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Omicidio Digna Ochoa.

La Jornada – Venerdì 12 febbraio 2010

Catturato Rogaciano Alba, presunto autore intellettuale dell’omicidio di Digna Ochoa

GUSTAVO CASTILLO GARCÍA

Agenti federali hanno arrestato ieri a Guadalajara, Jalisco, Rogaciano Alba Álvarez, ex dirigente dell’Unione Degli Allevatori Regionali di Guerrero, cacicco della zona di Petatlán; presunto trafficante dei cartelli di Sinaloa e La Familia, e indicato anche come autore intellettuale dell’omicidio, nell’ottobre del 2001, dell’avvocatessa dei diritti umani Digna Ochoa.  La Segreteria di Pubblica Sicurezza (SSP) federale ha comunicato che Alba Álvarez è stato fermato nel tratto di strada Chapala-Guadalajara, in Jalisco, entità dalla quale era fuggito nel maggio 2008, dopo aver subito due attentati, l’assassinio di 16 persone di sua fiducia ed il sequestro di sua figlia da parte di presunti elementi del crimine organizzato.   Alba Álvarez è segnalato (La Jornada, ottobre 2002) come la persona che ordinò di assassinare Digna Ochoa, poiché si presume infastidito da una visita dell’avvocatessa a Petatlán per conoscere e denunciare le aggressioni contro gli ecologisti della regione.  I giorni 1 e 2 ottobre 2001, Ochoa visitò la zona con Harald Ihmig, rappresentante di un’organizzazione internazionale dei diritti umani, ed insieme raccolsero le testimonianze di violenze e persecuzioni contro i contadini ecologisti da parte di un gruppo di cacicchi guidati da Alba Álvarez.  Le versioni ufficiali riferiscono che gli incaricati di assassinare Digna Ochoa furono Justino Cabrera Villa, Bernardino Bautista Valle, Marcelino e Modesto Acosta Ávila, Isabel Santoyo Santoyo, José Rauda Orozco e Sirenio Contreras, El Barillo.   (………) http://www.jornada.unam.mx/2010/02/12/index.php?section=politica&article=011n1pol

Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Provocazione armata.

La Jornada – Giovedì 11 febbraio 2010

Crescente provocazione armata dell’Ejército de Dios in Chiapas, denunciano gli indigeni

HERMANN BELLLINGHAUSEN

La comunità di Mitzitón, nel municipio di San Cristóbal de las Casas, Chiapas, manifesta allarme per l’escalation della provocazione armata contro di lei da parte di membri dell’Ejército de Dios, di filiazione priista ed appartenenti alla chiesa evangelica Alas de Águila.   Dopo diversi episodi di spari in aria nei giorni scorsi, questo gruppo – considerato paramilitare dagli ejidatarios – domenica scorsa avrebbe deciso “l’acquisto di armi allo scopo di distruggere l’organizzazione nella nostra comunità”.   Gli ejidatrios esprimono “profonda preoccupazione”, poiché “i paramilitari hanno detto che cattureranno un membro delle autorità ejidales aderenti all’Altra Campagna, o qualunque componente del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas, e li faranno sparire, per costringerci a non difendere più nostri diritti, in particolare il diritto al nostro territorio”.  Gli ejidatario tzotziles simpatizzanti dell’EZLN che si sono opposti al passaggio di un’autostrada sui loro campi, e per questo sono stati continuamente aggrediti dagli affiliati all’Ejército de Dios, denunciano che durante citata la riunione, guidata da Francisco Gómez Díaz, “i paramilitari hanno detto: non abbiamo paura, perché anche se rubiamo o uccidiamo, non ci mettono in prigione, o se ci mettono, il governo ci tirerà fuori subito, perché l’esempio l’abbiamo con Francisco Jiménez Vicente, che è già libero’ “.

Si riferiscono alla scarcerazione due settimane fa dell’autore materiale della morte di Aurelio Díaz Hernández. Le autorità ejidales affermano che gli evangelici “hanno cominciato ad organizzarsi con più forza contro la nostra comunità; dicono che il malgoverno sta dalla loro parte e possono fare quello che vogliono”. Il 21 luglio 2009 – ricordano gli indigeni – “il nostro compagno Aurelio è stato vigliaccamente assassinato da Jiménez Vicente, che dolosamente, con premeditazione, perfidia e brutalità”, l’ha investito. Sono rimasti feriti anche altri cinque ejidatarios.    “Sappiamo che chi lotta per la difesa dei suoi diritti è perseguitato, messo in prigione e torturato ed il malgoverno scarica tutto ‘il peso della legge’ solo per aver protestato, ma ai violentatori dei diritti ed assassini danno un premio”, aggiungono.    Accusano inoltre il presidente municipale di San Cristóbal de las Casas, Mariano Díaz Ochoa – anch’egli priista – di appoggiare gli evangelici e “voler dividere la nostra organizzazione comunitaria nominando un altro agente rurale quando, nella nostra comunità, secondo i nostri usi e costumi e in considerazione della responsabilità dei nostri compagni, li nominiamo in assemblea, non tra gruppetti”. Il sindaco avrebbe promesso “che con un altro agente rurale arriverebbero più aiuti economici e così ci avrebbero sconfitto, ma noi non accettiamo le briciole del malgoverno né ci lasciamo ingannare”. (….)    Ricordano anche che lo scorso 4 febbraio, il citato Gómez Díaz (che, insieme a Carmen Díaz López, “ha dato l’ordine di ammazzarci il giorno 21 luglio e di non proseguire nella difesa del nostro territorio davanti alla minaccia della costruzione dell’autostrada”) è stato punito dall’assemblea perchè sta falsificando le firme per ottenere il timbro di agente rurale, e con questo usurpare la rappresentanza ejidale. http://www.jornada.unam.mx/2010/02/11/index.php?section=politica&article=017n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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La Jornada – Giovedì 11 febbraio 2010

Basi dell’EZLN liberano i 5 della Opddic fermati ad Agua Azul

Questa la condizione del governo statale per dare soluzione al conflitto nella zona

Ángeles Mariscal e Elio Henríquez. Tuxtla Gutiérrez, Chis., 10 febbraio. La mattina di oggi, basi di appoggio dell’EZLN hanno liberato cinque membri dell’Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic) che trattenevano da sabato dopo un incidente per la disputa della zona delle cascate di Agua Azul, ha comunicato Noé Castañón León, segretario di Governo del Chiapas.  Il funzionario ha ripetuto la versione di martedì scorso della Procura Generale di Giustizia dello stato secondo cui “militanti zapatisti di Oxchuc, Alan Sacjun, Salto del Tigre e Bachajón hanno aggredito elementi della Opddic che sono lavoratori della cooperativa di questo centro turistico”, ed ha assolto questo gruppo da qualunque reato commesso durante l’incidente in cui una persona è morta e più di 20 sono rimaste ferite. Gli abitanti di Agua Azul “sono risultati negativi al test del guanto di paraffina”, ha precisato.  Inoltre, ha spiegato che in appoggio ai membri della cooperativa che amministra le cascate di Agua Azul, nel villaggio si trova il personale della Procura Generale di Giustizia e della Segreteria di Sviluppo Sociale perché il governo vuole “migliorare la zona e renderla più attraente per il turismo”.  Ha chiarito che la liberazione degli abitanti di Agua Azul è avvenuta grazie alla mediazione del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (Frayba), fatto che il governo ha posto come condizione per mantenere la ricerca di una soluzione ai problemi della zona.   Dalla parte opposta, aderenti della Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, riuniti nell’Altra Jovel, hanno denunciato che nell’ejido Bolón Ajaw, municipio di Tumbalá, “gli abitanti sono perseguitati da anni da altri indigeni che il governo ha organizzato ed armato come gruppi paramilitari”.  In un evento a sostegno delle comunità zapatiste, gli attivisti hanno detto che uno di questi gruppi è la Opddic, organizzata per fare “il lavoro sporco di picchiare e minacciare, facendo pressioni affinché la gente abbandoni le sue terre. Non solo minaccia le basi di appoggio dell’EZLN, ma tutti i contadini della regione che si oppongono ai progetti di strade e turistici”. http://www.jornada.unam.mx/2010/02/11/index.php?section=politica&article=016n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo  https://chiapasbg.wordpress.com )

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Comunicato della C.G.T. Madrid.

Ai mezzi di comunicazione liberi e alternativi, 
Ai mezzi di comunicazione ufficiali, 
Alle organizzazioni indipendenti dei DDHH, 
 Al governo statale del Chiapas, 
Al governo federale del Messico, 
Al governo dello Stato Spagnolo, 
Alla società civile internazionale, 
A l@s aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, 
Alle basi dell’appoggio dell’EZLN, e Giunte di Buon Governo (JBG). 
All’EZLN.

Lo zapatismo è attualmente, su scala internazionale, uno dei riferimenti di lotta civile e di cambiamento ed un esempio di quello che può ottenere una società organizzata.  Per la via dei fatti, l’autonomia e l’autorganizzazione delle sue comunità si consolidano come modo di vita capace di superare abbondantemente il modello proposto (imposto) dalle democrazie formali e rappresentative.   

Con la finalità di minare l’alternativa zapatista, il governo statale chiapaneco della sinistra istituzionale messicana (PRD) e l’estrema destra dal governo federale (PAN) fomentano gli scontri ed attacchi per mano di organizzazioni paramilitari come “L’Ejército de Dios” o la “OPDDIC“. Queste organizzazioni, formate da membri del PRI e da altri elementi violenti e con nullo bagaglio etico, attaccano l’obiettivo comune: le basi di appoggio dell’EZLN.   

Il conflitto per il recupero delle terre è al culmine. Sono in gioco due visioni contrapposte. Da una parte chi lavora e preserva la terra. Dall’altra chi vuole sottrarla per sfruttarla.   

Febbraio 2010 scuote le fondamenta del Chiapas. Secondo le informazioni pubblicate negli ultimi giorni, si sono verificati gravi scontri con minacce di morte e di sparizioni contro autorità ejidales aderenti all’Altra Campagna e basi di appoggio zapatiste (BAEZLN). Il preavviso di questo scenario era stato mostrato a fine gennaio dall’esercito e da diversi corpi di polizia con gli sgomberi violenti di Bolon Ajaw, Montes Azules, SS Bachajón, Mitzitón, Comunidad 5 de Marzo.   

La prevedibile continuazione prospettata dalle alte sfere governative indica un probabile pericolo di instabilità per comunità come Nuevo San Gregorio, Nuevo Salvador Allende, Nuevo San Pedro, 6 de Octubre, Laguna el Paraíso, Ojo de Agua el Progreso, Ojo de Agua la Pimienta, San Jacinto Lacanjá, Nueva Galilea, Chuncherro, Benito Juárez e Ranchería Corrozal.

 La persistente strategia di persecuzione e demolizione delle multinazionali del turismo per riconquistare il territorio hanno bisogno di contundenti misure di contrainsurgencia che le istanze ufficiali offrono loro su un vassoio. Così come, di nuovo, i mezzi di comunicazione giocano un ruolo chiave fondamentale nella destabilizzazione delle reti sociali. In questo senso, e come già abbiamo fatto alla fine di novembre del 2009, denunciamo le informazioni in forma di veline consegnate a determinati mezzi di comunicazione. Se si offre l’informazione di sola una delle parti in conflitto, dov’è l’equidistanza professionale? In un contesto come quello del Chiapas, non dare voce ad entrambe le parti è quanto meno tendenzioso.   

Dalla Confederazione Generale del Lavoro (CGT) dello Stato spagnolo, trasmettiamo il nostro stato di allerta ed annunciamo che seguiremo la situazione e nei prossimi giorni intraprenderemo azioni di mobilitazione e denuncia pubblica coordinate per chiedere l’interruzione degli inammissibili eccessi commessi contro le Comunità zapatiste.   

Per il diritto alla Terra e al Territorio dei Popoli originari, 
Per lo stop alla connivenza con le organizzazioni paramilitari, 
Per l’irrinunciabile rispetto della madre Terra. No alle industrie e progetti ecoturistici. 
 Libertà per gli attivisti e le attiviste in carcere. 
 Viva le basi di appoggio e l’EZLN!! 
Per l’autonomia e l’autogestione della lotta sociale!
 
Madrid, 10 febbraio 2010
 José Pascual Rubio Cano
Segretario Relazioni Internazionali della CGT
http://www.cgt.org.es/spip.php?article1626

 (Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Persiste la militarizzazione.

La Jornada – Mercoledì 10 febbraio 2010

Nonostante la guerra antinarco continua ad essere lo stato con Maggiore presenza di militari

A 15 anni dall’offensiva in Chiapas contro lo zapatismo persiste la militarizzazione

HERMAN BELLINGHAUSEN

 A 15 anni dall’offensiva militare del governo federale di Ernesto Zedillo contro centinaia di comunità zapatiste in Chiapas, il 9 febbraio 1995, e davanti al crescente numero e gravità delle aggressioni contro questi stessi popoli, soprattutto nella selva Lacandona, collettivi ed organizzazioni aderenti all’Altra Campagna in diverse parti del paese hanno dichiarato che, “con la sua guerra di sterminio il malgoverno non vuole solo distruggere l’EZLN, ma la vita e la dignità dei popoli”.

