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Archive for luglio 2025

3 Post Scriptum 3

VIII. IL COMUNE CONTRO LE SCATOLE MORTALI E LE PIRAMIDI.

Un’assemblea di cape, capi e capoə.

Immagina di arrivare a un’assemblea zapatista.

Permettimi di accompagnare il tuo sguardo e il tuo ascolto.

Siamo in una riunione. A presiederla è il SubMoy.

A uno sguardo generale (“a volo d’uccello”, si diceva prima – ora si dice “con un drone”), puoi cogliere differenze evidenti tra chi partecipa.

Di genere, ad esempio. Ci sono donne, uomini e altrə.

Di calendario. Ci sono bambinɜ, giovani, adultɜ e persone ormai mature (“terza età” o “adulti maggiori”). Non manca la creatura che ancora sta nel ventre della madre.

Di lingua. Ci sono persone che parlano come lingua madre il cho’ol, lo tzotzil, il tzeltal, il tojolabal, il mam o ta yol mam, lo zoque, il kakchikel e il castigliano.

Di geografia. Ci sono persone provenienti da varie zone di popoli originari dello stato sudorientale messicano del Chiapas.

Di fedi e credenze. Ci sono cattolicɜ, evangelicɜ, presbiterianɜ, ateɜ e chi non ha una credenza definita o indefinita.

Ci sono differenze anche su cosa significhi nascere, crescere, vivere e lottare come persone originarie in una geografia dove essere “altro” è motivo di disprezzo, sfruttamento, repressione e spossessamento.

“Essere” dove il “non essere” è la regola e lo stigma per chi è diverso.

Ad esempio, c’è chi sostiene, argomenta, dibatte, urla, gesticola, si arrabbia, scherza, mormora:

“Guarda che se non ci avessero fregato i re maya, gli aztechi, gli spagnolisti, i preti, i francesi, i gringos, i cattivi governi del Messico e del mondo, e tutti i bastardi, bastarde e bastardə caxlan che sono arrivatə solo per vedere cosa potevano rubare, avremmo già trovato la cura per il cancro, il rimedio per la tristezza e il conforto per il disamore. Per tutte le altre disgrazie, ce la stiamo cavando, anche se lentamente… come il caracol”.

E invece c’è chi contro-argomenta e difende certe religioni e certi caxlan; dice che per la tristezza è già stata scoperta la cumbia; e che per il disamore, qualsiasi falegname sa che “un chiodo ne toglie un altro”.

-*-

Ora cerca le somiglianze, le identità comuni.

Beh, la prima che salta all’occhio è che queste persone sono zapatiste.

Lo supponi perché il grande salone in cui si trovano riunitə è in un caracol.

Un “puy”.

Uno di quei centri di lavoro e riunione, dove di solito ci sono cliniche, a volte laboratori, campi sportivi, negozi collettivi e comuni, una mensa, palchi e gente che va e viene.

È possibile che lì si trovi anche Verónica Palomitas, che ha il suo servizio di messaggeria. In cambio di una caramella, puoi incaricarla di andare a procurarti qualcosa dal negozio cooperativo. Verónica Palomitas monta in bicicletta e pedala senza sosta per portare a termine la missione.

Non importa la distanza. Anche se fossero 100… metri, la capa in funzione del Comando Palomitas ti assicura che il tuo ordine ti arriverà.

Tuttavia, nonostante le evidenze, è possibile che non tuttə siano zapatiste. È normale che a volte arrivino fratelli e sorelle non zapatiste per un servizio sanitario – l’ecografia, ad esempio –, per chiedere orientamento su qualche questione, per fare festa o semplicemente per passeggiare.

Se aspetti l’ora del pozol (una specie di “pausa pranzo” consueta nelle zone contadine durante il lavoro o in lunghe riunioni), li sentirai parlare e sorridere in lingue che supponi originarie perché non capisci nulla.

Perché sì, non è lo stesso ridere in tzeltal che in tzotzil o cho’ol.

Né piangere.

Il compianto supGaleano era solito far disperare Verónica Palomitas quando si metteva a piangere:

“non ti capisco se piangi in cho’ol”, le diceva, e Verónica si smarriva.

“Vedi che se piangi in castigliano, magari ti capisco”.

La bambina cercava di capire come si piange in castigliano, ma ormai si era già dimenticata perché stava facendo i capricci…

Ah, già. Un paio di chanclas molto carine che Verónica Palomitas aveva visto nel negozio cooperativo.

Suo padre le diceva che “non ci sono soldi” e il compianto divagava dicendole che erano meglio gli stivali. Tutto inutile, ecco perché il pianto.

Niente di grave, perché il Capitano, sempre previdente, tirava fuori dal suo cilindro… una caramella al chamoy!

E allora Verónica e il Capitano si mettevano a pianificare cose terribili e meravigliose…

come una pièce teatrale con note a piè di pagina.

Ma tutto ciò sono segreti che non verranno pubblicati… per ora.

Ma non distrarti, concentrati.

Le somiglianze non sono conclusive, perché l’essere originari lo condividono con milioni di persone in Messico e nel mondo; l’essere zapatiste con centinaia di migliaia; l’essere donne, uomini o altroə anche lo condividono con milioni.

Certo, hai ragione.

È evidente che queste persone non sono lì per lamentarsi, né della loro sfortuna, né del fatto di essere natə indigene, né del fatto di essere statə spogliatə, sfruttatə, disprezzatə, represse. Insomma, quella storia che condividono con altri popoli originari del mondo.

Non si sentono lamentele, a parte il fatto che fa male la pancia perché i tamales erano crudi, o perché sta arrivando il sonno, o perché quell’altro compa usa parole troppo difficili che nemmeno lui capisce, ma vabbè, bisogna rispettare la sua parola.

Ma non farti ingannare, il silenzio che si sente non è di accordo, accettazione o rassegnazione.

È di pensiero.

Nemmeno pensare che tutto scorra in calma, no.

Ci sono discussioni, anche forti.

Non ci sono urla e lancio di cappelli perché in pochi usano il cappello.

Diciamo che ci sono “urla e colpi di cappellino”.

Le compagne sono di solito più letali: si lanciano sguardi taglienti e gesti.

E non ci sono risse con le sedie come armi e scudi, perché… non ci sono sedie, ma panche pesanti che scoraggiano qualsiasi corsa agli armamenti.

-*-

Ah, è vero. Tra le differenze c’è la loro storia come zapatiste.

Ci sono quelli che, nella clandestinità, prepararono il fulmine del gennaio 1994.

Chi marciò, armato di verità e fuoco, nelle strade di 7 capoluoghi municipali che furono presi “dagli indios”.

Veterani combattenti, vecchi guerriglieri, responsabili locali, regionali e zonali, comandanti e comandanti del cosiddetto “Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno”.

Ci sono quelli che erano bambinɜ durante l’insurrezione e crebbero in mezzo a tradimenti di ogni tipo, attacchi e vessazioni degli eserciti, delle polizie, dei paramilitari.

Chi ha costruito l’autonomia zapatista.

C’è cho è natə negli ultimi 30 anni e che ha costruito scuole, cliniche e tutta la struttura organizzativa dell’autonomia zapatista.

Chi ha organizzato incontri, festival, semilleros, tornei, giochi, arti, cultura.

