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Posts Tagged ‘Marichuy’

Il 19 febbraio si è chiuso il termine per la registrazione dei candidati indipendenti alla Presidenza della Repubblica Messicana. María de Jesús Patricio, portavoce del Consiglio Indigeno di Governo non è riuscita a raccogliere il numero di firme necessario nei 17 stati come richiesto per essere candidata indipendente. Fin dal principio sapevamo che sarebbe stata una battaglia impari su un terreno profondamente marcato dalle disuguaglianze che caratterizzano il paese. Mentre El Bronco, uno dei tre candidati “indipendenti” ammesso, per raccogliere le firme spendeva 58 mila pesos al giorno e contava sull’apparato istituzionale del governo dello stato di Nuevo León, María de Jesús Patricio spendeva 860 pesos condivisi con i consiglieri che viaggiavano con lei. Durante tutto il processo sono state affrontate tutte le barriere tecnologiche, ogni passo ha rappresentato la lotta contro le disuguaglianze e le esclusioni che Marichuy ed il CIG denunciano.  

María de Jesús Patricio ed il CIG: cosa è stato ottenuto. 

21 febraio 2018 – R. Aída Hernández Castillo*

Il 19 febbraio si è chiuso il termine per la registrazione dei candidati indipendenti alla Presidenza della Repubblica. Solo tre candidati “indipendenti” sono stati registrati, e tutti tre spendendo giornalmente come o più dei candidati dei partiti politici. María de Jesús Patricio, portavoce del Consiglio Indigeno di Governo (CIG) non è riuscita a raccogliere il numero di firme nei 17 stati come richiesto dal sistema elettorale per essere candidata indipendente. Fin dal principio sapevamo che sarebbe stata una battaglia impari su un terreno profondamente marcato dalle disuguaglianze che caratterizzano il nostro paese. Mentre Jaime Rodríguez Calderón, El Bronco, per raccogliere le firme spendeva 58 mila pesos al giorno e contava su tutto l’apparato istituzionale del governo dello stato di Nuevo León, María de Jesús Patricio spendeva 860 pesos condivisi con i consiglieri e le consigliere che viaggiavano con lei. Durante tutto il processo sono state affrontate le barriere tecnologiche: la richiesta di un cellulare moderno che permettesse di scaricare l’applicazione per raccogliere le firme, la connettività Internet richiesta, il denaro per la mobilità degli ausiliari; ogni passo rappresentava la lotta contro le disuguaglianze e le esclusioni che Marichuy ed il CIG denunciano.

Devo riconoscere che come membro della Asociación por el Florecimiento de los Pueblos AC che la sostiene, mi sento frustrata per non essere riuscita a superare tutte queste barriere e non avere potuto fare di più per smuovere le coscienze di questo paese intorno all’urgenza di cambiamenti profondi. Questo sentimento si acutizza perché il 19 febbraio mi trovo ad Ahome, territorio yoreme, dove la violenza del crimine organizzato colluso con le forze dell’ordine ha trasformato lo stato di Sinaloa in una grande fossa comune. Le testimonianze delle madri dei desaparecidos ci ricordano per l’ennesima volta che ci troviamo in un momento di emergenza nazionale che non si risolve con “corsi di formazione” o “modernizzazioni istituzionali”. Vogliamo un cambiamento profondo che nessuno dei candidati che appariranno sulle schede elettorali è disposto a fare.

Il paese è piagato di Ayotzinapa anonime dove le forze dell’ordine colluse col crimine organizzato stanno perpetrando un massacro di giovani sotto i nostri occhi e con la complicità del nostro silenzio. Gli studenti di Conalep massacrati a Juan José Ríos per non aver rispettato il coprifuoco stabilito dal crimine organizzato che controlla l’ejido più grande del Messico; il giovane yoreme studente dell’Università Interculturale di Sinaloa il cui corpo è stato ritrovato in una fossa clandestina a Capomos; i 117 corpi scoperti dalle Buscadoras [Cercatrici – N.d.T.], madri di desaparecidos che con pale e picconi cercano i loro “tesori”, non sembrano suscitare più marce né proteste. Ci siamo abituati a questa politica di morte.

