigador, CONICET, Argentina)

Valentin Val (independiente, Argentina, México)

Hilda Imas (empleada, GCBA, Buenos Aires, Argentina)

Lucia Scrimini (Buenos Aires, Argentina)

Miriam Lang (Universidad Andina Simón Bolívar, Quito, Ecuador)

Neka Jara (Argentina)

Maba Jara (Argentina)

Juan Sotelo (Buenos Aires, Argentina)

Pablo René Pons (Argentina)

Somayeh Khajvandi (socióloga, kurda de Iran instalada en Francia)

ehrouz Safdari (traductor, kurdo de Iran instalado en Francia)

Farzan Nasr (traductor y artista, Ispahan, Iran)

Amin Bozorgian (sociólogo, iraní instalado en Francia)

Sylvie Glissant (directora del “Institut du Tout-monde”, Francia)

Fabien Cohen (secretario general de FAL, France-Amérique-Latine, Francia)

Ana Cecilia Dinerstein (profesora, Bath University, Reino Unido)

Bernard Duterme (sociólogo, director del CETRI – Centre tricontinental, Bélgica)

Eleni Varika (profesora, Université París 8, Francia)

Christian Laval (sociólogo, profesor, Université Paris Nanterre, Francia)

Pierre Dardot (filósofo, investigador, Université Paris Nanterre, Francia)

Pierre Sauvêtre (profesor-investigador, Université Paris Nanterre, Francia)

Judith Revel (filósofa, profesora, Université París Nanterre, Francia)

François Gèze (éditor, París, Francia)

Rémy Toulouse (editor, La Découverte, París, Francia)

Loïc Blondiaux (profesor de ciencias políticas, Université Paris 1, Francia)

Yvon Le Bot (sociólogo, París, Francia)

Michel Wieviorka (sociólogo, París, Francia)

Geneviève Azam (economista, Toulouse, Francia)

Barbara Glowczewski (antrópologa, Centre National de la Recherche Scientifique, París, Francia)

François Cusset (profesor de estudios americanos, Université Paris-Nanterre, Francia)

Christophe Bonneuil (historiador, Centre National de la Recherche Scientifique, París, Francia)

Josep Rafanell y Orra (psicólogo y escritor, París, Francia)

Ludivine Bantigny (historiadora, Universidad de Rouen-Normandie, Francia)

Gilles Rivière (antropólogo, EHE/SS, París, France)

Irène Bellier (antropóloga, Centre National de la Recherche Scientifique, Francia)

Thomas Coutrot (economista, ex-vocero de Attac-France, Francia)

Alain Musset (geografo, director de estudios, EHESS, París, Francia)

Jean-Claude Bonne (historiador de arte, director de estudios, EHESS, París, Francia)

Jérôme Baschet (historiador, EHESS, París, Francia)

Eric Michaud (historiador de arte, director de estudios, EHESS, París, Francia)

Houari Touati (director de estudios, EHESS, París, Francia)

Jacques Revel (historiador, EHESS, París, Francia)

Philippe Minard (historiador, profesor, Université Paris 8 y EHESS, Francia)

María Stavrinaki (profesora-investigadora, Université de Paris 1-Sorbonne, Francia)

Jean-Louis Tornatore (professor, Université de Bourgogne, Francia)

Alessandro Stella (historiador, Centre National de la Recherche Scientifique, París, Francia)

François Jarrige (historiador, Université de Bourgogne, Francia)

Carlo Vercellone (economista, profesor Université Paris 8, Francia)

Philippe Corcuff (profesor de ciencias políticas, Institut d’Etudes Politiques, Lyon, Francia)

Alexis Chaussalet (Attac-France, París, Francia)

Franck Gaudichaud (profesor, Université de Grenoble, copresidente de France-Amérique-Latine)

Marc Hatzfeld (antropólogo, Durban-Corbières, Francia)

Christian Arnsperger (profesor, Université de LaEEUUnne, Suisse)

Guillaume Faburel (profesor-investigador, Université de Lyon 2, Francia)

Régine Plas (profesora, Université París Descartes, Francia)

Géronimo Diese (científico-activista, Francia)

Marc Tomsin (editor, Rue des Cascades, París, Francia)

Johan Badour (editor, Divergences, París, Francia)

Aline Pailler (periodista, ex-diputada del Parlemento Europeo, Ariège, Francia)

Alexandre Escudier (investigador, Fondation Nationale des Sciences Politiques, París, Francia)

Gil Bartholeyns (profesor-investigador, Université de Lille, Francia)

Thomas Golsenne (profesor-investigador, Université de Lille, Francia)

Elise Lowy (socióloga, Revue EcoRev’, París, Francia)

Anna Fontes (profesora, Université Sorbonne Nouvelle- París 3, Francia)

Vanessa Manceron (antropóloga, Centre National de la Recherche Scientifique, París, Francia)

Karine Parrot (jurista, profesora, Université de Cergy-Pontoise, Francia)

Patricia Pol (profesora-investigadora, Université Paris-Est Créteil, Francia)

Françoise Escarpit (periodista, Bordeaux, Francia)

Sylvia Pérez-Vitoria (socio-economista, París, Francia)

Paul Ariès (director de la revista “Les Zindigné(e)s, Francia)

Beatrice Bonne (traductora, París, Francia)

Annick Stevens (filósofa, Université populaire de Marseille, Francia)

Jean-Michel Guillon (investigador, Université Paris Sud, Orsay, Francia)

Alain Damasio (escritor, Marseille, Francia)

Serge Quadruppani (escritor y traductor, Francia)

Maguy Marin (coreógrafa, Lyon, Francia)

Bonga (compositor-intérprete, Francia)

Serge Pey (poeta, Toulouse, Francia)

Brice Bonfanti (poeta-obrero, Grenoble, Francia)

Bertrand Meunier (fotógrafo, Tendance Floue, París, Francia)

Jacques Kebadian (cineasta, París, Francia)

Nicolas Défossé (cineasta, París, Francia)

Jean-François Galotte (cineasta, Colombes, Francia)

Claudine Baschet (actriz, París, Francia)

François-Xavier Drouet (cineasta, Faux-la-Montagne, Francia)

Christine Pellicane (director de teatro, París, Francia)

Philippe Maymat (actor, París, Francia)

Aida Kebadian (pintora, París, Francia)

Yannick Reix (director del “Café des images”, Caen, Francia)

Christian Valdelièvre (productor, Francia-México)

Marco Candore (artista, París, Francia)

Franssou Prenant (cineasta, París, Francia)

Dominique Dou (escritora, París, Francia)

Christian Carez (fotógrafo, Beersel, Bélgica)

Claire Doyon (cineasta, París, Francia)

Eric Premel (cineasta, ex-director del Festival de cine de Douarnenez, Francia)

Valentin Schaepelynck (profesor investigador, Université Paris 8, Francia)

Chloe Maillet (profesora de historia del arte, ESBA, Angers, Francia)

Christine Lapostolle (profesora, Ecole Européenne Supérieure d’Arts de Bretagne, Francia)

Kristina Solomoukha (artista y profesora, EESAB, Rennes y EnsAD, París, Francia)

Francesca Cozzolino (profesora-investigadora, EnsAD, París, Francia)

Francesca Martinez Tagliavia (profesora, Scuola de Belle Arti, Palermo, Italia)

Gaelle Hauptmann (artista, Quimper, Francia)

Jean Rochard (productor de música, París, Francia)

Jean-Baptiste Vidalou (escritor, Francia)

Régis Hébette (director del teatro L’Echangeur, Bagnolet, Francia)

Claire Moyrand (escritora, París, Francia)

Guillaume Lasserre (crítico de arte, París, Francia)

Émile Ouroumov (director del centro de arte BBB, Toulouse, Francia)

Benjamin Landsberger (productor ejecutivo, Maisons-Laffitte, Francia)

Kayler Stéphane (medios audiovisuales, París, Francia)

Antoine Boute (escritor, Bruxelles, Bélgica)

Paolo Codeluppi (artista y fotógrafo, Bagnolet, Francia)

Maryline Brustolin (galerista de arte, París, Francia)

Dominique Mathieu (artista, París, Francia)

David Benassayag (editor y director de centro de arte, Cherbourg, Francia)

Yves Raynaud (grafista, Villiers-sur-Morin, Francia)

Hélène Roux (socióloga, Université París 1, Francia)

Willy Gianinazzi (historien, París, Francia)

Maud Pérez-Simon (profesor, Université Sorbonne Nouvelle – Paris 3, Francia)

Violaine Delteil (socio-economista, Université Sorbonne Nouvelle Paris 3, Francia)

Patrick Dieuaide (Université Sorbonne Nouvelle París 3, Francia)

Odile Henry (socióloga, Université Paris 8 Vincennes, Francia)

Guillaume Goutte (corector de prensa, CGT, París, Francia)

Angeles Alonso Espinosa (antropóloga, París, Francia)

David Scemla (abogado, París, Francia)

Marie-Christine Callet (París, Francia)

Nadine Verdier (Attac-France, Cahors, Francia)

Michèle Plantain (Attac-France, Noyelles sur Selle, Francia)

Marc Saracino (fundador del Festival de cinema “Résistances”, Foix, Francia)

Marie-Luce Rauzy (editora, EHESS, Marseille, Francia)

Davide Gallo Lassere (investigador, Université París Nanterre, Francia)

Fabrice Flipo (filósofo, París, Francia)

Pierre Bance (editor, París, Francia)

Christian Mahieux (Réseau Syndical International de Solidarité et de Lutte, Francia)

Stéphane Enjalran (Union syndicale Solidaires, Francia)

Verveine Angeli (Union syndicale Solidaires, Francia)

Cybèle David (fédération SUD éducation, Francia)

Nara Cladera, (fédération SUD éducation, Francia)

Eric Decamps, (fédération SUD Rail, Francia)

Raphaël Millon (Solidaires Jeunesse et Sports, Francia)

Marc Tzwangue (Union syndicale Sud Industrie, Francia)

Yann Renoult (Sud éducation 93, Francia)

Elodie Douvry (Sud éducation 93, Francia)

Hortensia Ines (Sud éducation 66, Francia)

Valérie Duguet (Sud éducation 87, Francia)

Laura Voilqué (asociación La Ligne d’horizon, París, Francia)

Claude Micmacher (arquitecto, Réseau français des Ecocentres, Périgueux, Francia)

Jocelyne Cambuzat (Limoges, Francia)

Omar Kezouit (Attac-Paris, Francia)

Pascal Girard (profesor, Vanves, Francia)

Marcel Caucheteux (Attac-France, Lille, Francia)

Dolores Vázquez-Salvadores (profesora de español, París, Francia)

Arnaud Tomès (profesor de filosofía, Strasbourg, Francia)

Néstor Vega Salazar (París, Francia)

Lise Bouzidi Vega (París, Francia)

Violeta Salvatierra (estudios coreográficos, Université Paris 8, Francia)

Jacqueline Balvet (retraitée, Attac-France, Gard, France)

Christian Godeux (Cévennes, Francia)

Pierre Mallet (marinero, Marseille, Francia)

Matías Possner (Grupo Chiapas, Austria)

Pablo Campoy (politólogo, Holanda)

Didier Harpagès (profesor, Hondschoote, Francia)

Guy Michel (profesor, Sauvian, Francia)

Christian Ferrié (profesor de filosofía, Strasbourg, Francia)

Suzanne Hildebrandt (politóloga, Strasbourg, Francia)

Stéphane Douailler (filósofo, profesor Université Paris 8, Francia)

Anouk Anglade (estudiante, Université París 8, Francia)

Blandine Gravelin (Université París 1, Francia)

Rozenn Milin (periodista, Landunvez, Francia)

Yolaine Puche (empleada, Tours, Francia)

Raphaël Guesuraga (profesor, Saint-Leu-la-Forêt, Francia)

Vasiliki Zachari (investigadora, EHESS, París, Francia)