Chi è Tercio Compas, Promotore di Educazione, di Salute, Coordinatore di Arte e Cultura, pittorə, teatrantə, cantautori e cantautrici, ballerini e ballerine, musicisti e musiciste (senza offesa), muratorə, poetə, falegnamə, romanzierə, meccanicə, autistə, milizianə e milizianoə, poetesse, insurgentas e insurgentes, autorità autonome, cineastə, scultorə, commissioni di tutto il necessario (commissione palco, pulizia, parcheggio, latrine, docce, cagnolini e gattini, cucina, legna, sorveglianza, bottegai, taquería, tamale crudo, piramide, musicali, motore, acqua, elettricità, di… scarabei?).

E, ovviamente, ci sono le críe che si dedicano a ciò che ogni bambinə nel mondo dovrebbe fare: combinare marachelle.

Tre generazioni. Quattro se contiamo la infanzia. Cinque se si contasse quella in arrivo.

Insomma, una società più o meno complessa.

Con il suo lavoro e i suoi conflitti.

Con la forma che queste stesse comunità si sono date per organizzare i primi e risolvere i secondi.

Ciò che si nota è la serietà della riunione.

La stessa serietà con cui decisero e attuarono un’insurrezione;

la stessa con cui decisero l’autonomia e la costruirono;

la stessa con cui definirono il loro cammino con due parole: “Resistenza e Ribellione” – e lo lottano e lo vivono giorno e notte;

la stessa con cui chiamarono alla lotta per la vita;

la stessa con cui ora progettano questo prossimo incontro.

La stessa serietà con cui si guardarono allo specchio della pratica, criticarono non il riflesso che lo specchio rimandava, ma ciò che erano e sono, e così si ricostruirono.

-*-

Molte persone. Molte differenze.

E ciò che hanno in comune in realtà non li rende diversi da altrə nel mondo.

Hanno trovato un punto di convergenza.

Un comune.

Qualcosa in cui coincidono e che non chiede loro di smettere di essere ciò che sono, né di rinnegare la loro storia, le loro radici, il loro modo.

Qualcosa a cui possono contribuire, sostenere, con le loro conoscenze, il loro lavoro, opinioni, dubbi.

Ecco. Fanno parte di ciò che si conosce come “Interzona”.

Ma solo una parte, perché ci sono autorità di Inter-ACGAZ, ACGAZ, CGAZ e GAL.

Ci sono coordinatori.

Ci sono giovani delle diverse aree.

Tantə giovani.

Tanto trambusto.

Ora li unisce uno scopo comune: far capire ad altre geografie, modi, generi, lingue, generazioni, il come, contro una piramide, se ne costruì un’altra; come quest’ultima fu abbattuta; e come il comune fu ed è machete, accetta, piede di porco, martello, che prima l’edificò, e poi la distrusse per così distruggere la più grande: il sistema.

Il capitalismo, la piramide madre, quella che sotto la sua ombra e gerarchia ha visto nascere e crescere altre piramidi: il patriarcato, l’omofobia, l’avanguardismo, l’autoritarismo, la psicopatia fatta governo, i nazionalismi, la distruzione criminale della natura, le guerre.

E il perché bisogna distruggere la piramide, ogni piramide, tutte le piramidi.

È un’assemblea nel modo.

Ma non si sono riunitə per informarsi, bensì per raggiungere un accordo su cosa, come, dove, perché.

Una riunione per accordarsi e organizzarsi.

Per preparare tutto in modo che le nostre compagne, compagni e compagnoə del Messico e del mondo si sentano, come di fatto è, in compagnia.

E tutto questo trambusto per prepararsi a un incontro.

Uno con compagne, compagni e compagnoə simili nelle loro differenze.

Uno internazionale.

Uno per la vita.

Dalle montagne del Sudest Messicano.

Il Capitano

Messico, luglio 2025

Immagini dei preparativi dell’ “Incontro di Resistenze e Rbellioni. Alcune Parti del Tutto” ad agosto 2025, Terci@s Compas Zapatistas. Audio: Voce e parole di Eduardo Galeano, “Il diritto al delirio”.

Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2025/07/27/viii-el-comun-contra-las-cajas-mortales-y-las-piramides-una-asamblea-de-jefas-jefes-y-jefoas/ Traduzione a cura di 20ZLN

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3 Post Scriptum 3

VI.- L’INCONFORME

Prima sbuffò, irritato.

Pelle irta come gatto schivo e ribelle, sprezzante di scatole e piramidi.

Così, senza nemmeno avvisare.

Poi, per chi non sa, una specie di carezza tenera.

Poi gli artigli, crescenti in numero e forza.

E più in là, un vortice di disaccordo.

Poco dopo, era un fuggi fuggi.

Alla furia del vento si unì una pioggia come a dirle: condivido la tua rabbia.

Scagliò uomini e foglie contro i muri delle capanne e, lo giuro, scricchiolarono le fondamenta del palco di cemento.

Vento e pioggia.

Nessuna via di scampo.

Meglio restare in mezzo alla furia che rischiare il volo di ghigliottina delle lamiere sradicate, come a sfidare il modesto pudore dei capannoni già ripuliti, pitturati, con pareti rinnovate.

Ma, per quanto strano sembri, la tempesta rispettò la periferia e si concentrò al centro.

Lì dove lo scheletro di una piramide si alzava parecchi metri sopra la ghiaia.

Come a dire: “Qui, piramidi no”.

E i teli che simulavano le pareti della piramide si gonfiavano con quella miscela d’ali e vele che a tratti sembravano un vascello errante e a tratti un’aeronave smarrita, senza terra in vista, con la sola certezza che sotto, laggiù, la terra continuava ad aspettare, senza fretta, come a dire “qui, proprio qui”.

Provammo a parlargli, ma tra la pioggia e le raffiche di vento, riuscimmo appena a farlo calmare quel tanto che bastava perché i compagni saliti in cima a collocare il segno del denaro potessero scendere.

Immediatamente un soffio forte e concentrato finì per strappare le vele e il telo volò su per la montagna.

Così nascono i fantasmi”, pensai.

Cominciammo a spiegare, tutti confusi, che non era per lasciarla lì per sempre, ma piuttosto come una spiegazione della politica.

Per rivelare, insomma.

Che niente di dèi veri o falsi.

Che tanto verrà distrutta.

Non solo quella, ma tutte le piramidi.

Sì, il tutto e le parti.

Sì, in ogni angolo del pianeta.

La tempesta si placò a poco a poco, come dubitando del nostro impegno.

Poi se ne andò, ma non in fretta, come a dire:

se l’essere umano non mantiene la parola, allora lo faremo noi, le parti della madre originaria”.

-*-

Il SubMoy controllò la costruzione e sentenziò:

Non cadrà facilmente”.

Un compa come che valutò la costruzione facendo, con il suo machete, un’incisione su uno dei travicelli.

Mormorò solo:

cadrà, cadrà. Magari ci vuole tempo, ma cadrà perché cadrà”.

La parte più difficile sarà la colonna centrale, è molto robusta”, aggiunse,

ci vorrà molta forza, molta volontà e non pochi, ma molti”.

Cioè: collettivamente e organizzati”, concluse un giovane pittore.

Tutti ridemmo, anche se ancora con lo spavento di quel vento irritato di cui nessuno sapeva la provenienza.

Quel tronco è ben radicato. Anche se lo butti giù, ricresce. Bisogna strapparlo dalle radici”, commentò una donna anziana, piantata con le mani sui fianchi davanti alla costruzione di legno, come a sfidarla.

