Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2024/08/22/el-aleph-maya/
Traduzione a cura di Ya Basta! Êdî Bese! https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2024/08/23/laleph-maya/
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Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2024/08/22/el-aleph-maya/
Traduzione a cura di Ya Basta! Êdî Bese! https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2024/08/23/laleph-maya/
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Un’Idea Geniale
Agosto 2024
Ho fatto il mio primo screenshot.
Non siete qui per saperlo, né sono io per farvelo sapere, ma ho trionfato nell’ardua e vertiginosa corsa tecnologica.
Dopo 6 mesi 6 di sfibranti ricerche, estenuanti studi e pratiche, da solo, senza alcun altro aiuto dei 453 video tutorial, sono riuscito a fare uno screenshot. Lo so, sembra incredibile. Ma non pensate che mi accontenti di questo, ora sto cercando di scoprire dove diavolo è stato salvato lo screenshot. E poi scoprire a cosa serve uno screenshot. Dopo? …il mondo!
Ebbene, incoraggiato da questo grande risultato mi sono avventurato nel mondo delle applicazioni digitali (che noi veterani chiamiamo “App”) ed è nata così l’idea di cui ora vi parlerò:
Si tratta di un’idea per la tanto decantata transizione verso un capitalismo umano (o per “limare le punte al neoliberismo” – secondo la 4T -): Una nuova applicazione digitale che si chiamerebbe “OnlyHaters”. Su questa applcazione tu, signora, signore, otroa, potresti insultare a tuo piacimento il cattivo o la cattiva a tua scelta in cambio di un prezzo ragionevole. Naturalmente, ci sarebbe un account premium in cui il destinatario si impegna a leggere il tuo messaggio o guardare il tuo video (se disponi di più risorse). Te lo immagini? Quasi ogni figura della politica e del capitale diventerebbe milionaria.
Il futuro ministro dell’Istruzione, in Messico, non dovrà più vendere candidature al cartello che gli sta a cuore. Il Supremo andrebbe in pensione con il suo sostentamento assicurato che gli basterebbe per creare il suo podcast mattutino (che è l’unica cosa che ha fatto in quasi 6 anni). Trump non dovrebbe ricorrere alla frode fiscale per finanziare la sua campagna elettorale e le sue aziende. Biden-Harris non dovrebbero fare offerte di stagione alle grandi aziende per la guerra di conquista in Palestina. Le Pen e Macron non dovrebbero nascondere la loro affinità ideologica. Il PSOE e il PP potrebbero finalmente uscire allo scoperto e abbracciarsi in pubblico. Milei non dovrebbe diventare isterico ogni volta che dice qualcosa o fare la faccia da stitico. Lula, Petro e Boric potrebbero pagare l’abbonamento alle TV dell’impero Murdoch (Fox) senza dover farsene portavoce (e, per favore, qualcuno dica loro che quelli a cui vogliono piacere saranno gli stessi che domani li lapideranno sui media). Netanyahu non dovrebbe commettere crimini di guerra per restare al governo. Zelenskyj troverebbe un canale onorevole per le sue capacità istrioniche. Putin potrebbe dedicarsi a cavalcare gli orsi.
E ovviamente io, el Capitán, non dovrei occuparmi del il mio laboratorio di biciclette elettriche (che si chiama, ovviamente, “Mi Abuelita en Bicicleta”) per poter acquisire le opere complete di Arturo e Carlota Pérez-Reverte, Javier Marías e Arthur Conan Doyle (prima di iniziare con i vostri processi, sentenze e condanne per correttezza politica, “sensibilità di genere” e qualunque altra cosa alla moda, vi avverto che me ne frego dei vostri tribunali, sia morali che altri).
Non lo so, pensateci. In questo modo non verrebbe più sfruttata la forza lavoro umana, ma solo i sentimenti di rifiuto, di odio, di intolleranza, di razzismo, di omofobia, di misoginia, di fanatismo, ecc. La parte più vile della specie umana sarebbe fonte di ricchezza.
Oh, lasciamo perdere: per questo già ci sono i social media.
Nah, ci sono anche video di gattini e cucciolotti (aww!)
Infine, come risponde Don Francisco de Quevedo a un altro Capitán, veterano dei Tercios delle Fiandre: “Non resta altro che combattere, nonostante tutto. Contro l’ignoranza, la stupidità, il male, la superstizione e l’invidia”. Più avanti l’autore aggiungerà: “l’apatia, la mancanza di cultura, la mancanza di solidarietà, la corruzione”.
Bene. Salute e “Omettere la verità non è altro che una raffinata varietà della menzogna” (Almudena Grandes. Madrid, Stato Spagnolo).
Dalle montagne del Sudest Messicano.

El Capitán
Mentre guarda la barca in mare e a cavallo in montagna.