Alizé Lacoste Jeanson (antrópologa, Bordeaux, Francia)

Nicolas Flesch (escritor, París, Francia)

Garance Tefnin (Saint-Alban des Hurtières, Francia)

Gécile Menard (director de escuela secundaria, Paris, Francia)

Catherine Gégout (ex-regidora de la ciudad de París, Francia)

Gabriel Gau (regidor de la ciudad de París, Francia)

Fany Gaillanne (regidora de la ciudad de París, Francia)

Marie-Christine Haensler Dussel (Attac-Valenciennes, Marly, Francia)

Jean-Michel Armagnac (Agen, Francia)

Ani Kebadian (París, Francia)

Jacques Voilqué (París, Francia)

Sylvie Poignant (París, Francia)

Jeanne Dacenko (París, Francia)

Joseph Dekkers (París, Francia)

Moira Gey Smith (architecte, París, Francia)

Julien Grimaud (profesor de preparatoria, Dunkerque, Francia)

Amélie Benassayag (Argenton s/Creuse, Francia)

Ladislas de Monge (Villon, Francia)

Eleni Konstantinidou (Sálonica, Grecia)

Geert Carpels (Wodeck, Bélgica)

Mieke Krul (Virginal-Samme, Bélgica)

Ariane Vaneigem (Braine, Bélgica)

Fanchon Daemers (artista-música, Spa, Bélgica)

Anne Hustache (Bruxelles, Bélgica)

Philippe Delsupehe (Bruxelles, Bélgica)

Jean Delsupehe (Bruxelles, Bélgica)

Caroline Delsupehe (Bruxelles, Bélgica)

Renaud Tefnin (Yvignac La Tour, Francia)

Stephan Peleman (Rumst, Bélgica)

Isabelle Privé (Lessines, Bélgica)

Jean-Marie Hoppe (Lessines, Bélgica)

Thérèse Dubrule (Lessines, Bélgica)

Michel y Michèle Meli (Olignies, Bélgica)

Daniel Betche (Lessines, Bélgica)

Brigitte Tack (Linkebeek, Bélgica)

Chiara Vaneigem (Mons, Bélgica)

María Grazia Macchia (librera, Madrid, España)

Giuseppe Maio (editor, Madrid, España)

Hector Zamora (artista visual, Lisboa, Portugal)

Cecilia Brunson (galerista de arte, Londres, Reino Unido)

Adnan Celik (investigador, University of Sussex, Reino Unido)

Peggy Rivage-Seul (profesora, Berea College, Berea, EEUU)

Anu Sharma (profesora, Wesleyan University, Middletown, EEUU)

Frédéric Neyrat (filósofo, University of Wisconsin-Madison, EEUU)

Laura Weigert (profesor, Rutgers University, New Brunswick, EEUU)

Nelson Maldonado-Torres (profesor, Rutgers University, New Brunswick, EEUU)

Rudolph Bell (historiador, Rutgers University, New Brunswick, EEUU)

Ángel Luis Lara (profesor, State University of New York, EEUU)

Margaret Cerullo (sociologist, Hampshire College, EEUU)

Elisa Brilli (profesor, University of Toronto, Canada)

Didier Méhu (historiador, Université Laval, Québec, Canada)

Sylvie Poirier (antrópologo, Université Laval, Québec, Canada)

Marcel Sévigny (Fabrique d’autonomie collective, Pointe-Saint-Charles, Montreal, Canada)

Joe Parker (professor, Pitzer College, EEUU)

Stefan Ali (abogado, Columbus, Ohio, EEUU)

Jared Sacks (Columbia University, New York, EEUU)

Isaac Butler-Brown (profesor de música, Wesleyan University, Middletown, EEUU)

Kate Gilbert (estudiante, Wesleyan University, Middletown, EEUU)

Alice Markham-Cantor (escritora, EEUU)

Angela Miles (Toronto Women for a Just and Healthy Planet, Toronto, Canada)

Stephan Dobson (York University, Toronto, Canada)

Carla Bergman (escritora, Vancouver, Canada)

Francis Dupuis-Déri (profesor de ciencias políticas, Université du Québec à Montréal, Canada)

Joanne Robertson (escritor y protector del agua, Sault Ste. Marie, Canada)

Dave Bleakney (Canadian Union of Postal Workers, Ottawa, Canada)

Claude Rioux (editor, Editions de la rue Dorion, Montreal, Canada)

Arthur Clark (físico, Calgary Centre for Global Community, Calgary, Canada)

Justin Podur (York University, Toronto, Canada)

Mike Antoniades (Toronto, Canada)

Solomon Thompson (psicólogo, York University, Canada)

Leonidas Oikonomakis (antrópologo, Durham University, Reino Unido)

Eurig Scandrett (Queen Margaret University, Edinburgh, Scotland)

Erik Swyngedouw (profesor, University of Manchester, Inglaterra)

Richard White (profesor, Bath Spa University, Inglaterra)

Siobhan McGrath (profesora, Durham University, Inglaterra)

Ingrid Marek (trabajadora social, Alemania)

Vyacheslav Azarov (Unión de Anarquistas de Ucrania, Ucrania)

Andrii Ishchenko (historiador, coordinador del sindicato Zahist Pratzi, Ucrania)

Oleg Yasinsky (periodista, Ucrania-Chile)

Andriy Manchuk (periodista, Ucrania)

Vladimir Mironenko (pintor y periodista, Belarus)

Olzhas Kozhakmet (periodista, Kazakhstan)

Andrey Konstantinov (científico, Rusia)

Marina Stepanova (científico, Rusia)

Vladimir Khazanov (jubilado, Rusia)

Mikhail Smirnov (docente Rusia)

Svyatoslav Konstantinov (estudiante, Rusia)

Artem Kirpichenok (historiador y periodista, Rusia)

Rustem Safronov (periodista agencia Sputnik, Rusia)

Nikita Sutyrin (documentalista, Rusia)

Nika Dubrovsky (pintora y activista, Rusia)

Rosalba Icaza (profesora e investigadora, Holanda)

Rolando Vazquez (profesor e investigador, Holanda)

Jaime Pastor (politólogo y editor de Viento Sur, España)

Pepe Mejía (periodista y activista social, Madrid, España)

Joaquin Valdivielso (filósofo, profesor, Universitat de les Illes Balears, España)

Federico Demaria (investigador, Universidad Autónoma de Barcelona, España)

Ines Morales Bernardos (estudiante, Universidad de Cordoba, España)

Olga Clavería Iranzo (profesional de artes gráficas, Segovia, España)

Teresa González de Chávez Fdez (Islas Canarias, España)

Ana Miranda (eurodiputada, Bloque Nacionalista Galego, España)

Rocío Paula Martínez Oliart (librera, Madrid, España)

Aldo Zanchetta (animador social, Lucca, Italia)

Brunella Zanchetta (animadora, Lucca, Italia)

William Otchere-Darko (estdiante doctoral, University of Milan-Bicocca, Italia)

Federico Venturini (activista, Italia)

Alessio Ciacci (promotor social, Italia)

Salvatore Palidda (profesor, Universitá degli Studi, Genova, Italia)

Angelo Baracca (físico, profesor, Universitá di Firenze, Italia)

Vittorio Sergi (profesor, Universitá degli Studi di Urbino, Italia)

Gianfranco Crua (Carovane Migranti, Italia)

Patrizia Peinetti (Carovane Migranti, Italia)

Silvana Botassis (doctora, Milan, Italia)

Roberto Bugliani (escritor, La Spezia, Italia)

Andrea Vento (docente, Pisa, Italia)

Serena Campani (docente, Pisa, Italia)
Adele Cozzi (Bologna, Italia)

Mauro Rubichi (animador social, Livorno, Italia)

Ugo Zamburru (psiquiatra, Centro Cultural Caffè Basaglia, Torino, Italia)

Ornella Granito (presidente de Caffè Basaglia, Torino, Italia)

Marco Bassani (Italia)

Gianni Monti (Potere al Popolo, Assemblea Beni Comuni/Diritti, Firenze, Italia)

Elisa Patrizia Frediani (Lucca, Italia)

Simone Ferrari (Italia)

Gaia Capogna (Roma, Italia)

Alessio Ciacci (espero de ecología, Lucca, Italia)

Suna Di Gino (Italia)

 

Organizaciones y colectivos:

Movimiento Liberación de Kurdistán (representación en América Latina)

Colectivo Paso Doble de Apoyo al CIG (Morelos, México)

Red Morelense de Resistencia y Rebeldía en apoyo al CIG (México)

Comisión de Solidaridad y Defensa de los Derechos Humanos, A.C. (Chihuahua, México)

CECADDHI A.C. (Chihuahua, México)

Colectivo Pirata Tlahuicas, Cuernavaca, México)

Colectivo la Flor de la Palabra (Cuernavaca, México)

Colectivo #artecorreomigrante (Chihuahua, México)

Red de apoyo al CIG de Chihuahua (México)

Consejo Civico de Organizaciones Populares e Indígenas de Honduras (COPINH, Honduras)

H.I.J.O.S. (Guatemala)

Movimiento Campesino de Nicaragua

Coordinadora Andina de Organizaciones Indígenas (Ecuador)

Ecuarunari (Ecuador)

Guerrerxs del agua (Fundación Abril, Escuela Andina del Agua, Cochabamba, Bolivia)

Alianza Territorial Mapuche (país Mapuche en Chile)

Observatorio de Ecología Política de Venezuela (Caracas, Venezuela)

CRY-GEAM (Defensa de la naturaleza, Barrancabermeja, Colombia)

Red Latina sin fronteras

Minga del pensamiento (Colombia)

Creapaz (Colombia)

La Matria (Colombia)

Mala Hierba (Colombia)

Comunativa (suroccidente de Colombia)

H.I.J.OS. (Mar de Plata, Argentina)

Asamblea Comarcal Contra el Saqueo (Lago Puelo, Provincia de Chubut, Argentina)

Frente Popular Dario, Santillan, Corriente Nacional de Argentina

Asamblea Vecinal de Puerto Pirámides (Chubut, Patagonia, Argentina)

Asamblea en Defensa del Territorio de Puerto Madryn (Puerto Madryn, Argentina)

Fundaciòn Uñopatun (Provincia Rio Negro, Argentina)

Página Web Comunizar (Argentina)

Radio comunitaria El Grito (Traslasierra, Córdova, Argentina)

Después de la deriva (programa de radio, Buenos Aires, Argentina)

Semillero de experiencias autónomas anticapitalistas (Argentina)

Colectivo La Fogata (Buenos Aires, Argentina)

Arte x Libertad (Rosario, Argentina)

Mestizas (Rosario, Argentina)

Unión Solidaria de Comunidades (Pueblo Diaguita Cacano, Santiago del Estero, Argentina)

Sociedad Civil Coheju (Gran Buenos Aires, Argentina)

Grupo de apoyo a la Sexta Declaración del EZLN (Rosario, Argentina)

Casa de la Memoria (Rosario, Argentina)

Radio La Colectiva (Buenos Aires, Argentina)

Colectivo Familiares y Amigxs de Luciano Arruga (Argentina)

Radio Zona Libre (Argentina)

Organización de Mujeres Campesinas e Indígenas (CONAMURI, La Vía Campesina, Paraguay)

Universidad de la Tierra (Puebla, México)

Centro Social Ruptura de Guadalajara (México)

Movement for National Land Reform (La Vía Campesina, Sri Lanka)

Focus on the Global South (Tailandia)

Woman Health (Filipinas)

Sindicato de Trabajadores Fronterizos (La Vía Campesina, EEUU)

Food First/Institute for Food and Development Policy (EEUU)

Chiapas Support Committee (EEUU)

Sindicato Labrego Galego (España)

Solidaridad Directa con Chiapas (Zurich, Suiza)

Moins!, journal romand d’écologie politique (Vevey, Suiza)

Εκδόσεις των ξένων (Editorial de los extranjeros, Grecia)

