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Archive for dicembre 2012

Lettera a Luis Héctor Álvarez Álvarez

ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE
MESSICO

Novembre – Dicembre 2012

“Quasi tutti gli uomini preferiscono negare la verità
prima di affrontarla.”

Tyrion Lannister a Jon Snow.

“Se non ha niente da temere, un codardo non si distingue in niente da un coraggioso. E tutti facciamo il nostro dovere quando questo non ci costa niente. In questi momenti, seguire il sentiero dell’onore ci sembra molto semplice. Ma nella vita di ogni uomo, presto o tardi, arriva un giorno in cui non è semplice, in cui bisogna scegliere.”

Maestre Aemon Targaryen a Jon Snow.

Per: Luis Héctor Álvarez Álvarez.
In qualche luogo del Messico (spero).

Da: Subcomandante Insurgente Marcos.

Chiapas, Messico

 Signor Álvarez… 

Errr… Permetta un momento, signor Álvarez, questa parte è per spiegare da dove vengono le epigrafi: 

Le citazioni sono dal libro: Canción de Hielo y Fuego. Tomo I: Juego de Tronos. 1996. George R.R. Martin. La serie televisiva Games of Thrones, che prende il nome dal primo tomo della saga, non è niente male (Peter Hayden Dinklage, che dà volto e voce a Tyrion Lannister, emerge, paradossalmente, sopra gli altri attori ed attrici; Jon Snow è interpretato da Kit Harington, ed il Maestre Aemon Targaryen da Peter Vaughan) e le prime due stagioni si possono acquistare a modico prezzo dal vostro rivenditore preferito (dite sì alla pirateria).

Il dvd che ho visto è stato un regalo involontario del commercio informale nell’Eje Central, México D.F., (cioè, qualcuno l’ha comprato lì e me l’ha mandato)… ops, il governo di “sinistra” del DF mi applicherà l’articolo 362 (…) (sarebbero l’invidia di Gustavo Díaz Ordaz… oh, oh, quell’articolo è stato proposto nel 2002 dall’allora capo di governo del DF, Andrés Manuel López Obrador, ed approvato dall’ALDF di maggioranza perredista… mmh… questa parte non mettetela… non andate a dire che sono al servizio della destra… sapete che mi ha sempre molto preoccupato quello che si dice di me.)

L’immagine è un po’ pixellata, ma si vede e si sente bene. Buon prezzo, mi dicono; in ogni caso più economico che pagare HBO, e senza l’ansia di dover aspettare una settimana per sapere cos’è successo al piccolo Bran (Isaac Hempstead Wright), o all’abbagliante Daenerys Targaryen (Emilia Clarke). 

Tuttavia, io raccomanderei di leggere anche i libri – sì, lo so che la moda del sessennio non è leggere libri e che è più economico il gel per capelli – ma il vantaggio è che si può fare un corso di filosofia pratica (ah, i paradossi) con i dialoghi di Tyrion Lannister (che, come mi dicono, è una proiezione letteraria del signor George R. R. Martin). Un altro vantaggio è che si possono “spoileare” (o come si dice) a mansalva nei vostri blog preferiti. Anche se vi attirerete l’inimicizia di molt@, i vostri punti, (sebbene negativi) nel postare saliranno in maniera apprezzabile. Questo sì, non abusate, perché se vi capitasse di dire che in “Danza de Dragones”… ok… ok…ok… sto zitto… diciamo no allo spoil.

 Prego.

Distintamente,
Marquitos Spoil.

Ora sì:

Signor Álvarez Álvarez:

La presente non è solo per riaffermare quello che il silenzio moltitudinario del 21 dicembre deve aver detto chiaro a lei, alla classe politica ed al governo di Azione Nazionale, in generale, e a Felipe Calderón Hinojosa in particolare:

Avete fallito.

Oh, nessun dramma. Altri governi c’avevano già tentato prima… e continueranno a tentare.

Ma, signor Álvarez, Non deve cercare in noi il suo fallimento, neppure nella poca professionalità del suo per nulla intelligente servizio di intelligenza (benché ora sappia che sono stati e sono degli svergognati). A chi è venuto in mente che uno zapatista, chiunque di noi, entrerebbe in un governo di criminali per chiedere aiuto se fosse malato? Chi può pensare razionalmente che gli zapatisti sono insorti per denaro?

Solo la mentalità da conquistatore demodé (il cui miglior esempio è Diego Fernández de Cevallos) che inculcano nel suo partito politico, Azione Nazionale, è riuscita a darvela a bere.

E non ci voleva intelligenza, ma solo leggere i giornali o ascoltare i giornalisti di prima: gli imbroglioni che si sono presentati da lei come “amici vicini al Sup Marcos”, sono gli stessi che avevano inscenato la resa e la “consegna delle armi” al nefasto Croquetas Albores nel 1998, fingendo di essere zapatisti, e che sono noti truffatori che non ingannano più nessuno… beh, lei sì. Quanto le hanno chiesto? La differenza è che il Croquetas sapeva che era una pantomima e pagò per questa (e perché i media mostrassero lo stabilimento balneare del Jataté, alla periferia di Ocosingo, come se fosse “nella selva lacandona”), e lei non solo l’hanno ingannata, ma l’hanno perfino messa in un libro.

E come se non bastasse, lei invita alla presentazione di quel libro Felipe Calderón Hinojosa, ubriaco di sangue e alcool, che non solo ha balbettato incoerenze, ma ha anche dato ai media la versione stenografica. Indubbiamente i media sono costati il doppio: non per pubblicarla, ma per non pubblicarla, dato che rendeva palese lo stato di ebbrezza di chi proferiva quelle parole. Credo che ora sia chiaro che Felipe Calderón Hinojosa ha mentito fino all’ultimo minuto, e che è un’invenzione sfacciata ciò che riferisce nella sua ultima relazione di governo. L’unico avvicinamento che il suo governo ha avuto con “rappresentanti e comandi dell’EZLN” è stato quello dei suoi eserciti, poliziotti, giudici e paramilitari.

Ma, bene, ora sa, signor Álvarez, ciò che significa essere disprezzato per quello che impone il calendario implacabile.

Come gli indigeni, gli anziani sono disprezzati. E come simbolo del disprezzo, ecco le monetine dell’elemosina, o, nel suo caso, l’affronto dell’inganno, l’insulto di essere ignorato, lo scherno alle sue spalle.

Ma c’è una differenza, una piccola differenza, ma di quelle che fanno girare la ruota della storia: mentre lei pagava (con soldi non suoi) per essere deriso (facendo perfino un libro); noi, indigeni e zapatisti, punivamo il suo disprezzo col nostro silenzioso e lungo camminare.

Perché sappiamo che le vendono anche l’idea che sarà ricordato per la sua lotta per la democrazia (in realtà, la sua lotta per il potere, ma là in alto usano distorcere entrambi i termini). Anche se poco, potrebbe essere ricordato per essere stato complice (o funzionario, è la stessa cosa) del governo più criminale che, da Porfirio Díaz, questo paese ha subito.

E qua, in terre indigene zapatiste, potrebbe essere ricordato come parte di un altro governo che ha cercato di farci arrendere (o comprarci, è la stessa cosa) e, com’è stato evidente col roboante silenzio di San Cristóbal de Las Casas, Altamirano, Las Margaritas, Palenque e Ocosingo, un altro che ha fallito.

Perché la classe politica e chi vive della sua stupidità, dovranno estinguersi senza che nessuno gli prsenti il conto (semmai, solo per ringraziare di non disturbare più), e non saranno nient’altro che un numero in più nella lunga lista dei sedotti dal sogno di essere “storici”.

E guardi che non mettiamo in discussione la sua moralità. E’ risaputo che ogni banda di criminali, come quella che lei ha servito in questi anni, cerca chi gli dia un volto gentile e buono, affinché, con quel volto come alibi, nasconda la sua identità predatrice.

Credo che già lei lo sappia signor Álvarez. In quel sopra di tutto lo spettro politico, tutti sono uguali. Anche se qualche ingenuo non lo scopre fino a che non subisce l’ingiustizia sulla propria pelle, mentre la ignorava quando quell’ingiustizia veniva distribuita quotidianamente in altre geografie vicine o lontane.

I suoi compagni di partito che hanno lucrato col sangue degli innocenti, ed ora lamentano che sul mercato c’è stato chi ha pagato-incassato di più, tutti, non sono altro che una banda di criminali che ha fatto e fa grottesche contorsioni all’insensato ritmo che i media impongono.

E’ orgoglioso di aver fatto parte di una squadra con un delinquente come Javier Lozano Alarcón, che ha dovuto nascondersi nel Senato per non essere chiamato a fare i conti con la giustizia? Si sente bene per essere stato compagno di Juan Francisco Molinar Horcasitas, un criminale con le mani macchiate del sangue di neonati?

Benché a volte i paradossi siano comici, altri sono tragici.

Il suo partito politico, Azione Nazionale, è stato uno di quelli che dall’alba del 1994 hanno capeggiato le grida isteriche contro di noi, chiedendo che ci annichilissero, perché minacciavamo di sprofondare il paese in un bagno di sangue. Ed è risultato che siete stati voi, fatti governo, ad estendere il terrore, l’angoscia, la distruzione e la morte in tutti gli angoli del nostro già malconcio paese.

E cosa mi dice di quando i membri del suo partito nel Congresso (insieme a quelli del PRI e del PRD) hanno votato contro gli Accordi di San Andrés per i quali lei ha lavorato, avvertendo che quegli accordi significavano la frammentazione del paese. Ed è il suo partito, signor Álvarez, che consegna una Nazione in pezzi.

Ma si consoli, signor Álvarez, l’affanno dei suoi di passare alla storia sarà ricompensato. Avranno una riga, sì, tra i truffati dai burloni.

Ed anche nelle pagine dei libri di storia e geografia, nelle scuole zapatiste, in un paragrafo si leggerà:

“Il malgoverno di Felipe Calderón Hinojosa è conosciuto come quello che ha portato la morte assurda in tutti gli angoli del Messico, ha dato ingiustizia a vittime e carnefici e lasciato, quale sanguinoso omaggio al crimine fatto co-governo, il suo monumento. Se Porfirio Díaz ha lasciato L’Angelo dell’Indipendenza, Felipe Calderón ha lasciato la Stele di Luce. Senza volerlo, entrambi hanno annunciato la fine di un mondo, anche se hanno indugiato, indugeranno, a capirlo”.

Le suggerisco di aggiungere un epilogo al suo libro. Qualcosa come: “Devo ammettere che si può essere un pessimo alunno delle comunità indigene zapatiste. Tuttavia dico, dopo aver ascoltato il loro rombante silenzio, che ho imparato la cosa principale: che non importa che usiamo bombe, pallottole, scudi, botte, bugie, progetti, denaro, che compriamo i media affinché gridino falsità e tacciano verità, il risultato è sempre lo stesso: gli zapatisti non cedono, non si vendono, non si arrendono e… sorpresa!… non spariscono”.

Perché la storia, signor Álvarez, continuerà a ripetersi una ed un’altra volta: riappariranno ribelli in tutti gli angoli e, forse, con loro, appariranno i loro Mario Benedetti, i loro Mario Payeras, i loro Omar Cabezas, i loro Carlos Montemayor. E forse gli Eduardo Galeano di quelle piogge le presenteranno il conto.

E ci saranno anche finestre, con o senza cornici.

E voi, signor Álvarez, continuerete ad affacciarvi, a guardarci senza vederci, e senza rendervi conto che, in quell’affacciarsi al mondo a venire, siete irrimediabilmente fuori.

Credo che non l’abbia messo nel suo libro, ma ricordi che una volta le dissi che noi zapatisti valiamo molto, ma non abbiamo prezzo. E “non bisogna confondere valore e prezzo” (no, questo non l’ha detto Karl Marx, ma Juan Manuel Serrat).

Tuttavia, signor Álvarez, in ricordo dei momenti di dignità che lei ha avuto, e dei quali sono stato testimone quando ha lavorato nella Commissione di Concordia e Pacificazione, può ancora cambiare tutto questo:

Lasci il suo partito e ciò che rappresenta, abbandoni quella classe politica che non ha fatto altro che trasformarsi in un parassita insaziabile. Lei è di Chihuahua. Vada sulla Sierra Tarahumara, chieda di vsitare una delle comunità rarámuris. Forse non le permetteranno di restare, non c’è più l’affettuoso Ronco per chiederglielo. Ma forse le permetterebbero di restare qualche giorno. Lì, con loro, imparerà la cosa fondamentale del cuore indigeno, della lotta e speranza dei popoli originari del Messico. Dopo tutto, non si intitola così il suo libro?

Vada signor Álvarez Álvarez, in quello o qualunque villaggio indigeno che lo accolga dopo aver rinunciato a quello che ora è. Lì sarà rispettato (e non mal tollerato) per la sua età, e, soprattutto, imparerà che, per i popoli indios del Messico, “dignità” è una parola che si coniuga al presente da più di 500 anni… e quelli che mancano.

Vada, forse è questo il giorno in cui bisogna scegliere. E nel suo caso non è affatto semplice, perché si tratta di scegliere tra un mondo o un altro. Non si faccia fermare o mal consigliare dall’età. Ci guardi, abbiamo più di 500 anni ed ancora impariamo.

Se non lo fa, almeno avrà conosciuto da sé stesso la verità racchiusa nelle 17 sillabe dell’Haiku di Mario Benedetti:

“Chi lo direbbe, 
i deboli davvero 
non si arrendono mai” 

D’accordo. Salute e, ha sentito?… ci sono poche cose / tanto assordanti / quanto il silenzio” (sì, anche Haiku ed anche di Mario Benedetti).