Bisogna rilevare che l’occupazione decretata tre lustri fa è intatta ed anche adesso che si è militarizzato il territorio nazionale per combattere al crimine organizzato, il Chiapas continua ad essere l’entità con la maggiore presenza di effettivi militari.

“Quello che il governo sembra ignorare è che il progetto zapatista è arrivato molto oltre le nostre frontiere, vive in molte parti del mondo. Siamo in molti e non ci arrenderemo”, sostengono gli aderenti all’Altra Campagna.

Da parte sua, la Rete contro la Repressione e per la Solidarietà, anch’essa dell’Altra Campagna, si è espressa rispetto alle aggressioni alle basi zapatiste a Bolom Ajaw (municipio autonomo Comandanta Ramona) e Laguna di San Pedro, questi ultimi sfollati dei Montes Azules.

“Le azioni di intimidazione e sgombero effettuate dal malgoverno, utilizzando l’Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic), o in maniera diretta, confermano l’attività delle bande paramilitari col consenso e la tolleranza dei tre livelli di governo, con la finalità di spogliarli di quelle terre per fini di investimento in progetti turistici”.

Aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona raggruppati nell’Altra Jovel denunciano che il governo “crea, addestra ed arma gruppi paramilitari per orchestrare conflitti, come lo fa con la Opddic a Bolom Ajaw”. Sostengono che “copre queste aggressioni” e “per pulire la sua immagine finge di negoziare, mostrare buona volontà e rispettare i diritti umani”, immagine che cade davanti alla brutalità delle sue azioni ed alla sfacciataggine con cui cerca di appropriarsi di terre e territori autonomi zapatisti. La paura del malgoverno è talmente cresciuta che spende le sue risorse per creare un clima di terrore e violenza per poi giustificare un intervento militare”.

Inoltre, una decina di organizzazioni civili che formano la Rete per la Pace in Chiapas manifestano “profonda preoccupazione” per gli sgomberi avvenuti i giorni 21 e 22 gennaio nelle comunità indigene dei Montes Azules, ed allertano sul rischio di nuovi sgomberi “annunciati” da diverse fonti.

Denunciano che con “lo sgombero forzato di Laguna El Suspiro e Laguna San Pedro, molte garanzie e diritti fondamentali sono stati violentati, attentando all’integrità di bambini, donne e uomini che occupano la zona da tempi ancestrali”.

Gli operativi poliziesco-militari non sono stati i primi nei Montes Azules” per cui, “i progetti governativi di ‘pulizia territoriale’ per la creazione di circuiti turistici, si teme continuino a frammentare la vita comunitaria ed il tessuto sociale delle comunità a rischio di sgombero”.

La Rete per la Pace sottolinea “la parzialità” dei media locali per la loro “stigmatizzazione, senza previa investigazione e copertura delle diverse fonti non ufficiali”. Diffondendo “unicamente” la versione governativa dei fatti, “mettono a rischio l’integrità delle famiglie sfollate, dei difensori dei diritti umani e degli abitanti di altre comunità”. Le organizzazioni civili “con attività documentate nella zona” respingono “il pretesto di ‘conservazione e protezione delle risorse naturali’ utilizzato dai diversi livelli di governo per ottenere il controllo territoriale – che si traduce in sociale, politico ed economico – di una delle zone più ricche in biodiversità del Chiapas.” http://www.jornada.unam.mx/2010/02/10/index.php?section=politica&article=016n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Opddic mai indagata.

La Jornada – Mercoledì 9 febbraio 2010

Pendenti dal 2007 le accuse penali contro membri della Opddic

Ánglese Mariscal. Tuxtla Gutiérrez, Chis., 9 febbraio. Su componenti dell’Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic) pende, dal febbraio 2008, una denuncia penale per aggressioni, lesioni, minacce e tentativo di omicidio contro organizzazioni non governative e basi di appoggio dell’EZLN con le quali si contendono il possesso del podere Bolom Ajaw, che comprende le cascate di Agua Azul.  Il Centro di Analisi Politica e Ricerche Sociali ed Economiche (CAPISE) ed il Servizio Pace e Giustizia in America Latina con sede in Messico, avevano denunciato penalmente, nel febbraio del 2008, membri della cooperativa Ecoturismo Indígena Tzeltal de Cascadas de Agua Azul, membri della Opddic.  Secondo gli archivi di queste organizzazioni, dal 2001 la Opddic ha cercato di derubare 47 famiglie del villaggio Bolom Ajaw. Come parte di queste azioni, hanno realizzato aggressioni dirette contro le basi di appoggio. Una di queste avvenne nel dicembre del 2007, quando entrambe le organizzazioni accorsero ad una richiesta di aiuto dei simpatizzanti zapatisti. Per questo fatto fu presentata alla procura statale una denuncia penale che non ha mai avuto seguito.  D’altra parte, secondo le testimonianze degli abitanti di Bolom Ajaw raccolte dal CAPISE, autorità federali, attraverso la Commissione Nazionale per le Aree Naturali Protette, ha cercando di “ricollocare” le 47 famiglie basi di appoggio dell’EZLN col pretesto che questa è un’area di protezione della flora e della fauna. Tale azione è considerata dagli indigeni come un tentativo di esproprio. http://www.jornada.unam.mx/2010/02/10/index.php?section=politica&article=015n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Martedì 9 febbraio 2010

 Luis Hernández Navarro

Messico 2010: il murale di Siqueiros

Sui muri esterni dell’edificio del Rettorato della Città Universitaria, nel Distrito Federal, l’artista plastico comunista David Alfaro Siqueiros dipinse tre murales. Si intitolano Il popolo all’università, l’università al popolo; Le date della storia del Messico e Nuovo emblema universitario.

Le date della storia o il diritto alla cultura si trovano sul lato nord dell’edificio. Nell’opera si vede un braccio con due mani intrecciate con le date nelle quali sono avvenuti episodi fondamentali della storia del Messico: 1521, la Conquista; 1810, l’inizio dell’Indipendenza; 1857, anno di promulgazione della Costituzione liberale; Siqueiros lasciò l’ultimo anno in sospeso, così: “19??” Di quando in quando, mani anonime hanno riempito quello spazio in bianco con una data nella quale si annuncia la realizzazione di una nuova rivoluzione. Durante lo sciopero universitario del 1999 un pennarello cambiò i due punti interrogativi col numero 99.

Oggi, il paese intero sembra avere occupato il posto di quel murale. La voce che annuncia un nuovo sollevamento popolare nel 2010 è sulla bocca dei più diversi attori politici. Le voci non vengono solo dalla sinistra. Solo nel settembre del 2009, in maniera inusitata, José Narro, il rettore dell’Università Nazionale Autonoma del Messico, disse che sulla nazione incombe una minaccia di instabilità sociale. Alla fine dell’anno scorso, Miguel Alemán, ex governatore di Veracruz ed industriale, sottolineò che gli uomini d’affari non sono preoccupati per la crisi finanziaria, per la quale ci saranno sempre dei rimedi; quello che li inquieta è la crisi sociale ed il futuro del paese.

Carlos Slim Helú un paio di mesi fa ha segnalato che “urge evitare il sacrificio delle prossime generazioni”; che i nostri governi si sono limitati a seguire gli accomodamenti dettati dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale invece di elaborare piani di sviluppo propri; che per combattere efficacemente la povertà – al di là dell’assistenza sociale – si richiedono investimenti, attività economiche e creazione di posti di lavoro; incorporare i poveri alla classe media con sviluppo di capitale umano, educazione, salute e nutrizione; in poche parole, “una visione integrale, ambiziosa, forte, con una direzione chiara e di lungo termine”.

Per non essere di meno, lo scorso 18 gennaio Gerardo Gutiérrez Candiani, presidente della Confindustria della Repubblica Messicana (Coparmex), ha affermato che le cause che motivarono l’apparizione del movimento zapatista in Chiapas (povertà e diritti delle comunità indigene), il 1º gennaio 1994, continuano ad essere attuali. Secondo lui “la povertà e la disuguaglianza sociale continuano ad essere il maggiore debito sociale a 100 anni dalla Rivoluzione Messicana”.

La lista di chi, nel Messico di sopra, negli ultimi mesi ha esternato la sua preoccupazione per quello che potrebbe succedere quest’anno è molto lunga. Legislatori, politici, governatori, leader sindacali, in diverse occasioni hanno allertato sulla possibilità che si verifichi una sollevazione sociale. Alcuni la utilizzano, come fecero nel 1994, come un fantasma per negoziare col governo federale più finanziamenti, aiuti o concessioni di diverso tipo. Altri, dal potere, l’hanno trovata utile come pretesto per reprimere l’opposizione. Infine, alcuni più semplicemente vogliono indicare i rischi impliciti dell’insensibilità politica del governo federale in provvedimenti quali l’offensiva contro il Sindacato Messicano degli Elettricisti.

L’idea che quest’anno potrebbe verificarsi un’esplosione sociale non è nuova. Prese forza nel 2006, nell’ambito dell’Altra Campagna. Un anno più tardi, in un’intervista pubblicata dal quotidiano inglese The Guardian, il subcomandante Marcos, dopo aver tastato il polso al Messico del basso, segnalò che il “potere inconscio” dell’anno 2010, proprio quando si compie il secondo centenario dell’inizio della guerra di Indipendenza e l’anniversario dei 100 anni della Rivoluzione Messicana, “accenderà la miccia lasciata sul terreno dagli sforzi statunitensi di rendere più inaccessibile la frontiera bilaterale, per impedire a milioni di persone di scappare al nord per trovare lavoro”. 

Gli avvertimenti puntano ad un fatto centrale: l’esaurimento accelerato di un regime che vive i suoi ultimi rantoli. La nazione attraversa una crisi nella quale convergono molte crisi: economica, di pubblica sicurezza, ambientale, sanitaria, diplomatica, di governabilità. Benché ognuna abbia la propria dinamica, sono cresciute per l’incapacità del governo federale di affrontarle adeguatamente. 

Una dopo l’altra, le espressioni di scontento sociale spuntano in tutto il paese come bolle d’acqua in una pentola in ebollizione. Cittadini arrabbiati si scontrano con la polizia sempre più frequentemente. Si fanno giustizia da soli, a volte in maniera violenta. Il malessere affiora nello stesso modo sia nelle città che nelle campagne. Ne sono protagonisti in uguale misura uomini e donne, giovani e vecchi. È il fantasma di Fuenteovejuna(*).

Tuttavia, niente garantisce che nel 2010 questa rabbia riesca ad articolarsi in maniera organizzata. Nel caso si verifichi un’esplosione sociale, questa non ha una data precisa nel calendario, per quanto alcune mani vorrebbero riempire il vuoto che Siqueiros ha lasciato in bianco nel suo murale universitario. Nel frattempo la gerarchia cattolica e la destra si sono lanciate a fondo nell’opera di avanzare nella loro rivoluzione conservatrice. http://www.jornada.unam.mx/texto/017a1pol.htm

 (*) Fuente Ovejuna: dramma in versi di Lope de Vega scritto tra il 1612 e il 1614. A Fuente Obejuna avvenne effettivamente una rivolta nel 1476 nella quale fu ucciso Fernán Gómez de Guzmán, uno dei comandanti dell’ordine di Calatrava che sotto la guida del giovane gran maestro Rodrigo Téllez Girón, avevano attaccato Ciudad Real in appoggio a Giovanna la Beltraneja – N.d.T.  (Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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Appello della Rete per la Pace.

Da: medios <medios@frayba.org.mx>
Oggetto: [Info-cdhbcasas] Compartimos pronunciamiento de la REDPAZ por desalojos en Montes Azules.
 
Fratelli e sorelle,
“Nello sgombero forzato delle comunità Laguna El Suspiro (anche nota come El Semental) e Laguna San Pedro (nota come San Pedro Guanil), situate nel municipio di Ocosingo, molte garanzie e diritti fondamentali sono stati vilentati attentando così all’integrità di bambini, donne e uomini che occupano la zona da tempi ancestrali.”
Gubidcha Matus lerma
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Chiapas, Messico 9 febbraio 2010
  
Gli sgomberi nei Montes Azules pongono a rischio la Pace in Chiapas
  
Le organizzazioni civili che formano la Rete per la Pace in Chiapas, manifestano la profonda preoccupazione per gli sgomberi avvenuti lo scorso 21 e 22 gennaio 2010 in comunità indigene dei Montes Azules e sono in allerta per il rischio esistente di altri operativi di sgombero già annunciati da diverse fonti.
  
Nello sgombero forzato delle comunità Laguna El Suspiro (anche nota come El Semental) e Laguna San Pedro (nota come San Pedro Guanil), situate nel municipio di Ocosingo, molte garanzie e diritti fondamentali sono stati vilentati attentando così all’integrità di bambini, donne e uomini che occupano la zona da tempi ancestrali.
  
