Rebecca Rovoletto – 11 gennaio 2017
Dal V° Congresso Nazionale Indigeno (CNI), dopo due mesi di consultazioni dei popoli rappresentati – 45 consensi su 66 etnie, ma le consultazioni sono ancora in corso – è uscita la decisione di candidare una donna indigena alle prossime elezioni presidenziali del Messico del 2018.
Non entrerò, qui, nel merito dei perché e dei percome sociopolitici implicati in questa scelta, apparentemente lontana dalle nostre sclerotiche realtà. In questo esauriente blog https://chiapasbg.com/ si trovano tutti i comunicati, gli articoli e i commenti tradotti in italiano. Mi interessa la foto che la testata messicana Desinformémonos ha scelto per il testo del Sub Galeano del 20 ottobre 2016, quando l’Esecito Zapatista di Liberazione Nazionale ha presentato la proposta di questa candidatura. Un’immagine che mi ha sedotto prima ancora di capire la portata e il significato, poi reso esplicito dallo stesso EZLN, del nuovo passo del percorso dei popoli viventi del Chiapas. Ritrae una giovane donna zapatista che, durante il CompArte di Oventic della scorsa estate, interpreta la Fata Coscienza. Passamontagna e ali di farfalla.
Nella cultura messicana esiste una figurazione sincretica del pantheon indigeno: la Donna Farfalla. La Mariposa non è una figura graziosa e fragile. Ella è grossa, di fianchi e di natiche, “come l’immensa donna eroica di Diego Rivera, che costruì Città del Messico con una sola piega del polso”. È vecchia come un fiume. “È conveniente che la Donna Farfalla sia vecchia e grossa, perché porta il mondo del tuono in un seno e l’oltretomba nell’altro. La sua schiena è la curva del pianeta Terra con tutti i raccolti e i nutrimenti e gli animali. La nuca porta il sorgere del sole e il tramonto. La gamba sinistra trattiene tutti i poli, la gamba destra tutte le lupe del mondo. Il suo ventre porta tutti i bambini che saranno dati alla luce.”
Seminuda salta da un piede all’altro, danzando con bracciali di conchiglie e sonagli. E con la sua danza viene a dar forza ai deboli… “Son qui… Svegliatevi!”. La Mariposa rappresenta tutto ciò che molti pensano non essere forte: l’età, la farfalla, il femminile, il non-bello. È lo spirito impollinatore e fertilizzante che sposta le montagne. Viene a sovvertire l’idea erronea che la trasformazione sia ad opera dell’eccezionalmente forte. La sua massa di capelli grigi, lunghi fino a terra, la libera di ogni tabù e le dà il privilegio di poter toccare. Lei sola può toccare tutto e tutti, uomini e donne, bambine, vecchi e malati, persino i morti.
Ecco, si dirà che l’accostamento di un popolo ribelle col passamontagna ad un antico numen è un artificio, una forzatura. Che questa fotografia in bianco e nero è bella, ma casuale… Forse è così. Ma esistono sensibilità, individuazione di nessi e aperture di orizzonti. Esiste una piccola bambina a piedi nudi che si chiama Difesa Zapatista e gioca una partita al giorno. E una volta al giorno va a segno.
Se la forza dei deboli, degli ultimi, di quelli di sotto, di quelli del mondo del “non essere” è stata quella di mascherare i propri volti per rendersi visibili; se la loro forza è partita dalla richiesta delle donne di lottare senza armi, resistendo e costruendo; e si esprime in municipi autonomi, case di salute, scuole; se quella forza oggi candida una piccola indigena di sangue e di lingua, con lo scopo dichiarato di non competere con i candidati dei partiti istituzionali e non aspirare a raggiungere il potere; ebbene io vedo l’archetipo della Donna Farfalla, del femminile generativo pienamente all’opera.
Sono le comunità zapatiste che ci dicono “Eccoci, qui siamo… Sveglia!”. La loro parola sempre ci tocca, in molti punti e in modi sorprendenti. Il loro cammino spiraliforme è la danza della Mariposa, antica e irriverente, che ci distoglie dal nostro caracollare da papere.
Testo R.R. – Foto Noé Pineda
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