Parallelamente, María de Jesús Patricio percorre il paese per parlare e promuovere una politica di vita. Quando sono invasa dalla disperazione per non essere riuscita a raccogliere le 866 mila firme richieste, penso a quello che si è ottenuto. Nelle sue visite a 126 località in 27 stati della Repubblica Messicana, María de Jesús ed i compagni del Consiglio Indigeno di Governo hanno portato un messaggio di rispetto per la vita ed articolato sforzi organizzativi in difesa della madre terra e contro questi politici dello sviluppo che ci stanno ammazzando tutti, qualcuno in maniera più rapida di altri.

Nel suo percorso ha visitato comunità indigene in resistenza in tutto il paese, comunità e lotte ignorate dagli altri candidati. Ha incontrato le organizzazioni dei popoli totonaco che si oppongono ai megaprogetti di gas fracking in Veracruz; a Texcoco le comunità della valle di México che lottano contro la costruzione del nuovo aeroporto che colpirà non solo i loro terreni agricoli, ma i manti freatici che forniscono acqua a Città del Messico; a Ciudad Neza la sua voce si è unita a quella delle organizzazioni che denunciano i femminicidi e le molteplici violenze contro le donne; in Chiapas ha denunciato la violenza paramilitare che attenta all’autonomia indigena. L’obiettivo principale della sua campagna è stato, e continuerà ad essere, quello di articolare le nostre lotte e costruire alternative di vita dal basso, a partire dal rispetto per la madre terra e la dignità dei popoli.

Il suo appello è stato per difendere la vita e il territorio dalle politiche di morte e riprendere i valori comunitari e le esperienze di resistenza dei popoli indigeni. Nel suo discorso a Totonacapan ha detto: “I capitalisti ci vogliono far credere che il nostro territorio sono le migliaia di pozzi petroliferi, le decine di concessioni minerarie, le donne assassinate, le ed i desaparecidos. Ma noi sappiamo che non è così, perché la violenza, la deforestazione, le alte tariffe di luce e acqua, il controllo dell’acqua da parte dei cacicchi regionali e nemmeno i megaprogetti estrattivi sono il territorio indigeno di Veracruz. I nostri territori sono le lingue originarie, le culture ancestrali, le nostre resistenze, l’organizzazione comunitaria che ci invita a non venderci, a non arrendersi né cedere, a non dimenticarci dell’eredità dei nostri antenati, che ci invita ad organizzarci e a governarci esercitando quello che decidiamo collettivamente”.

Lasciando da parte che le regole imposte dall’alto non gli permettono di essere sulla scheda elettorale, il suo appello a non cedere, a continuare ad organizzarci e difendere la vita e il territorio è vigente. Proseguiamo dunque in questa nuova tappa di resistenza. Andiamo avanti. http://radiozapatista.org/?p=25744

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

*Ricercatrice del Centro de Investigaciones y Estudios Superiores en Antropología Social

Fonte: La Jornada

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L’importanza di Marichuy

Hermann Bellinghausen

Sembra esistere consenso sul fatto che abbiamo bisogno di un cambiamento quasi in tutto. La strada non passa necessariamente per le urne. Non quelle che conosciamo. Ma le apparenze ingannano, non tutti vogliono il cambiamento. Quello che le élite ed i loro satelliti pretendono è che le cose seguano la propria rotta, così che porti all’abisso dal quale esse credono di potersi salvare con profitto. Per il resto, tra la maggior parte dei messicani, si va generalizzando la certezza che non possiamo fidarci dei partiti né dei loro governi. L’elettorato, che dovrebbe includere tutti gli adulti ma che accoglie solo una parte di essi, si divide artificialmente. Alcuni si rassegnano, altri cercano il cambiamento (almeno di faccia) battendo la stessa strada. Altri ancora, un numero non contabilizzato ma molto rilevante di messicani, vive una realtà differente, cruda e concreta, dove i termini attuali del presunto cambiamento politico sono bullshit, perdonate l’anglicismo.