Dalle montagne del Sudest Messicano. 
Subcomandante Insurgente Marcos 
Messico, Dicembre 2012

http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2012/12/30/carta-a-luis-hector-alvarez-alvarez/

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE
MESSICO

29 Dicembre 2012 

A chi di competenza là sopra: 

Credete di stare dalla parte del vincente… 

quindi, oltre che traditori, siete idioti.
Tyrion Lannister nella Canción de Hielo y Fuego. Tomo II:
“Choque de Reyes”. George R.R. Martin.

 

” — Un lettore vive mille vite prima di morire — disse Jojen —.
Quello che non legge ne vive solo una

Jojen Reed nella Canción de Hielo y Fuego. Tomo V: “Danza de
Dragones”. George R.R. Martin. (Jojen Reed apparirà

nella terza stagione della serie HBO “Games of Thrones”. Il
personaggio sarà interpretato da Thomas Brodie-Sangster. Nota
di Marquitos Spoil).

 

– Se uno si disegna un bersaglio sul petto 

– disse Tyrion dopo essersi seduto e bere un sorso di vino – 

deve essere cosciente che presto o tardi gli lanceranno delle frecce.

– E’ necessario che si prendano gioco di noi di quando in quando,

Lord Mormont – replicò Tyrion girandosi di spalle -.

Altrimenti, cominceremo a prenderci troppo sul serio.

Tyrion Lannister ai comandanti della Guardia de la Noche. In “Canción
de Hielo y Fuego
”, Tomo I: “Juego de Tronos”.

 

“Basta con i belli / meglio brutto e gioioso / che bello e bavoso ”
Botellita de Jerez.

Signore e signori? 

Quando abbiamo letto la notizia abbiamo pensato ad un pesce d’aprile il 28 dicembre, ma ci siamo accorti che era datata 24 dello stesso mese. 

Dunque, on vi conosciamo? Mmh… mmh… vediamo: 

Enrique Peña Nieto. Non è nato ad Atlacomulco, Stato di México? Non è parente di Alfredo Del Mazo y Arturo “manos largas” Montiel? 

Non è quello che, colluso col governo municipale perredista di Texcoco, ha ordinato lo sgombero dei floricoltori e la cattura del dirigente del Fronte dei Popoli in Difesa della Terra, Ignacio del Valle, nel maggio del 2006? 

Non è quello che ha scatenato il suo cane da caccia e delinquente, Wilfrido Robledo Madrid, per attaccare il villaggio di San Salvador Atenco ordinando ai suoi poliziotti l’aggressione sessuale contro le donne? Non è l’assassino intellettuale di Javier Cortés ed Alexis Benhumea? Non è stata la Corte Suprema di Giustizia della Nazione a dichiarare che i 3 livelli di governo (attenzione: governo federale: PAN; governo statale: PRI; governo municipale: PRD) hanno commesso violazioni gravi delle garanzie individuali della popolazione? 

Non è quello caduto nel tragico ridicolo col caso della bambina Paulette, più noto come “il caso del materasso assassino?”. 

Non è quello che si è vantato della violenza della polizia a San Salvador Atenco e col suo atteggiamento superbo, dimenticando di trovarsi di fronte a dei giovani manifestanti e non ad un set televisivo, dal suo posto di comando nel bagno della Ibero, ha ordinato di calunniare i manifestanti facendo esplodere così poi il movimento giovanile-studentesco conosciuto come #yosoy132? 

Non è quello che, come primo atto di governo, ed ora colluso col governo perredista del DF, ha ordinato la repressione contro le manifestazioni del 1° dicembre di questo anno che sono finite con la detenzione, tortura e carcerazione di innocenti? 

Non è quello che non ha letto bene il teleprompter (suggeritore elettronico – n.d.t.)che l’accompagna ancora prima del colpo di Stato mediatico del 1° luglio 2012? 

Non è quello che ora vuole nascondersi dietro le gonne dalla presunta parentela del reiterato defunto, come se si trattasse di una pessima telenovela? 

Sentite, e già che parliamo di telenovelas, quale sarà la moda del sessennio? Dico, con Echeverría furono le camiciole stile guayaberas; con López Portillo, le acque fresche; con De la Madrid, il grigio topo; con Salinas de Gortari, il prozac; con Zedillo, le brutte barzellette; con Fox, le trovate; con Calderón, il sangue… e con Peña Nietoe? “Veri amori”? Voiiiiii… già. 

Ma, scusate, proseguiamo con la nostra non conoscenza: 

Emilio Chuayffet Chemor. Non è stato il capo di Enrique Peña Niet ed il suo “maestro”? Non è stato Segretario di Governo con Ernesto Zedillo? Non è l’ubriacone che, nel 1996, disse alla Cocopa che il governo federale accettava la sua iniziativa di legge e nei postumi della sbronza ritrattò? Non è stato uno dei responsabili intellettuali del massacro di Acteal nel dicembre del 1997? Non è stato quello che voleva imporre la moda del “ciuffo civettuolo” tra i priisti e l’unico che l’ha assecondato fu il suo allora pupillo Enrique Peña Nieto?

Pedro Joaquín Coldwell. Non era commissario governativo per la pace in Chiapas quando è avvenuto il massacro di Acteal ed è rimasto in silenzio continuando a pagare per non fare niente? 

Rosario Robles Berlanga. Non era a capo del governo del DF per il PRD? Non si è vantata della repressione che la sua polizia ha usato molte volte contro i giovani studenti della UNAM nello sciopero del 1999-2000? Non è quella che, presiedendo il PRD, ha venduto in tutti i sensi il suo partito? Non è ora l’incaricata di contendere ai Bejarano il corporativismo nel DF ed in tutta la repubblica? 

Alfonso Navarrete Prida. Non è quello che prima ha occultato il regolamento di conti del crimine organizzato finito con l’omicidio di Enrique Salinas de Gortari (psss, ve la passate pesante tra di voi ehi?) e poi ha esonerato Arturo “manos largas” Montiel? 

Miguel Ángel Osorio Chong. Non è stato accusato di deviare fondi governativi al PRI? Su di lui non è stata aperta presso la Procura l’indagine numero PGR/SIEDO/UEIDORPIFAM/185/2010 per vincoli con l’organizzazione criminale “Los Zetas“? (Ah, cambiamento di strategia nella lotta al narcotraffico?) 

(Ops, vedo ora che su uno dei fratelli della sottosegretaria della Migrazione, Popolazione e Affari Religiosi, della Segreteria di Governo a carico del signor Osorio Chong, non pende una ma diverse indagini – varie di esse col timbro “cancellata per decesso dell’indiziato”, e poi un altro timbro di “non è sempre morto “, e poi un altro di “sembra che sì è davvero morto”, e così… mmh… per 18 volte. L’ultimo timbro di “dopo questo c’è il condannato” è del 21 dicembre 2012, ed una nota scritta a mano dice “pendente attivazione in corso, aspettare indicazioni della CSG”.… mmh… cosa vorranno dire queste iniziali? Hanno cambiato nome alla Procura? Insomma, avvisate il tampiqueño? no?). 

Chiaro, mi direte che non comandano queste persone, che in realtà è Carlos Salinas de Gortari a dettare a Enrique Peña Nieto quello che si deve fare (ah!, che cosa sarebbe di questo paese se non si fosse inventato il teleprompter?).

Ok, ok, ok. Carlos Salinas de Gortari. Non è quello che ha saccheggiato come nessun altro le ricchezze nazionali durante il suo mandato? (sì, lo so che tutti sono ladri, ma diciamo che ci sono dilettanti e professionisti). Non è quello che ha devastato la campagna messicana con le sue riforme dell’articolo 27 della Costituzione? Non è quello al quale hanno rovinato il brindisi dell’anno nuovo all’alba del 1994? Non è quello che ha visto crollare i suoi sogni dittatoriali per qualche fucile di legno? Non è quello che ha fatto assassinare Luis Donaldo Colosio Murrieta? Non è quello caduto nel ridicolo col suo sciopero della fame nel 1995? Non è quello che, lo scorso 21 dicembre, chiedeva frenetico al telefono rosso: “cosa dicono?, cosa?” mentre un brivido gli scendeva lungo la schiena quando gli hanno risposto: “niente, sono in assoluto silenzio”? 

Tutt@ voi, non siete quelli che hanno sempre scelto la violenza invece del dialogo dialogo? 

Quelli che ricorrono sempre alla forza quando non hanno la ragione? 

Quelli che hanno fatto scuola di corruzione e viltà in tutti i partiti politici? 

Non siete quelli che si sono rifiutati di applicare gli Accordi di San Andrés che significherebbero il riconoscimento costituzionale dei diritti e della cultura indigeni, e la farebbero finita con gli abusi mascherati da miniere, acquedotti, dighe, stabilimenti balneari, strade, centri abitati? 

Non siete voi quelli che, insieme ai vostri compagni della classe politica, somigliate a quegli addetti alla sicurezza nei grandi edifici che tentano di convincere gli inquilini dei piani superiori che non corrono pericolo mentre fanno esplodere con la dinamite i piani di sotto, il pianterreno e la cantina? C’è qualcuno che gli crede? 

Voi, che tante volte mi avete ammazzato, dichiarato morto, estinto, defunto, andato, cadavere, scomparso, sconfitto, vinto, arreso, comprato, annichilito, pensate che qualcuno vi crederà quando sarà vero che, come nell’amore, in corpo ed anima mi consegnerò alla morte e sarà solo un po’ più di terra nella terra? 

Se avete risposto “no” a qualcuna delle domande, allora avete ragione: non vi conosciamo. 

Dalle montagne del Sudest Messicano.

Subcomandante Insurgente Marcos.
Messico, Dicembre 2012

 

P.S. CHE RIBADISCE – Lo so che lo sapete, ma conviene ricordarlo: non abbiamo paura di voi. E non siamo gli unici. 

P.S. CHE, GENEROSA, OFFRE AI MALGOVERNI UN MANUALE DI 10 PUNTI (attenzione: di facile lettura, niente paura), PER IDENTIFICARE UNO ZAPATISTA E SAPERE SE SI PUO’ DIRE O NO CHE “SI HANNO CONTATTI CON L’EZLN”:

1.- Se chiede soldi o progetti ad uno qualsiasi dei tre livelli di governo, NON E’ ZAPATISTA.
2.- Se stabilisce un canale di comunicazione diretto senza annunciarlo prima pubblicamente, NON E’ ZAPATISTA.
3.- Se chiede di parlare o parla direttamente con qualcuno dei tre livelli di governo senza annunciarlo prima pubblicamente, NON E’ ZAPATISTA.
4.- Se chiede una carica, nomina, benefit, premi, ecc., NON E’ ZAPATISTA.
5.- Se ha paura, NON E’ ZAPATISTA.
6.- Se si vende, arrende o tentenna, NON E’ ZAPATISTA.
7.- Se si prende molto sul serio, NON E’ ZAPATISTA.
8.- Se quando lo si vede non fa venire i brividi, NON E’ ZAPATISTA,
9.- Se non dà la sensazione di dire molto di più con quello che non dice, NON E’ ZAPATISTA.
10.- Se è un fantasma di quelli che svaniscono, NON E’ ZAPATISTA.
 

P.S. CHE SI SCUSA – Oh, lo so che vi aspettavate qualcosa di più serio e formale. Ma, non è lo stile e il tono di questa missiva la miglior “prova in vita” di una foto o un video, perfino della firma? 

LA P.S. CONSEGNA UN HAIKU DI MARIO BENDETTI AL SUPMARCOS: “non voglio vederti / per il resto dell’anno / ovvero fino a martedì”.

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Ascolta l’audio che accompagna questo scritto: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2012/12/30/no-los-conocemos/

Basta con i belli”. dei Botellita de Jerez, gruppo formato da Sergio Arau, Armando Vega Gil e Francisco Barrios El Mastuerzo. Ancora governatore dello Stato del Messico, nel febbraio del 2011, Enrique Peña Nieto cancellò violentemente un concerto dei Botellita de Jerez. I Botellos, che portano la penitenza nel nome, non si sono dati per vinti e vanno avanti. Chi come noi è uscito da uno stampo ammaccato, si unisce alla loro battaglia: basta con i belli, “meglio brutto e gioioso, che bello e bavoso”.

 (Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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L’EZLN ANNUNCIA I SUOI PROSSIMI PASSI

COMUNICATO DEL COMITaTO CLANDESTINO RIVOLUZIONARIO INDIGENO-COMANDANCIA GENERALE DELL’ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE
MESSICO

30 DICEMBRE 2012

AL POPOLO DEL MESSICO:

AI POPOLI E GOVERNI DEL MONDO:

FRATELLI E SORELLE:

COMPAGNI E COMPAGNE:

LO SCORSO 21 DICEMBRE 2012, ALLE PRIME ORE DELL’ALBA, IN DECINE DI MGLIAIA DI INDIGENI ZAPATISTI CI SIAMO MOBILITATI ED ABBIAMO PRESO, PACIFICAMENTE E IN SILENZIO, CINQUE CAPOLUOGHI MUNICIPALI NELLO STATO SUDORIENTALE MESSICANO DEL CHIAPAS.

NELLE CITTÀ DI PALENQUE, ALTAMIRANO, LAS MARGARITAS, OCOSINGO E SAN CRISTOBAL DE LAS CASAS, VI ABBIAMO GUARDATO ED ABBIAMO GUARDATO NOI STESSI IN SILENZIO.

IL NOSTRO NON E’ UN MESSAGGIO DI RASSEGNAZIONE.

NON E’ DI GUERRA, DI MORTE E DISTRUZIONE.

IL NOSTRO E’ UN MESSAGGIO DI LOTTA E RESISTENZA.

DOPO IL COLPO DI STATO MEDIATICO CHE HA ASSURTO AL POTERE ESECUTIVO FEDERALE L’IGNORANZA MAL DISSIMULATA E PEGGIO CAMUFFATA, CI SIAMO PRESENTATI PER FAR SAPERE CHE SE LORO NON SE NE SONO MAI ANDATI, NEMMENO NOI.