Messico, agosto 2024
P.S.- Se qualcuno là fuori decidesse di trarre vantaggio da questa idea geniale, trionfare così nel duro mondo dell’era digitale, avere un posto esclusivo nella Silicon Valley, accodarsi agli Arnault, Bezos, Musk, Zuckerberg, Gates ed essere convocato dal Preciso per avere la sua opinione su questioni che dovrebbero essere di Stato, non dimentichi di “foraggiare” con un bel po’ di grana. Dobbiamo attrezzare diverse sale operatorie. Già ci sono i “porta strumenti” fraterni, ci sono i candidati all’intervento chirurgico, ci sono i luoghi per costruirle, ci sono le ragazze ed i ragazzi pronti ad imparare. L’unica cosa che manca è l’attrezzatura. E ovviamente la formazione per il suo utilizzo e la sua cura.
Traduzione “Maribel” – Bergamo
Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2024/08/21/una-idea-genial/
Posted in Senza Categoria on 22 agosto 2024| Leave a Comment »
Traduzione a cura di Ya Basta! Êdî Bese! https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2024/08/21/il-viaggio/
Testo originale https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2024/08/20/el-viaje/
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ADAGI
Agosto 2024
Ripartiamo quindi da alcune storie di decenni fa. Vediamo se ciò che è stato detto allora aiuta o meno a capire ciò che sta accadendo adesso.
I
Lo scopo del pensiero critico non è trovare la verità (e, quindi, costruire un nuovo alibi per l’arbitrarietà del momento), ma mettere in discussione le “verità”, affrontarle, smontarle e rivelarle per quello che sono: l’opinione idiota di uno o più idioti (ovviamente di una o più idiote – non dimentichiamo la parità di genere -) e con molti o pochi seguaci. Il pensiero critico non è solo una posizione teorica. È soprattutto una posizione etica nei confronti della conoscenza e della realtà.
II
Quella che chiamano “Storia” (così, con la maiuscola) è solo un cadavere composto goffamente dai politici e dai loro scribi. Tuttavia, al tavolo del politico al Potere non siede uno scheletro. Solo uno specchio. La cornice potrà essere abbellita, ma lo specchio continuerà a riflettere la stessa decomposizione della realtà. La differenza tra le bare non cambia la similitudine del loro contenuto. Quando i governi accusano lo specchio, perché concavo, di deformare la realtà, cercano di nascondere che è il loro sguardo a negare le deformazioni. Lo stesso sguardo in cui è LUI che tutto illumina e colora.
La storia passata, in minuscolo, non è altro che l’antefatto dell’incubo presente. Oggi si consumano la morte e la distruzione di domani.
III
Il pensiero non precede la materia. Al contrario. Non è una teoria sociale o filosofica a far nascere il capitalismo come sistema dominante. Né le sue diverse fasi. La teoria sociale è un gigantesco scaffale di idee a cui le diverse proposte politiche attingono alla ricerca di ragioni per dare un senso all’irragionevolezza. I sistemi dominanti non sono altromche lo stesso corpo con abiti diversi nella loro presentazione, ma uguali nella loro ipocrisia.
La teoria sociale alla moda è solo un bestseller momentaneo che convive con teorie di auto-aiuto, teorie su come conquistare gli amici (“followers”, dicono ora) e teorie secondo cui il fine giustifica i mezzi, a seconda che si tratti di conservatorismo o progressismo (che non è altro che blando conservatorismo).
Ciò che dà origine al capitalismo è un crimine. E ogni fase del suo sviluppo assomiglia a quella di un serial killer: diventa sempre più esperto. Il compito dei teorici ufficiali è quello di abbellire questo crimine con un po’ di romanticismo, avventura e, naturalmente, frivolezza.
Nella teoria sociale, il più delle volte non si cerca di capire per rivoluzionare, cioè per cambiare le basi materiali, il sistema. Ciò che i “teorici”, ieri all’opposizione e oggi al governo, cercano è una sostituzione nella confraternita. Per questo gli aNexos[1] di ieri sono i caricaturisti di oggi. Cambiano i nomi e le posizioni, ma l’apologia è la stessa. E, ovviamente, la paga. La reazione della destra illuminata è quella di una coppia disprezzata, indignata perché altri sono stati scelti. E questi altri, ciò a cui aspirano è occupare il posto dei preferiti di ieri. Condividono la stessa anemia intellettuale, quindi nessun problema.
Lo storico di oggi adatta la storiografia ai gusti del Capo. Va allo scaffale delle idee in cerca di personaggi, sia per costruire cattivi o per costruire eroi. Che ora siano incluse cattive ed eroine è una concessione benevola a un femminismo che si accontenta di poco o nulla. La paura più grande di uno storico oggi è quella di trovare gruppi, collettivi o interi popoli responsabili di un periodo. Chi può vendere un libro con la biografia di un non individuo? Perché questa è la comunità.