Come nazione, noi messicani dobbiamo affrontare seri demoni – perché li abbiamo – e come direbbe un celebre pubblico ministero finito malamente, i demoni non si fanno problemi ed hanno trionfato. Per il cambiamento dobbiamo scrollarci di dosso i fantasmi della rabbiosa ipocrisia: razzismo, misoginia, sessismo, violenza familiare, abitudine alla corruzione, predisposizione a tacere e sopportare. La società maggioritaria – quella che non si considera indigena, per carità di Dio – è daltonica, non distingue i colori, la sua gamma si limita al chiaro e allo scuro, e senza batter ciglio si allinea al lato chiaro dell’identità (reale o sognata). Gli stereotipi collettivi e pubblicitari di rispettabilità, intelligenza e bellezza lo predicano e lo garantiscono.

Con questo di fondo e con le quotidiane minacce di esproprio, militarizzazione, divisione, espulsione, avvelenamento col contagocce e distruzione dell’ambiente, una parte diffusa di messicani può testimoniare della realtà di vivere aggrediti e della determinazione di non arrendersi. La lotta continua ad essere di classe per colpa non di quelli di sotto, ma di quelli di sopra. Abbondano gli esempi di danni deliberati a causa dell’espansione e dei benefici di conglomerati tipo Grupo México, Peñoles, Carso, Bimbo, Femsa, eccetera. Tutti hanno una storia nera. Accaparrano, prevaricano, cooptano, distruggono. L’argento, l’acqua, l’energia, la terra ed il vento, a loro interessano più che la nostra sovranità, la gente ed i villaggi, dove i loro artigli avanzano ed affondano. Continuiamo a cozzare contro il vecchio capitalismo. In quelle comunità indigene e per le loro milioni di menti, la vita non ammette il capitalismo, ogni lotta che intraprendano sarà anticapitalista.

María de Jesús Patricio, portavoce del Congresso Nazionale Indigeno e del suo Consiglio Indigeno di Governo, punta questo principio nel cuore di fantasmi e demoni. Non promette, invita a fare. Chiede sostegno esplicito, non voto segreto. Mette enfasi in quello che importa. Indigeno, donna, madre, attivista, al servizio della propria comunità. Così semplicemente. In eccellente compagnia, Marichuy affronta un’intemperie dominata da canaglie pronte alla macelleria mediatica che la partitocrazia adora. La sua condizione di donna ed il suo discorso smascherano le menzogne di quella candidata consorte del presidente che ci ha dichiarato la guerra, educata nel falangismo, di carriera conservatrice e potenziale piano B delle élite, dei comandi e delle loro campagne per le masse.

Nel Messico patriarcale e violento, per quanto si è visto le donne rappresentano una sfida, vengono denigrate, ferite ed assassinate per sport. Contemporaneamente, per il Messico classista e razzista gli indios incarnano una sfida che ha dimostrato essere insuperabile. La sollevazione armata dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale 23 anni fa, inaugurò non solo l’esperienza collettiva di autogoverno più duratura e formidabile della nostra storia, ma ha seminato nella coscienza di milioni di indigeni messicani un’impronta che non si dissolve e che culturalmente è cresciuta moltissimo.

