La Jornada – Venerdì 1 marzo 2013
Gli indigeni chol di Tila esigono la fine del furto delle terre che dura da oltre 50 anni
HERMANN BELLINGHAUSEN. San Cristóbal de las Casas, Chis., 28 febbraio. Gli abitanti chol dell’ejido Tila, nella zona nord, hanno comunicato che nei prossimi giorni la Suprema Corte di Giustizia della Nazione (SCJN) dovrà risolvere il caso del loro territorio e sperano che finisca “il saccheggio e l’ingiustizia che subiamo da oltre 50 anni”. Esigono la “restituzione totale ed il pieno rispetto delle terre ejidali.
“Finalmente è giunto il momento in cui si deciderà sul rispetto della terra e del territorio dell’ejido”, sostengono gli indigeni, aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona e membri del Congresso Nazionale Indigeno.
“La presidenza municipale protetta dal governo dello stato, con un decreto illegale del 1980 ha venduto e si è appropriata delle nostre terre. La denuncia dice chiaramente che le terre appartengono all’ejido e che il decreto è illegale. Si volevano impadronire di 130 ettari, 52 occupati dal villaggio di Tila e 78 di terre coltivate. Vogliono privatizzare ed arricchirsi e proseguire nella loro azione di corruzione e furto nel nostro villaggio. Questa è la radice del problema e la sua ingiustizia”.
Gli ejidatari puntualizzano: “Colpevoli di questa malvagità e furto sono le persone appartenenti al gruppo paramilitare Paz y Justicia, che hanno portato violenza e massacri a Tila ed in altri municipi per assecondare i piani del governo federale contro l’EZLN” (1995-1998). Non solo “vivono nell’impunità”, ma “hanno sono dentro i partiti politici, il municipio ed altri enti del governo” e la presidenza “ha ingaggiato ex soldati che fanno le spie”.
L’amministrazione municipale “rappresenta la menzogna e la falsità”, quando sostiene che “non può consegnare le terre perché già vendute illegalmente, e che se la SCJN ci restituisce le terre, ‘siccome siamo indigeni distruggeremo le case, faremo scappare gli abitanti e genereremo conflitto sociale’. Mentono, affinché la corte non ci restituisca le terre. Mentono, perché a vivere nel villaggio sono in maggioranza le nostre stesse famiglie, anche se altra gente è venuta da fuori”. Ora si deciderà sul fatto che non vogliono rispettare il ricorso presentato nel 1982, contro il decreto di esproprio del 1980, che abbiamo vinto nel 2008; un secondo tentativo di esproprio, perché il primo tentativo è del 1966.
“Noi chol abbiamo fondato il villaggio di Tila. Questa terra appartiene legittimamente al nostro popolo; da tempi immemorabili era abitato dai nostri nonni e nonne. Prima che questo fosse territorio messicano. Abbiamo subito la colonizzazione, l’invasione e la dominazione. Abbiamo visto nascere questo paese e siamo stati spogliati e sfruttati dai proprietari terrieri alla fine del 1800 per colpa del malgoverno che consegnò le nostre terre ad impresari stranieri.
“Grazie alla rivoluzione di Emiliano Zapata abbiamo potuto legalizzare le nostre terre, perché i padroni delle fincas erano scappati. La risoluzione presidenziale del 1934 dice chiaramente che abbiamo il possesso delle terre, che non fu una donazione, ma riconoscimento del possesso”.
Gli indigeni hanno confermato con verbali d’assemblea che “riconoscono il diritto di tutti, indigeni e non indigeni, come abitanti, ma è su proprietà ejidale che vivono, e non privata, come per anni ha detto, ingannando, il municipio”. L’assemblea generale ha amministrato queste terre secondo i nostri usi e costumi; abbiamo donato la terra per scuole e servizi; amministriamo il parco centrale, il cimitero, l’acqua, il commercio, le feste e ci prendiamo cura dei luoghi sacri”.
La SCJN “dimostrerà se la sua sentenza sarà a favore dell’illegalità e l’impunità, o se ordinerà la piena restituzione delle terre all’ejido e rispetterà la Legge Agraria, il nostro ricorso ed i trattati internazionali” in materia. http://www.jornada.unam.mx/2013/03/01/politica/021n1pol
Rispondi