Festival Cinema “Caracol de nuestra vida” organizzato dall’#EZLN
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Migliaia di Basi di Apoggio Zapatiste (BAEZLN), cineasti e partecipanti nazionali e internazionali, assistono alla prima edizione del festival del cinema “Caracol de nuestra vida”, convocato dall’ EZLN, nel Caracol zapatista di Oventic, nella zona degli Altos del Chiapas. Vengono omaggiati i morti caduti in questi 35 anni di ribellione e resistenza e viene dato un riconoscimento all’attore Gaél García Bernal. Migliaia di zapatisti hanno assistito alle proiezioni ascoltando, divertendosi, sorprendendosi e con empatia con le sofferenze e le lotte dei popoli e delle persone nelle quali si rispecchiano.
Secondo Giorno – Festival Cinema “Caracol de nuestra vida”
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E’ possibile avere un pubblico di cinofili è più numeroso, più attento, più entusiasta? Non sappiamo esattamente quanti Zapatisti sono presenti al festival del film “Puy ta Cuxlejaltic”, organizzato dall’EZLN, che si svolge dal 1 ° al 9 novembre presso il Caracol di Oventic, nella zona degli Altos del Chiapas. Il Sup Galeano ha dichiarato circa 4mila presenze, e poiché tra i due auditorium ci sono posti per 3mila 800 persone, ed entrambi sono pieni, bisogna credere al Sup (di per sé, non ha l’abitudine di mentire, a meno che non si tratti di mantecadas – il suo tallone d’Achille – con i bambini zapatisti … ma questa è un’altra storia). Quello che sappiamo è che le donne e gli uomini zapatisti, le ragazze e i ragazzi di tutte le età, assistono con un interesse esemplare ai molti film presentati, che in qualche modo si intrecciano con la loro stessa esperienza e la loro stessa lotta. Questa seconda giornata del festival è iniziata con una serie di documentari prodotti dai “Tercios compas”. I Tercios compas sono nati nel 2014 a fronte della necessità di avere informazioni e analisi reali nelle comunità zapatiste. È un grande gruppo di comunicatori e comunicatrici zapatisti che stanno rompendo il muro dell’informazioni e producendo materiali audiovideo per le comunità stesse. Durante la giornata, al “Pie cinema maya” installato sulla spianata del Caracol, la bambina Difesa Zapatista ed il bambino Pedrito, accompagnati anche dai bambini Esperanza Zapatista, Amado Zapatista, Pablito Zapatista con i suoi rinforzi, Yanileth Zapatista, Adelaida Zapatista, Elaide Zapatista e con il Subcomandante Insurgente Moisés hanno fatto omaggio e consegnato targhe commemorative e il “caracol de nuestra vida” ai gruppi che fanno fiction e documentari. “Per come è la situazione ora nel nostro paese e nel mondo, la vita è una delle cose più fragili che ci siano … come anche il caracol che vi stiamo per consegnare”, ha detto il Subcomandante Insurgente Galeano. I gruppi premiati sono stati: Oaxaca Cine, Muestra Ocote, Ojo de Agua Comunicación, Koman Ilel, La Marabunta Filmadora, Espora Kolectivo, El Paliacate, Faro Aragón, Faro Oriente, Proyecto Videoastas Indígenas de la Frontera Sur, Colectivo Solidaridad, SubVersiones, La Sandía Digital, Campamento Audiovisual Itinerante. Sono stati fatti omaggi anche a Pamela Yates, Ilsa Salas, Marta Ferrer, Rocío Martínez Ts’ujul, Concepción Suárez, Inti Cordera e Gael García Bernal.