Al banco scommesse non è favorita. La crudeltà (o è ignoranza razzista?) dell’autorità elettorale predispone il nulla mediatico, l’abituale invisibilità degli indios, la bassa stima verso le donne quando non servono come carne da cannone, la cecità di fronte alle condizioni obiettive della popolazione rurale e migrante. Marichuy viene da lì ed è da dove parla. Gli indigeni possono essere solo la quinta parte della popolazione nazionale: ma sono milioni e costituiscono il 25% della popolazione indigena di tutta l’America. L’impatto della loro voce, l’inclusione del loro discorso non elettorale né elettoralistico dovrà raggiungere ampi settori di questo Messico ferito. Lei e la gente che esce al suo passaggio parlano con la realtà, qualcosa di straordinario per un paese in perpetua simulazione.

Testo originale: http://www.jornada.unam.mx/2017/11/13/opinion/a08a1cul

 

Perché sostenere Marichuy

Guillermo Almeyra

La portavoce del Consiglio Indigeno di Governo, Marichuy Patricio Martínez (MPM) si presenta alle elezioni presidenziali del 2018 con l’obiettivo di organizzare le comunità indigene, la popolazione lavoratrice e la sinistra anticapitalista per una lotta che oltrepassa ampiamente il processo elettorale. La sua candidatura confida solo nell’unificazione delle forze del popolo messicano che fino ad ora conducono una lotta dispersiva, e scommette sull’innalzamento del livello di coscienza degli oppressi la cui maggioranza attualmente ancora condivide l’ideologia dei suoi sfruttatori.

Marichuy è cosciente di non possedere una macchina elettorale e di scontrarsi con l’ostilità di tutti i fattori di potere (blocco imprenditoriale, stampa e mezzi di comunicazione del capitale, conservatori ed opportunisti che cercano vantaggi personali nelle istituzioni statali, organismi repressivi dello Stato capitalista, oligarchia governante al servizio del capitale finanziario e dell’imperialismo statunitense).

La sua proposta, sorta dai più poveri ed appoggiata da questi e dai più coscienti, non vuole occupare posizioni di potere nello Stato capitalista, ma creare potere popolare cambiando la soggettività delle maggioranze lavoratrici, organizzando e riunendo le forze di queste, elevando la morale e l’autostima degli oppressi per portarli alla lotta sociale e a cambiare il paese.

La sua partecipazione nel processo elettorale è l’opposto dell’elettoralismo, delle promesse preelettorali che si dimenticano il giorno dopo le elezioni, dei programmi – che-mai-si-attueranno – dell’ipocrisia e dell’inganno elettorale, dell’inganno per ottenere voti che esprimono tutto il disprezzo di chi li ottiene verso coloro che incautamente glieli danno ed è il contrario della compravendita di voti attraverso elemosine che tolgono ogni dignità a chi vende la propria cittadinanza per un piatto di lenticchie.

Per questo, in primo luogo, bisogna darle una firma per appoggiare il suo diritto a presentarsi alle elezioni organizzate da e per il capitalismo, come candidata anticapitalista, donna lavoratrice ed esponente avanzata degli indigeni.

Il mero ottenimento di più di un milione di firme per convalidare la sua candidatura sarebbe già di per sé una grande vittoria organizzativa e politica, perché dimostrerebbe che c’è una grande quantità di messicane e messicani che lottano contro la discriminazione razziale e contro l’oppressione delle donne che, proprio per questo, sono capaci di firmare per fare rispettare il diritto altrui lasciando momentaneamente da parte le differenze di opinione politiche partitiche.

Il raggiungimenti prima di dicembre del numero di firme richieste dall’Istituto Nazionale Elettorale (INE) sarà possibile grazie all’appoggio degli anticapitalisti, come l’Organizzazione Politica dei Lavoratori (OPT), il Partito Rivoluzionario dei Lavoratori (PRT), la Nuova Centrale dei Lavoratori (NCT) ma, soprattutto, dei gruppi organizzati di lavoratori e di oppressi, di democratici coerenti presenti soprattutto in Morena e, in misura minore, tra i simpatizzante di altri partiti e con l’appoggio militante di vasti gruppi di studenti in tutto il paese che così renderebbero omaggio concreto ai 43 studenti della Normale di Ayotzinapa vittime del terrorismo di Stato.

