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Quinto Vento: Una degna e femminile rabbia.

9 gennaio 2009 di Comitato Chiapas "Maribel" Bergamo

SETTE VENTI NEI CALENDARI E GEOGRAFIE IN BASSO

Quinto Vento: Una degna e femminile rabbia.

Buona sera a tutte e tutti.

Compagne e compagni dell’Altra Campagna e della Sesta Internazionale.

Fratelli e sorelle del Messico e del Mondo.

Compagni e compagne, fratelli e sorelle che siete qui a questo Primo Festival della Degna Rabbia.

A nome delle mie compagne e compagni basi di appoggio, delle e degli insurgentes e miliziani, delle e dei responsabili locali e regionali del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno, delle Giunte del Buon Governo, dei Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti, e delle e dei compagni che prestano servizio nelle diverse attività dentro ai territori Zapatisti.

A nome loro faccio uso della parola. Vi racconterò del lavoro, la partecipazione e l’organizzazione delle donne nei territori zapatisti.

Come gia sapete, da quando è nata  la nostra organizzazione zapatista si sono promosse la partecipazione e l’organizzazione delle donne. Si è fatto in modo che siano uguali agli uomini nella partecipazione a qualsiasi tipo di attività: politica, economica, sociale e militare.

Quando abbiamo dato il posto che spettava alle donne affinché potessero lavorare all’interno dell’organizzazione, all’inizio è stato difficile sia per gli uomini che per le donne, perché avevamo nel cuore e nella testa che quello non era il nostro lavoro. Il nostro lavoro di donne era solo stare a casa, badare ai figli, aspettare il marito e altre cose che a noi tocca fare.

Ma grazie a quelli che diedero inizio e vita alla nostra organizzazione, che diedero importanza alle donne, noi abbiamo iniziato a chiamarci compagne in lotta. In questo modo diedero nome, vita e volto alle donne. Ma soprattutto, per le donne indigene, perché siamo noi quelle che più subiamo lo sfruttamento, il disprezzo, l’umiliazione e l’abbandono a tutti i livelli della vita.

Per questo diciamo grazie all’organizzazione zapatista che ci ha permesso di nascere nuovamente, tanto agli uomini come alle donne. Ci hanno dato la luce, ci hanno dato speranza e ci hanno dato la vita. In maniera tale che un giorno fiorirà quello che speriamo: cioè che le donne abbiano gli stessi diritti e siano considerate in tutto e per tutto uguali.

Per questa ragione abbiamo avuto donne degne e ribelli, quelle che ci diedero la vita e il lavoro affinché la nostra organizzazione potesse crescere. Durante questi 15 anni di lotta e resistenza ci sono state donne che hanno potuto prestare la loro opera e partecipazione a tutti i livelli.

Per esempio, in politica, ci sono state donne nella dirigenza della nostra organizzazione come Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno. Come responsabili locali e regionali e anche sono state nominate compagne per essere supplenti del CCRI. Le donne ormai partecipano alle assemblee dei villaggi. Partecipano alla discussione politica o nelle assemblee generali per eleggere le proprie autorità, come per esempio: le autorità municipali, le Giunte di Buon Governo, agenti municipali, comissari ejidali e comitati di educazione. E come responsabili locali, anche per elegere i propri “comandanti” politici nelle comunità.

Inoltre, ci sono compagne che già fanno parte di queste autorità. E ci sono compagne che si sono organizzate per trovare il modo di resistere e lottare ed anche per trovare soluzioni alle proprie necessità e per questo si sono organizzate per lavorare collettivamente in settori quali: panificazione, allevamento di animali, produzione e vendita di artigianato, orti per il consumo collettivo. Questi sono i lavori che stanno provando a portare avanti nei territori zapatisti. Inoltre ci sono donne che si stanno formando come promotrici di salute e di educazione autonoma. Questo perché poi possano condividere le proprie conoscenze e prestare i propri servizi gratuitamente nei villaggi.

Ci sono donne che si stanno preparando per conoscere ed usare le piante medicinali. E le compagne si stanno preparando per essere levatrici e hueseras (che aggiustano le ossa – n.d.t.), proprio come si curavano i nostri vecchi. Per questo è importante e necessario che riscattiamo quello che ci hanno lasciato i nostri antenati.

