La Jornada – Domenica 3 maggio 2009
Il governo del Chiapas si accanisce accusandoli di rapina
Un avvocato accusa: costruiscono reati contro gli indigeni dell’Altra Campagna
Torture e mancanza di traduttori, tra le violazioni al giusto processo
Hermann Bellinghausen – Inviato
San Cristóbal de las Casas, Chis. 2 maggio. Il governo di Juan Sabines Guerrero sembra determinato a portare fino alle ultime conseguenze l’arresto, senza prove, degli otto indigeni della regione di Agua Azul accusati di essere rapinatori di strada. Per il momento, in prigione hanno già un membro dell’EZLN, Miguel Vázquez Moreno, riconosciuto dalla giunta di buon governo (JBG) di Morelia che sostiene la sua innocenza. Altri sei sono aderenti dell’Altra Campagna.
Diego Cadenas Gordillo, avvocato dei detenuti e direttore del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas, sottolinea che eventi di questo tipo non si erano presentati durante il governo precedente del Chiapas. Pablo Salazar Mendiguchía non ha mia assunto pubblicamente degli impegni con le comunità zapatiste come ha fatto Juan Sabines in due messaggi dove ribadisce il suo rispetto per i governi autonomi.
La JBG il 28 aprile scorso ha dichiarato che “in Chiapas è di tornata la legge di Absalón Castellanos e di Roberto Albores Guillén, messa in atto da Juan Sabines”.
Cadenas, difensore degli imputati spiega: “Usando i trucchi che durante il passato governo hanno portato in prigione molti degli indigeni recentemente liberati dopo uno sciopero della fame, le autorità attuali ripetono i procedimenti illegali – incluse tortura e fabbricazione di reati e prove – che praticava Mariano Herrán Salvatti quando era procuratore dello stato. Sabines incorre nelle stesse violazioni dei suoi predecessori”.
Segnala inoltre che mentre gli indigeni erano in stato di fermo, è stato impedito l’accesso ai detenuti ed agli atti. “In violazione del giusto processo in cui sono incorsi i detenuti precedenti. Gli elementi di accusa sono insufficienti e l’identificazione non è avvenuta secondo requisiti legali”.
Cadenas rileva che “i querelanti sono poliziotti statali della stradale, come quelli che, confabulando con i priisti della zona, nel 2008 torturarono ed accusarono lo zapatista Eliseo Silvano e suo figlio”. Ora, gli agenti accusano Jernónimo Saragos, di San Sebastián Bachajón, il quale non parla castigliano e non ha avuto un traduttore nella sua lingua, quando sotto coercizione della polizia è stato obbligato a firmare la deposizione.
La Procura Generale di Giustizia dello Stato (PGJE), a capo di Raciel López Salazar, in un’inserzione a pagamento apparsa oggi sulla stampa, usa questi termini: “La procura ha esercitato azione penale davanti al giudice secondo del ramo penale del distretto giudiziario di Tuxtla Gutiérrez, contro otto membri di una banda criminale dedita ad assalti alle auto in transito sul tratto Ocosingo-Palenque.
“Sono reclusi come probabili responsabili dei crimini di furto aggravato e criminalità organizzata, nel Centro di Reinserimento Sociale Numero 14, El Amate, Jerónimo e Antonio Gómez Saragoz (sic), Jerónimo Moreno Deara, Miguel Demeza Jiménez, Sebastián e Pedro Demeza Deara, Juan Gómez Moreno (sic) e Miguel Vázquez Moreno”.
Secondo la PGJE, “gli indiziati nei primi assalti utilizzavano passamontagna per coprire i volti, ma negli ultimi assalti avevano il volto scoperto”.
Con questo comodo argomento le autorità hanno ritenute valide le identificazioni di autisti che sarebbero stati assaltati. Secondo Cadenas ai presunti testimoni sono stati presentati solo i detenuti senza un reale confronto con altri individui, come esige la legge. “È possibile pensare che si è trattato di un montaggio”.
(Traduzione “Maribel” – Bergamo)