È l’anima del sistema”, rispose una compagna alla domanda di una bambina sul palo centrale,

la proprietà privata della terra, delle macchine, delle case, della gente, della natura, dei sogni e degli incubi, dei cieli e dei mari, di ciò che si vede e di ciò che non si vede, del mondo insomma.

È infilata non solo alla base del sistema.

Anche nella nostra testa, nel nostro cuore e nella nostra storia”.

-*-

Ma quanti vengono?”, mi chiesero.

Un bel po’”, risposi.

Ma vengono con voglia di lottare?”, insistettero.

Chissà”, mi dissi,

come dice il SubMoy: si vedrà”.

Ehi capitano, quella cosa resterà lì per sempre?”, mi chiede una miliziana.

No, figurati, è per la chiacchierata zapatista. Perché lo chiedi?”

Perché credo che arrivi una squadra di calcio e quella cosa sta proprio davanti a una delle porte, lì dove c’è il nostro refettorio.

Quindi non ci sarà né partita né pasto.

La partita di calcio, passi. Ma il pasto, insomma…”

Il pomeriggio cominciò a sgorgare dagli alberi.

Per un istante, coincisero la luna, il sole, la pioggia e il vento, presentandosi davanti alla montagna.

-*-

Quella cosa, resterà lì per sempre?

Ebbene no, per questo stiamo lottando.

Magari ci vuole tempo, ma già saremo di più.

E il vento seguì l’avvertimento che la pioggia incise sulla terra:

Se l’essere umano non mantiene la parola, la manterremo noi, le parti della madre originaria. La piramide cadrà”.

-*-

Non molto lontano, in calendari e geografie,

la Palestina continuava a essere una lacrima di sangue sul volto indifferente dei governi del mondo.

Dalle montagne del Sudest Messicano.

El Capitán

Messico, luglio 2025

Immagini dei preparativi per “L’Incontro delle Resistenze e delle Ribellioni Alcune Parti del Tutto” ad agosto 2025, Terci@s Compas Zapatistas. Audio: voce e parole di Eduardo Galeano, frammenti dei testi “I figli dei giorni”, “Comanda La Paura” e “I Nessuno”

Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2025/07/16/3-posdatas-3-vi-el-inconforme/ Traduzione a cura di 20ZLN




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3 post scriptum 3

V.- DI GATTI E PIRAMIDI.

Continuiamo con i mondi paralleli.

Lo stesso può accadere con le piramidi sociali. In uno dei mondi la parte superiore è occupata, diciamo, da persone dalla pelle chiara, e nella parte inferiore ci sono quelle dalla pelle scura. In un altro mondo parallelo, è l’opposto: quelle della parte superiore hanno la pelle scura e quelle della parte inferiore la pelle chiara.

Si possono provare le alternative a piacimento: in alto gli uomini, in basso le donne; sopra i meticci, sotto gli indigeni; in alto gli etero, in basso le persone LGBTQI+; sopra i ricchi, sotto i poveri; chi possiede sopra, i senza nulla sotto, e viceversa. In questo modo si possono disporre le varie alternative delle proposte di analisi teorica e di progetti politici.

Ora, se una persona di uno di questi mondi si affaccia all’altro parallelo (e contrario contraddittorio, aggiungo), concluderà che in quel mondo la piramide è rovesciata. In quell’altro mondo gli indigeni stanno sopra e i meticci sotto; le donne dominano gli uomini; i “mangiafagioli” discriminano gli anglosassoni; i latini conquistano e sottomettono gli europei; le persone LGBTQI+ sbeffeggiano, attaccano e assassinano gli etero; i lavoratori sfruttano i padroni; i politici mantengono le promesse (ok, ok, ok, dubito che quel mondo esista); i criminali vengono puniti e gli innocenti sono liberi; eccetera.

Per molte teorie o “scienze sociali” la piramide del proprio mondo può essere “naturale” e “umana”. “È naturale che esistano persone che possiedono ricchezze e persone che non ne hanno”; “è naturale che comandino quelli che hanno conoscenza e che obbediscano gli ignoranti”; “è naturale che l’esercito meglio armato sconfigga quello più debole”; “è naturale che comandi la gente bella e obbedisca quella brutta”; “è naturale che l’uomo domini la donna”; “è naturale che gli etero violentino gl’altr*”; “è naturale che i meticci discriminino le altre razze”. Certo, si possono portare esempi che contraddicono questa “naturalità”, ma sto semplificando.

Intorno a questa “naturalità” si costruisce non solo un sistema politico. Anche una serie di “evidenze” che si manifestano nell’intera società: nella famiglia, nella scuola, nel lavoro, nella ricchezza, nella povertà, nella delinquenza, nell’anormalità, nella lingua, nei modi, nella comunicazione, nel rapporto con l’altro e con la natura, … e nella militanza.

In questo modo si costruisce qualcosa come l’“algoritmo” della società. Una serie di credenze e riferimenti per ciò che è buono e cattivo, bello e brutto, maschile e femminile, e via dicendo. “Evidenze” rafforzate dai mezzi di comunicazione e dall’interazione sociale nelle reti e negli spazi di studio, lavoro, trasporto, politica, attivismo, riposo e svago.

Insomma, la vita, la morte… e la sparizione. Perché il sistema ha creato un nuovo stato dell’esistenza delle persone: ci sono viventi, ci sono morti e ci sono desaparecid@s (né viv@ né mort@). Così, senza bisogno di Schrödinger e del suo gatto.

-*-

La piramide rovesciata è alla base delle proposte delle avanguardie, delle trasformazioni, delle evoluzioni e delle rivoluzioni. Nella piramide, in alto ci sono poche persone e in basso ce ne sono molte, ma quelle in alto possiedono molte ricchezze, e quelle in basso no. La proposta è “rovesciare” la piramide: che chi non ha ricchezze e sta in basso, passi alla punta della piramide, spingendo in basso chi detiene le ricchezze.

A prima vista, l’inversione della Piramide, rovesciarla insomma, suona bene. Chi è sempre stato in basso, avrà la sua occasione di stare in alto. E chi è in alto, dovrà subire le condizioni di chi sta in basso.

Il punto è che, essendo molti quelli che stanno in basso, sarà difficile prendere decisioni, quindi compare la rappresentanza, e per questo serve l’avanguardia, il partito politico. Succederà che la piramide non si è “rovesciata”, bensì si è riprodotta con un’altra nomenclatura: le burocrazie trasformate in partiti politici buoni, cattivi o peggiori.

Inoltre, ovviamente, i poteri “alterni” (Capitale e Crimine Organizzato), mantengono la loro posizione, rinnovando i loro accordi e le relazioni con la “nuova” parte superiore della piramide.

Le proposte politiche delle diverse avanguardie hanno in comune la stessa offerta: poiché quelli in alto hanno e quelli in basso no, allora bisogna rovesciare la piramide.

Per questa “inversione” – che in realtà è una sostituzione di capisquadra –, è necessario l’ologramma dello “Stato Nazione”. Se giustizia, sicurezza, onestà e capacità sono assenti, allora c’è la squadra sportiva nazionale che, avvolta nella bandiera ufficiale, si getta nel precipizio della realtà. Ma il “pubblico” non applaude o fischia più, adesso fa meme.

