La Jornada – Venerdì 9 ottobre 2009
Il governo chiapaneco contro l’ultimo detenuto de La Voz del Amate
In carcere da 10 anni, non è mai stata dimostrata la sua colpevolezza nell’omicidio di alcuni poliziotti
Hermann Bellinghausen
Il comitato degli ex detenuti e familiari dei “prgionieri politici” Voces Inocentes ha denunciato “la politica imperativa” del governo di Juan Sabines Guerrero contro il professor Alberto Patishtán Gómez, attualmente recluso nel Centro Statale di Reinserimento Sociale numero 5 di San Cristóbal de las Casas, Chiapas. Il comitato riferisce che ultimamente ai suoi membri è stato ostacolato o impedito di visitare Patishtán in carcere. “Subiamo intimidazioni e disprezzo da parte delle guardie; e tanto più quando si tratta dei compagni ex prigionieri politici, che sono trattati come fossero un pericolo per le autorità penitenziarie”. Di fronte alle proteste del comitato – aderente all’Altra Campagna – “i guardiani sostengono che è un’ordine del direttore della prigione, Arturo Bolaños. E su ordini dal’alto”. I familiari di Patishtán, gli ex detenuti ed i rispettivi parenti denunciano: “Quello che più ci sorprende è che registrano e identificano ogni visita che riceve il nostro compagno. In questo modo, il malgoverno vuole spaventarci, dimenticando così la sua politica demagogica di ‘rispettare’ i diritti umani”. Inoltre “ricordano” al governo “che non faremo un passo indietro nella richiesta di libertà” del professor Pastishtán che da quasi 10 anni è in prigione accusato di un crimine che non è mai stato dimostrato; si tratta di un’imboscata contro alcuni poliziotti avvenuta nel municipio El Bosque nel 1998.
Una vendetta ordita dai priisti
Come unico membro ancora in carcere de La Voz del Amate, Patishtán ha ribadito la sua innocenza. E’ stato documentato che la sua condanna fu il risultato di una vendetta politica ordita dalle autorità priiste di allora che, trasformandolo nel capro espiatorio, garantirono l’impunità ai veri assassini dei poliziotti. Il comitato Voces Inocentes denuncia di subire costanti minacce, persecuzioni e pedinamenti. “È molto preoccupante la situazione che le organizzazioni chiapaneche stanno vivendo”, aggiunge, e smentisce “totalmente” le notizie della stampa locale “che dimostrano poca professionalità” attaccando senza fondamento un organismo dei diritti umani” (in riferimento al Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas -Frayba). Questi media “vendono la loro etica professionale e si vede chiaramente che sono utilizzati come arma e strumento del malgoverno di Sabines Guerrero”. Recentemente, lo stesso Frayba ed altri organizzazioni civili hanno denunciato persecuzione, sorveglianza e tattiche diffamatorie e di discredito contro i difensori dei diritti umani in Chiapas. D’altra parte, a San Cristóbal de las Casas è stato annunciato l’avvio di una campagna internazionale per la liberazione di José Manuel Hernández Martínez, (Don Chema). L’iniziative è promossa dalla giornalista Concepción Villafuerte Blanco, Marisa Kramsky, Mercedes Osuna, Yolanda Castro, Luis Alonso Abarca, Rosalinda Sántiz Díaz (Kinal Antsetik), Celerina Ruiz Núñez (Jolom Mayaetik) e dal Fronte Nazionale di Lotta per il Socialismo. Sostengono che il governo dello stato vuole negare la sua responsabilità “nella cattura illegale” di Hernández Martínez. Tuttavia – sottolineano – “i fatti dimostrano il contrario, poiché tutte le accuse sono state depositate dalla Procura Speciale per le Questioni Rilevanti, che dipende dalla Procura Generale di Giustizia dello Stato, e non esiste nessun carico da parte della giurisdizione federale”, e ritengono il membro dell’Organizzazione Campesina Emiliano Zapata (OCEZ-Regione Venustiano Carranza) “prigioniero politico e di coscienza”). http://www.jornada.unam.mx/2009/10/09/index.php?section=politica&article=016n1pol
(Traduzione “Maribel” – Bergamo)