La Jornada – 25 aprile 2009
AMNESTY INTERNATIONAL CHIEDE ALLO STATO DI GARANTIRE L’INTEGRITA’ DI 11 ARRESTATI DURANTE I RECENTI OPERATIVI IN CHIAPAS
Hermann Bellinghausen
Dalla sua sede a Ginevra, Svizzera, Amnesty International (AI) ha espresso preoccupazione per gli undici uomini catturati in due diverse operazioni di polizia realizzate a Tuxtla Gutiérrez ed Ocosingo, stato del Chiapas, che sono reclusi in un centro di detenzione non ufficiale senza capi d’acusa depositati. Tutti con possibilità ristrette di incontrare avvocati e familiari. Questi ultimi e le organizzazioni dei diritti umani sostengono che sono stati sottoposti a torture e minacce.
L’organizzazione chiede al governo messicano di garantire l’integrità e la libertà di tutti loro. Menziona cinque membri del Mocri-CNPS-MN e sei aderenti dell’Altra Campagna, benché ora si presume che ci siano altri due arrestati, uno dei quali è base di appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) e l’altro parente di qualcuno degli altri detenuti.
Nel suo appello Amnesty riassume: “Il 7 aprile cinque uomini sono stati fermati a Tuxtla Gutiérrez dopo aver organizzato una protesta davanti alla prigione locale dove si trovano reclusi alcuni dei loro familiari. Protestavano perché ritengono che i loro familiari, che appartengono ad un’organizzazione di contadini nota come Mocri-CNPA-MN, siano reclusi sulla base di false accuse. La polizia, inoltre, ha perquisito gli uffici dell’organizzazione e si è portata via computer, archivi elettronici e su carta, materiale d’ufficio e denaro.
“Dopo il fermo i cinque uomini sono rimasti isolati per due giorni e portati in un hotel in disuso del municipio di Chiapa de Corzo chiamato ‘Quinta Pitiquito’ che la Procura Generale di Giustizia dello Stato utilizza come centro di detenzione”.
Erick Bautista Gómez, uno dei detenuti, ha denunciato che “mentre erano sotto custodia l’hanno ripetutamente preso a pugni nello stomaco, schiaffeggiato e percosso. Quando hanno permesso a sua sorella di vederlo, a lui hanno detto che se avesse detto qualcosa a lei sarebbe successo ‘qualcosa di spiacevole’ “.
Poi, il 14 aprile – spiega Amnesty – sei uomini di San Sebastián Bachajón, municipio di Chilón, sono stati fermati ad Ocosingo e reclusi nel Quinto Pitiquitos: appartengono ad una comunità indigena simpatizzante dell’EZLN, gruppo armato di opposizione militarmente inattivo da più di dieci anni e che porta avanti un movimento sociale e di governi locali indipendenti nelle comunità indigene del Chiapas.
Denuncia che gli avvocati che hanno visitato i reclusi affermano che gli indigeni sono stati torturati dai poliziotti del Chiapas ed avevano segni visibili delle percosse sui corpi. Inoltre, una volta catturati sono stati obbligati a firmare deposizioni che non comprendevano. Non c’era un traduttore della loro lingua.
Vari stati messicani – aggiunge Amnesty – utilizzano la detenzione preventiva (fermo di polizia) per recludere sospetti mentre si svolge un’indagine. Non vengono accusati fino a che un giudice ordina la loro custodia su istanza del pubblico ministero. Possono rimanere in fermo per 80 giorni senza che il pubblico ministero li accusi o li rimetta in libertà. Bisogna ricordare che in Chiapas il provvedimento del fermo di polizia è stato creato dall’oggi screditatissimo ex procuratore Mariano Herrán Salvatti, ma l’attuale governo l’ha mantenuto facendone un uso intensivo, nonostante la dubbia legalità e provenienza dal pessimo governo precedente (di Pablo Salazar Mendiguchía).
Secondo l’ONU il fermo è una misura arbitraria
Amnesty ed altre organizzazioni hanno documentato come questa forma di detenzione può dare luogo a tortura; frequentemente ai sospetti è negato l’accesso ad un avvocato di loro scelta, alla famiglia o assistenza medica. E cita il gruppo di lavoro dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) sulla detenzione arbitraria, che nel 2002 dichiarò che il fermo costituisce una forma di detenzione arbitraria e crea un clima che dà luogo all’uso della coazione.
L’organizzazione sollecita le autorità messicane a garantire che gli 11 (in realtà 13) reclusi in Chiapas non siano sottoposti a tortura o maltrattamenti né obbligati con altri mezzi a rendere deposizioni contro la loro volontà.
A San Cristóbal de las Casas le autorità ejidali di San Sebastián Bachajón hanno di nuovo smentito le imputazioni contro gli ejidatari aderenti all’Altra Campagna, che dichiarano di essere oggetto di persecuzione e criminalizzazione per le loro azioni in difesa delle risorse naturali e del loro territorio di fronte ai progetti neoliberali.
(Traduzione “Maribel” – Bergamo)