Gli operativi poliziesco-militari, coordinati da autorità federali e statali, non sono stati i primi nella zona dei Montes Azules per cui, a causa dei progetti governativi di “pulizia territoriale” per la creazione di circuiti turistici, si temono continuino a frammentare la vita comunitaria ed il tessuto sociale di alcune comunità che oggi sono a rischio di sgombero come: Nuevo San Gregorio, Nuevo Salvador Allende, Nuevo San Pedro, 6 de Octubre, Laguna Paraíso, Ojo de Agua el Progreso, Ojo de Agua La Pimienta, San Jacinto Lacanjá, Nueva Galilea, Chuncerro, Benito Juárez e Ranchería Corozal.
  
Esprimiamo la nostra preoccupazione per la parzialità dei Mezzi di Comunicazione nel trattamento dell’informazione, fondamentalmente per la stigmatizzazione senza previa investigazione e copertura delle diverse fonti non ufficiali. Riteniamo che la comunicazione pubblica che diffonde unicamente la versione governativa dei fatti, mette a rischio l’integrità delle famiglie sfollate, dei difensori dei diritti umani che le accompagnano e quella degli abitanti delle comunità minacciate di sgombero.
  
Come organizzazioni civili, con lavoro documentato nella zona, non accettiamo il pretesto di “conservazione e protezione delle risorse naturali” che è stato utilizzato dai diversi livelli di governo per ottenere il controllo territoriale che si traduce nel controllo sociale, politico ed economico di una delle zone più ricche di biodiversità del Chiapas.
  
Pertanto, rivolgiamo un appello al governo federale e statale affinché rispettino i diversi strumenti internazionali dei diritti umani, tra cui Il Trattato 169 dell’OIL che protegge il diritto al territorio di chi abita da tempi ancestra nella zona dei Montes Azules.
  
Distintamente
Organizzazioni che formano la Rete per la Pace
  
Educación para la Paz (Edupaz)
Centro de Investigaciones Económicas y Políticas de Acción Comunitaria, A.C. (Ciepac)
Desarrollo Económico y Social de los Mexicanos Indígenas, A.C. (Desmi)
Servicio Internacional para la Paz (Sipaz)
Comisión de Apoyo a la Unidad y Reconciliación Comunitaria, A.C. (Coreco)
Enlace Capacitación y Comunicación, A.C. (Enlace CC)
Servicios y Asesoría para la Paz, A.C. (Serapaz)
Centro de Derechos de la Mujer de Chiapas, A.C. (CDMCH)
Centro de Derechos Indígenas, A.C. (Cediac)
Comité de Derechos Humanos Fray Pedro Lorenzo de la Nada, A.C.
Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de las Casas, A.C. (Frayba)
Gubidcha Matus Lerma
Comunicación Social
Área de Sistematización e Incidencia / Comunicación
Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de Las Casas A.C.
Calle Brasil #14, Barrio Mexicanos,
San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, México
Código Postal: 29240
Tel +52 (967) 6787395, 6787396, 6783548
Fax +52 (967) 6783551
medios@frayba.org.mx
www.frayba.org.mx
(Traduzione “Maribel” – Bergamo)
 

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La Jornada – Martedì 9 febbraio 2010

Denunciate le basi zapatiste per gli scontri a Bolon Ajaw dove è morto un uomo e sono rimaste ferite 28 persone

Ángeles Mariscal. Tuxtla Gutiérrez, Chis., 8 febbraio. Membri dell’Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic) hanno presentato denuncia per i reati di danni, lesioni ed omicidio contro le basi di appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) con le quali si contendono la proprietà di Bolon Ajaw che fa parte del centro turistico noto come le Cascate di Agua Azul.  Secondo il procedimento 79/SE74-T2/2010 aperto dalla Procura Generale di Giustizia dello Stato (PGJE) per il caso Agua Azul, durante gli incidenti ha perso la vita Adolfo Moreno Estrada e sono stati registrati 13 feriti ricoverati in ospedale a causa della gravità delle ferite, oltre ad altre 15 persone con ferite più lievi.   Tra i ricoverati in ospedale cinque presentavano ferite da arma da fuoco, due da arma bianca e sei da colpi inferti con oggetti. Questa mattina, Alberto López Urbina, presidente della cooperativa che amministra il centro ecoturistico delle Cascate di Agua Azul, familiari dei membri della Opddic feriti, appoggiati da elementi dell’Organizzazione Campesina di San Andrés, situata nel municipio di Berriozábal, hanno realizzato un meeting nella capitale dello stato.   In un’intervista, López Urbina ha raccontato che lo scorso sabato mattina un gruppo di giovani collaboratori del centro turistico stavano lavorando la terra che è contesa con gli abitanti del municipio autonomo zapatista Comandanta Ramona, quando sono stati affrontati da questi ultimi.   Alcuni sono riusciti a scappare e ad avvisare dell’incidente. “Quando i compagni sono giunti sul posto per aiutarli, sono stati accolti con spari da coloro che si dichiarano basi di appoggio, simpatizzanti e militanti dell’EZLN nella regione; è stato allora che hanno ferirono i compagni”, ha raccontato.   I manifestanti hanno collocato striscioni sul portone del palazzo di governo con la scritta: “Sabines, vogliamo giustizia”, ed altre nelle quali chiedevano la liberazione dei giovani che si presume siano nelle mani dei membri del municipio autonomo. Gli appartenenti alla Opddic insistono nel dichiararsi proprietari del podere dove si trovano le Cascate di Agua Azul ed altre che non sono ancora state sfruttate turisticamente.   Il conflitto di Agua Azul o Bolon Ajaw è considerato dalle autorità statali e federali una questione ad elevata conflittualità dopo che nel marzo del 2003 si verificò il primo scontro per la disputa di 20 ettari di terreno.  http://www.jornada.unam.mx/texto/015n1pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Bolón Ajaw: 12 feriti.

La Jornada – Lunedì 8 febbraio 2010

12 indigeni feriti negli scontri per il possesso di Bolón Ajaw

Elio Henríquez e Ángeles Mariscal. Corrispondenti. Tuxtla Gutiérrez, Chis., 7 febbraio. Almeno quattro indigeni sono rimasti feriti da colpi d’arma da fuoco ed altri otto da armi da taglio (uno è grave) durante uno scontro tra basi dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) ed elementi dell’Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic) per il possesso della proprietà Bolón Ajaw.  Il secondo scontro tra i due gruppi dall’inizio dell’anno, è avvenuto sabato scorso, quando le basi di appoggio dell’EZLN hanno recuperato il terreno – da dove erano stati cacciati dai rivali della Opddic il 21 gennaio – e durante l’alterco 12 di loro sono rimasti feriti, ma non si sa quanti feriti ci siano dalla parte zapatista.   I due gruppi si contendono il possesso di Bolón Ajaw, situato nel municipio autonomo Comandanta Ramona, che è una riserva ecologica nella quale si trovano le cascate di Agua Azul ed un altro gruppo di cascate ancora vergini di cui avevano cura le famiglie zapatiste tzeltales.  “Gli zapatisti ci hanno attaccato di sorpresa e le donne hanno dovuto mettere uno steccato per tentare di fermarli, ma poi sono fuggiti lasciandosi dietro otto compagni che non sappiamo dove si trovino ora”, ha raccontato Alberto López Urbina, membro della Opddic.  A sua volta, il segretario di Governo del Chiapas, Noé Castañón, ha sollecitato le parti in conflitto a stabilire un tavolo di dialogo per risolvere la disputa, ed ha segnalato – in un comunicato – che la Segreteria di Pubblica Sicurezza e Protezione Cittadina ha inviato un gruppo di donne poliziotte disarmate in missione di aiuto. http://www.jornada.unam.mx/2010/02/08/index.php?section=politica&article=014n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Sabato 6 dicembre 2010

Los de Abajo

Appello alla riflessione

Gloria Muñoz Ramírez

La recente offensiva contro i villaggi indigeni dell’EZLN ha sollevato la protesta di attivisti e difensori dei diritti umani in Messico, Germania, Italia, Grecia, Spagna e Francia, tra altri paesi. La protesta che percorre l’Europa solidale è diretta alle autorità federali e del governo del Chiapas , che esortano “a riflettere urgentemente sulle misure che il governo del Messico sta mettendo in atto in relazione ai progetti ecoturistici su terre indigene, e le brutali conseguenze che questi rappresentano per i loro abitanti”. L’appoggio dei gruppi europei sempre attenti a quello che succede in Chiapas si è manifestato nuovamente dopo il 22 gennaio scorso è stato ordinato lo sgombero e la distruzione della comunità indigena Laguna San Pedro, nel municipio autonomo Ricardo Flores Magón, con l’intenzione di “rimboschire l’area e stabilire centri ecoturistici privati nei Montes Auzles, dentro la riserva della biosfera”.  Il governo dello stato ha giustificato l’azione e dichiarato che si tratta di azioni pacifiche. Ma, come ben sanno in Europa: “Non dicono che l’ordine è stato di incendiare le loro case, spogliandoli dei loro beni più elementari, distruggendo tutto in poche ore. Che queste donne, uomini, bambini ed anziani sono stati cacciati dalle loro case, spogliati dei loro attrezzi da lavoro, delle loro fonti di lavoro e sussistenza, dei loro costumi, ignorando incessantemente la legittimità dei loro diritti nella maniera più crudele”.  Il governo non dice nemmeno “che sul posto, accompagnati da centinaia di federali armati, c’erano numerosi elicotteri e giornalisti che non avrebbero raccontato fedelmente i fatti ai quali erano stati testimoni. Che una parte della popolazione è stata trasportata a Palenque obbligata dall’orrore delle circostanze. Che gli abitanti di El Suspiro sono stati costretti ad abbandonare la loro comunità e rifugiarsi in montagna e che quattro donne risultano tuttora scomparse. Che le loro famiglie sono disperate e chiedono di ritrovarle in una regione isolata e senza accesso a mezzi di comunicazione”, continua la lettera proveniente da Munster, Germania.  Dice bene la Confederazione Generale del Lavoro, dalla Spagna: “Non passa un solo giorno senza che dal Messico ci giungano notizie di sgomberi violenti, persecuzione, sparizioni e morte. Non cessano le aggressioni che il governo messicano, in tutti i suoi livelli, esercita contro gli uomini e le donne che, in basso e a sinistra, lottano per dignità, libertà e giustizia”. (Sicuramente se ne parlerà oggi nella riunione della Rete Nazionale Contro la Repressione, ad Apizaco, Tlaxcala) http://www.jornada.unam.mx/2010/02/06/index.php?section=opinion&article=012o1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Minacce contro Mitzitón.

La Jornada – Sabato 6 febbraio 2010

Aderenti all’Altra Campagna denunciano minacce contro gli ejidatarios di Mitzitón

Hermann Bellinghausen

Organizzazioni e collettivi aderenti all’Altra Campagna a San Cristóbal de las Casas, Chiapas, hanno denunciato provocazioni armate e minacce contro i loro compagni dell’ejido di Mitzitón, dove il 2 febbraio è stato sottratto il timbro delle autorità ejidales: “Il furto è stato opera di Francisco Gómez Díaz , che ha consegnato il timbro al gruppo di stampo paramilitare Ejército de Dios. I compagni si sono riuniti in assemblea il giorno 3, decidendo di trattenere il colpevole, attualmente detenuto nella prigione del villaggio, e sarà liberato solo quando il timbro sottratto non sarà restituito”, dichiarano.  Successivamente, alle ore 23 dello stesso giorno, sono state avvertite tre detonazioni di grosso calibro, e minuti dopo si sono sentiti altri due spari all’altezza del quartiere El Chivere, dove generalmente si ritrovano i membri del gruppo evangelico Ejército de Dios, parte della chiesa Alas de Águila.  Gli attivisti citano la recente minaccia di Mariano Díaz Ochoa, presidente municipale di San Cristóbal, “che dice che farà cadere il peso dalla legge se non libereranno l’aggressore”, ed aggiungono che “la cosa preoccupante del furto del timbro è che possa essere utilizzato per legittimare falsi accordi”. La denuncia non è oziosa. Già in precedenza ci sono state falsificazioni dolose di “accordi” di assemblee da parte degli evangelici e convalidate dalle autorità chiapaneche. I querelanti ricordano che il villaggio di Mitzitón “si è opposto alla minaccia di costruire l’autostrada San Cristóbal-Palenque che passerebbe sul loro territorio, e che l’Ejército de Dios si è dichiarato favorevole al passaggio di questa strada, causando lo scontro con la maggioranza degli ejidatarios che respingono il progetto, perché predatorio e solo a beneficio dei capitalisti e del governo”. Il conflitto si è acuito il 21 luglio 2009, quando era stato assassinato Aurelio Díaz Hernández dal gruppo religioso militarizzato guidato da Carmen Díaz López ed Esdras Alonso González. Inoltre, nei giorni scorsi è stato liberato Francisco Jiménez Vicente, membro di Alas de Águila, dopo solo quattro mesi di carcere per l’omcidio di Díaz Hernández.  L’Altra Campagna di San Cristóbal si è dichiarata “Contro le provocazioni del malgoverno e dei suoi alleati, che vogliono creare un clima di violenza per giustificare la militarizzazione ed ottenere lo sviluppo dei megaprogetti neoliberisti”.  In altri episodi apparentemente isolati, nei giorni scorsi gli evangelici sono stati associati a conflitti comunitari spacciati per “conflitti religiosi”, con incendio di case in due comunità vicine a Mitzitón: Los Llanos (municipio di San Cristóbal) e Flores Magón (Teopisca).  Le autorità della rancheria San Antonio Sibacá (Teopisca) hanno negato di avere problemi “religiosi”, perché “cattolici e protestanti siamo testimoni che stiamo vivendo in pace e tranquillità, ma ci sorprende che Manuel Hernández de la Cruz abbia denunciato pubblicamente che i cattolici gli hanno bruciato la casa”.  Smentendo la versione sulla stampa locale (2 febbraio) secondo cui “per divergenze religiose” una casa di proprietà di evangelici di Flores Magón è stata bruciata “per essersi rifiutati di cooperare per la festa del Niño Dios“, i cattolici di Sibacá negano di essere i responsabili; “al contrario ci addolora quanto successo, e per fortuna lì non ci viveva ancora nessuno”. Inoltre, precisano, “il luogo dove è stata bruciata la piccola casa non è sul nostro territorio, ma sull’ejido Flores Magón, e questo signore ha il terreno nelle due comunità”.  Riferiscono che cinque anni fa “sono arrivati nella nostra ranchería Enemecio Jiménez Vicente, Juan Carlos Jiménez Vicente, Domingo Heredia Díaz e Domingo Vicente Hernández, compagni di Edras Alonso che sono stati coinvolti nei problemi di Mitzitón ed ora li stanno provocando a Sibacá, malaconsigliando agli evangelici a non rispettare più gli accordi comunitari”. http://www.jornada.unam.mx/2010/02/06/index.php?section=politica&article=012n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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Sgomberi nei Montes Azules.