Lo storico di oggi vende alibi ed è il mezzo pubblicitario per la storiella di cartone del potere. Per lui la storia è solo lo sfondo che adorna il suo luminoso presente. L’equivalente letterario delle sfarzose scenografie sui popoli originari sono le biografie e le ricerche coltivate nei circoli del potere. In questo modo, i calendari vengono adattati alle convenienze e le sconfitte di un impero contro un altro vengono trasformate in vittorie.
Lo storico di oggi vende alibi e fa da supporto pubblicitario alla vignetta di cartapesta del Potere. Per lui la storia è solo lo scenario di fondo che adorna il suo luminoso presente. L’equivalente letterario delle sontuose raccolte sui popoli originari sono le biografie e le ricerche coltivate nei circoli del Potere. Così i calendari vengono adattati a convenienza e si trasformano in vittorie le sconfitte di un impero contro un altro.
La confusione è tale che c’è chi pensa, sostiene e argomenta, che l’impero Azteco fosse la panacea dei popoli originari prima della conquista spagnola, che la Russia sia l’URSS e che la Cina sia una geografia con il comunismo come sistema dominante; che il popolo è saggio se vota per Lula, Kirchner, PSOE, Macron e Harris; e ignorante se vota Bolsonaro, Le Pen, Milei, Trump. Poche cose vengono prostituite quanto la “democrazia”, ma nessuna è più costosa.
Nella storia sconosciuta delle capitolazioni, chi resta in silenzio e maturo (come insegna la scuola quadri del Partito), va allo scaffale delle idee per comprare qualcosa che gli sia utile. È inutile: il tradimento dei principi e delle convinzioni è una capitolazione, anche se travestita da Poulantzas. L’etichetta “di sinistra” non cambia l’essenza di un fatto: è complicità con un crimine, il peggiore di tutti: quello di un sistema contro l’umanità.
V
In politica non esistono morti, solo cadaveri ricorrenti.
Come si diceva di Pedro Infante: il PRI non è morto, vive nel cuore di tutti i partiti politici.
Ecco perché i politici di professione cambiano sigla con la stessa facilità con cui cambiano le mutande. Anche se le mutande si lavano… o forse no.
Non c’è differenza tra politici progressisti e di destra, così come non c’è differenza fondamentale tra padroni buoni e cattivi. Entrambi amministrano un furto.
Le opzioni politiche non cambiano nei loro obiettivi (mantenersi al governo), né in ciò che fanno (servire il potere economico). Cambiano solo gli alibi.
VI
Nella sua fase attuale, il sistema conduce una nuova guerra di conquista e il suo obiettivo è distruggere/ricostruire, spopolare/ripopolare. La distruzione/spopolamento e la ricostruzione/riordinamento di un territorio è il destino di questa guerra.
Il governo di Israele non sta vendicando gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023, sta distruggendo e spopolando un territorio. L’affare non è solo la distruzione e l’omicidio di massa, ma anche la ricostruzione e il riordinamento. Da qui l’evidente complicità degli Stati Nazionali del mondo. Quando le “nazioni” inviano forniture militari a Israele, non solo sostengono il genocidio del popolo palestinese. Stanno investendo in questo crimine. Poi arriveranno i dividendi di questo affare.
VII
Non esistono distruzioni “buone” o “cattive”. Cambiano le scuse e i colori, ma il risultato è lo stesso. Non ci sono differenze sostanziali tra il Tren del Istmo porfirista, il Plan Puebla-Panamá foxista e il Corredor Transístmico morenista. I primi sono falliti e anche questo fallirà. Il loro obiettivo non è il benessere (se non quello del grande capitale), né la modernizzazione porfirista dell’espropriazione: è semplicemente un’altra frontiera che si aggiunge a quelle già esistenti. E, come le altre, anche questa sarà violata. E non per le migliaia di migranti, ma per la corruzione e il cinismo che, secoli dopo, scoprono i neo-schiavisti di oggi: il traffico di esseri umani è un affare con un’immensa fonte di materia prima (ottenuta attraverso le guerre e le politiche dei diversi governi). E l’investimento di capitale è minimo: servono solo burocrazia, crudeltà e cinismo. E di questo ce n’è in abbondanza nel Capitale e nello Stato.
I cosiddetti megaprogetti non portano sviluppo. Sono solo corridoi commerciali aperti affinché la criminalità organizzata possa avere nuovi mercati. La disputa tra cartelli rivali non riguarda solo il traffico di esseri umani e di droga, ma soprattutto la disputa per il monopolio del pizzo in quello che viene malamente chiamato “Tren Maya” e “Corredor Transístmico”. Non si possono imporre le tasse agli alberi e agli animali, ma alle comunità e alle aziende che si insediano in questa altra inutile frontiera del sud-est messicano, sì.
Questo garantisce la crescita delle guerre per il controllo del territorio, nelle quali l’ologramma dello Stato Nazione sarà assente.