Kaffeekollektiv Aroma Zapatista eG (Alemania)

Projekt Knotenpunkt Schwalbach am Taunus, Red Ya Basta Netz Deutschland y Ya Basta Rhein-Main (Alemania)

Global Diversity Foundation (Inglaterra)

Gruppe B.A.S.T.A. (coletivo, Alemania)

Friends of the Landless Association (Finlandia)

NGO Action from Ireland (Irlanda)

Afrika Kontakt (Dinamarca)

Internationalt Forum (Dinamarca)

BIZILUR, Asociación para la Cooperación y el Desarrollo de los Pueblos (País Vasco)

Colectivo CafeZ (Liège, Bélgica)

Red Sindical Internacional de Solidaridad y de Lucha

Union syndicale Solidaires (Francia)

Fédération SUD Education (Francia)

Union syndicale Solidaires 66 (Francia)

Comités syndicalistes révolutionnaires (Francia)

Attac-France, Francia

Comité de redacción de la revista EcoRev’ (Francia)

Club Communal de Tarnac (Francia)

Asociación “Terre et Liberté pour Arauco, Wallmapu” (Francia)

Collectif Guatemala (París, Francia)

Radio Zinzine (Aix-en-Provence, Francia)

Asociación “La Ligne d’Horizon – Les amis de François Partant” (Francia)

Colectivo “Questions de classe(s)”- Revista N’Autre école (Francia)

Jeunes Ecologistes (Francia)

Compañía de teatro Jolie Môme (Saint-Denis, Francia)

Compañía de teatro del Timon (París, Francia)

Compañía de teatro Izidoria (Lyon, Francia)

Compañía de teatro La Bad’j (Saint-Denis, Francia)

Compañía de danza Djab (Marseille, Francia)

Compañía Tatcha (Nantes, Francia)

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Come trasformare senza violenza

Gustavo Esteva

La Quarta Trasformazione (dopo l’indipendenza, la riforma di Benito Juarez e la rivoluzione di Zapata e Villa) annunciata dal nuovo presidente del Messico, come tutto lasciava prevedere, sta diventando una minaccia, soprattutto per i popoli indigeni. Come disse il generale Cárdenas, che AMLO tanto ammira, non si tratta di indigenizzare il Messico, ma di messicanizzare gli indigeni. Lo sviluppo del Sud-Est, comincerà col cementificare i villaggi. Poi avanzeranno le Grandi Opere: il cosiddetto Treno Maya, da Cancun a Palenque, che dovrebbe consegnare i territori al business del turismo, e il mega-progetto infrastrutturale di un corridoio stradale e ferroviario fra il Pacifico e l’Atlantico. Tutto all’insegna di quel discorso sviluppista che tanto ha segnato le recenti disastrose esperienze dei governi progressisti del Sud America nel loro connubio con gli interessi del capitale. La resistenza de los de abajo, quella fondata sulla dignità, non si adatta ai facili entusiasmi dei venti che soffiano in alto, però ai governi non chiede nulla. Sa bene che non c’è compromesso possibile con un regime la cui febbre auto-distruttiva devasta tutto al suo passaggio. Nel suo piccolo, e senza rispondere alla violenza con la violenza, costruisce ogni giorno la speranza, la stessa che si alimenta in Chiapas dal primo gennaio di 25 anni fa, e che oggi è più viva che mai.

***

di Gustavo Esteva – 12 gennaio 2019

Per il governatore Murat, di indubbia estrazione Priista, il presidente López Obrador farà per Oaxaca più di quello che è stato fatto negli ultimi cent’anni (Noticias, 20/12/18). Murat annuncia che finalmente la Rivoluzione renderà giustizia alla povera Oaxaca, che riceverà quello che le manca della Terza Trasformazione e si vedrà arrivare addosso la Quarta, quando si realizzerà nell’Istmo di Tehuantepec il vecchio sogno di Porfirio Díaz (ndt – il mega-progetto infrastrutturale di un corridoio stradale e ferroviario fra il Pacifico e l’Atlantico].

López Obrador (AMLO) ha criticato i fischi a Murat. “Esigo rispetto per le autorità – ha dichiarato. Ora basta con le dispute! La campagna elettorale è finita; è tempo di riconciliazione” (Noticias, 24/12/18). Il Corridoio Multimodale Inter-oceanico va fatto perché va fatto, ha sottolineato il mandatario, anche se non si farà nulla senza consultare le comunità (La Jornada, 24/12/18). Come si risolverà la questione? Molti hanno già detto che non va fatto…

Gli annunci del Presidente sono stati molto festeggiati. Per quanto riguarda i popoli indigeni, tutte le persone con più di 65 anni avranno un raddoppiamento della pensione, e tutti i giovani riceveranno sussidi come apprendisti o come studenti. Si raggiungeranno così gli obiettivi del disegno della Banca Mondiale: disgregare la comunitarietà promuovendo l’individualismo, educare al consumo ampliando il mercato interno.

Anche i produttori e gli imprenditori sono contenti: ci sarà un buon prezzo garantito per il mais e per i fagioli. Si intensificherà in tal modo il turismo degli alimenti, con l’esportazione di quello che si produce ad Oaxaca e l’importazione da Sinaloa e Sonora di quello che mangiano gli abitanti di Oaxaca. La duplice operazione è nell’elenco dei progetti per il porto rinnovato di Salina Cruz: esportare zucchero, polietilene e marmo e importare sale, grano e minerali per i cementifici locali (La Jornada, 24/12/18).

Come disse a suo tempo il generale Cárdenas, che AMLO tanto ammira, non si tratta di indigenizzare il Messico, ma di messicanizzare gli indigeni. Lo sviluppo del Sud-Est, che potrà finalmente “disindigenizzare” gli indigeni, comincerà col cementificare i villaggi: sono stati erogati finanziamenti per 50 dei 188 capoluoghi dello Stato di Oaxaca che costruiranno le loro strade con cemento idraulico. E ancora più cemento verrà utilizzato per la tangenziale di Matías Romero e per strade e autostrade.

Gli intellettuali organici del nuovo regime celebrano continuamente il trionfo della lotta che hanno iniziato da adolescenti. Nel 2018 si sarebbe compiuto il primo passo di una trasformazione attesa da molto tempo. Dicono di aver sempre lottato per la scomparsa del sistema dominante, che sarà realizzata dalla Quarta Trasformazione, ma non vogliono che quest’ultima venga definita o qualificata dogmaticamente, con ideologie obsolete. Secondo loro, il profondo Sud non rifiuta il capitalismo; quello che vuole è aprirsi al capitalismo del Nord, dove gli inferni sociali sono compensati dal fatto che c’è lavoro e dall’illusione di un futuro migliore. Sono consapevoli dei rischi del Treno Maya [ndt – linea ferroviaria di interesse turistico e commerciale, da Cancun a Palenque], ma ritengono che saranno sufficienti alcuni controlli perché ne usufruiscano piccole imprese di turismo alternativo e l’ambiente venga rispettato.

Nella loro canzone, i gilet gialli dicono che c’è stato un tempo in cui hanno creduto come idioti nella promessa che nel regime dominante ci potessero essere giustizia, uguaglianza e fraternità. Ma si sono risvegliati; non accettano più il capitalismo, il patriarcato o il sistema rappresentativo.

Quella promessa non aveva la stessa risonanza fra noi. Abbiamo sempre diffidato di ciò che chiamavano democrazia, delle sue procedure e dei suoi risultati. Le disastrose esperienze dei governi progressisti del Sud America, che hanno utilizzato il medesimo discorso sviluppista della Quarta Trasformazione per giustificare il loro connubio con il capitale, hanno rafforzato il nostro antico rifiuto di tutte le forme di patriarcato capitalista.

La lotta dei popoli, quella che si combatte dal basso, che è fondata sulla dignità, sa bene che non c’è compromesso possibile con un regime la cui febbre auto-distruttiva distrugge tutto al suo passaggio. Lo sottolineano tanti giovani che difendono vita e territorio a partire dalla comunità, come quelli di Ixhuatán, nell’Istmo, che hanno seminato pace affidando alla terra come semi i corpi dei loro compagni assassinati il 16 dicembre [ndt – Luis Donaldo Fuentes Martínez y Jesús Cruz Ruiz; si veda il Comunicato del Consiglio Nazionale Indigeno a 9 giorni dalla sepoltura]. Non chiedono nulla ai governi. Sanno di essere in mezzo all’immensa violenza che anticipa grandi sviluppi. Sono decisi a proseguire il loro cammino, nonostante il dolore e le lacrime.

Nel loro piccolo, senza pretese, facendo quello di cui c’è bisogno, resistendo sempre, senza adattarsi ai venti che soffiano in alto (anche se arrivano vestiti di seta), senza trasformare in nemici quelli che a volte sono stati compagni di lotta, quelli che stanno in basso rimangono in piedi. Hanno saputo dell’Incontro delle Reti di Resistenza e Ribellione, che si è tenuto nei giorni scorsi. Dovunque fossero, hanno celebrato il 25° anniversario dell’inizio della guerra contro l’oblio, la cui commemorazione è iniziata nei territori zapatisti. Insieme ai popoli [indigeni] e alle comunità, continueranno ad alimentare la speranza che è nata il primo gennaio 1994 e che oggi è più viva che mai. https://comune-info.net/2019/01/come-trasformare-senza-violenza/

Fonte: “Cómo transformar sin violencia”, La Jornada, 31/12/2018.

Traduzione a cura di Camminar domandando

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Non siete soli!

¡NO ESTÁN SOLOS!

Comunicado a los 25 años del levantamiento zapatista

12 de enero de 2019

Hace 25 años, en la fría madrugada del primero de enero de 1994, una voz resonó en las montañas del sureste de México; al grito de ¡Ya Basta!, hombres, mujeres, niños y niñas declararon ser producto de 500 años de lucha y estar dispuestos a enfrentarse a una guerra genocida no declarada en contra de sus pueblos desde hacía muchos años; reclamaban trabajo, tierra, techo, alimentación, salud, educación, independencia, libertad, democracia, justicia y paz y poco después añadieron información y cultura.

La voz de los que hasta entonces no tenían rostro, no tenían voz, de los que convivían con la muerte, “tan cotidiana, tan nuestra que acabamos por dejar de tenerle miedo”, la de los muertos, “tan mortalmente muertos de muerte “natural”, es decir, de sarampión, tosferina, dengue, cólera, tifoidea, mononucleosis, tétanos, pulmonía, paludismo y otras lindezas gastrointestinales y pulmonares”, saltó fronteras y geografías y se oyó en pueblos y ciudades de todo el Planeta Tierra.

Fuimos muchas, muchos los que miramos con asombro a aquellos que, para que los viéramos, tuvieron que taparse la cara y nos descubrían que la palabra dignidad era mucho más que una definición en el diccionario. Durante estos 25 años, hemos intentado acompañarles y darles nuestro apoyo; hemos visto como han crecido, como los que eran niños y niñas en los días del 94, se fueron convirtiendo en adultos y como quienes entonces aún no habían nacido, son ya jóvenes y jóvenas con cargos en sus comunidades, responsables de salud, de educación, de agroecología… Hemos visto como han trabajado luchado para sacar adelante su autonomía, sus Municipios Autónomos, sus Juntas de Buen Gobierno; cómo han trabajado sus tierras recuperadas, cómo han construido clínicas y escuelas; cómo se han capacitado para mejorar la producción, para construir cooperativas  y cómo han emprendido un camino en el que gobernar es un servicio que todas y todos pueden y deben ejercer en un territorio donde el pueblo manda y el gobierno obedece.