La Jornada – Venerdì 5 febbraio 2010

ONG denunciano gli sgomberi degi indigeni nei Montes Azules

Hermann Belinghausen. Inviato. Davanti agli “sgomberi forzati” nei Montes Azules, Chiapas, “perpetrati dai governi federale e statale”, e la “minaccia imminente di nuovi sgomberi di comunità indigene” insediate in quella parte della selva Lacandona, diverse ONG hanno emesso un’azione urgente rivolta alle autorità. Le organizzazioni civili sostengono che “è falso che lo sgombero forzato e la politica di riordino territoriale intrapresa nei Montes Azules sia rispettosa dei diritti umani; al contrario, prescindendo da questi, lo Stato messicano promuove il furto, l’incertezza giuridica e colpisce seriamente la possibilità delle famiglie indigene di costruirsi un progetto di vita degna”. Ricordano che il 26 gennaio, autorità ambientali – statali e federali – “hanno comunicato di promuovere circuiti turistici della Ruta Maya che includeranno siti certificati come turismo naturale per una strategia di sviluppo e conservazione della selva Lacandona”. Inoltre, è stato comunicato che prossimamente saranno sgomberate le comunità Nuevo San Gregorio, Nuevo Salvador Allende, Nuevo San Pedro, 6 de Octubre, Poblado Laguna El Suspiro, Ojo de Agua el Progreso e San Jacinto Lacanjá.  Il Comitato dei Diritti umani Fray Pedro Lorenzo de la Nada, il Servizio di Consulenza per la Pace (Serapaz) ed il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas chiedono al governo di indennizzare e risarcire del danno causato alle famiglie sfollate, e che”si astenga da eseguire nuovi sgomberi e modifichi la sua politica di regolarizzazione nelle regioni indigene del Chiapas, in particolare nei Montes Azules, in modo che garantisca giustizia ed uguaglianza rispetto a diritti ed interessi che riguardano comunità ed organizzazioni, avendo cura di attenersi in ogni momento alla normativa internazionale in materia di diritti umani”.  I giorni 21 e 22 gennaio sono stati realizzati due operativi di espuslsione nelle comunità Laguna El Suspiro e Laguna San Pedro (municipio ufficiale Ocosingo), quest’ultima composta da basi di appoggio dell’EZLN. E’ stata un’azione coordinata tra la polizia specializzata della Procura Generale di Giustizia dello Stato, la Segreteria per la Sicurezza e Protezione Cittadina, la Procura Generale della Repubblica, la Procura Federale per la Protezione dell’Ambiente, la Commissione Nazionale per le Aree Naturali Protette e rappresentanti dei diritti umani dello stato.  Secondo le testimonianze delle famiglie sfollate da El Suspiro – il 21 gennaio – intorno alle 11 circa sono arrivati tra i tre e cinque elicotteri, dai quali sono scesi 60 poliziotti in uniformi di colore nero o mimetiche. “I poliziotti hanno tirarono fuori di casa in maniera violenta María Cortés Pérez e Magdalena García Cortés, per farle salire a forza sull’elicottero ed essere trasortate a Palenque”. Lo sgombero è stato fatto senza preavviso, senza che venisse mostrato alcun documento ufficiale, senza nessuna spiegazione né permettere alla gente di portare bagagli. La mattina seguente sono atterrati quattro elicotteri a Laguna San Pedro. La comunità è stata circondata da circa 250 poliziotti che hanno trascinato gli indigeni fino ad un elicottero.  A Palenque le famiglie sfollate sono state interrogate da Marcos Minor Flores, agente del Pubblico Ministero della Procura del Distretto Selva che ha insistito a chiedere loro “dov’erano i terreni coltivati a droga”. Dopodiché, gli indigeni sono stati costretti a firmare un documento senza conoscerne il contenuto. “Non è stato fornito loro né un interprete né un avvocato”, aggiungono le ONG.  A loro volta, organizzazioni sociali di Ocosingo nei giorni scorsi hanno denunciato l’esistenza di minacce e persecuzione contro le comunità Nueva Galilea, Benito Juárez, Ojo de Agua La Pimienta e Chuncerro, sempre nei Montes Azules. http://www.jornada.unam.mx/2010/02/05/index.php?section=politica&article=014n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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La ‘giustizia’ dei narcos.

IL MESSICO E LA GIUSTIZIA DEI NARCOS

 di Federico Mastrogiovanni

Città del Messico.  Il mese di gennaio si è chiuso in Messico con il più alto numero di omicidi legati alla criminalità e al narcotraffico nell’ultimo mandato del presidente della Repubblica. La cifra è spaventosa: 908 morti in un mese, una media di trenta omicidi al giorno, in un paese che sotto il governo di Felipe Calderón, instauratosi nel 2006, ha raggiunto la cifra di 17.793 omicidi. Gli ultimi due massacri sono avvenuti quasi contemporaneamente in due città del nord, non lontano dal confine americano, la notte tra sabato e domenica scorsi. A Torreon, nello Stato di Coahuila, intorno alla mezzanotte, un commando di almeno dieci persone a bordo di Hummer e suv ha fatto irruzione nel bar El Ferrie di Torreon, sparando su un gruppo di giovani. Il bilancio è di 10 morti e almeno 15 feriti, quasi tutti sotto i 25 anni. Contemporaneamente a Ciudad Juárez, nello Stato di Chihuahua, che da 25 mesi consecutivi è lo Stato messicano con il più alto numero di esecuzioni, e che in gennaio ha registrato 331 omicidi, un altro commando di 15 pistoleros, si è presentato a una festa privata e ha fatto fuoco sugli invitati. I morti sono 18, quasi tutti adolescenti, tra i 15 e i 17 anni. In questo caso una delle vittime era stato testimone, pochi giorni prima, di un’altra esecuzione. Queste cifre testimoniano un clima di violenza che sembra in continuo aumento. Ma soprattutto mostrano la debolezza di uno Stato di fronte all’impunità di organizzazioni criminali che controllano molta parte del territorio messicano, soprattutto al nord. Ma il livello di attenzione comincia a salire anche nel Distrito Federal, dove tradizionalmente per un tacito accordo tra cartelli del narco e istituzioni, non si verificavano casi di esecuzioni. Alle 5 di mattina del 25 gennaio, nel bagno del Bar Bar, sulla trafficatissima e centrale Avenida Insurgentes, l’attaccante della Nazionale di calcio del Paraguay, Salvador Cabañas, che milita in una delle squadre di Città del Messico, è stato aggredito da un uomo che gli ha sparato un colpo di pistola in testa. Cabañas si sta riprendendo dalla ferita anche se è in condizioni critiche. Il controllo del territorio e l’impotenza delle istituzioni, negli Stati dove le famiglie del narco sono più radicate e potenti, si misura in molti modi. Uno di questi è l’impossibilità di delinquere al di fuori delle famiglie. Si tratta di veri e propri poteri paralleli, armati meglio dell’esercito, con più denaro e più uomini delle forze di polizia. Nel municipio di Zamora, Stato di Michoacan, negli ultimi tempi sono sempre più i casi di rateros (ladri) e violentatori, fustigati, torturati e obbligati dai membri della Familia , il potente cártel di Michoacán, a camminare per le strade principali della città, nudi in pieno giorno, mostrando i segni delle torture, e portando appesi al collo cartelli che recitano “sono un ladro e un violentatore, questo è quello che mi merito”. La legge in queste zone la fanno i cartelli del narco, nonostante la massiccia presenza di esercito e forze di polizia, dispiegate dal governo di Felipe Calderón. Ciò che contraddistingue le violenze degli ultimi anni, oltre al numero delle vittime, è l’efferatezza dei crimini, in un contesto in cui le istituzioni risultano impotenti e incapaci di proteggere la popolazione, che a sua volta vive in un continuo stato di agitazione e paura. Quando per le strade di una piccola comunità come quella di Apatzingán, un municipio di 90mila abitanti nello Stato di Guerrero, compaiono sei cadaveri decapitati, e vengono ritrovate le teste a centinaia di metri di distanza dai corpi, segnate con una zeta incisa sulla fronte, che non è la firma di Zorro, ma degli Zetas, uno dei cartelli più sanguinari e potenti del paese, e se questo succede quasi tutti i giorni in tutto il Messico, è evidente che la situazione sia disperata e le politiche adottate non sono adeguate al problema. Ormai in città come Culiacán, capitale dello Stato di Sinaloa, molti cittadini hanno tolto il clacson dalle loro automobili per non correre il rischio di imbattersi in qualche appartenente al cártel di Sinaloa e suonargli per sbaglio. La conseguenza potrebbe essere quella di venire assaltati a colpi di pistola in pieno giorno. Il 2010 in Messico è un anno importante, poiché ricorrono i 200 anni dell’Indipendenza e i 100 della Rivoluzione. È un anno di aspettative e festeggiamenti. E in molti cominciano a credere che grazie alla narcotizzante passione per il calcio, con l’attenzione sviata dalla nazionale impegnata in Sudafrica, mentre tutti sono distratti dall’euforia le famiglie del narco sferreranno l’attacco definitivo alle istituzioni e prenderanno il potere. Quello che sembra inverosimile di questa teoria del complotto è proprio l’idea di “prendere le istituzioni”, da parte delle organizzazioni criminali che di fatto il controllo del paese lo hanno già. Probabilmente non ci sarà bisogno di gesti eclatanti. Se la risposta della politica rimarrà la stessa, i record negativi del Messico continueranno ad essere superati da altri ancor più spaventosi.

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Spari contro simpatizzanti EZLN.

La Jornada – Mercoledì 3 febbraio 2010

Aggressione armata contro tzeltales simpatizzanti dell’EZLN

Hermann Bellingahusen. Inviato. Bachajón, Chis., 2 febbraio. Indigeni aderenti all’Altra Campagna dell’EZLN – residenti nel podere Virgen de Dolores – sono stati aggrediti a colpi d’arma da fuoco da elementi dell’Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic) “ingaggiati dai rancheros“, come hanno denunciato le autorità ejidali di San Sebastián Bachajón, municipio di Chilón, Chiapas.   I fatti risalgono al 28 gennaio scorso e si sono verificati su “terre recuperate dagli indigeni”, sostengono gli ejidatari tzeltales. “I compagni aderenti all’Altra Campagna sono stati provocati e affrontati con armi di grosso calibro alle ore 8 di sera nel rancho Dolores, dove vivono attualmente”.  Gli aggressori sono di “un gruppo di paramilitari appartenenti alla Opddic”, tra i quali erano presenti l’agente municipale Abraham Vázquez Díaz, e con lui, “un totale di 14 persone armate, ben note agli abitanti”.  Secondo il comunicato, sono stati ingaggiati “dai rancheros Trujillo e Ballinas, del capoluogo municipale, e da Sebastián Encino Gutiérrez”, ex sindaco di Chilón. “Dal momento della provocazione i contadini del podere sono in allerta e montano guardie per prevenire un nuovo attacco”, aggiunge la denuncia. “Riteniamo responsabili i rancheros di qualsiasi nuova aggressione o provocazione.”   Sostengono che “l’occupazione e la difesa” delle terre (alle quali hanno diritto da decenni, ma che sono state loro sempre sottratte) è per difendere il loro diritto all’autonomia. http://www.jornada.unam.mx/2010/02/03/index.php?section=politica&article=016n2pol 

Denuncia originale http://enlacezapatista.ezln.org.mx/denuncias/2898

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Sgomberi a La Garrucha.