SEI ANNI FA, UN SEGMENTO DELLA CLASSE POLITICA E INTELLETTUALE HA CERCATO IL RESPONSABILE DELLA SUA SCONFITTA. A QUEL TEMPO NOI, IN CITTÀ E NELLE COMUNITÀ, LOTTAVAMO PER LA GIUSTIZIA PER UN ATENCO CHE NON ERA ALLORA DI MODA.

ALLORA, PRIMA CI HANNO CALUNNIATO E POI HANNO VOLUTO ZITTIRCI.

INCAPACI E DISONESTI PER VEDERE CHE IN SE STESSI AVEVANO ED HANNO IL GERME DELLA LORO ROVINA, HANNO TENTATO DI FARCI SPARIRE CON LA BUGIA ED IL SILENZIO COMPLICE.

SEI ANNI DOPO, DUE COSE SONO CHIARE:

LORO NON HANNO BISOGNO DI NOI PER FALLIRE.

NOI NON ABBIAMO BISOGNO DI LORO PER SOPRAVVIVERE.

NOI, CHE NON CE NE SIAMO MAI ANDATI BENCHÉ SI SIANO IMPEGNATI A FARLO CREDERE I MEDIA DI TUTTO LO SPETTRO, RISORGIAMO COME INDIGENI ZAPATISTI QUALI SIAMO E SAREMO.

IN QUESTI ANNI SIAMO DIVENTATI PIU’ FORTI ED ABBIAMO MIGLIORATO SIGNIFICATIVAMENTE LE NOSTRE CONDIZIONI DI VITA. IL NOSTRO LIVELLO DI VITA È SUPERIORE A QUELLO DELLE COMUNITÀ INDIGENE VICINE AI GOVERNI DI TURNO, CHE RICEVONO LE ELEMOSINE E LE DISSIPANO IN ALCOOL ED OGGETTI INUTILI.

LE NOSTRE ABITAZIONI MIGLIORANO SENZA DANNEGGIARE LA NATURA IMPONENDOLE PERCORSI CHE LE SONO ALIENI.

NEI NOSTRI VILLAGGI, LA TERRA CHE PRIMA SERVIVA AD INGRASSARE IL BESTIAME DEGLI ALLEVATORI E DEI PROPRIETARI TERRIERI, ORA È PER IL MAIS, I FAGIOLI ED I VEGETALI CHE IMBANDISCONO LE NOSTRE TAVOLE.

IL NOSTRO LAVORO HA LA DUPLICE SODDISFAZIONE DI FORNIRCI IL NECESSARIO PER VIVERE ONESTAMENTE E DI CONTRIBUIRE ALLA CRESCITA COLLETTIVA DELLE NOSTRE COMUNITÀ.

I NOSTRI BAMBINI E LE NOSTRE BAMBINE FREQUENTANO UNA SCUOLA CHE INSEGNA LORO LA PROPRIA STORIA, QUELLA DELLA LORO PATRIA E QUELLA DEL MONDO, COSì COME LE SCIENZE E LE TECNICHE NECESSARIE PER CRESCERE SENZA SMETTERE DI ESSERE INDIGENI.

LE DONNE INDIGENE ZAPATISTE NON SONO VENDUTE COME MERCE.

GLI INDIGENI PRIISTI VENGONO NEI NOSTRI OSPEDALI, CLINICHE E LABORATORI PERCHÉ IN QUELLI DEL GOVERNO NON CI SONO MEDICINE, NÉ APPARECCHIATURE, NÉ MEDICI, NÉ PERSONALE QUALIFICATO.

LA NOSTRA CULTURA FIORISCE, NON ISOLATA MA ARRICCHITA DAL CONTATTO CON LE CULTURE DI ALTRI POPOLI DEL MESSICO E DEL MONDO.

GOVERNIAMO E CI GOVERNIAMO DA NOI STESSI, CERCANDO SEMPRE L’ACCORDO PRIMA DELLO SCONTRO .

TUTTO QUESTO È STATO OTTENUTO NON SOLO SENZA IL GOVERNO, LA CLASSE POLITICA ED I MEDIA CHE LI ACCOMPAGNANO, MA ANCHE RESISTENDO AI LORO ATTACCHI DI OGNI GENERE.

ABBIAMO DIMOSTRATO, ANCORA UNA VOLTA, CHE SIAMO QUELLI CHE SIAMO.

CON IL NOSTRO SILENZIO CI SIAMO PRESENTATI.

ORA CON LA NOSTRA PAROLA ANNUNCIAMO CHE:

PRIMO.– RIAFFERMEREMO E CONSOLIDEREMO LA NOSTRA APPARTENENZA AL CONGRESSO NAZIONALE INDIGENO, SPAZIO DI INCONTRO CON I POPOLI ORIGINARI DEL NOSTRO PAESE.

SECONDO.– RIPRENDEREMO IL CONTATTO CON I NOSTRI COMPAGNI E COMPAGNE ADERENTI ALLA SESTA DICHIARAZIONE DELLA SELVA LACANDONA IN MESSICO E NEL MONDO.

TERZO.– CERCHEREMO DI COSTRUIRE I PONTI NECESSARI VERSO I MOVIMENTI SOCIALI CHE SONO SORTI E NASCERANNO, NON PER GUIDARE O SOSTITUIRE, MA PER IMPARARE DA LORO, DALLA LORO STORIA, DALLE LORO STRADE E DESTINAZIONI.

PER QUESTO ABBIAMO OTTENUTO L’APPOGGIO DI INDIVIDUI E GRUPPI IN DIVERSE PARTI DEL MESSICO, FORMATI COME SQUADRE DI APPOGGIO DELLE COMMISSIONI SESTA E INTERNAZIONALE DELL’EZLN, IN MODO CHE DIVENTINO CINGHIE DI COMUNICAZIONE TRA LE BASI DI APPOGGIO ZAPATISTE E GLI INDIVIDUI, GRUPPI E COLLETTIVI ADERENTI ALLA SESTA DICHIARAZIONE, IN MESSICO E NEL MONDO, CHE ANCORA MANTENGONO LA CONVINZIONE E L’IMPEGNO DELLA COSTRUZIONE DI UN’ALTERNATIVA NON ISTITUZIONALE DI SINISTRA.

QUARTO.– PROSEGUIRÀ LA NOSTRA DISTANZA CRITICA DALLA CLASSE POLITICA MESSICANA CHE, NEL SUO INSIEME, NON HA FATTO ALTRO CHE ARRICCHIRSI A COSTO DEI BISOGNI E DELLE SPERANZE DELLA GENTE UMILE E SEMPLICE.

QUINTO.– RISPETTO AI MALGOVERNI FEDERALI, STATALI E MUNICIPALI, ESECUTIVI, LEGISLATIVI E GIUDIZIARI, E MEDIA CHE LI ACCOMPAGNANO, DICIAMO QUANTO SEGUE:

I MALGOVERNI DI TUTTO LO SPETTRO POLITICO, SENZA ECCEZIONE ALCUNA, HANNO FATTO IL POSSIBILE PER DISTRUGGERCI, PER COMPRARCI, PER FARCI ARRENDERE. PRI, PAN, PRD, PVEM, PT, CC ED IL FUTURO PARTITO DI RN, CI HANNO ATTACCATI MILITARMENTE, POLITICAMENTE, SOCIALMENTE ED IDEOLOGICAMENTE.

I GRANDI MEZZI DI COMUNICAZIONE HANNO CERCATO DI FARCI SPARIRE PRIMA CON LA CALUNNIA SERVILE ED OPPORTUNISTA, POI CON IL SILENZIO SCALTRO E COMPLICE. COLORO AI QUALI SI SONO ASSERVITI E DEL CUI DENARO SI SONO AMMANTATI ORA NON CI SONO PIU’. E QUELLI CHE ORA LI SOSTITUISCONO NON DURERANNO PIÙ DEI LORO PREDECESSORI.

COM’E’ STATO EVIDENTE IL 21 DICEMBRE 2012, TUTTI HANNO FALLITO.

RESTA DUNQUE AL GOVERNO FEDERALE, ESECUTIVO, LEGISLATIVO E GIUDIZIARIO, DECIDERE SE RICADERE NELLA POLITICA CONTRAINSURGENTE CHE HA OTTENUTO SOLO UNA DEBOLE VISIBILITA’ SOSTENUTA GOFFAMENTE A LIVELLO MEDIATICO, O RICONOSCERE E RISPETTARE I SUOI IMPEGNI ELEVANDO A RANGO COSTITUZIONALE I DIRITTI E LA CULTURA INDIGENI, COME STABILITO DAglI “ACCORDI DI SAN ANDRÉS”, FIRMATI DAL GOVERNO FEdERALE NEL 1996, GUIDATO ALLORA DALLO STESSO PARTITO ORA AL GOVERNO.

RESTA AL GOVERNO STATALE DECIDERE SE CONTINUARE LA STRATEGIA DISONESTA E VILE DEL SUO PREDECESSORE, CHE OLTRE AD ESSERE CORROTTO E BUGIARDO HA UTILIZZATO DENARO DEL POPOLO DEL CHIAPAS PER L’ARRICCHIMENTO PROPRIO E DEI SUOI COMPLICI, E SI E’ DEDICATO A COMPRARE SFACCIATAMENTE VOCI E PENNE SUI MEDIA, MENTRE SPROFONDAVA IL POPOLO DEL CHIAPAS NELLA MISERIA, E CONTEMPORANEAMENTE USAVA POLIZIOTTI E PARAMILITARI PER TENTARE DI FRENARE L’AVANZATA ORGANIZZATIVA DEI POPOLI ZAPATISTI; O, INVECE, CON VERITÀ E GIUSTIZIA, ACCETTARE E RISPETTARE LA NOSTRA ESISTENZA E CONFACERSI ALL’IDEA CHE FIORISCA UNA NUOVA FORMA DI VITA SOCIALE IN TERRITORIO ZAPATISTA, CHIAPAS, MESSICO. FIORITURA CHE ATTRAE L’ATTENZIONE DI PERSONE ONESTE IN TUTTO IL PIANETA.

STA AI GOVERNI MUNICIPALI DECIDERE SE CONTINUARE A FARSI ESTORCERE DENARO DALLE ORGANIZZAZIONI ANTIZAPATISTE O SUPPOSTAMENTE “ZAPATISTE” PER AGGREDIRE LE NOSTRE COMUNITÀ; O INVECE USARE QUESTI SOLDI PER MIGLIORARE LE CONDIZIONI DI VITA DeI LORO GOVERNATI.

STA AL POPOLO DEL MESSICO CHE SI ORGANIZZA IN FORME DI LOTTA ELETTORALE E RESISTE, DECIDERE SE CONTINUARE A VEDERE IN NOI I NEMICI O RIVALI SUI QUALI SCARICARE LA PROPRIA FRUSTRAZIONE PER LE FRODI E LE AGGRESSIONI CHE, ALLA FINE, TUTTI SUBIAMO, E SE NELLA SUA LOTTA PER IL POTERE CONTINUARE AD ALLEARSI CON I NOSTRI PERSECUTORI; O RICONOSCERE FINALMENTE IN NOI UN ALTRO MODO DI FARE POLITICA.

SESTO.– NEI PROSSIMI GIORNI L’EZLN, ATTRAVERSO LE SUE COMMISSIONI SESTA E INTERNAZIONALE, FARÀ CONOSCERE UNA SERIE DI INIZIATIVE, DI CARATTERE CIVILE E PACIFICO, PER CONTINUARE A CAMMINARE INSIEME AGLI ALTRI POPOLI ORIGINARI DEL MESSICO E DI TUTTO IL CONTINENTE, E INSIEME A CHI, IN MESSICO E NEL MONDO INTERO, RESISTE E LOTTA IN BASSO E A SINISTRA.

FRATELLI E SORELLE:
COMPAGNI E COMPAGNE:

PRIMA ABBIAMO AVUTO LA FORTUNA DI UN’ATTENZIONE ONESTA E NOBILE DI MOLTI MEZZI DI COMUNICAZIONE. NE SIAMO STATI GRATI. MA QUESTO E’ STATO COMPLETAMENTE CANCELLATO DAL COMPORTAMETO SUCCESSIVO.

CHI PUNTAVA SUL FATTO CHE ESISTEVAMO SOLO MEDIATICAMENTE E CHE, CON L’ACCERCHIAMENTO DI MENZOGNE E SILENZIO, SAREMMO SPARITI, SI E’ SBAGLIATO.

QUANDO NON C’ERANO TELECAMERE, MICROFONI, PENNE, ORECCHI ED OCCHI, NOI ESISTEVAMO.

QUANDO CI CALUNNIAVANO, NOI ESISTEVAMO.

QUANDO CI SILENZIAVANO, NOI ESISTEVAMO.

E SIAMO QUI, ESISTIAMO.

IL NOSTRO CAMMINARE, COM’È STATO DIMOSTRATO, NON DIPENDE DALL’IMPATTO MEDIATICO, MA DALLA COMPRENSIONE DEL MONDO E DELLE SUE PARTI, DALLA SAGGEZZA INDIGENA CHE REGGE I NOSTRI PASSI, DALLA FORZA INDISTRUTTIBILE CHE DÀ LA DIGNITÀ IN BASSO E A SINISTRA.

A PARTIRE DA ADESSO, LA NOSTRA PAROLA COMINCERÀ AD ESSERE SELETTIVA NEI DESTINATARI E, SALVO IN DETERMINATE OCCASIONI, POTRÀ ESSERE COMPRESA SOLO DA CHI HA CAMMINATO CON NOI E CAMMINA, SENZA ARRENDERSI ALLE MODE MEDIATICHE E CONGIUNTURALI.

QUA, CON NON POCHI ERRORI E MOLTE DIFFICOLTÀ, UN ALTRO MODO DI FARE POLITICA È GIÀ REALTÀ.

