Efficace sintesi di Luis Hernández Navarro @lhan55 del “Conversatorio” Proibito Pensare? convocato dall’EZLN dal 15 al 25 aprile a San Cristóbal de Las Casas. Proibito pensare? ha riunito oltre 50 artisti, dirigenti indigeni, difensori dei diritti umani, cineasti, pensatori e giornalisti con la comandancia zapatista per condividere sguardi, ascolti e parole.
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Proibito pensare?
Luis Hernández Navarro
Guadalupe Vázquez Luna è un uragano in un corpo di donna. Minuta, con una viso da bambina nonostante i suoi 30 anni, la sua voce possiede una potenza incommensurabile. Non vuole tacere e lo dice. Sebbene si scusi per il suo spagnolo, che sarebbe la sua seconda lingua (la prima è la lingua tzotzil), il suo castigliano è grammaticalmente impeccabile.
Lupita aveva solo 10 anni quando i paramilitari hanno assassinato i suoi genitori, cinque fratelli, la nonna e uno zio. Il 22 dicembre 1997 stava pregando per la pace nella cappella di Acteal quando i priisti armati e protetti dalla polizia sono arrivati sparando. Hanno massacrato 45 persone innocenti. In lei ancora risuona il pianto, il lamento degli uomini, delle donne, dei neonati e dei bambini che si trovavano lì.
Guadalupe si salvò per miracolo. In piena sparatoria, con sua madre già morta, suo padre la tirò fuori dal nascondiglio dove si era rifugiata gridandole di scappare. Lei corse via tra le piantagioni di caffè.
Da allora, non ha smesso di vivere in resistenza, chiamare le cose col loro nome, e lottare contro l’oblio e per la giustizia. Nel cammino, si è resa conto dell’importanza di perseverare.
Se le donne tacciono – afferma – nessuno ci sente. Nessuno ci legge nel pensiero, ha detto nel “conversatorio” Miradas, escuchas y palabras: ¿prohibido pensar?, che si sta svolgendo nel Cideci-UniTierra, a San Cristóbal de las Casas, convocato dall’EZLN. Per questo non sta in silenzio.
Guadalupe Vázquez Luna è consigliera del Consiglio Indigeno di Governo (CIG) del Chiapas. Nel suo intervento al “conversatorio” non ha risparmiato le critiche. Con notevole eloquenza, come moderna aedo, ha raccontato l’epica giornata per organizzare il CIG e registrare sulla scheda elettorale María de Jesús Patricio quale candidata alla Presidenza. Ora – ha detto – l’indigeno è a testa alta. Non ci guarderanno più come un’attrazione turistica.
Proibito pensare? è iniziato il 15 aprile e si concluderà il 25. Ha riunito oltre 50 artisti, dirigenti indigeni, difensori dei diritti umani, cineasti, pensatori e giornalisti con la comandancia zapatista per condividere sguardi, ascolti e parole. Vi partecipano vecchi compagni di strada dei ribelli, come Gilberto López y Rivas, Alicia Castellanos e Magdalena Gómez, e molte nuove voci, come Daniela Rea, Mardonio Carballo ed Emilio Lezama. Insieme hanno tracciato un bilancio di quello che il subcomandante Galeano ha definito l’effetto Marichuy, misurando il polso della congiuntura e provando a decifrare il Messico ed il mondo dopo le elezioni di luglio.
Decano di questi seminari, Pablo González Casanova ha illustrato le sue riflessioni sullo zapatismo come progetto rivoluzionario universale ed ha ringraziato per averlo vissuto. L’EZLN ha contraccambiato nominandolo comandante Pablo Contreras del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno e presentandogli i propri rispetti.
All’incontro ha partecipato anche l’avvocato Carlos González, figura chiave del Congresso Nazionale Indigeno (CNI) fin dalla sua fondazione nell’ottobre del 1996. Il congresso – ha detto – in questo ultimo anno è cresciuto sia quantitativamente che qualitativamente, ed è migliore. È presente in stati come Tlaxcala e Quintana Roo dove non era mai arrivato. A maggio scorso, all’avvio del CIG, c’erano 38 consiglieri; oggi sono 160.
Proibito pensare?, nelle parole dell’esperto di diritti umani Jacobo Dayán, ha dato luce al dolore. Un dolore che, secondo lo psicoanalista Mauricio González, è nell’aria. Fuggendo dal mercato della vittimizzazione, l’incontro si è svolto come una monumentale fuga polifonica. I racconti sull’assordante rumore del sangue di Ayotzinapa, il pozzo senza fondo delle sparizioni forzate, la depredazione e la nuova guerra sporca, si sono alternate con le storie della formidabile esperienza realizzata in territorio zapatista da 10 mila donne di 48 Paesi nell’Incontro Internazionale delle Donne che Lottano, realizzato dall’8 al 10 marzo scorsi, o con le riflessioni – come quelle della filosofa esperta in impunità Irene Tello – sulla narrazione come modo per sovvertire e transitare dalla violenza in cui viviamo.
Discendo – ha spiegato Dayán– da nonni siriani di Aleppo; vengo da un luogo che non esiste più, da un non-luogo. Preso tra gli ingranaggi dell’orrore del Messico, ha narrato come nel paese ci sono zone in cui decine di migliaia di resti umani sono sepolti, ha raccontato le storie di sterminio operate dallo Stato messicano in luoghi come Piedras Negras ed ha ricordato i voli della morte in Veracruz. Ci indigniamo davanti alla corruzione – ha detto – ma non diciamo quasi nulla di fronte ad una nazione che si è trasformata in un immenso cimitero.
Fedele al contrappunto, l’evento ha tracciato una cartografia delle desolazioni e le sue scenografie, rivendicando nello stesso tempo la sfida – secondo la psicologa Ximena Antillón – di recuperare le parole ormai vuotate o snaturate del loro significato dal potere per permettere di tornare a capire. Ha tracciato quello che il romanziere ed articolista Juan Villoro ha definito un intero paese trasformato in Necropoli, messo in risalto dalla visione della scrittrice Cristina Rivera-Garza della scrittura come atto politico, processo di lavoro e parte intrinseca della comunanza.
In questa polifonia, la nota dominante è stata il contrasto. Da un lato, la giornalista Marcela Turati ha spiegato come il lavoro giornalistico sulla verità delle vittime si è trasformato in una dolorosa commissione per la verità in tempo reale, nella quale si deve scegliere cosa è importante. Dall’altro, il professionista della stampa Javier Risco, con fine ironia, ha illustrato l’orrore della politica nazionale e dei politici, a partire dalle interviste che ha fatto loro.
La diversità di voci che si sono alternate nel seminario Proibito pensare? sono state attraversate dalla combinazione dell’effetto Marichuy e l’esperienza dello zapatismo come avvenimento presente in qualche momento della sua biografia. Si tratta di un’esperienza che non ha niente a che vedere con altri candidati, o organizzare un nuovo culto religioso o formare un altro partito politico ma – come mostra l’esempio di Lupita Vázquez – con ascoltare l’altro e celebrare la vita.
Twitter: @lhan55
Testo originale: http://www.jornada.unam.mx/2018/04/24/opinion/017a2pol
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