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San Andrés: 13 anni dopo

27 febbraio 2009 di Comitato Chiapas "Maribel" Bergamo

La Jornada – 27 febbraio 2009

Jaime Martínez Veloz

San Andrés Larráinzar: 13 anni dopo

Il 15 febbraio 1996, secondo giorno dell’assemblea plenaria, le delegazioni del governo federale e l’EZLN concordarono di firmare i primi accordi in materia di diritti e cultura indigeni. La delegazione zapatista consegnò al governo una proposta sulla formazione della commissione di seguimento. Il giorno dopo si chiuse la seconda parte della plenaria risolutiva del tavolo di diritti e cultura indigeni. La delegazione dell’EZLN firmò gli accordi di San Andrés in presenza della Commissione di Concordia e Pacificazione (Cocopa) e della Commissione Nazionale di Intermediazione (Conai). La cerimonia si svolse in uno dei saloni della sede del dialogo in San Andrés Larráinzar. Come presidente di turno della Cocopa firmai il documento, in rappresentanza della commissione legislativa, in qualità di testimone. Successivamente, con un atto protocollare, li firmò la delegazione del governo federale. Da parte del governo firmarono: Marco Antonio Bernal, Jorge del Valle ed Uriel Jarquín, mentre per l’EZLN lo l’avevano fatto i comandanti Tacho, David e Zebedeo.

Gli accordi ai quali arrivarono, dopo le consultazioni che ogni parte realizzò, erano che il governo federale e l’EZLN accettavano i documenti emanati dalla prima parte della plenaria risolutiva, accogliendo nel documento le osservazioni che gli zapatisti avevano fatto. L’EZLN insistette nel segnalare: “… la mancanza di soluzione del grave problema agrario nazionale, e la necessità di riformare l’articolo 27 costituzionale che deve riprendere lo spirito di Emiliano Zapata, riassunto in due domande basilari: la terra è di chi la lavora e Terra e Libertà”.

Relativamente al tema Situazione, Diritti e Cultura Indigeni, la delegazione zapatista giudicò insufficienti i punti di accordo. Dichiarò che i popoli indigeni e le autorità dovevano programmare e calendarizzare di mutuo accordo la loro messa in pratica. Circa le Garanzie di accesso pieno alla giustizia, la delegazione zapatista considerò la necessità della nomina di interpreti in tutti i processi in cui erano coinvolti gli indigeni. Nello stesso tempo ritenne indispensabile che si legiferasse per salvaguardare i diritti dei migranti, indigeni e non indigeni, dentro e fuori i confini nazionali.

Al fine di rafforzare i municipi segnalò che dovevano esserci impegni espliciti del governo per garantire il loro accesso alle infrastrutture, alla formazione e risorse economiche adeguate.

Attraverso i mezzi di comunicazione dichiarò necessario che si garantisse l’accesso all’informazione vera, opportuna e sufficiente sulle attività del governo e che i popoli indigeni potessero contare su propri mezzi di comunicazione. Le parti si assunsero l’impegno di inviare la risoluzione alle istanze di discussione e decisionali nazionali, così come a quelle dello stato del Chiapas.

Il documento Pronunciamento congiunto che il governo federale e l’EZLN inviarono alle istanze di dibattito e decisione nazionali, segnò quello che avrebbe dovuto essere una nuova relazione tra il governo ed i popoli indigeni, confermando che questi ultimi erano “… stati oggetto di forme di subordinazione, disuguaglianza e discriminazione che hanno determinato una situazione strutturale di povertà, sfruttamento ed esclusione politica”.

Il governo federale si impegnò a riconoscere i popoli indigeni nella Costituzione Generale della Repubblica, ampliare la loro partecipazione e rappresentanza politica, garantire il pieno accesso alla giustizia col riconoscimento e rispetto delle specificità culturali e sistemi normativi interni, garantendo il pieno rispetto dei diritti umani, promuovere le manifestazioni culturali dei popoli indigeni, assicurare educazione e formazione, garantire il soddisfacimento di necessità basilari, promuovere la produzione ed il lavoro e proteggere gli indigeni migranti.

Sull’impegno assunto dal governo federale di riconoscere nella Costituzione le rivendicazioni indigene, si specificò che queste dovevano contenere: diritti politici, diritti di giurisdizione, diritti sociali, diritti economici e diritti culturali. Ugualmente, il riconoscimento “… nella legislazione nazionale delle comunità come entità di diritto pubblico, il diritto di associarsi liberamente in municipi con popolazione a maggioranza indigena, così come il diritto di diversi municipi di associarsi al fine di coordinare le loro azioni come popoli indigeni”.

La Cocopa dichiarò che per quanto difficile avrebbe potuto essere, “anche tra le più grandi differenze, sempre resterà il ricorso alla parola che rende possibile la comprensione e la riconciliazione”.

L’EZLN affermò: “… alla fine dell’attuale fase del dialogo, riteniamo che solo la più ampia mobilitazione sociale potrà dare corpo a queste domande fondamentali. Questo si otterrà solamente promuovendo l’organizzazione indipendente che nasce come uno dei compiti del Forum Nazionale Indigeno. Che deve estendersi in tutte le regioni del paese”.