POCHI, MOLTO POCHI, AVRANNO IL PRIVILEGIO DI CONOSCERLA ED IMPARARE DA ESSA DIRETTAMENTE.

19 ANNI FA VI SORPRENDEMMO PRENDENDO COL FUOCO E COL SANGUE LE VOSTRE CITTA’. ORA L’ABBIAMO FATTO DI NUOVO, SENZA ARMI, SENZA MORTE, SENZA DISTRUZIONE.

CI DIFFERENZIAMO COSÌ DA CHI, DURANTE I SUOI GOVERNI, DISTRIBUISCE LA MORTE TRA SUOI GOVERNATI.

SIAMO GLI STESSI DI 500 ANNI FA, DI 44 ANNI FA, DI 30 ANNI FA, DI 20 ANNI FA, DI SOLO QUALCHE GIORNO FA.

SIAMO GLI ZAPATISTI, I PIÙ PICCOLI, QUELLI CHE VIVONO, LOTTANO E MUOIONO NELL’ULTIMO ANGOLO DELLA PATRIA, QUELLI CHE NON TENTENNANO, QUELLI CHE NON SI VENDONO, QUELLI CHE NON SI ARRENDONO.

FRATELLI E SORELLE:
COMPAGNI E COMPAGNE:

SIAMO GLI ZAPATISTI, RICEVETE IL NOSTRO ABBRACCIO.

DEMOCRAZIA!

LIBERTA’!

GIUSTIZIA!

Dalle montagne del Sudest Messicano.
Per il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno – Comando Generale
dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.

Subcomandante Insurgente Marcos
Messico. Dicembre 2012 – Gennaio 2013

http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2012/12/30/el-ezln-anuncia-sus-pasos-siguientes-comunicado-del-30-de-diciembre-del-2012/

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Contrainsurgencia e resistenza zapatista

Neil Harvey* 

I cortei silenziosi di migliaia di zapatisti in cinque città del Chiapas, il 21 dicembre, hanno ricordato alla società due cose: la capacità organizzativa dell’EZLN e la sua validità politica. Contrariamente a quelli che dicevano che lo zapatismo era cosa del passato, i circa 40 mila indigeni che hanno partecipato alle mobilitazioni hanno dimostrato il fallimento della strategia contrainsurgente che i diversi governi hanno applicato negli ultimi 18 anni. La marcia ha dimostrato inoltre il rinnovamento delle basi del movimento, con la partecipazione di nuovi quadri di giovani uomini e donne che sono cresciuti in questi anni e, nonostante tutte le aggressioni contro le loro comunità autonome, mantengono vive le loro domande. Come in altre occasioni, gli zapatisti hanno scelto un giorno fuori dal calendario dei partiti politici per realizzare queste manifestazioni. Al contrario, hanno celebrato l’inizio di una nuova era maya e nello stesso tempo hanno affermato l’attualità e la validità delle lotte dei popoli indigeni per i loro diritti collettivi e l’autonomia.

Sebbene la mobilitazione dimostri un’altra volta la loro capacità organizzativa, non bisogna dimenticare le conseguenze delle aggressioni contro di loro in questi 18 anni. Lo zapatismo ha dovuto difendersi dall’Esercito Messicano e dai diversi gruppi paramilitari, i quali, all’interno di una politica contrainsurgente implementata dal gennaio 1995, hanno cercato di logorare le basi di appoggio e creare le condizioni favorevoli per generare divisioni all’interno delle comunità e seminare la paura. Anche l’alto grado di organizzazione che gli zapatisti hanno dimostrato il 21 dicembre è stato manifestato quasi in due decenni di resistenza per non cadere nelle provocazioni dei loro oppositori e così continuare a costruire alternative autonome.

Pertanto, è preoccupante che i gruppi paramilitari continuino ad operare nello stato. Durante il 2012 le cinque Giunte di Buon Governo (JBG) zapatiste hanno diffuso molte denunce di aggressioni di gruppi armati che cercano di sottrarre terre o rubare i prodotti del lavoro delle comunità. Un esempio recente è l’aggressione di membri del gruppo Desarrollo, Paz y Justicia contro la comunità Nuevo Poblado Comandante Abel, nel municipio autonomo La Dignidad (ufficialmente, Sabanilla) nella zona nord del Chiapas.

Secondo il Rapporto della Carovana di Solidarietà e Documentazione al Nuevo Poblado Comandante Abel (www.sipaz. org/images/stories/boletines/Informe_Caravana_.pdf), il 6 settembre circa 55 aggressori armati sono arrivati nella comunità sparando per aggredire gli zapatisti. Il gruppo invasore ha costruito il suo accampamento e le trincee sulle rive di un fiume dove si erano posizionati per minacciarli con le armi. In pochi giorni, il numero di questo gruppo è cresciuto a 150 elementi che hanno preso la metà dei 147 ettari della comunità. Gli osservatori della carovana hanno verificato che le pallottole avevano colpito le pareti della scuola autonoma ed i negozi cooperativi. Invece di affrontare gli aggressori, la maggioranza delle basi di appoggio zapatiste sono uscite al villaggio e, dopo avere camminato in montagna per tre giorni, hanno trovato rifugio in un’altra comunità, San Marcos. Durante questo lasso di tempo, le donne ed i bambini hanno sofferto malattie e fame, mentre gli zapatisti rimasti nella comunità non sono riusciti a raggiungere le milpas. Una situazione simile è stata vissuta da quattro famiglie che hanno dovuto lasciare la comunità Unión Hidalgo a causa delle minacce di un gruppo di priisti. Storie come queste erano molto comuni negli anni ’90, soprattutto durante le settimane dopo l’offensiva militare del 9 febbraio 1995, ordinata dall’allora presidente Ernesto Zedillo. Il fatto che queste aggressioni avvengano ancora frequentemente deve richiamare l’attenzione affinché si intraprendano azioni per fermarla e mettere in pratica gli Accordi di San Andrés.

Bisogna segnalare che uno dei risultati delle JBG è stata la creazione di meccanismi autonomi per risolvere i conflitti. Vari studi sull’autonomia zapatista hanno documentato l’importanza di questi spazi affinché i gruppi non zapatisti possano risolvere dispute senza costi e con persone della stessa comunità e posizione socioeconomica. Anche gli zapatisti riconoscono la necessità dell’accesso alla terra di altre famiglie che non fanno parte dell’organizzazione. Un esempio è la fondazione del nuovo villaggio Nuevo Poblado Comandante Abel nel maggio del 2012, quando la comunità di San Patricio decise di ricollocarsi in una proprietà diversa e così evitare maggiori conflitti. Come spiega un comunicato della JBG di Roberto Barrios (11 settembre) la decisione del ricollocamento è stata presa affinché anche loro avessero la loro parte perché anche loro hanno diritto alla vita (enlacezapatista.org.mx).

Tuttavia, come abbiamo detto, le aggressioni continuano a causa degli interessi politici che cercano di logorare le basi di appoggio zapatiste. Ciò nonostante, la resistenza prosegue, come dicono i membri della JBG nella zona nord: quella che ci fa il malgoverno volendo invadere, è la sua maniera di guerra ed usura per farci arrendere. Non abbandoneremo la nostra lotta e non ci arrendiamo; loro pensano di sì, ma non ci arrendiamo. La nostra lotta è per la terra e per la nazione. (Rapporto della Carovana di Solidarietà e Documentazione).

Gli zapatisti, non accettando l’assistenzialismo del governo, hanno dimostrato che è possibile mettere in pratica molti progetti autonomi che rispondano alle necessità sociali, economiche e politiche delle comunità. Per questo i governi hanno tentato di reprimere, ridurre, dividere, cooptare o, davanti all’impossibilità di tutto questo, semplicemente ignorare la loro presenza. Di fronte a questa realtà, le recenti marce dimostrano la vitalità dell’autonomia indigena che, nonostante le aggressioni, continua ad essere un’alternativa con ampio sostegno popolare in Chiapas, in Messico, ed un esempio per il mondo. http://www.jornada.unam.mx/2012/12/31/politica/012a1pol?partner=rss

*Professore-ricercatore dell’Università Statale del Nuovo Messico, autore del libro La ribellione in Chiapas. 

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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EZLN: fine e principio

Luis Linares Zapata/ I

 Proprio quando si trastullava nell’illusione di assurgere a personaggio di prestigio mondiale, Carlos Salinas ricevette il colpo che distrusse la sua immagine gonfiata. Là, lontano, apparve l’EZLN, in quella rustica San Cristóbal de las Casas, così folcloristica, e nel truculento mercato di Ococingo, nelle sconosciute Margaritas ed in altre località remote.

Di sorpresa, un’accozzaglia di indios si era sollevata in armi all’alba dal primo giorno del ’94. Gli eventi che seguirono durante quell’anno finirono per abbattere le sue pretese di signorotto globale. E, insieme a lui, cadde il miraggio da trasformare il paese per inserirlo, di soppiatto, nel primo mondo. Quello che in effetti divenne fu un fallimento che oggi ancora si paga.

Da allora Salinas iniziò il suo esilio perseguitato dalla furia dei suoi conterranei e terrorizzato di finire in prigione per i suoi soprusi. Ancora oggi subisce le conseguenze di quella terribile catena di eventi senza che si plachino i suoi sogni di potere.

Sono trascorsi 19 lunghi e pesanti anni affinché un contingente di indigeni del Chiapas, ora in perfetto ordine, in pace e cresciuti di numero, facesse atto di presenza sulla scena nazionale. L’eloquente messaggio, anche se ignorato o sottovalutato, avrà gravi conseguenze sulla vita organizzata, politica e culturale del paese.

Ora, come allora, le basi dell’esercito zapatista, con la sua sola presenza e silenzio, mettono in crisi non solo due amministrazioni di priisti che hanno molto in comune, ma tutta la struttura che li racchiude. Entrambe si innestano all’interno dello stesso modello, condividono perfino collaboratori e pretese di grandezza. Hanno di fronte a sé quell’enorme vuoto che forma la disuguaglianza, la povertà e l’emarginazione, una pesante zavorra per lo sviluppo con giustizia.

Tre sessenni sono trascorsi dalla sua irruzione violenta e le promesse del suo riscatto, le successive crisi di coscienza (tra alcuni funzionari), gli oblii che sanno di criminale negligenza, tradimenti di firmatari, malversazioni di fondi, scoordinamento degli enti, intemperanza del conservatorismo, feroce razzismo di molti ed altre varie cause, hanno portato a rivivere le vecchie e dolorose immagini tristemente note. Lì ci sono quelle migliaia di persone: i dimenticati, i deprivati, quelli che sono rimasti al margine delle fatue storielle dei predetti e, sfortunatamente, fugaci successi messicani.

Così sono apparsi gli zapatisti dando dimostrazione palpabile di umile forza, memoria viva e costanza delle loro richieste. La truffa di Salinas di entrare nel primo mondo, a partire da quell’alba lontana, è crollata senza speranza. Sono crollate le false illusioni di far parte di una generazione di vincitori di classe mondiale. Pazze aspirazioni che cinicamente hanno sparso i complici di quel priismo decadente e corrotto, e che con zelo patriottico hanno diffuso i suoi molti diffusori a contratto.

Nello stesso modo appaiono, in nutrite file, nell’attuale momento dell’insediamento. E l’hanno fatto pochi giorni dopo che Peña Nieto dichiarasse, con entusiasmo, che una nuova era cominciava per il Chiapas e per il Messico. La smentita non può essere più drammatica. Nello stesso modo in cui la sua ribellione mutò il trionfalismo di Salinas, la sua marcia silenziosa oggi apre, di nuovo, la visione dei tanti Messico che procedono simultanei, paralleli, senza toccarsi, selvaggiamente differenti. Gli scenari di speranze prefabbricate, ma senza basi reali, sono sgretolati dall’ostinata realtà.

L’immediata dichiarazione di essere diversi da arte del segretario di Governo (Osorio Chong) per calmare le inquietudini, poco cambierà l’inerzia di una continuità già in piena marcia. Le figure mascherate con i passamontagna sono passate quasi inosservate nello spazio pubblico. La copertura è stata, come ci si aspettava, di portata limitata. I cocciuti indigeni sono tornati nell’oscuro angolo del paese da dove, senza dubbio, tenteranno di nuovo di partecipare alla marcia e orientamento del paese. Il modello economico e di governo semplicemente non li prende in considerazione. Per le cupole e la plutocrazia autoritaria sono un fastidioso gruppo di esseri prescindibili.

Il timido riferimento che si fa nel Patto per il Messico a tale insieme umano rimarrà, come tante altre cose che dovrebbero essere priorità, nell’archivio dei sospesi storici. Il malaticcio governatore del Chiapas appena insediato, passerà ad occupare, come hanno fatto altrettanti simulatori che l’hanno preceduto, il triste posto riservato alla marmaglia locale.

La Federazione tornerà a destinare considerevoli risorse con l’intenzione di placare ire e volontà di cambiamento. Ma la già enorme macchina di mediazione creata in Chiapas assorbirà questo ed altro ancora, come ha fatto negli ultimi 19 malriusciti anni di imminenti salvazioni. Questa volta, purtroppo, non sarà diverso. Gli insegnamenti dei Sabinas, Albores o Mendiguchía si sono impregnati nelle cleptoburocrazie locali come destino manifesto, tanto radicate quanto indelebili. http://www.jornada.unam.mx/2012/12/26/opinion/015a1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Le profezie dei Maya zapatisti

26 dicembre 2012

di CITLALI ROVIROSA-MADRAZO*

 Quando le popolazioni indigene Maya del sud-est del Messico lanciarono una rivoluzione nel 1994, non avevano certo in mente la “fine del mondo”. Se c’era, nell’immaginazione zapatista, una data che evocava un giorno del giudizio, questo poteva essere il primo gennaio 1994, data di inaugurazione dell’Accordo nordamericano di libero commercio (Nafta).

