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Accordi di San Andrés.

18 dicembre 2009 di Comitato Chiapas "Maribel" Bergamo

La Jornada – Venerdì 18 dicembre 2009

 Attualità degli Accordi di San Andrés

Jaime Martínez Veloz

Gli accordi di San Andrés Larráinzar sono il risultato del processo di costruzione di accordi della più grande orizzontalità e partecipazione di cui si abbia memoria negli anni recenti della storia del Messico.    La definizione dell’agenda tra il governo federale e l’EZLN fu concordata dopo un lungo processo di incontro e scontro tra le parti. Il primo tema era Diritti e Cultura Indigeni, al quale, una volta sviluppato, seguivano: Democrazia e Giustizia, Benessere Sociale e Sviluppo; Situazione, Diritti e Cultura della Donna Indigena; Riconciliazione Sociale; Amnistia ed Accordo Finale di Pace.    Quello che oggi si conosce come gli Accordi di San Andrés Larráinzar è il risultato del processo di negoziazione del primo tema dell’agenda concordata tra le parti: Diritti e Cultura Indigeni; gli altri sono rimasti in sospeso per l’inadempimento governativo. Vale la pena ricordare che la costruzione di questi accordi è avvenuta in molti mesi di lavoro e consultazione delle comunità indigene, consulenti, ricercatori, delegazioni del governo federale e dell’EZLN, con la partecipazione della Commissione Nazionale di Intermediazione (Conai) e la partecipazione della Commissione di Concordia e Pacificazione (Cocopa), con la copertura dei media nazionali che diedero conto e furono testimoni di un processo serio e responsabile. Per questo risulta inconsistente la successiva campagna di calunnie alimentate dagli uffici del potere politico ed economico contro un processo esemplare di costruzione di accordi. Questo, che sembra facile, si è costruito in mezzo ad una realtà complessa, dove tensioni, provocazioni e scontri si presentavano puntualmente quando si facevano passi avanti nella possibilità di dialogo tra le parti.    A noi che formavamo la prima Cocopa, era ben chiaro che la pace avesse molti nemici: la pace non è un affare, la guerra sì.    L’affermazione della prima Cocopa che una riforma democratica dello Stato è impensabile senza la partecipazione degli zapatisti, è ancora attuale nonostante il tempo trascorso, le orecchie sorde e l’arroganza delle cupole di partito e della classe di governo.    L’atteggiamento di questi ultimi, basato sul breve termine e su agende costruite attorno ai temi del potere e dei soldi, ha impedito loro di vedere le questioni del Messico profondo, le quali, dalla loro visuale, possono aspettare indefinitamente.   L’appello di quella Cocopa per promuovere un dialogo nazionale per la riforma democratica dello Stato che includesse tutti gli attori nazionali, compreso lo zapatismo, fu il punto di partenza per sbloccare il processo di negoziazione a San Andrés Larráinzar che si trovava in un vicolo cieco fino a prima del pronunciamento della commissione legislativa, che all’inizio fu appoggiato dall’allora presidente Ernesto Zedillo, anche se poi il suo personale si incaricò di smentirlo. Superfluo dire che nella riforma elettorale del 1996, concordata da tutti i partiti politici, si esclusero non solo gli zapatisti, ma tutti. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: nella nostra “democrazia” non vince chi presenta programmi migliori, ma chi ha a suo favore il potere e i soldi, legali e illegali.    Nel 2001, Vicente Fox con un evento mediatico inviò al Congresso dell’Unione gli Accordi di San Andrés, tramite il Senato, dove furono gettati nella spazzatura e al loro posto furono approvate modifiche alla Costituzione che snaturalizzarono il contenuto di quanto pattuito tra governo federale ed EZLN, modifiche che furono respinte da tutti i popoli indigeni.    Di fronte al rifiuto, un gruppo misto di 160 deputati, con la consulenza di distinti specialisti, tra questi Magdalena Gómez, ci aiutarono nella redazione della spiegazione dei motivi, riportata nei due ultimi articoli che precedono questo. Il 9 aprile 2002 presentammo al plenum della Camera dei Deputati l’iniziativa di legge originale sulle modifiche costituzionali in materia di diritti e cultura indigeni, elaborata dalla Cocopa, mediante accordo del governo federale e l’EZLN, il quale la accettò mentre il governo federale, con un’azione vergognosa e sleale davanti alla nazione, la respinse brandendo argomenti biechi e volgari, smentendo pubblicamente quello che la sua delegazione aveva pattuito con gli zapatisti. Questa iniziativa di legge non è stata bocciata, ma non gli si è nemmeno dato corso a causa degli interessi di chi si oppone alla costruzione di un Messico più giusto e democratico.

 Il disastro nazionale è l’espressione di tutto quello che si è opposto allo zapatismo. Quelli che accusavano l’EZLN di voler balcanizzare il paese, sono coloro che hanno complottato affinché oggi esistano frange di territorio nazionale sotto il controllo di gruppi mafiosi, alcuni dei quali creati col proposito di combattere gli zapatisti. Quelli che impedivano che le istanze indigene si esprimessero nella Costituzione, sono gli stessi che hanno permesso che si facessero emendamenti e riforme alla Magna Carta per consegnare in mani straniere porti, aeroporti, banche, produzione energetica, satelliti, ferrovie. Per questo credo che il Messico profilato negli Accordi di San Andrés trascenda il Chiapas e configuri i lineamenti di una nuova nazione. La questione non è quanti sono attualmente i membri dello zapatismo, bensì le sue cause e la portata della sua proposta, oggi più attuale che mai. http://www.jornada.unam.mx/2009/12/18/index.php?section=opinion&article=016a2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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