In questi tentativi di “democratizzare” il cinismo e l’ottusità, le proposte politiche ricorrono alla creazione di nemici virtuali. Incitano la pelle scura contro quella chiara, il liberale contro il conservatore, quello di mezzo contro quello in basso e quello in alto, la periferia contro il centro, l’originario contro il meticcio, la donna contro l’uomo, l’altr@ contro l’etero, il giovane contro l’adulto, l’adulto contro l’anziano, il latino contro l’anglosassone, uno di una nazione contro un altro di un’altra, chiunque da qualsiasi parte del mondo contro il gringo, il residente contro il migrante. E viceversa.

-*-

Lo zapatismo riconosce al sistema una tale capacità di distruzione da poter spazzare via un intero pianeta, un mondo insomma, sostituendo un’organizzazione sociale con un’altra. In effetti, il capitalismo nasce da una rivoluzione. Non sono le rivoluzioni a preoccuparlo, ma il fatto che seguano sempre la stessa logica piramidale: c’è chi comanda e chi obbedisce.

Ora, nella sua fase attuale, il sistema sta operando una trasformazione. Ma non significa che scomparirà. Piuttosto è una riorganizzazione, un adattamento alle nuove condizioni di ciò che alcuni chiamano “sistema-mondo”.

Che il capitalismo stia appena prendendo coscienza della distruzione irreversibile che ha provocato, non è il punto. Di fronte a questo, esplora o prova diverse strade.

Una è tornare al passato.

Non ci riferiamo solo al processo di accumulazione originaria, dove il sistema nasce, cresce e si consolida tramite l’espropriazione e le guerre (cosa che solitamente dimenticano teorici e storici). Ma a una sorta di salto impossibile all’indietro, a ciò che significa cercare di ricostruire il cosiddetto “Stato del Benessere” o “Welfare State” (un redivivo Keynes del Benessere). Vale a dire, uno Stato ugualmente repressivo e reazionario, ma con sfumature di giustizia sociale o, se si vuole, programmi sociali che attenuino il peso del piano inferiore della piramide, della sua base. Ma la maledetta realtà non abbandona la sua posizione reazionaria e, prima o poi, rompe i muri di quella piramide. Così, la “Rigenerazione” si trasforma in un riciclo di quarta mano.

C’è anche il tentativo di “allargare” (o “ingrassare”) le classi medie che, come indica il nome, sarebbero tra la parte alta della piramide e la base. Queste parti “medie” sopravvivono con l’ambizione di salire altri gradini della piramide, e con il terrore che la base non regga più o non si possa controllarne l’esplosione e si ribelli e si riveli. Per l’una e l’altra cosa, ricorrono al partito avanguardia. Per controllare, rallentare o addirittura estinguere le ribellioni; e per scalare, tramite incarichi e vantaggi, la scala sociale. Gli ultras di ieri sono i funzionari “realisti” di oggi. Le classi medie sono il vivaio del Mandón.

Ecco spiegato il panico dei loro portavoce di fronte a vetri rotti, scioperi, blocchi, manifestazioni, occupazioni, grida, azioni e quelle brutte cose che fanno i cattivi, sporchi e brutti della storia – quelli che non compariranno nei libri di testo delle scuole dell’obbligo. La loro facilità nel “commuoversi” per le guerre “lontane”? Beh, è perché credono che accadano solo in altre piramidi.

Ma, contro le prove giornalistiche, gli articoli d’opinione e le profonde analisi geopolitiche, da tempo il grande capitale non è nazionale. Cioè, non si riferisce a una geografia. Ha a che fare con la sua posizione nell’economia mondiale. Il grande capitale, il Mandón insomma, non si chiede cosa fare in Medio Oriente, in Europa Orientale, o con le diverse bandiere, stemmi ufficiali, inni ed equipaggi sportivi. No, il grande capitale si chiede cosa fare e come, ma in tutto il pianeta.

Il grande capitale non è ancora d’accordo, ma le sue menti pensanti prevedono che ciò che sta arrivando è ormai inevitabile e bisogna saccheggiare il più possibile. E per questo non contano gli organismi internazionali, le leggi… né le nazioni.

Le diverse destre, incluso il progressismo, si contendono i favori del grande capitale. Come due fratelli, litigano per la carezza del Mandón. E usano ciò che possono. Si accusano a vicenda con strilli isterici: alcuni avvertono dell’arrivo del comunismo; gli altri, della resurrezione del fascismo. Tutti si offrono per mantenere sotto controllo la base della piramide. Alcuni con le botte. Gli altri pure.

Solo che alcuni si vantano, mentre gli altri fanno la faccia da “questa è un’eredità di un passato che non tornerà” e, non senza smorfie di disgusto, lanciano elemosine alla base della piramide. Elemosine che vengono trasferite al Crimine Organizzato tramite le estorsioni delle stesse autorità che gestiscono i programmi sociali e li amministrano in cambio di voti.

-*-

Nel frattempo, una parola che sintetizza molte cose che dovrebbero vergognare la parte alta della piramide, ribadisce la sua vocazione a una vita libera: Palestina. Oggi Palestina definisce il vero obiettivo della piramide, la cassa mortale promessa per i popoli del mondo.

Ci sono parole silenziose che camminano terremoti, che navigano tempeste, che sorvolano uragani. Solo all’alba si sentono, quando nella veglia tutto duole. Allora arrivano e il loro mormorio lacera la pelle della memoria. Una cicatrice, ancora sanguinante, è ciò che rimane. “Gaza” è una di quelle parole, una che indigna, che ribella, che rivela.

Dalle montagne del Sudest Messicano.

Il Capitano

Luglio 2025

Video Vimeo/ Immagini dei preparativi per “L’Incontro di Resistenze e Ribellioni: Alcune Parti del Tutto” ad agosto 2025, Terci@s Compas Zapatistas. Audio: Musica di Residente, Amal Murkus. “Sotto le Macerie” e voce e parole di Eduardo Galeano. “Le Guerre Mentono”

Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2025/07/23/3-post-scriptum-3-v-di-gatti-e-piramidi/ Traduzione a cura di 20ZLN




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3 POSDATAS 3

V. DE GATOS Y PIRAMIDES

VI. EL INCONFORME

VII.- PREGUNTAS, IMÁGENES Y SENTIMIENTOS

VIII.- EL COMÚN CONTRA LAS CAJAS MORTALES Y LAS PIRÁMIDES. Una asamblea de jefas, jefes y jefoas

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3 post scriptum 3

IV.- DI GATTI E SCATOLE

(oh, lo so. Avevo detto che erano 3 post scriptum 3, ma…
non erano forse 4 i Tre Moschettieri? … ok, ok, ok, ho mentito: non sono 3, sono …)

Una paradossale contraddizione del paradosso di Schrödinger.

Erwin Schrödinger (Austria-Irlanda. 1887-1966), che a quanto pare non era molto affezionato ai felini domestici, propose un esercizio teorico per la fisica quantistica.

Il ragionamento è semplice, anche se le sue implicazioni sono assai complesse. Dentro una scatola è stato chiuso un gatto. La scatola contiene un dispositivo che, in un momento imprecisato, può attivarsi e uccidere il gatto. Poiché la scatola è ermetica, non si sa se il gatto sia ancora vivo o sia già morto. Finché la scatola non viene aperta, non è possibile sapere quale delle due possibilità si sia realizzata. Nel tempo sospeso, quello in cui non sappiamo se è vivo o morto, si presume l’esistenza di due mondi o universi simultanei. In uno, il gatto è già morto. Nell’altro, è ancora vivo. Un meccanismo letale attivato e non attivato; un gatto vivo e morto allo stesso tempo; una sovrapposizione di stati, secondo la fisica quantistica.