Firmare la domanda alla candidata indigena non obbliga nessuno a tralasciare altre opzioni perché Marichuy non compete con nessuno in campo elettorale, poiché questo non è il suo terreno di lotta e perché ha piena coscienza che l’oligarchia che controlla il paese come agente del capitale finanziario internazionale, giammai riconoscerebbe un candidato che non sia della famiglia e, tanto meno, uno anticapitalista che, per colmo, mobiliterebbe le donne e gli indigeni e godrebbe pertanto di grande simpatia in tutta l’America Latina e perfino negli Stati Uniti. Invece, compete, e molto, nella contesa per le menti e i cuori degli oppressi, contro il fatto aberrante che esistano poveri che accettano l’ideologia di chi li affonda nella povertà, e sfruttati che credono che il proprio sfruttatore sia il loro benefattore.

Nelle sue bandiere MPM si definisce anticapitalista. La raccolta di firme per la sua campagna, tuttavia, guadagnerebbe in forza ed impeto ed avrebbe maggiore eco se a questa fondamentale definizione generale aggiungesse l’esigenza di un piano nazionale di lavoro per ridurre la disoccupazione, il lavoro nero e l’emigrazione ed accogliere i compatrioti cacciati da Trump.

Sarebbe necessaria inoltre la rivendicazione di un aumento generale dei salari del 50% percento (data la caduta del salario reale ed il fatto che la maggioranza dei lavoratori non guadagna tre salari minimi), l’esigenza di un sostegno all’agricoltura familiare ed ejidale e di un’ampia protezione legale ai lavoratori messicani emigrati perseguiti da Trump e la domanda di priorizzare l’educazione pubblica, favorendo i più poveri dalla primaria fino all’università.

Il capitale internazionale ed internazionalista deve essere l’anticapitalismo. Non è possibile un governo solo di indigeni perché questi sono una minoranza ed hanno bisogno di alleati fraterni tra i contadini e i lavoratori di ogni tipo. Per questo, per fare alleanze, bisogna definire per quale futuro governo si combatte.

È fondamentale inoltre organizzare l’opposizione alla preparazione di guerre imperialiste – che in tutti i paesi comportano la repressione dei movimenti sociali e l’eliminazione delle conquiste storiche dei lavoratori – e difendere i paesi che hanno indebolito la catena dell’imperialismo e che, come Cuba o il Venezuela, sono oggi un obiettivo del Pentagono. Il silenzio rafforza i piani aggressivi del capitale.

Il programma seleziona e forma i quadri e dà coscienza di se stessi a coloro abituati ad accogliere tutte le idee di chi li opprime. Per questo, definire il programma anticapitalista è indispensabile per quello che verrà nei prossimi anni.

almeyraguillermo@gmail.com –  Testo originale http://www.jornada.unam.mx/2017/11/12/opinion/016a1pol

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MARICHUY SI È ISCRITTA ALLE LISTE ELETTORALI COME CANDIDATA INDIPENDENTE

Trascrizione del messaggio della portavoce María de Jesús Patricio davanti all’Istituto Elettorale Nazionale durante la presentazione della candidatura del Consiglio Indigeno di Governo.

Buongiorno compagni, compagne, fratelli e sorelle indigene, media indipendenti, media a pagamento, stiamo facendo uno dei primi passi di quel che porteremo avanti.

Grazie per essere qui a sostenere questa proposta collettiva di molti.

Vorrei cominciare dicendo che, per impedirci di fare questo primo passo ci hanno messo parecchi ostacoli. Ci hanno trattato come se non fossimo all’altezza di quelli che stanno in alto. Hanno voluto farci credere che in questa struttura c’è posto solo per loro, e non per la gente dal basso, non per la gente lavoratrice, e ancor meno per le comunità indigene. Nonostante tutto ciò, siamo comunque riusciti a fare questo primo passo.