Partire dal criterio che la violenza di quella che chiamano “Criminalità Organizzata” sia un’anomalia del sistema non solo è falso, ma impedisce anche di comprendere cosa sta accadendo (e di agire di conseguenza). Non è un’anomalia, ma una conseguenza.
L’obiettivo è consensuale: lo Stato vuole un mercato aperto (“libero” da intrusi – cioè dai popoli originari –) e gli altri vogliono il controllo di un territorio.
A immagine e somiglianza di quello che veniva chiamato Capitalismo Mmonopolistico di Stato, in cui il Capitale si aspettava che lo Stato creasse le condizioni per la sua attuazione e sviluppo, ora si tratta di quella che i militari chiamano “manovra a tenaglia”: Sia lo Stato che la Criminalità Organizzata si impossessano di un territorio distruggendolo e spopolandolo, poi li grande Capitale interviene per ricostruire e riordinare.
Chi dice che esiste un’alleanza tra governi e il crimine organizzato mente. Così come non esiste alleanza tra un’azienda e i suoi clienti. Si tratta di una semplice, anche se costosa, operazione commerciale: lo Stato offre un’assenza e il cartello in questione “compera” quell’assenza e supplisce la presenza dello Stato in una località, regione, area, paese. Il guadagno è reciproco tra venditore e compratore, la perdita spetta a chi sopravvive in quei luoghi. “Chi paga o presta, governa”, è il vecchio aforisma che analisti e “scienziati sociali” “dimenticano”.
Per quanto riguarda quella che viene chiamata “Criminalità Organizzata”, Stato e Capitale fanno un calcolo sbagliato (as usual): danno per scontato che il dipendente si atterrà a quanto concordato. E non che opererà per proprio conto.
Come è accaduto con l’incoraggiamento e la creazione di gruppi paramilitari che, essendo composti da indigeni si pensava potessero essere controllati. Dopotutto, erano persone ignoranti e manipolabili. E poi Acteal. Hanno ragione Las Abejas, il massacro di Acteal del 1997, in tutta la sua crudeltà e la conseguente impunità, è stato solo il preludio all’incubo attuale. Lo Stato pensa che la cosiddetta Criminalità Organizzata sia al suo servizio e vada e venga secondo quanto gli viene detto oppure ordinato. È a causa di questa convinzione che riceve le sorprese che poi subisce.
Ora, provate a rispondere a questa domanda: perché i cartelli e i loro scontri prosperano in uno stato federale militarizzato da 30 anni, con l’approvazione governativa di coloro che hanno invaso lo stato messicano sudorientale del Chiapas, sostenendo che così stavano impedendo la “balcanizzazione” della Repubblica? Sì, sembra che il territorio messicano sia più frammentato che mai.
(Segue)
Dalle montagne del sud-est messicano.

El Capitán
Agosto 2024
[1] Gioco di parole tra la parola “anexos” (allegato) e il titolo della rivista neoliberista “Nexos”
Traduzione “Maribel” – Bergamo Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2024/08/15/adagios/
Posted in Senza Categoria on 16 agosto 2024| Leave a Comment »
Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2024/08/08/un-pico-y-una-pala-de-la-solidaridad-la-empatia-y-la-valentia/ Traduzione a cura di Ya Basta! Êdî bese!
PALA E PICCCONE.
Della solidarietà, l’empatia e il coraggio
Agosto 2024
La solidarietà con il lontano – e non mi riferisco alla geografia, ma al suo posto nell’informazione – non è solo comoda. Permette anche le posizioni più assurde e contraddittorie (come giustificare l’uccisione di civili, per lo più bambini, che non sanno che l’inferno presente non è momentaneo, ma bensì una promessa del futuro).
La solidarietà con ciò che è distante non richiede impegno: sono gli altri che soffrono e muoiono. A loro “basta” l’elemosina dell’attenzione momentanea, la discussione accesa (ancora) su uno o due stati, i riferimenti storici di ogni posizione. La solidarietà con chi ci è vicino, invece, richiede più di un commento sui social network. Nello strano piccolo mondo del progressismo, i popoli del Kurdistan, la Palestina e l’Ucraina sono più vicini di Ostula e della sua ostinata resistenza; le comunità indigene dell’Istmo che si ribellano al destino di essere riconvertite in guardie doganali sulla nuova frontiera meridionale dell’Unione Americana (perché questo, e non altro, è questa grande opera); la distruzione ecologica chiamata «Treno Maya»; il furto dell’acqua in tutto il Paese; l’imposizione di centrali termoelettriche; le ribellioni contro il saccheggio, le imposizioni e le distruzioni dell’ambiente;…. e le buscadoras. (cercatrici, ndt)
E no, non si tratta di ignorare, per geografia, un’ingiustizia in una qualsiasi parte del pianeta. No, si tratta di capire e sentire che la solidarietà non è una moda e una posa, ma un impegno che maledice.