Lasciamo da parte, per ora, i riferimenti ai multiversi dei fumetti e le conseguenze per la fisica teorica. Mettiamo da parte anche l’antipatia di don Schrödinger verso i gatti, e il fatto evidente che non li conosceva bene (chiunque abbia avuto a che fare con un gatto sa che non si lascerebbe intrappolare, e tanto meno rinchiudere, senza protestare e senza difendersi – e ancor di più se si tratta di un… gatto-cane –). E non soffermiamoci neppure troppo sul fatto che il gatto sia prigioniero e condannato a morte, a meno che qualcuno non si degni di aprire la scatola mentre il meccanismo letale non è ancora stato attivato, e il gatto possa saltare fuori e liberarsi dalla prigione.

Si suppone che questo esperimento teorico sia alla base dell’idea che siano possibili mondi paralleli in diversi universi, cioè in un multiverso (anche se serve anche a dimostrare che le leggi della fisica quantistica non si applicano nella vita quotidiana).

Per quanto mi permetta la mia limitata conoscenza dei fumetti, capisco che, in quei mondi differenti, l’individuo resta al centro, ma in versioni diverse. In un mondo, Sheldon Cooper (serie televisiva The Big Bang Theory) è uno scienziato con problemi di relazione sociale. In un altro è un donnaiolo incallito. In un altro ancora è un giudice “popolare” del sistema giudiziario messicano (oh, lo so, la mia perfidia è sublime).

E questa digressione che, spero, disorienti, ha a che vedere con il fatto che, persino avendo l’immaginazione necessaria a concepire l’esistenza simultanea del gatto vivo e del gatto morto, non viene mai proposta la possibilità (o l’universo) in cui uno o più gatti si rifiutino di entrare nella scatola. Per di più con l’aggravante che il presunto gatto sia in realtà un gatto-cane.

Nel proporre alcune possibilità, se ne omettono altre.

Quando si parla del sistema capitalista, le diverse proposte si concentrano su ciò che si può fare per migliorare le condizioni del gatto rinchiuso nella trappola, per prolungarne la vita (o la possibilità di vita), o per “umanizzare” il dispositivo mortale.

È, diciamo, ciò che propone il progressismo. Definizione di progressismo? Beh, quelli che sono di sinistra fino al giorno prima di diventare governo e ottenere un incarico, una poltrona, uno stipendio, insomma. Poi smettono di essere di sinistra, diventano governo, e mascherano il proprio pragmatismo (che li porta ad allearsi e fraternizzare con i nemici di ieri – e a prendere le distanze dal loro passato sociale –) nel nome della real politk. È dunque una sinistra gradita al capitale. Ovvero, una destra “cool”, graziosa, perbene e arrossita.

In questo caso, il progressismo prometterà di liberare il gatto dalla sua prigione. Poi, poiché non può o non vuole farlo, “modifica” la promessa: “ti farò stare più comodo”; “otterrò condizioni migliori per la tua morte”; “lotterò affinché il dispositivo mortale non si attivi troppo in fretta”. Oppure può anche incoraggiare il prigioniero a resistere, dato che ha il 50% di possibilità di sopravvivere temporaneamente. Prigioniero, sì, ma vivo.

-*-

Il sistema capitalista è quella scatola. Al suo interno, moltitudini attendono, senza saperlo, l’attivazione del congegno assassino. Guerre, carestie, catastrofi “naturali”, assalti violenti, omicidi, arbitrii governativi, distruzioni: tutto serve a risolvere l’enigma “vivere o morire?”.

Nella scatola c’è chi ha «commesso il crimine» di essere donna, bambino o bambina, giovane, anziana, otroa, avere la pelle scura, essere di un popolo originario, parlare una lingua straniera nella propria terra, eccetera. Non importa la condizione, il genere, la razza, l’ideologia, la religione, il modo, l’altezza, la costituzione fisica: quella persona che si trova nella scatola è sottoposta a quelle leggi mortali.

Non solo senza possibilità di uscita, ma anche senza poter nemmeno immaginare che fuori da lì possa esistere un altro mondo.

L’opzione per ritardare la morte o migliorare le condizioni della condanna è la sottomissione, è l’accettazione di essere parte della vetrina delle “stranezze” che il sistema espone per il proprio divertimento. Donna, otroa, di un popolo Originario, Razza, Quartiere, Nazionalità: ogni “singolarità” ha il suo posto nella bottega delle curiosità, purché si comporti “bene”. Altrimenti, beh… la “mano invisibile del mercato” azionerà la leva dello sterminio.

Esempio: il crimine di nascere, crescere e lottare in terra palestinese consiste nel non accettare di essere parte della vetrina del capitale. E resistere e ribellarsi contro la macchina. La macchina vuole un centro ricreativo a Gaza, ma la civiltà palestinese è d’intralcio. Il popolo palestinese lotta per un territorio in cui vivere.

La Palestina è il miglior esempio della crisi terminale dei cosiddetti “Stati Nazionali” e dei loro governi. Non comandano: obbediscono secondo convenienza. Sono incapaci di proporre una politica estera indipendente, dignitosa, coerente.

E di fronte al massacro in corso, la complicità e l’omissione dei governi del pianeta (salvo alcune eccezioni) è patetica. Le polizie dei vari governi europei e americani che reprimono le manifestazioni contro il genocidio in Palestina sono il miglior discorso sull’“umanesimo” occidentale.

Nel mondo di sopra, i governi europei sono la corte oziosa e inutile del re di turno. Russia e Cina sono i conti e i duchi che tramano per un regicidio e propongono un monarca alternativo. Il resto dei governi nazionali del mondo, salvo chi si è espresso chiaramente contro, sono i paggi affannati, stressati dalle continue richieste e pressioni della famiglia reale.

Chi osserva, gestisce, si diverte e scommette su ciò che accade nella scatola? I grandi capitali: finanziari, commerciali, industriali, e ora anche digitali e aerospaziali.

I governi del mondo, nella loro maggioranza, sono solo i venditori di biglietti per le scommesse, i “broker” delle borse valori dove le guerre sono sempre in rialzo… e la vita in basso… in caduta. E, come i Milei che sono e saranno, sono quelli incaricati di comprare e servire il vino nei banchetti monarchici (la motosega è un dettaglio autoctono).

-*-

Tuttavia, c’è chi pone un’altra possibilità: non entrare nella scatola o uscirne.

Ancora oltre: c’è chi mette in discussione la scatola stessa, la sua esistenza eterna e onnipotente; e la sua pretesa di essere l’unico universo che tollera, al suo interno, la diversità, i vari universi o multiversi… purché addomesticati.

Queste persone sono ciò che noi zapatisti chiamiamo “Resistenza e Ribellione”.
Resistenza per non entrare nella scatola o, se si è dentro, Ribellione per lottare e uscirne.

Resistenza e Ribellione che si propongono la distruzione della scatola, della logica che l’ha creata e della credenza che “non sia possibile qualcos’altro”.

Dalle montagne del Sudest Messicano.