Terzo Giorno – Festival Cinema “Caracol de nuestra vida”
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Il Festival del film “Puy ta Cuxlejaltic” (“Caracol de nuestra vida”) è proseguito per il 3° giorno, alla presenza del pubblico zapatista, oltre a ospiti e partecipanti speciali. La sessione mattutina è iniziata con la proiezione di “Tierra de Impunidad”, del messicano Diego Osorno e del peruviano Luciano Gorriti. Il documentario esplora l’intima relazione tra lo Stato e il crimine organizzato in Messico. La sessione è proseguita con il film “A Desalambrar con Daniel Viglietti”, diretto da Jorge Denti, che narra la vita di Daniel Viglietti, uno dei più importanti cantanti in Uruguay, che con la sua musica ha protestato contro le repressioni dei movimenti sociali che si opponevano alle dittature in America Latina. Successivamente è stato presentato il documentario “Koltavanej”, diretto da Concepción Suárez Aguilar. Rosa López Díaz, una donna Tsotsil viene torturata durante la gravidanza per auto-accusarsi di un crimine che non aveva commesso, Rosa conosce i diversi volti della violenza contro le donne molto prima di andare in prigione. Dal Centro di Riabilitazione Sociale numero 5 (N.d.T. è il carcere della zona di San Cristóbal de Las Casas), la sua voce rompe i muri e ci mostra la sua dignità. Il documentario “El hilo de la memoria”, di Mariana Rivera Garza, è il risultato di un tour attraverso il Messico della mostra “Tessendo con il filo della memoria: punti di dignità in mezzo alla guerra”, dove il lavoro di un collettivo di tessitrici colombiani, formato da donne sopravvissute al conflitto armato. Attraverso i tessuti hanno raccontato le loro storie, denunciando le ingiustizie e la violenza che hanno subito. La mostra è stata condivisa con gruppi di tessitori provenienti da Città del Messico, Guerrero e Chiapas, sono stati tenuti workshop sulla tessitura e sulla memoria ed è stato prodotto un audiovisivo. “Il filo della memoria” racconta il giro della mostra attraverso il Messico, riflette sui ponti che si intrecciano tra creazione collettiva, la creatività ed il potenziale trasformante della realtà che gli spazi condivisi hanno Le canzoni di León Chávez Teixeiro hanno accompagnato e interpretato le lotte popolari a Città del Messico negli ultimi cinquant’anni. In “Donne”, “La vita è finita” e “Compagna”, il documentario più recente di Mariana Rivera (2018), León Chávez Teixeiro e la sua musica rivelano la storia di tre donne che partecipano a diversi movimenti sociali e che ci invitano a riflettere sui valori della lotta organizzata e chiederci quale futuro ci sarà per la nostra società. La sessione pomeridiana ha presentato un anteprima del film “Bayoneta” che verrà proiettato nell’ultimo giorno del festival poi è stata la volta di “Rudo y cursi”, di Carlos Cuarón, con Gael García e Diego Luna. Il film ruota attorno ai fratelli Verdusco: Beto, che sogna di essere un giocatore professionista di calcio, e Tato, che vuole essere un cantante del Norteño. Ma, soprattutto, entrambi vogliono costruire una casa per la loro madre. Con molto umorismo, il film è sia una critica sociale che un commento sulle vicissitudini dell’amicizia. Alla fine ancora riconoscimenti ai cineasti presenti.
Quarto Giorno – Festival Cinema “Caracol de nuestra
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La quarta giornata del Festival del film “Puy ta Cuxlejaltic”, è iniziata con la proiezione del film “Niños Héroes”, di Itzel Martínez.
A seguire un video messaggio inviato dai bambini della comunità triqui di Chicahuaxtla, prodotta dal Colectivo Ojo de Agua.
I bambini ci mostrano la loro comunità, fanno tortillas, ballano, cantano, dimostrano la loro conoscenza della flora della foresta e costruiscono un temazcal. E ci invitano tutti a rimandare loro un video clip.
Poi, è stato presentato “Ololetic Ya Vits Tan”, di María Sojob.
Campamento Audiovisual Itinerante presentò il cortometraggio “Inocencia” con musiche dell’Orchestra Filarmonica di San Juan Evangelista Analco: una storia sulla musica, l’identità, la vita e la morte.
Dopo si è proiettato “Duu Latzi” sempre di Campamento Audiovisual Itinerante sul gruppo di danza sempre di San Juan Evangelista Analco nella Sierra Juárez di Oaxaca.
In seguito è stato proiettato “Del Oriente / Laboratorio Experimental de Cine”, di Faro del Oriente e Faro Aragón.
Il documentario “Artemio”, progetto di tesi della direttrice Sandra Luz Lopez Barroso del Centro di Formazione Cinematografica, racconta la storia di Artemio, un bambino di dieci anni, nato e cresciuto negli Stati Uniti ed del suo ritorno in Messico per incontrare sua madre, una donna della Costa Chica di Oaxaca. Questo documentario è stato tratto da un progetto fotografico che la regista ha fatto su Catalina Noyola Bruno, la bisnonna centenaria di Artemio.
Il documentario “Juba Wajiín” racconta la storia di Juba Wajiín, una comunità indigena di Me Phaa sulle montagne del Guerrero, in Messico. Hanno sempre dovuto lottare per mantenere il loro territorio e la loro identità. Qualche anno fa, la storia ha preso piega diversa perché hanno scoperto che l’80% del loro territorio è stato concesso a due compagnie minerarie transnazionali, senza averli informati o consultati. Queste società cercano di operare con l’attuale modello estrattivo minerario: a cielo aperto. Ciò distrugerebbe le montagne sacre e l’acqua e lascerebbe dietro di sé innumerevoli violazioni dei diritti umani e effetti sulla salute. Ma Juba Wajiin combatterà.
Il film è una produzione collaborativa tra la comunità, il Centro per i diritti umani della Montagna Tlachinollan, Audiovisual Tequio, Terracería Audiovisual e La Sandía Digital.
Dall’agenzia di comunicazione autonoma SubVersiones è stato presentato il film “Cherán, Tila e Ostula”.
