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Archive for aprile 2018

Efficace sintesi di Luis Hernández Navarro @lhan55 del “ConversatorioProibito Pensare? convocato dall’EZLN dal 15 al 25 aprile a San Cristóbal de Las Casas. Proibito pensare? ha riunito oltre 50 artisti, dirigenti indigeni, difensori dei diritti umani, cineasti, pensatori e giornalisti con la comandancia zapatista per condividere sguardi, ascolti e parole.

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Proibito pensare?

Luis Hernández Navarro

Guadalupe Vázquez Luna è un uragano in un corpo di donna. Minuta, con una viso da bambina nonostante i suoi 30 anni, la sua voce possiede una potenza incommensurabile. Non vuole tacere e lo dice. Sebbene si scusi per il suo spagnolo, che sarebbe la sua seconda lingua (la prima è la lingua tzotzil), il suo castigliano è grammaticalmente impeccabile.

Lupita aveva solo 10 anni quando i paramilitari hanno assassinato i suoi genitori, cinque fratelli, la nonna e uno zio. Il 22 dicembre 1997 stava pregando per la pace nella cappella di Acteal quando i priisti armati e protetti dalla polizia sono arrivati sparando. Hanno massacrato 45 persone innocenti. In lei ancora risuona il pianto, il lamento degli uomini, delle donne, dei neonati e dei bambini che si trovavano lì.

Guadalupe si salvò per miracolo. In piena sparatoria, con sua madre già morta, suo padre la tirò fuori dal nascondiglio dove si era rifugiata gridandole di scappare. Lei corse via tra le piantagioni di caffè.

Da allora, non ha smesso di vivere in resistenza, chiamare le cose col loro nome, e lottare contro l’oblio e per la giustizia. Nel cammino, si è resa conto dell’importanza di perseverare.

Se le donne tacciono – afferma – nessuno ci sente. Nessuno ci legge nel pensiero, ha detto nel “conversatorioMiradas, escuchas y palabras: ¿prohibido pensar?, che si sta svolgendo nel Cideci-UniTierra, a San Cristóbal de las Casas, convocato dall’EZLN. Per questo non sta in silenzio.

Guadalupe Vázquez Luna è consigliera del Consiglio Indigeno di Governo (CIG) del Chiapas. Nel suo intervento al “conversatorio” non ha risparmiato le critiche. Con notevole eloquenza, come moderna aedo, ha raccontato l’epica giornata per organizzare il CIG e registrare sulla scheda elettorale María de Jesús Patricio quale candidata alla Presidenza. Ora – ha detto – l’indigeno è a testa alta. Non ci guarderanno più come un’attrazione turistica.

Proibito pensare? è iniziato il 15 aprile e si concluderà il 25. Ha riunito oltre 50 artisti, dirigenti indigeni, difensori dei diritti umani, cineasti, pensatori e giornalisti con la comandancia zapatista per condividere sguardi, ascolti e parole. Vi partecipano vecchi compagni di strada dei ribelli, come Gilberto López y Rivas, Alicia Castellanos e Magdalena Gómez, e molte nuove voci, come Daniela Rea, Mardonio Carballo ed Emilio Lezama. Insieme hanno tracciato un bilancio di quello che il subcomandante Galeano ha definito l’effetto Marichuy, misurando il polso della congiuntura e provando a decifrare il Messico ed il mondo dopo le elezioni di luglio.

Decano di questi seminari, Pablo González Casanova ha illustrato le sue riflessioni sullo zapatismo come progetto rivoluzionario universale ed ha ringraziato per averlo vissuto. L’EZLN ha contraccambiato nominandolo comandante Pablo Contreras del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno e presentandogli i propri rispetti.

All’incontro ha partecipato anche l’avvocato Carlos González, figura chiave del Congresso Nazionale Indigeno (CNI) fin dalla sua fondazione nell’ottobre del 1996. Il congresso – ha detto – in questo ultimo anno è cresciuto sia quantitativamente che qualitativamente, ed è migliore. È presente in stati come Tlaxcala e Quintana Roo dove non era mai arrivato. A maggio scorso, all’avvio del CIG, c’erano 38 consiglieri; oggi sono 160.