Per gli zapatisti, l’imposizione della globalizzazione economica è stata a dir poco una “condanna a morte”, perché hanno capito che questo avrebbe comportato implicazioni letali per la terra e le antiche tradizioni dei Maya. In quel freddo giorno d’inverno, armati di bastoni, pietre e pochissime armi da fuoco, i ribelli Maya dell’Ejercito Zapatista de Liberación Nacional (EZLN) hanno inaugurato una nuova era. Ma nuovo non significa migliore: l’insurrezione non ha ottenuto che la Costituzione messicana riconoscesse pienamente i popoli indigeni come soggetti con personalità giuridica.

In effetti, le ripercussioni a lungo termine sia della globalizzazione economica che della rivolta Maya, vennero chiaramente previste dagli zapatisti, che hanno previsto non la fine del mondo, ma il collasso dell’economia capitalista occidentale. Inoltre, le previsioni zapatiste avevano un certo significato di “profezia” – con tutte le connotazioni che la parola ha: nel senso di “insegnamento” e di “predire” o “anticipare”. Quando l’EZLN ha indicato, nella Prima Dichiarazione della Selva Lacandona, che l’era dei partiti politici era finita, questo non significava solo profetizzare modi alternativi di fare politica – invocando la democrazia diretta (basata, tra l’altro, sulle antiche tradizioni maya, e differente dalla democrazia rappresentativa), ma significava, in realtà, anticipare il collasso di una serie di istituzioni politiche della modernità occidentale.

Nel 1999 e nel 2007 il portavoce dei ribelli Maya, il Subcomandante Marcos, ha anticipato il collasso dei sistemi finanziari e bancari. In effetti, l’EZLN aveva previsto niente di meno che la scomparsa di Lehman Brothers: “Le imprese e gli stati crolleranno nel giro di pochi minuti, non a causa delle tempeste di rivoluzioni proletarie, ma per l’urto di uragani finanziari”. Non erano queste parole palesemente profetiche?

Se non altro, la profezia Maya zapatista poteva essere l’annuncio della fine di un mito: una consapevolezza echeggiata dal movimento Occupy anni dopo. E se i miti si stavano sbriciolando, il Nafta ha segnato l’inizio di una nuova serie di crisi, e gli zapatisti sono stati i primi a capire veramente questo, insieme con la frantumazione delle promesse della modernità.

Per il governo messicano, il Nafta aveva rappresentato il legittimo accesso al futuro, il diritto ad entrare nel club d’élite del mondo emergente delle potenze multinazionali, ma, per gli zapatisti, il Nafta ha significato l’inizio di un’ennesima lunga guerra contro la voracità coloniale e neocoloniale. Per alcuni, i Maya rappresentano una fonte di delusione apocalittica e “una cosa del passato” utile al solo consumo turistico. Ma, affermando che Maya oggi sono estinti, come fanno in molti, non solo mostrano una grottesca ignoranza e un atteggiamento conformista, ma compiono una manovra retorica per convalidare il loro sfruttamento, convenientemente trasformandoli in manodopera a basso costo per servire l’industria turistica miliardaria.

Oggi le sfide abbondano: dalle compagnie minerarie insaziabili più a nord dei Maya, dove gli Huicholes Wixárika lottano contro le compagnie minerarie canadesi, al posizionamento dei paesi emergenti, Cina e Russia, nella disputa egemonica per l’industria turistica, nella penisola dello Yucatan e nella “Riviera Maya”. Ciò che sembra imminente è la battaglia per miniere e turismo, e per l’accesso esclusivo al monopolio e all’eredità della cultura materiale (siti archeologici) e della cultura immateriale (astronomica, botanica e linguistica), con il tentativo di imporre la brevettabilità del patrimonio maya, compreso la sua preziosa, complessa e unica scrittura geroglifica – insieme alla genetica, a brevetti sulla ricca biodiversità della regione, un fenomeno ormai comunemente noto come “biopirateria”.

Più a sud, notevoli sforzi sono stati fatti negli ultimi anni per migliorare la situazione dei Maya del Chiapas – con la più recente introduzione di piani di gestione per affrontare la povertà, nel quadro degli obiettivi di sviluppo del millennio delle Nazioni Unite. Ma ci sono serie preoccupazioni circa la loro efficienza e la legittimità, anche perché il governo non è riuscito a rispettare le disposizioni nazionali e internazionali riguardanti l’obbligo di consultare gli indigeni Maya sul destino delle risorse naturali nella loro terra.

Mentre l’investimento federale per le popolazioni indigene è più che raddoppiato negli ultimi anni, il suo impatto, in termini di riduzione della povertà, è stato trascurabile nelle comunità indigene. Un recente rapporto del Consejo Nacional de Evaluación de la Política de Desarrollo Social (Coneval) ha dimostrato che, mentre la povertà estrema e moderata nel 2010 riguardava il 46,2% della popolazione totale, il suo impatto sulla popolazione indigena era del 79,3%.

Se l’antica civiltà Maya è perita a causa di una catastrofe climatica (come un numero crescente di scienziati tendenzialmente è d’accordo sia avvenuto), la conservazione dei Maya di oggi sta nel proteggere le loro risorse naturali da catastrofi climatiche artificiali, provocata dallo sfruttamento e dalla privatizzazione della loro terra di proprietà comune. Nessuna “fine del mondo” in vista, allora, solo quella dei Maya di oggi, che continuano a far parte di una grande civiltà che si rifiuta di morire.

* Articolo pubblicato sul sito del quotidiano britannico The Guardian (http://www.guardian.co.uk/) venerdì 21 dicembre 2012.

* L’autrice, Citlali Rovirosa-Madrazo, sociologa messicana, è docente alla School of Government and International Affairs alla Durham University, in Gran Bretagna. In Italia è stato pubblicato da Laterza, nel 2011, “Vite che non possiamo permetterci. Conversazioni con Citlali Rovirosa-Madrazo” di Zygmunt Bauman.

(Traduzione http://www.democraziakmzero.org)

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La nuova era.

La nuova era

24 dicembre 2012

di GUSTAVO ESTEVA *

E l’orchestra continuò a suonare.  Il naufragio del Titanic era inevitabile. Ignorarlo era insensato. Ma la banda continuò a suonare.

La sequenza del primo giorno è una illustrazione palese di questo particolare tipo di cecità. Ha mostrato il divario che si è aperto tra le classi politiche e le persone, e ha anche rivelato il suo pericoloso distacco dalla realtà, il modo irresponsabile e miope nel quale occuparsi di interessi mafiosi a breve termine mafioso implica ignorare la gravità della crisi economica, sociale e politica in cui ci troviamo.

Il discorso sul paese (il Messico, ndt) che si fa attualmente mostra i peggiori sintomi dell’autoritarismo populista che viene edificato ad ogni costo. Esso è concepito come un trionfo irresponsabile dell’ottimismo sulla realtà, con l’evidente intenzione di generalizzare questa cecità. La banda continuerà a suonare fino a quando gli strumenti e musicisti si inabisseranno con la nave.

E ‘ particolarmente difficile non sentire il fragore del crollo, che si osserva in tutto il mondo ed è molto bruscamente precipitato in Messico. Coloro che hanno scalato i dispositivi del potere politico, tuttavia, persisteranno in questa sordità interessata… il più a lungo possibile, per il tempo in cui potranno farlo.

Ma noialtri non possiamo continuare a chiudere le orecchie. Abbiamo bisogno di reagire.

Odio dire “ce l’aveva detto”, ma ce lo aveva detto, il subcomandante Marcos, qualche anno fa. In varie occasioni gli zapatisti ci hanno avvertito di quello che sarebbe successo se non avessimo reagito. Non abbiamo reagito. E’ successo. Hanno descritto in diverse circostanze in disastro in cui ci troviamo oggi. Hanno anticipato, prima di chiunque altro, la serie di crisi che si sono succedute e la distruzione che avrebbero provocato nelle classi politiche, nel paese stesso, nel tessuto sociale… Hanno aperto con forza e lucidità possibilità di cambiamento, senza dogmatismi o imposizioni. Non ne abbiamo approfittato.

Il nuovo appello dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (Ezln) deve essere ascoltato da coloro che tentano, dal basso, di resistere all’orrore dominante e di creare un’altra possibilità. Spero lo possano ascoltare coloro che ancora nutrono la fantasia che un colpo di urna elettorale potrebbe essere sufficiente a porre rimedio a tutto, coloro che solo possono pensare e organizzarsi nel quadro dei partiti politici e delle istituzioni e continuano a credere che anticapitalismo sia una brutta parola.

E’ utile mostrare ancora una volta che il re è nudo. Potranno azzardarsi a vederlo e a dirlo ad alta voce anche coloro che credono che sia possibile continuare a negarlo.

Ma, mentre è ormai inevitabile ascoltare lo strepito del crollo del mondo che muore, anche perché il rumore investe tutto e lo si soffre quotidianamente nella propria carne, non accade lo stesso con il frastuono del mondo che risorge. Per ascoltarlo c’è bisogno di altre orecchie.

Non siamo alle prese con una variante di quello che conosciamo. Vi è un altro giro di valzer, una curva su un percorso familiare. È una novità radicale. Le sue profonde radici nel passato non si dedicano a riprodurlo o a realizzare, ancora peggio, il tentativo impossibile di tornare indietro. E’ qualcosa di diverso.

Come è risltato evidente venerdì scorso (quando 40 mila zapatisti hanno riempito le piazze di cinque città del Chiapas, nel giorno della fine di un’era del calendario maya, ndt) , il nuovo mondo si costruisce con la speranza, la gioia e la festa, a partire dalla disciplina che si impara in un proprio ordine, autonomo. Solo così, dalla disciplina organica, quella che si tesse dal basso per propria volontà, è possibile proporsi l’eliminazione del potere e delle autorità coercitive, la condizione in cui viene utilizzata la posizione gerarchica oer imporre una azione.

In tempi bui come questi è una benedizione sapere che contiamo su di loro. Come hanno detto da tempo Chomsky, Wallerstein, Gonzalez Casanova e molti altri, l’iniziativa politica degli zapatisti  è la più radicale del mondo e probabilmente la più importante. Lo è stata ieri, in quella notte del primo gennaio 1994 che ha scatenato un’ondata di movimenti anti-sistemici in tutto il mondo e ci ha svegliati. Continua ad esserlo oggi, quando ancora sono fonte di ispirazione per fare che occorre.

E’ arrivata la fine di un’era. Le prove si accumulano tutti i giorni. Niente può impedire la sua conclusione. Ma prenderà una forma apocalittica, aggravando l’immensa distruzione naturale, sociale e culturale che ha caratterizzato la sua agonia, a meno che non siamo in grado di resistere a un simile orrore. E in tali circostanze, l’unica maniera valida ed efficace di resistere consiste nel creare un’alternativa. Dobbiamo farlo. Ciascuno nel suo luogo e a modo suo. Abbiamo bisogno di dissolvere i rapporti economici e politici che ci intrappolano nel vecchio mondo, coscienti che la crescente dignità di ogni uomo e di ogni donna e di ogni rapporto umano sfida necessariamente tutti i sistemi esistenti. Di questo si tratta oggi.

* Da La Jornada di Città del Messico, lunedì 24 dicembre 2012. Tradotto da DKm0. Gigi Sullo

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Los de abajo

Marcia del silenzio e della dignità

Gloria Muñoz Ramírez

L’EZLN è tornato a parlare in silenzio. I fatti: gli zapatisti hanno realizzato la dimostrazione di forza più grande dei quasi 19 anni da quando si sono fatti conoscere. Si sono radunati in cinque capoluoghi municipali: San Cristóbal de Las Casas, Las Margaritas, Ocosingo, Palenque ed Altamirano, quattro di esse prese il 1º gennaio 1994. In tutte le piazze hanno sfilato in commovente silenzio. Non una parola è uscita dalle loro labbra. Di fronte alle presidenze municipali hanno collocat un palco sul quale hanno sfilato tutti col pugno alzato. Nello stesso pomeriggio sono tornati nei caracoles ai quali appartengono. E poi hanno reso nota la loro parola: È il suono del vostro mondo che crolla. È il nostro che risorge.

I simboli sono molti, perché hano scelto l’ultimo giorno del ciclo maya, quello che doveva essere la fine del mondo per molti e per altri l’inizio di una nuova era, il cambiamento di pelle, il rinnovamento. Durante questi 19 anni il percorso della lotta zapatista è stato pieno di simbolismi e profezie, e questa occasione non fa eccezione.

Dall’annuncio che il Comando Generale dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) avrebbe fatto conoscere la sua parola, l’aspettativa per il contenuto del suo messaggio è andato crescendo. Questo venerdì, tuttavia, quello che si è sentito sono stati i loro passi, il loro camminare silenzioso in cinque piazze, il loro passo degno e ribelle per le strade, il loro pugno alzato, la loro moltitudinaria ed emblematica presenza col volto coperto che, benché non sia un’immagine nuova, continua ad essere impressionante.

Forza, disciplina, ordine straordinario, dignità, interezza, coesione. Non è poco. Sono 19 anni nei quali un’infinità di volte sono stati dati per morti, per divisi ed isolati. Ed ancora una volta escono a dire “siamo qui”. La volta precedente è stato il 7 maggio 2011, in accompagnamento al Movimento per la Pace. In quell’occasione furono in più di 20 mila a manifestare. Oggi sono stati, come minimo, 40 mila. La più grande mobilitazione di tutta la loro storia.

Hanno detto la loro parola, o l’inizio della stessa. L’iniziativa politica più recente è stato il Festival della Degna Rabbia, al quale invitarono lotte e movimenti del Messico e del mondo, nel dicembre del 2008.