La sessione mattutina si è conclusa con la proiezione di “Slikebal: El comienzo”, di Bernardino López (Ambulante Más Allá). Víctor, un ragazzo di dodici anni, lavora per sua scelta, pulendo scarpe nello zocalo (piazza principale) di San Cristóbal de Las Casa, per pagare i suoi studi e sostenere la sua famiglia, che aiuta anche lavorando il campo. Mentre il lavoro minorile nelle zone rurali è ben considerato e persino celebrato, non è così nella città. Victor è ad un bivio; sua madre, una giovane donna indigena, ha educato i suoi figli a diventare indipendenti e responsabili, ma lavorare per strada non è facile.
La sessione pomeridiana è iniziata con la proiezione di “Hasta los dientes”, di Alberto Arnaut. Il 19 marzo 2010, gli studenti Javier Francisco Arredondo e Jorge Antonio Mercado Alonso sono stati uccisi dall’esercito all’interno delle strutture del Tecnologico di Monterrey.
Il ministero della Difesa nazionale ha dichiarato che si trattava di criminali che avevano attaccato l’esercito. Poco dopo si è scoperto che erano studenti e la Commissione nazionale per i diritti umani ha concluso che non avevano armi e che i militari coinvolti avevano manipolato la scena del crimine. Più di otto anni dopo, i loro parenti non hanno ottenuto verità, giustizia o riparazione. Il documentario “Hasta los dientes” rivela ciò che è realmente accaduto e il processo di ricerca della verità che le famiglie hanno intrapreso.
Il cortometraggio di finzione “Carrizos”, di Dinazar Urbina, è ispirato alle tradizioni della cultura Ñuu Savi. Il film racconta la storia di una ragazza che vive con i suoi nonni nel comune di Tututepec, sulla costa di Oaxaca, dove c’è una forte siccità.
La ragazza ha quindi l’innocente idea che si possa far piovere.
“Érase una vez”, di Juan Carlos Rulfo, un viaggio attraverso il Messico per scoprire le tradizioni dei bambini in relazione al senso della vita e dei sogni, in un paese vario e complesso, attraverso l’immaginazione e lo sguardo di Luisa, una ragazza di 10 anni.
Infine, al El Cine para Desvelados (Cinema per insonni), è stato proiettato “El infierno”, una commedia nera di Luis Estrada che rivela la violenza e il traffico di droga in Messico ed il suo legame con la politica e la povertà, attraverso la storia di un braccciante ( Damián Alcázar) che torna nella sua città natale, San Miguel Narcángel, dove inizia un nuovo lavoro nel narco.
Quinto Giorno – Festival Cinema “Caracol de nuestra vida”
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Il quinto giorno del Primo Festival del Cinema “Puy ta Cuxlejaltic” (“Caracol della nostra vita”), organizzato dall’EZLN, che si celebra dal 1° novembre al 9 nel Caracol zapatista di Oventic, è iniziato con la proiezione di “Tobias”, di Francisca D’Acosta e Ramiro Pedraza. Il bellissimo documentario racconta la storia di un ragazzo triqui di 12 anni che lascia la sua comunità sulle montagne di Oaxaca e si reca a Barcellona per partecipare (a piedi nudi) a un torneo internazionale di basket. Il documentario “Rush Hour” di Luciana Kaplan racconta le vite di tre personaggi in tre città emblematiche del mondo (Città del Messico, Los Angeles e Istanbul), nel loro penoso tragitto da casa al lavoro sui trasporti pubblici, esplorando le implicazioni che ha questo andirivieni ha nella quotidianità delle vite. Nel bacino di La Antigua (Veracruz, Messico), un territorio con abbondanti risorse naturali, ci sono conflitti socio-ambientali. I residenti in resistenza, le aziende nazionali e internazionali con investimenti in progetti energetici e un governo statale che esegue il modello di riforme strutturali per il paese … un’altra battaglia nella “guerra per l’acqua”. Questo è il tema del documentario “La antigua: sangre que nutre”, di Espora Kolectivo. Elida è un’adolescente entusiasta che sta scoprendo la sua vera passione. Gli piace suonare il violino e vivere con i suoi amici sulle spiagge di Bonfil ad Acapulco, nello stato di Guerrero. Conosciuta come Candy Surfer, lei entra nelle onde e inizia a praticare il surf. “El sonar de las olas”, da Ambulante Más Allá, diretto da Vanessa Ishel Ortega Castillo. Il documentario “Batallas Intimates”, di Lucía Gajá, esplora il tema della violenza domestica basato sulle storie di diverse donne sopravvissute a questa violenza, originarie di cinque diversi paesi (Messico, Spagna, Stati Uniti, Finlandia e India). Nelle parole della stessa regista: ” La violenza domestica è una realtà generalizzata, quotidiana, che subiscono le donne in tutti i paesi del mondo. I suoi effetti sono devastanti per loro, le loro vite, la loro salute, il loro lavoro e