La Jornada – Domenica 31 gennaio 2010

Il governo vuole realizzare centri ecoturistici

Gli zapatisti denunciano lo sgombero e la distruzione di una comunità indigena

Hermann Bellinghausen, inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis. 30 gennaio. La giunta di buon governo (JBG) El camino del futuro, con sede nel caracol di La Garrucha, questo venerdì ha denunciato lo sgombero e distruzione della comunità indigena Laguna San Pedro, nel municipio autonomo Ricardo Flores Magón, lo scorso 22 gennaio. L’intenzione governativa dichiarata è “rimboschire” l’area e stabilire centri ecoturistici privati nei Montes Azules, dentro la considerata riserva della biosfera.

Mentre le case degli indigeni bruciavano, racconta la JBG, gli zapatisti sono stati costretti a salire sugli elicotteri per essere trasferiti nella città di Palenque, dove hanno sofferto “fame e freddo” in un rifugio fino a che non hanno ricevuto assistenza da organizzazioni civili indipendenti.

Come già successo in precedenti occasioni, l’operativo è stato preceduto da un’opportuna “richiesta” al riguardo delle autorità lacandone insediate a Lacanjá Chansayab, padroni legali di 600 mila ettari di selva ed abituale ariete per espellere i coloni dai Montes Azules.

Prima dello sgombero le forze inviate dal “malgoverno federale, statale perredista di Juan Sabines Guerrero e del presidente municipale (panista) di Ocosingo Carlos Leonel Solórzano hanno realizzato un operativo con poliziotti federali, accompagnati da funzionari della Procura Federale dell’Ambente (Profepa)”, chche hanno sorvolato con quattro elicotteri il villaggio Laguna San Pedro “per impaurire la popolazione”, racconta la JBG. Questa segnala che hanno partecipato all’azione poliziotti statali e federali, truppe dell’Esercito, funzionari del governo, cameraman e giornalisti. Una volta a terra, i funzionari “parlavano con gli uomini e le donne mentre i poliziotti ne approfittavano per bruciare le case delle basi di appoggio zapatiste”.

Com’è possibile che “il malgoverno parli di dialogo mentre i suoi poliziotti ed Esercito bruciano i beni dei compagni?”, chiede la JBG del caracol Resistencia hacia un nuevo amanecer. “Com’è possibile che il malgoverno cacci gli indigeni chiapanechi e messicani mentre occupa la terra per la costruzione di centri turistici per altre nazioni?”

Bisogna ricordare che dopo lo sgombero il governo statale ha annunciato che nei prossimi giorni saranno sgomberati altri sei villaggi, compreso il 6 de Octubre, anche questo zapatista, oltre a Nuevo San Gregorio, Ranchería Corozal e Salvador Allende, tra altri. Si sommerebbero a Suspiro, Buen Samaritano, Nuevo Salvador Allende ed alla citata Laguna San Pedro che il governo chiama San Pedro Guanil.

L’ex governatore panista dello Yucatan, Patricio Patrón Laviada, titolare della Profepa, nei giorni scorsi ha visitato il Chiapas per concordare queste azioni col segretario di Governo dell’entità, Noé Castañón León, che martedì 26 ha reso noto l’accordo di “rimboschire” e stabilire un centro ecoturistico dentro i Montes Azules, si presume a favore degli abitanti di Nueva Palestina, membri secondari della cosiddetta “comunità lacandona” e responsabili impuni del massacro di Viejo Velasco Suárez, nel 2006, anche in questo nei Montes Azules.

Lo “sviluppo ecoturistico” faceva parte dei progetti di investimento dell’industriale Moisés Saba, morto settimane fa in un incidente in elicottero alla periferia di Città del Messico. Un altro suo progetto era la produzione di biodisel su un migliaio di ettari di selva. Sembra che i progetti proseguano, almeno per i governi statale e federale. Secondo Castañón León, si promuoverà “l’uso sostenibile” delle risorse naturali con progetti di “sviluppo comunitario” (per i lacandoni ed i loro soci), “educazione ambientale e circuiti turistici della ruta maya“.

La JBG accusa il governo di “mentire e imbrogliare, di bruciare le case degli indigeni”, mentre i giornali parlano del ricollocamento degli zapatisti di Laguna San Pedro, ai quali sono state distrutte le abitazioni, saccheggiato il negozio cooperativo e causato perdite di alberi da frutta, mais, fagioli, indumenti e attrezzi da lavoro. I danni materiali ammontano a 585 mila pesos, oltre alle terre, che come usano dire gli zapatisti, non hanno prezzo. http://www.jornada.unam.mx/2010/01/31/index.php?section=politica&article=007n2pol

Comunicato originale della JBG. http://enlacezapatista.ezln.org.mx/jbg/2894

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Mercoledì 27 gennaio 2010

Il vescovo emerito Samuel Ruiz ha visitato il professor Alberto Patishtán Gómez nel carcere di San Cristóbal, riconoscendo la sua lotta per integrità di spirito

Hermann Bellinghausen, inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis. 26 gennaio. Il professor Alberto Patishtán Gómez, membro di La Voz del Amate e aderente all’Altra Campagna, ha ricevuto oggi nel carcere di San Cristóbal il riconoscimento jTatic Samuel jCanan Lum, conferitogli dal vescovo emerito Samuel Ruiz García e da diverse organizzazioni civili. Il professore tzotzil “è stato in tre prigioni diverse del Chiapas in 9 anni di ingiusta detenzione”.  Il riconoscimento è stato consegnato dallo stesso Tatic (padre) il quale, accompagnato dar ex detenuti politici, ha visitato Patishtán in prigione, “per essere un esempio di come un essere umano può mantenere il suo spirito integro, condividendo le sue virtù con amore e semplicità con altre persone private della loro libertà”.   Patishtán si è definito “recluso ingiustamente per reati fabbricati e condannato arbitrariamente”, ed ha ringraziato Ruiz García per la sua visita. Il riconoscimento “mi dà il coraggio di continuare a perseguire sempre la libertà e la difesa dei nostri fratelli oppressi ed emarginati e privati dei propri diritti”.  Hanno ricevuto il riconoscimento anche altre organizzazioni cattoliche indigene: la Sociedad Civil Las Abejas di Acteal, il Coordinamento Diocesano delle Donne (Codimuj) e Teologia India Ecumenica Mayense. Sono stati riconosciuti “per il loro lavoro quotidiano e servizio comunitario, per la difesa del loro popolo, per amare, curare e difendere gli oppressi e lottare per la loro liberazione”.  I riconoscimenti sono stati conferiti nel contesto del 50° anniversario episcopale di Ruiz García, che arrivò in questa città nel 1960. (…) Le organizzazioni hanno spiegato che la denominazione del riconoscimento “riassume il senso che i popoli indigeni del Chiapas hanno trovato al servizio di Don Samuel”, e che jCanan Lum significa “colui che si prende cura del suo popolo, che lo ama e lo difende, che preserva la vita, la terra e la natura”.   L’evento è stato convocato dal Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas, dalla Commissione di Appoggio all’Unità e Riconciliazione Comunitaria (Coreco), da Sviluppo Economico Sociale dei Messicani Indigeni (Desmi), dall’Istituto di Studi e Ricerche Interculturali (Inesin), da Servizi e Consulenza per la Pace (Serapaz), dal Servizio Internazionale Cristiano di Solidarietà con i popoli dell’America Latina (Sicsal) e dal Servizio Internazionale per la Pace (Sipaz). (….) http://www.jornada.unam.mx/2010/01/27/index.php?section=politica&article=012n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Sgomberi nei Montes Azules.

La Jornada – Mercoledì 27 gennaio 2010

Gli insediamenti nei Montes Azules saranno ricollocati. Il governo annuncia percorsi eco turistici 

Ángeles Mariscal, corrispondente. Tuxtla Gutiérrez, Chis., 26 gennaio. Il governo del Chiapas ha comunicato che sette villaggi situati nella riserva della biosfera dei Montes Azules, tra questi essi Ranchería Corozal, Nuevo San Gregorio, 6 de Octubre e Salvador Allende, abitati da oltre 20 anni, dovranno essere ricollocati al fine di preservare l’ecosistema.   In conferenza stampa, le autorità ambientali statali e federali hanno informato che stanno sviluppando “uno schema di percorsi turistici della ruta maya che comprenda luoghi certificati come turismo naturale, come strategia di sviluppo e conservazione della selva Lacandona”.   Il Segretario di Governo dell’entità, Noé Castañón, ha comunicato che, come parte della strategia ufficiale di conservazione, dal 2003 ad oggi gli abitanti di 32 villaggi hanno abbandonato volontariamente la regione e quattro sono stati sgomberati.   Tra questi ultimi si trovano El Semental e San Pedro Guanil, i cui abitanti sono stati cacciati dalla selva il 20 gennaio scorso, e El Buen Samaritano e Nuevo Salvador Allende, sgomberati prima.   “Attualmente rimangono nella selva Lacandona solo sette gruppi irregolari con i quali il governo del Chiapas mantiene un dialogo per fare in modo che se ne vadano volontariamente”, ha dichiarato il funzionario.  Secondo gli studi dei governi federale e statale, gli abitanti di Ranchería Corozal, Nuevo San Gregorio, 6 de Octubre e Salvador Allende vivono nella riserva da 20 anni ed alcuni villaggi sono composti da oltre 20 famiglie di indigeni di differenti etnie.  Noé Castañón ed il direttore regionale della Commissione Nazionale delle Aree Naturali Protette, Francisco Javier Jiménez González, hanno sottolineato che gli insediamenti non possono rimanere perché “hanno provocato un grave deterioramento degli ecosistemi”.   Hanno spiegato che una volta che gli abitanti delle sette comunità se ne saranno andati, la zona che attualmente occupano sarà rimboschita e si promuoverà l’uso sostenibile delle risorse naturali con progetti di sviluppo comunitario, educazione ambientale e circuiti turistici della ruta maya. http://www.jornada.unam.mx/2010/01/27/index.php?section=estados&article=031n2est

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Domenica 24 gennaio 2010

Arrestati 2 indigeni nei Montes Azules

Ángeles Mariscal, corrispondente. Tuxtla Gutiérrez, Chis., 23 gennaio. Poliziotti statali ed agenti della Procura Federale per la Protezione dell’Ambiente (Profepa) che hanno realizzato l’operativo di sgombero nella riserva ecologica dei Montes Azules, hanno fermato due indigeni per presunto possesso di armi.  Manuel Aguilar Cruz e Manuel Aguilar Silvano, indigeni senza terra arrivati nella selva alla ricerca di un posto dove sistemare le proprie famiglie, sono stati fermati mercoledì scorso 20 gennaio durante l’operativo nel villaggio San Pedro Guanil e, secondo la Procura di Giustizia statale, erano in possesso di una carabina calibro 22 e un’altra AK-47, e di 28 cartucce.   Gli altri coloni – uomini, donne e bambini – sono stati portati nel municipio di Palenque dove sono iniziate le trattative con le autorità per il loro ricollocamento; mentre gli indigeni che vivevano nel villaggio El Semental sono fuggiti nella selva al momento dello sgombero e si ignora dove si trovino ora.  El Semental era già stato sgomberato in due occasioni ma i suoi abitanti sono ritornati e questa volta – per impedire loro di tornare – il bestiame edi loro beni sono stati sequestrati, le abitazioni e le coltivazioni distrutte, e la zona è sotto stretta sorveglianza della polizia. http://www.jornada.unam.mx/2010/01/24/index.php?section=politica&article=008n4pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Domenica 24 gennaio 2010