Proibito pensare?, nelle parole dell’esperto di diritti umani Jacobo Dayán, ha dato luce al dolore. Un dolore che, secondo lo psicoanalista Mauricio González, è nell’aria. Fuggendo dal mercato della vittimizzazione, l’incontro si è svolto come una monumentale fuga polifonica. I racconti sull’assordante rumore del sangue di Ayotzinapa, il pozzo senza fondo delle sparizioni forzate, la depredazione e la nuova guerra sporca, si sono alternate con le storie della formidabile esperienza realizzata in territorio zapatista da 10 mila donne di 48 Paesi nell’Incontro Internazionale delle Donne che Lottano, realizzato dall’8 al 10 marzo scorsi, o con le riflessioni – come quelle della filosofa esperta in impunità Irene Tello – sulla narrazione come modo per sovvertire e transitare dalla violenza in cui viviamo.

Discendo – ha spiegato Dayán– da nonni siriani di Aleppo; vengo da un luogo che non esiste più, da un non-luogo. Preso tra gli ingranaggi dell’orrore del Messico, ha narrato come nel paese ci sono zone in cui decine di migliaia di resti umani sono sepolti, ha raccontato le storie di sterminio operate dallo Stato messicano in luoghi come Piedras Negras ed ha ricordato i voli della morte in Veracruz. Ci indigniamo davanti alla corruzione – ha detto – ma non diciamo quasi nulla di fronte ad una nazione che si è trasformata in un immenso cimitero.

Fedele al contrappunto, l’evento ha tracciato una cartografia delle desolazioni e le sue scenografie, rivendicando nello stesso tempo la sfida – secondo la psicologa Ximena Antillón – di recuperare le parole ormai vuotate o snaturate del loro significato dal potere per permettere di tornare a capire. Ha tracciato quello che il romanziere ed articolista Juan Villoro ha definito un intero paese trasformato in Necropoli, messo in risalto dalla visione della scrittrice Cristina Rivera-Garza della scrittura come atto politico, processo di lavoro e parte intrinseca della comunanza.

In questa polifonia, la nota dominante è stata il contrasto. Da un lato, la giornalista Marcela Turati ha spiegato come il lavoro giornalistico sulla verità delle vittime si è trasformato in una dolorosa commissione per la verità in tempo reale, nella quale si deve scegliere cosa è importante. Dall’altro, il professionista della stampa Javier Risco, con fine ironia, ha illustrato l’orrore della politica nazionale e dei politici, a partire dalle interviste che ha fatto loro.

La diversità di voci che si sono alternate nel seminario Proibito pensare? sono state attraversate dalla combinazione dell’effetto Marichuy e l’esperienza dello zapatismo come avvenimento presente in qualche momento della sua biografia. Si tratta di un’esperienza che non ha niente a che vedere con altri candidati, o organizzare un nuovo culto religioso o formare un altro partito politico ma – come mostra l’esempio di Lupita Vázquez – con ascoltare l’altro e celebrare la vita.

Twitter: @lhan55

Testo originale: http://www.jornada.unam.mx/2018/04/24/opinion/017a2pol

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Pablo González Casanova diventa il comandante Pablo Contreras. Gli zapatisti lo hanno così battezzato per il suo pensiero critico e indipendente.  Il 1º marzo scorso alla presentazione di una sua opera alla Fiera Internazionale del Libro, Casanova aveva così risposto alla domanda di quale fosse la sua ricetta per vivere con tanta forza intellettuale: Lottare ed amare. Questo 21 aprile, come comandante del CCRI-EZLN, ha ratificato nuovamente la sua vocazione di lottare ed amare.

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González Casanova è il nuovo comandante Pablo Contreras

Gli zapatisti lo hanno così battezzato per il suo pensiero critico e indipendente

Luis Hernández Navarro. Inviato. La Jornada, domenica 22 aprile 2018. San Cristóbal de Las Casas, Chiapas.

Da ieri, il dottor Pablo González Casanova, 96 anni, è il comandante Pablo Contreras del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (CCRI-EZLN).

La nomina è stata resa pubblica nel mezzo di una prolungata ed emozionante ovazione dei partecipanti al “Conversatorio: Sguardi, ascolti e parole: proibito pensare?” che si sta svolgendo nel Centro Indigeno di Formazione Integrale Fray Bartolomé de Las Casas -Università della Terra (Cideci-Unitierra,) a San Cristóbal de Las Casas, convocato dagli zapatisti.