El Capitán
Luglio 2025

Traduzione a cura di di 20ZLN
Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2025/07/07/3-posdatas-3-iv-de-gatos-y-cajas-oh-lo-se-habia-dicho-que-eran-3-posdatas-3-pero-no-eran-4-los-tres-mosqueteros-ok-ok-ok-menti-no-son-3-son/

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III.- POST SCRIPTUM PATRIOTTICO

Un incubo con stemma, inno e bandiera (e, ovvio, CURP biometrico)

Proviamo a immaginare uno scenario di fantasia: le postazioni che le forze armate nordamericane hanno preso al confine con il Messico e nelle acque del Golfo del Messico e del Pacifico, non servono per minacciare, fare pressione o tenere d’occhio i cartelli.

Neanche per blitz o incursioni lampo contro qualche cartello.

La disposizione strategica di quelle forze è per un’invasione.

Se così fosse, allora i riferimenti all’inno nazionale sarebbero solo retorica. Un richiamo all’unità nazionale, come ai tempi di Luis Echeverría Álvarez e José López Portillo.

(ndt: presidenti messicani degli anni ’70 e ’80, noti per il populismo e la repressione)

Sempre seguendo questa supposizione, ci si aspetterebbe che i cattivi governi comincino i preparativi: si attiverebbe il Servizio Militare Obbligatorio e si istruirebbe la popolazione civile all’uso delle armi da fuoco, alla costruzione di difese, all’uso di rifugi e coperture, alla conoscenza del territorio, alla catena di comando.

Certo, per questo bisognerebbe dotare la popolazione civile di armi, anche rudimentali.

E le forze armate riorienterebbero le proprie azioni alla preparazione della difesa.

La prova che tutto questo è impensabile per i governi è che proprio la cosiddetta legge sulla Guardia Nazionale approvata va nella direzione opposta.

Tutta la struttura e la strategia delle forze armate in Messico sarebbe, in termini militari, disposta non per la difesa da un attacco esterno, ma per il controllo interno.

E gli eserciti non starebbero progettando, costruendo e amministrando i megaprogetti della propaganda ufficialista della 4T.

(ndt: 4T è la sigla di “Cuarta Transformación”, “Quarta Trasformazione”, il progetto politico di López Obrador che richiama le tre “grandi trasformazioni” della storia messicana: Indipendenza, Riforma e Rivoluzione)

Supponiamo che il signor Trump non si accontenti di piegare il Messico con dazi, chiusure selettive delle frontiere e misure commerciali e finanziarie.

Supponiamo che Trump sia uno a cui prude l’ego, desideroso di “entrare nella storia” (vi ricorda qualcuno?).

Supponiamo che non gli basti un dominio discreto e silenzioso sul suo obiettivo, e che abbia bisogno di fare scena e pensi che nulla funzioni meglio delle armi per farlo.

Supponiamo che Trump sia un bullo che non solo ha bisogno di umiliare, ma vuole che si veda, che quel gesto vigliacco “serva da lezione”.

Certo, intelligente non è, ma ha l’arma carica e il dito sul grilletto.

Cosa avrebbe a suo favore?

Un punto essenziale per un’invasione è avere una casus belli, un motivo, insomma, per quella guerra.

Eduardo Ramírez Aguilar, che sostiene di governare lo stato sudorientale del Chiapas, avrebbe già dato ai gringos l’indicazione da seguire in questo scenario ipotetico.

(ndt: “gringos” è un termine colloquiale e ironico con cui in Messico ci si riferisce agli statunitensi)

Le sue forze armate locali hanno invaso momentaneamente il vicino Guatemala e lui ha subito giustificato la figuraccia accusando quel governo… di complicità e protezione del crimine organizzato (esattamente quello che dicono i gringos del Messico).

Certo, dal centro gli è arrivato uno scapaccione, ma il danno era – ed è – fatto.

Con la nuova prerogativa, le forze militari, invece di spiare chi critica e si oppone alla 4T, raccoglierebbero informazioni sul terreno e sulle capacità militari del probabile aggressore.

Da parte sua, l’aggressore raccoglierebbe le informazioni necessarie sull’obiettivo dell’invasione.

E, come si è visto, peserebbero più le informazioni sul carattere del nemico, la sua psicologia, il suo modo di essere, insomma.

Un altro elemento da considerare in quell’invasione ipotetica sarebbe: ha sostegno locale sul territorio invaso?

Perché, a differenza dell’Ucraina e della Palestina, dove non è emerso – o non ancora – un Juan Guaidó come in Venezuela, in Messico sì che c’è chi sospira e aspira a diventare parte degli Stati Uniti.

(ndt: Juan Guaidó è un politico venezuelano che si autoproclamò presidente ad interim con l’appoggio degli USA)

L’estrema destra (nota anche come “l’opposizione”) vuole farsi notare.

Il baccano che fanno tutti e sette i giorni della settimana non è diretto al votante.

Quello ormai milita con l’ufficialismo, grazie a sussidi sociali sempre più rachitici nel momento in cui arrivano al destinatario.

Sbaglia l’ufficialismo a gongolare perché l’isteria della destra non produce effetti visibili nelle elezioni.

L’estrema destra non fa i capricci per farsi guardare dalla gente del Messico.

Lo fa per farsi notare dal “nord brutale e confuso”.

(ndt: espressione usata storicamente nei comunicati zapatisti per indicare in forma ironica e critica gli Stati Uniti)

Questo settore, pur essendo numericamente piccolo, fa un bel casino sui media.

Però ha almeno due problemi:

Uno: quando uscire allo scoperto per quello che sono.

E quando dicono, tra un sorso e l’altro, “Il Messico non sarà il Venezuela”, lo fanno pensando di non mostrarsi fino a quando la bandiera a stelle e strisce non sventolerà sul vecchio Palazzo di Cortés.

“Non saremo Juan Guaidó, che è rimasto ad aspettare lo sbarco dei marines”, si dicono.

Ma due: il problema più grosso che hanno è decidere chi riceverà l’invasore come anfitrione.

E nel tentativo di mettersi davanti, si svelerebbero.

Alito? Anaya? Salinas Pliego? Un triunvirato?

Quest’ultimo ha il fascino del classico.

In generale, oggi la 4T deve molto all’estrema destra.

I suoi rutti mediatici le danno coesione interna, discorso patriottardo e munizioni per le conferenze stampa del mattino e per i pennivendoli di turno.

(ndt: “la mañanera” è la conferenza stampa quotidiana tenuta dal presidente López Obrador prima e ora da Claudia Sheinbaum alle 7 del mattino)

su questo sguardo al passato, l’estrema destra e il governo ufficiale si ritrovano d’accordo (Movimento di Rigenerazione Nazionale, Partito Verde Ecologista e Partito del Lavoro — tre partiti che nei loro nomi stessi racchiudono un paradosso).

Una e un’altra volta, nella scuola quadri di quei partiti, cioè nella “mañanera”, si ripete che il passato preispanico fu splendido (in realtà, si riferiscono alla loro adorazione per l’impero azteco — che, appunto, era un impero). Per questo riscrivono la storia per adattarla ai propri comodi.

Mentre l’estrema destra sospira per vedere l’esercito nordamericano marciare su Reforma, nell’ufficialismo alcuni sognano che arrivi l’esercito russo; altri quello cinese, e, beh, il PT brama l’arrivo dell’esercito… della Corea del Nord!

Tra estrema destra e ufficialismo la questione sarebbe chi starebbe in cima alla piramide. Un cambio alla cima della piramide o un cambio di piramide, insomma.