Elementi della Opddic invadono la comunità zapatista Bolón Ajaw

Hermann Bellinghausen, corrispondente. Un gruppo di indigeni priisti armati provenienti dall’ejido Agua Azul (municipio ufficiale di Tumbalá), la mattina di giovedì scorso hanno invaso le terre della comunità zapatista Bolón Ajaw. Gli invasori avevano armi e machete, “pronti ad usarli per colpire i nostri compagni”, ha denunciato questo sabato la giunta di buon governo (JBG) Corazón del arcoiris de la esperanza, del caracol di Morelia.   I 57 aggressori, membri dell’Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic), indicata ripetutamente come paramilitare, durante l’azione usavano apparecchi di telecomunicazione e si sono messi subito a fumare marijuana e costruire tre capanne di 3 metri per 4 con tetto di foglie di palma sulle terre recuperate dalle basi di appoggio dell’EZLN, sulle quali gli invasori della Opddic non hanno alcun diritto agrario. Ciò nonostante, la JBG assicura che “stanno cercando lo scontro tra indigeni occupando un terreno che si trova dentro il nuovo ejido Bolón Ajaw, municipio autonomo Comandanta Ramona”, con il falso pretesto di un problema agrario.  Il gruppo filogovernativo è entrato nel terreno alle otto di mattina del giorno 21, “con atteggiamento aggressivo, brandendo i machete”, oltre che ad alcune pistole calibro 38 e 22, “e quattro persone avevano delle ricetrasmittenti”. Secondo la JBG, l’invasione era guidata da Adolfo Moreno Estrada, Miguel Silvano Pérez, Adolfo Luna López, Geremías López Hernández, Óscar García López, Salomón Moreno López, José Alberto Urbino López, accompagnati “dall’avvocato” Horacio Chipis Gallegos che “è arrivato da poco nell’ejido Agua Azul”, ma quelli della Opddic “gli hanno già costruito la casa”.   La giunta zapatista denuncia che il proposito degli invasori è doppio: “per primo, ci sono le cascate di Bolón Ajaw, ed il secondo proposito è la terra e le sue risorse naturali”.   Il fatto segna la ripresa delle aggressioni frontali dei paramilitari (ed in occasioni precedenti anche di agenti di polizia) contro la comunità autonoma Bolón Ajaw, vicina allo stabilimento balneare delle cascate di Agua Azul, e situata su un altro gruppo di cascate a valle, fino ad ora vergini, di cui si prendono cura le famiglie tzeltales zapatiste della comunità.  Nei mesi precedenti, le aggressioni paramilitari, poliziesche e militari sono state rivolte apertamente contro le comunità aderenti all’Altra Campagna nella stessa zona (San Sebastián Bachajón, Xanil e Jotolá). Sembrava che le ostilità della Opddic contro gli zapatisti di Bolón Ajaw fossero diminuite nel 2009. Non così nello stabilimento balneare di Agua Clara, nella stessa regione, dove gruppi filogovernativi, appoggiati da poliziotti statali, hanno mostrato ostilità contro le basi di appoggio dell’EZLN.   “Siccome conosciamo bene queste persone che sostengono i piani di Felipe Calderón e di Juan Sabines di volere fare affari con le nostre ricchezze naturali, immaginiamo che siano anche affamati di soldi senza però prendere in considerazione le conseguenze di questo”, afferma la JBG.   Le basi di appoggio del municipio autonoma Comandanta Ramona dichiarano nel comunicato: “Non consegneremo le ricchezze naturali, le difenderemo in ogni modo”. http://www.jornada.unam.mx/2010/01/24/index.php?section=politica&article=008n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo) 

Il comunicato completo della JBG: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/jbg/2864?utm_source=feedburner&utm_medium=email&utm_campaign=Feed%3A+EnlaceZapatista+%28Enlace+Zapatista%29&utm_content=Yahoo%21+Mail

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La Jornada – Giovedì 21 gennaio 2010

La Cocopa chiede di non promulgare la legge indigena del Chiapas

Ángeles Mariscal, corrispondente. Tuxtla Gutiérrez. La Commissione di Concordia e Pacificazione (Cocopa) ha chiesto al governatore del Chiapas, Juan Sabines Guerrero, di sospendere la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Statale della Legge sui Diritti Indigeni dell’entità, per portarla a consultazione tra i gruppi coinvolti direttamente dalla legge approvata dal Congresso locale il 30 dicembre scorso. Con la legge, risultato di un’iniziativa dell’Esecutivo del Chiapas, si vuole plasmare i principi normativi del diritto alla libera determinazione e autonomia contenuti negli accordi di San Andrés Larráinzar. Durante una riunione che i senatori e deputati federali che compngono la Cocopa hanno tenuto il 13 gennaio scorso, e che è stata trasmessa dalla TV, il presidente dell’organismo, Jaime Martínez Veloz, ha spiegato che il capitolo 6 del Trattato 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro rileva la necessità che qualunque legislazione al riguardo passi per un processo di consultazione con i popoli indios, cosa che non è stata fatta in questo caso, e questo avrebbe suscitato le critiche di coloro che sono stati consulenti dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. Il deputato federale petista Amadeo Espinoza Ramos ha detto che la “speranza” della Cocopa è “che da parte zapatista arrivi la loro opinione. Sarebbe un passo molto importante che le comunità indigene partecipino e comincino ad accettare la presenza governativa nel suo insieme”. http://www.jornada.unam.mx/texto/008n3pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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La Jornada – Martedì 19 gennaio 2010

 Confederazione degli Industriali della Repubblica Messicana (Coparmex): Persistono le cause motivo della sollevazione zapatista

Juan Carlos Miranda.  Le cause che diedero origine all’apparizione del movimento zapatista in Chiapas (povertà e diritti delle comunità indigene) il primo gennaio 1994, lo stesso giorno dell’entrata in vigore del Trattato di Libero Commercio dell’America del Nord (TLCAN) continuano ad essere attuali malgrado “per molti la firma dell’accordo rappresentasse il nostro ingresso nella modernità”, ha dichiarato la Confederazione degli Industriali della Repubblica Messicana (Coparmex).   Nel suo messaggio settimanale, l’organizzazione ha fatto una riflessione su due eventi che, ritiene, hanno segnato la storia recente del Messico: l’entrata in vigore del TLCAN e la comparsa dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN).   “Il Messico di oggi e le sue grandi sfide non si capirebbero senza l’influenza di questi due avvenimenti”, ha affermato.   La Coparmex afferma che sebbene il Trattato di Libero Commercio abbia rappresentato benefici per il paese, “non tutti i settori economici hanno ottenuto risultati incoraggianti”. Aggiunge che nonostante l’accordo che rappresentava – secondo l’organizzazione – l’ingresso del Messico nella dinamica economico mondiale, col quale si è lasciò dietro un modello di sviluppo basato sul protezionismo, “ancora il 51% dei messicani vive nella povertà e quasi 19,5 milioni in povertà estrema”.   Il presidente di Coparmex, Gerardo Gutiérrez Candiani, sostiene che la comparsa dell’EZLN fu la dimostrazione che non tutti i messicani erano d’accordo con l’apertura commerciale e col nuovo modello di sviluppo che si proponeva.    Al di là della polemica sull’origine e gli “obiettivi reali” dell’Esercito Zapatista, così come la sua espressione violenta, con la quale – ha detto – gli industriali non sono d’accordo, questo movimento ha inserito nell’agenda nazionale l’emarginazione e la povertà che soffre una grande parte della società, ed il fatto che il Messico è un paese plurale dove convergono distinte culture e concezioni sullo sviluppo e l’organizzazione sociale.   In questo senso ammette che “la povertà e la disuguaglianza continuano ad essere il maggiore debito sociale a 100 anni dalla Rivoluzione Messicana”.   Suggerisce che sarebbe opportuno che nell’attuale discussione sulla riforma dello Stato si riprendesse la questione dei diritti indigeni, in modo che si riconoscano pienamente queste garanzie collettive senza andare contro i principi costituzionali, poiché “ci sono state varie riforme sui diritti politici e culturali delle comunità indigene, ma senza l’avallo di molti dei loro rappresentanti”.   Rispetto al TLCAN, Candiani segnala che si devono riconoscere i benefici che questo ha portato a Messico, Canada e Stati Uniti. “A 16 anni, il volume dell’economia dei tre paesi è raddoppiato, il commercio triplicato e sono stati creati 40 milioni di posti di lavoro nella regione su una popolazione superiore a 440 milioni di individui”.   Inoltre, il Messico è diventato uno dei maggiori destinatari di investimenti stranieri del mondo, assorbendo più di 156 mila milioni di dollari dai suoi due soci in 15 anni, ed è diventato una potenza industriale ed esportatrice.   Tuttavia, fa notare che il grande punto in sospeso del Messico rispetto al trattato commerciale e agli altri accordi simili stipulati con altri paesi o blocchi regionali, è integrare le sue piccole e medie imprese alla dinamica del commercio internazionale, sia come esportatori o come parte della catena di fornitura di queste.   Dichiara inoltre che il Trattato di Libero Commercio dell’America del Nord è entrato in una fase di stagnazione nella sua “competitività”, e sottolinea che la nostra regione sta perdendo i vantaggi in confronto a 16 anni fa, per cui ritiene necessario rafforzare l’accordo per passare dall’integrazione commerciale ad un’integrazione produttiva che contempli fattori come infrastrutture, regolamenti e pratiche economiche sostenibili.  http://www.jornada.unam.mx/texto/003n1pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Villista di 109 anni.

Settimanale PROCESO – 15 gennaio 2010

Juan Carlos Caballero Vega - Foto di Raul Rubio

Stiamo peggio che nel 1910, dice un villista di 109 anni

Arturo Rodríguez García.  Monterrey, NL., 15 gennaio (apro).- Per Juan Carlos Caballero Vega, uno degli ultimi combatteti visi della Rivoluzione Messicana, non è servito a niente il sangue versato perché oggi, vittime di politici ladri e del malgoverno, c’è fame e desolazione in tutto il paes

e.  “Stiamo andando in malora, non va bene per niente. Tutta colpa di questo uomo, il presidente Calderón. Stiamo peggio che nel 1910, cento anni fa la gente in qualche modo aveva da mangiare in campagna.  “Oggi, non è più così, le campagne non ci sono più e nelle zone urbane ci sono fame e desolazione;  per questo la gente deve organizzarsi per lottare contro il malgoverno, contro i suoi politici che sono solo dei ladri, guarda l’esempio del governo di Natividad González Parás (ex governatore dello stato di Nuevo León”, segnala.  Con i suoi 109 anni, vive in un modesto ricovero per anziani ai piedi del Cerro de La Silla, Caballero Vega è lucido. È stato oggetto di documentari e reportage sulla sua partecipazione all’attacco di Columbus del 1916, quando aveva 15 anni.  Nonostante la cataratta, è informato su tutto quello che succede di questi tempi: critica la situazione economica e la riforma energetica, e dice di leggere giornali ed ascoltare i notiziari, perché “sono le ingiustizie che ci tengono in allerta e attenti a quello che succede”.   …….. http://www.proceso.com.mx/rv/modHome/detalleExclusiva/75604

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Rivedere legge indio in Chiapas.

La Jornada – Domenica 17 gennaio 2010

Encinas: La legge indigena per il Chiapas va rivista

Elio Henríquez, corrispondente. San Cristóbal de Las Casas, Chis., 16 gennaio. La legge sui diritti indigeni per il Chiapas, promossa alla fine di dicembre dal Congresso locale, deve essere rivista perché “presenta un vizio di origine”, poiché non sono stati consultati i presunti beneficiari, osserva Alejandro Encinas Rodríguez, coordinatore della frazione perredista alla Camera dei Deputati.  Inoltre – segnala – questa legge “non risponde all’impegno in sospeso di dare compimento agli accordi di San Andrés Larráinzar” – firmati dal governo federale e dall’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale il 16 febbraio 1996 – nei quali tutta  “non tutto è di competenza federale, ma molto è materia di legislazione locale”, ha dichiaratohttp://www.jornada.unam.mx/2010/01/17/index.php?section=politica&article=007n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – Sabato 16 gennaio 2010

Alberto Patishtán, “prigionieri politico” in Chiapas, ha una perdita della vista del 50% da un occhio

La Voz del Amate insiste a chiedere la sua liberazione “immediata e incondizionata”

Hermann Bellinghausen. La Voz del Amate, l’organizzazione dei prigionieri politici di Chiapas nata nel gennaio del 2006, denuncia che il professor Alberto Patishtán, uno degli ultimi membri del gruppo ancora in prigione, soffre di un grave problema oftalmico a causa del quale ha perso il 50% della vista all’occhio destro, e non ha ricevuto assistenza medica nella prigione di San Cristóbal de las Casas.   Ma innanzitutto, La Voz del Amate ribadisce al governo chiapaneco la richiesta di libertà “immediata e incondizionata” di Patishtán. La comunicazione, scritta a mano, segnala che “come saprà” il governatore Juan Sabines Guerrero, “sono innocente dei reati fabbricati contro di me, e d’altra parte lo ritengo responsabile della mancanza di assistenza medica per la mia vista, poiché ho già notificato la gravità della mia malattia a questo carcere numero 5 e non c’è stata ancora nessuna cura medica”.  Anche Rosario Díaz Méndez, altro membro di La Voz del Amate, “patisce le stesse conseguenze per la mancanza di cure mediche per una malattia di cui soffre”, il quale si è unito alla resistenza organizzata dei detenuti.    Patishtán, maestro tzotzil di El Bosque, è in prigione da nove anni “ingiustamente”, insiste. Il governo statale ha liberato la maggior parte degli arrestati dell’Atra Campagna membri di La Voz del Amate, ma non ha rispettato la sua parola di liberare il professore col pretesto che i suoi reati sono di ordine federale.  (…)  “In questi lunghi anni mi sono dedicato al lavoro nell’artigianato tessile per provvedere al sostentamento della mia famiglia, a riflettere e chiedere la mia libertà che mi è stata rubata per ingiustizia”, sostiene Patishtán, che continua a pagare il crimine commesso da altri (l’uccisione di poliziotti a El Bosque nel 1998, dove non è mai stata dimostrata la responsabilità del detenuto ma è stato provato che le autorità priiste l’hanno trasformato in “capro espiatorio”, per vendetta politica e per chiudere in maniera sospetta il caso di un grave crimine ancora impunito).  Ne approfitta per ricordare che “in questo 2010, un anno in più si somma agli anniversari dell’EZLN, un gennaio indimenticabile (1994) dove la gente povera ha detto basta, basta a tutto, da ora in poi la verità deve governare davanti all’ingiustizia”, aggiunge nel documento.  (…)  Tradito dai suoi stessi compagni di partito priisti al tempo del governatore Roberto Albores Guillén, e senza essere mai stato Patishtán un vero oppositore dello zapatismo (allora brutalmente soffocato nel municipio autonomo San Juan de La Libertad), quattro anni fa è diventato simpatizzante dello zapatismo e fondatore di La Voz del Amate e aderente all’Altra Campagna.  http://www.jornada.unam.mx/2010/01/16/index.php?section=politica&article=011n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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La Jornada – 14 gennaio 2010