Pero también hemos visto como de difícil ha sido ese camino; cómo han sido permanentemente atacados por paramilitares, por el ejército y por los diferentes gobiernos que, en estos años, han intentado desprestigiarlos, acallarlos e ignorarlos, al ver que no podían acabar con ellos. No podemos olvidar todo el dolor, el sufrimiento y los muertos que los malos gobiernos han provocado. Desde los asesinatos de Severiano y Hermelindo Santiz López y Sebastián Santiz Gómez, a manos del ejército mexicano el  7 de enero de 1994 en el Ejido Morelia, Altamirano, Chiapas, a la muerte del Maestro Galeano, el 2 de mayo de 2014, a manos de integrantes de la CIOAC-Histórica en La Realidad, Chiapas, pasando por Gilberto Jiménez Hernández, ejecutado a sangre fría por un soldado del ejército, perteneciente a la Fuerza de Tarea “ARCOIRIS”, en 1995 cerca de la comunidad de La Grandeza, en la Cañada de Patihuitz o José Tila, asesinado en 1998 por paramilitares de Paz y Justicia cuando regresaba a de  prestar testimonio ante la CIODH, en la zona chol del estado. Son solo seis nombres de una larga lista; y no, nosotros, nosotras, no olvidamos, no perdonamos.

Por todo eso, en estos días de enero de 2019, queremos afirmar que seguimos escuchando en nuestros corazones la palabra de los hombres, mujeres, niños y niñas bases de apoyo, de las autoridades autónomas zapatistas, de los milicianos, milicianas, insurgentes, insurgentas, mandos y Comité Clandestino Revolucionario Indígena del Ejército Zapatista de Liberación Nacional, y les decimos, desde nuestros tiempos y nuestras geografías

¡NO ESTÁN SOLOS!

Por un mundo dónde quepan muchos mundos.
Planeta Tierra a 12 de enero de 2019

Adherentes a la Sexta Barcelona, Barcelona, Estado Español
Asamblea de Solidaridad con México, Valencia, Estado Español
Asociación Espoir Chiapas, Francia
Asociación Interpueblos, Cantabria, Estado Español
ASSI (Acción Social Sindical Internacionalista), Zaragoza, Estado Español
Associació Solidaria Cafè Rebeldía-Infoespai, Barcelona, Catalunya, Estado Español
Associazione Ya Basta! Milano, Milán, Italia
Caracol Zaragoza – Red de personas por la Autonomía Zapatista, Zaragoza, Aragón, Estado Español
Centro de Documentación sobre el Zapatismo – CEDOZ-, Madrid, Estado Español
Colectivo de Solidaridad con Chiapas “Tierra y Territorio Madrid”, Madrid, Estado Español
Colectivo Mutvitz, Gard Vaucluse, Francia
Collectif Chiapas Ariège, Ariège, Francia
Comitato Chiapas “Maribel”, Bergamo, Italia
Comite de Solidaridad con los Pueblos, Cantabria, Estado Español
Comité de solidarité avec les Peuples du Chiapas en Lutte (CSPCL), París, Francia
Confederación General del Trabajo (CGT), Estado Español
Espiral de Solidaridad-Semilla de Resistencia, Grecia
Grupo Cafez, Lieja, Bélgica
Gruppe B.A.S.T.A., Münster, Alemania
London Mexico Solidarity, Londres, Inglaterra
Lumaltik Herriak, País Vasco, Estado Español
Mut Vitz 13, Marseille, Francia
Red YA-BASTA-Netz, Alemania
Red de Solidaridad con Chiapas, Buenos Aires, Argentina
TxiapasEKIN!, País Vasco, Estado Español
Y Retiemble, Col. de apoyo al EZLN y al CNI, Madrid, Estado Español
20zln, Italia
Amparo Sánchez (Amparanoia), música, Barcelona, Estado Español
Carlos Taibo, profesor, Madrid, Estado Español
Jaime Pastor. Editor de la revista Viento Sur, Madrid, Estado Español
Marcos Roitman Rosenmann, profesor de Sociología de la Universidad Complutense, Madrid, Estado Español
Raúl Zibechi, escritor y periodista, Uruguay
Americasol, Francia
Anticapitalistas, Estado Español
Asamblea de Mujeres de Cantabria, Cantabria, Estado Español
Asociación Cultural Brasileña Maloka, Madrid, Estado Español
Associazione Jambo, Commercio Equo, Fidenza, Italia
BIZILUR, Asociación para la Cooperación y el Desarrollo de los Pueblos, Bilbao, País Vasco
Casa Nicaragua, Lieja, Bélgica
Casapueblos – Asociación Civil, Madrid, Estado Español
Centro Social Seco, Madrid, Estado Español
CNT Santander, Cantabria, Estado Español
Colectiva Pensaré Cartoneras, Valencia, Estado Español
Colectivo Me Planto (agroecología autogestionada), Perales de Tajuña, Madrid, Estado Español
Colectivo Agroecologica MePlanto, Madrid, Estado Español
Colectivo Afinidades Anticapitalistas, Estado Español
Colectivo de Contrainformación Briega, Cantabria, Estado Español
Colectivo Granos de arena (Grains de sable), Francia-México
Colectivo Turas (autodefensa feminista), Madrid, Estado Español
Colectivo Anticapitalista de Burgos, Burgos, Estado Español
Colectivo Puente a la esperanza, Ciudad de México, México
Collectivo El Cambuche, Toulouse, Francia
Comando Cucaracha Colectividad Sonora, Zaragoza, Aragón, Estado Español
Comité de solidarité avec les Indiens des Amériques (CSIA-Nitassinan), Francia
Comité de l’Ariège du NPA (Nouveau Parti Anticapitaliste), Francia
Confédération Nationale du Travail (CNT-f), Francia
Corsica Internaziunalista, Corcega
Ecologistas en acción, Estado Español
Fraguas Revive, pueblo okupado en la Alcarria de Guadalajara, Guadalajara, Estado Español
Groupe de soutien à Leonard Peltier – France (LPSG – France), Francia
Lxs verdes de Perales, Perales de Tajuña, Madrid, Estado Español
Plaza de los Pueblos 15M, Madrid, Estado Español
Red Cántabra contra la Trata de Personas y la Explotación Sexual, Cantabria, Estado Español
Rojos y anarquistas skinheads sección Guadalajara, México
SODePAZ Balamil, Valladolid, Estado Español
Union syndicale Solidaires, Francia
Adrián Esteban Merino, Aranda de Duero, Estado Español
Alba María Ajo Asensio, Madrid, Estado Español
Alberto Colin Huizar, Xalapa, Veracruz, México
Aline Pailler, Ariège, Francia
Ana Fernández Cubero, Perales de Tajuña, Madrid, Estado Español
Andrea Benites-Dumont, Madrid, Estado Español
Andrés Pérez Castilla, Estado Español
Andrés Serrano Velasco, Murcia, Estado Español
Andrés López Menéndez, Majadahonda, Madrid, Estado Español
Ángel Poyato Bodega, Amayuelas de Abajo, Palencia, Estado Español
Ángel Martínez, Aranda de Duero, Burgos, Estado Español
Ángel del Río Sánchez, Profesor de Antropología Social de la Universidad Pablo de Olavide, Sevilla, Andalucía, Estado Español
Ángeles de Paz, Valladolid, Estado Español
Anne-Marie Lamiable, Ariège, Francia
Anne Fernández, Francia
Annette Fontana
Antea Izquierdo, concejala del ayuntamiento de Burgos y militante feminista, Burgos, Estado Español
Antonino Puente Ranz, Santander, Cantabria, Estado Español
Antonio Flores González, Querétaro, México
Beatriz López Roldán, Chinchón, Madrid, Estado Español
Beatriz De Coro Sousa, Madrid, Estado Español
Belén Pérez Castilla, Estado Español
Bernard Riguet, Francia
Bernard Potet, Marsella, Francia
Berta Iglesias Varela, Madrid, Estado Español
Betty Oskanian, Francia
Bruno Baronnet, Xalapa, Veracruz, México
Bruno Le Dantec, periodista y escritor, Marsella, Francia
Carina García Sanagustin, Barcelona, Catalunya, Estado Español
Carlos Soledad, Valencia, Estado Español
Carlos Samuel Camacho Ortiz, Cuautitlán, Estado de México
Carmen Alejandre Las Heras, Madrid, Estado Español
Carmen Palomar, Madrid, Estado Español
Catherine Delobel Pascal, Montpellier, Francia
Celia Alcubilla Hernando, Madrid, Estado Español
Cesar Gómez Bezanilla, Estado Español
Clara Redal Montané, Madrid, Estado Español
Cristèle Gomez, Cuges Les Pins, Francia
Cristina Grau Sanz, Barcelona, Estado Español
Cristina de Castro López, Aranda de Duero, Burgos, Estado Español
Cristina de Lera López, Madrid, Estado Español
Daniel Gómez Martínez, Cantabria, Estado Español
Daniel Vidal, Nimes, Francia
Danielle Rocca, Marsella, Francia
David Hernando, Madrid, Estado Español
David García González, Leioa, Bizkaia, Euskal Herria
Didier Bourrut, Ariège, Francia
Diego Enrique Osorno, Sonora, México
Domnine Vonau, Marsella, Francia
Eladio Pérez Álvarez, Estado Español
Emma Diez de la Fuente, Cantabria, Estado Español
Enrique García González, Cantabria, Estado Español
Enrique Maraver, Puebla, México
Eric Alliez, profesor de filosofía, Kingston University, Londres, Gran Bretaña
Etienne Savoye, Maseille, Francia
Eugenia Méndez Condado, Madrid, Estado Español
Felipe Ortega, Ciudad de México, México
Fernando García Hernando, La Aguilera, Burgos, Estado Español
Franco Iacomella, Argentina
Gorka Ramos Hervella, Barcelona, Estado Español
Guillermo Villaseñor García, Chiapas, México
Héctor Zetina, Cuernavaca, Morelos, México
Isabel Rónai Medina, Perales de Tajuña, Estado Español
Javier Pérez, Granada, Estado Español
Jean François Pelcot, Marsella, Francia
Jean-François Sibue, Marsella, Francia
Jesús León Pérez, Madrid, Estado Español
Jordi Carmona Hurtado, profesor de filosofía, Universidade Federal de Campina Grande, Campina Grande, Brasil
Jorge Alfonso Espinosa García, Jiquilpan, Michoacán, México
Jose María Rojas Ruiz, Aranda de Duero, Burgos, Estado Español
José V. Idoiaga Arrospide (“Petxo”), Catedrático de Comunicación Audiovisual y Publicidad,  Universidad del País Vasco, Gernika, Bizkaia, Estado Español
José-Miguel Lorenzo Arribas, Madrid, Estado Español
Josu Egireun, Redacción Revista Viento Sur, Euskal Herria, Estado Español
JPaul Villion, Hyeres, Francia
Juan Carlos Vázquez Gómez, Robledillo de la Vera, Extremadura, Estado Español
Juan Wahren, investigador y docente, Universidad de Buenos Aires, Argentina, Buenos Aires, Argentina
Juan Felipe Ortega Canal
Juan Herrera, Cantabria, Estado Español
Julia Yagüe Manzano, Madrid, Estado Español
Julia Blanco Ramo, Madrid, Estado Español
Julia Cristina Mena Violante, Salamanca, Gto, México
Lars Lichtermann, Berlín, Alemania
Laura Núñez Díaz, Madrid, Estado Español
Laura Uriarte Sánchez, La Palma, Canarias, Estado Español
Lola Sepúlveda Irala, Madrid, Estado Español
Luis Rica Saiz, Burgos, Estado Español
Luis González Reyes, miembro de Ecologistas en Acción, Madrid, Estado Español
M. Luisa Haro Álvarez, Aranda de Duero, Estado Español
Magdalena Gallego Fabregat, Ariège, Francia
Maider Agirre Alberdi, Donostia,, Euskal Herria
Malena Becerra Solá, Argentina
Manuel Nicola Fuertig, Luckau, Alemania
Manuela Santos
Marc Bosson, Ariège, Francia
Marc Thouvenot, Sainte Anastasie, Fancia
Marcos López Vargas, Aranda de Duero, Burgos, Estado Español
María Luisa R.H., Madrid, Estado Español
María Amalia Gracia, profesora de El Colegio de la Frontera Sur, Unidad Chetumal, Chetumal, Quintana Roo, México
María Teresa Arroyo Araúzo, Aranda de Duero, Burgos, Estado Español
María Lourdes Fuente Torre, Madrid, Estado Español
María Asunción Ayuso González, Aranda de Duero, Burgos, Estado Español
Marisol Payá Cerdá, Santander, Estado Español
Marta Plaza, Madrid, Estado Español
Mélanie Ibrahim, Maseille, Francia
Mikel de la Fuente, del comité de redacción de la revista Viento Sur y profesor jubilado de Derecho del Trabajo de la Universidad del País Vasco/Euskal Herriko Unibertsiatea., País Vasco
Monique Amade, Ariège, Francia
Nelly Barea Fernández, Cantabria, Estado Español
Nicolàs Falcoff, grupo musical “La insurgencia del caracol”, Argentina
Nicole Streff, Aubagne, Francia
Nieves Botella Cañamares, Madrid, Estado Español
Nuria Escribà González, Madrid, Estado Español
Olga Clavería Iranzo, Segovia, Estado Español
Olga Parrondo Ruiz, Madrid, Estado Español
Pablo Absalón García Pérez, Madrid, Estado Español
Patricia Blasco Martín-Borregón, Madrid, Estado Español
Patricia Manrique, Cantabria, Estado Español
Pedro José Moral Moral, Madrid, Estado Español
Pierre Delobel, Montpellier, Francia
Pilar Gonzalo Arranz, Madrid, Estado Español
Pilar Redal Montané, Madrid, Estado Español
Rafael Montes Barrio, Estado Español
Raquel Andrés Sebastián, Aranda de Duero, Burgos, Estado Español
Roland Mélo, Lambesc, Marsella, Francia
Roland Mirouze, Ariège, Francia
Rosa Alcubilla, Aranda de Duero, Burgos, Estado Español
Rosa Lehmann, Freiburg, Alemania
Rosalía Castilla del Cura, Estado Español
Rosario Tomé
Rubén Carretero Antón, Estado Español
Rut Moyano Lon, Valencia, Estado Español
Samuel Sánchez de Movellán Ruiz, Cantabria, Estado Español
Sara Bergasa
Sergio Pawlowsky, Adahuesca, Estado Español
Stéphane Douailler, Professeur émérite de Philosophie Université Paris 8, Paris, Francia
Tanja, activista feminista, participante en el Primer Encuentro de Mujeres que luchan, Berlín, Alemania
Teresa González de Chávez Fdez., Tenerife, Canarias, Estado Español
Violette Doré, Nîmes, Francia
Virginia Pérez Castilla, Estado Español
Walter Cusin, Marsella, Francia

