La Jornada – Mercoledì 3 giugno 2009
Ejidatarios di Mitzitón dichiarano che non cederanno le loro terre per la costruzione dell’autostrada
Le autorità ignorano le proteste dei chiapanechi e danno inizio ai lavori per l’autostrada
HERMANN BELLINGHAUSEN
Questo lunedì è iniziata ufficialmente, a San Cristóbal de las Casas, Chiapas, la costruzione dell’autostrada che unirà la città coleta con Palenque. L’opera è stata molto esaltata dai governi statale e federale, festeggiata dagli operatori alberghieri e respinta da diverse comunità indigene che risulterebbero colpite negativamente dal suo tracciato.
Le autorità ejidali della comunità tzotzil di Mitzitón (municipio di San Cristóbal de las Casas), aderenti dell’Altra Campagna dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), lo stesso lunedì hanno ratificato l’accordo preso la vigilia in assemblea, nel quale sostengono che non permetteranno la costruzione dell’autostrada attraverso le loro terre.
Nella sua prima tappa l’opera comprende un tratto di 9 km (8.800 metri lineari) a partire dall’uscita sud di San Cristóbal, e finisce a Mitzitón. L’autostrada attraverserebbe milpas, abitazioni, boschi e sorgenti. Il governo statale ha offerto di indennizzare gli ejidatarios col pagamento di un pesos per metro quadrato di terra.
Nel contesto dell’ambizioso progetto stradale e turistico sono nati conflitti, presuntamente intercomunitari, nei paraggi del crocevia di Cuxuljá e soprattutto nelle vicinanze delle cascate di Agua Azul, una delle enclavi più importanti per lo sviluppo di strade, ecoturistico e commerciale.
Le comunità autonome zapatiste della zona, così come quelle aderenti all’Altra Campagna, si oppongono a questi progetti che colpirebbero i loro territori e la loro vita quotidiana. Sotto il richiamo dello sviluppo (non necessariamente per gli indigeni), le autorità e gli investitori privati vogliono imporre condizioni che minacciano l’integrità ejidale e comunale.
Villaggi appartenenti ai caracoles zapatisti di Oventic, e soprattutto di Morelia, già subiscono i primi effetti. Il più grave si manifesta con la repressione scatenata dall’aprile scorso contro l’ejido San Sebastián Bachajón (municipio di Chilón), esteso a diverse comunità come Agua Clara, Betel Yochip ed altre del municipio autonomo Comandanta Ramona. In maniera meno evidente, subiscono conseguenze anche le regioni autonome Ernesto Che Guevara e Primero de Enero.
Con accuse che gli indigeni ritengono prefabbricate e false, sette ejidatarios di San Sebastián Bachajón si trovano reclusi nella prigione di El Amate, dopo un operativo di polizia nel quale fu distrutta la cabina di riscossione che gestivano i tzeltales di questo ejido all’ingresso dello stabilimento balneare di Agua Azul. Inoltre sono stati spogliati del loro banco di ghiaia che sarebbe messo al servizio delle ditte costruttrici.
Per ottenere i suoi scopi, il governo si è appoggiato a gruppi filogovernativi come la Organización para la Defensa de los Derechos Indígenas y Campesinos (Opddic) e la Organización Regional de Cafeticultores de Ocosingo (Orcao), così come a seguaci della chiesa evangelica Alas de Águila, con sede a Teopisca, vicino a Mitzitón. http://www.jornada.unam.mx/texto/017n1pol.htm
(Traduzione “Maribel” – Bergamo)