Gli zapatisti denunciarono che l’8 febbraio 1995, in piena negoziazione col governo federale, Esteban Moctezuma Barragán, come rappresentante di Zedillo, inviò un messaggio al comando dell’EZLN fingendo un dialogo, quando in realtà si stava cercando di localizzare la dirigenza per catturarla, inferendo un colpo mortale all’organizzazione.
Gloria Muñoz Ramírez
“Questa volta ti è andata male, Esteban M. Guajardo. Guadalupe Tepeyac non era Chinameca. Più fortuna, più soldati e più cose da uomo per la prossima”, scrisse l’allora subcomandante Marcos all’allora segretario di Governo, Esteban Moctezuma Barragán. Era il 20 febbraio 1995, 11 giorni dopo il tradimento ai danni dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) da parte del governo guidato da Ernesto Zedillo Ponce de León.
Gli zapatisti denunciarono che l’8 febbraio 1995, in piena negoziazione col governo federale, Esteban Moctezuma Barragán, come rappresentante di Zedillo, inviò un messaggio al comando dell’EZLN fingendo un dialogo, quando in realtà si stava cercando di localizzare la dirigenza per catturarla, inferendo un colpo mortale all’organizzazione.
Non riuscirono ad arrestare né Marcos né nessuno della Comandancia che riuscirono a sfuggire agli elicotteri che il governo federale inviò nella comunità tojolabal di Guadalupe Tepeyac, luogo dell’appuntamento col messaggero di Moctezuma. Ma entrarono migliaia di soldati che, da quel momento e fino ad oggi, si sono stanziati in centinaia di comunità ribelli che questo febbraio compiono 22 anni di sopravvivenza all’occupazione militare.
L’incursione castrense del 1995 espulse migliaia di tzeltal, tzotil, tojolabal, mam e chol sulle montagne, dove sopravvissero cibandosi di erbe ed arbusti. L’esercito distrusse abitazioni, bruciò case, fece a pezzi le condutture dell’acqua, fece falò dei vestiti e dei libri delle famiglie zapatiste. Si documentò la detenzione e tortura di decine di indigeni e gli abusi che si commisero contro di loro per il fatto di appartenere ad un’organizzazione con la quale si stava dialogando per raggiungere un accordo di pace.
I conti non si coniugano al passato, 22 anni dopo sono città militari quelle che abitano la Selva Lacandona, e la minaccia non finisce.
Questa settimana Andrés Manuel López Obrador ha nominato Moctezuma Barragán, ricordato come traditore dalle comunità indigene, responsabile per lo sviluppo sociale all’interno del Progetto di Nazione 2018-2024 del partito Morena.
Moctezuma ci ha messo 18 anni per cercare di sganciarsi dall’offensiva militare del 1995. In un articolo giornalistico, l’ex priista e uomo di fiducia dell’industriale Ricardo Salinas Pliego, disse che, “inspiegabilmente, il presidente Zedillo prese una serie di decisioni che rompevano totalmente l’accordo con Marcos, fino al punto di inviare l’Esercito per catturarlo con mandato di cattura alla mano”. Marcos, disse nell’intervista, “mi inviò un nuovo messaggio: ‘Ci vediamo all’inferno’ “..
Oggi ritorna per mano de López Obrador.
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