Questo venerdì non si sono presentati i membri del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno, come fecero nel maggio del 2011. Fu l’ultima volta che si videro Tacho, Zebedeo, Esther, Hortencia, David ed il resto del comando generale, ad eccezione del subcomandante Marcos, che fino ad ora si è tenuto lontano dalla scena pubblica. http://www.jornada.unam.mx/2012/12/22/opinion/017o1pol

losylasdeabajo@yahoo.com.mx. – http://desinformemonos.org

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Sabato 22 dicembre 2012

Rebeldía viva

Caduta e rinascita nel mondo maya zapatista

Luis Hernández Navarro

Non può riapparire ciò che non se n’è mai andato. Ciò che questo 21 dicembre hanno fatto i ribelli zapatisti Maya occupando pacificamente e in silenzio cinque città del Chiapas non è stato riapparire, ma riaffermare la loro esistenza.

L’EZLN (Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, ndt) è qui da oltre 28 anni. Non se n’è mai andato. Per dieci anni è cresciuto sotto l’erba; da più di 18 anni si è fatto conoscere pubblicamente. Da allora ha parlato e osservato il silenzio ad intermittenza, ma mai ha smesso di agire. In un’occasione o l’altra è stata decretata la sua scomparsa o irrilevanza, ma sempre è risorto con forza e con un messaggio.

Quest’inizio del nuovo ciclo dei Maya non ha fatto eccezione. Più di 40 mila “bases de apoyo” (zapatisti civili, distinti dai militari dell’EZLN, ndt) zapatiste hanno marciato sotto la pioggia in cinque città del Chiapas: 20 mila a San Cristóbal, 8000 a Palenque, 8000 a Las Margaritas, 6000 ad Ocosingo, e almeno 5000 altri ad Altamirano. È la più grande mobilitazione dall’emersione dei ribelli nel sud-est del Messico.

L’entità della protesta è un segno che la sua forza interna, lungi dal diminuire nel corso degli anni, è cresciuta. Si tratta di un indicatore del fatto che la strategia anti-insurrezionale, condotta da vari governi, non ha avuto successo. Dimostra che il suo progetto è una genuina espressione del mondo Maya, ma anche di moltissimi contadini poveri meticci (i messicani sono indigeni “puri” o “meticci”, con radici anche spagnole, ndt) in Chiapas.

L’EZLN non ha mai abbandonato la scena nazionale. Guidato dalla sua agenda politica, fedele alla sua coerenza etica e con la forza dello stato contro di esso, ha rafforzato le sue forme di governo autonome, tenuto in vita la sua autorità politica tra i popoli indigeni del paese e attive le reti di solidarietà internazionale. Il fatto che non sia apparso pubblicamente non significa che non sia presente in molte lotte importanti nel paese.

Nelle cinque Giunte di Buon Governo che esistono in Chiapas e nei municipi autonomi le autorità delle bases de apoyo governano se stesse, esercitano la giustizia e risolvono conflitti sul possesso della terra. Nei loro territori, i ribelli hanno fatto funzionare i loro sistemi sanitari e di istruzione al di fuori dei governi statali e federali, organizzato la produzione e la commercializzazione e mantenuto in piedi la loro struttura militare. Hanno risolto con successo la sfida del cambio generazionale nei loro comandi. Come non bastasse, hanno affrontato con efficacia le minacce del narcotraffico, l’insicurezza pubblica e la migrazione. (…)

Gli zapatisti hanno marciato questo 21 dicembre in ordine, con dignità, disciplina e coesione, e in silenzio; un silenzio che si è sentito forte. Allo stesso modo in cui hanno dovuto coprire il loro volto per essere visti, ora hanno interrotto la parola per essere ascoltati. È un silenzio che esprime una feconda capacità di proporre altri orizzonti di trasformazione sociale, una grande potenza. Un silenzio che comunica volontà di resistenza di fronte alla potenza: chi resta in silenzio è ingovernabile, diceva Ivan Illich.

Un ciclo di lotta politica in Messico si è chiuso questo primo dicembre (giorno dell’insediamento del nuovo presidente messicano, Pena Nieto, di destra, accusato di brogli elettorali, ndt), un altro si è aperto. L’EZLN ha molto da dire nella mappa emergente delle lotte sociali che ha cominciato a prendere forma nel paese. La sua mobilitazione può influire in modo rilevante.

(…) Nell’ultimo anno e mezzo sono nati movimenti sociali che sfidano il potere restando fuori dai partiti politici. Non si sentono rappresentati da nessuno di essi. Il Movimento per la Pace con Giustizia e Dignità, #YoSoy132, comunità in lotta contro l’insicurezza pubblica e la devastazione ambientale, le proteste degli studenti in difesa della scuola pubblica, tra gli altri, si muovono su sentieri diversi da quelli della politica istituzionale. La simpatia per gli zapatisti da parte di queste forze è reale.

Ma al di là della congiuntura, le marce del 13 Baktun Maya (il ciclo che appunto finiva, secondo il calendario Maya, il 21 dicembre 2012, ndt) sono un nuovo Ya Basta! simile a quello che gli zapatisti pronunciarono nel gennaio 1994, e una versione rinnovata del “Mai più un Messico senza di noi!” formulato nel mese di ottobre del 1996, e che apre nuovi orizzonti. Non chiedono nulla, non domandano nulla. Essi mostrano il potere del silenzio. Annunciano che un mondo crolla e un altro rinasce. http://www.jornada.unam.mx/2012/12/22/politica/004a1pol

(Traduzione a cura di Gigi Sullo – http://www.democraziakmzero.it)

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La Jornada – Sabato 22 dicembre 2012

 

Rebeldía viva

Si mobilitano più di 40 mila zapatisti in 5 regioni del Chiapas

In silenzio, occupano l piazze centrali di Ocosingo, San Cristóbal de Las Casas, Palenque, Altamirano e Las Margaritas. Poi, ordinatamente, spariscono

Hermann Bellinghausen. Inviato. Ocosingo, Chis., 21 dicembre. Più di 40 mila basi di appoggio zapatiste hanno sfilato silenziosamente questa mattina in cinque città del Chiapas, nella mobilitazione più numerosa di questa organizzazione dall’insurrezione armata dall’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) il primo gennaio 1994.

Provenienti dai cinque caracoles zapatisti nella selva Lacandona, gli Altos e la zona nord, i popoli maya ribelli (tzeltales, tzotziles, choles, tojolabales, mames e zoques) del Chiapas hanno occupato le piazze centrali di Ocosingo, San Cristóbal de Las Casas, Palenque, Altamirano e Las Margaritas. Ovunque, in assoluto silenzio.

Alle 6:30, circa 6 mila indigeni zapatisti, in maggioranza giovani, si sono radunati nelle vicinanze dell’Università della Selva, vicino al sito archeologico di Toniná. Da lì si sono diretti al parco centrale di Ocosingo, dove sono rimasti per tre ore di fronte all’edificio del municipio che 19 anni fa gli insorti ed i miliziani dell’EZLN presero con le armi dichiarando guerra al governo messicano.

In quest’occasione l’azione è stata civile e pacifica e gli unici che hanno parlato sono stati i pugni della mano sinistra alzati di tutti gli zapatisti che hanno sfilato ordinatamente su un palco installato all’uopo. Verso le 10:30 gli ultimi manifestanti hanno lasciato la piazza per tornare nella selva.

Allo stesso modo, nelle altre piazze menzionate, gli zapatisti hanno installato palchi sui quali sono saliti col pugno alzato tutti i partecipanti alla mobilitazione, in una sfilata di impressionante silenzio.

A San Cristóbal de Las Casas hanno sfilato circa 20 mila uomini e donne zapatisti. Secondo le fonti, a Las Margartas si sono radunati almeno 7 mila indigeni, e 8 mia a Palenque. Di Altamirano non si conoscono i numeri. Secondo la testimonianza di un autotrasportatore della zona di Ocosingo, dal caracol di La Garrucha potevano partire più del doppio dagli indigeni che sono arrivati ad Ocosingo, ma non c’erano veicoli sufficienti, per cui sono state trasportate solo 6 mila persone.

Nelle scorse settimane, il portale elettronico di Enlace Zapatista aveva annunciato la parola del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno, Comando Generale dell’EZLN, e delle commissioni Sesta e Sesta Internazionale. Si pensa che presto si potranno conoscere i loro comunicati, ma ancora non se ne sa nulla.

Nella data in cui molti sprovveduti credevano alla fine del mondo, secondo l’interpretazione opportunista delle profezie (in realtà, calcoli matematici) degli antichi maya, le comunità basi di appoggio dell’EZLN, appartenenti ai popoli maya contemporanei che nelle loro lingue si definiscono uomini veritieri, col volto coperto hanno realizzato una potente dimostrazione di forza e disciplina, perfettamente in riga sotto una costante pioggia (inusuale in quest’epoca dell’anno) che ha accompagnato le mobilitazioni per tutta la mattina nelle diverse località.

Abili nell’apparire all’improvviso, gli indigeni ribelli sono spariti altrettanto rapidamente e silenziosamente così come erano arrivati all’alba in questa città che, a vent’anni dalla traumatica irruzione qui dell’EZLN a capodanno del 1994, li ha accolti con un poco di spavento e curiosità, senza nessuna manifestazione di rifiuto. Sotto i portici del comune che oggi ha sospeso le sue attività, decine di abitanti di Ocosingo sono accorsi per fotografare con cellulari e macchine fotografiche lo spettacolare concentramento di incappucciati che ha riempito il parco come al gioco del Tetris, avanzando tra le siepi in un ordine che sembrava coreografia, per salire sul palco, installato velocemente il mattino presto, alzare il pugno e dire, silenziosamente, siamo qui. Ancora una volta. http://www.jornada.unam.mx/2012/12/22/politica/002n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Comunicato del Comitato Clandestino Rivoluzionario IndigenoComando Generale dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale
21 dicembre 2012

A chi di dovere:

Lo avete sentito?
E’ il suono del vostro mondo che crolla, ed è quello del nostro che risorge.
Il giorno in cui fece giorno, fu notte;
e sarà notte il giorno in cui farà giorno.

DEMOCRAZIA
LIBERTA’
GIUSTIZIA

Dalle montagne del Sud-Est Messicano
per il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno – Comando Generale dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale
SUBCOMANDANTE MARCOS

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Messico
Gli ultimi Maya, a 15 anni dalla strage di Acteal
 
Il mondo non finisce il 21 dicembre 2012. Ma il giorno dopo ricorre il quindicesimo anniversario di una barbara strage dimenticata, quella di Acteal. Ne furono vittima 45 indigeni tzotziles (e quindi Maya) del Chiapas, nel Sud-est messicano. Riuniti in preghiera, chiedevano pace, libertad, justicia y dignidad, ma furono crivellati di colpidi Luca Martinelli e Giulio Sensi | L’Altreconomia
http://www.altreconomia.it/site/fr_contenuto_detail.php?intId=3813

Quando vi sveglierete il 22 dicembre, finalmente consapevoli che il mondo “non finiva quel giorno” (cit.), cioè che nessun Maya ha mai detto che il 21 dicembre 2012 la vita degli esseri umani sarebbe scomparsa dal Pianeta, ricordatevi degli ultimi Maya. Quelli che vivono nel Sud-est messicano, e la fine del mondo l’hanno già vista, oltre che annunciata: non era il 21 ma il 22 dicembre, di quindici anni fa.

Il 22 dicembre del 1997 la furia dei gruppi paramilitari si scagliò sulla piccola comunità di Acteal, nella zona degli Altos del Chiapas. Era in corso una “guerra di bassa intensità”: da una parte l’esercito messicano e gruppi paramilitari, dall’altra l’Esercito zapatista di liberazione nazionale (Ezln), l’esercito indigeno che nel gennaio del 1994 si era sollevato in armi per chiedere dignidad, justicia y libertad per le comunità indigene del Chiapas.

Le vittime del massacro di Acteal, 45 indigeni assassinati senza che nessuna autorità pubblica muovesse un dito, non erano zapatisti, però. Facevano parte di un’associazione pacifista, Las Abejas, nata cinque anni prima, e quasi alla vigilia di Natale erano riuniti in chiesa a pregare per la pace.

Las Abejas è nata seguendo il lavoro della Diocesi guidata dal vescovo Don Samuel Ruiz, il Tatik (padre, in tzeltal) degli indigeni, scomparso quasi due anni fa, e da vent’anni si batte senza armi per gli stessi obiettivi degli zapatisti: la pace con dignità.

Quel 22 dicembre il tempo si fermò. Non solo in Chiapas, non solo nel Messico, ma in tutto il mondo. E anche in Italia, un Paese che era -allora- capace di indignarsi, e di fare qualcosa per le ingiustizie del Pianeta. Se ne discusse alla Camera, con un’interrogazione promossa dall’onorevole Ramon Mantovani. Ne scrissero, quasi immediatamente, i grandi giornali: “Gli squadroni della morte arrivano con il buio. Appena si spegne il sole, dietro le ultime montagne del Chiapas, tra i contadini di molte contrade appollaiate sui monti al confine con il Guatemala, s’ insinua una paura tangibile che si materializza in due parole: la ‘Maschera Rossa’. I gruppi paramilitari della provincia di Chenalho dov’ è accaduto il massacro di Acteal si sono soprannominati così. Da mesi terrorizzano le basi d’ appoggio degli zapatisti con una tecnica molto nota. Con la complicità della notte calano sui villaggi, rassicurati dalle loro uniformi scure e dai loro AK-47, e seminano paura, maltrattano, saccheggiano, rubano ed esigono quell’ assurda ‘tassa di guerra’ che qui gran parte dei campesinos si rifiuta di pagare” scrisse il 6 gennaio ’98 Carlo Pizzati, inviato a San Cristobal de Las Casas per “la Repubblica”. 