il benessere delle loro famiglie. Questa violenza accade in tutte le classi sociali, razze, culture e livelli socio-economici. È una guerra dentro le case. La violenza contro le donne non si manifesta solo fisicamente; la violenza sessuale, economica e psicologica è devastante, dove il disprezzo, l’isolamento e l’umiliazione stanno diminuendo la sicurezza e l’autostima. “Batallas Intimas” esplora le conseguenze che la violenza ha lasciato sulla vita di cinque donne, che danno coraggiosamente la loro testimonianza e ci avvicinano a quella realtà complessa e dolorosa che ha trasformato le loro vite.” Con oltre 50 premi internazionali, il documentario “Los reyes del pueblo que no existe” di Betzabé García è una storia di resistenza, di ricostruzione di fronte alla distruzione, di perseveranza, di attaccamento alla terra e alle radici. Nel 2009, la costruzione della diga di Picachos ha invaso cinque villaggi nella catena montuosa di Sinaloa per fornire acqua a Mazatlan. Il villaggio di San Marcos era l’unico che non era completamente coperto dall’acqua. Lì, delle 300 famiglie che abitavano nella città, ne rimangono solo tre. “Di fronte alla condizione di distruggere ciò che conta, ricostruiscono ciò che la natura reclama, e questo mi fa pensare, in questo momento violento in cui viviamo, che la ricostruzione esiste, solo la memoria è necessaria”, ha detto il regista in un’intervista a Proceso. Il documentario è stato presentato nelle sale nel 2017. Come ci si prepara alla morte dei nostri genitori? Questa domanda ha origine dal ritratto amoroso che Carlos Hagerman fa di Oscar e Doris, che hanno lavorato a progetti educativi sul campo per molti anni. Ora è il momento di passare il testimone a Enedino e Isabel, due giovani indigeni che hanno seguito le loro orme. Questo è il tema di “El patio de mi casa” di Carlos Hagerman, una storia che ci fa riflettere sull’incredibile possibilità di trasformare la vita attraverso l’idea di apprendere e insegnare. Finalmente, alle 9 di sera, nel “Cine para desvelados”, (il cinema per gli insonni) si è presentato “Un mundo maravilloso”, di Luis Estrada. Juan Pérez, il più povero dei poveri, diventa famoso in un incidente che sembra essere un tentativo di suicidio per protestare contro la sua condizione davanti al governo. Il ministro dell’Economia, nel bel mezzo dello scandalo, causatogli dalle azioni di Perez, decide di ricompensarlo cambiando la sua vita e dandogli un lavoro, una casa e un’auto. Quando gli amici di Perez scoprono il fatto, decidono di imitarlo fingendo tentativi di suicidio. Preoccupato, il ministro dell’Economia, per porre fine a questa condizione nel paese, dichiara la povertà un crimine e Perez finisce dietro le sbarre. Tre anni dopo, dopo essere stato rilasciato, Pérez ritorna alla sua condizione originale, ma con l’idea che preferisce essere ricco un giorno che povero per sempre …
Sesto Giorno – Festival Cinema “Caracol de nuestra vida”
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Martedì 6 novembre, sesto giorno del Festival del film “Puy ta Cuxlejaltic”, il documentario “Tempestad” di Tatiana Huezo ci ha lasciato il suo segno indelebile. Ecco perché la nostra storia oggi inizia al contrario, con la sessione pomeridiana seguita dalla sessione del mattino.
“Tempestad” documenta con singolare sensibilità il tema della sparizione forzata, dell’ingiustizia e dell’impunità che si è vive in Messico da oltre un decennio, attraverso le storie di due donne.
Miriam Carvajal viene prelevata dal suo lavoro all’aeroporto di Cancun e trasferita a Città del Messico, dove è ingiustamente accusata di traffico di esseri umani;
Adela Alvarado, una donna che ha dedicato la sua vita a far ridere la gente con il suo lavoro di pagliaccio da circo, ha cercato sua figlia Monica per 10 anni.
La storia di Miriam racconta dalla sua uscita da un penitenziario di Matamoros, “autogovernato” dal crimine organizzato, e lungo la strada per Tulum, dove è nata, per incontrare il suo giovane figlio. Lungo la strada, apprendiamo come è stata arrestata e accusata ingiustamente di traffico di esseri umani. Nel loro viaggio da nord a sud del Messico (dove vediamo terminal di bus, persone in transito, paesaggi, persone che viaggiano in autobus), Miriam sta narrando la propria esperienza come “pagante” accusata dalle autorità di uno fatto non commesso. Nella sua testimonianza racconta il funzionamento della prigione dove è stata detenuta: il controllo esercitato dal cartello, il dover pagare per salvarsi la vita, così come la tortura e l’assassinio e la situazione di altre persone, molte delle quali migranti.