In questo scenario ipotetico, vi immaginate i prodi della 4T impugnare un FX-05 Xiuhcóatl (Serpente di Fuoco) calibro 5.56 mm? Li immaginate affrontare a petto nudo le pallottole dell’invasore? O li vedete correre a nascondersi? Ops, in questo scenario ipotetico non c’è dove nascondersi. A meno che non cambino schieramento…

Già, avete ragione: meno male che tutto ciò non succederà! Non c’è nulla all’orizzonte che faccia pensare a una cosa simile. Sono solo le voglie del Capitano di rompere le scatole e rovinare il pranzo.

-*-

Se si guarda alla classe politica, questo paese chiamato Messico è un paese di molte menzogne. Tanti capi — e cape, si capisce. Generali in abbondanza, truppa scarsa. Ognuno e ognuna con la propria guerra per salire nella piramide. I loro appelli all’unità nazionale sono inutili perché nemmeno riescono a unire il proprio partito.

In più: corruzione, inefficienza e incapacità (per esempio, contro inondazioni e siccità), demagogia riciclata, indigenismo da vetrina, voci “indipendenti” a pagamento: freelance e sicari della mañanera, delle colonne di opinione, dell’istituzionalizzazione dell’inganno (perché un “bignami” è una vecchia truffa scolastica).

Intanto, come segno del cambiamento, il paese passa dall’essere un cimitero clandestino a una zona di sparizioni. E lo si celebra come progresso: “sono diminuite le morti violente”, anche se ora aumentano le sparizioni. Il Non-Luogo come patria col CURP biometrico.

-*-

Dubbi:

1.- Quindi bisognava seminare mais e fagioli, e non alberelli commerciabili?

2.- Dato che l’ufficialismo riconosce la distruzione della natura con il Tren Maya (“non abbatteremo nemmeno un albero”, disse il Supremo), e in linea con la politica estera del chiedere scuse, chiederanno perdono alle persone di “Salvami dal treno” per insulti, pressioni e attacchi, e riconosceranno che avevano ragione nelle loro denunce? E alle comunità indigene colpite?

3.- Ah, quindi non era vero che avevano finito il cosiddetto huachicol?

4.- L’attuale situazione significa che la politica degli “abbracci e non schiaffi” è servita a…?

5.- Allora il Salinas “buono” (Ricardo Salinas Pliego) non era tanto buono, e fu un errore finanziarlo affidandogli i programmi del Bienestar nei primi anni del passato sexenio? Ora il Salinas “cattivo” (Carlos Salinas de Gortari) diventerà “il dottor Salinas”?

6.- Perché c’è tempo, disponibilità e “buona volontà” per ricevere l’ambiguo Carlos Slim, il segretario di Stato yankee e i grandi imprenditori (bella gente, eh), ma non per ricevere la CNTE e le madri che cercano i loro figli? Perché sono brutte? Perché sono “mangia-quando-ce-n’è-e-quando-no-eh-pazienza”? Ah, perché stanno alla base della piramide?

7.- Accusando l’ineffabile Alfonso Romo di riciclaggio di denaro, il governo gringo dimostra di aver imparato dal crimine organizzato? Così come, per avvertire Clara Brugada di non uscire dai binari, le assassinano due collaboratori? O per chi è l’avvertimento?

-*-

Ma non tutto è svergognamento della classe politica, nazionale e internazionale, là in alto.

In basso…

C’è chi cerca e, seppur in ritardo, non si arrende, non si vende e non cede.

C’è chi non guarda verso l’alto, ma guarda allo specchio.

C’è chi, vedendosi in altri, altre, altrə, si ritrova.

Perché “su tutto il pianeta nascono e crescono ribellioni che si rifiutano di accettare i limiti di schemi, regole, leggi e precetti. Perché non ci sono solo due generi, né sette colori, né quattro punti cardinali, né un solo mondo.”

(Semillero Comandanta Ramona, 9 agosto 2018)

Dalle montagne del Sud-Est Messicano.

El Capitán

Messico, già luglio 2025

Traduzione 20ZLN

Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2025/07/02/3-posdatas-3-iii-posdata-patriotica-una-pesadilla-con-escudo-himno-y-bandera-y-claro-curp-biometrico/

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3 POST SCRIPTUM 3

II.- POST SCRIPTUM DI RAZZE ED ALTREDIFFERENZE.
Un continente,
tanti colori.

Se dovessi colorare ogni area geografica di un colore diverso, quale sceglieresti?

Diciamo che, nel continente americano scegli il giallo, al limite dell’arancione. È un colore molto di moda nel nord di quel continente. Molto in linea con l’ICE gringo le cui truppe nascondono il volto per non mostrare che la loro pelle a volte è dello stesso colore dei perseguitati. “Beaners” o “frijoleros” è il termine dispregiativo che usano per descrivere le loro vittime, con questo doppio riferimento a ciò che mangiano e al colore della pelle. Usavano anche il termine “cafecitos” (“brownies“).

Il colore della pelle e le identità culturali sono, per chi detiene il potere e i suoi sicari, una risorsa per identificare il nemico da eliminare. L’esercito messicano (oggi così adorato dai progressisti che ieri lo criticavano) quando invase il territorio zapatista nel 1995 – frutto del tradimento di Ernesto Zedillo Ponce de León nel febbraio di quell’anno – attaccò le comunità (come fa oggi la cosiddetta Forza di Reazione Immediata Pakal del governo dello stato del Chiapas) per rubare i pochi beni degli indigeni. Durante l’invasione, gridavano: “Fottuti indios pozoleros!”.

Il paradosso è che, quando disertavano, i soldati attraversavano le stesse comunità che avevano saccheggiato implorando un po’ di… pozol.

Ma non lasciatevi distrarre dai ricordi politicamente scorretti di oggi. Stiamo parlando del colore della pelle.

C’è di più: per esempio, la lingua. Per Trump è chiaro che i “frijoleros” non solo parlano un inglese molto diverso, ma hanno anche creato una propria lingua.

Nel gennaio del 1994, quando decine di migliaia di agenti federali arrivarono in Chiapas per “abbattere i trasgressori della legge”, un ufficiale che disertò quando capì chi stavano cercando ci raccontò che chiesero all’alto comando come identificassero “gli zapatisti”. I generali risposero: “Sono bassi, di pelle scura, parlano male o per niente spagnolo e i loro costumi ricordano molto quelli di un museo o di un laboratorio artigianale”. I soldati si guardarono l’un l’altro. Milioni di persone corrispondevano a quella descrizione.

Riporto alla mente questo ricordo perché è il criterio “criminale” che l’ICE gringo utilizza per trattenere, picchiare, imprigionare e deportare i migranti.

Importa se il detenuto ha i documenti? No, ciò che conta è il colore della sua pelle, il suo slang, il suo gergo e la sua parlata (qui diciamo “il modo”), i suoi baffi, i suoi vestiti cadenti e il fatto che davanti a un hamburger e dei tacos scelga… tacos (“con coriandolo, cipolla, pomodoro e tanta salsa, per favore”). Se fa anche parte del movimento LGBTIQ+, beh, è un criminale con tutte le aggravanti del caso.

Nei primi anni della rivolta, nelle caserme dell’esercito federale fecero tutto il possibile per convincere le truppe ad attaccare gli zapatisti. Per esempio, presentarono spettacoli teatrali (una valida risorsa didattica) in cui il defunto SupMarcos era gay, omosessuale, checca, frocio, queer, mayate, mordi-cuscini o come si chiamano ora. Tutti volevano interpretare il ruolo del defunto perché, comunque fosse, quell’uomo era bello.