La Commissione per lo Sviluppo dei Popoli Indios (CDI) non cede alle richieste degli indigeni

Ángeles Mariscal. Tuxtla Gutiérrez, Chis., 13 gennaio. L’autodeterminazione dei popoli indios, come reclamata dall’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) non è nell’agenda dell’attuale amministrazione federale, perché il tema è “superato” dalle riforme all’articolo 2 della Costituzione federale, introdotte nel 2001, ha affermato il direttore della Commissione per lo Sviluppo dei Popoli Indios (CDI), Xavier Abreu Sierra.   Durante la presentazione del panista Javier Zepeda a delegato statale della CDI, Abreu Sierra ha spiegato che attualmente il governo federale lavora con le camere dei senatori e deputati nella creazione di due leggi “per rendere vigenti ogni giorno i diritti dei popoli indios”.   Ha spiegato che questi ordinamenti sono la legge attuativa dell’articolo 2 costituzionale, e la Legge Nazionale di Consultazione per i Popoli e Comunità Indigene. A detta di Abreu Sierra, con le due leggi si regolamenta l’accesso dei popoli indigeni ai loro usi, costumi e diritti.  Abreu Sierra ha detto che il governo federale lavora per regolamentare la consultazione come metodo di lavoro nelle comunità indigene. http://www.jornada.unam.mx/texto/015n2pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Brad Will: nessun colpevole.

La Jornada – Mercoledì 13 gennaio 2010

 L’avvocato della famiglia sostiene che la Procura Generale della Repubblica deve cercare l’assassino di Brad Will nella polizia

Elio Henriquez. San Cristóbal de Las Casas, Chis., 12 gennaio. La posizione della famiglia di Brad Will – il cameraman statunitense assassinato nell’ottobre del 2006 a Oaxaca – “è di soddisfazione” rispetto all’appello che la giustizia federale ha recentemente concesso a Juan Manuel Martínez Moreno contro il decreto di arresto emesso contro di lui per la morte del giornalista, “perché fin dall’inizio abbiamo sempre creduto che non fu lui a sparare”, ha affermato Miguel Ángel de los Santos, avvocato e rappresentante legale dei famigliari del reporter.  “Speriamo che la PGR (Procura Generale della Repubblica) capisca che se un’autorità federale ha rivisto il caso ed ha determinato che non ci sono elementi sufficienti di prova per iniziare un processo, tanto meno ce ne saranno per emettere una condanna. La PGR deve lasciare in libertà questo innocente e reindirizzare le indagini in una direzione che non si è voluta affrontare, cioè la possibilità che gli autori materiali del crimine si trovino tra i poliziotti municipali che il giorno dei fatti hanno sparato con armi da fuoco. “Da quando Juan Manuel Martínez  – simpatizzante dell’Assemblea Popolare dei Popoli di Oaxaca – è stato fermato, abbiamo espresso la nostra opinione secondo cui l’accusa della PGR era molto debole e non aveva prove sufficienti a condannare l’accusato”, ha dichiarato nell’intervista.  Il 30 dicembre scorso il quinto tribunale di distretto del Potere Giudiziale della Federazione ha concesso l’appello a Martínez Moreno – accusato di essere l’autore materiale dell’omicidio di Brad Will – contro l’atto di arresto emesso del quarto tribunale penale.  “Il tribunale ci ha dato ragione; abbiamo dato seguito puntuale alla causa penale presso il tribunale di Oaxaca ed abbiamo provato che non c’è nessun testimone oculare che può dichiarare che Juan Manuel sparò uccidendo Brad Will”, ha dichiarato De los Santos.  Ha inoltre affermato che quando Martínez Moreno sarà liberato, “il caso resterà come dal principio: senza nessun responsabile in carcere per l’omicidio di Will”.http://www.jornada.unam.mx/texto/012n2pol.htm

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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Minacce di morte a Comitan.

La Jornada – Sabato 9 gennaio 2009

Minacce di morte a un difensore dei diritti umani a Comitán

Hermann Bellinghausen, inviato San Cristóbal de las Casas, Chis., 8 gennaio. Dopo essere stato “cercato” al suo domicilio dalla polizia statale, senza che se ne conoscesse il motivo, il difensore dei diritti umani Adolfo Guzmán Ordaz ha ricevuto minacce di morte a casa sua, nella città di Comitán. I fatti sono avvenuti questo martedì.

Il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas (CDHFBC) e l’organizzazione civile Enlace, Comunicación y Capacitación (ECC), al quale appartiene Guzmán Ordaz, manifestano preoccupazione per “azioni che mettono a rischio la sua integrità e sicurezza personale e della sua famiglia”.

Il 6 gennaio, alle 17:45 circa, l’attivista e la sua famiglia sono rincasati ed aprendo la porta hanno trovato una scritta tracciata con inchiostro rosso che diceva: “morte, morte, morte”. Guzmán Ordaz ha avvertito Pedro Raúl López Hernández, responsabile della Procura Specializzata nella Protezione degli Organismi non Governativi per la Difesa dei Diritti Umani, che dipende dalla Procura Generale di Giustizia dello Stato (PGJE).

Ore prima, in mattinata, elementi della polizia statale preventiva erano andati al domicilio di Guzmán Ordaz chiedendo di lui. “Non trovandolo se n’erano andati, e al pomeriggio è apparsa la scritta”, riferiscono il CDHFBC e l’ECC.

Solo il 25 dicembre scorso, all’1 di notte circa, al rientro a casa della famiglia Guzmán dopo i festeggiamenti per il Natale, il telefono aveva squillato ed una voce aveva detto: “Buon Natale, perché questo sarà il tuo ultimo Natale”.

Malgrado esista una denuncia formale presso la procura specializzata, in seguito alla quale la PGJE ha aperto l’indagine preliminare 0004/FEPONGDDH/M1/2009, e che il governo statale sia a conoscenza dei fatti, “non sono state svolte con la necessaria sollecitudine le indagini per fare luce e fermare le minacce”, sostiene la denuncia, che aggiunge:

“Il ritardo nelle indagini e la conseguente identificazione e punizione degli aggressori si deve alla negligenza del pubblico ministero di distretto Fronterizo-Sierra, José Luis Gómez Santaella “.

Nonostante le denunce, “il governo messicano non ha svolto un’indagine efficace e urgente per portare all’arresto degli aggressori, permettendo in questo modo che le minacce proseguissero”.

Nel novembre scorso, La Jornada aveva riferito che l’abitazione dell’attivista era stata brutalmente perquisita da poliziotti ministeriali che avevano terrorizzato i figli piccoli di Guzmán Ordaz, senza dare spiegazioni né presentare alcun mandato di perquiizone. http://www.jornada.unam.mx/2010/01/09/index.php?section=politica&article=008n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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Recuperate terre.

La Jornada – Martedì 5 gennaio 2010

 Indigeni tzeltales recuperano un rancho occupato dai priisti

 Hermann Bellinghausen, inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis. 4 gennaio.  Contadini tzeltales di Bachajón (municipio di Chilón) aderenti all’Altra Campagna dell’EZLN, hanno annunciato di aver recuperato una proprietà di sei ettari e mezzo, che era già stata “recuperata” dopo la sollevazione zapatista nel 1994, ma la dirigenza priista del municipio l’aveva occupata e “venduta” a Sebastián Encino Gutiérrez, già presidente municipale priista.  Come aderenti all’Altra Campagna, gli indigeni della fattoria Cumbre Nah Choj il 31 dicembre scorso hanno ripreso il rancho Jotacanteel. “La terra recuperata non si vende, è di chi la lavora”, sostengono.  “L’abbiamo fatto perché fin dall’inizio sapevamo che il padrone precedente era don Felipe Vásquez López”, al quale era stato preso il podere dopo la sollevazione. Encino Gutiérrez si è appropriato indebitamente del luogo e “voleva venderlo ad un’altra persona sconosciuta di Yajalón per 400 mila pesos”.  Questo ha provocato le proteste dei contadini aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, braccianti senza terra, che hanno deciso di “recuperare” il luogo affinché non fosse venduto a privati. “Sappiamo che questo terreno non è stato comperato con i soldi, ma con lo spargimento del sangue dei compagni caduti combattendo”.  Il rancho Joltacanteel confina col villaggio San José Chapapuil.  http://www.jornada.unam.mx/2010/01/05/index.php?section=politica&article=007n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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Chiusura Seminario.

La Jornada – Domenica 3 gennaio 2010

González Casanova: Il capitalismo è giunto alla sua “crisi terminale”. Sostiene che è inevitabile una trasformazione politica e sociale del Messico e del pianeta e sollecita a riconoscere vittorie come la rivoluzione cubana e la creazione dei caracoles zapatisti.

Luis Villoro chiama alla “resistenza organizzata” per aprire “la strada verso un mondo diverso”.

Hermann Bellinghausen, inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 2 gennaio. La convinzione che un cambiamento sociale e politico è inevitabile in Messico e nel mondo è stata sostenuta da Pablo González Casanova, sottolineando quello che è stato il punto di maggiore accordo tra i partecipanti al Seminario internazionale di riflessione ed analisi che si è svolto per quattro giorni nel Cideci-Unitierra di questa città, che si è concluso oggi.

González Casanova ha specificato che, per ottenere “l’organizzazione pacifica” di questo cambiamento, è necessario identificare “quello che non conosciamo bene e che dovremmo riconoscere meglio per raggiungere la vittoria”. Soprattutto, ha sollecitato a riconoscere quelle che “già sono vittorie”, eventi di cambiamento profondi ed irreversibili, tra i quali ha rilevato la Rivoluzione cubana e la creazione dei caracoles zapatisti.

Cuba “è l’unica nazione vittoriosa nella storia che dopo una rivoluzione socialista ha gettato le basi per impedire il ritorno del capitalismo”; e le innovative forme di governo degli indigeni chiapanechi che possiedono una “dimensione universale”, essendo le giunte di buon governo “un’organizzazione che permette di ottenere e preservare la libertà, la democrazia, la giustizia e la pace per tutti, e preservare la vita sulla Terra”.

Il filosofo Luis Villoro ha enunciato la necessità di restituire l’etica alla politica dal multiculturalità e superare la visione “occidentale” come unica spiegazione del mondo.

Il ritorno dei saperi indigeni

In tal senso, la psicoanalista Sylvia Marcos ha sottolineato quanto trascendentale sia stato “il ritorno dei saperi dei popoli indigeni” per la coscienza generale in questo momento di crisi, e la nascita di “una visione di un futuro che sia anche il nostro passato, grazie a conoscenze che si credevano scomparse”.

Lo scrittore John Berger ha inviato al seminario un messaggio per presentare il suo saggio Come resistere alla prigione-mondo: “È il principio di un nuovo anno, il principio di un nuovo decennio. Che storia stiamo vivendo? Che cosa sta succedendo al mondo? Più chiaramente possiamo rispondere a queste domande, più attivamente potremo agire. Non ho le risposte, solo alcune osservazioni”. Ha proposto “quello che vedo quando chiudo gli occhi per pensare a quello che ho visto, e poi con gli occhi ben aperti”, per “agire ed essere perseveranti”.

González Casanova ha affermato che il capitalismo mondiale è arrivato alla sua “crisi terminale”, e dopo aver descritto i suoi tratti più evidenti e distruttivi, ha sollecitato a riconoscere i cambiamenti che sono vittorie. “La cultura della negoziazione continua a prevalere, perché l’immensa maggioranza della popolazione chiede ancora cambiamenti pacifici”, ha ammesso, ed ha ricordato che durante i dialoghi di San Andrés Larráinzar tra l’EZLN ed il governo federale, nel 1995-1996, gli zapatisti fissarono il limite: “la dignità non si negozia”.

Ha ritenuto necessario comprendere la “storia emergente” dei nostri giorni (dove si uniscono in maniera inusuale categorie come “Stato-popolo e morale collettiva come forza collettiva”), così come “approfondire una politica rivoluzionaria che assicuri il successo di altri modi di produzione e accumulo vincolati in un nuovo rapporto con la natura e la vita”.