Adela, ambientato nel circo, dove lavora come pagliaccio ed è accompagnata da altre donne, narra la ricerca di sua figlia scomparsa da dieci anni e le minacce ricevute per questa ricerca, così come la complicità e la partecipazione delle autorità. La sua narrazione diventa così una testimonianza delle sparizioni forzate ai fini della tratta, dello sfruttamento sessuale e del dolore delle madri degli scomparsi.
Le testimonianze di queste donne ci riportano allo stato di terrore, paura, impunità, violenza e tristezza che si vive in Messico. Ma non è solo la testimonianza di queste donne che si distingue nel film. E’ anche il meticoloso lavoro estetico, la grande fotografia che non consente di staccare gli occhi dallo schermo per un secondo, e il modo brillante con cui viene raffigurato il viaggio da nord a sud. C’è qualcosa qui che raggiunge le viscere: il terrore (la consapevolezza che il terrore può superare ciò che è immaginabile). Le figure, i numeri, la violenza che, dal vederle così tanto, smettiamo di vederle, si trasforma qui in una realtà viscerale dalla quale non possiamo sfuggire e che ci condiziona tutti.
I film “La piedra absente”, di Sandra Rozental e Jesse Lerner e “Museo”, di Alonso Ruiz Palacios, hanno parlato tra loro.
Il primo, “La piedra absente”, è un documentario sul trasferimento, nel 1964, dell’enorme monolite di Tláloc (divinità dell’acqua e della pioggia, conosciuta dai contadini come Chalchiuhtlicue) da San Miguel de Coatlinchán, Texcoco, al Museo Nazionale di Antropologia e storia di Città del Messico. Basato su un’indagine durata 10 anni dell’antropologa Sandra Rozental, con il supporto del regista americano Jesse Lerner, il documentario è basato sulla copertura mediatica dell’evento in quel momento e sulle interviste agli ingegneri che vi hanno partecipato. Ma il film narra soprattutto come questo trasferimento, che è stato portato avanti con decreto presidenziale, ha colpito gli abitanti del villaggio, che sono stati derubati di parte del loro patrimonio culturale, così come la loro resistenza, prima che finisse a causa dell’intervento dell’esercito messicano.
Da parte sua, la fiction “Museo”, di Alonso Ruiz Palacios, è basata su eventi reali accaduti nel 1985, quando gli studenti universitari di Ciudad Satélite, nello Stato del Messico, hanno rubato 140 pezzi dal Museo Nazionale di Antropologia e Storia, tra cui la maschera di Pakal, ultimo re della città maya di Palenque. Due attori (il protagonista Gael García Bernal e Ilse Salas) sono presenti al festival Puy ta Cuxlejaltic, ed entrambi hanno ricevuto riconoscimenti e stima dagli zapatisti.
Il film ha provocato molte risate tra il folto pubblico zapatista, che non ha smesso di reagire alle critiche per il saccheggio culturale delle popolazioni indigene da parte di archeologi e istituzioni, nel contesto neoliberista degli anni ’80.
La sessione mattutina è iniziata con la proiezione della versione restaurata di “El grito”, di Leobardo López Aretche, un documentario sul movimento studentesco in Messico, prodotto lo stesso anno del 1968. Quell’anno, gli studenti del Centro universitario per studi cinematografici (CUEC) ) e l’Università Nazionale Autonoma del Messico (UNAM) hanno filmato gli eventi del movimento e raccolto circa otto ore di riprese, che sono state successivamente organizzate da López Aretche. Il documentario inizia nel luglio 1968 e termina con l’inaugurazione dei XIX Giochi Olimpici del 12 ottobre.
Successivamente è stato proiettato “La tercera raíz”, di Camilo Nu e Reed Rickert, un documentario che ci porta in un viaggio da Tlacotalpan, in Città del Messico, al sud della Spagna e in Africa alla ricerca delle radici del figlio jarocho (N.d.T. abitante della città di Veracruz).
La produzione del documentario è durata sette anni, dalla ricerca alle riprese delle immagini e fino alla produzione.
Con un lavoro poetico e riflessivo e con una particolare attenzione all’immagine, “Nuestra música” (Jvbotik), di Humberto Gómez Pérez, è un documentario su un musicista tradizionale, che mostra com’è la vita di una persona con quella posizione e come questo lavoro viene trasmesso di generazione in generazione.
“La comunidad del oído atento” di Gabriela Dominguez Ruvalcaba esplora il movimento delle resistenze dalla corporeità, inoltrandosi attraverso il territorio dell’immagine, attraverso la parola, scendendo e incontrandosi in un orizzonte comune, in una rete di piccole storie fatte di azioni minime, nel cammino della coscienza organizzata, nella volontà e nell’orecchio attento.