-*-

Iniziamo con il colore della pelle, poi con la cultura, la lingua, l’altezza, il cibo, l’abbigliamento, l’identità sessuale ed affettiva, ecc. Ora aggiungi il suo status, legale o meno, essere di un’altra geografia come luogo di nascita o quello dei suoi antenati. Migrante, o di genitori, nonni o bisnonni migranti. Ecco il profilo del criminale da perseguire.

Ora, osserva qualsiasi geografia e identifica le persone che corrispondono a questo profilo “scientifico” (che metterebbe in imbarazzo qualsiasi serie TV americana in cui la polizia è sempre brillante, carina e, soprattutto, incorruttibile e rispettosa della legge) e vedrai che sono milioni.

Senza andare troppo oltre, il gabinetto di Trump include discendenti di migranti in posizioni chiave. Marco Rubio, Segretario di Stato, non ha un cognome molto anglosassone ed è figlio di migranti cubani. Kristy Noem, Segretario della Sicurezza Interna, è di origine norvegese. Senza (ancora) un incarico nel gabinetto c’è il senatore di estrema destra Ted Cruz, il cui padre è cubano e il cui nome è Rafael. Lori Chavez, Segretario del Lavoro, è di origine messicana. Trump è discendente di migranti e sua moglie è slovena di nascita.

Dato che è difficile fare distinzioni usando questi criteri, affrontiamo l’argomento spesso ripetuto: sono criminali. In realtà, ciò che non viene detto è che sono considerati “potenziali criminali”.

Lasciamo perdere il fatto che diversi membri di quel governo sono stati accusati di abusi sessuali e abuso di droga. Non è provato. Quindi concentriamoci su coloro che sono stati condannati, cioè processati e dichiarati colpevoli. Lo vedi? Sì, Donald Trump.

-*-

Per quanto riguarda l’immigrazione, i cosiddetti, pretenziosamente, Stati Nazionali, di loro iniziativa e in seguito in coincidenza con la posizione della polizia statunitense, stanno facendo lo stesso. A sud degli Stati Uniti, il Messico ha attuato un’operazione criminale contro l’immigrazione dall’America Centrale e, attraverso di essa, da altri Paesi. L’Istituto Nazionale per le Migrazioni è una replica, in termini di illegalità, brutalità, arbitrarietà e violenza, della Polizia di Frontiera statunitense e dell’ICE. E il razzismo nella società non è da meno. Naturalmente, con le sue differenze. Negli Stati Uniti vengono picchiati, imprigionati e deportati. In Messico, vengono venduti ai cartelli, estorti, imprigionati, fatti sparire, assassinati… e bruciati vivi.

Nel Salvador, Bukele (formatosi alla scuola quadri dell’FMLN fattosi partito) li rinchiude e ne trasmette in televisione le condizioni. Questo non gli impedisce di intascare la sua parte dalla criminalità organizzata.

La storia si ripete negli altri paesi che hanno le loro fondamenta e la loro storia in quei colori scuri. Nel Cile progressista (sì) e nell’Argentina di Milei, la gente del luogo, il popolo Mapuche, è stato vessata per secoli (sebbene ne sia uscito vittorioso 10, 100, mille volte). Nel Brasile progressista, un etnocidio “silenzioso” è in atto in Amazzonia. Geografie come Ecuador, Bolivia, Perù e Colombia reprimono come meglio possono le proteste e le ribellioni degli indigeni, che sono del colore della terra.

Eppure, nelle vetrine del progressismo (che, paradossalmente, insiste nel rivendicare il passato), alcuni manichini “indigeni” a volte ostentano i loro abiti eleganti, aspirando, come servitù, a vedere il loro colore tollerato ai piani alti della piramide. Ovvero, come bigiotteria a buon mercato e sostituibile.

-*-

Gli Stati Nazionali nascono dal saccheggio delle risorse. Ma non solo delle risorse, ma anche di identità, differenze e particolarità. Lo Stato Nazionale, con il mito della cittadinanza, impone omogeneità ed egemonizza. Bandiera, stemma, inno, forze armate, squadre sportive nazionali, storia e lingua ufficiali, valuta, struttura giuridica e amministrazione della giustizia contribuiscono tutti a soppiantare, attraverso l’imposizione violenta, differenze di colore, razza, lingua, genere e, si badi bene, posizione sociale, storia e cultura.

È “cittadino” il nero, il marrone, il giallo, il rosso e il bianco. Lo è l’alto e il basso; il grasso e il magro; l’uomo, la donna e loa otroa; il meticcio e l’indigeno; il padrone e il dipendente; il ricco e il povero.

In questo senso, il popolo originario espropriato del suo territorio è uguale a chi esegue l’ordine di sfratto e al funzionario “indigeno” che ha avallato il furto. La donna vittima di violenza è uguale a chi la fa sparire, la uccide o la aggredisce. La persona transgender è uguale al poliziotto che “eccede” nel compimento del suo dovere. La commessa di na caffetteria è uguale a Carlos Slim. E così via.

E queste “cittadinanze” si sostengono in una nazionalità che, a sua volta, supporta le argomentazioni a favore di genocidi, crimini di ogni portata e guerre… per eliminare i prescindibili.

-*-

Se ci sono colori diversi in alto, in cima alla piramide, e sotto, alla base che sostiene il peso della ricchezza di chi sta sopra, qual è la differenza? Il posto nella piramide.

Con tutte le loro differenze, peculiarità e colori, coloro che stanno alla base di questa struttura hanno in comune che sono sacrificabili. E, proprio per questo, le guerre (in tutte le loro forme) servono a liberarsene.

-*-

In ogni angolo di questo pianeta, anche il più remoto, c’è una piramide media, grande o piccola. Si considera eterna, potente e indistruttibile.

Finché qualcuno non dice “basta”, diventa collettivo organizzato e la abbatte al grido di…

¡A la chingada el pirámide!
اللعنة على الهرم
jebem ti piramidu
γαμώ την πυραμίδα
Fuck the pyramid
scheiß auf die Pyramide
fanculo la pirámide
putain la pyramide
merda á pirámide
мамка му, пирамидата
屌個金字塔
a la xingada la pirámide
ser*u na pyramidu
他妈的金字塔
피라미드 엿먹어
kneppe pyramiden
do kelu pyramídu
kurat püramiidist
vittu pyramidi
joder pe pirámide rehe
לעזאזל עם הפירמידה
neuk de pirámide
baszd meg a piramis
tada leis an pirimid
fokkið við pýramídanum
ピラミッドなんてクソくらえ
pîramîdê qelandin
Pyramidem in malam rem!
Ssexsi lpiramid
xijtlasojtla nopa pirámide
knulle pyramiden
لعنت به هرم
pieprzyć piramidę
foda-se a pirámide
pirámide nisqawan joder
la dracu’ cu piramida
к черту пирамиду
је*и пирамиду
knulla pyramiden
piramiti siktir et
до біса піраміду
piramideari madarikatua
shaya iphiramidi

-*-

Ma, al suo posto creiamo un’altra piramide?

O qualcosa di diverso?

Forse in un incontro di alcune parti del tutto si potrà insinuare una risposta.

Dalle montagne del Sudest Messicano.

El Capitán

Giugno 2025

Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2025/06/30/3-posdatas-3-ii-posdata-de-razas-y-otras-diferencias-un-continente-muchos-colores/

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