Voglio dirvi che non ci hanno lasciato aprire un conto in banca, che era uno dei primi requisiti, e ci hanno bloccato il conto HSBC e abbiamo dovuto cercarne un altro. Da cose come queste si vede quanto sia manipolatorio questo potere. Ma nonostante tutto siamo riusciti a fare questo primo passo, chiaramente con l’aiuto di tutti voi.

Vogliamo anche chiarire che è diverso, che la nostra proposta è diversa. È una proposta collettiva. Non rispetta i loro piani, in cui una persona parla e decide, e si fa quel che la persona dice. Qui no, qui siamo in collettività, per questo si chiama Consiglio Indigeno di Governo.

In questo grande Consiglio sono rappresentati i popoli indigeni, sono i consiglieri scelti direttamente dalle comunità che staranno al governo. Questo è uno dei tratti fondamentali del Consiglio Indigeno di Governo: avanza insieme alle proprie comunità.

Come andremo avanti? Al ritmo dei popoli indigeni, con il sostegno della gente, con il sostegno delle nostre comunità, così come si organizzano le feste nelle comunità, nello stesso modo in cui ci organizziamo per accogliere persone di altre comunità: ci prendiamo la responsabilità, così faremo. Che sia chiaro che non accetteremo neanche un peso dall’Istituto Elettorale Nazionale.

Tutto quel che intraprenderemo sarà grazie al sostegno di tutti. Andremo avanti in questo modo. Anche perché si è visto chiaramente, soprattutto in questi tempi recenti di catastrofe, che a loro non interessa la gente dal basso, vogliono solo sterminarci e toglierci di mezzo. Così come sono venuti a eliminarci a noi popoli indigeni. Ci hanno imposto piani e programmi per garantire il saccheggio, questa divisione. È ovvio che la gente dal basso per loro non esiste. Quel che dobbiamo fare è organizzarci, darci una mano e mettere fine insieme a questo sistema capitalista, patriarcale, razzista, classista, perché lo stiamo vivendo sulla nostra pelle. Dobbiamo fare questo passo, organizzarci, per poter portare avanti questa proposta che nasce dai popoli indigeni e che non è un’invenzione, perché l’abbiamo vissuta per anni.

Perché non sono riusciti ad eliminarci, perché l’organizzazione che abbiamo dura da anni, da decine di anni.

Quest’organizzazione che abbiamo ereditato vogliamo proporla a tutti i messicani.

I popoli stanno portando avanti questa proposta e per questo vogliamo camminare al ritmo dei popoli indigeni insieme a voi con questa proposta, solo così riusciremo ad andare avanti.

Anche perché i popoli indigeni non possono continuare da soli, per questo chiediamo il sostegno dei lavoratori dalla campagna e dalla città, uniti dobbiamo fare uno sforzo per andare avanti e riscattare le nostre zone, i nostri quartieri, i nostri villaggi, insieme ai popoli indigeni. Saranno loro a mostrarci come camminare.

Inoltre, come donna, come madre, come lavoratrice, dico che dobbiamo lottare contro il maschilismo, contro il classismo, contro questo sistema patriarcale che vuole eliminarci a tutti i costi, che vuole separarci facendoci credere che solo gli uomini sono in grado. Se i nostri popoli vivono questa discriminazione, le donne ancor di più, e non solo nei villaggi, ma anche a livello nazionale.

Per questo questa lotta non è solo a livello nazionale, ma mondiale, per questo dobbiamo mostrare tutti i dolori che viviamo nelle comunità, dobbiamo organizzare la rabbia. Questo messaggio resta dalla nostra parte, dobbiamo organizzare il dolore e la rabbia, solo così potremo andare avanti.
Grazie.

Traduzione 20ZLN Italia

https://20zln.noblogs.org/marichuy-si-e-iscritta-alle-liste-elettorali-come-candidata-indipendente/

 

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