La risposta più importante, però, venne dai molti attivisti che reagirono dando corpo a una stagione di solidarietà con gli indigeni del Chiapas oggi ridotta al lumicino: le testimonianze della mattanza mossero la solidarietà, che niente ha potuto di fronte alla mancanza di giustizia: dopo periodi di detenzione troppo brevi, molti dei responsabili della strage girano ancora liberamente per la regione e la loro liberazione ha facilitato il riformarsi di alcune bande paramilitari così utili alla strategia di contro-insurrezione del Governo federale e di quello del Chiapas.

È la stessa impunità che vivono gli autori di altre stragi che insanguinarono la stagione della repressione, come quella della comunità di El Bosque, sempre negli Altos de Chiapas. L’impunità è scesa nell’oblio, la lotta per la giustizia no. 
Per i media italiani, specie quelli mainstream, oggi il Messico “pesa” solo in quanto narco-Stato e per il problema dei femminicidio. È passato in secondo piano il tema dei diritti umani, e in particolare quelli delle popolazioni indigene, che pure dovrebbero essere tutelati anche in virtù dell’Accordo di libero scambio firmato dall’inizio del millennio dal Messico e dai Paesi dell’Unione europea.   

Noi, però, non abbiamo dimenticato Acteal. Non possiamo farlo. Se oggi leggete le nostre firme su “Altreconomia”, o i nostri nomi come animatori di associazioni ed esperienze di movimento, è perché nel dicembre del 1998, un anno dopo, incontrammo un “testimone” della strage, che ci raccontò il peso dell’ingiustizia. E ci spinse a lavorare al suo fianco, per cambiare le regole.

Oggi chiediamo anche a voi di farvene carico: in questi giorni, anche in Italia, ogni mezzo d’informazione e di comunicazione è invaso da articoli che riflettono (a vanvera) della “profetica” scadenza della fine del mondo annunciata dai Maya.

A tutti chiediamo di alzare lo sguardo e guardare ad una vera notizia, l’ingiustizia e l’impunità di chi seminò morte e terrore in un popolo di pace che chiedeva solo rispetto e dignità. Invece che alla “fine del mondo” potremmo contribuire all’inizio di una nuova stagione, per non far inghiottire la giustizia da un enorme buco nero.

 

También el LINyM

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Migliaia di zapatisti arrivano a Ocosingo e San Cristóbal de las Casas
Ocosingo, Chiapas. Migliaia di basi di appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) sono radunati in fila e in silenzio nella piazza di Ocosingo, Chiapas. Più di 6000 ribelli, soprattutto giovani, sono giunti qui ​​fin dalle 6 del mattino e continuano ad arrivare in questo municipio che fu conquistato dai ribelli nel gennaio 1994. C’è anche un raduno di massa a San Cristobal de las Casas, dove dalle 9 del mattino hanno cominciato ad arrivare dal caracol di Oventik sotto una pioggia persistente.
Anche se dal loro arrivo gli zapatisti hanno improvvisato un palco di legno, fino alle 9 del mattino non c’era ancora nessun oratore né si è saputo qualcosa del messaggio che avrebbero inviato. Dal mese di novembre la pagina web di Enlace Zapatista annuncia che presto si sentirà la parola dell’EZLN.
Dal 7 maggio 2011, quando l’organizzazione indigena appoggiò la marcia del poeta Javier Sicilia con una concentrazione di massa a San Cristobal de las Casas, gli zapatisti non si vedevano per le strade delle città in Chiapas.

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skype: desinformemonos
________________________________________________________
“…desinformémonos hermanos
hasta que el cuerpo aguante
y cuando ya no aguante
entonces decidámonos
carajo decidámonos
y revolucionémonos.”
Mario Benedetti

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Non ci sembra di aver visto traduzioni o articoli riguardo questa notizia del mese scorso, per cui rigiriamo un riassunto della situazione e della denuncia della GBG La Realidad del 23 novembre fatta dal gruppo ELCOR della Rete contro la Repressione Chiapas. Ci sembra grave la situazione: con questo sono tre gli zapatisti attualmente in carcere.

Nodo Solidale

GBG zapatista di La Realidad denuncia l’arresto di due zapatisti e di due loro familiari:
http://www.autistici.org/nodosolidale/news_det.php?l=it&id=2217

San Cristobal de Las Casas, 24 novembre 2012

“…dov’è la giustizia? I nostri compagni Anibal e Carlos  non hanno commesso nessun delitto, sono innocenti, il loro unico delitto è essere zapatisti”

(Parole della denuncia pubblica della Giunta di Buon Governo, 23 novembre 2012)

Da aprile 2011 a novembre 2012 noi, in quanto aderenti all’Altra Campagna, firmatari della Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona e altre persone solidali di buon cuore, abbiamo ricevuto la SESTA DENUNCIA PUBBLICA dalla zona Selva Fronteriza.

La Giunta del Buon Governo (GBG) “Verso La Speranza” del Caracol 1, La Realidad, Madre dei Caracoles “Mare dei nostri sogni”. Ancora una volta informa sulle ingiustizie delle quali sono oggetto i compagni e le compagne basi d’appoggio zapatiste dell’EZLN del Municipio Autonomo Ribelle Zapatista “Terra e Libertà”, della frazione San Ramon e del villaggio Che Guevara.

Sappiamo bene che prima di fare una denuncia pubblica la Giunta del Buon Governo prova a  risolvere i problemi. Questa volta ci informa quindi dei fatti con cui hanno criminalizzato e violato un’altra volta i diritti compagni.

Innanzitutto la GBG ci informa riguardo i fatti avvenuti il 15 maggio 2011, quando dieci persone (uomini e donne) colpirono brutalmente con pietre e pali, due compagni basi d’appoggio zapatiste: Anibal Lopez Monzon e Carlos Lopez Munzon e un loro fratello, Jacobo Timo Lopez Mònzon, che non è base appoggio zapatista, provando ad ammazzarli. Uno di loro “rimase incosciente, quasi morto”.

Il giorno 20 giugno 2012 vengono nuovamente arrestati gli stessi compagni (le due basi d’appoggio e un loro fratello) e anche un altro componente della famiglia. Attualmente, cioè dopo 5 mesi, sono ancora incarcerate le quattro persone.

La GBG comunica anche i fatti del 17 ottobre di questo anno, data in cui viene sparato il compagno Manuel Barrios Hernandez del villaggio “Che Guevara” dal signor Olegario Roblero Rodriguez. Il motivo era per espropriargli la terra. Coloro che hanno propiziato l’aggressione per appropriarsi delle “terre recuperate” dall’EZLN, in complicità con i tre livelli del mal governo, sono i militanti del Partito Verde Ecologista, Guillermo Pompilio Galvez Pinto e Ilse Galvez, figlio e figlia dell’ex proprietario , già deceduto.

Sono 94 ettari di terra recuperata che nel complesso costituiscono le terre del villaggio “Che Guevara”.  In base ai principi etico – rivoluzionari zapatisti, i compagni lasciarono 60 ettari di proprietà ai figli dell’imprenditore morto e rimasero così 30 ettari di terra in possesso delle basi d’appoggio zapatiste.

Come Spazio di Lotta contro l’Oblio e la Repressione (ELCOR in spagnolo) esigiamo la libertà immediata dei compagni detenuti arbitrariamente dal mal governo e facciamo un appello per diffondere la situazione e sottolineare i nomi dei delinquenti, complici del mal governo, pertanto:

INDICHIAMO COME DELINQUENTI il Comandante Victoriano Lopez Aguirre e i suoi 5 poliziotti ausiliari testimoni del brutale pestaggio del 15 maggio ai danni dei compagni di San Ramon, facendo come se nulla fosse.

INDICHIAMO COME  INETTI GLI AVVOCATI Juan Antonio Gomez Coello e Antonio Lopez de Leon che non hanno fatto altra cosa che dimostrare di avere come clienti dei delinquenti.

INDICHIAMO COME PESSIMI FUNZIONARI QUELLI DEL PUBBLICO MINISTERO di Motozintla, Rodolfo Cruz Martinez, e del Pubblico Ministero di Tapachula (coloro che diedero l’ordine di arrestare il 20 giugno i compagni).

INDICHIAMO COME GENTE DI CUORE CATTIVO, il sig.Guillermo Pompilio Galvez Pinto e Ilse Galvez  i qualid pagano persone senza dignità per usurpare la terra alle basi d’appoggio zapatisti del villaggio “Che Guevara”.

NOMINIAMO GLI STUPIDI CHE NON SANNO GOVERNARE e stanno nei tre livelli di governo: il sindaco Oscar Rene Gonzales Galindo, il governatore Juan Sabines Guerrero e il presidente Felipe Calderon, così come i loro prossimi successori, ugualmente delinquenti che fregheranno ancor di più Chiapas e Messico, Manuel Velasco e Enrique Pena Nieto.

Stop alle aggressioni contro le comunità zapatiste!
Viva la autonomia zapatista!
Contro l’Oblio, la Memoria!
Contro la Repressione, la Solidarietà!

Espacio de Lucha Contra el Olvido y la Represión (ELCOR)

(tradotto da Nodo Solidale)

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La Jornada – Venerdì 14 dicembre 2012

La forza morale ed organizzativa dell’EZLN

Jaime Martínez Veloz

Il prossimo primo di gennaio si compiranno 18 anni dall’insurrezione armata capeggiata dall’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN). Un paese sulla soglia della modernità fu sorpreso che migliaia di insorti, in maggioranza indigeni, avessero preso le armi, come ultima risorsa, per lottare per una vita migliore per i popoli indigeni e per il paese.

La mobilitazione di migliaia di messicani obbligò lo Stato a negoziare con gli insorti una soluzione degna e giusta. Dopo più di due anni di intensi negoziati, ci fu il primo accordo tra il governo federale e l’EZLN in materia di diritti e cultura indigeni, il quale fu firmato il 16 febbraio del 1996 nel municipio di San Andrés Larráinzar, in Chiapas.

Quando si tentò di inserire tale accordo nella legislazione messicana, mediante un’iniziativa di legge elaborata dalla Commissione di Concordia e Pacificazione (Cocopa), la reazione dello Stato fu brutale, cinica e crudele. L’iniziativa di legge conteneva i postulati testuali più importanti dall’accordo firmato dal governo federale e l’EZLN; non c’era un solo concetto che non fosse stato concordato dalle parti.

La reazione dell’EZLN di fronte all’iniziativa elaborata dalla Cocopa fu di accettazione, e quella delle autorità fu di scandalo ed ipocrisia. Il presidente della Repubblica ed i gruppi di potere economico del paese accusarono la Cocopa e l’EZLN di voler balcanizzare, dividere e frammentare il paese. Coloro che lanciarono queste accuse sono gli stessi che concessero 25 milioni di ettari alle compagnie minerarie straniere e nazionali, le quali tra il 2005 e 2010 estrassero risorse minerali per un valore di 552 mila milioni di pesos e pagarono solo 6 mila 500 milioni di pesos per i diritti, cioè, 1,18%.

Nel 2002, dopo la trionfante marcia zapatista in diverse parti del paese, l’allora presidente Vicente Fox trasmise l’iniziativa di legge al Congresso dell’Unione, attraverso il Senato della Repubblica, dove fu smantellata ed al suo posto approvarono un obbrobrio legislativo la cui premessa principale era che sarebbe stata la strada per far uscire fuori dall’arretratezza e dall’emarginazione i popoli indigeni messicani. Si stabiliva che il tema dell’arretratezza e dell’emarginazione in materia indigena era una questione di programmi ed aiuti governativi, non di pieno esercizio dei diritti costituzionali, rifiutandosi così di compiere quanto concordato a San Andrés Larráinzar.

A più di 10 anni dalla promessa delle istituzioni messicane agli indigeni di farli entrare in paradiso, in cambio del rifiuto di applicare quanto concordato tra l’EZLN ed il governo federale, la realtà dà ragione agli zapatisti ed evidenza il più grande dei fallimenti dello Stato.

Tra il 2002 e 2012, la spesa federale annuale per i popoli indigeni è passata da 16 mila 663 milioni a 39 mila 54 milioni di pesos. Tuttavia, i dati di povertà ed emarginazione delle stesse agenzie governative non riportano alcun impatto sulla riduzione della povertà indigena; al contrario, questa è aumentata, ed ogni volta in modo più offensivo per una nazione dove dal 1917 tutti i governi ammettono nei discorsi ed in modi diversi il debito del Messico con i suoi indios e si dicono impegnati a sconfiggere le ingiustizie che subiscono.

Secondo i dati del Consiglio Nazionale di Valutazione della Politica di Sviluppo Sociale (Coneval) e i dati su entrate e uscite del 2010, mentre la media nazionale del tasso di povertà estrema e moderata è del 46,2%, nelle comunità e villaggi indigeni è del 79,3%, cioè, quasi il doppio. Otto indigeni su 10 non hanno avuto accesso alla terra promessa che lo Stato messicano ha offerto loro in cambio di non applicare quanto pattuito a San Andrés Larráinzar.

Secondo i dati del Coneval, l’80,3% degli indigeni è al di sotto della soglia di benessere, l’83,5% non ha accesso alla previdenza sociale, il 50,6% non conta su servizi di base nella propria abitazione ed il 40,5% soffre di carenze alimentari. Per questo diciamo che in materia indigena non ha fallito la politica pubblica, bensì la leadership dello Stato; la politica verso gli indigeni è stata di palliativi, perché non ha una visione articolata e progetti di cambiamenti strutturali, com’è contemplato negli accordi di San Andrés Larráinzar.

Dopo l’inadempimento governativo, l’EZLN decise una strategia di resistenza, rafforzando la sua organizzazione con la creazione delle giunte di buon governo, il lavoro collettivo e la solidarietà comunitaria. Negli ultimi anni sono andati avanti in silenzio, lontani dalla propaganda. Alcune persone distratte, o quelli che hanno scommesso sulla scomparsa del conflitto o il suo oblio, diffondono voci o tentano di confondere, sostenendo che l’EZLN non è più un problema, dato che, dalla loro ottica, gli zapatisti non fanno più notizia, quindi non esistono.