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EZLN: 25 anni di lotta anticapitalista

Gilberto López Y Rivas

Il 25° anniversario della ribellione zapatista del primo gennaio 1994 è stato contraddistinto da una singolare dimostrazione della volontà di lotta anticapitalista che ha caratterizzato l’EZLN in questi anni. Cinquemila miliziani e miliziane in disciplinata formazione hanno ascoltato con entusiasmo il discorso del portavoce dell’organizzazione politico militare, il subcomandante insurgente Moisés, in cui ha ribadito con acredine la sua opposizione al governo attuale che ha scatenato una virulenta campagna di calunnie, diffamazioni e perfino minacce di usare la forza paramilitare contro i maya zapatisti.

Bisogna dire che le campagne antizapatiste risalgono ai primi giorni della sollevazione e si riaccendono periodicamente in determinati contesti politici e secondo la necessità dei gruppi di potere. Ricordiamo le diatribe di Octavio Paz che criticava l’inopportunità della ribellione e i danni che questa avrebbe causato al paese; o gli scritti di Héctor Aguilar Camín e del suo gruppo, rappresentanti della destra illuminata nella loro reazione conservatrice verso l’opzione armata neozapatista. Arturo Warman, da parte sua, come ideologo salinista, negava il carattere nazionale degli indigeni ribelli e, di conseguenza, la paternità del movimento, ricorrendo alla tesi di individui strumentalizzati da altri attori: “Non mi sembra un movimento dei poveri bensì la manipolazione della povertà, dell’isolamento (…) non è un movimento indigeno, è un progetto politico-militare inerito tra gli indios ma senza rappresentarli (…) Non dobbiamo confonderci: non è la voce degli indios, semplicemente alcuni di loro sono presenti come in tutte le espressioni della vita nazionale.” (Chiapas hoy. La Jornada, 16/01/94.)

Allo stesso modo, Mario Vargas Llosa, con l’aiuto di amanuensi con informazioni dei servizi di polizia messicani, contribuiscono alla creazione del mito dei popoli indigeni come dozzinali cavie che seguono le messe in scena del meticcio del gruppo ribelle. La congettura sull’esteriorità dell’insurrezione e del carattere sempiterno dell’indigeno come soggetto manipolato, è stata utilizzata dall’Esercito e dai servizi di intelligenza messicani e dagli analisti dei mezzi di comunicazione di massa per negare il protagonismo indigeno all’origine e sviluppo di movimento zapatista.

Così si stabilisce l’interpretazione razzista di personificare nell’allora subcomandante insurgente Marcos, ora Galeano, quello che in realtà è stato ed è il risultato organizzativo e politico di un complesso ed inedito movimento indigeno sorto dalle viscere della Selva Lacandona. Il pensiero ripetuto fino allo sfinimento da tutto l’arco dell’antizapatismo non ammette che l’EZLN sia formato nella sua quasi totalità da indigeni delle diverse etnie di origine maya, e ritiene che ogni iniziativa, dichiarazione o programma provenga da Marcos-Galeano, contro il quale si scagliano aggressioni e improperi che coprono tutto lo spettro politico e la psicopatologia sociale.

Sebbene esista una storia di diffamazioni e di ogni tipo di eccessi verbali contro lo zapatismo in questi 25 anni, ora ampliati massicciamente dalle reti sociali e lo spazio cibernetico, non sarebbe azzardato pensare alla partecipazione attiva di attori statali in questa insolita escalation antizapatista che il presidente Andrés Manuel López Obrador sembra non controllare, ma tollerare. In queste due settimane non si sono sentite dichiarazioni circa la guerra mediatica che ha incluso l’intrusione opportunista ed irresponsabile di un medico che ha minacciato di utilizzare forze paramilitari in 28 stati che, secondo lui, starebbero sotto il suo comando, in difesa di AMLO e contro l’EZLN.

Così, l’inusuale parata miliziana e l’arringa per il 25° anniversario costituiscono un energico appello dell’EZLN a vigilare sul rischio per la vita, i territori e gli autogoverni che i progetti di sviluppo e le politiche di militarizzazione del governo attuale concretate nella Guardia Nazionale rappresentano; esprimono l’indeclinabile impegno a resistere, come in questi 25 anni, al malgoverno. Il Congresso Nazionale Indigeno – Consiglio Indigeno di Governo ha dichiarato: “Avvertiamo i malgoverni che qualunque aggressione contro l’EZLN è anche contro il CNI-CIG, per questo rivolgiamo un appello alle reti di appoggio in tutto il paese ed alle reti di resistenza e ribellione in Messico e nel mondo a vigilare ed organizzarsi per agire in maniera congiunta e costruire un mondo nel quale possiamo vivere tutte e tutti.”

Molte sono le interpretazioni circa la solitudine dei ribelli zapatisti a cui allude il sub Moisés dopo anni di lotte controcorrente. Tuttavia, la solidarietà e l’appoggio a questi infaticabili ribelli tessitori di sogni è un fatto accertato perfino in ambito planetario. La consegna del gennaio 1994 “Non siete soli!” è più che mai attuale. https://www.jornada.com.mx/2019/01/11/opinion/020a1pol#

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@lhan55 Bertolucci nella Lacandona

Luis Hernández Navarro

Sono le 5:30 circa del pomeriggio del 31 dicembre scorso. Il pomeriggio è luminoso. Come se fosse la scena di un film epico di Bernardo Bertolucci, le truppe della 21^ divisione di fanteria zapatista si dispiegano come un enorme serpente che si attorciglia con marzialità nel caracol Madre de los caracoles, mar de nuestros sueños della Realtà, Chiapas.

All’avamposto del dispiegamento militare c’è un distaccamento motorizzato di donne zapatiste che, arrivando nella piazza centrale, si schiera ai quattro lati per delimitare il perimetro delle operazioni. Segue un gruppo di miliziane che circondano il quadrato, come fossero le sue guardiane. La testa del gigantesco ofide selvaggio è formata da comandanti a cavallo, tra loro il comandante Tacho ed il subcomandante Moisés. Li segue una colonna di oltre 4 mila combattenti in fila per due, in uniforme con pantaloni e berretto verde, camicia color caffè, passamontagna neri e paliacate rossi, ognuno di loro ha due bastoni di legno lunghi circa 75 centimetri che, battendo uno contro l’altro, segnano il passo della truppa in formazione. Non riescono ad entrare tutti quanti.

Questa stessa divisione – si spiega in un video di Enlace Zapatista (https://bit.ly/2LR6A9y ) – è quella che 25 anni fa prese le città di Altamirano, Oxchuc, Huixtán, Chanal, Ocosingo, Las Margaritas e San Cristóbal. È rafforzata con combattenti della seconda e terza generazione, zapatisti che erano neonati nel 1994 o non erano nati, e che sono cresciuti nella resistenza e ribellione.

La celebrazione del 25° anniversario dell’insurrezione armata dell’EZLN non è la messa in scena di un movimento sociale. È la dimostrazione di potenza di una forza politico-militare dotata di ordine, disciplina, coesione, destrezza, capacità logistica, base sociale, comando e controllo del territorio.

Se nelle loro apparizioni pubbliche degli ultimi anni gli zapatisti hanno privilegiato di mostrare la loro faccia civile e popolare, attraverso seminari e incontri, festival di arte, escuelitas e mostre cinematografiche, questo 31 dicembre hanno messo sul tavolo la loro faccia militare. Che non implica prendere un arma, ma resistere. Il messaggio simbolico del loro dispiegamento non poteva essere più esplicito.

La celebrazione si conclude con un’energica arringa del subcomandante Moisés rivolta alle strutture militari zapatiste, alle sue autorità civili e le sue basi di appoggio. Dice loro: siamo soli, come se non ci avessero visto, non ci avessero sentito. Ci vogliono mentire, ci vogliono ingannare. È uno scherzo, un’umiliazione. Sono contro di noi, l’EZLN. Non abbiamo paura del governo. Qui il malgoverno non comanda, comandano le donne e gli uomini.

Come si sa (anche se spesso si vuole dimenticare e si preferisce parlare del subcomandante Galeano), Moisés è il portavoce dell’EZLN. Indigeno tzeltal, bracciante agricolo nelle infernali fincas del Chiapas, compagno del subcomandante Pedro col grado di maggiore nella presa di Las Margaritas e del subcomandante Marcos, oggi è lui a parlare a nome dello zapatismo e dei suoi popoli. Non è una figura decorativa. È il portavoce dell’insurgencia. Le sue parole sono la sintesi di una vita di sofferenza e lotta, e degli aneliti emancipatori dei popoli originari.

Spiegamento militare e parole si devono valutare insieme. Benché ci sia un’intricata storia di scontri tra l’obradorismo e lo zapatismo, la durezza delle denunce dei ribelli e la loro mobilitazione di fine di anno sembra rispondere a due fatti principali. La minaccia di un’offensiva contro di loro da parte del nuovo governo e differenze programmatiche di fondo.

Non è paranoia. Alcuni portavoce della Quarta Trasformazione (4T) hanno proclamato informalmente ai quattro venti che l’EZLN è stato sconfitto, mentre promotori della nuova Guardia Nazionale minacciano di intraprendere azioni di contenimento contro i ribelli.

