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La ‘giustizia’ dei narcos.

4 febbraio 2010 di Comitato Chiapas "Maribel" Bergamo

IL MESSICO E LA GIUSTIZIA DEI NARCOS

 di Federico Mastrogiovanni

Città del Messico.  Il mese di gennaio si è chiuso in Messico con il più alto numero di omicidi legati alla criminalità e al narcotraffico nell’ultimo mandato del presidente della Repubblica. La cifra è spaventosa: 908 morti in un mese, una media di trenta omicidi al giorno, in un paese che sotto il governo di Felipe Calderón, instauratosi nel 2006, ha raggiunto la cifra di 17.793 omicidi. Gli ultimi due massacri sono avvenuti quasi contemporaneamente in due città del nord, non lontano dal confine americano, la notte tra sabato e domenica scorsi. A Torreon, nello Stato di Coahuila, intorno alla mezzanotte, un commando di almeno dieci persone a bordo di Hummer e suv ha fatto irruzione nel bar El Ferrie di Torreon, sparando su un gruppo di giovani. Il bilancio è di 10 morti e almeno 15 feriti, quasi tutti sotto i 25 anni. Contemporaneamente a Ciudad Juárez, nello Stato di Chihuahua, che da 25 mesi consecutivi è lo Stato messicano con il più alto numero di esecuzioni, e che in gennaio ha registrato 331 omicidi, un altro commando di 15 pistoleros, si è presentato a una festa privata e ha fatto fuoco sugli invitati. I morti sono 18, quasi tutti adolescenti, tra i 15 e i 17 anni. In questo caso una delle vittime era stato testimone, pochi giorni prima, di un’altra esecuzione. Queste cifre testimoniano un clima di violenza che sembra in continuo aumento. Ma soprattutto mostrano la debolezza di uno Stato di fronte all’impunità di organizzazioni criminali che controllano molta parte del territorio messicano, soprattutto al nord. Ma il livello di attenzione comincia a salire anche nel Distrito Federal, dove tradizionalmente per un tacito accordo tra cartelli del narco e istituzioni, non si verificavano casi di esecuzioni. Alle 5 di mattina del 25 gennaio, nel bagno del Bar Bar, sulla trafficatissima e centrale Avenida Insurgentes, l’attaccante della Nazionale di calcio del Paraguay, Salvador Cabañas, che milita in una delle squadre di Città del Messico, è stato aggredito da un uomo che gli ha sparato un colpo di pistola in testa. Cabañas si sta riprendendo dalla ferita anche se è in condizioni critiche. Il controllo del territorio e l’impotenza delle istituzioni, negli Stati dove le famiglie del narco sono più radicate e potenti, si misura in molti modi. Uno di questi è l’impossibilità di delinquere al di fuori delle famiglie. Si tratta di veri e propri poteri paralleli, armati meglio dell’esercito, con più denaro e più uomini delle forze di polizia. Nel municipio di Zamora, Stato di Michoacan, negli ultimi tempi sono sempre più i casi di rateros (ladri) e violentatori, fustigati, torturati e obbligati dai membri della Familia , il potente cártel di Michoacán, a camminare per le strade principali della città, nudi in pieno giorno, mostrando i segni delle torture, e portando appesi al collo cartelli che recitano “sono un ladro e un violentatore, questo è quello che mi merito”. La legge in queste zone la fanno i cartelli del narco, nonostante la massiccia presenza di esercito e forze di polizia, dispiegate dal governo di Felipe Calderón. Ciò che contraddistingue le violenze degli ultimi anni, oltre al numero delle vittime, è l’efferatezza dei crimini, in un contesto in cui le istituzioni risultano impotenti e incapaci di proteggere la popolazione, che a sua volta vive in un continuo stato di agitazione e paura. Quando per le strade di una piccola comunità come quella di Apatzingán, un municipio di 90mila abitanti nello Stato di Guerrero, compaiono sei cadaveri decapitati, e vengono ritrovate le teste a centinaia di metri di distanza dai corpi, segnate con una zeta incisa sulla fronte, che non è la firma di Zorro, ma degli Zetas, uno dei cartelli più sanguinari e potenti del paese, e se questo succede quasi tutti i giorni in tutto il Messico, è evidente che la situazione sia disperata e le politiche adottate non sono adeguate al problema. Ormai in città come Culiacán, capitale dello Stato di Sinaloa, molti cittadini hanno tolto il clacson dalle loro automobili per non correre il rischio di imbattersi in qualche appartenente al cártel di Sinaloa e suonargli per sbaglio. La conseguenza potrebbe essere quella di venire assaltati a colpi di pistola in pieno giorno. Il 2010 in Messico è un anno importante, poiché ricorrono i 200 anni dell’Indipendenza e i 100 della Rivoluzione. È un anno di aspettative e festeggiamenti. E in molti cominciano a credere che grazie alla narcotizzante passione per il calcio, con l’attenzione sviata dalla nazionale impegnata in Sudafrica, mentre tutti sono distratti dall’euforia le famiglie del narco sferreranno l’attacco definitivo alle istituzioni e prenderanno il potere. Quello che sembra inverosimile di questa teoria del complotto è proprio l’idea di “prendere le istituzioni”, da parte delle organizzazioni criminali che di fatto il controllo del paese lo hanno già. Probabilmente non ci sarà bisogno di gesti eclatanti. Se la risposta della politica rimarrà la stessa, i record negativi del Messico continueranno ad essere superati da altri ancor più spaventosi.

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