Da parte sua, Marco Antonio Bernal disse che per il governo questo era “un passo deciso che ci dà la sicurezza che questo conflitto ha una soluzione politica definitiva”.

In retrospettiva è possibile affermare che la tappa che culmina con la firma degli accordi di San Andrés fu la più fruttiuosa del dialogo, nonostante i disaccordi, le provocazioni e la lentezza con le quali si avanzò.

In contrasto con quello che succedeva nel contesto del processo di dialogo tra il governo federale e l’EZLN, nell’ambito nazionale la crisi si notava già in tutta la sua grandezza. Non si era ancora toccato il fondo, ma già si diceva che era la crisi più grave degli uiltimi tempi.

In effetti, fino ad ottobre del 1995 si era registrata un’inflazione superioire al 40% ed il tasso di disoccupazione era il più alto dal 1987. In quei mesi si persero 780 mila posti di lavoro. Gli esperti segnalavano che, per la prima volta, l’economia informale occupava più messicani di quella formale.

La caduta del PIL nel secondo semestre del 1995 era del 10%, la più grave degli ultimi 50 anni. Davanti a questo panorama, tra gennaio e giugno di quell’anno erano usciti dal paese più di 10 mila milioni di dollari.

Le banche naufragavano e già si presentava il caso del Fobaproa. Questo fondo dava con facilità alle banche contributi miliardari e senza che si vedesse alcun chiaro miglioramento della loro situazione. I partiti di opposizione criticavano il funzionamento del fondo ed il modo in cui erano state privatizzate le banche.

In questo contesto, a San Andrés Larráinzar si incontrano due linguaggi o, meglio ancora, vari linguaggi. Quello dell’EZLN è incisivo e diffidente. Nonostante ciò, dialoga e negozia.

Il linguaggio del governo federale è incerto, schivo e cerca sempre di coprirsi di una veste istituzionale che nei fatti non ha. La delegazione negozia senza sapere dove sta andando la barca e tenta di riprendere lin mano ‘iniziativa che nei fatti hanno sempre avuto gli zapatisti. Nonostante tutto, anch’essi negoziano.

Ci sono anche gli altri linguaggi. I legislatori della Commissione di Concordia e Pacificazione (Cocopa) ad ogni passo cercano di mettere da parte le loro differenze di partito ed i loro interessi ed affinità personali, per arrivare prima a raggiungere consensi interni, e poi servire da ponte tra le parti. Costa molto lavoro, ma ci riescono.

Così, il linguaggio della Cocopa e della Conai si costruisce passo, passo per costituirsi nel tentativo delle due istanze di tradurre nel linguaggio della pace le sfide di ognuna delle due parti.

L’EZLN insisteva sul fatto che San Andrés includesse tutti i problemi nazionali. In principio, la delegazione governativa aveva opposto resistenza. Si deve solo concordare la pace, poi si potrà includere quello che si vuole. Come si può raggiungere la pace senza considerare le cause che hanno portato all’esplosione del conflitto?

Le cause profonde del conflitto armato in Chiapas sono le stesse di molte dimostrazioni di dissenso pacifico che esistono in tutto il paese: ingiusta distribuzione della ricchezza; misere condizioni di vita ed un sistema politico escludente ed autoritario. Nel caso delle comunità indigene, i poveri tra i poveri, si aggravano perché si aggiunge l’oppressione razzista verso le loro forme culturali e perfino verso la loro stessa esistenza etnica.

Per i membri della Cocopa di quei tempi, la soluzione del conflitto passava e passa dalla spinta alla riforma democratica dello Stato che è, alla fine, lo scenario nel quale gli accordi che si stabiliscono tra le parti si possono trasferire sul terreno dei fatti.

Sotanzialmente, l’EZLN chiede lo stesso di molti altri milioni di messicani: democrazia, pace con dignità, giustizia ed uno sviluppo economico e sociale includente. Le agende del conflitto e della riforma democratica dello Stato sono gemellate. Per questo la proposta della Cocopa di includere l’EZLN nel dialogo nazionale non solo era auspicabile, ma anche indispensabile. La storia del Messico contemporaneo ha dimostrato che l’EZLN è un attore politico irrinunciabile. Le dirigenze dei partiti ed il governo di Zedillo fecero di tutto per far fallire questo sforzo sincero.

Il grido di “mai più un Messico senza di noi” si spiega con le comunità indigene sottomesse ad un’oppressione centenaria, durante la quale hanno perso terre e diritti, anche se non si è riusciti ad annichilirle né a spogliarle della loro ricchezza cultura, che è parte delle radici della nostra patria.

Per questo gli accordi di San Andrés Larráinzar siglati tra il governo federale e l’EZLN 13 anni fa sono l’espressione di una delle costruzioni politiche più importanti degli ultimi venti anni e sono un riferimento fondamentale nella costruzione del Messico democratico al quale aspiriamo. Non c’è né può esserci progresso democratico in Messico senza il loro compimento.

Le forze politiche messicane hanno il dovere di mettere in campo tutti gli strumenti politici e le attibuzioni repubblicane competenti per concretizzare l’aspirazione e gli aneliti dei popoli indios del Messico concordati 13 anni fa tra il governo federale e l’EZLN a San Andrés Larráinzar.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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