Lo zapatismo (e una moltitudine di comunità indigene e gruppi per i diritti umani) presenta differenze sostanziali dall’obradorismo. Oppresso dalla militarizzazione del Chiapas per più di un quarto di secolo, l’EZLN rifiuta la Guardia Nazionale e la considera un passo avanti nella militarizzazione del paese. Con una lunga lista di militanti assassinati, si oppone al punto finale che lascia impuniti i crimini del passato. Minacciato da chi vuole spogliarlo dei suoi territori, vede nel Tren Maya e nei progetti di rimboschimento l’avanguardia per distruggerli. Impegnato nella ricostituzione dei popoli originari, trova che le cerimonie new age del nuovo governo siano un inganno. Deciso a rendere reale un altro mondo, nella pretesa della 4T di governare contemporaneamente per sfruttati e sfruttatori, vede non solo l’eco delle parole del repressore Absalón Castellanos Domínguez, ma una pazzia. Ostinato a lottare contro il capitalismo, crede che il governo di Andrés Manuel López Obrador sia la sua continuità.

Non bisogna farsi confondere. L’apparizione di Bertolucci nella Lacandona anticipa che, contrariamente a quanto creda qualcuno, niente di definitivo è scritto nel sudest.

Twitter: @lhan55

Testo originale: https://www.jornada.com.mx/2019/01/08/opinion/017a1pol

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Comunicato del Congresso Nazionale Indigeno e del Consiglio Indigeno di Governo per il 25° Anniversario dell’insurrezione armata dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale

All’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale

Alle Reti di Appoggio al CIG

Alle Reti di Resistenza e Ribellione

Al popolo del Messico

Ai popoli del mondo

Ai mezzi di comunicazione

Noi, popoli, nazioni e tribù che formiamo il Congresso Nazionale Indigeno ed il Consiglio Indigeno di Governo, salutiamo con orgoglio il 25° anniversario dell’insurrezione armata dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, quando il 1° gennaio 1994 la nostra parola smise di elemosinare giustizia per il riconoscimento dei diritti che da quel giorno abbiamo cominciato ad esercitare, non solo in Chiapas, ma in tutti i territori indigeni del nostro paese.

Quel giorno si è cominciato a scrivere un nuovo capitolo della nostra vita. A testa alta abbiamo ripercorso i passi dei nostri antenati e seminato quelli delle generazioni future, con la convinzione di continuare ad essere popoli, nazioni e tribù.

Con la guerra scatenata contro di noi, ci siamo rispecchiati nel percorso delle comunità indigene zapatiste, consci che da fuori arrivano solo minacce contro di noi e che tutto è in nome della ricchezza per pochi. A noi offrono di emigrare e lasciare i nostri territori, ci riservano il lutto per i nostri morti a causa della violenza, dell’inquinamento, della persecuzione e prigione, ci offrono la paura e la rassegnazione.

I popoli che siamo il CNI sappiamo come agiscono i malgoverni in nome di chi ha di più e vuole tutto. Abbiamo affrontato la formazione di gruppi di scontro, i paramilitari ed ora i narcos paramilitari che il malgoverno maschera da divisioni interne, per mostrare che alcuni vogliono ed altri invece non vogliono consegnare la terra e le risorse naturali ai padroni del denaro. Conosciamo i modi in cui le istituzioni indigeniste del malgoverno ingannano la nostra gente per generare la divisione che costa le vite dei nostri compagni e compagne che optano per la dignità, la resistenza e la ribellione.

L’INPI e la sua cosiddetta nuova politica indigenista non è altro che l’intensificazione di questa offensiva contro la vita, con la quale vogliono indebolire la lotta per l’autonomia dei popoli originari che, con la loro lotta, frenano la devastazione imposta dall’alto. Noi, CNI ed i nostri compagni del Consiglio Indigeno di Governo non crediamo al galoppino del capitalismo che dice di governare il Messico, e non accetteremo nessuna falsa consultazione come quella con cui tentano di legittimare il furto dei territori indigeni e rurali, il nostro sterminio e l’acuirsi della guerra contro di noi. Non accetteremo la nostra morte anche se ci saranno migliaia o milioni di voti a favore.

Con noi camminano i passi profondi, reali ed irrinunciabili che i popoli originari hanno fatto seguendo il cammino dell’EZLN e delle comunità indigene zapatiste. Siamo mezzi di comunicazione, cooperative, guardie comunitarie; siamo scuole primarie, secondarie e licei; siamo lingue ed antiche cosmovisioni; siamo la scommessa su un futuro che chi è al potere non può nemmeno immaginare; siamo quelli che combatteremo in ogni luogo la distruzione che viene presentata come un beneficio “democratico”.

Con l’intensificazione della guerra capitalista intensificheremo anche la nostra resistenza e ribellione. Le miniere in concessione, i megaprogetti nell’istmo di Tehuantepec, l’immorale progetto del treno maya, la devastazione e privatizzazione per seminare piantagioni forestali industriali nella selva lacandona e l’alienazione territoriale al grande capitale che sono le Zone Economiche Speciali, cozzeranno contro il vero potere, quello di sotto. Quello che non si arrende, che non si vende e non cede, perché farlo vuol dire morire come popoli.

Salutiamo rispettosamente e mandiamo un abbraccio collettivo e fraterno al Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno – Comando Generale dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, alle migliaia di miliziani e miliziane ed alle comunità basi di appoggio. Avvertiamo i malgoverni che ogni aggressione contro di loro è anche contro il CNI-CIG, per cui rivolgiamo un appello alle reti di appoggio in tutto il paese ed alle reti di resistenza e ribellione in Messico e nel mondo a vigilare ed organizzarsi per agire in maniera congiunta e costruire un mondo nel quale possiamo vivere tutte e tutti.

Distintamente

Gennaio 2019

Per la Ricostruzione Integrale dei Nostri Popoli

Mai Più un Messico Senza di Noi

Commissione di Coordinamento e Seguimento del Congresso Nazionale Indigeno/Consiglio Indigeno di Governo

 

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2019/01/04/comunicado-del-congreso-nacional-indigena-y-el-concejo-indigena-de-gobierno-por-el-25-aniversario-del-levantamiento-armado-del-ejercito-zapatista-de-liberacion-nacional/

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PAROLE DEL CCRI-CG DELL’EZLN AI POPOLI ZAPATISTI NEL 25° ANNIVERSARIO DELL’INIZIO DELLA GUERRA CONTRO L’OBLIO.

Parole del Subcomandante Insurgente Moisés:

31 dicembre 2018

Compagni, compagne Basi di Appoggio Zapatiste:

Compagne e compagni Autorità Autonome Zapatiste:

Compagne e compagni Comitati e Responsabili regionali e locali:

Compagne e compagni miliziane e miliziani:

Compagne e compagni insurgentas e insurgentes:

Per mia bocca parla la voce dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.

Vi parlo come vostro portavoce, perché è mio compito essere la vostra voce ed i vostri occhi.

È arrivata la nostra ora, popoli zapatisti, e siamo soli.

Ve lo dico chiaro, compagne e compagni basi di appoggio, compagni e compagne miliziani e miliziane, ci siamo accorti che è così, siamo soli come venticinque anni fa.

Soli, siamo usciti a svegliare il popolo del Messico e del mondo ed oggi, venticinque anni dopo vediamo che siamo soli, ma tanto avevamo parlato, abbiamo fatto molti incontri, lo sapete bene compagne e compagni, voi ne siete testimoni, abbiamo dato la sveglia ed abbiamo parlato ai poveri del Messico, delle campagne e delle città.

Molti ci hanno ignorato, alcuni si stanno organizzando e speriamo che continuino ad organizzarsi, la maggioranza ci ha ignorato.

Ma il nostro lavoro l’abbiamo fatto e per questo vi stiamo parlando chiaro, compagni e compagne.

E non solo in questi venticinque anni, ma da oltre cinquecento anni, per questo siamo qui a parlarvi, a raccontarvi quello che abbiamo visto in venticinque anni, come se non ci avessero visto o sentito quello che stiamo dicendo ai poveri del Messico.

A venticinque anni dalla nostra sollevazione vediamo questo.

Ve lo ripetiamo, compagni e compagne, vediamo che siamo soli.

Quello che abbiamo ottenuto, è stato conquistato con il nostro lavoro e con le nostre forze.

Se abbiamo ottenuto qualcosa, è solo grazie al nostro lavoro e se abbiamo sbagliato, è solo colpa nostra. Ma è solo opera nostra, nessuno ce l’ha detto, nessuno ce l’ha insegnato, è opera nostra. Qualcuno avrebbe voluto insegnarcelo, dirci che cosa fare e cosa non fare, quando parlare e quando non parlare. Li abbiamo ignorati. Solo chi si organizza lo sa, lo vede, lo capisce. I discorsi sono solo chiacchiere; si deve fare ciò che si dice, si deve fare ciò che si pensa, non abbiamo manuali, non abbiamo libri. Quello che noi vogliamo costruire non ce lo insegna nessuno, deve essere fatto col nostro sacrificio, deve essere fatto con le nostre forze, compagni e compagne.

E stiamo dimostrando ancora una volta, e lo dobbiamo fare, che sì è possibile fare ciò che si crede impossibile. A parole è molto facile rendere possibile ciò che è impossibile, così si dice. Bisogna farlo nella pratica e noi lo stiamo dimostrando. Ciò che stiamo dimostrando è qui da vedere, davanti a noi; qui il popolo comanda, ha la propria politica, la propria ideologia, la propria cultura, crea, si migliora, si corregge, immagina e continua a fare pratica.

Questo è come siamo. Qui il malgoverno non comanda, comandano le donne e gli uomini che si sono organizzate e organizzati. Quelli che non si sono organizzati, continuano in quella disperazione che non è speranza.

Ci vogliono mentire, ci vogliono ingannare perché c’è qualcuno che crede a quella che chiamano la vergine scura. È un pazzo quello che dice questo, non sa pensare, non pensa al popolo. Noi, compagni, lavoriamo sulla nostra esperienza, col nostro lavoro e con le nostre forze e continuiamo a farlo. E continueremo a costruirlo e lo otterremo. Tutto quello che abbiamo costruito l’abbiamo fatto noi, alcuni fratelli e sorelle solidali ci hanno aiutati, ma tutto il peso è sulle nostre spalle, perché non è facile affrontare i partiti politici, i malgoverni ed oggi l’attuale furbastro imbroglione.

Qui non è facile affrontare da venticinque anni migliaia di soldati che proteggono il capitalismo, e sono qui, qui dove siamo ora, gli passiamo sotto il naso in questi giorni. Non è facile affrontare i paramilitari, non è facile affrontare i piccoli leader al soldo di tutti i partiti politici, in particolare quello che oggi è al potere ed il partito che è al potere. Ma non abbiamo paura di loro. Oppure sì, abbiamo paura di loro, compagne e compagni?

[risuona all’unisono un “No”] Non vi ho sentiti [si sente più forte “No”]

La gente di fuori va e viene, noi siamo qui e qui stiamo. Ogni volta che vengono, vengono a turisteggiare, ma non si può fare turismo nella miseria, la disuguaglianza, l’ingiustizia; il popolo povero del Messico sta morendo e continua a morire. Peccato che ascoltano quello che sta lì ad ingannare il popolo del Messico.

E non vi abbiamo mentito compagne e compagni, cinque anni fa avevamo detto al popolo del Messico e del mondo che sarebbe arrivato qualcosa di peggio. Nelle lingue che parlano quelli di fuori si chiama collasso, idra, mostro, muro, glielo abbiamo detto cercando di usare le parole delle loro lingue, ma anche così non ci hanno ascoltato. Credono quindi che stiamo mentendo loro, perché ascoltano quello di cui non voglio dire nemmeno il nome, meglio chiamarlo furbastro, imbroglione quello che sta nel potere.

