Messico – Il silenzio zapatista e le elezioni presidenziali del 2012.
di Iván Gerardo González.
3 / 7 / 2012
Messico. Lo scorso primo luglio ci sono state le elezioni per il nuovo presidente della repubblica. Gli attori politici: monopoli televisivi, imprenditori, partiti, candidati, giovani (con un uso rivoluzionario dei social network), e alcuni movimenti storici e recenti. Tra questi ultimi, coloro che hanno mantenuto un silenzio categorico sono stati gli zapatisti del Chiapas. Il Subcomandante Marcos e la dirigenza dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN). Essi sembrano aver osservato il teatrino politico in vista di un’altra frode elettorale – niente di nuovo in questo paese. Però, perché questo silenzio di un movimento che conta, con una presenza morale a livello nazionale e internazionale? Senza dubbio è perché la “sinistra” in Messico è quella che più li ha attaccati, attraverso le simulazioni dei partiti in Chiapas [il riferimento è al partito di centro sinistra PRD che in questi anni in Chiapas ha avuto tanti sindaci e il governatore dello stato, che hanno spesso attaccato e delegittimato l’esperienza delle comunità autonome. n.d.t.].
Un ruolo importante l’hanno svolto anche i governi del PAN [partito della destra imprenditoriale che è stato al potere a livello federale nelle ultime due legislature. n.d.t.] che hanno mantenuto la stessa politica del PRI di guerra di bassa intensità. Stiamo parlando dell’uso clientelare dei programmi di assistenza sociale, col fine di dividere le comunità indigene (strategia di contrainsurgencia). Questi governi federali (2000-2012) hanno promosso questa guerra insieme ai governi statali del PRD in Chiapas, i cui governatori, tutti senza eccezione, erano stati precedentemente parte del Partido Revolucionario Istitucional (PRI). Il Partido de la Revolucion Democratica (PRD) ha sempre avuto un’essenza priista, anche se dopo l’insurrezione armata del ’94 si è presentato con una nuova faccia per simulare una democrazia “reale”. Per questo non è casuale che oggi il Chiapas si svegli con un governo Priista-Verde ecologista [in Messico il partito dei Verdi è un partito di destra. n.d.t.], alla fine la simulazione è crollata.
E’ importante ricordare che il PVE (Partito Verde ecologista) era la terza forza politica in Chiapas ed oggi diventa la prima. Perché? Senza dubbio è perché lo Stato vuole continuare le sue politiche che puntano a fare del Chiapas uno stato turistico, dove si sfruttino le sue risorse naturali e gli ecosistemi come attrattive per i turisti messicani e stranieri, e allo stesso tempo si utilizzi la sua biodiversità per farmaci, biocombustibili ed energie non rinnovabili, tra le altre cose da sfruttare. Gli zapatisti sembrano essere soli e messi alle strette da parte dello stato.
Il silenzio zapatista è servito a rendere evidente quello che già da alcuni anni avevano detto riguardo allo stato, le sue istituzioni e i partiti politici, cioè che “Tutti sono in crisi!” perché non rappresentano il popolo, sono in crisi perché sono tutti uguali: una classe politica corrotta e oligarca, per tanto sono un malgoverno. E la sinistra istituzionale in Chiapas e in altri luoghi del paese, non è una sinistra reale, ma simulata.
Dopo le elezioni federali del 2006, molti del PRD criticarono il Subcomandante Marcos e l’EZLN di essere opportunisti, di essere i responsabili della sconfitta di Andrés Manuel Lopez Obrador (AMLO) [candidato del PRD alla presidenza federale. n.d.t.].
Oggi il silenzio dimostra che il Subcomandante Marcos e gli zapatisti non sono responsabili del fatto che il PRI si è imposto di nuovo, con l’aiuto del presidente di turno. Sicuramente, questi “critici” dello zapatismo argomenteranno che il Subcomandante e le basi di appoggio dovevano dare l’indicazione di votare per AMLO; che lui è stato l’unico a parlare di loro dicendo che se diventava presidente si sarebbero rispettati gli Accordi di San Andrés [accordi stipulati tra EZLN e governo messicano nel 1996, per riconoscere nella costituzione i diritti delle popolazioni indigene. n.d.t.]. Quando è stato lo stesso PRD a non riconoscere questi accordi [gli accordi furono stracciati dal voto di tutti i partiti in parlamento nel 2001. n.d.t.].
Una cosa evidente è stata che Enrique Peña Nieto e Josefina Vázquez Mota, uno candidato del PRI e l’altra del PAN, non hanno mai fatto alcun cenno al conflitto in Chiapas. Questo ci mostra che le culture indigene e la loro lotta per il riconoscimento dei popoli originari, con i loro “usi e costumi”, continuano a non ricevere nessuna importanza. Come quando non si vuol parlare di qualcuno scomodo. Dunque, il silenzio zapatista e il silenzio dei candidati del PRI e del PAN è un silenzio da battaglia.
Quello che è chiaro e convincente in termini di lotta è la differenza tra l’Autonomia e la Democrazia rappresentativa: oggi l’Autonomia zapatista è la forma diretta e reale di un autogoverno sociale e orizzontale; la Democrazia rappresentativa è la democrazia verticale che mantiene il dominio sul Messico, dove la società non è altro che uno strumento nel gioco politico tri-partito (PAN-PRI-PRD) che permette la simulazione di quanto richiesto da parte dei cittadini, cioè la democrazia. Quello che noi messicani oggi stiamo vivendo è il perfezionamento di quella che è stata definita la “dittatura perfetta” [termine riferito ai 70 anni di governo di un solo partito, il PRI, dagli anni ’30 al 2000. n.d.t.] che ha smesso di essere presidenzialista per diventare partitista, obbediente come sempre all’oligarchia messicana e nordamericana.
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