Ha aggiunto che è inoltre indispensabile registrare “l’immenso arricchimento rappresentato dalla lotta dei popoli oppressi della Terra”, così come “la nuova presenza collettiva delle donne col loro attivismo rivoluzionario” e le lotte contro i pregiudizi verso gli omosessuali, che hanno stabilito spazi per la tolleranza e la libertà.

Ha sollecitato a rafforzare le “reti delle reti” nate negli anni recenti, “originariamente sostenute dal movimento zapatista, da Cuba e da molte altre forze progressiste e rivoluzionarie”, perché l’organizzazione dei lavoratori e dei popoli in queste reti “è la chiave della trasformazione mondiale”.

Villoro ha sostenuto che “di fronte al sistema capitalista mondiale, è possibile un’altra visione del mondo”. “Non bastano le buone intenzioni” per realizzare il cambiamento, invocando i diritti universali, come fatto fino ad ora. “Contro i mali del capitalismo mondiale sarebbe necessaria la resistenza organizzata che aprirebbe la strada verso un mondo diverso, e contrario al capitalismo mondiale”. “Un ordine plurale che risponderebbe alla molteplicità di culture, e non una pretesa cultura mondiale (occidentale)”, che impone “forme di vita non scelte”, cosa che ha portato all’individualismo ed alla distruzione della natura, a differenza del comunitarismo indoamericano.

Sergio Rodríguez Lazcano, direttore della rivista Rebeldía, ha salutato Villoro e González Casanova come “maestri-compagni della sua generazione, quella del ’68”, e subito dopo ha fatto eco all’idea zapatista secondo cui il collasso del capitalismo non è necessariamente imminente; è necessario unirsi per farlo cadere. “Non sono possibili toppe al sistema, ma sono possibili, e necessari, i movimenti antisistema”, che dal “basso e a sinistra” costruiscono “un’altra politica”.

Nel suo intervento lo scrittore e pensatore sociale Walter Mignolo, prudentemente ha segnalato: “Non so se il capitalismo cadrà, ma certamente perderà il suo carattere unicentrico”. Dalla crisi ambientale “non sfugge nessuno, nemmeno i paesi centrali capitalisti”.

Ci troviamo, ha detto, in un “momento cruciale che definirà come saranno i prossimi 30 o 40 anni”. Qui emergono “i nuovi ordini che si stanno costruendo attualmente, come lo zapatismo”, che ha definito “un raccoglitore di conoscenze e pratiche che sembravano disperse”.

Lo stesso Mignolo sostiene, in un saggio presentato da Cideci-Unitierra: “La rivoluzione teorica dello zapatismo, con le sue conseguenze etiche e politiche, indica che è arrivato il tempo di guardare oltre le eredità europee”, per “immaginare e creare futuri democratici”, in un contesto di vera “decolonizzazione”.

Catherine Walsh, proveniente dal Perú, ha proposto di andare “molto oltre l’antisistema”, partendo dalla “insurgencias” di Abya Yala (questa nozione andina del mondo che è pronta per la trasformazione del pianeta, sulla base del “buon vivere” per cui si lotta oggi in Bolivia, Ecuador e Perú). http://www.jornada.unam.mx/2010/01/03/index.php?section=politica&article=003n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo http://chiapasbg.wordpres,com )



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La Jornada – Sabato 2 gennaio 2010

I politici vedono a rischio la loro permanenza in eterno al potere, afferma Paulina Fernández.

Perseguitano gli zapatisti perché rovinano gli affari a governo e partiti: dice la studiosa.

L’attacco contro gli zapatisti verrà da chi crede, nella sua miopia, che si possa sradicare il loro esempio

Hermann Bellinghausen, inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis. 1º gennaio. Le istituzioni dello Stato messicano ed i partiti politici “non hanno cessato di aggredire le comunità e municipi autonomi, in particolare gli zapatisti, perché la loro pratica politica, la democrazia comunitaria, evidenziano i loro veri fini, scoprono le loro bugie, mostrano le loro contraddizioni, li mostrano in tutta la loro meschinità e, non ultimo, rovinano loro gli affari nel monopolio istituzionale della rappresentazione politica della sinistra”, sostiene la ricercatrice Paulina Fernández durante il Seminario internazionale di riflessione, convocato da Cideci-Unitierra in questa città.

Questi “beneficiano e vivono alle spalle delle istituzioni, sono le cinghie di trasmissione del capitalismo, del neoliberismo. Per questo attaccano e tentano di distruggere tutto quello che impedisce loro di dominare, di appropriarsi, di arricchirsi, di essere eterni nell’usufrutto del potere”.

Una riflessione chiave attraversa questo incontro di intellettuali ed accademici: “La rivoluzione di cui abbiamo bisogno non è la stessa alla quale siamo abituati dal 1789 e che per tre secoli si è espressa in molti modi”, ha affermato Javier Sicilia, poeta ed editore della nuova rivista Conspiratio, una delle cui preoccupazioni fondanti è pensare questa rivoluzione.

Il fine dei paradigmi tradizionali della rivoluzione, come cambio in favore delle maggioranze sfruttate, escluse e perseguitate, apre strade molto diverse per riproporla, come dimostrano gli interventi in questo seminario. Sergio Tischler, accademico dell’università di Puebla, ha percorso la traiettoria del pensiero marxista e rivoluzionario che ha dovuto sempre ceduto al “fascino per la forma Stato”, la quale non “risolve l’antagonismo sociale”, e riproducendo le forme di dominazione inerenti allo Stato si riduce, citando Max Horkheimer, “ad una strategia di potere”.

Rivedendo Lenin, Gramsci, lo stalinismo ed altre espressioni della “rivoluzione” moderna, e guidato da Walter Benjamín, Tischler ha illustrato lo sforzo che implica “pensare in altro modo” le questioni chiave della sinistra anticapitalista storica. “Lo zapatismo è la rottura del ‘continuum’ del pensiero di queste questioni” per andare “oltre la dominazione”.

Per Sicilia i riferimenti sono altri, sempre disprezzati dalla sinistra: Iván Ilich, Albert Camus, Gandhi. Ma le sue conclusioni rispetto alla “altra” rivoluzione non sono molto diverse. Come nemmeno, da una logica che sembrerebbe lontana anni luce dalle idee marxiste, l’esperienza contemporanea ha gemellato inaspettatamente l’attivista e pensatrice di origine indù, e tunisina d’adozione, Corinne Kummar.

Presentandosi come “pellegrina” arrivata qui per “celebrare” lo zapatismo, “sotto l’influenza lunare” ed illustrando una cornice referenziale femminile ed universale, Kummar ha detto di concordare con chi considera lo zapatismo come “il movimento sociale più importante del nostro tempo”, poiché “osano sognare”. Ha elaborato in forma testimoniale e chiara il valore come paradigma dell’azione delle donne, sempre escluse dai processi di potere e di cambiamento.

Con le esperienze africane in mente e considerando l’America Latina, ha sottolineato il “dialogo tra civiltà” che si svolge attualmente, “da sud a sud”, che può essere l’unico che possa salvare il mondo. Un “nuovo universalismo basato sul particolare, sul nativo”.

Sicilia, che ha inviato il suo contributo che è stato letto nel plenum, riflette sulla “proporzione” che deve determinare i processi emancipatori e trova “questa verità, questa rivoluzione” nel movimento zapatista, che è tornato alla “proporzione” (territorio, governo, vita collettiva) e facendolo “ha provocato uno stravolgimento mondiale”, ma “molto pochi hanno compreso”.

Paulina Fernández ha descritto con sobri dettagli il funzionamento della democrazia e la rappresentazione nelle comunità zapatiste, dove governare è una “scuola” affinché tutti possano governare. Ed ha concluso citando John Berger nel libro Planeta Tierra: Movimientos antisistémicos, la cui pubblicazione ha dato origine a questo seminario internazionale: “Probabilmente gli zapatisti sono a rischio. Qualsiasi possibile attacco contro di loro verrà da chi crede, nella sua miopia, che si possa sradicare il loro esempio”. http://www.jornada.unam.mx/2010/01/02/index.php?section=politica&article=005n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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Possibile nuova sollevazione.

La Jornada – Sabato 2 gennaio 2010

Narro Céspedes; Le motivazioni dell’insurrezione zapatista sono presenti in altre regioni.

Potrebbe sorgere “una grande sollevazione nazionale”, avverte il leader della Cocopa.

Ángeles Mariscal, corrispondente. San Cristóbal de las Casas, Chis., 1º gennaio. Le cause che 16 anni fa diedero origine all’insurrezione dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) ora sono presenti in altre regioni e a causa di questo potrebbe sorgere “una grande sollevazione nazionale”, ha affermato il presidente di turno della Commissione di Concordia e Pacificazione (Cocopa), José Narro Céspedes.  Il legislatore del PRD ed altri membri dell’organo legislativo si trovano in questa entità per intavolare un contatto con l’EZLN, e hanno sostenuto incontri col vescovo Felipe Arizmendi Esquivel ed organizzazioni non governative presenti nella zona di influenza del gruppo ribelle.  Narro Céspedes ha dichiarato che il paese si trova in una profonda crisi politica, sociale e di legittimità, con il grande problema della povertà, dell’aumento della criminalità organizzata e la mancanza di credibilità delle istituzioni. Con tali fattori – ha detto – “potremmo avere, non solo in Chiapas, ma in altre parti del paese, un altro 1994: una grande sollevazione nazionale…”   Ritiene che la decisione dell’EZLN di chiudere i caracoles in occasione del 16° anniversario della loro sollevazione “è una misura precauzionale per non mandare messaggi sbagliati né realizzare azioni che possano essere prese come una provocazione”.   Inoltre ha reso noto che nella Cocopa l’EZLN è considerato una forza politica, sociale ed indigena consolidata in Chiapas ed in altre regioni, e si cerca di sollecitarlo a riannodare il dialogo col governo.  Ciò – ha segnalato deputato per Zacatecas – anche se il gruppo ribelle “ha validi motivi per essere offeso” e non si fida né crede in un processo che ha mostrato “il suo fallimento”, perché c’è stato solo un compimento parziale degli accordi di San Andrés, ed i temi centrali continuano ad essere in sospeso. http://www.jornada.unam.mx/2010/01/02/index.php?section=politica&article=006n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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Vive le cause del 1994.

La Jornada – Sabato 2 gennaio 2010

Devono realizzarsi gli accordi di San Andrés, dice Rodríguez Martell. Persistono le cause che diedero origine alla sollevazione dell’EZLN.

Enrique Méndez. Il PRD alla Camera dei Deputati ha dichiarato che le condizioni di fame, miseria e malattie in Chiapas, che generarono 16 anni fa l’apparizione pubblica dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), ancora prevalgono in quell’entità per la mancanza di risposte alle domande degli indigeni.  In un’intervista, Domingo Rodríguez Martell, membro della Commissione per gli Affari Indigeni, ha segnalato che “si avanzato molto poco nel dialogo tra le autorità del governo federale ed i gruppi indigeni di quella regione, per cui è necessario impegnare la Federazione a compiere gli accordi di San Andrés Larráinzar”.  Ha sostenuto che sebbene ci siano stati alcuni progressi nello sviluppo delle comunità, persistono “in quella regione del sudest messicano i segni evidenti” che provocarono l’insurrezione.  Rodríguez Martell, fondatore della radio indigena XANT, La voz de las huastecas, ha detto che i popoli chiapanechi considerano ancora il neoliberismo “come il loro principale nemico che attenta non solo contro i loro usi e costumi, ma anche contro la natura che è il loro habitat, che è distrutta. E continuano ad essere oggetto di sfruttamento e discriminazione”.  Il legislatore perredista ha affermato che l’indifferenza ai bisogni dei popoli del Chiapas potrà essere scossa solo “con una nuova sollevazione che potrebbe essere di qualsiasi tipo, non necessariamente armata, per ricordare che abbiamo un impegno incompiuto in quella regione ed in molte altre parti del paese”. Ha dichiarato che dal Congresso dell’Unione, la ricomposta Commissione di Concordia e Pacificazione (Cocopa) è obbligato a promuovere l’apertura di spazi di dialogo con i governi federale e statale come forma di espressione, ma anche ad obbligarli a rispettare i loro impegni con i popoli indigeni. “I loro progetti non solo devono essere ascoltati, ma soddisfatti e trovare la giusta risposta nella cornice di un’ampia riforma democratica che stiamo continuando a chiedere. Non possiamo né dobbiamo rimanere solo nell’ambito mediatico e presentare presunti successi che servono solo per le foto di rito”, ha rimproverato. Ha assicurato che, per esempio, è necessario rivedere e rafforzare la Legge per il Dialogo, la Conciliazione e la Pace Degna in Chipas, oltre che fare un bilancio della situazione di silenzio tra l’EZLN ed il governo federale. Lo status degli zapatisti, ha detto, è quello di un’organizzazione solida ed unita che ancora preserva “un enorme sostegno da parte di organizzazioni sociali, non solo del paese, ma del mondo intero”. http://www.jornada.unam.mx/2010/01/02/index.php?section=politica&article=005n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo https://chiapasbg.wordpress.com )

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