La Jornada – Venerdì 1° febbraio 2013
Respinto l’appello degli jidatarios di San Sebastián Bachajón
Hermann Bellinghausen. Inviato. Tuxtla Gutiérrez, Chis. 31 gennaio. Un giudice federale ha respinto l’appello presentato dagli ejidatarios tzeltales di San Sebastián Bachajón, municipio di Chilón, che da due anni chiedono la restituzione delle terre occupate dalle autorità governative e da gruppi filogovernativi locali. Il 2 febbraio del 2011 gli ejidatarios, aderenti della Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, erano stati spossessati violentemente da civili, con il sostegno della forza pubblica, delle terre ad uso comune, per favorire il progetto turistico delle cascate di Agua Azul, municipio di Tumbalá. Gli avvocati Ricardo Lagunes Gasca e Maribel González Pedro, rappresentanti legali degli ejidatarios, denunciano oggi che le considerazioni arbitrarie del giudice José del Carmen Constantino Avendaño costituiscono inequivocabilmente una mancanza di imparzialità ed indipendenza nella sua funzione giurisdizionale e denotano disprezzo per i popoli indigeni e per le riforme costituzionali della difesa e diritti umani. Oggi, come giudice di distretto, Constantino Avendaño ha reso pubblica la sentenza definitiva, emessa questo giovedì, relativa all’appello presentato dall’indigeno Mariano Moreno Guzmán contro la privazione parziale e definitiva di terre di uso comune di San Sebastián Bachajón, da parte di autorità locali e federali, con la complicità del Commissariato e Consiglio di Vigilanza filogovernativi in usurpazione delle loro funzioni. Secondo Lagunes e González Pedro, questa decisione è paradigmatica nell’evidenziare che alcuni giudici cedono davanti alle pressioni delle autorità che derubano i popoli indigeni dei loro territori, e mostra la grande sfida che deve affrontare il Potere Giudiziale della Federazione per garantire un cambiamento di mentalità tra i suoi funzionari di tutte le gerarchie che permetta una forma diversa di applicare il diritto dalla prospettiva più ampia, progressista e a protezione dei diritti umani. Moreno Guzmán esibì davanti al giudice l’accordo del 13 febbraio di 2011 in cui le autorità ejidali di San Sebastián, senza autorizzazione né consenso dell’Assemblea, consegnarono delle terre di uso comune. Benché, di fatto, queste terre erano “già in possesso dello Stato dal 2 febbraio, dopo lo sgombero violento degli indigeni aderenti alla Sesta da parte di un gruppo di civili armati”. Durante l’iter del processo d’appello, la Segreteria Generale di Governo ed il presidente filogovernativo del Commissariato Ejidale, Francisco Guzmán Jiménez, hanno consegnato un documento definendolo verbale di assemblea. Questo verbale è stato contestato per tempi e forma non essendo conforme agli standard stabiliti dalla legislazione agraria e dai trattati internazionali in materia di diritti dei popoli indigeni. E’ stato “elaborata per simulare la legalità dell’accordo’ “. A giudizio dei difensori, questi documenti non hanno validità né costituiscono un consenso libero, previo e informato del massimo organo dell’ejido rispetto agli atti di esproprio. Inoltre, il comportamento precedente e successivo dei rappresentanti filogovernativi dimostra che non rappresentano gli interessi collettivi della loro comunità, ma proteggono gli interessi del governo per appropriarsi di quel territorio indigeno e minare il movimento sociale che lo difende. http://www.jornada.unam.mx/2013/02/01/politica/027n1pol
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