Compagni, compagne, colui che sta al potere lo distrugge il popolo del Messico, ma soprattutto i popoli originari, è contro di noi, e specialmente noi dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. Perché? Perché gli diciamo chiaro che non abbiamo paura, oppure sì, compagni e compagne?

[risuona forte “No”]

Lo affronteremo, non permetteremo che passi da qui il suo progetto di distruzione, non abbiamo paura della sua guardia nazionale alla quale ha cambiato nome per non chiamarlo esercito, perché sono gli stessi, lo sappiamo.

Difenderemo quello che abbiamo costruito e che abbiamo dimostrato al popolo del Messico e del mondo che siamo noi a costruirlo, donne e uomini, non permetteremo che vengono a distruggerci. Oppure sì?

[risuona forte “No”]

Colui che è al potere è un imbroglione, e quale è il suo imbroglio? Che si comporta come se stesse col popolo del Messico e inganna i popoli originari mostrando che si può sventrare la terra chiedendole il permesso come se tutti i popoli originari ci credessero, ma noi gli diciamo il contrario, non gli crediamo.

Finge di adottare i nostri modi, i nostri costumi, chiede permesso alla nostra madre terra; dice: dammi il permesso madre terra di distruggere i popoli originari, è questo che dice, non capisce gli altri fratelli popoli originari. È questo che sta facendo questo signore, noi non gli crediamo. Solo perché la madre terra non parla, altrimenti gli direbbe ‘fottiti!’. Perché la terra non parla, ma se parlasse, ‘No, vai al diavolo!’

Noi conosciamo la madre terra, conviviamo con lei da più di cinquecentoventi anni, noi la conosciamo, non quelli che non conoscono né hanno mai sentito come è il sudore, credono di saperlo, come quei bavosi, bavose deputati e senatori, non sanno niente di cosa è la povertà, non sanno niente del sudore, noi sì. Dunque, non sanno fare leggi per la gente dei popoli originari, noi sì, perché conosciamo la sofferenza e sappiamo come vogliamo le leggi, loro no.

Guardate bene, compagni e compagne, quegli imbroglioni che stanno lì, nei tre poteri in Messico, il potere giudiziale, il potere esecutivo, il potere legislativo. Guardate cosa ci fanno, specialmente quelle, quelli del partito di maggioranza nel congresso dell’unione che ci porta lì ad essere deputati, deputate indigeni e poi ci troviamo seduti accanto a Ricardo Monreal, per esempio, come quando in passato un tojolabalero era seduto lì, accanto a Diego Fernández de Ceballos, che è proprietario di molte fattorie, e stava lì seduto accanto a lui un indigeno tojolabalero e questo indigeno tojolabalero è lì nel congresso dell’unione e dice che vogliamo che la terra occupata dai proprietari terrieri sia distribuita e lo dice mentre è seduto vicino a Diego Fernández de Ceballos; questo è quello che vogliono insegnarci, come guadagnare quella paga per andare in un ristorante, in un motel e lasciare il tuo villaggio, e così sono tutti i deputati, i senatori, i ministri, gli assessori e gli altri. È questo che vogliono, affinché noi stessi, tzeltal, tzotzil, chol, tojolabal e tutte le lingue che si parlano in Messico, noi stessi mentiamo ed inganniamo la nostra gente, è questo quello che ci insegnano, questo è il loro lavoro, perché così gli ha detto il loro padrone, perché loro non sono chi governa davvero, sono dei capoccia.

Ora vediamo che sono contro di noi, i popoli originari. Con la loro consultazione, dobbiamo dirlo chiaro, manipolano il popolo; con questa consultazione gli chiedono il permesso, attraverso il voto, di attaccare noi popoli originari. Questa è la consultazione, ma il popolo è necessario che si svegli ed oggi noi non possiamo più aspettare venticinque anni, siamo ormai stanchi. Come diciamo qui, gli entra nell’orecchio destro e gli esce dal sinistro, cioè, non gli resta in testa.

È questo che fa il nuovo governo, si sta consultando perché ci vengano ad aggredire, noi popoli originari e specialmente noi, l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, con quella sua porcheria del Treno Maya abusando ancora una volta del nome dei nostri antenati. Non lo accettiamo. Che gli mettano il loro nome, non ha niente a che vedere con noi, e visto che non ce l’ha chiesto, se vuole può mettergli il nome di sua madre.

Durante questi venticinque anni, compagni, compagne, basi di appoggio, donne e uomini, miliziane e miliziani, abbiamo visto anche nel mondo quelli che dicono di lottare, alcuni che dicono di essere progressisti, altri che si dicono di sinistra, altri che dicono di essere rivoluzionari ma che non hanno la minima idea della parola rivoluzionario, perché significa rivoluzione, trasformazione. Come diciamo qua, dobbiamo preparare i nostri ragazzi, le nostre ragazze, perché ci stiamo trasformando, un giorno ritorneremo e per questo dobbiamo far sì che i ragazzi e le ragazze siano preparati. Non hanno idea di quello che dicono, non lo sanno, e per fortuna dicono che hanno studiato, hanno diplomi e lauree ma non sanno cosa significa la parola rivoluzione. Ah ma, intelligentoni, alcuni ed alcune, dicono che noi siamo elettoralisti.

Non hanno la minima idea di come fare la rivoluzione. Pensano che stiamo mentendo, come loro mentono. Come abbiamo detto al popolo del Messico che avremmo dialogato, e poi così abbiamo fatto, se un giorno diremo che ci difenderemo, per quanto minimamente ci possano provocare, ci difenderemo. Non permetteremo a nessuno di venire qui a rifugiarsi in questo territorio ribelle e in resistenza e che voglia approfittarne per venire a nascondersi qui a fare le sue cazzate. Non lo permetteremo.

Noi, compagni, compagne, non abbiamo ingannato il popolo del Messico, ma dobbiamo anche dirvi che il popolo ancora si arrende, non sappiamo perché, questo ci causa tristezza e rabbia. A che serve dunque studiare, conoscere la storia se non riusciamo a vedere la nostra realtà di come viviamo, a che serve lo studio.

Noi abbiamo costruito tutto senza studio, ma l’abbiamo fatto coi fatti, lo stiamo dimostrando, l’abbiamo dimostrato e continuiamo a dimostrarlo, non sappiamo voi.

Guardate come è pazzo quello che sta al potere, dice: io governerò per i poveri e per i ricchi; solamente un matto che non ci sta con la testa può dirlo, perché la sua mente non funziona, è decerebrato, lo dice solamente perché noi semplicemente ci convinciamo che smettono di sfruttarci, magari un proprietario terriero come lo schifoso Absalón Castellanos Domínguez che ora finalmente è all’inferno; quel matto dice che governa per i ricchi e per i poveri, non sa quello che dice, né capisce quello che dice. E siamo sicuri che non lo capisce perché è dettato dal suo padrone, lo deve solo ripetere così, obbediente, lo ripete affinché cittadini e cittadini possano continuare a credergli.

È davvero molto semplice, non si può appoggiare chi è sfruttato e chi è sfruttatore, si deve scegliere uno dei due, o stai con lo sfruttatore o stai con lo sfruttato, ma con entrambi non si può. Noi la vediamo così e così lo intendiamo e così facciamo.

Che pena, dice che quello che sta facendo è la quarta [“quarta trasformazione“: il termine si riferisce alla visione di López Obrador del suo futuro governo – N.d.T.], non c’è niente di quarta, perché quelli di questa quarta che viene dalla terza l’hanno fatta coi fatti, l’hanno affrontata, non come lui che dice, per esempio, che perdona tutti i criminali, perdono, dice. Come capiscono anche i più piccoli, questo vuol dire che il malgoverno attuale non farà niente agli assassini del compagno Galeano. È questo che ci sta dicendo. Vuol dire che così sarà pure per gli altri assassinati, quindi chi sta al potere è inutile.

Molte altre cose che dice non sono verità. Quindi, abbiamo paura di questo malgoverno, compagni, compagne?

[risuona un forte “No”]

Indubbiamente no, perché ci fanno arrabbiare tutte queste bugie al popolo del Messico e peccato per quelli che non conoscono bene il castigliano perché non capiscono quello dice. Per noi è difficile ma non è per il castigliano, si vede come sono la miseria, la disuguaglianza, la giustizia e tutto questo, non hai bisogno di imparare il castigliano per questo, si vede e si sente.

È tutto uno scherzo quello che ci sta facendo, in particolare ai popoli originari, è un’umiliazione, ma anche per quegli e quelle che parlano bene lo spagnolo e che non apprezzano quel pestilenziale politico di questo malgoverno.

Compagni e compagne, ci arrenderemo, sì?

[Si sente un forte “No”]

Parlerò ad alta voce perché si senta là in fondo. Compagni, compagne non ci arrenderemo, oppure sì?

[All’unisono si sente un “NO”]

Non c’è nessuno che lotterà per noi popoli sfruttati della campagna e della città, nessuno. Nessuno verrà, né uomo, né donna; né gruppo, ma c’è bisogno che ci siano donne e uomini che si organizzino e continuino ad organizzarsi, è il popolo che si deve organizzare per liberarsi, o credete che arriverà il Papa?

[All’unisono si sente un “NO”]

O che arriverà Trump?

[All’unisono si sente un “NO”]

Tanto meno crediamo a quello che dice che è la quarta, o ci crediamo?

[All’unisono si sente un “NO”]

E ancora, compagni, compagne, e non vi sto mentendo, quando ancora stava facendo la sua campagna elettorale disse: nel partito dove sono – quello che ora è al potere – non permetterò che entrino degli infiltrati e infiltrate. Così disse; cioè, che non avrebbe messo tutti quelli che ha messo adesso, sono gli stessi. Sono panisti, sono priisti, sono verdi, sono del PT. Lì è la grande bugia e molti, ben trenta milioni di persone che non capiscono il castigliano, credono a quello che dice tutte queste bugie. E poi dice che combatterà la corruzione. Così dice! E la sua segretaria di governo è al primo posto. Perché lavorava… sapete da dove veniva e non è necessario che ve lo racconti. Sappiamo da dove veniva la sua segretaria di governo e lei stessa dice: “non ne voglio discutere” e quello che dice di combattere la corruzione non dice niente.

Sono solo menzogne, non fa niente per il popolo. Pensano di fregarci con il loro progetto PROÁRBOL, è il nuovo nome che gli hanno dato ma è lo stesso copiato dagli altri progetti fatti dai suoi predecessori e che noi abbiamo sconfitto con la nostra resistenza e ribellione.

Per primo, venticinque anni fa, abbiamo sconfitto quello che si diceva l’uomo potente che si chiama Carlos Salinas de Gortari, che si credeva l’uomo più potente e non abbiamo avuto paura. Il popolo del Messico non ci conosceva, ma ci ha conosciuto lungo questi venticinque anni. Parlandogli e parlandogli e parlandogli. Oggi siamo stanchi, ci siamo spesi molto per farlo capire. Solo pochi, poche l’hanno capito, la maggioranza no.

Ma è quello che abbiamo fatto compagni e compagne, non chiediamo ai fratelli e sorelle là fuori di prendere un’arma. In venticinque anni non abbiamo conquistato quello che abbiamo con gli spari, con le esplosioni, ma con la resistenza e la ribellione. Con queste l’abbiamo ottenuto, per questo avete potuto venire a vedere, ma solo venire a vedere; non portare altri fratelli e sorelle che non sono potuti venire perché non hanno le stesse possibilità.

Non abbiamo paura del capitalismo, del finquero, del nuovo finquero. Oppure sì, abbiamo paura?

[Si sente gridare all’unisono “NO”].

Dunque, qualunque cosa dicano, o pensino quel che pensino, noi ci difenderemo. Qualunque cosa accada, costi quel che costi e succeda quel che succeda. Ci difenderemo, e combatteremo se necessario. Oppure no, compagni e compagne?

[Si sente gridare all’unisono “SÌ”].