Settimo Giorno – Festival Cinema “Caracol de nuestra vida”
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La sessione mattutina del settimo giorno del Puy ta Cuxlejaltic, nel Caracol di Oventic, è iniziata con la proiezione del documentario “Aquí sigo”, di Lorenzo Hagerman. Un bellissimo lavoro che segue da vicino uomini e le donne ultra ottantasettenni provenienti da sette paesi (Costa Rica, Nicaragua, Messico, Giappone, Canada, Italia e Spagna), che vivono pienamente ogni giorno per quello che è: un regalo dell’esistenza. Persone di quasi 100 anni che continuano a vivere con determinazione e gioia, raccontando al mondo ed a se stessi: Sono ancora qui. In seguito, è stato proiettato il documentario “El secreto de la belleza”, di Néstor Jiménez, che racconta la lotta dei popoli del Chiapas per difendere la terra e il territorio dai megaprogetti estrattivi. “No les pedimos un viaje a la luna”, di Maricarmen de Lara, è un documentario sulle sarte che morirono, durante il terremoto che colpì Città del Messico nel 1985; narra la loro storia e dei loro padroni che si rifiutarono di pagare un risarcimento. Poi, sono stati presentati quattro cortometraggi animati di Federico Cuatlacuatl, che in modi diversi si riferiscono all’esperienza dei migranti: “Future Past” – “Fin de” – “Coapan sin tiempo” – “Carnaval”. “Future Past” è un commento sul tempo, che cerca di rompere con la concezione lineare del passato-presente-futuro. Per i migranti, passato, presente e futuro diventano intercambiabili. In “Fin de” un uccello prematuro desidera volare; un mitico uccello azteco, che ha il potere di esaudire il suo desiderio, osserva i suoi sfortunati sforzi. Il cortometraggio è una metafora della capacità della popolazione migrante di adattarsi a una società che nega i loro diritti mentre cercano di affrontare lo sfollamento e la ricerca di identità. “Coapan Sin Tiempo” è stato prodotto nella comunità di San Francisco Coapan nel 2016, con interviste a persone della comunità che hanno parlato dei loro parenti negli Stati Uniti. Più della metà della popolazione della comunità è emigrata negli Stati Uniti e la maggior parte non sono tornati per più di 20 anni. “Carnaval” si occupa della capacità dei migranti di costruire multiple dimensioni di tempo e spazio. Il futuro diventa passato e il passato futuro. La possibilità di costruire diverse dimensioni dello spazio avviene attraverso la conservazione della cultura e delle tradizioni. “Los hijos del jaguar”, di Eriberto Gualinga, è un documentario sulla lotta per il territorio dei sarayakus – un villaggio di indigeni kicwha composto da circa 1200 persone – la cui terra è in una remota zona della regione amazzonica, nella parte orientale dell’Ecuador. “La vita a Sarayaku è una vita di libertà, armonia e pace. Siamo tutti uniti “, afferma Noemí Gualinga, rappresentante della comunità. Ma questa armonia si è infranta nel 2002, quando il governo dell’Ecuador, senza consultarsi con la comunità, ha dato il permesso ad una compagnia petrolifera straniera di iniziare la ricerca di combustibili fossili nella loro terra. “La nostra lotta e quella di tante altre popolazioni indigene in tutto il mondo continua. Vogliamo che ci rispettino e ci ascoltino.” Negli altopiani settentrionali di Oaxaca, dove nacque Benito Juárez, il prete Gerardo Silvestre abusò sessualmente di dozzine di bambini indigeni per diversi anni, senza che la gerarchia cattolica del Messico ed il Vaticano facessero nulla, nonostante avessero testimonianze e prove di quello che stava accadendo. “Silvestre. Pederastia Clerical en Oaxaca”, con la regia di Santiagog Mohar Volkow e le inchieste di Diego Enrique Osorno, esamina le atrocità commesse nei villaggi zapotecos, nonché l’occultamento delle autorità ecclesiastiche e le rappresaglie subite dal gruppo di sacerdoti che denunciavano i fatti. “No sucumbió la eternidad”, il primo documentario di Daniela Rea, racconta la storia di Alicia de los Ríos e Liliana Gutiérrez, due sopravvissute delle guerre del Messico recente: la madre di Alicia de los Ríos, combattente della Lega comunista 23 settembre, fu rapita e scomparve il 5 gennaio 1978, nella Guerra Sporca che il regime del PRI scatenò contro i militanti di sinistra. Arturo Román, il compagno di Liliana Gutiérrez, è scomparso il 25 agosto 2010 a San Fernando, Tamaulipas, dove era di passaggio verso il confine, in uno dei suoi soliti viaggi per comprare vestiti e mercanzie, che poi vendeva a Città del Messico. Forse è scomparso a causa degli Zetas che due giorni prima a San Fernando avevano ucciso 72 migranti. Infine, al “Cinema per insonni” si è conclusa la sessione della giornata con la proiezione de “La dictadura perfecta”, di Luis Estrada. Si tratta di una satira politica che rivela l’influenza e il potere di Televisa nella politica messicana, il cinismo sia del media televisivo che della classe politica, nonché i legami intimi della criminalità organizzata con tutte le strutture statali: Il Presidente della Repubblica commette un’altra delle sue frequenti sciocchezze. TV MX, la potente Corporación Mexicana de Televisión, deve aiutare il suo amico e alleato ad uscire dal problema prima che si trasformi in un’altra grave crisi di immagine e popolarità. Per distogliere l’attenzione, la stazione televisiva annuncia nel suo notiziario principale ed in maniera scandalosa un video che coinvolge il Governatore Carmelo Vargas in crimini efferati e gravi affari illeciti. Il “Gober Vargas”, preoccupato per il suo futuro politico, decide di negoziare un accordo milionario e segreto con i proprietari della stazione televisiva. Carlos Rojo, un giovane e ambizioso giornalista; Ricardo Diaz, giornalista di punta della televisione e Javier Pérez Harris, conduttore del telegiornale di prima serata, sono incaricati di cambiare l’immagine che il pubblico si è fatta del corrotto e folcloristico “Gober” e trasformarlo – ad ogni costo – in una brillante stella politica e un possibile candidato alla presidenza. La televisione ha già messo un presidente … Lo farà di nuovo?