Sia nell’ambito della salute che dell’educazione, ci sono compagne che sono riuscite ad occupare il posto di coordinatrici generali in questi due settori.

Ci sono inoltre donne che nelle comunità zapatiste fanno attività come operatrici di radio di comunicazione, annunciatrici di Radio FM, e ci sono ragazze che si stanno preparando per essere fotografe.

Oltre a tutto questo ci sono compagne che sono arrivate ad essere miliziane ed insurgentes. E sono arrivate ad essere comandanti militari nel nostro Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.

Tutte queste mansioni e attività che le donne svolgono nelle cinque zone zapatiste sono per esercitare i nostri diritti, il nostro dovere come zapatiste. Benché non sia stato facile per noi, stiamo facendo e faremo sforzi e sacrifici per applicare quello che prevede la Legge Rivoluzionaria delle Donne.

Ma dobbiamo ringraziare anche i compagni che hanno capito l’importanza della partecipazione delle donne. Ma, soprattutto, i compagni che ormai lasciano uscire le loro compagne per andare a lavorare. Anche se per i compagni non è facile, stanno facendo quello che chiede la nostra organizzazione. Per questo noi donne non dobbiamo farci più da parte. Dobbiamo prepararci sempre di più. Per poter continuare ad andare avanti e progredire il più possibile a tutti i livelli di lavoro.

Perché dobbiamo farlo noi donne che siamo in questo mondo, che è un mondo dove ancora le donne non hanno volto, nome né voce per i capitalisti e neoliberisti. Per questo è ora di esercitare e far valere i nostri diritti. Ma, per fare tutto questo, bisogna avere volontà, decisione, forza e ribellione. E non dobbiamo chiedere permesso a nessuno.

Quello che sto facendo e dicendo non è un’invenzione, né immaginazione. Ma è una realtà. Lo abbiamo dimostrato nel Terzo Incontro che si è svolto nel Caracol di La Garrucha, un anno fa. Lì abbiamo parlato e spiegat i nostri lavori come donne.

Ma voglio anche essere sincera e dirvi, fratelli e sorelle, compagni e compagne, che ancora in alcuni villaggi e regioni in territorio zapatista manca il’opera e la partecipazione delle donne. È che i compagni e le compagne non hanno ancora capito con chiarezza l’importanza della partecipazione delle donne. Ma lotteremo ancora per riuscire a compiere quello che è essere zapatiste e rivoluzionari.

Ma durante questi 25 anni dalla nascita dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, e 15 anni dalla nostra insurrezione armata, abbiamo fatto importanti progressi. Soprattutto, la partecipazione delle donne è a quasi tutti i livelli. È che 25 anni fa non c’erano comunità zapatiste. C’era solo ignoranza, schiavitú e oblio.

Quindici anni fa non c’era donne che nella dirigenza politica. Ma in questi 15 anni di lotta e resistenza ci siamo inserite a poco a poco nei differenti livelli di attività.

E ci siamo rese conto che possiamo pensare e decidere. Possiamo occupare incarichi come i compagni. Ma il poco che siamo riuscite a fare in questi quindici anni non è sufficiente. C’è ancora molto da fare.

Ora, i nostri popoli, la nostra patria che è il Messico, ed il nostro pianeta Terra, hanno bisogno che gli uomini, le donne, i bambini, le bambine, i ragazzi e le ragazze, gli anziani e le anziane, si ribellino e lottino ed abbiano dignità e rabbia.

Dobbiamo avere nella nostra mente e nel nostro cuore queste due cose importanti, che sono ciò che ci fa andare avanti, fino ad ottenere quello che vogliamo.

Infine, vogliamo rivolgere un appello a tutte le donne del Messico e del mondo a che uniamo le nostre forze, la nostra voce, la nostra ribellione e la nostra rabbia. Che lottiamo per i nostri diritti, per la nostra autonomia e per costruire un mondo dove possiamo stare tutti.

Democrazia, libertà e giustizia.

Molte grazie.

Per il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno-Comando Generale dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.

Comandante Hortencia

Chiapas, Messico, 4 gennaio 2009

(Traduzione a cura Andrea e Annamaria)

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