I dati qui esposti, che mostrano il fallimento governativo verso questo settore della popolazione, dovrebbero far capire alle élite messicane che perfino il silenzio è una forma di lotta e che non ha niente a che vedere con una presunta debolezza, in questo caso, dell’EZLN. Al contrario, mentre il dispendio ed il fallimento sono sinonimo delle politiche pubbliche, l’organizzazione, il lavoro e la disciplina sono ciò che ha distinto lo zapatismo in questa tappa.

Gli zapatisti vivono, si organizzano e lavorano in una realtà di grandi carenze materiali che suppliscono con creatività e dedizione. Hanno obiettivi chiari che trascendono le generazioni; i loro argomenti sono irrefutabili, la vitalità e la consistenza delle loro convinzioni sono state una scuola di vita per migliaia di messicani. Un abbraccio affettuoso a tutti gli zapatisti che là, nelle loro comunità, lottano ogni giorno per costruire un futuro migliore per il nostro paese. Come dicono da quelle parti: non siete soli! http://www.jornada.unam.mx/2012/12/14/opinion/021a2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Denuncia da Toniná.

La Jornada – Martedì 11 dicembre 2012

La JBG denuncia danni al sito archeologico di Toniná e chiede le dimissioni del direttore. Octavio Albores, presidente municipale, distrugge tombe maya per costruire un ponte

Hermann Bellinghausen

La giunta di buon governo (JBG) El camino del futuro, con sede nel caracol Resistencia hacia un nuevo amanecer, a La Garrucha, Chiapas, ha denunciato la strategia di perseguire ed imprigionare “i nostri compagni innocenti, basi di appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN)”. Questa volta, il perseguito è Alfonso Cruz Espinosa, del villaggio San Antonio Toniná, attiguo alla zona archeologica di Toniná e vicino al capoluogo municipale di Ocosingo.

Le autorità della JBG denunciano i fatti avvenuti nel municipio autonomo Francisco Gómez; “nel nostro territorio”, precisano. “Secondo alcune voci, sul compagno Cruz Espinosa pende un mandato di cattura per il semplice fatto che il municipio autonomo ha aperto un negozio collettivo di artigianato in quel luogo, sul nostro terreno recuperato, a beneficio dei nostri compagni in resistenza”.

La JBG chiede ai tre livelli del malgoverno di rispettare gli accordi firmati il 28 gennaio 2006 nell’ufficio del consiglio autonomo di Francisco Gómez, perché “noi rispettiamo gli accordi”. Sostiene che gli zapatisti rispettano il terreno che coltiva la signora Socorro Espinosa Trujillo e le sue figlie Berenice e Dalia Maribel Cruz Espinosa. Anni fa, i governi statali di Juan Sabines Guerrero e municipale (PAN) di Arturo Zúñiga operarono per provocare un conflitto tra la famiglia Cruz Espinosa ed Alfonso, proprietario legittimo dei terreni che circondano il sito archeologico, allo scopo di sottrarli al territorio autonomo zapatista e destinarli ad usi commerciali.

La JBG inoltre denuncia che l’attuale presidente municipale di Ocosingo, Octavio Albori Cruz (PRI) sta distruggendo tumuli e tombe maya per la costruzione di un ponte a beneficio dell’ex sindaco Zúñiga ed altri allevatori della zona, e si domanda: “Non è un crimine distruggere il patrimonio della nazione?”.

La JBG ed il municipio autonomo Francisco Gómez chiedono le dimissioni dell’archeologo responsabile Juan Yadeum e della direttrice del sito di Toniná, Julissa Camacho Ramírez, come era stato concordato e firmato dai tre livelli del malgoverno il 28 febbraio 2009, perché sono loro a provocare i costanti problemi. Entrambi sono stati denunciati come complici, almeno per omissione, di queste opere illegali che colpiscono e danneggiano il patrimonio archeologico.

La direttrice Camacho Ramírez è stata inoltre denunciata per diverse irregolarità, come usare veicoli ufficiali dell’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia (INAH) per trasportare legname – disboscato illegalmente nel podere Campo Alegre – che usa nella costruzione della sua casa di Ocosingo, senza che l’INAH, in Chiapas, intervenga contro Emilio Gallaga Murrieta. Questi stessi veicoli sono usati per trasportare i figli dei militari che risiedono nella base di Toniná.

Le autorità ribelli chiedono ai tre livelli del malgoverno di cancellare immediatamente il mandato di cattura contro Alfonso Cruz, “perché non ha commesso alcun reato. Lo diciamo chiaro: non permetteremo più nessuna ingiustizia contro le basi di appoggio del nostro EZLN, benché i tre livelli del malgoverno cerchino forme e strategie per fregarci e indebolire la nostra lotta e resistenza. Noi andiamo avanti pronti a difenderci da qualunque provocazione contro le nostre basi”. 

La giunta avverte: “Staremo attenti per quanto potrebbe succedere e ne riterremo responsabili direttamente i tre livelli del malgoverno e Julissa Camacho Ramírez, Juan Yadeum, così come María del Socorso Espinosa Trujillo e le sue figlie.

Comunicato originale della JBG

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Domenica 9 dicembre 2012

Las Abejas accusano il governo di riattivare i gruppi paramilitari per seminare il terrore. Lo proverebbe la scarcerazione in massa dei responsabili del massacro di Acteal

 Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 8 dicembre. L’organizzazione ella società civile Las Abejas ha denunciato oggi la riattivazione dei gruppo paramilitare Máscara roja nel municipio tzotzil di Chenalhó, e che la transizione governativa di Enrique Peña Nieto ha scatenato una serie de fatti violenti, come strategia di minaccia per fermare le proteste sociali che denunciano la sua imposizione. Ma le azioni “non sono solo contro gli ‘anti-EPN’ “, ma anche contro le organizzazioni che denunciano le ingiustizie e le violazioni dei diritti umani compiute e gestite dai governi con la logica della contrainsurgencia per creare divisione e conflitto comunitario, fino a provocare lo sgombero forzato.

Lo stesso governo amministra i conflitti, come ha fatto il governo statale che oggi ha terminato il suo mandato con le organizzazioni di Tila, San Sebastián Bachajón ed altre regioni autonome, aggiungono Las Abejas. Tale strategia ha permesso la ripresa dei gruppi paramilitari Paz y Justicia nella zona nord e Máscara roja nel municipio di Chenalhó.

Inoltre, la scarcerazione in massa dei paramilitari in carcere per il massacro di Acteal (avvenuto il 22 dicembre 1997) a partire dal 12 agosto 2009, fino alla liberazione di Manuel Santiz Pérez lo scorso 25 settembre, ha favorito questo riaggruppamento “che si manifesta nel loro coordinamento con coloro che non sono stati processati e portano armi per strada, in montagna, sui sentieri verso le milpas e le piantagioni di caffè. Tale dinamica ha fatto sì che nelle comunità di Chenalhó si ostentano le armi ovunque, cosa che induce timore tra i sopravvissuti del massacro, le vittime della guerra di bassa intensità e in tutta la popolazione civile.” Las Abejas riferiscono della recente tragedia del 5 settembre, quando un priista ha sparato alla schiena di Manuel Ruiz Hernández, base di appoggio zapatista, vicino alla piazza di Yabteclum.

L’azione violenta dell’Esecutivo statale non si limita a seminare terrore, ma “prosegue la strategia di logoramento perpetrata dai governi precedenti contro la nostra organizzazione pacifista”. Al governo, aggiungono, non piace accettare la sconfitta del 2008, quando Felipe Calderón Hinojosa e Juan Sabines Guerrero divisero la nostra organizzazione pensando di disarticolarci; ma si sono sbagliati, quello che hanno fatto ci ha rafforzato e ci ha fatto diventare l’organizzazione che siamo ora.

Ciò nonostante, “i predatori non smettono di perseguitare il nostro movimento; ora hanno riattivato i loro emissari, come ad aprile del 2010 quando componenti del tavolo direttivo della (cosiddetta) ‘associazione civile Las Abejas’ con sede a Nuevo Yibeljoj, che usano il nostro nome, hanno fatto visita ai sopravvissuti di Acteal chiedendo i nomi dei loro congiunti morti nel massacro per negoziare un indennizzo”. In quell’occasione, fingendosi sopravvissuti, sono andati nelle case dei paramilitari, dei priisti, da membri dell’associazione civile e dai nostri, invitano a formare un gruppo di sopravvissuti e chiedere programmi assistenziali a nome dei martiri.

L’Organizzazione Società Civile Las Abejas ed i sopravvissuti al massacro di Acteal condannano questa strategia governativa e denunciano chi si spaccia per sopravvissuto ma non lo è: Juan Oyalté Paciencia (paramilitare priista di Tzajaluk’um), Vicente Oyalte Luna (priista della comunità di Acteal), Pedro Vásquez Ruiz e Juan Pérez Pérez (dell”associazione civile Las Abejas’).

L’organizzazione legittima Las Abejas, aderente all’Altra Campagna, sostiene che con questa strategia il governo vuole eludere la richiesta di giustizia per il massacro, e che le persone che fungono da commissioni sono agli ordini e istruiti da delegati del governo, come i paramilitari che hanno ucciso i nostri fratelli su ordine dello Stato e addestrati dall’Esercito. Al governo non è bastato ammazzarci, non ha raggiunto il suo obiettivo, per questo ora vuole comprare la nostra coscienza.

Sappia il governo assassino di non nati, di bambini e bambine, donne, anziani e uomini della popolazione civile sfollata, che non scambieremo mai il sangue dei nostri martiri con denaro né programmi assistenziali. Non permetteremo neppure che si venda la dignità dei nostri fratelli massacrati. Non cesseremo di gridare giustizia contro gli autori materiali e intellettuali del massacro di Acteal, conclude la denuncia. http://www.jornada.unam.mx/2012/12/09/politica/015n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Mercoledì 5 dicembre 2012

Basi di appoggio zapatiste inaugurano un negozio di artigianato a Toniná, Chiapas 

Hermann Bellinghausen. Inviato. Toniná, Chis., 4 dicembre. Centinaia di basi di appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), di diverse comunità del municipio autonomo Francisco Gómez, questa mattina hanno inaugurato un negozio di artigianato adiacente al sito archeologico di Toniná, nella valle di Ocosingo. La cerimonia è avvenuta alla presenza delle delle ricamatrici ed artigiane, in maggioranza tzotziles, i cui lavori saranno venduti nel nuovo negozio.

Dopo alcune turbolenze regionali nelle scorse settimane, diffusione di notizie diffamatorie ed aggressioni della polizia municipale contro il negozio zapatista, questo ha aperto i battenti senza contrattempi. Sulla stampa e radio locali si diceva che si trattava di un posto di blocco, un botteghino illegale di pagamento per l’ingresso alle rovine o un tentativo di ostacolare il turismo (che, però, ogni anno è sempre più numeroso). Qualche giornale statale ha anche fornito versioni più obiettive. E sebbene la polizia di Ocosingo fosse venuta nei giorni scorsi a spargere la sabbia che gli zapatisti stavano usando per la costruzione dei locali, il nuovo presidente municipale, Octavio Albores Cruz, priista di lunga data ma eletto come candidato verde, si è presentato dagli indigeni ribelli per dissociarsi dall’aggressione della polizia e riportare la sabbia.

La situazione conflittuale di deve molto all’ex sindaco panista Arturo Zúñiga Urbina, che prima di lasciare l’incarico si è assicurato di disporre 9 milioni 165 mila pesos per costruire un sentiero turistico Ocosingo-Toniná su terreni di sua proprietà e di due soci, pagati con denaro federale e statale delle amministrazioni di Calderón e Sabinas. Per fare ciò hanno distrutto tumuli e tombe del sito archeologico ed hanno usato pietre dell’antica città maya per fare posto ad un albergo turistico, ristorante, piazza di accesso, ponte, parcheggio, portico e sentieri, secondo la stessa descrizione ufficiale.

Una larga strada asfaltata e con marciapiede si apre nel bel mezzo del paesaggio rurale; si prevede che ospiterà un mercato di artigianato e posti di ristoro controllati dai proprietari delle installazioni ma gestiti dagli indigeni come dipendenti. Oggi sono molto attivi i lavoratori e le macchine di un’impresa privata, proprietà di Manuel Albores Cruz, nipote del nuovo sindaco, ma suo rivale. Suo padre, e fratello del sindaco, Héctor Albores, è stato candidato perdente del PRI nelle passate elezioni.

Così, tutto resta in famiglia, mentre le autorità dell’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia (INAH) si astengono dall’intervenire, malgrado il suo direttore regionale, Emilio Gallaga Murrieta, sia a conoscenza della situazione. I lavoratori dello stesso INAH hanno manifestato il proprio dissenso verso queste opere turistiche che privatizzano una zona che è di proprietà della nazione e patrimonio dell’umanità, ed inoltre la danneggiano irrimediabilmente.

Ma oggi le famiglie zapatiste, vivaci e colorate, sono venute alla grande piramide ed hanno dato inizio alla loro impresa su un pezzo di terra recuperata proprio all’ingresso del sito archeologico. Un discreto cartellone di legno con una stella rossa al centro recita: Negozio di artigianato autonomo zapatista, territorio ribelle. EZLN, Caracol III La Garrucha, municipio autonomo Francisco Gómez. Con questo piccolo dettaglio, ed il privilegio della sua collocazione, hanno ricevuto luce rossa dal governo statale ormai alle sue ultime ore di vita. Il negozio sì, il cartello no, hanno intimato i funzionari agli indigeni autonomi, ma questi, come da 18 anni, fanno quello che dicono di fare perché nel loro pieno diritto, argomento che fino ad ora nessun funzionario ha potuto contestare. http://www.jornada.unam.mx/2012/12/05/politica/019n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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