Proprio come sentire, guardare… e parlare.
-*-
Di tutte le assenze, la più terribile e disumana è quella che non ha spiegazione.
Le persone scomparse, la loro attualità e l’indifferenza che suscitano lassù, sono la prova definitiva che la frivolezza e il cinismo sono virtù nel lavoro politico della destra… e della sinistra progressista.
L’esistenza di persone che cercano verità e giustizia per gli assenti è ciò che contraddistingue la modernità tanto decantata lassù: l’inferno in cui si “cucinano” queste sparizioni è terribile; ed è meraviglioso che coloro che cercano rivalutino la dignità umana attraverso i loro sforzi.
Negli ultimi anni, la cosa più terribile e meravigliosa che questa geografia ha fatto nascere è la professione di «buscadora».
Qual è il minimo per soddisfare questa richiesta di verità e giustizia per le sparizioni? Qual è il “basement”, come direbbero gli esperti di management, di questa richiesta? Un frammento di osso? Il brandello di una camicetta sbiadita? Una scarpa senza il suo paio? Una risoluzione della magistratura, della polizia, del governo in carica: «abbiamo fatto quello che potevamo»? Il segnale gps che lampeggia solitario, disperato, inutile?
Un discorso che, ovviamente, si conclude con «mi impegno affinché si sappia la verità prima della fine del mio governo, indipendentemente da chi cadrà»?
Le cercatrici non cercano solo i loro desaparecidos, cercano anche la vergogna, la dignità e l’umanità che sono andate perdute con un incarico di governo, una riga nella tabella excel delle buste paga per le claudicazioni.
Coloro che si rifiutano di rispondere alle richieste delle buscadoras, di che cosa hanno paura? Su che base sostengono che «la maggior parte delle donne scomparse sono scomparse di loro spontanea volontà»? È che hanno già indagato e che le persone scomparse sono scomparse volontariamente? Allora perché non dire alle buscadoras: «signora, suo figlio o sua figlia se n’è andato perché ha trovato un compagno» o «perché lei non la capiva»?
Non dispongono di alta tecnologia (droni, satelliti, georadar, archivi digitalizzati)? Sennò, perché non acquistano o noleggiano o prendono in prestito tali attrezzature. Cercate nei negozi online… o sul sito web del Ministero della Marina. Basta digitare nella finestra del motore di ricerca «attrezzature di ricerca e salvataggio».
Se hanno i mezzi per spiare i loro nemici (un “Pegasus” in ogni soldato vi ha dato), perché non usano queste tecnologie per scoprire se quella persona è scomparsa «volontariamente»?
O le buscadoras stanno mentendo? È una bugia che stiano andando in giro, attenendosi alle informazioni che ricevono? Stanno soffrendo perché lo vogliono, o perché qualcuno è scomparso? Le immagini in cui appaiono, con pale e picconi, nelle zone rurali, sono state modificate con un’applicazione digitale e, in realtà, sono a casa a fare i conti per capire come sbarcare il lunario? Sono state loro – le Cercatrici, e ovviamente i Cercatori – a far sparire volontariamente i loro figli, le loro figlie, i loro partner, i loro padri, le loro madri, la loro famiglia, al solo scopo di danneggiare la vittima immaginaria del Palazzo Nazionale?
Forse potrebbero almeno chiedere alle Buscadoras di cercare e trovare la vergogna che, lassù, hanno perso per una carica di governo… e uno stipendio personale.
-*-
Voi che lavorate nei media, vi ricordate di quando il giornalismo significava indagare, andare sul posto, intervistare le «parti coinvolte», sfidare l’»autocensura», lottare in redazione per la pubblicazione – perché vi eravate impegnati con quelle vittime a far conoscere la loro tragedia; e avete una grande stima del valore della parola, per questo avete scelto il giornalismo – per tornare sulla scena e mostrare alle addolorate la storia (che vi è costata l’ennesima minaccia di licenziamento, – o l’avete confermata, ovviamente)?
Vi ricordate quando le storie venivano prese dalla realtà e non dai social network? Vi ricordate quando il distintivo «PRESS», anziché orgoglio e impunità, era simbolo di impegno etico?
Non c’è stato un tempo in cui ci si contendeva la storia con altri giornalisti, e non con influencer che non sanno nemmeno scrivere la descrizione dei loro video? Quei giorni in cui il nemico era l’elemosina, il chayote, la busta con le banconote, l’informazione non confermata? E non come adesso, le minacce di morte – spesso messe in atto – o le molestie virtuali da parte di bot di un tipo o dell’altro. Oltre, naturalmente, al tribunale mattutino con cui “il supremo” distribuisce schiaffi e carezze.
Dove sono i grandi reportage, il giornalismo d’inchiesta, le note esclusive, le domande incisive, la scrittura impeccabile, la dizione corretta, l’immagine dove la storia non è il giornalista ma la realtà?