Ottavo Giorno – Festival Cinema “Caracol de nuestra vida”
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Il penultimo giorno del Festival del Cinema Puy ta Cuxlejaltic (Caracol della nostra vita), è iniziato con la proiezione di “Les révoltés: Images et paroles de mai 1968 (I ribelli: Immagini e parole del maggio 1968), di Michel Andrieu e Jacques Kebadian. È un documentario che ci porta nel cuore della rivolta popolare del 1968 in Francia, alla rabbia di lavoratori, studenti e giovani che si oppongono al moralismo e al potere del tempo. Il tema delle sparizioni forzate era presente con il cortometraggio di 5 minuti “Ci mancano”, di Lucía Gajá e Emilio Ramos, una commovente immagine sui 43 normalisti scomparsi dalla Scuola Rurale Normale Raúl Isidro Burgos di Ayotzinapa. Ayotzinapa è anche il tema di “El paso de la tortuga”, un documentario di 80 minuti del regista Enrique García Meza, che ricostruisce i fatti del 26 e 27 settembre 2014. Nel film, padri e madri, compagni degli studenti normalisti scomparsi e sopravvissuti di quella notte denunciano l’ingiustizia, l’impunità e la complicità dello Stato. “El maíz en tiempos de guerra”, di Alberto Cortés, segue il corso annuale di quattro campi indigeni di mais in diverse regioni del Messico. Il film illustra l’eccezionale sviluppo del mais, la sensibilità per selezionare i semi e preparare la terra che li riceverà, la costanza nella cura, il raccolto finale e l’uso indispensabile dei suoi frutti. La storia del grano corre parallela alla storia delle popolazioni indigene, che si definiscono popoli di mais, uomini e donne di mais. La cura che le comunità mettono nel grano è affascinante in Messico, che è la culla del grano, il suo centro di origine e la sua diversificazione. Una famiglia wixárika (huichola – N.d.T. nativi della Sierra Madre Occidentale del Messico) nel nord del Jalisco; un’altra famiglia ayuuk (mixe – N.d.T. popolo nativo che abita le alture orientali dello stato di Oaxaca.) a Oaxaca, e due famiglie tzeltal nella selva del Chiapas ci parlano dai loro campi, dalle case e dai sentieri dell’importanza della semina, delle conoscenze e delle pratiche che permettono l’epopea del mais, i pericoli che si nascondono, l’attuale necessità di preservare i territori che danno continuità ai raccolti e la vita a milioni di messicani. Il film “Diarios de motocicleta” di Walter Salles è basato sui diari di viaggio di Che Guevara (quando era ancora studente di medicina) e Alberto Granado (interpretati rispettivamente da Gael García Bernal e Rodrigo de la Serna), nel suo viaggio attraverso il Sud America nel 1952. E’ su quelle strade che il Che si trasforma e comprende la violenza, lo sfruttamento e la miseria dei popoli dell’America Latina. Infine, la giornata si è conclusa con la proiezione di “El laberinto del fauno”, di Guillermo del Toro: un film fantastico che è un’allegoria della guerra civile spagnola. Il film si svolge nel 1944, cinque anni dopo la fine della guerra e racconta la storia di Ofelia, una ragazza di 13 anni che arriva con sua madre Carmen in un villaggio nei Pirenei, dove incontra il suo patrigno, un capitano della polizia franchista con la missione di eliminare gli ultimi ribelli repubblicani sulle montagne circostanti. Ofelia scopre le rovine di un labirinto, dove trova un fauno – una creatura con i piedi e le corna di capra – che le rivela essere in realtà la figlia di un re di un regno sotterraneo. Dopo essere salita in superficie per conoscere il mondo umano, la principessa perse la memoria e finì per morire. Ma suo padre era sicuro che la sua anima era ancora esistente anche se non ricordava il suo regno. Per tornare, Ofelia deve superare tre prove prima della luna piena.