Tenetelo bene a mente compagni e compagne; qui non c’è un salvatore, né salvatrice. Gli unici salvatori e salvatrici sono gli uomini e le donne che lottano e si organizzano, ma davanti al loro popolo.

Il cambiamento che vogliamo è che un giorno, il popolo, il mondo, donne e uomini possano decidere come vogliono vivere la propria vita, non che ci sia un gruppo che decide la vita di milioni di esseri umani, NO.

Detto semplicemente in due parole: il popolo comanda, il governo obbedisce. È questo quello per cui dobbiamo lottare.

Credono che siamo ignoranti, compagni e compagne. Siamo qui pronti a difenderci.

Per tutto questo che vi ho detto, siamo pronti a quello che sia, siamo pronti a quello che accada.

Per questo diciamo:

Siamo qui!

Siamo l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale e continueremo ad esserlo!

VIVA L’AUTONOMIA ZAPATISTA!
VIVA I POPOLI ORIGINARI
A MORTE IL MALGOVERNO!
A MORTE I CAPITALISMI
VIVA L’ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE!

 

 

Parole del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno.

1° gennaio 2019

Compagni e compagne basi di appoggio, compagni miliziani e miliziane, compagni insurgentes e compagne insurgentas, compagni comandi ufficiali dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.

Fratelli e sorelle, compagni e compagne.

Oggi 1° gennaio 2019 vogliamo parlare del 25° anniversario della nostra sollevazione armata del 1° gennaio 1994.

Nonostante tutti gli attacchi ideologici, politici, economici e le minacce militari e paramilitari, vogliamo dirvi di nuovo che qui stiamo sviluppando l’autonomia per la vita dei nostri popoli.

Qui nei villaggi zapatisti, governati dalle giunte di buon governo ed i municipi autonomi ribelli zapatisti, non ci sono umiliazioni, manipolazioni, inganni, né bugie, né false consultazioni.

Per questo non permetteremo nessun progetto che distrugga la vita dell’umanità e provochi la morte della nostra madre terra, perché dietro tutto questo ci sono gli interessi dei grandi capitalisti nazionali e transnazionali.

Per quanto cerchino di umiliarci con tutte le forze repressive, come la guardia nazionale, non ci stancheremo di difendere la nostra madre terra, perché in lei siamo nati, perché in lei viviamo ed in lei moriremo.

In queste terre di uomini e donne ribelli, devono sapere che non ci arrendiamo, non ci vendiamo e non cediamo, tanto meno tradiremo il sangue, la vita e la morte dei nostri compagni caduti nella lotta.

Che consultino un miliardo di persone, noi non ci arrenderemo. O che chiedano il permesso alla loro fottuta madre, non ci piegheranno.

Dal 1492 fino a questo 2018 sono trascorsi 525 anni di resistenza e ribellione contro le enormi umiliazioni straniere e messicane; ma non sono mai riusciti a sterminarci. Noi, quelli dal sangue bruno, colore della madre terra, ribadiamo che qui siamo e qui saremo.

Potrà passare un miliardo di anni, le zapatiste e gli zapatisti saranno qui.

Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno, Comando Generale dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, EZLN.

Dal Caracol de La Realidad, Madre de los Caracoles Mar de Nuestros Sueños.

Messico, gennaio 2019

 

 

Parole della Giunta di Buon Governo Hacia La Esperanza.

1º gennaio 2019

Buongiorno compagne e compagni, buongiorno a tutte e tutti.

A nome delle mie compagne e compagni della Giunta di Buon Governo di questa zona selva di confine, centro del nostro caracol Madre de los caracoles mar de nuestros sueños, sede della Giunta di Buon Governo.

A tutte le compagne e tutti i compagni.

Basi di appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, ai responsabili locali, ai consigli municipali.

Siate tutti i benvenuti a celebrare con noi il 25° anniversario della nostra sollevazione armata del 1º gennaio 1994 come Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.

Oggi sono ormai 25 anni che siamo in lotta, siamo i più dimenticati, emarginati, sfruttati dal sistema capitalista neoliberale.

In quegli anni addietro, nemmeno sapevano se esistevamo noi popoli indigeni, ma nel 1994 abbiamo detto Basta! e dichiarato guerra al malgoverno. Prendemmo cinque città: Las Margaritas, San Cristóbal de Las Casas, Ocosingo, Altamirano ed Oxchuc.

Perché per più di 500 anni i nostri anni nonni e nonne non erano tenuti in considerazione dal sistema capitalista, perché per il sistema non contavano niente. Erano solo schiavi dei padroni, lavoravano tanto e non venivano pagati ed erano maltrattati come bestie, senza considerazione per la vita e l’umanità, ed i nostri nonni hanno subito tutti questi maltrattamenti.

Ma ormai erano stanchi di tanti maltrattamenti e ingiustizie e per questo decisero di organizzarsi, per lottare contro lo sfruttamento.

Per questo le nostre compagne e compagni 25 anni fa si sono scontrati con l’esercito messicano, sono stati compagne e compagni coraggiosi che hanno offerto le loro vite senza aspettarsi niente in cambio.

Tutti e tutte loro hanno offerto la loro vita affinché in futuro le nuove generazioni possano vivere meglio. Sono stati uomini e donne coraggiosi, li ricorderemo sempre perché loro sono stati i nostri maestri.

Oggi come Giunta di Buon Governo diciamo che abbiamo conquistato la nostra libertà, la libertà di governare con le nostre comunità e senza chiedere permesso a nessuno abbiamo deciso di formare i nostri governi ed i nostri propri regolamenti come popoli indigeni.

Abbiamo formato i promotori di salute, promotori di educazione, i progetti collettivi, i municipi autonomi e la Giunta di Buon Governo. Anche se non è stato facile per noi perché non abbiamo libri né manuali a guidarci, ma ci stiamo governando da noi stessi.

Abbiamo affrontato i molti attacchi del malgoverno, perché ci vuole distruggere e per far questo ha creato diversi progetti e programmi affinché ci confondano e così distruggere la nostra organizzazione, ma noi siamo organizzati, non ci potranno sconfiggere.

Perché stiamo lavorando sempre di più con la nostra autonomia per affrontare il sistema capitalista neoliberale.

Come popoli in resistenza e ribellione abbiamo capito che non c’è altra strada: organizzarci, in qualunque angolo del mondo, ogni organizzazione con i propri differenti modi e abitudini di organizzarsi, ma tutte e tutti contro lo stesso nemico che è il sistema capitalista neoliberale.

In questo sistema la crisi mondiale è sempre più dura, loro l’hanno creato per distruggere l’umanità e non gli importa di distruggere l’universo, perché per loro tutto è merce, a loro interessa solo il profitto. Per diventare sempre più ricchi.

Questo sistema vuole trasformare i paesi in fincas ed i governi saranno i capoccia, e per noi i malgoverni non sono più governi del popolo, perché sono al servizio del loro padrone.

Per questo noi come EZLN non gli crediamo più perché sono ladri e traditori assassini, diciamo loro che qui saremo con la nostra autonomia, resistenza e ribellione nel nostro territorio zapatista.

Dalla Realidad, Chiapas.

Giunta di Buon Governo Hacia la Esperanza.

 

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2019/01/01/palabras-de-la-comandancia-general-del-ejercito-zapatista-de-liberacion-nacional-dirigidas-a-los-pueblos-zapatistas/

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LE VITTORIE DELL’EZLN #EZLN #EzLn25años
di Hermann Bellinghausen / La Jornada

I tre moschettieri, come dice la battuta, non sono gli stessi 25 anni dopo. Naturalmente no. Se lo fossero, che senso avrebbe commemorare un quarto di secolo della sollevazione armata dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. La sua pura azione l’Anno Nuovo del 1994, che sembrava suicida, di un solo sparo (la formidabile Dichiarazione della Selva Lacandona) fece centro, più delle attese. In poche ore mise in marcia un nuovo ciclo storico su scala regionale e nazionale con ripercussioni mondiali. Arrivata dall’angolo più dimenticato della patria, poche volte una fucilata solitaria ha dato vita a tante cose importanti.

Ha messo il Chiapas sulla mappa, si diceva. Piuttosto, ha messo il mondo sulla mappa del Chiapas. Inoltre, mise in dubbio un mucchio di cose, dalla pertinenza dell’orologio unico occidentale fino all’insensatezza economica che incoronava il Trattato di Libero Commercio con l’America del Nord inaugurato quella stessa mattina. Il siluro zapatista attaccò sulla linea di galleggiamento del governo messicano, che in pochi minuti perse l’aura di invincibilità e dovette confrontarsi con la rivolta.

Per le comunità delle montagne del Chiapas significò avanti un passo avanti nella propria storia, la conquista dell’autonomia (allora non si chiamava così), la dignità della loro democrazia interna e del diritto di parola. Invece di morire, ballarono. Recuperarono le terre della selva e fondarono un futuro solido che 25 anni dopo sono un fatto compiuto. Nonostante i riflettori la tengono fuori dal radar, l’esperienza zapatista, quella quotidiana e reale, accade fuori dello spettacolo e dell’attualità delle notizie. Il movimento ribelle, clandestino di origine ed interiorizzato dalla pazienza e l’esperienza delle comunità, materializza la rinascita intuita da Guillermo Bonfil in México profundo. Si è rivelato la sveglia messicana.

Se per il Messico significò il contundente rifiuto dei contadini del tradimento agrario del governo salinista formalizzato nel 1992, per il mondo incarnò la prima mobilitazione contro la dittatura dei mercati, creò un discorso fresco per la sinistra senza bussola e fecondò le imminenti resistenze globali contro il monopolio del potere economico mondializzato. Fu il primo movimento sociale ad avere a sua disposizione le armi della rete e le sue reti, e ad approfittarne ampiamente.

Impose la questione indigena sul tavolo politico e il dibattito prosegue vivo oltre questo 2018, come constatiamo quotidianamente. Il tempo ha rivelato che per i propri popoli originari la sveglia aveva suonato giusto in tempo, le generazioni in corso e le future si sarebbero concepite in un’altra forma, particolarmente le donne, scoprirono che con organizzazione e coscienza pulita tutto è possibile per ottenere le istanze più profonde. Chi non sottoscriverebbe le 13 domande zapatiste? Un quarto di secolo dopo, nonostante le differenze ideologiche e pratiche, non c’è un solo popolo indigeno del Messico che non sia in debito con i ribelli.

Per i popoli originari è la cosa più vicina ad un loro rivoluzione su scala politica, mentale ed umana. Ai popoli zapatisti la ribellione, lungi dall’ucciderli, ha garantito una vita migliore ed il prezioso diritto di governarsi. Passano gli anni e non smettiamo di vedere la sua generazione giovane fluire, incessante e rinnovata, il flusso di un fiume autentico che unisce le acque scendendo dalla montagna. Eraclito direbbe che il fiume non è mai lo stesso. Ma è sempre il fiume.

Lo zapatismo ha insegnato ai messicani che presidente si iscrive con la p minuscola e può essere disconosciuto giustamente, dichiarargli guerra con legittimità, denunciare i suoi crimini con tutte le ragioni. Lo Stato ha messo a nudo la sua pochezza morale disconoscendo la sua firma sugli Accordi di San Andrés, e gli zapatisti li hanno fatti legge nei loro territori. La creazione delle giunte di buon governo ha consolidato l’unica fattibile alternativa di governo nel paese fino ad ora.

Ci sono altre vittorie, ma lo spazio è finito. Le sfide del risveglio indigeno seguiranno vigenti benché lo Stato dica di trasformarsi. Il debito storico della Nazione verso i popoli originari non si pagherà negando che l’indigenismo è morto, che l’elemosina è un insulto, che la megalomania di sviluppo dello Stato passa inesorabilmente per la spoliazione e che i popoli indigeni dovranno essere soggetti di diritto.
https://www.jornada.com.mx/2018/12/31/opinion/a08a1cul

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