Seguite il filo di Arianna, forse all’interno del labirinto troverete ciò che li ha spinti a scegliere il giornalismo come professione… e dannazione.
-*-
Da qualche parte nel cuore dell’uomo c’è una cosa chiamata «empatia». Questa capacità di «mettersi al posto dell’altro» è, in realtà, la capacità di «mettersi al posto della vittima». A volte individualmente e sempre più volte collettivamente, questo sentimento va oltre e si confronta con la necessità di «fare qualcosa».
Ma la realtà non dà ricompense. Semmai, incubi. Quindi ci vuole coraggio per dire «sono io e sento che questo non è giusto e devo dirlo o farlo sentire, soprattutto alle vittime».
I risultati sono pochi e lontani tra loro. Sembrano piccoli, ma per le vittime sono tutto. Come lo saranno per – supponiamo, senza ammetterlo – José Díaz Gómez, che rimarrà sicuramente sorpreso quando vedrà tutti i messaggi di sostegno e solidarietà che, dagli angoli più improbabili del Messico e del mondo, sono confluiti negli sforzi di questa ONG – scomoda, come dovrebbero essere tutte le ONG – che ha assunto la ricerca della giustizia come ciò che è, cioè un dovere.
La sua libertà è nata da tutte quelle voci e azioni che convergevano in una richiesta semplice ma forte, antica quanto l’umanità stessa: la libertà.
-*-
Cercate le Buscadoras. Mi viene in mente, non lo so, che forse anche loro stanno cercando un altro domani. E questo, amici e nemici, è lottare per la vita.
Bene. Saluti e trovatele. È urgente.
Dalle montagne del Sud-Est messicano.

El Capitán
Agosto 2024
P.S. – Penso che sia ovvio, ma se non lo è, lo diciamo chiaramente: grazie.
Posted in Senza Categoria on 4 agosto 2024| Leave a Comment »
Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2024/08/02/supongamos-sin-conceder/ Traduzione a cura di Ya Basta! Êdî Bese!
Ammesso e non concesso…
Agosto 2024
Ammesso e non concesso che possiate immaginare quanto segue:
Siete nati in un villaggio autoctono. In una comunità avete imparato la vostra lingua, la vostra cultura, il vostro stile di vita. Tutto questo vi rende diversi. Per l’antropologia tradizionale, la vostra lingua è un “dialetto” e il vostro popolo è una “etnia”. Siete ciò che i progressisti chiamano “un indio”. Non importa il colore della vostra pelle, perché non appena inizierete a dire qualcosa, noterete il gesto di disprezzo del vostro interlocutore non indigeno.
Vedrete anche quella persona allungare istintivamente la mano in tasca per darvi una moneta. Questa persona penserà che siete inferiori, ignoranti, sporchi, poveri, superstiziosi, manipolabili… e stupidi. Ma è comunque così che siete nati. Qualunque cosa facciate, nulla cambierà questo atteggiamento. Così come si è culturalmente indigeni, si è anche culturalmente razzisti, anche se si tratta di un razzismo “cool”.
Ora, ammesso e non concesso che il vostro popolo originario, la vostra lingua, la vostra cultura, il vostro stile di vita sia quello dei Cho’ol, un popolo con radici maya che vive negli Stati messicani sudorientali di Chiapas, Tabasco e Campeche.
Ammesso e non concesso che, come tutti i popoli originari, avete subito disprezzo, razzismo, ingiustizia, percosse, inganno e derisione – oltre, naturalmente, a sparizioni forzate, imprigionamenti, stupri e omicidi – solo perché siete quello che siete: un indigeno Cho’ol.
Ammesso e non concesso che sappiate che parte dei popoli originari del Chiapas, tra cui i Cho’ol, fanno parte di un’organizzazione chiamata ezetaelene (conosciuta anche come “gli zapatisti del Chiapas” o “neo-zapatisti” o “trasgressori della legge” o quello che va di moda), che hanno preso le armi il 1° gennaio 1994, in quello che hanno definito “l’inizio della guerra contro l’oblio”, ponendo così fine al progetto di Carlos Salinas de Gortari di un potere che vada oltre il sessennio (prima era il sogno erotico del salinismo, ora lo è del morenismo).
Ammesso e non concesso che non siate un antropologo o uno storico ufficiale, cioè che sappiate che, per secoli, i popoli nativi sono stati trattati dalla modernità (durante governi e fasi diverse ma simili) con un misto di disgusto e pietà. E che sappiate che questi nativi esistono, vivono e lottano al di là dei libri, dei musei, delle mete turistiche, dell’artigianato e dei discorsi dei governi.
Ammesso e non concesso che sappiate che questi popoli zapatisti sono in ribellione e resistenza perché hanno intrapreso il cammino di una costruzione terribile e meravigliosa: “otro mundo, uno donde quepan todos los mundos”.