Chiusura Festival del Cinema – Caracol de nuestra vida
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Con una festa popolare e con tanta allegria, si è concluso il 9 novembre 2018, il Festival del Cinema “Puy ta Cuxlejaltic” (Caracol de nuestra vida) nel Caracol zapatista di Oventic. Sono stati nove giorni di cinema, con un pubblico che nei primi giorni ha visto la presenza di circa 4mila zapatisti, oltre a ospiti e assistenti. Un evento senza precedenti nelle montagne del sud-est del Messico, il festival è un ulteriore passo nel percorso che lo zapatismo si è prefissato e che propone a tutti noi: le arti (e le scienze) come alternativa di fronte al tempo di morte che viviamo. La possibilità che le arti ci permettono di ripensare il nostro mondo con una visione critica e immaginare altri mondi possibili. Come al solito, le migliaia di zapatisti presenti all’incontro avranno il compito di riportare alle comunità di appartenenza ciò che hanno imparato, pensato e immaginato in questi giorni. Quest’ultimo giorno del festival è iniziato con la proiezione di “Petits historias das crianças” (Piccole storie di bambini), di Guido Lazzarini, Gabriele Salvadores e Fabio Scamoni, che racconta la storia dei bambini che partecipano ogni anno al progetto di Inter Campus, un progetto sociale fondato dalla squadra di calcio italiana dell’Inter, che lavora con bambini provenienti dalle periferie di 29 paesi in tutto il mondo. I bambini erano ancora presenti con il cortometraggio di 28 minuti “Niñ@s del llano encantado”, di Ojo de Agua Comunicación. È una videomessaggio realizzato da bambini della comunità di Santa Catarina Lachatao, negli altopiani settentrionali di Oaxaca, dove ci fanno vedere aspetti della vita quotidiana della loro comunità, ci mostrano luoghi sacri e storici, ci mostrano le loro famiglie e parlano con i loro nonni, sempre divertendosi e facendoci pensare e ridere. Questo videomessaggio è il prodotto di un laboratorio per bambini, realizzato dal CAI (Campamento Audiovisual Itinerante). A seguire, si è proiettato il cortometraggio “Saludos desde San Juan Evangelista Analco”, di La Caléndula Audiovisual e Ojo de Agua Comunicación: un video messaggio di ringraziamento agli abitanti di San Juan Evangelista Analco di Calenda Audiovisual e Ojo de Agua Comunicación, nell’ambito del Campamento Audiovisual Itinerante La riserva della biosfera di Calakmul è una delle più importanti del Messico e la seconda più grande del continente dopo l’Amazzonia. Nonostante la loro importanza, le autorità e gli abitanti non hanno una corretta gestione dei rifiuti solidi. Il documentario “El futuro en nuestras manos”, di Sara Oliveros (Ambulante Más Allá), affronta questo problema a partire dalla storia di Miguel, Armando e Víctor, tre bambini che vivono nella discarica comunale e si dedicano a separare i rifiuti per sopravvivere. “Los débiles”, il primo lungometraggio di Raúl Rico e Eduardo Giralt, ci porta in un viaggio attraverso Sinaloa, rivelandoci la cultura ibrida del nord del paese. Il film ripercorre il viaggio di Victor, tormentato da un ragazzo di 13 anni soprannominato Selfie, e che dopo qualche ora trova uccisi i suoi amati cani. Victor inizia quindi un viaggio per trovare il ragazzo a Sinaloa … un tour nel Messico del Narcos, delle bande, tra i giovani immersi nella violenza, il tutto trattato con umorismo e sottile ironia. La marcia del colore della terra del 2001 era presente con il film “La fragile armada”, di Jacques Kebadian e Joani Hocquenghem. Il film di 56 minuti “Oscar Chávez, Chiapas”, di Modesto López, registra testimone della lotta zapatista e dei concerti di Óscar Chávez nel Parco del Messico, nell’auditorium nazionale e nel Caracol de Oventic, dove si trova la prima scuola secondaria zapatista “Primero de Enero”, a cui sono stati consegnati tutti i proventi della vendita di CD, cassette e del video (che non è in vendita al pubblico), delle circa 600 copie che sono state distribuite a comunità, scuole e organizzazioni popolari del Messico ed in altri paesi). Infine, si è svolta la cerimonia di chiusura e il festival si è concluso, come di solito avviene in territorio zapatista, con la gioia di ballare nel freddo dell’autunno tra le montagne del sudest messicano.
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