La decisione ribelle è stata annunciata all’ex rettore dell’Università Nazionale Autonoma del Messico (UNAM) dal comandante Tacho. Per essere zapatista – ha detto il tojolabal – bisogna lavorare e lui ha lavorato per la vita delle nostre comunità. Non si è stancato, non si è venduto, non ha ceduto.

In precedenza – con un bellissimo intervento in cui ha tracciato il bilancio della campagna della portavoce del Consiglio Indigeno di Governo, María de Jesús Patricio, per ottenere la candidatura indipendente alla Presidenza della Repubblica – lo scrittore Juan Villoro ha raccontato come il passato 11 febbraio, sulla spianata del Palazzo delle Belle Arti a Città del Messico, Don Pablo avesse festeggiato il suo 96° compleanno nell’evento finale di appoggio all’indigena nahua.

Rettore di sinistra

González Casanova, ha ricordato Villoro, è stato l’unico rettore di sinistra della UNAM. Quel giorno alle Belle Arti, ha aggiunto, ci ha dato una lezione di gioventù e ribellione e si è dimostrato un autentico decano e uomo di giudizio.

Preparando la sorpresa, il subcomandante Moisés ha raccontato come gli zapatisti si formano assegnando e soprintendendo i compiti. Se le cose riescono bene, ha detto il comandante, lo zapatista viene premiato con altro lavoro.

E a questo punto il comandante Tacho ha preso la parola e cominciato a spiegare, in terza persona, i meriti e le virtù di Don Pablo. Facendo giochi di prestigio con i numeri ha concluso che, nonostante la differenza di età, gli zapatisti e González Casanova sono coetanei. Ha ricordato il nome col quale quasi un anno fa, durante il seminario “I Muri del Capitale, le Crepe della Sinistra: la clessidra ed il mondo organizzato delle fincas“, era stato battezzato dai ribelli Pablo Contreras. Quindi, ha annunciato la sua nomina come membro del CCRI-EZLN ed ha concluso dicendo: il nostro regalo per lei è altro lavoro…

Un anno prima, durante l’incontro “I Muri del Capitale”, il subcomandante Galeano lo aveva presentato come un uomo di pensiero critico e indipendente al quale non si dice mai che cosa dire o cosa pensare, ma che sta sempre dalla parte del popolo. Per questo, aveva detto, in alcune comunità zapatiste è conosciuto come Pablo Contreras. Ed aveva aggiunto che uno dei municipi ribelli era stato battezzato col suo nome.

Subito dopo l’annuncio di Tacho della nomina del nuovo comandate, i membri della comandancia e del CCRI presenti si sono alzati per salutare militarmente con la mano sinistra Don Pablo ed abbracciarlo calorosamente, mentre il pubblico in piedi ha applaudito per circa 10 minuti ed è partito un inaspettato “Goya, goya, cachún, cachún, ra, ra, ra! Goooooooya! Universidad!” [slogan storico dell’università – n.d.t.]

Don Pablo che ha iniziato il suo intervento nel seminario salutando l’auditorium in lingua tzotzil e spiegando che salutare è riconoscere l’altro ed ha proseguito rivendicando allo zapatismo un contributo universale alle lotte di liberazione, ha risposto visibilmente commosso al saluto militare ed agli abbracci, con altrettanti abbracci.

Solo il 1º marzo scorso, alla presentazione di una sua opera alla Fiera Internazionale del Libro nel Palacio de Minería, González Casanova aveva così risposto alla domanda di quale fosse la sua ricetta per vivere con tanta forza intellettuale: Lottare ed amare. Questo 21 aprile, come comandante del CCRI-EZLN, ha ratificato nuovamente la sua vocazione di lottare ed amare.

Foto: Daliri Oropeza

Testo originale: http://www.jornada.unam.mx/2018/04/22/politica/009n1pol

Traduzione “Maribel” – Bergamo

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E’ in corso in Chiapas, a San Cristóbal de Las Casas, il “Conversatorio”: giornate di conversazione “Sguardi, ascolti, parole: proibito pensare?”. Trasmissione dal vivo e video degli interventi alla pagina di Enlace Zapatista http://enlacezapatista.ezln.org.mx

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