Ammesso e non concesso che voi, come Cho’ol, abbiate avuto la sfortuna di nascere e vivere vicino alla proprietà di un uomo potente.
Ammesso e non concesso che il suo nome o la sua firma sia José Díaz Gómez, e che sia prigioniero in un carcere del Chiapas con l’accusa di essere un Cho’ol e di… essere uno zapatista.
Ora, cambiando canale, supponiamo di avere accesso a ciò che viene detto nei tribunali, nelle stazioni di polizia e nelle prigioni del Chiapas. Non è senza imbarazzo che si sente dire: “È uno zapatista, uno di quelli che criticano e non appoggiano il presidente”. “Il capo sarà contento che stiamo punendo uno dei conservatori che rifiutano di essere salvati dalla modernità e dal progresso (cioè le 4T)”.
Ora, ammesso e non concesso che la vostra libertà, Cho’ol e zapatista, dipenda da molteplici fattori: l’umore del giudice quel giorno, il pubblico ministero, la polizia, gli altri finqueros (cioè, oltre a quello che ha la sua finca a Palenque), il bisogno degli omini grigi di ingraziarsi superiori che nemmeno sanno che esistono.
Supponiamo che sappiate che un’organizzazione non governativa per i diritti umani (una di quelle tanto vilipese dalla Corte Suprema – insieme a collaboratori pagati dai media), abbia dimostrato la vostra innocenza, e che la parte accusatrice non possa nemmeno presentare la minima prova contro la vostra libertà – e quella di altri vostri compagni perseguitati. Ma è inutile perché non siete innocenti dei due crimini per i quali sei stato imprigionato per quasi 2 anni: essere indigeno e zapatista.
Ora, supponiamo che vi rechiate contemporaneamente allo zócalo di Città del Messico e contempliate una struttura in ferro e cartongesso che, si presume, sia una replica di una piramide del popolo Maya.
Ammesso e non concesso che poi riflettiate e concludiate che questo è ciò che è l’indigenismo in Messico: una simulazione di cartongesso come tributo a un passato lontano (e manipolabile nella storiografia ufficiale), e migliaia di ingiustizie “amministrate” dal governo in carica, contro i popoli nativi nel presente. Per i governi, i popoli indigeni sono la materia prima per la loro fabbrica di alibi “storici”… e di colpevoli.
Ora, ammesso e non concesso che siate stati incaricati – date le vostre capacità e, soprattutto, il fatto che non siete un cho’ol zapatista – di tenere una lectio magistralis alla scuola quadri del PARTITO, intitolata “La rivoluzione delle coscienze nella Quarta Trasformazione”.
Vi sentireste male, almeno a disagio, fuori luogo?
Oppure, come la maggior parte dei vostri correligionali, vi direste “è tutto per il bene del movimento affinché l’estrema destra non ritorni”, “gli zapatisti hanno avuto il loro momento, ma sono passati di moda”?
Quindi concludereste che, se non fosse indigeno, se non fosse zapatista e se non fosse critico nei confronti del governo al potere, sarebbe libero e non avrebbe perso due anni della sua vita?
Naturalmente, tutto questo ammesso e non concesso che abbiate immaginazione, sensibilità e senso della giustizia.
E, naturalmente, che non siate un furfante. O una furfante (senza dimenticare la parità di genere).
Bene. Salute e smettete di guardare in alto, la lotta per la vita è in basso.
Dalle montagne del sud-est messicano.

El Capitán
Agosto 2024
P.S. Tutti i sistemi giudiziari “moderni” sono irriformabili. Si basano su un assunto che viene quotidianamente contraddetto dalla realtà: “tutte le persone sono uguali davanti alla legge”. E no, perché “chi paga, comanda”.
Posted in Senza Categoria on 2 agosto 2024| Leave a Comment »
Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2024/08/01/recomenzamos/ Traduzione a cura di Ya Basta! Êdî Bese!
RICOMICIAMO?
Il fico strofina il vento
con la raspa dei suoi rami,
e il monte, gatto selvatico,
rizza le sue agavi agre.
Ma chi verrà? E da dove?…
(Romanzo sonnambulo di Federico García Lorca)
Sì, il vento e la montagna sembrano conoscersi da molto tempo. Potrei dirvi la data esatta, ma non è questo il punto… o la questione fondamentale, dipende. Questa ferma ma evidente rassegnazione o resistenza può non essere compresa: la montagna nel sopportare un colpo e un altro; il vento nella sua apparente ritirata, ripiegando per poi tornare. Sempre uguale, sempre diverso.
Ma non sono questi continui colpi a preoccupare la montagna. Ha visto di peggio, a pensarci bene. No, ciò che la preoccupa sono le tempeste che arrivano con i bulldozer, le ruspe, i cercatori di minerali, le compagnie turistiche, le fabbriche, i centri commerciali, i treni, i governi che fingono di essere ciò che non sono, la distruzione, la morte. In poche parole: il sistema.
Non sarebbe quindi sorprendente se trovassero un accordo, montagna e vento. Dopo tutto, condividono la stessa madre: Ixmucané, la più saggia.
No, non vi dirò la data esatta del loro primo incontro. Ma diciamo che si conoscono da tempo, che il saluto accigliato e il sogghigno sprezzante della montagna ai primi fulmini e alle prime burrasche è ormai consuetudine. Lo stesso vale per l’insolenza del vento quando, a forza di pioggia, vento e tuoni, strappa ciocche di capelli verdi alla montagna. I graffi che il vento lancia con maldestra passione, ferite come pozze d’acqua, non riescono ad attenuare il rifiuto pungente della montagna. Si incontrano, non si incontrano e, alla fine, finiscono per abbracciarsi e salutarsi senza promesse né confessioni. Un rapporto complesso che ha molto a che fare con l’accettazione e il rifiuto. Un «amore», dunque.
-.-
Si racconta, si narra che esiste una leggenda non ancora scritta: ci fu una riunione a cui fu convocata la famiglia di Votán, custode e cuore della comunità. E così disse la montagna: «Figli miei, miei cari, ciò che avete letto prima nelle mie pelli e nei miei capelli sta arrivando. Il fratello vento, il signor Ik’, porta notizie tremende di un’altra tempesta, la più letale di tutte. Lo sappiamo già. E spetta a tutta la famiglia resistere e difendersi. Voi siete i guardiani creati per proteggerci. Senza di voi, moriamo e vaghiamo senza senso. Senza di noi, diventate esseri perduti, con solo il vuoto nel cuore e nessuna speranza di esistere. L’Ik’ racconta ciò che il suo cuore ha visto: che, in cielo e in terra, gli animali condividono l’inquietudine e l’ansia. Lo sentono nel Cauca e nei quartieri della Slovenia. In Giappone e in Australia. In Canada e a SLUMIL K’AJXEMK’OP. In Norvegia, in Svezia, in Danimarca e in Nicaragua, che non si arrende né si svende, mai! A La Polvorilla e nella ferita che il treno transistmico, piaga incancrenita, ha fatto nel cuore degli indigeni combattenti. Nelle patrie che la guerra moltiplica come disgrazie e in coloro che hanno le braccia aperte per aiutare gli indifesi. A Ostula e in Groenlandia. Nella martoriata Haiti e nei cenotes Maya sporcati dalle rotaie della demagogia. Negli sfollati e negli sfrattati per estorsione. Nella @ libertaria che da tempo avverte che lo Stato non è una soluzione ma un problema. Nella ragazza palestinese che con quella bomba ha ricevuto l’incognita della vita… e la certezza della morte. Così parlano al fraterno popolo Saami, al mapuche, al gitano con la casa sulle spalle, al nativo di tutte le terre e di tutti i mari, a chi lotta e resiste nella terra che cresce verso l’alto, al pescatore che lavora per la vita nel mare. Lo raccontano alle ragazze che capiscono la lingua dimenticata. Ai bambini con lo sguardo serio. Alle donne che cercano assenze forzate. Ai vecchi che fanno delle loro cicatrici delle rughe dolorose. A quelli che non sono né lui né lei, e che Roma sia dannata. A tutti gli esseri umani che, come il mais, hanno tutti i colori e sul tavolo, sul pavimento, sulle ginocchia hanno tutti i modi d’essere. Ma non tutti ascoltano. Solo coloro che guardano lontano e in profondità comprendono ciò che la lingua che parla Ixmucané, la più saggia, dice ed esprime. Cercate dunque la via, figli miei. E cercate chi. Alzate la voce con il signor Ik’ in uma mano e il mio cuore nell’altra. Ricordate al mondo che la morte e il domani si forgiano nell’ombra della notte. La luce è forgiata nelle tenebre».
–.-
Sì, il vento e la montagna si incontrarono di nuovo. Ma questa volta era diverso. L’alba aveva prolungato il suo arrivo, soffocata forse dal caldo, ma al primo bagliore di un lampo che si infrange su huapác, arrivò subito una pioggia violenta come uno schiaffo in faccia.
Nella champa il rumore delle gocce sul tetto di lamiera permetteva di sentire poco o nulla. Ma si poteva vedere chiaramente, grazie alla luce tremolante di un accendino, sul tavolo – bruciato e con le foglie di tabacco ancora umide – un pezzo di carta con molti segni. Su di esso, l’unica cosa che si leggeva chiaramente era:
«La pazienza è la virtù del guerriero»
Dalle montagne del sud-est messicano.

El Capitán
Agosto 2024
P.S.- Sì, certo, e della guerriera. Sì, e de loa guerreroa. De le guerrere? Ma, seriamente?